|
Il Sovrano Gran Commendatore Domenico Maiocco, mal celando l'ostilità preconcetta verso la verità rivelata, sostiene che chi pratica questa «religione della tolleranza», cioè il massone, deve sempre conservare «piena libertà di spirito da ogni dogmatismo, riconoscendo che la verità, totale o parziale, non è prerogativa di nessun individuo né di nessuna associazione di uomini» 178. Si possono leggere, su questa materia, brani interi di prosa massonica del tutto concilianti e tranquillizzanti: «I pregiudizi che la occhio onniveggente massonicoMassoneria si sforza di combattere sono sopra tutto quelli che tendono a separare gli uomini con delle divisioni esclusive sorte dalla diversità delle loro credenze, credenze che la Massoneria rispetta tutte, quando siano professate in buona fede» 179. Non sembra tuttavia che, nella pratica massonica, le opinioni altrui godano del medesimo rispetto che si tributa loro a parole. Se pure si voglia tacere del livore e della faziosità che trasudano da certi scritti massonici, non si può passare sotto silenzio l'abile campagna con la quale la Massoneria copre un'irriducibile ostilità verso le dottrine che si rifanno alla Rivelazione. Questa ostilità si manifesta sin dai primi insegnamenti impartiti in Loggia. All'adepto, con una lenta, paziente e sottile educazione, viene subito detto che deve guardarsi dal «fanatismo» e dalla «superstizione», che deve ripudiare il «dogmatismo» delle religioni, che deve adottare il metodo del «libero esame» sgombro da «vincoli dogmatici e fideistici» 180. Come può facilmente capirsi, si tratta di un vero e proprio «lavaggio del cervello» praticato fin dai primi gradini della scala massonica. È precisamente qui che la tanto decantata «tolleranza massonica» mostra il suo vero volto: si palesa cioè una tattica abile e, assai spesso, fruttuosa per irretire i superficiali. È vero che la Massoneria mostra la massima condiscendenza e apertura verso le più svariate dottrine filosofiche e manifestazioni di pensiero, anche le più strane. Quello che in nessun modo si tollera è che il massone possa avere una fede e possa «mostrarsi debole» verso la verità rivelata. Così, con il pretesto di insegnare ad essere liberi e spregiudicati, si pone in essere un'insidia permanente per la fede degli iscritti, soprattutto quella cattolica. Se dunque la «virtù della tolleranza» è utile a diffondere il relativismo teoretico ed etico, d'altra parte serve a stroncare qualsiasi substrato fideistico nell'adepto: e questo fà con una faziosità tale da costituire un vero attentato alla libertà della coscienza individuale. La parola «tolleranza», per la Massoneria, è una parola ben strana e con ancor più strani significati. Sarebbe tollerante e di animo manifestamente liberale che guarda ai fedeli di qualsiasi religione (specialmente quella cattolica) con occhi pieni di commiserazione come a coloro «cui non è dato di intendere o di vedere» 181, come chi professi ancora «l'ingenua fede [...] dell'infanzia» 182, come a vittima di meschini pregiudizi.
Francamente, non pare eccessivamente tollerante gratificare di superstizioso, quando non di fanatico, chi ha il solo torto di attendere al culto di Dio e alla pratica dei Sacramenti. Ma, nessuna meraviglia: è il tono solito e gli argomenti usuali dell'intolleranzafratellanza massonica massonica! Questa si applica, purtroppo, anche ai suoi iscritti, ai quali naturalmente, promette piena... libertà! Diceva Padre Caprile: «Intanto (li) vincola con un solenne giuramento all'ubbidienza più assoluta, più cieca, più completa. Ad un'ubbidienza che tiene solo di mira gli interessi della sètta; alla sottomissione verso capi spesso sconosciuti, per fini spesso non confessati [...]. Come in poche altre associazioni il massone è una pura pedina in un gioco, di cui il più delle volte gli sono nascoste le mosse. Questa restrizione della libertà individuale si rende ancor più chiara quando qualcuno vuole abbandonare la sètta [...]. Innumerevoli difficoltà vengono frapposte a chi, una volta iscritto, decide poi di ritirarsi. Il ripetersi di tali casi, mostra almeno uno stile, se non proprio una consegna» 183. Un esempio concreto: la rivista Mondo Domani pubblicò i nomi dei «563 Fratelli di Firenze» 184, che però, secondo una lettera anonima di «un vecchio massone fiorentino» non corrispondeva «neppure ad un terzo dei massoni fiorentini» 185. Fra questi nomi figurava quello del Dr. Salvatore Di Stefano, ex Questore di Bologna e di Roma, e poi consigliere della Corte dei Conti. Questi, molto coraggiosamente, scriveva alla rivista di essere «già da tempo ritornato alla fede cristiana, che con tanto amore mi inculcò mia madre» 186. La risposta del Gran Maestro Gamberini fu piuttosto... acida 187: Intanto, «per misericordia» non ne fà il nome; poi continua (badare al tono!): «Difficilmente si troverà nella nostra comunione chi intende la "fede cristiana" com'è probabile che la intendesse la sua compianta madre». Quindi gli rimprovera «l'antimonia che ella dà per scontata, fra Massoneria e fede cristiana».
Dopo aver fatto questione di date, che noi non abbiamo potuto riscontrare, termina: «La sua cura a che si creda alla sua sincerità di oggi ci dimostra che ella, con un'altra fede, ha abbracciato anche un'altra morale», diversa, naturalmente, da quella massonica che dovrebbe essere, per il Gamberini, la «Bocca della Verità». Buon per il Di Stefano che non si parli di deferimento al... Tribunale Massonico del 31° Grado che, come vedremo in seguito, ancora esiste. A chi è abituato a considerare come un grande progresso giuridico la Legge Siccardi che, dopo aspre lotte, nel 1850, fece approvare l'abolizione del Foro ecclesiastico, sembra di sognare!
segue
|