IL FARO DEI SOGNI

BOLIVIA

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1280px-Flag_of_Bolivia

La Bolivia, ufficialmente Stato Plurinazionale della Bolivia, è uno Stato dell'America meridionale, situato nel centro del subcontinente. La sua superficie è di 1.098.581 km². Secondo il censimento svolto nel 2012 contava 10.027.254 abitanti.[5] Confina a nord e a est con il Brasile, a sud con l'Argentina e il Paraguay e a ovest con il Perù e il Cile. La Bolivia ha come capitale legislativa Sucre e come capitale governativa La Paz, la città più grande e popolosa è Santa Cruz de la Sierra. Senza sbocchi al mare, nel 2010 ha stretto un accordo con il vicino Perù, grazie al quale ha ottenuto per 99 anni l'uso del porto di Ilo[6].

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A livello economico la Bolivia all'inizio del XXI secolo è uno stato a medio reddito; dall'elezione di Evo Morales come capo dello stato e del governo, l'economia del paese andino è nettamente cresciuta con tassi di crescita in media del 5% (una delle più alte della regione) e con una riduzione della povertà dal 38% al 18%[7][8].

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Storia
Storia precolombiana

Questa parte del continente americano è abitata da circa 15.000-20.000 anni. Nelle regioni andine dell'attuale Bolivia fiorirono numerose culture di cui la più importante è forse la cultura Tiwanaku, che si sviluppò tra il II secolo a.C. e il XIII secolo nella parte meridionale del Lago Titicaca. Molto più recente il dominio Inca, che data il XV secolo. L'impero del Tawantinsuyu venne sottomesso dalla conquista spagnola di Francisco Pizarro anche grazie alle lotte intestine per il potere.

TrinidadBolivia

Nella zona dei bassopiani tropicali, in epoche anteriori alla cultura Tiwanaku, si svilupparono complesse organizzazioni umane che crearono e controllarono estese opere di ingegneria idraulica, nelle savane e foreste dell'attuale regione del Beni. La cultura delle Lomas di Moxos e Baures permise per quasi 3.000 anni l'esistenza di una densa popolazione che riuscì a convivere con le periodiche inondazioni di imponenti affluenti del Rio delle Amazzoni, come il Mamoré, Beni e Iténez.

Templo_Sarco

Le guerre di confine

Tra il 1828 e il 1900 la Bolivia fu in guerra aperta o latente un po' con tutti gli stati confinanti (Perù, Cile, Paraguay e Brasile), per questioni di confine e per il controllo di giacimenti minerari o risorse forestali (1899-1900 guerra dell'Acre per il controllo dell'estrazione del caucciù). Il più importante di questi conflitti fu certamente la guerra del Pacifico (1879-1884), in cui Bolivia e Perù si scontrarono con il Cile. La sconfitta nel conflitto e i successivi trattati di pace sottoscritti e approvati dal governo boliviano, portarono alla cessione del litorale oceanico della Bolivia, che così perse il suo accesso al mare.

SajamaPark

La Bolivia non si fece coinvolgere nella Prima guerra mondiale, ma provocò il primo conflitto moderno del continente americano: la Guerra del Chaco (1932-1935) contro il Paraguay. La disfatta di fronte al più debole Paraguay, che portò alla perdita di parte del territorio del Chaco Boreal, nel sud-est del paese, fu causata anche dai gravi conflitti interni al suo esercito, la corruzione di parte degli ufficiali di maggior grado e la quasi totale estraneità del territorio del Chaco alla realtà nazionale boliviana.

Quechuawomanandchild

Storia moderna

La Guerra del Chaco portò al potere una nuova generazione di militari, con una forte enfasi nazionalista. Internamente la situazione restava caotica, con il dominio economico e sociale dei baroni dello stagno che controllavano l'intera economia nazionale. Fu opera di questi la destituzione degli ufficiali nazionalisti e l'instaurazione di un governo pro-USA che partecipò formalmente alla Seconda guerra mondiale. Questa partecipazione generò solo maggior risentimento nella popolazione, giacché si limitò alla fornitura agli USA di materia prima a prezzi irrisori, senza nessun reale riconoscimento per l'economia nazionale.

La_Paz-center

Tutto ciò contribuì all'avvenimento storico di maggior importanza dall'indipendenza: la rivoluzione del 1952. Artefice della rivoluzione fu Víctor Paz Estenssoro e il Movimento Nazionalista Rivoluzionario. Venne istituito il suffragio universale, furono nazionalizzate le miniere di stagno e nel 1953 si decretò la riforma agraria. Con la rivoluzione nazionalista la Bolivia uscì, secondo l'opinione di molti, dall'età feudale[senza fonte].

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Storia contemporanea

L'MNR restò al governo, con importanti successi elettorali, fino al 1964, quando un colpo di Stato militare portò alla presidenza il generale René Barrientos Ortuño; fu durante il suo governo che si sviluppò la guerriglia del Che nel Dipartimento di Santa Cruz. Fu lui a dare l'ordine di assassinare Ernesto "Che" Guevara il 9 ottobre 1967. Barrientos morì l'anno dopo in un misterioso incidente aereo.
La Plaza Principal di Trinidad.

Furono periodi di colpi di Stato militari[9], anche qualcuno di sinistra. In quegli anni, la Bolivia partecipò al piano continentale di repressione e assassinio degli oppositori politici denominato Plan Condor, assieme a Cile, Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. Al generale Hugo Banzer, succedette García Meza Tejada che instaurò l'epoca della narco-dittatura, in cui la cocaina e il narcotraffico diventarono strumento di pianificazione economica dello Stato. A sorreggere il potere di Meza e del suo ministro dell'interno, Arce Gomez, furono anche squadre di neonazisti e neofascisti italiani (tra i quali il terrorista Stefano Delle Chiaie). Con la caduta di García Meza si chiusero anche gli anni del dorato esilio in Bolivia di Klaus Altman (cioè Klaus Barbie), il carnefice nazista chiamato il boia di Lione, che aveva goduto di grande favore da parte dei militari boliviani e che verrà estradato in Francia al ritorno della democrazia nel 1982.

Con il governo democratico di Siles Zuazo (1982-1985) si aprì il periodo di stabilità politica che dura tutt'oggi. La grave crisi economica durante questo primo governo, con un'inflazione a vari zeri, portò a una nuova presidenza del MNR con Víctor Paz Estenssoro (1985-1989) che risanò l'economia al prezzo di gravi disagi sociali. La politica economica strutturata dall'MNR, definita neoliberale, proseguì con la presidenza di Paz Zamora, del Movimento della Sinistra Rivoluzionaria (Movimiento de Izquierda Revolucionaria o MIR), appoggiato dal partito dell'ex dittatore Banzer.

Nel 1993 tornò al governo l'MNR con Gonzalo Sánchez de Lozada, detto Goni (1993-1997). Si trattava di un governo riformista di impronta neoliberale, con l'appoggio di alcuni partiti della sinistra boliviana. Durante la presidenza di Sanchez de Lozada si promulgarono molte importanti leggi di riforma sociale ed economica, come la legge di partecipazione popolare, la legge INRA[non chiaro] e quella forestale. Si avviarono anche i processi di privatizzazione di molte compagnie statali che portarono a contestazioni e accuse di vendere la Patria agli stranieri. Successivamente, durante la presidenza dell'ex dittatore Hugo Banzer (1997-2001), sostenuto da un'incontrollabile e corrotta mega coalizione di partiti di varia tendenza populista, furono capitalizzate anche le due raffinerie boliviane. Dopo la disastrosa presidenza di Banzer e, alla sua morte, del vicepresidente Jorge Quiroga (2001-2002), l'economia boliviana era al tracollo. Inoltre, durante la presidenza Banzer incominciarono con forza le lotte popolari con la rivolta dell'acqua a Cochabamba nel 2000, lotte che si sarebbero poi consolidate negli anni seguenti.


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Nel 2002 è stato rieletto alla presidenza Sánchez de Lozada. Nel febbraio del 2003 una sommossa della polizia ha fatto rimanere il Paese senza forze dell'ordine per tre giorni e ha portato a uno scontro armato di alcuni reparti della polizia con l'esercito. Nell'ottobre del 2003, la sommossa si è estesa e ha avuto come epicentro la città altipianica di El Alto, cresciuta vertiginosamente negli ultimi anni, diventando la terza città della Bolivia. El Alto ha bloccato i rifornimenti alla capitale La Paz, l'esercito ha sparato sulla folla e il bilancio è stato di una sessantina di morti. La situazione per Sánchez de Lozada si è fatta insostenibile dopo che il vicepresidente Carlos Mesa ha ritirato il suo appoggio al governo. Goni è così fuggito negli USA.

Il vicepresidente, il giornalista Carlos Mesa, ha preso il suo posto ma, nonostante la sua abilità dialettica, il Paese ha continuato a vivere in perenne sommossa. Mesa ha convocato un referendum sulle risorse idrocarburifere che non accontenta le parti in conflitto. La sua ambiguità ha generato inquietudine nelle nuove aree economicamente centrali del Paese, soprattutto la regione attorno alla città di Santa Cruz de la Sierra. Per la prima volta l'oriente della Bolivia, ha parlato di autonomia dal potere centrale e si è ipotizzato addirittura un movimento secessionista.

Un'iniziale alleanza con il partito del dirigente dei produttori di foglie di coca, e capo del principale partito di opposizione, Evo Morales, si è frantumato di fronte all'ambiguità del presidente, ai continui blocchi stradali e alle richieste popolari di nuove elezioni e dell'istituzione di un'assemblea costituente. Mesa, dopo aver assicurato il ricorso a nuove elezioni, ha passato la presidenza della Repubblica per le questioni amministrative a Eduardo Rodríguez, presidente della Corte Suprema.

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Presidenza Morales

Le elezioni presidenziali del 2005 sono state vinte dal Movimiento al Socialismo (MAS), con il 54% dei voti: Evo Morales è diventato così il primo presidente boliviano di origini amerinde; a causa della legge elettorale boliviana, il MAS ha ottenuto la maggioranza alla Camera ma non al Senato. Morales è stato poi rieletto presidente nel 2009 (67% dei voti)[10] e nel 2014 (60% dei voti)[11], ma nel 2016 ha perso il referendum che avrebbe dovuto consentirgli un quarto mandato (57% dei voti contrari). La presidenza Morales è stata caratterizzata da politiche spiccatamente socialiste, con la nazionalizzazione delle riserve di idrocarburi, di litio e di minerali e la conseguente redistribuzione degli utili in politiche sociali volte a combattere l'analfabetismo ed alleviare le condizioni di povertà.

Fra il 2005 ed il 2015 la povertà estrema, in Bolivia, è passata dal 36,7% al 16,8% [12], mentre il Coefficiente di Gini è passato dallo 0,60 al 0,47[13]. Inoltre, il 20 dicembre 2008 la Bolivia è stata dichiarata nazione liberata dall'analfabetismo, diventando la terza latino-americana a ottenere questo riconoscimento, dopo Cuba e Venezuela[14].

Il 1º maggio 2006, Morales ha nazionalizzato, per la terza volta nella storia boliviana, gli idrocarburi, creando apprensione in Spagna e Brasile, principali compratori del gas boliviano e in Argentina, destinataria del gas della spagnola Repsol. Con questa riforma, lo Stato boliviano guadagnerà circa l'80% dei profitti dell'estrazione del petrolio. Nello stesso mese, il governo di Morales ha annunciato una nuova riforma agraria, con l'obiettivo ufficiale di redistribuire la terra ai contadini. Si tratta di una proposta controversa e che potrebbe creare conflitti tra i nuovi concessionari di terre, principalmente di origine altipianica, quechua e aymara (come Morales), e gli oltre 30 gruppi indigeni delle terre tropicali amazzoniche e del Chaco, dove sono ubicate le terre da distribuirsi. Inoltre, questa proposta potrebbe aggravare ulteriormente la distruzione di ecosistemi forestali e savane e porre in pericolo aree protette e parchi nazionali.

Il 2 luglio del 2006 si sono svolte le elezioni per l'assemblea costituente. Il partito di governo, il MAS, ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi (poco più del 50% dei voti e 137 assembleisti su 255 in totale, oltre ad alcuni eletti con altre sigle). Gli eletti all'assemblea si sono insediati nella città di Sucre il giorno della festa nazionale boliviana, il 6 agosto.

Nonostante che il testo di convocazione alle urne per la costituente, e accordi anteriori, menzionasse che l'approvazione degli articoli e del nuovo testo costituzionale dovesse essere approvato dai due terzi degli eletti (170), il partito di governo di Morales vuole ora imporre l'approvazione degli articoli e del nuovo testo della costituzionale per maggioranza semplice.

Anche a causa di questi problemi la nuova carta costituzionale non è stata approvata nei tempi previsti (6 agosto 2007). Un accordo tra governo e opposizione ha permesso un'estensione dei lavori dell'assemblea fino a dicembre 2007, ma i gravi contrasti interni di tipo economico, etnico e politico, il nuovo conflitto sul tema della capitale nazionale (il dipartimento di Chuquisaca vuole che Sucre ritorni a essere capitale della Bolivia a tutti gli effetti generando una forte opposizione del maggioritario dipartimento di La Paz, grande serbatoio di voti per Morales) potrebbero non garantire un'equa e democratica approvazione del nuovo testo costituzionale.

Il 25 gennaio 2009, in seguito a un referendum, la Bolivia ha approvato la nuova costituzione promossa dal presidente Evo Morales. Questa nuova legge fondamentale si propone di realizzare delle nuove riforme volte a rinforzare il ruolo dello Stato e della giustizia sociale.[15]

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Cultura
Produzione letteraria

Nell'ambito di una produzione letteraria boliviana ricordiamo per il XIX secolo Nataniel Aguirre, anche drammaturgo, e per il XX secolo Víctor Montoya e Adela Zamudio, scrittrice e nota esponente del movimento femminista boliviano.
Musica
Zampoña.

La musica tradizionale della Bolivia è composta con strumenti musicali come il charango, Charangon, Ronroco, hualaycho, zampoña, quena, bombo, huancara, reco reco, scatola chiapya, pinquillo, Tarka, Toyos, pututu, sassofono andina, e zoccoli di pecore che vengono composti come una sorta di agitatore, così come strumenti musicali europei come il violino e chitarra.

Le Forme musicali più note sono il Bailecito, Kullawada, Tonada (o, direttamente Tinku), Taquirari, Carnavalito, Lamento, Saya, Tuntuna, Taki Taki e Cueca.
Cinema

Il cinema della Bolivia comprende film e video realizzati all'interno della Bolivia o da registi boliviani all'estero. Sebbene le infrastrutture cinematografiche del paese siano troppo piccole per essere considerata un'industria cinematografica, la Bolivia ha una ricca storia del cinema. La Bolivia ha sempre prodotto lungometraggi dal 1920, molti dei quali sono documentari; il tema predominante di molti film boliviani sono le culture indigene del paese e la loro oppressione politica.
Patrimoni dell'umanità

La Bolivia possiede un importante patrimonio culturale tanto che sette dei suoi siti sono inseriti nella Lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO:

Città di Potosí (1987)
Missioni gesuite del Chiquitos (1990)
Città storica di Sucre (1991)
Forte di Samaipata (1998)
Parco nazionale Noel Kempff Mercado (2000)
Tiwanaku: centro spirituale e politico della cultura Tiwanaku (2000)
Qhapaq Ñan, sistema stradale andino (2014).

Ricorrenza nazionale

6 agosto: Celebración por la Independencia de Bolivia: Giorno dell'indipendenza dalla Spagna, nel 1825.
Sport
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Copa América e Nazionale di calcio della Bolivia.
Estadio Hernando Siles.

Lo sport più praticato è il calcio; la Nazionale di calcio della Bolivia è posta sotto l'egida della federazione calcistica boliviana. Ha vinto la Coppa America nel 1963 e conta tre presenze al Campionato del mondo, dove è sempre stata eliminata al primo turno. La Verde, soprannome della selezione boliviana derivato dal colore della maglia da gioco, è storicamente una delle Nazionali più deboli della CONMEBOL.[35].
Gastronomia
Salteñas.

La cucina boliviana deriva principalmente dalla combinazione di cucina spagnola con i tradizionali ingredienti indigeni Aymara, con successive influenze argentine, tedesche, italiane, basche, russe, polacche, e arabe per l'arrivo di immigrati provenienti da tali paesi. I tre prodotti principali della cucina boliviana sono mais, patate e fagioli. Questi ingredienti sono stati combinati con un certo numero di prodotti portati dagli spagnoli, come il riso, il grano, e la carne, tra cui manzo, maiale e pollo.
Curiosità
La più grande distesa salata del pianeta
Situato a 3.650 metri di quota, nei pressi della città di Uyuni, nell'altopiano andino meridionale della Bolivia, il Salar de Uyuni è un gigantesco deserto di sale che, con i suoi 10.582 km² risulta la più grande distesa salata della Terra.

fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Bolivia

 
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Generalità

Il nome dello Stato deriva da quello del libertador Simón Bolívar, promotore nel XIX secolo dell'emancipazione dei Paesi sudamericani dal dominio spagnolo. Territorialmente corrisponde a grandi linee all'audiencia di Charcas (o dell'Alto Perú), che fu una delle parti del vicereame spagnolo di Lima; ha confini quasi ovunque artificiali, in quanto definiti dopo le lunghe guerre con i Paesi vicini (l'ultima è stata quella con il Paraguay per il possesso del Chaco e conclusasi nel 1938). La Bolivia è formata da due sezioni morfologicamente assai diverse; una, più estesa, occupa una vasta porzione dei bassopiani centrali sudamericani e l'altra, molto più popolata, si situa nella regione andina: è questa la parte vitale del Paese, in quella zona a S del Lago Titicaca che fu già il cuore dell'impero incaico e, dopo la conquista spagnola, sede di importanti città sorte in funzione mineraria e divenute poi i fulcri politico-economici dello Stato. Attratto verso l'area andina, il Paese è privo di sbocchi al mare; l'isolamento continentale insieme con l'asprezza ambientale delle alteterre costituisce un fattore del suo ritardato sviluppo, che si colloca come Paese tra i più poveri dell'America Latina. La sua caratteristica principale, nel quadro antropico del subcontinente, è di essere abitato prevalentemente da indios, che però non accedono all'economia moderna e alle attività più redditizie. Sono molto diffuse le condizioni di precarietà, e le aree urbane, viste come l'ultimo baluardo del benessere, vengono assediate da misere baraccopoli. All'inizio del Duemila gli elementi di freno più potenti sono il sistema sociopolitico e la povertà infrastrutturale. La divisione del territorio in due sezioni poco integrate e differenziate sul piano produttivo accentua l'emarginazione progressiva dell'altopiano, ancorato a produzioni di sussitenza.

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Territorio: geografia umana

La maggior parte della popolazione boliviana discende direttamente dagli antichi abitanti dell'altopiano, in particolare dagli aymará (concentrati attorno al Lago Titicaca) e dai quechua; nei bassopiani orientali gli amerindi sono rappresentati da sparsi gruppi di raccoglitori e cacciatori amazzonici e del Chaco, tra i quali si sono insinuate anche genti guaraní. Complessivamente gli amerindi costituiscono il 53% della popolazione: il 29% sono quechua e gli aymará il restante 24%. L'alta percentuale di indios si deve alle durissime condizioni ambientali, che hanno limitato sempre l'insediamento dei bianchi (15%), per gran parte d'origine spagnola, mentre è mancata l'immigrazione di italiani e di altri europei, come si è verificato in Brasile e in Argentina (nell'Oriente si sono invece stanziati numerosi coloni giapponesi); più rilevante è la percentuale di meticci (30%). %). Il boom demografico si è avuto in Bolivia a partire dalla seconda metà del XX secolo: al censimento del 1900 gli abitanti risultavano circa 1.600.000, cifra ritenuta in difetto, e poco più di 2.000.000 nel 1950 a fronte degli oltre 8.000.000 censiti nel 2001. La crescita annua risulta elevata (1,9% nel periodo 2000-2008) anche considerando gli alti valori di mortalità infantile (soprattutto tra i bambini con meno di 1 anno), causata di infezioni respiratorie e diarrea specialmente nelle zone rurali abitate da indigeni, dove molti bambini soffrono le conseguenze della malnutrizione. La speranza di vita è la più bassa del continente, limitata a 63 anni per gli uomini e 68 per le donne e la piramide dell'età è schiacciata verso il basso: quasi il 40% dei boliviani ha meno di 14 anni e si stima che oltre 2 milioni di bambini vivano sotto la soglia di povertà e oltre mezzo milione di essi siano costretti a lavorare. I flussi migratori in uscita sono risultati negli anni contenuti e limitati ad altri Paesi dell'America Meridionale: molti boliviani sono emigrati in Brasile e Argentina, spesso lavorandovi senza i regolari permessi. La densità della popolazione è naturalmente molto bassa (9 ab./km²), anche se ha registrato negli ultimi anni del XX secolo un certo incremento. Quasi la metà dei boliviani è concentrata nei dipartimenti di La Paz e Cochabamba che occupano meno del 20% del territorio, con densità medie comunque non elevate (21 ab./km² il primo e 33 ab./km² il secondo); scarsamente popolate sono le aree nordorientali che corrispondono ai dipartimenti Beni e Pando, dove la densità si aggira intorno agli 1-2 ab./km². Nei primi anni del Duemila è stato rinnovato il tracciato della strada che collega Santa Cruz de la Sierra a Cochabamba (500 km di percorso): esso corre lungo solchi fluviali a deboli pendenze, attraversando una zona in precedenza isolata, coperta da vegetazione tropicale e da estese piantagioni di coca. Quest'ultima attività rappresenta una vera piaga sociale per l'Oriente, che la nuova arteria potrebbe contribuire a sanare, favorendo la sostituzione con altre colture, i cui prodotti troverebbero un'agevole via di commercializzazione sia verso l'altopiano boliviano, sia verso il Brasile. Allo stato attuale si calcola che gran parte dei boliviani viva tra i 2500 e i 4000 m; il limite superiore dell'insediamento si situa poco sotto i 4300 m; si tratta di povere borgate di contadini che coltivano piccoli pezzamenti di terra accanto alle case di adobe e col tetto di paglia, o, nell'arida puna, si dedicano alla pastorizia. Intorno al Lago Titicaca e nelle valles si trovano centri che hanno anche funzioni commerciali, specie quelli posti lungo le ferrovie che attraversano l'altopiano; particolarmente fitto è l'insediamento nelle yungas, con grossi abitati lungo le strade di fondovalle. Negli ultimi decenni del Novecento si è sensibilmente accresciuta la corrente migratoria verso le città: lo dimostra il fatto che, nelle aree urbane, la dinamica demografica risulta, da un lato, più intensa, con una natalità superiore a quella delle zone rurali, e, dall'altro, affetta da un più elevato tasso di mortalità, come segno non tanto di invecchiamento strutturale, quanto di condizioni sociali e igieniche precarie. Nel 2008 la popolazione urbana rappresentava il 66,1% del totale nazionale. La città nettamente più popolosa è La Paz ( oltre 1.500.000 nell'agglomerato urbano), il cui sviluppo è dovuto al ruolo di capitale amministrativa, sede del governo e ai collegamenti ferroviari con il Cile e l'Argentina. Sucre è la vecchia capitale (è ancora capitale legale), caratteristica per il suo dignitoso aspetto coloniale. Centri minerari e commerciali dell'altopiano sono Potosí, la città più alta dell'America Meridionale essendo situata a 3976 m, Oruro e Cochabamba, quest'ultimo nodo delle comunicazioni tra l'altopiano e l'Oriente, che ha invece il suo massimo centro in Santa Cruz de la Sierra (seconda città del Paese, mercato agricolo e raccordo delle linee ferroviarie che uniscono la Bolivia con l'Argentina e il Brasile.

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Cultura: generalità

La Bolivia ha a lungo risentito, anche dal punto di vista culturale, del forte isolamento dovuto alla geomorfologia del proprio territorio e alle vicende storico-politiche. Nelle città, il recupero di una certa vitalità culturale insieme con la disponibilità a far propri influssi e suggestioni internazionali si sono concretizzati nel corso del secondo Novecento; viceversa, i modi di vita più tradizionali degli indios, di grande fascino ma sinonimo anche di precarietà e povertà, permangono molto forti soprattutto nei bassopiani, meno toccati dalla modernità rispetto ai centri urbani occidentali. La religione e il folclore sono gli ambiti in cui è più viva la manifestazione di costumi arcaici, benché non siano rare forme ibride di spiritualità, risultato delle influenze europee. Numerosissime le feste, religiose e profane, in cui le danze in costume, o in maschera, e i riti di epoca inca trovano ancora fortissima partecipazione popolare. Gli esponenti delle arti e della letteratura hanno contribuito spesso a dar voce a istanze quali la salvaguardia delle radici, il resoconto della vita dei villaggi degli indios, la ricerca di un'identità nazionale, la descrizione delle tormentate vicende del passato, la denuncia delle disparità fra una minoranza benestante e una grossa parte di popolazione ai limiti della sussistenza. Nel Paese sono attive diverse istituzioni che operano per la diffusione della cultura, dalle università ai musei a quelle di origine straniera come il Bolivian American Centre, l'Alliance Française, il British Council, la Casa de España. Ulteriore testimonianza del notevole patrimonio nazionale sono i cinque siti protetti dall'UNESCO: la città di Potosí (1987), le missioni gesuite di Chiquitos (1990), la città storica di Sucre (1991), El fuerte di Samaipata (1998) e il Centro spirituale e politico della cultura Tiwanaku (2000).

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Cultura: tradizioni

In Bolivia convivono gruppi etnici di origine e cultura diverse, che conservano tradizioni molto differenti; il quadro nazionale si è poi notevolmente arricchito a seguito dell'immissione delle tradizioni spagnole. L'aspetto folcloristico preminente è però dato dagli indios. Spirito indio e cultura cattolico-spagnola coesistono in forme sincretiche, fondendo animismo e fede cattolica, riti evoluti e stregoneria. La magia è ancora in auge e compare anche nelle feste dei santi patroni. Gli indios curano particolarmente queste solennità, che si imperniano essenzialmente sulla danza (forti le forme di emulazione tra paese e paese). Le danze più antiche, eseguite al suono dello zufolo di canna (quena), o della siringa di Pan (sicus), risalgono a epoca preincaica. Parecchie danze non sono che pantomime (come la mallcu), riproducenti scene di caccia e lotte fra animali o fatti della conquista spagnola. Danza popolare molto in voga è la quena-quena, ballata dagli uomini e influenzata da usi delle genti dell'Amazzonia. Tra le feste più seguite va ricordata quella di San Pedro, sul Titicaca, di origine pagana e connessa alla vita dei pescatori (l'uso è in comune con le genti peruviane). Tipica delle genti dedite all'agricoltura è la festa della Pacha-Mama; espressione delle genti dedite all'attività mineraria è invece la festa detta Diablada (vi si connettono l'idea del demonio, divinità sotterranea, e della vita in miniera), celebrata con l'uso di maschere demoniache. Assai vari sono i costumi femminili, che si distinguono da zona a zona per i colori (tipico della zona di La Paz è l'uso da parte delle donne di un cappello a forma di bombetta); meno sgargianti i costumi andini, più vivaci i costumi delle donne meticce. Semplice è l'abbigliamento maschile; gli indios usano un tipico passamontagna di lana a vari colori. L'attività artigianale, praticata in prevalenza da donne, si basa essenzialmente sulla tessitura. L'alimentazione è assai povera; piatti nazionali sono il mote (chicchi di granturco bollito) e il mani (salsa di arachidi con moltissimo pepe). Diffusissimo è l'uso di masticare le foglie di coca e di bere la chicha (ottenuta dalla fermentazione dei chicchi di granturco), vera piaga della gente andina.

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view post Posted on 24/6/2019, 22:02     Top   Dislike
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Cultura: letteratura

Scarsi furono i contributi locali alla letteratura coloniale: un modesto rimatore chiamato Juan Sobrino ( XVII secolo) e il più dotato cronista Bartolomé Martínez y Vela, autore dei piacevoli Anales de la Villa Imperial de Potosí (XVIII secolo), furono gli unici letterati di qualche rilievo. Nella ricca Potosí si diedero anche rappresentazioni teatrali, ma non se ne sa molto. I gesuiti ebbero a Juli una piccola tipografia, in cui venne stampato nel 1705 un pregevole dizionario aymará del padre Bertonio; ma solo dopo l'indipendenza (1825) funzionò veramente la stampa e apparve il primo giornale: El Telégrafo (1822). Anche dopo la nascita della Bolivia, però, l'isolamento del Paese e la mancanza di centri culturali importanti resero lenti e incerti gli sviluppi letterari. Scrittori “rivoluzionari” furono Vicente Pazos Kanki, autore di Memorias histórico-políticas (1834), e Casimiro Olañeta (1796-1860), oratore e pubblicista. Poligrafo e biografo di Bolívar fu José M. Loza (1799-1862). Il romanticismo portò un certo numero di versificatori: Ricardo J. Bustamante, la poetessa María J. Mujía (1820-88), Néstor Galindo (1830-65), autore di Lágrimas (1856), fucilato dal tiranno Melgarejo, e qualche altro; mentre un secondo e tardo romanticismo è rappresentato dalla prolifica Adela Zamudio (1854-1928) e da Isaac G. Eduardo (1861-1924). Maggior rilievo ha Nataniel Aguirre (1842-88), poeta, narratore (Juan de la Rosa, 1885) e drammaturgo (Visionarios y mártires, 1865); e una certa personalità Félix Reyes Ortiz (1828-83), poeta e commediografo. Numerosi gli storici e critici, fra cui emerge Gabriel R. Moreno (1834-1908). Il rinnovamento poetico “modernista” ebbe un notevole alfiere in Ricardo Jaimes Freyre (1868-1933), vissuto quasi sempre in Argentina (Castalia bárbara, 1897; Los sueños son vida, 1917); e altri rappresentanti di rilievo in Manuel M. Pinto (1871-1940), Gregorio Reynolds (1882-1941) e specialmente Franz Tamayo (1880-1956), poeta e saggista di valore. Fra i narratori, il primo posto spetta ad Alcides Arguedas (1879-1946), che ha dato in Raza de bronce (1919) uno dei capolavori della narrativa indigenista; altri aspetti della realtà boliviana furono interpretati da Armando Chirveches (1883-1926), Jaime Mendoza (1874-1940), detto il “Gorkij boliviano”, A. Alarcón, G. A. Navarro, J. F. Bedregal, ecc. Critico e poeta fu R. Villalobos (1860-1939). Nel panorama novecentesco, modesto per la difficile situazione del Paese e per il basso livello culturale della popolazione, si distinguono tra i poeti: Octavio Campero, Yolanda Bedregal (1926-99), Jorge Suárez, Félix Rospigliosi e soprattutto Pedro Shimose (n. 1940), che è anche narratore, pubblicista e critico di ampio respiro, musicologo e disegnatore; tra i narratori: Augusto Céspedes (1904-97), anticipatore del realismo magico sudamericano (Sangre de mestizos, El diputado mudo); Oscar Cerruto (1912-81), non solo romanziere, ma poeta, giornalista e diplomatico, di lui si ricordano Cerco de penumbras (1958) e la raccolta di versi Cántico traspasado (1975); Augusto Guzmán, (1903-94), critico letterario e apprezzato storico, fu premiato nel 1961 con il Premio Nacional de Literatura; la sua opera più famosa è Prisionero de guerra (1937) sulla propria esperienza nella guerra del Chaco; Raúl Botelho Gosálvez (1917-2004); tra i saggisti: Fernando Díez de Medina (1908-90), una delle penne più autorevoli della stampa boliviana e autore anche di opere di narrativa e poesia, e Jesús Lara (1898-1998), voce letteraria la cui produzione è stata quasi interamente dedicata alla causa degli indios (Poesia Popular Quechua, 1956; Inkallajta-Inkaraqay, 1967; Mitos y Leyendas y Cuentos de los Quechuas, 1973). Negli anni a cavallo del millennio a questi si sono aggiunti nuovi nomi, come Ramon Rocha (n. 1950), autore di Pedagogia de la Liberacion (1975), El Run Run de la Calavera (1983), Ladies Night (2000); Ce Mendizabal (n. 1956), che divide la propria attività tra racconti, poesie e articoli giornalistici; Victor Montoya (n. 1958), passato attraverso l'esilio in Svezia (Días y noches de angustia). Il tema della patria, delle dure condizioni socio-economiche e di un futuro diverso restano, comunque, i principali argomenti della letteratura boliviana.

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