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Chi in questi giorni ha detto che Gerusalemme è la capitale di Israele da tremila anni non conosce la sua storia. Venti volte assediata, due volte distrutta e ricostruita, conquistata e poi persa da sei imperi, dai babilonesi agli inglesi, è inoltre, ancora e soprattutto oggi, città della guerra e della pace, emblema della possibile divisione e riunificazione degli uomini.
Gerusalemme è sempre stata meno di una città e molto più di una città. Anche quando alla metà dell’Ottocento era un paesone di diecimila abitanti era cercata, invocata, portata dentro l’anima quasi dovunque nel mondo. «Se ti dimentico Gerusalemme, che la mia mano si paralizzi» valeva per ebrei e musulmani. Gerusalemme è simbolo, è memoria, è promessa. È una città fatta non tanto di pietre qualsiasi, ma di pietre sacre: i blocchi del Tempio, la pietra del Sepolcro di Cristo, la roccia da cui Maometto secondo i musulmani sarebbe salito al cielo. È la città di Davide e di Salomone per gli ebrei, la città del sacrificio della Croce e della Resurrezione per i cristiani, la città del profeti, di Abramo, di Davide,di Gesù per il musulmani. È il luogo che è prefigurazione dei novissimi: Gerusalemme la Pia addirittura 28 chilometri sopra la Gerusalemme storica secondo la tradizione rabbinica, la Gerusalemme Terrestre che secondo i cristiani prefigura la Gerusalemme Celeste, la Gerusalemme dove tutti e tutto, perfino la Kabaa, saranno ricondotti alla fine dei tempi secondo i musulmani.
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