IL FARO DEI SOGNI

Israeliani e Palestinesi: le radici dell'odio

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view post Posted on 28/11/2018, 14:53     Top   Dislike
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Sul piano etnico, gli arabi e gli ebrei del periodo precedente la diaspora, vale a dire prima del I-II secolo d.C., erano popoli affini. Sul piano religioso, i musulmani – al pari dei cristiani – non possono non considerare l'ebraismo come loro «intrinseco».

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Sul piano storico, nonostante molti episodi di tensione registrati già nella penisola arabica al tempo di Muhammad tra musulmani ed ebrei, l'Islam considera gli ebrei – al pari dei cristiani – come ahl al-Kitab, «Popoli del Libro», quindi non «infedeli» bensì detentori di una Sacra Scrittura e compartecipi di quella storia della Rivelazione divina scandita dalla profezia, della quale tuttavia Muhammad sarebbe «il Sigillo». Come i musulmani dicono familiarmente, ebrei e cristiani sono a loro volta «musulmani a metà». Da dove nasce allora tutto questo odio?


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view post Posted on 1/12/2018, 22:07     Top   Dislike
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Anzitutto, alcune semplici cose da osservare. Sul piano linguistico, ebraico e arabo sono due lingue affini tra loro, entrambi appartenenti al ceppo semitico. Sul piano etnico, gli arabi e gli ebrei del periodo precedente la diaspora, vale a dire prima del I-II secolo d.C., erano popoli affini, come del resto ben ricorda il Genesi parlando della parentela tra Isacco e Ismaele, figli entrambi di Abramo.

Sul piano religioso, i musulmani – al pari dei cristiani – non possono non considerare l'ebraismo come loro «intrinseco»: accettano i profeti d'Israele e riconoscono nella storia del Popolo eletto la fase più antica del cammino della Rivelazione divina, continuata con Gesù e con Muhammad. Sul piano escatologico, esistono affinità profonde tra le escatologie ebraica, cristiana e musulmana. Sul piano storico, nonostante molti episodi di tensione registrati già nella penisola arabica al tempo di Muhammad tra musulmani ed ebrei, l'Islam considera gli ebrei – al pari dei cristiani – come ahl al-Kitab, «Popoli del Libro», quindi non «infedeli» bensì detentori di una Sacra Scrittura e compartecipi di quella storia della Rivelazione divina scandita dalla profezia, della quale tuttavia Muhammad sarebbe «il Sigillo». Come i musulmani dicono familiarmente, ebrei e cristiani sono a loro volta «musulmani a metà».

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view post Posted on 4/12/2018, 18:22     Top   Dislike
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Ciò ha dato luogo, in terra islamica, a quel fenomeno storico che impropriamente si è definito «tolleranza musulmana», e che consiste nell'accordare – con alcune limitazioni – libertà di culto alle comunità cristiane ed ebraiche. Il che non toglie che tra ebraismo e Islam – entrambe «religioni di legge», caratterizzate per giunta dalla condivisione di un monoteismo rigoroso (che i cristiani, a loro concorde avviso, avrebbero in qualche misura adulterato) – si siano nei secoli sviluppati una simpatia e un sentimento di affinità reciproca molto profondi, ben più che tra cristiani ed ebrei o tra cristiani e musulmani. Anche sul piano culturale questa simpatia e quest'affinità hanno prodotto ammirevoli risultati.
Va ricordato a questo punto che quel che vale per i rapporti tra musulmani ed ebrei non vale alla stessa maniera per quelli tra arabi ed ebrei. Ciò perché non tutti i musulmani sono arabi, né tutti gli arabi sono musulmani (esistono anche arabi ebrei e arabi cristiani). Anzi, gli ebrei hanno tradizionalmente un'amicizia molto stretta con popoli musulmani non arabi, come i turchi e i persiani.
Per i rapporti con gli arabi, tuttavia, il discorso è ormai legato alla crisi israeliano-palestinese: che rischia di divenire tout court una faccenda arabo-ebraica e che, specie da quando si sono diffusi nel mondo musulmano i movimenti fondamentalisti, corre il pericolo di scatenare un inedito fenomeno d'inimicizia ebraico-musulmana.

La radice della crisi israeliano-palestinese sta naturalmente nella questione sionista, rispetto alla quale permane all'interno dell'opinione pubblica una drammatica ignoranza e una desolante confusione.

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view post Posted on 7/12/2018, 18:04     Top   Dislike
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Nel 1862 il rabbino Zevì Hirsch Kalischer avviò un suo assunto storico-escatologico, sostenendo che la restaurazione messianica, che il popolo ebraico attendeva, non si sarebbe verificata miracolosamente: gli uomini avrebbero dovuto cooperare alla sua realizzazione. Il rientro degli ebrei nella Terra Promessa, cioè in Palestina, (Eretz Israel per gli ebrei), sarebbe stato il pegno e il segno della rinascita. Fin dal 1841 il governo ottomano – che dominava allora tutta l'area che oggi definiamo «mediorientale» – aveva consentito agli ebrei di disporre di un rabbino capo in Palestina, che sarebbe risieduto in Gerusalemme. In seguito all'iniziativa del rabbino Hirsch Kalischer l'Alleanza Israelita Universale fondò in Palestina la scuola di agricoltura Mikve Israel.
L'inasprimento delle condizioni di vita degli ebrei in Europa orientale e in Russia avevano determinato nella seconda metà del secolo un vero esodo: molti scelsero gli Stati Uniti, altri si stabilirono in Europa e specie in Francia, ma circa 30.000 preferirono volgersi, a partire dal 1882 circa, alla Palestina. Tra 1889 e 1895 l'associazione Chowewei Zion («Amici di Sion») raccolse per l'insediamento dei coloni in palestina ingenti somme di danaro, anche con l'aiuto di facoltosi filantropi come il barone Edmond de Rotschild. Nel 1896, in poche settimane, il giornalista Theodor Herzl scrisse un libro intitolato Der Judenstaat, considerato il vero manifesto del sionismo: Herzl sarebbe stato ricevuto nel 1898, a Gerusalemme, dal Kaiser Guglielmo II. Nel 1902 fece la sua comparsa anche un sionismo di tipo religioso, differente dalle istanze laiche e nazionaliste sulle basi delle quali lo Herzl aveva proposto e auspicato «una patria finalmente garantita per il popolo ebraico»: invece il rabbino Abraham Isaac Kook, fondatore del partito Mizrahi, portava avanti il programma riassumibile nella formula «il paese d'Israele al popolo d'Israele nel nome della Torah d'Israele».

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view post Posted on 11/12/2018, 19:45     Top   Dislike
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I primi pionieri ebrei in Palestina furono accolti in genere abbastanza bene. Tuttavia già dal 1891 i notabili arabi di quell'area avevano rivolto al governo ottomano un appello affinché s'impedisse agli ebrei un ingresso indiscriminato e un incontrollato acquisto di terre. Un malinteso di fondo si celava dietro l'afflusso ebraico in Terrasanta: l'idea cioè che essa potesse costituire «una terra senza gente per una gente senza terra». Ora, la gente palestinese invece c'era eccome: e bisognava tenerne conto, per quanto sia il governo ottomano sia le potenze occidentali fossero concordi nel fatto che, adeguatamente messa a coltura, quella terra potesse ospitare molta più popolazione di quanta non ve ne fosse.
Il malinteso fu alimentato durante la prima guerra mondiale dalla diplomazia britannica, la quale aveva bisogno di far quadrare il cerchio mettendo insieme – e vi riuscì... – tre obiettivi inconciliabili: sollevare gli arabi contro i turchi (nemici degli anglo-franco-russi in quanto alleati degli austro-tedeschi) con la promessa d'una grande patria araba unita e indipendente; allontanare gli ebrei sionisti, i quali erano in gran parte d'origine tedesca e patriotticamente molto legati alla loro Germania e perfino alla casa imperiale, dalla causa delle potenze centrali nella prima guerra mondiale; soddisfare (al fine di conseguire lo scopo di allontanare o attenuare le simpatie sioniste nei confronti della Germania) le esigenze di parte del movimento sionista, che non si accontentava più di una terra qualunque per un popolo senza terra bensì voleva proprio quella terra, Eretz Israel e Gerusalemme.

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view post Posted on 14/12/2018, 19:10     Top   Dislike
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Nella loro guerra contro i turchi (si tratta quindi del quadrante di sud-est del fronte della prima guerra mondiale) gli anglo-francesi fecero leva sul nascente spirito patriottico e unitario del mondo arabo, al quale si promise la nascita di una «grande Arabia», un regno unico sotto una dinastia locale che unisse tutte le genti arabe dalla Siria e dalla Mesopotamia fino alla penisola arabica e all'Egitto. Per questo, però, bisognava liberarsi dai turchi: e non era cosa facile, dato che la pietas musulmana recalcitrava all'idea di prender le armi contro il sultano ch'era insignito di dignità califfale; e che la mentalità musulmana, la quale si riconosceva nell'umma (la comunità dei credenti), aveva difficoltà a comprendere i concetti occidentali di «patria» e di «nazione». Francesi e inglesi quindi, per i loro immediati interessi politici e militari che richiedevano la sollevazione degli arabi contro i turchi, fornirono un contributo obiettivamente importante alla modernizzazione e all'occidentalizzazione dell'Islam arabo appoggiandone e anzi provocandone le istanze di liberazione dal giogo turco.

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view post Posted on 17/12/2018, 17:07     Top   Dislike
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Appoggiato da francesi e soprattutto inglesi, nel 1916 il «custode dei Luoghi Santi», lo sharif (con tale titolo, che letteralmente significa «nobile», si qualificano i membri delle famiglie discendenti dal Profeta) Hussein ibn Ali della dinastia dei Beni Hashem (o, come preferiscono dire gli occidentali, degli hashemiti) innalzò la bandiera della «rivolta del deserto»: il 10 giugno la Mecca veniva tolta ai turchi e il 16 novembre Hussein si proclamava «re degli arabi», mentre suo figlio Feisal continuava la campagna militare sostenuto soprattutto dagli inglesi un ufficiale dei quali, il colonnello Thomas E. Lawrence (più noto poi come «Lawrence d'Arabia»), ha narrato le vicende di quegli anni nel libro I sette pilastri della saggezza.
Dopo due successivi falliti attacchi al canale di Suez, nel '15 e nel '16, le forze turche inquadrate da ufficiali tedeschi dovettero evacuare il Sinai e attestarsi ai primi del 1917 su una linea di resistenza che aveva i suoi punti forti in Gaza, Bersheva e Aqaba. Il 30 ottobre del 1916 ebbe luogo l'attacco inglese, mentre gli arabi delle varie tribù beduine guadagnate alla rivolta tormentavano il retroterra turco con incessanti azioni di guerriglia. Tra novembre e dicembre cadevano, l'una dopo l'altra, Giaffa, Ramleh ed Hebron. Il 9 dicembre Gerusalemme, sgombrata dalla piccola guarnigione turca che la difendeva, veniva occupata da un esercito alleato composto principalmente d'inglesi, di francesi, d'italiani (i Savoia re d'Italia avevano ereditato attraverso i Lusignano il titolo formale di re di Gerusalemme) e da un corpo di spedizione della «Legione Ebraica». Due giorni dopo il comandante delle truppe britanniche dell'area, generale Edmund Allenby, entrava nella Città Santa.

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Il contributo arabo alla liberazione della Siria-Palestina dalla presenza militare turca era stato notevole, forse determinante: ma le ragioni della diplomazia ne avrebbero reso vano il significato. Gli accordi franco-inglesi detti (dai nomi dei due diplomatici che li firmarono) «Sykes-Picot» non tenevano alcun conto delle promesse fatte allo sharif Hussein e stabilivano che alla fine della guerra il Vicino Oriente sarebbe stato ripartito in due distinte zone d'influenza: alla Francia sarebbero toccati Siria e Libano, secondo una tradizione di presenza culturale già antica; all'Inghilterra sarebbero invece andate Palestina, Transgirdania, Mesopotamia, mentre l'Arabia avrebbe dovuto essere organizzata in monarchia sotto la famiglia wahabita dei sauditi. Gli accordi erano stati tenuti segreti: ma il governo russo ne era naturalmente a conoscenza. In tal modo, quando con la Rivoluzione la Russia, ormai trasformata in Unione Sovietica, uscì dal conflitto, la loro sostanza fu rivelata: la propaganda turca e quella tedesca fecero l'impossibile per far sapere agli arabi che le promesse degli alleati a Hussein erano state una beffa e che la «grande Arabia» non sarebbe stata mai fatta. Ma intanto gli alleati erano già entrati a Baghdad, a Damasco e nella stessa Gerusalemme. Gli inglesi salvarono, per Feisal figlio di Hussein, un trono in Irak: ma i francesi gli impedirono con la forza di aggiungervi la Siria, che pur gli era stata promessa ma che essi intendevano erigere in repubblica sotto il loro controllo. Il fratello di Feisal, Abdullah, ebbe – anch'egli come re – la Transgiordania. Il trattato di Sanremo dell'aprile 1920 confermava gli accordi «Sykes-Picot» e avviava una serie di complesse manovre diplomatiche alla fine delle quali il Consiglio della Società delle Nazioni affidava il controllo temporaneo della Palestina a un «mandato» britannico.

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Intanto, il movimento sionista andava stringendo i suoi tempi, anche con gli strumenti della lotta terroristica guidata da gruppi come l'Arghun o la Banda Stern. Gli arabi erano sempre più inquieti, e scontri tra arabi ed ebrei si erano verificati già a partire dagli Anni Venti. Le autorità britanniche erano incapaci di mantenere l'ordine: nel 1948, mentre il numero dei coloni ebrei si moltiplicava anche in seguito a quanto era accaduto in Europa durante la seconda guerra mondiale, l'Inghilterra rinunziò al mandato ricevuto trent'anni prima sulla Palestina ritirando militari e funzionari. In conseguenza di questo vuoto di potere, il 14 maggio del 1948 il Consiglio Nazionale Ebraico in Palestina proclamò la nascita dello Stato d'Israele: scoppiò immediatamente il conflitto con la Lega Araba, vinto dagli israeliani grazie alla schiacciante superiorità aerea. Iniziò l'esodo di massa dei palestinesi dalla loro terra, più tardi proseguito. Il problema del ritorno degli arabi allora cacciati o dei loro discendenti, oppure del risarcimento delle terre e dei beni da essi abbandonati a partire dal 1948, sta alla base delle attuali difficoltà nel raggiungere una pace soddisfacente e purtroppo del perdurare di una situazione di rancore reciproco del tutto nuova tra genti e culture che fino ad alcuni decenni fa si consideravano con reciproca simpatia. Intanto, dopo la guerra del 1967, la causa palestinese si è andata progressivamente musulmanizzando: con il risultato di pressioni e di persecuzioni ai danni dei cristiani palestinesi, che sempre più si sentono a doppio titolo stranieri nella loro patria: come arabi cacciati o discriminati dagli israeliani e come cristiani considerati dai loro compatrioti musulmani sospetti in quanto i fedeli di Cristo vengono sempre più guardati, nel mondo orientale, come filo-occidentali. Una tragedia nella tragedia, che rischia di mettere in crisi la sopravvivenza delle gloriose, antiche Chiese arabe cristiane.

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view post Posted on 31/12/2018, 18:13     Top   Dislike
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Ritorno dei palestinesi cacciati dalle loro terre e ristabilimento della continuità territoriale nei cosiddetti Territori occupati, che Israele ha tolto ai palestinesi dal '67 in poi e nei quali ha insediato numerosi gruppi di coloni, sono i principali problemi che Sharon e Abu Mazen sono chiamati a risolvere oggi insieme alla piaga del terrorismo: che tuttavia è conseguenza, sia pur terribile e aberrante, e non causa dell'insostituibile situazione che data ormai da oltre mezzo secolo ma le profonde radici della quale vanno fatte risalire almeno al 1918.

fonte https://www.toscanaoggi.it/Dossier/Special...adici-dell-odio

 
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