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| Appoggiato da francesi e soprattutto inglesi, nel 1916 il «custode dei Luoghi Santi», lo sharif (con tale titolo, che letteralmente significa «nobile», si qualificano i membri delle famiglie discendenti dal Profeta) Hussein ibn Ali della dinastia dei Beni Hashem (o, come preferiscono dire gli occidentali, degli hashemiti) innalzò la bandiera della «rivolta del deserto»: il 10 giugno la Mecca veniva tolta ai turchi e il 16 novembre Hussein si proclamava «re degli arabi», mentre suo figlio Feisal continuava la campagna militare sostenuto soprattutto dagli inglesi un ufficiale dei quali, il colonnello Thomas E. Lawrence (più noto poi come «Lawrence d'Arabia»), ha narrato le vicende di quegli anni nel libro I sette pilastri della saggezza. Dopo due successivi falliti attacchi al canale di Suez, nel '15 e nel '16, le forze turche inquadrate da ufficiali tedeschi dovettero evacuare il Sinai e attestarsi ai primi del 1917 su una linea di resistenza che aveva i suoi punti forti in Gaza, Bersheva e Aqaba. Il 30 ottobre del 1916 ebbe luogo l'attacco inglese, mentre gli arabi delle varie tribù beduine guadagnate alla rivolta tormentavano il retroterra turco con incessanti azioni di guerriglia. Tra novembre e dicembre cadevano, l'una dopo l'altra, Giaffa, Ramleh ed Hebron. Il 9 dicembre Gerusalemme, sgombrata dalla piccola guarnigione turca che la difendeva, veniva occupata da un esercito alleato composto principalmente d'inglesi, di francesi, d'italiani (i Savoia re d'Italia avevano ereditato attraverso i Lusignano il titolo formale di re di Gerusalemme) e da un corpo di spedizione della «Legione Ebraica». Due giorni dopo il comandante delle truppe britanniche dell'area, generale Edmund Allenby, entrava nella Città Santa.
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