| Politica Politica interna
Dopo la caduta di Gheddafi, salì al potere un governo di transizione, che secondo i pensieri e le valutazioni popolari, non eseguì il lavoro di restaurazione richiesto.[senza fonte] Dopo le elezioni per l'assemblea nazionale costituente del luglio 2012, nell'aprile 2013 quest'ultimo indisse le nuove elezioni per eleggere il parlamento. Il popolo libico fu chiamato a partecipare ad un appuntamento democratico che mancava da ben 48 anni. Anche se quest'elezioni si svolsero in un clima opprimente, promossero a pieno titolo i liberali, capeggiati da Mahmoud Jibril, e il partito del Fronte Nazionale[32], portati avanti da Mohamed el-Magariaf. In queste elezioni delusero gli islamisti, che furono sconfitti, anche se avevano l'appoggio del braccio libico dei Fratelli Musulmani, che poco tempo prima, aveva trionfato nel vicino Egitto. L'unica e concreta svolta positiva di queste elezioni fu la campagna elettorale, anch'essa mancante da molto tempo in Libia, che si fece sentire soprattutto a Tripoli. Coloro che si proposero come una vera alternativa al modello politico contemporaneo furono i liberali, che per questo, dopo tante fatiche e persecuzioni, vinsero.
Politica estera
La Libia è parte dell'ONU (dal 1955), della Lega Araba (dal 1953), dell'OPEC (dal 1962) e dell'Unione Africana (dal 1963). Le istituzioni di cui la Libia fa parte sono: ABEDA, AfDB, AFESD, AMF, AMU, AU, CAEU, COMESA, FAO, G-77, IAEA, IBRD, ICAO, ICRM, IDA, IDB, IFAD, IFC, IFRCS, ILO, IMF, IMO, IMSO, Interpol, IOC, IOM, IPU, ISO, ITSO, ITU, LAS, MIGA, NAM, OAPEC, OIC, OPCW, OPEC, PCA, UN, UNCTAD, UNESCO, UNIDO, UNWTO, UPU, WCO, WFTU, WHO, WIPO, WMO, WTO (osservatore).
Il 12 novembre 2011, è stato ripreso dagli Stati Uniti, con l'invio a Tripoli, nel maggio 2012, di un ambasciatore di pace, Christopher Stevens,[33] che credeva nella creazione di istituzioni democratiche nel mondo islamico. L'11 settembre 2012, in seguito ad un assalto di manifestanti, infiltrati da elementi terroristi che hanno incendiato la rappresentanza di Bengasi con il pretesto di vendicare la realizzazione di un filmato provocatorio su Maometto, l'ambasciatore fu una delle vittime degli scontri.
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