IL FARO DEI SOGNI

Introduzione all'Odissea

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view post Posted on 1/11/2018, 15:46     Top   Dislike
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L'Odissea: il poema dal protagonista unico




Rispetto all’Iliade, l’Odissea ruota attorno a un unico personaggio: Odisseo o Ulisse (alla latina). Anche la struttura narrativa ne risente, perché è meno episodica ed è organizzata secondo un preciso schema narrativo. «Complessivamente l’Odissea si configura come un insieme di racconti: come un racconto di racconti» (Privitera, citando Todorov); sarà una struttura molto utilizzata e la ritroviamo nel Decameron di Boccaccio, ad esempio, solo che «nell’Odissea il rapporto tra il racconto dell’autore e quello dei personaggi è perfettamente gerarchizzato: i singoli racconti sono funzionali alla narrazione generale» (Privitera). Ulisse in più parti racconta in prima persona le sue vicende: la sua capacità narrativa affascina così come la forza della sua storia. È l’eroe cercatore, perseguitato dal fato, l’uomo dai molti inganni, astuto, prudente, ma anche spavaldo al punto da sfidare forze superiori alla sua.

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Gli inganni dell'Odissea


Egli è anche il simbolo dell’uomo che fa ritorno al nido, ed è guidato della nostalgia, dal desiderio della casa, e rinuncia all’immortalità e all’eterna giovinezza (offerte da Calypso e da Circe) e all’idillio amoroso presso la corte dei Feaci con Nausicaa. Odisseo è l’eroe dei molti inganni. Inganno, in greco dolos, non è termine negativo come oggi: è bifronte, polivalente. Proprio come Odisseo. Ma anche Penelope, sua controparte, tesse la sua famosa tela come dolos. Ed è un dolos anche la narrazione letteraria: un raffinato inganno, e Odisseo stesso ce ne dà prova più volte, specie nell’episodio del ciclope Polifemo, il cui grande occhio accecato è il segno dell’uomo che si sottrae al sole, il grande occhio che tutto vede.

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«I Greci intuivano che è un dolos anche il pensiero. La mente, nel formulare pensieri, immagini, parole, discorsi, produce qualcosa che somiglia a un tessuto o a una tela» (Privitera). La bravura della mente è nel mondo in cui si tesse. Infatti la parola textus, che è sia il tessuto, sia il testo scritto o orale, deve essere variegato e ben strutturato. E l’Odissea è così, nonostante alcune piccole incongruenze, essa si articola in solidi blocchi narrativi: sei in tutto, ognuno di quattro libri, che possiamo raggruppare in due parti:

Odisseo in viaggio verso Itaca (libri I-XII)
Odisseo che agisce ad Itaca (XIII-XXIV).

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Il tema dei ritorni nell'Odissea


Il ritorno come lo intende Cesare Pavese
In una poesia di Cesare Pavese leggiamo del ritorno di suo cugino, rimasto in viaggio per vent’anni nei mari del Sud: «Vent'anni è stato in giro per il mondo. / Se n'andò ch'io ero ancora un bambino portato da donne, / e lo dissero morto. Sentii poi parlarne / da donne, come in favola, talvolta; / ma gli uomini, più gravi, lo scordarono» (Pavese, I mari del Sud).

Sembrerebbe, in sintesi estrema, il racconto che potrebbe fare Telemaco sulle vicende del padre Odisseo. In questa poesia c’è il punto di contatto di due persone estranee che hanno nei loro occhi una storia e una saggezza diverse. E il cugino del poeta racconta alcuni episodi di quel che accadde; poi tace. Perché chi torna può rapportarsi a chi è rimasto solo attraverso il racconto colmando la distanza che si è creata: e dirà e tacerà a seconda della convenienza o di come lo assale il ricordo. Ma racconterà, come reduce.

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Raccontare per non dimenticare e per fare ordine

«L’impulso a narrare era, nel reduce, incoercibile», (Privitera, Il ritorno del guerriero) perché solo ciò che diventa letteratura si salva dall’oblio. Partendo dal fatto che nell’istante presente siamo tutti reduci del nostro viaggio, capiamo che raccontare la nostra vita è un modo di fare ordine agli eventi caotici, talvolta insensati, che viviamo perché vengono ricordati e compresi. Odisseo trova davanti a sé avversità pericolosissime: «(…) un reduce può perdere il ritorno non solo se viene ucciso, ma anche se viene sedotto e fermato dall’ospitalità di chi lo accoglie» (Privitera). Morire nel ritorno è equivalente del fermarsi in un altro luogo: resterebbe incompiuta la circolarità del proprio viaggio.

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Ulisse e le Sirene

Un’altra tappa densa di significato nell'Odissea è quella presso le Sirene, dal canto bellissimo e insostenibile per qualità e sapienza: «Odisseo si confronta con un canto sovrumano e si confronta con la propria stessa storia» (Privitera). Ossia, Odisseo ascolta la bellezza della sua storia e rischia di fermarsi a contemplarla, come Narciso aveva contemplato sé stesso. Odisseo rischia di trasportare la sua vita nella gioia sublime della letteratura: ma così interromperebbe il suo cammino (e l’Odissea, come opera e come storia, è proprio il suo procedere verso Itaca). Queste sono alcune delle difficoltà del ritorno.

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view post Posted on 7/11/2018, 14:58     Top   Dislike
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I ritorni degli altri eroi


In apertura dell’Odissea vengono non casualmente citati altri illustri ritorni: Menelao, Nestore, sono coloro che, pur tra le avversità, hanno fatto ritorno da Ilio e hanno ristabilito il proprio dominio. Achille, Aiace, Agamennone, Patroclo e molti altri sono invece nell’Ade: il loro destino si è compiuto altrove, lontano dalla loro terra natia. Odisseo ha l’occasione di vederli come gettati temporaneamente fuori dal regno dei morti: chi beve il sangue del montone sacrificato (segno di vita) potrà riacquistare la memoria e parlare.

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view post Posted on 8/11/2018, 15:19     Top   Dislike
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Ulisse e la profezia sul suo destino

Odisseo deve interrogare Tiresia, l’indovino, che gli comunica un destino avverso, l’espiazione necessaria e crudele per pacificarsi con Poseidone. Tornato a casa, dovrà ripartire alla volta di una terra che non conosce la navigazione e piantare un remo. Quindi, vale la pena tornare per poi ripartire nuovamente? Riconquistare nuovamente e nuovamente abbandonare? Odisseo si piega al fato e vince la resistenza a fuggire: «Secoli prima di Euripide, Omero ha intuito che valoroso è anzitutto chi vince le battaglie con se stesso» (Privitera). Una delle tappe più pericolose del viaggio dell'Odissea è quella presso i Lotofagi, i mangiatori di loto, fiore che dona la dimenticanza assoluta (l’oblio, appunto).

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view post Posted on 9/11/2018, 15:45     Top   Dislike
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Raccontare per sopravvivere e sopravvivere per raccontare


Se Odisseo si fosse fermato, non solo non sarebbe tornato a Itaca, ma l’intera sua storia avrebbe cessato per sempre di esistere. Moltissimi anni dopo, su questo tema, avrebbe scritto il romanziere triestino Italo Svevo: «E che cosa sono io? Non colui che visse ma colui che descrissi. Oh! L’unica parte importante della vita è il raccoglimento. Quando tutti lo comprenderanno con la chiarezza ch’io ho tutti scriveranno. La vita sarà letteraturizzata» (Svevo, Le confessioni del vegliardo). Tuttavia raccontare è faticoso perché il racconto è un continuo ritorno, è una ricerca che chiede di tornare indietro. Fermarsi nel nulla può essere seducente, come l’ospitalità dei Lotofagi.

Occorre una continua tensione a sopravvivere alla propria stessa storia: «Il dramma è finito. Perché allora qualcuno è ancora in giro? Perché uno sopravvisse al naufragio» dice Ismaele nell’epilogo del romanzo Moby Dick, di Hermann Melville, dopo aver citato in esergo il libro di Giobbe: «e io solo sono sopravvissuto per raccontartela» (Gb 1, 16). Sopravvivere per raccontare: ostinarsi a tornare nella vita dopo aver scandagliato il proprio passato. L’epica antica rappresenta davvero il primo momento in cui la vita si fece letteratura, e prima memoria storica, nel perpetuarsi del ricordo, sintetizzando la realtà, mitizzandola e salvandola dall’oblio.

FONTE www.studenti.it/odissea-di-omero-trama-analisi.html

 
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