IL FARO DEI SOGNI

BIOGRAFIA DI Osho Rajneesh

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Osho Rajneesh, o semplicemente Osho (Kuchwada, 11 dicembre 1931 – Pune, 19 gennaio 1990), è stato un mistico e maestro spirituale indiano, che acquisì seguito internazionale.

Nato Chandra Mohan Jain (hindi devanagari: चन्द्र मोहन जैन), noto come Acharya Rajneesh negli anni sessanta e in seguito come Bhagwan Shree Rajneesh,[1][2] negli anni ottanta adottò il nome di Osho Rajneesh, che poi ridusse a Osho[3] (dal termine "oceanico", pronunciato osheanic in inglese).[4]

Osho era un professore di filosofia che abbandonò la carriera accademica per girare il mondo come maestro spirituale.[5] Le sue posizioni anticonformiste suscitarono scalpore e reazioni controverse.[6] Affermò di aver vissuto, ventunenne, l'esperienza mistica dell'illuminazione.[7] Iniziò a viaggiare per l'India, a tenere discorsi e a condurre campi di meditazione. Negli anni settanta creò un ashram, a Pune, che arrivò a ricevere trentamila visitatori l'anno.[6][8]

Nel 1981 si trasferì in Oregon dove fondò una comune che finì per collassare a causa di attività illegali commesse dai suoi esponenti di spicco,[6] denunciate pubblicamente dallo stesso Osho.[9][10] Nel 1986, duramente osteggiato dal governo statunitense,[11][12] tornò in India dove le sue condizioni di salute subirono un drastico peggioramento, da lui attribuito a un avvelenamento subito nelle carceri americane.[13] Morì a Pune a cinquantotto anni.

I suoi insegnamenti sincretici sono volti al risveglio spirituale dell'individuo ed enfatizzano l'importanza della libertà, dell'amore, della meditazione, dell'umorismo e di una gioiosa celebrazione dell'esistenza, valori che egli riteneva soppressi dai sistemi di pensiero imposti dalla società e dalle fedi religiose.[14] Osho invitò l'uomo a vivere in armonia e in totale pienezza tutte le dimensioni della vita, sia quelle interiori che quelle esteriori, poiché ogni cosa è sacra ed espressione del divino.[15]

Fautore di una ribellione fondata sul senso critico e sul rifiuto di accettare qualsiasi norma di vita o valore sociale solo perché comunemente condivisi, manifestò una forte avversione per le religioni organizzate e il mondo politico.[16] Guru iconoclasta, considerava le tradizioni religiose più influenti come false credenze che reprimono l'uomo e ne ostacolano la ricerca del Vero.[17] Le sue idee ebbero un notevole impatto sul pensiero New Age occidentale (da cui tuttavia egli prese le distanze)[18][19] e sulla controcultura ereditata dagli anni sessanta. La sua popolarità ha continuato ad aumentare dopo la sua morte.[19][20]



Devgarha2



Infanzia e adolescenza (1931-1950)

Osho nacque Chandra Mohan Jain (il maggiore di undici figli di un mercante di stoffe e di sua moglie) a casa dei nonni materni a Kuchwada, un piccolo villaggio nel Distretto di Raisen del Madhya Pradesh, in India Centrale, l'11 dicembre 1931.[7][21][22] I suoi genitori, Babulal e Saraswati, giainisti della corrente Teranpanthi, lo lasciarono vivere coi nonni materni fino all'età di sette anni.[7] Questi gli concessero una grande libertà senza imporgli alcuna educazione, esercitando così un'influenza intensa sul suo sviluppo caratteriale.[23][24] Quando aveva sette anni morì il nonno e tornò a Gadarwara a vivere con i genitori.[7][25] Il decesso del nonno, quello della cugina (e primo amore) Shashi, morta quindicenne di febbre tifoidea, e le previsioni di un astrologo (che gli presagì vita breve) ebbero un violento impatto su di lui.[22][25] Studente ribelle e formidabile oratore,[6] si avvicinò all'arte (pittura, scrittura, fotografia) e a dodici anni divenne editore della rivista Prayas (Sforzo), scritta di suo pugno.[26] In questa prima giovinezza Osho era antiteista, interessato all'ipnosi e aderì per breve tempo al socialismo e a due organizzazioni nazionaliste indiane: l'India National Army e il Rashtriya Swayamsevak Sangh.[6][22][25] Tuttavia la sua appartenenza a tali organizzazioni fu di breve durata poiché egli si rifiutava di accettare qualsiasi disciplina, ideologia o sistema imposti dall'esterno.[25]



Pune_in_India



L'illuminazione e le prime comunità (1951-1969)

Nel 1951, all'età di diciannove anni, Osho intraprese i suoi studi presso Hitkarini College di Jabalpur.[27] In seguito a conflitti con un insegnante si trasferì al D.N. College di Jabalpur.[8] A causa della sua indole polemica gli venne concesso di non frequentare le lezioni (salvo in caso di esami); utilizzò il tempo libero per lavorare come aiuto-redattore per un giornale locale.[25] Cominciò a parlare in pubblico durante l'incontro annuale del Sarva Dharma Sammelan, organizzato a Jabalpur dalla comunità giainista Teranpanthi (vi partecipò fino al 1968).[28] Non volle sposarsi nonostante le pressioni dei genitori.[29]

Il 21 marzo 1953, all'età di ventun anni, visse, stando alle sue parole, l'esperienza mistica dell'illuminazione mentre era seduto sotto un albero nel Giardino Bhanvartal a Jabalpur.[7][30] Dopo aver completato il suo baccellierato in filosofia al D.N. Jain College nel 1955, si iscrisse all'università di Sagar dove conseguì un Master of Arts con lode in filosofia.[25] Venne così assunto come docente al Raipur Sanskrit College, ma il vicepreside lo spinse a lasciare l'incarico e trasferirsi poiché riteneva il suo operato nocivo per l'educazione e la moralità degli studenti.[8] Dal 1958 iniziò ad insegnare filosofia all'Università di Jabalpur, prima come 'lettore' e poi, nel 1960, come professore.[8] Conferenziere di talento, venne acclamato dai suoi colleghi come un uomo dall'intelligenza eccezionale nonostante la formazione in una piccola città.[22]

In concomitanza con il suo lavoro universitario, Osho iniziò a viaggiare per tutta l'India con il nome di Acharya Rajneesh (Acharya significa maestro, o guru, Rajneesh era un soprannome risalente all'infanzia), criticando apertamente il socialismo ("l'unica cosa che può socializzare è la miseria") e Gandhi, descritto come un socialista reazionario che adorava la povertà.[6][8][22] Ciò di cui l'India aveva bisogno per prosperare era invece il capitalismo, la scienza, la tecnologia e il controllo delle nascite.[6] Attaccò le religioni indiane ortodosse considerandole ormai superate e caratterizzate da una vuota ritualità, e le accusò di opprimere i seguaci con la paura della dannazione eterna e le promesse di redenzione.[6][22] Queste posizioni lo resero una figura controversa ma gli assicurarono anche un seguito di fedelissimi che comprendeva ricchi mercanti e uomini d'affari.[6][31] Offriva consulenze individuali sulla loro ricerca spirituale e la vita quotidiana in cambio di donazioni (prassi comune in India), e la sua attività crebbe rapidamente.[31]
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Festeggiamenti per il compleanno di Osho, a Bombay. 11 dicembre 1972.

Nel 1962 si ritrovò a condurre dai tre ai dieci campi giornalieri di meditazione. Attorno al suo insegnamento nacquero i primi centri di meditazione, Jivan Jagruti Kendra, chiamati in seguito il "Movimento del Risveglio" (Jivan Jagruti Andolan).[32] Dopo alcune controverse conferenze che tenne nel 1966, lasciò l'insegnamento universitario. Nel 1968, in una serie di conferenze che saranno pubblicate successivamente con il titolo "Dal sesso all'eros cosmico", scandalizzò i leader indù con le sue affermazioni su una maggiore accettazione della sfera sessuale e venne soprannominato dalla stampa indiana "Il guru del sesso".[8][25]

L'anno successivo venne invitato (nonostante le perplessità di alcuni capi indù) alla Seconda Conferenza Mondiale sulla religione indù scatenando ulteriori polemiche e affermando che "qualsiasi religione che consideri questa vita come una valle di lacrime priva di significato incentivando pertanto l'odio verso questa esistenza, non potrà mai essere una vera religione. La religione è invece un'Arte che deve insegnare come godere della vita".[8] Osho completò poi il suo discorso accusando i preti di pensare unicamente al proprio tornaconto e suscitando così le ire dello shankaracharya di Puri, che tentò invano di interrompere il suo intervento.[25]

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A Bombay (1970-1974)

Durante una meditazione pubblica, nella primavera del 1970, Osho presentò per la prima volta il suo metodo di Meditazione Dinamica.[8] Alla fine di giugno lasciò Jabalpur per Bombay.[25] Il 26 settembre 1970 iniziò il suo primo gruppo di discepoli, detti “neo-sannyasin”,[8] che in quanto tali dovevano assumere un nuovo nome e indossare vesti rosso-arancio (da cui il soprannome "gli arancioni") e il mālā, una collana di grani in legno con il ritratto del guru.[6] Essi, tuttavia, erano invitati a seguire una stile di vita celebrativo, non ascetico, e lui non chiedeva di essere venerato ma considerato un agente catalizzatore, “un sole che incoraggia il fiore ad aprirsi”.[22]

Osho assunse come segretaria Ma Yoga Laxmi (Laxmi Thakarsi Kuruwa), figlia di uno dei suoi primi seguaci (un ricco giainista sostenitore del Partito del Congresso Nazionalista nella lotta per l'indipendenza indiana, strettamente legato a Gandhi, Nehru e Morarji Desai), che raccolse il denaro necessario per consentirgli di sospendere il continuo girovagare.[6]

Nel dicembre 1970 si stabilì nei Woodlands Apartments di Bombay, dove teneva lezioni e riceveva spesso visitatori, tra cui i primi occidentali; viaggiava raramente e non parlava più in pubblico.[25] Nel 1971 adottò il nome di “Bhagwan Shree Rajneesh”:[6] Shree corrisponde all'incirca all'inglese 'Sir' e Bhagwan, che significa 'beato', è un termine tradizionale indiano che si usa per indicare un individuo in cui l'essenza divina è ormai evidente.[27]
L'ashram di Pune (1974-1981)
Pune (India), dove nel 1974 Osho fondò il suo ashram.

Il clima umido di Bombay gli procurò numerose allergie, l'asma bronchiale e il diabete. Nel 1974, in occasione del ventunesimo anniversario del suo Risveglio, si spostò nel Koregaon Park a Pune in una proprietà acquistata, con l'aiuto di Ma Yoga Mukta, da Catherine Venizelos, un'ereditiera greca.[6][8] Qui insegnò fino al 1981. Questo appezzamento – 24000 m² e due case adiacenti – divenne il nucleo di quello che è ora l'Osho International Meditation Resort. Si procedette alla registrazione audio e (in seguito) video, e alla stampa dei suoi discorsi per agevolarne la diffusione mondiale. Crebbe vertiginosamente il numero dei visitatori occidentali. L'ashram ben presto divenne un centro di “arti e mestieri” che produceva abiti, gioielli, ceramiche, cosmetici biologici e si organizzavano spettacoli teatrali e musicali.[6] Nel 1975, con l'arrivo di alcuni terapisti dello Human Potential Movement, le meditazioni vennero integrate da terapie di gruppo[7][25] (che divennero una delle principali fonti di reddito).[6][33]

L'ashram di Pune era un luogo molto stimolante, con un'atmosfera intensa e carnevalesca.[6][22][33] La giornata iniziava alle 6.00 del mattino con la Meditazione Dinamica.[7][34] Alle 8.00, Osho teneva una lezione di un'ora-un'ora e mezza nel “Buddha Hall auditorium” commentando scritti religiosi e rispondendo ai quesiti di visitatori e discepoli.[6][7] Fino al 1981 alternò letture in lingua hindi con letture in inglese.[35] Durante la giornata si svolgevano sedute meditative e terapiche, la cui intensità era dovuta al campo di energia spirituale (buddhafield) sprigionato da Osho.[33] Nei darśana serali, Osho conversava individualmente con visitatori e seguaci, e procedeva all'iniziazione (sannyas) di nuovi discepoli.[6][7] Per decidere a quali terapie partecipare, i visitatori consultavano Osho oppure procedevano in base alle proprie preferenze.[34] Alcuni fra i primi gruppi di terapia erano sperimentali e consentivano scambi sessuali tra i partecipanti e aggressioni fisiche.[6][36] Sui giornali iniziarono così ad apparire notizie contrastanti riguardo a ferite e lesioni riportate da alcuni soggetti durante lo svolgimento di sessioni di gruppo.[35][37][38]

Secondo Richard “Dick” Price, all'epoca uno dei terapisti di punta dello Human Potential Movement e cofondatore dell'Esalen Institute, questi gruppi incoraggiavano gli individui ad “essere violenti” piuttosto che a “giocare a fare i violenti” (quest'ultima era la prassi nei centri U.S.A.); inoltre, a suo avviso, avvenivano “i peggiori errori di alcuni leader inesperti di gruppi Esalen”. Price ha abbandonato l'ashram di Pune con un braccio rotto dopo essere stato chiuso in una stanza per otto ore con individui armati di mazze di legno. Il suo collega Bernard Gunther se la cavò un po' meglio e scrisse un libro Dying for Enlightenment, ricco di fotografie e descrizioni liriche delle sedute meditative e delle terapie di gruppo.[8] La violenza nelle terapie di gruppo cessarono nel gennaio 1979, quando l'ashram emise un comunicato stampa in cui dichiarava che la violenza “aveva ormai adempiuto al proprio scopo nell'ambito dell'ashram inteso come una comune in evoluzione spirituale”.[22]
L'ashram di Pune (India).

I sannyasin, dopo mesi di meditazione e terapia, avevano la possibilità di applicarsi in alcuni lavori nell'ashram: un sistema appositamente ispirato a quello utilizzato nella comune creata da Gurdjieff in Francia nel 1930, che contemplava l'esecuzione di lavori faticosi non retribuiti e la scelta di supervisori dotati di una personalità irritante, allo scopo di stimolare i soggetti all'auto-osservazione e alla “trascendenza”. Parecchi discepoli vi restarono per anni.[39] A compromettere l'immagine dell'ashram,[40] oltre alle polemiche sui metodi di terapia, si aggiunsero le accuse sull'utilizzo di stupefacenti; alcuni sannyasin finanziavano i prolungati soggiorni in India con la prostituzione e il trasporto di droga.[22][41] Qualcuno, molto tempo dopo, disse che, sebbene Osho non fosse direttamente coinvolto, era stato informato di tali attività e non si era opposto.[33]

Alla fine degli anni settanta si iniziò a cercare uno spazio più esteso dove trasferire l'ashram. Vennero individuate: una proprietà situata nella provincia di Kutch nel Gujarat e due nel territorio montagnoso nell'India del nord. A causa di attriti fra Osho e il partito di Morarji Desai (il Janata party, che era al governo), non venne conferita l'autorizzazione per l'utilizzo del terreno e nemmeno il visto a tutti i visitatori stranieri che indicavano l'ashram di Osho come destinazione principale.[6][42] Inoltre Desai annullò retroattivamente lo status di esenzione fiscale dell'ashram, che pertanto dovette pagare una tassa di circa 5 milioni di dollari.[8] I conflitti con alcuni leader indù aggravarono la situazione.

Nel 1980 la tensione era così alta che la stessa Indira Gandhi, in passato alleata di Osho e nel frattempo ritornata al governo, si rifiutò di intercedere per lui.[8] Nel maggio del 1980, Vilas Tupe, un giovane fondamentalista indù, attentò senza successo alla vita di Osho durante un discorso pubblico, affermando che a suo avviso Osho era un agente della CIA.[6][43] Nel 1981 l'ashram riceveva ormai 30mila visitatori l'anno, prevalentemente europei e statunitensi.[40] Molti osservatori notarono un cambiamento nello stile dialettico di Osho: che sul finire degli anni settanta divenne sempre meno “intellettuale” e sempre più ricco di barzellette popolari o piccanti volte a spiazzare e divertire il pubblico.[6] Dall'aprile 1981 al novembre 1984 Osho "entrò in silenzio": non parlava più pubblicamente e non teneva discorsi. Suppergiù in quel periodo Ma Anand Sheela (Sheela Silverman) sostituì Ma Yoga Laxmi come segretaria personale di Osho.[22]

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La comune "Rajneeshpuram" in Oregon (1981-1985)


Nel 1981 la tensione crescente nell'ashram di Pune, le polemiche e l'atteggiamento ostile delle autorità indiane convinsero Osho e la sua segretaria a spostarsi negli Stati Uniti.[31][44][45] Secondo Susan J. Palmer la decisione “fu presa unilateralmente da Sheela”.[46] Secondo Gordon, invece, Sheela e Osho avevano discusso di questa possibilità alla fine del 1980, sebbene non si fossero mossi fino al giugno 1981.[22] Osho entrò negli Stati Uniti con un visto turistico, apparentemente per motivi sanitari, e trascorse diversi mesi in un centro di ritiro presso il castello di Kip a Montclair nel New Jersey.[47][48] Gli era stata da poco diagnosticata un'ernia del disco, trattata in India da diversi medici tra cui James Cyriax dell'ospedale St. Thomas, un medico esperto in patologie del distretto muscolo-scheletrico e in iniezioni epidurali proveniente da Londra.[6][22][49]

Laxmi (la precedente segretaria di Osho) disse alla giornalista Frances FitzGerald di “non essere riuscita a trovare una nuova location adeguata alle esigenze e pertanto, a seguito dell'emergenza medica, il progetto passò in mano a Sheela”.[6] In un comunicato ufficiale Sheela precisò che ormai Osho si trovava in pericolo in India; in America avrebbe ricevuto le cure mediche appropriate nel caso fosse stato necessario un intervento chirurgico.[22][33][49] Nonostante le condizioni dichiaratamente gravi della sua salute, durante la sua permanenza negli States Osho non usufruì di trattamenti medici, il che portò l'Ufficio Immigrazione (INS) a sospettare che Osho avesse premeditato di restare lì.[6] (In effetti sarà successivamente dichiarato colpevole di frode migratoria, comprese false dichiarazioni in merito alla sua domanda iniziale di visto).

Il 13 giugno 1981 il marito di Sheela, Swami Prem Chinmaya (Marc Harris Silverman), acquistò per 5,75 milioni di dollari il Big Muddy Ranch, un ranch di 64mila acri vicino alla città di Antelope, che attraversava due contee dell'Oregon: Wasco e Jefferson. Il ranch fu soprannominato “Rancho Rajneesh” e Osho vi si trasferì il 29 agosto.[8] La reazione della popolazione locale variò dalla tolleranza all'ostilità, a seconda della vicinanza al ranch dei residenti,[50] con una serie di battaglie legali soprattutto per l'utilizzo del territorio. Nel maggio 1982 i residenti del Rancho Rajneesh (circa 5000[51]) votarono per costituirlo come la città di Rajneeshpuram.[52] Il conflitto con i vicini divenne sempre più aspro, la comune fu oggetto di pressioni esterne,[8][52] i suoi dirigenti avevano atteggiamenti conflittuali e aggressivi e i continui cambiamenti dei progetti stabiliti erano visti come manovre fraudolente.[50]
Il periodo di "silenzio"

Il 10 aprile 1981, dopo aver parlato quotidianamente per quasi 15 anni, Osho si autoimpose un silenzio di tre anni e mezzo. In questo periodo vennero mostrati al pubblico i video con i suoi discorsi, che furono sostituiti anche da satsang, raduni silenziosi con musica e letture di opere mistiche (come Il Profeta di Khalil Gibran e l'Isha Upanishad). Passò il suo tempo perlopiù in isolamento; comunicava solo con pochi discepoli chiave, tra cui Sheela e la sua compagna Ma Yoga Vivek (Christine Woolf).[47] Osho viveva in una roulotte vicino a una piscina coperta; vedeva la maggior parte dei discepoli che si disponevano sul lato della strada durante le sue lente guide giornaliere;[33] era noto per le numerose Rolls-Royce acquistate; ufficialmente ne possedeva 93 [46][53] e questo fece di lui il più grande proprietario di Rolls-Royce al mondo in quel periodo (i suoi discepoli avevano in progetto di estendere la collezione a 365 auto: una per ogni giorno dell'anno).[54] La comune divenne ben presto una vera cittadina con sistema fognario e telefonico, una rete di trasporto pubblico, un ufficio postale, una banca, una stazione di polizia, vigili del fuoco, centri commerciali, hotel di lusso, un ristorante, un casinò e un piccolo aeroporto. Durante i festival annuali vi accorrevano fino a 15.000 discepoli da tutto il mondo. Il sistema di produzione agricola era all'avanguardia, veniva riciclato il 70% di tutto ciò che era utilizzato e per i primi due anni i media locali manifestarono apprezzamento per la comunità.[55][51]
Osho alla guida di una Rolls-Royce salutato dai sannyasin nel 1982.

Nel 1981 Osho conferì a Sheela un limitato potere di rappresentanza, eliminando i limiti l'anno successivo.[46] Nel 1983 Sheela annunciò che da quel momento in avanti Osho avrebbe parlato solo con lei.[6] In seguito Osho disse che ne era all'oscuro.[46] Molti sannyasin espressero dubbi sul fatto che Sheela potesse rappresentare adeguatamente Osho e lasciarono il Rajneeshpuram in segno di protesta per la sua leadership autocratica.[6] Diversi sannyasin residenti senza cittadinanza statunitense incontrarono difficoltà per il visto, che alcuni cercarono di ottenere con matrimoni di convenienza. Gli amministratori della comune cercarono di risolvere i problemi di immigrazione di Osho dichiarandolo il capo di una religione, il Rajneeshismo.[33] Nel novembre 1981 Osho chiese lo status di residente in quanto svolgente attività religiosa, ma la sua domanda venne respinta con la motivazione che non poteva guidare una religione mentre era malato e in silenzio. Tale decisione venne in seguito rovesciata a causa di violazioni procedurali. Il permesso di Osho di rimanere come leader religioso venne concesso nel 1984.[7][33]

Nel corso degli anni in Oregon, Osho affermò che il mondo avrebbe potuto essere distrutto da una guerra nucleare (o altri disastri) nel 1990.[44] Già nel 1964 egli disse che “la terza e ultima guerra è ormai vicina”, facendo spesso riferimento alla necessità di creare una “nuova umanità” per evitare il suicidio globale (parlò di una “Arca di Noè della consapevolezza”, da qui l'urgenza di costruire la comune).[44] Nel marzo 1984 Sheela annunciò che Osho aveva predetto la morte di due terzi dell'umanità per AIDS,[22][44] i sannyasin erano dunque tenuti ad indossare guanti e preservativi durante il rapporto sessuale: la stampa ritenne eccessive tali misure poiché all'epoca non erano ancora raccomandati i preservativi per la prevenzione dell'AIDS.[46][56] Durante le cure odontoiatriche, Osho dettò tre libri: Bagliori di un'infanzia dorata, Appunti di un folle e I libri che ho amato.[5] Sheela in seguitò dichiarò che Osho assumeva sessanta milligrammi di Valium al giorno ed era dipendente dal protossido di azoto,[57][58][59] ma lui negò queste accuse quando venne interrogato dalla stampa.[57][60]

Nell'autunno del 1984 la comune favorì l'ingresso di centinaia di senzatetto nel tentativo (fallito) di registrarli per il voto alle imminenti elezioni della contea. Quando ciò venne contestato, dette persone furono rilasciate a spese dello Stato nelle rispettive città di provenienza.[61] Dopo che gli sforzi per costituire una città fallirono, i residenti del ranch tentarono di acquisire la piccola città di Antelope, in Oregon (46 abitanti nel 2010). Il 18 settembre 1984 lo Statuto di Antelope venne emendato con un voto di 57 a 22 per cambiare il nome della città in “Rajneeshpuram” (Città di Rajneesh).[62] Osho insegnò a Sheela come utilizzare i media a proprio vantaggio; durante il periodo in cui si chiuse in silenzio disse privatamente che Sheela parlava a suo nome. La appoggiò nelle discussioni in merito al suo comportamento con la leadership della comune, ma nella primavera del 1984 (quando la tensione all'interno di quella ristretta cerchia raggiunse il culmine) venne convocato un incontro tra Sheela e il suo staff.[63] Secondo la testimonianza di Swami Devageet (Charles Harvey Newman), lei venne rimproverata prima degli altri.[64] Osho dichiarò che il centro della comune era la sua casa e non quella di lei, e disse inoltre di aver avvertito che chiunque vicino a lui sarebbe stato un possibile obiettivo per Sheela.[63]

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L'attacco batteriologico e l'espulsione dagli Stati Uniti

Il 30 ottobre 1984 Osho interruppe il suo periodo di “silenzio” annunciando che era giunto il momento di “dire le sue verità”.[8][33] Nel luglio 1985 riprese i discorsi pubblici quotidiani (contro la volontà di Sheela, dichiarò alla stampa).[65] Il 16 settembre 1985, due giorni dopo che Sheela e il suo gruppo dirigente avevano lasciato la comune per andare in Europa, Osho tenne una conferenza stampa in cui descrisse Sheela e i suoi collaboratori come una “banda di fascisti” che avevano “trasformato la comune in un campo di concentramento”. Li accusò di una serie di gravi reati (in gran parte risalenti al 1984) e invitò le autorità ad indagare.[6]

I reati ipotizzati (che Osho dichiarò commessi a sua insaputa e senza il suo consenso) includevano: il tentato omicidio del suo medico, avvelenamenti di pubblici ufficiali, intercettazioni telefoniche e intercettazioni ambientali all'interno della comune e in casa sua, e un attacco bioterroristico ai cittadini di The Dalles, Oregon (usando la salmonella) per influenzare le elezioni distrettuali.[6] Inizialmente le sue accuse vennero accolte con scetticismo dagli osservatori esterni, ma una successiva indagine delle autorità statunitensi le confermò.[66] Sheela e diversi collaboratori ammisero le loro responsabilità per l'accusa di tentato omicidio e violenza privata.[8] Sheela fu arrestata in Germania Ovest il 28 ottobre, estradata in Oregon e condannata a 20 anni e alla multa di 470mila dollari. Scontò due anni e mezzo in una prigione federale di Pleasanton, venne rilasciata per buona condotta e riuscì a rifugiarsi in Svizzera.[47]

Il 30 settembre 1985 Osho affermò di non essere un capo religioso e disse che il "Rajneeshismo" era sorto senza il suo permesso; ordinò pertanto ai discepoli di bruciare le 5000 copie del Libro del Rajneeshismo (una raccolta di suoi insegnamenti che definivano il Rajneeshismo "una religione senza religione"),[67] di cui disconobbe la paternità affermando che fosse un'iniziativa di Sheela.[68] Disse inoltre che non era più necessario indossare le vesti rosse e la collana con la sua immagine.[69] Osho spiegò che aveva ordinato la distruzione del libro per liberare il movimento dalle ultime tracce dell'influenza di Sheela, i cui abiti vennero “aggiunti al falò”.[70] L'attacco di salmonella è stato il primo caso confermato di terrorismo chimico (o biologico) negli Stati Uniti.[71] Osho dichiarò che, poiché si era ritirato in silenzioso isolamento (incontrandosi solo con Sheela), non era venuto a conoscenza dei crimini commessi dalla dirigenza del Rajneeshpuram finché Sheela e la sua "banda" non se n'erano andati e i sannyasin non si erano fatti avanti per informarlo.

Alcuni commentatori hanno detto che, a loro avviso, Sheela venne usata come capro espiatorio.[6][34][35] Altri invece hanno fatto notare che, sebbene Sheela abbia spiato le abitazioni di Osho e messo quelle registrazioni a disposizione delle autorità degli Stati Uniti come parte del suo patteggiamento, non è venuta alla luce nessuna prova che Osho fosse partecipe dei suoi crimini.[22][33][34] Tuttavia Gordon riporta[22] che Charles H. Turner, David Frohnmayer e altri funzionari di polizia (che visionarono dichiarazioni mai rilasciate pubblicamente e ascoltarono centinaia di ore di registrazioni su nastro) lasciarono intendere che Osho fosse colpevole di altri reati rispetto a quelli per cui venne processato. Frohnmayer affermò che la filosofia di Osho non era di "disapprovare l'avvelenamento" e sentiva che Osho e Sheela erano "veramente malvagi".[22] Ma in seguito, in una conferenza stampa, Charles H. Turner, procuratore generale dell'Oregon, ammise che non esisteva nessuna prova che collegasse Osho a qualcuno dei crimini commessi e pertanto non lo si poteva ritenere complice degli stessi:[72]

« Non avevamo alcuna prova nei confronti di Rajneesh, cercavamo di portare avanti questo caso usando la procedura penale per risolvere un problema di natura politica. Non è stato certamente un sistema ortodosso, ma Rajneesh doveva essere buttato fuori dal paese ad ogni costo.[73] »

Secondo la testimonianza in tribunale di Ma Ava (Ava Avalos), un discepolo di primo piano, Sheela fece ascoltare una registrazione audio di un incontro avuto con Osho sulla “necessità di uccidere la gente” per rafforzare la vacillante volontà dei sannyasin di partecipare alle sue trame. In questa registrazione Osho avrebbe detto che era necessario “uccidere gente per stare in Oregon” e avrebbe inoltre elogiato la figura di Adolf Hitler affermando che “ebbe una grande visione”.[74] Tuttavia nei suoi discorsi pubblici,[75][76] perfino quelli in Oregon,[77] Osho ha sempre definito Hitler “un idiota” (seppur dotato di grande carisma), un "essere perverso",[78] ribadendo alla stampa che è stato “il politico più idiota che il mondo abbia mai conosciuto”.[79] Sheela tentò di uccidere la fidanzata e sorvegliante personale di Osho, Ma Yoga Vivek, e il suo medico Swami Devaraj (George Meredith) perché sentiva che erano una minaccia per Osho; aveva segretamente registrato una conversazione tra Devaraj e Osho "in cui il medico accettava di ottenere i farmaci che il guru voleva per garantirgli una morte serena se avesse deciso di togliersi la vita”.[74]
Quattro dei ristoranti a The Dalles colpiti dall'attacco bioterroristico nel 1984.

Il 23 ottobre 1985 un gran giurì federale formulò 35 capi d'accusa a carico di Osho e molti altri discepoli per il tentativo di eludere le leggi sull'immigrazione. L'atto d'accusa fu emesso a porte chiuse, ma la notizia giunse all'avvocato di Osho. I negoziati per consentire ad Osho di arrendersi alle autorità a Portland, in caso di mandato di arresto, fallirono.[6][8] Le voci di un intervento della Guardia Nazionale e del previsto arresto forzato di Osho provocarono tensioni e paura di violenze.[56] Sulla base delle registrazioni audio di Sheela, le autorità in seguito dichiararono la loro convinzione che ci fosse un piano che prevedeva uno scudo umano di donne e bambini sannyasin qualora le autorità avessero cercato di arrestare Osho nella comune.[22]

Il 28 ottobre 1985 Osho e un ristretto numero di discepoli che lo accompagnavano furono arrestati a bordo di un Learjet noleggiato in una pista d'atterraggio del North Carolina. Secondo le autorità federali il gruppo era in viaggio verso le Bermuda per evitare il processo.[80] Sul velivolo vennero trovati 58mila dollari in contanti e trentacinque orologi (del valore di un milione di dollari). Osho, a detta di tutti, non era stato informato dell'imminente arresto o del motivo del viaggio.[6][8][56] L'incarcerazione di Osho e il trasferimento per tutto il paese divennero uno spettacolo pubblico. Fu mostrato in catene e trattenuto in Carolina del Nord, Oklahoma e Portland. I funzionari sfruttarono il termine massimo consentito dalla legge per trasferirlo dal North Carolina a Portland per la lettura dei capi d'imputazione,[8] e così nell'arco di dodici giorni Osho passò per ben sei prigioni differenti. Osho dichiarò che il governo statunitense si era comportato in maniera fascista, l'aveva umiliato in carcere, nonché avvelenato nel periodo di detenzione.[13]

Dopo essersi inizialmente dichiarato non colpevole di tutte le accuse ed essere stato rilasciato su cauzione, su consiglio dei suoi avvocati Osho accettò un Alford Plea (una forma di patteggiamento in cui l'imputato non ammette la sua colpevolezza ma afferma che ci potrebbero essere prove sufficienti per condannarlo) per l'accusa di false dichiarazioni sul visto d'ingresso nel 1981 e per quella di violazione delle leggi sull'immigrazione (ossia l'organizzazione di matrimoni fittizi tra sannyasin per l'ottenimento della residenza statunitense).[22] In base all'accordo fra i suoi avvocati e l'ufficio del Procuratore degli Stati Uniti, fu condannato a 10 anni con sospensione condizionale e a una sanzione di 400mila dollari tra multe e spese processuali. Accettò inoltre di lasciare gli Stati Uniti e di non ritornare per almeno cinque anni senza il permesso del Procuratore generale degli Stati Uniti.[6][8]

Osho considerava tutta la faccenda come un complotto contro di lui e le sue idee ordito dai fondamentalisti cristiani e dal mondo politico, e affermò che il governo statunitense aveva predisposto un piano per assassinarlo se non avesse accettato il compromesso proposto ai suoi avvocati.[13] Il 6 novembre 1985 gli abitanti rimasti, sia quelli originali che i residenti del ranch, votarono 34 a 0 per ripristinare il nome originale della cittadina di Antelope, che non era mai stato modificato dal Servizio Postale ma che era stato cambiato e successivamente ripristinato dal Geographical Names Board statunitense. Il ranch, che dista 29 km da Antelope, appartiene ora alla Young Life (associazione cristiana) ed è stato convertito in un campo chiamato “Washington Family Ranch”.

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Il ritorno a Pune (1986-1990)

Osho lasciò gli Stati Uniti e tornò in India, dopo che numerosi paesi gli avevano rifiutato l'ingresso. Sbarcò a Delhi il 17 novembre 1985. Fu accolto come un eroe dai discepoli indiani e denunciò gli Stati Uniti affermando che fossero un “mostro” da tenere a bada per il bene di tutti.[81] Restò sei settimane nella regione dell'Himachal Pradesh. Quando i non indiani del suo gruppo si videro revocato il visto d'ingresso, si trasferì a Kathmandu (Nepal) e un paio di settimane più tardi a Creta. Arrestato dai servizi segreti greci (KYP) pochi giorni dopo, volò per Ginevra, Stoccolma e Londra-Heathrow; ma ogni volta gli venne rifiutato l'ingresso. Quando il Canada gli negò il permesso di atterrare, il suo aereo tornò all'aeroporto di Shannon, in Irlanda, per fare rifornimento. Gli fu concesso di rimanere per due settimane in un albergo a Limerick, a condizione che non uscisse o facesse discorsi. A Osho venne concessa una carta d'identità uruguayana, una residenza provvisoria di un anno e la possibilità di residenza permanente, così il gruppo si mise in viaggio, fermandosi a Madrid (dove l'aereo venne circondato dalla Guardia Civile). Gli fu consentito di trascorrere una notte a Dakar prima di proseguire per Recife e Montevideo. In Uruguay il gruppo si trasferì in una casa a Punta del Este; Osho riprese a parlare pubblicamente fino al 19 giugno, quando fu "invitato ad andarsene" senza un motivo ufficiale. Ottenne un visto di due settimane per la Giamaica, ma al suo arrivo a Kingston la polizia gli concesse 12 ore per andare via.[5][8] In questo “giro del mondo” ben 21 paesi nell'arco di otto mesi gli negarono l'ingresso o lo espulsero subito dopo il suo arrivo, anche a causa delle forti pressioni diplomatiche esercitate dell'amministrazione Reagan.[12] L'Italia gli concesse il visto (di 10 giorni, con gravi restrizioni) dopo la mobilitazione di seguaci, intellettuali e politici (fra cui Marco Pannella, Andrea Valcarenghi, Federico Fellini, Giorgio Gaber, Mauro Rostagno e altri) ma il guru era già partito per l'India.[82][83] Fatto rifornimento a Gander (Canada) e Madrid, Osho fece ritorno a Bombay il 30 luglio 1986.
Auditorium dell'Osho International Meditation Resort di Pune.

Il 4 gennaio 1987 Rajneesh tornò all'ashram di Pune,[22][33] dove teneva discorsi serali quotidiani quando la sua salute glielo permetteva. Le pubblicazioni e le terapie ripresero; l'ashram si estese in una "Multiversità dell'Essere", in cui la terapia era un ponte verso la meditazione. Osho ideò nuovi metodi di “terapia meditativa” (come la “Rosa Mistica”) e iniziò a condurre meditazioni durante i suoi discorsi dopo più di dieci anni.[33][34] I suoi discepoli occidentali non fondarono grandi comunità, preferendo una vita indipendente.[33] Le vesti rosso-arancio e il mālā vennero in gran parte abbandonate (erano facoltative dal 1985). Gli abiti marroni nell'ashram vennero reintrodotti nell'estate del 1989, con vesti bianche da indossare per la meditazione serale e vesti nere con fasce bianche per i capigruppo.[34]

Nel novembre 1987, Osho dichiarò che il peggioramento della sua salute (nausea, affaticamento, neuropatie periferiche dolorose e bassa resistenza alle infezioni) era dovuto a un avvelenamento perpetrato dalle autorità statunitensi quando era in carcere.[13] Sulla base di apposite analisi, i medici e il suo ex avvocato Philip J. Toelkes (Swami Prem Niren) ipotizzarono radiazioni e un avvelenamento da tallio (attraverso un materasso contaminato, poiché i sintomi erano sul fianco destro del corpo),[33] ma non fornirono prove certe.[56] L'avvocato statunitense Charles H. Hunter parlò di "totale fantasia"; altri suggerirono che i sintomi fossero causati da infezione da HIV, diabete con complicazione neuropatica (in un discorso Osho stesso affermò di essere diabetico[84]), avvelenamento da mercurio[85] (a causa di otturazioni dentali) o stress cronico.[33][86]

Dall'inizio del 1988, i discorsi di Osho si focalizzarono esclusivamente sullo Zen.[33] Alla fine di dicembre dichiarò che non intendeva più essere chiamato "Bhagwan Shree Rajneesh"; nel febbraio 1989 assunse il nome di "Osho Rajneesh", che ridusse a "Osho" nel mese di settembre.[27][33] La sua salute continuò ad aggravarsi. Tenne il suo ultimo discorso pubblico nell'aprile del 1989, da allora restò in silenzio assieme ai suoi seguaci. Poco prima della sua morte, Osho insinuò che uno o più membri del pubblico delle riunioni serali lo stessero sottoponendo a una forma di magia maligna. Venne effettuata una ricerca che non ebbe alcun esito.[5][33] Osho morì alle 17 del pomeriggio del 19 gennaio 1990 a 58 anni per insufficienza cardiaca, come indicato nel certificato medico.[87] Le sue ceneri sono state collocate nella sua camera da letto di recente costruzione nella Lao Tzu House dell'ashram di Pune. Il suo epitaffio recita "OSHO mai nato, mai morto. Ha solo visitato questo pianeta Terra tra l'11 dicembre 1931 e il 19 gennaio 1990". Il suo ashram è oggi l'Osho International Meditation Resort.

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L'insegnamento

« Colui che conosce gli altri è sapiente, colui che conosce se stesso è illuminato. »
(Lao Tzu, Tao Te Ching)

Gli insegnamenti di Osho, forniti attraverso i suoi innumerevoli discorsi, non erano espressi in forma accademica ma con una facondia che molti trovavano suggestiva ed inframezzati da barzellette.[7][33] Il loro contenuto non era statico ma mutava nel tempo. Osho gioiva del paradosso e della contraddizione, rendendo il suo lavoro difficile da riassumere.[33] Si dilettava nell'assumere atteggiamenti apparentemente in contrasto con l'immagine tradizionale di un individuo illuminato. Era noto per il suo umorismo e il rifiuto di prendere qualcosa sul serio.[33][51] Affermava che il rapporto maestro-discepolo non fosse che "una commedia", uno stratagemma utile per il risveglio spirituale.[88] Questo comportamento volubile e spiazzante era giustificato come “una tecnica per la trasformazione” diretta a spingere le persone “oltre la mente”.[33] Forte di un'erudizione sterminata (la sua biblioteca personale contava circa 80.000 libri),[47] Osho parlò delle principali tradizioni spirituali (compreso l'induismo, il sufismo, il chassidismo, il tantrismo, il taoismo, il buddhismo, lo zen e il cristianesimo), di una varietà di mistici e pensatori occidentali e orientali, e delle sacre scritture come le Upanishad, i testi buddhisti e i Vangeli.[7]

Secondo il sociologo Lewis F. Carter le sue idee affondano le radici nella scuola Advaita Vedānta induista, dove le esperienze umane di separatezza, dualità e temporalità sono ritenute una danza (o gioco) della coscienza cosmica in cui tutto è sacro, ha valore assoluto ed intrinseco.[8] Si tratta di una visione le cui origini risalgono, a loro volta, ai testi delle Upanishad (IX-VI sec. a.C., facenti parte dell'antichissima tradizione vedica) che affermano l'esistenza di un unico Principio supremo, eterno e puro, come fondamento di ogni cosa, e l'identità tra l'anima e il Divino: stadio di un'estasi nell'assoluto che richiama peraltro la concezione buddhista e quella taoista. Sebbene il suo contemporaneo Jiddu Krishnamurti non approvasse Osho, vi sono evidenti somiglianze fra i rispettivi insegnamenti.[33]

Le idee di Osho rispecchiano anche alcune intuizioni occidentali:[7] la sua visione "taoista" dell'armonia degli opposti rievoca Eraclito e quella del divino come Uno richiama Plotino, mentre la descrizione dell'uomo come una macchina condannata ai conflitti dell'inconscio e ai modelli nevrotici ha molto in comune con Freud e col “maestro di danze” armeno Gurdjieff, di cui era un grande estimatore;[33][37] nei suoi discorsi citava spesso il filosofo Bertrand Russell; la sua visione dell'“Uomo nuovo” che fonde in sé la dimensione terrena e quella spirituale ricorda il “Superuomo” di Nietzsche che abbraccia lo spirito dionisiaco;[89] le sue idee sulla liberazione sessuale sono comparabili al pensiero di D.H. Lawrence,[8] e le sue “meditazioni dinamiche” sono debitrici a Wilhelm Reich.[39]

Osho ribadì più volte di non essere un insegnante e di non avere nessuna filosofia di vita né programmi da seguire, spiegando che il suo era solo un invito a vivere la stessa esperienza spirituale da lui vissuta. Il suo approccio, dunque, non è filosofico né dottrinale, bensì "esistenziale", sperimentale, vale a dire: l'esperienza diretta come unica via per la trasformazione del proprio essere.

« Io non ho alcun insegnamento, alcuna dottrina, alcuna disciplina da darti. Tutto il mio sforzo consiste nel risvegliarti. Non è un insegnamento, è soltanto acqua fredda gettata sui tuoi occhi. E quando ti sarai svegliato sarai semplicemente te stesso, né cristiano né indù né musulmano… un fiore unico.[90] »
Statua di Osho, presso l'Osho Teerth Park di Pune.

Secondo Osho ogni essere umano è un buddha con la possibilità di “illuminarsi”, di entrare in comunione col divino, capace di amore incondizionato e di “rispondere” (piuttosto che reagire meccanicamente) alla vita; anche se l'ego solitamente lo impedisce poiché legato ai condizionamenti sociali, alla creazione di falsi bisogni e conflitti, e ad un'illusoria identità. Ciò costituisce una barriera alla realizzazione dell'essere,[33][44][51] che può fiorire solo se ci si sposta da un esistere “in periferia” a un esistere al proprio “centro”.[33][44]

Osho considerava la mente un semplice meccanismo utilitaristico, necessario per sopravvivere,[91] tuttavia nell'uomo moderno essa versa in uno stato caotico che gli impedisce di vivere autenticamente il momento presente, che è l'unica dimensione “reale” e fonte di gioia.[92] Il risultato è che la gente avvelena se stessa con nevrosi, ossessioni e insicurezze.[33][44] L'uomo dovrebbe utilizzare la mente come un utile strumento al proprio servizio, e non farsene assoggettare come invece accade nell'attuale società.[93]

Osho sosteneva che la repressione psicologica, spesso propugnata dai capi religiosi, fa sì che i sentimenti repressi riemergano in un'altra forma, e inoltre la repressione sessuale dà origine a società ossessionate dal sesso.[33] Piuttosto che reprimersi, le persone dovrebbero aver fiducia in se stesse e accettarsi incondizionatamente;[33][44] attraverso la meditazione dovrebbero diventare "un'unità", ossia interiormente integre, e non restare invece "frammentate" e "divise".[33]

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La meditazione

Per Osho, la meditazione (in sanscrito dhyāna, da cui deriva il termine cinese Chan e da qui il giapponese Zen) è quello stato di “puro essere”, di pura consapevolezza[94] che trascende la mente e la cui realizzazione può essere agevolata da apposite tecniche. Il suo stadio supremo è l'illuminazione, ossia la scomparsa dell'ego e l'estatica fusione col Tutto (in sanscrito bodhi, il "risveglio spirituale").[95] Quando l'io si dissolve – afferma Osho – il divino appare; resta solo la Realtà suprema. Per "meditazione", dunque, si intende quello stato di coscienza che rappresenta la condizione naturale del nostro essere: una consapevolezza senza pensieri, una "totale presenza" che risveglia l'individuo dal "sonno" dell'attività meccanica della mente. Con questo termine si indicano inoltre le diverse pratiche ed espedienti utili a raggiungere tale stato.[33][44]

Secondo la tradizione indù, "realizzazione del Sé" (ovvero della verità, del divino) significa, per l'appunto, raggiungere il centro del proprio essere, quello che Osho chiama "l'occhio del ciclone": uno spazio interiore immobile, di eternità e silenzio, non turbato dalla "tempesta del mondo", in cui si è un tutt'uno con l'Assoluto. Osho invitò l'uomo a vivere nella realtà sociale restando tuttavia radicato nel proprio centro ("siate nel mondo ma non del mondo"). Impiegò la psicologia occidentale nelle fasi preparatorie della meditazione, la quale dev'essere presa "in maniera giocosa e non seria".[33] Illustrò e commentò le 112 tecniche di meditazione dello shivaismo tantrico riportate nel Vigyana Bhairava Tantra, precisando che il loro nucleo fondamentale fosse "l'essere testimoni", l'attenzione cosciente, e ne elaborò di nuove adattandole all'uomo moderno.
Le meditazioni attive
Statua del dio Shiva in meditazione nella classica posizione del loto. Bangalore, India.

Le tecniche di “meditazione attiva” ideate da Osho sono caratterizzate da diversi stadi di attività fisica che conducono al silenzio. La più nota è la Meditazione Dinamica:[33][51] eseguita con gli occhi chiusi (o bendati), comprende cinque fasi (quattro delle quali accompagnate da musica). In primo luogo, il meditatore effettua 10 minuti di respirazione rapida attraverso il naso; i successivi 10 minuti servono per la catarsi: “lascia accadere qualunque cosa accada… ridi, grida, urla, salta, scuotiti, qualunque cosa ti senti di fare, fallo!”.[22][96] Quindi, per altri 10 minuti, bisogna saltare su e giù con le braccia alzate gridando “uh” ad ogni balzo. Nella quarta fase (silenziosa) il meditatore si arresta rimanendo immobile per 15 minuti e osservando tutto ciò che accade. L'ultima fase della meditazione è costituita da 15 minuti di danza e celebrazione:[22][96] “le mie meditazioni sono fatte per riportarti all'infanzia, quando non eri rispettabile, quando potevi fare cose pazze, quando eri innocente, incorrotto dalla società”.[97]

Osho mise a punto altre tecniche di meditazione attiva (come la Kundalini o la Nadabrahma), che sono meno movimentate, sebbene includano anche attività fisica.[33] Le sue successive tecniche meditative richiedevano sedute di diversi giorni. La Rosa Mistica prevedeva tre ore di risate ogni giorno per una settimana, tre ore di pianto per una seconda settimana e la terza settimana tre ore di meditazione silenziosa.[34] Lo stato di "testimone" del meditatore consentiva un "salto nella consapevolezza".[33] Osho sosteneva che tali metodi "caotici" fossero necessari per "spostare il centro della consapevolezza dal cervello verso il cuore"; un metodo "sistematico", basato cioè sulla comprensione intellettuale, non avrebbe sortito effetti: per l'uomo moderno, infatti, è difficile meditare stando semplicemente seduti, visto il suo tumultuoso stato mentale. Una volta che queste tecniche catartiche avessero "ripulito lo spazio interiore", la gente sarebbe stata in grado di utilizzare i metodi "silenziosi" senza problemi.[98]
Il sannyas e l'Uomo Nuovo

Osho sosteneva che il suo sannyas (o neo-sannyas), ossia il suo movimento di “ricercatori del Vero”, non fosse una dottrina ma una semplice “affermazione di libertà”, un invito a vivere in gioiosa sintonia con il divino. La “nuova religione” deve essere “una religione d'amore e non di leggi, una religione della natura e non della disciplina”.[99] Dichiarò che il suo sannyas non fosse un programma ma, al contrario, un processo di “deprogrammazione”, di “deipnosi”, finalizzato a liberare il discepolo da tutti i condizionamenti esercitati dalla propria società, cultura e tradizione;[100] e lo definì una “scienza della trasformazione interiore”. Osho affermò di non essere un insegnante e di non avere messaggi o filosofie da dare, “non credo nei sistemi, io sono un flusso anarchico come lo è la vita stessa”.[101]

« Il sannyas è il seme di un tipo di mondo completamente diverso nel quale la persona sia libera di essere se stessa, non sia repressa e storpiata, e non le vengano creati sensi di colpa. Un mondo in cui si accetti la gioia, in cui l'allegria sia la regola e la serietà sia scomparsa. Un mondo in cui penetri una sincerità non seriosa, la gaiezza e il gioco.[102] »

Un altro elemento chiave era la presenza di Osho come un maestro: se il discepolo entra in comunione col maestro può sentire la presenza del divino. L'iniziazione che offriva era un espediente del genere: “se il vostro essere riesce a comunicare con me diventa una comunione... la più grande forma di comunicazione possibile: una trasmissione senza parole. I nostri esseri si fondono. Questo è possibile solo se tu diventi un discepolo”.[33] Attuando una sorta di “auto-parodia”, Osho rinnegò la sua stessa autorità e dichiarò che il suo insegnamento altro non fosse che un gioco o uno scherzo.[51] Sottolineò inoltre che ogni cosa avrebbe potuto diventare un'opportunità di meditazione.[33]
Statua di Gautama il Buddha, figura di estrema importanza per Osho.

Osho considerava il suo movimento neo-sannyas una nuova dimensione spirituale incentrata sulla libertà assoluta. Sosteneva che i tradizionali sannyas indù si fossero trasformati in un sistema di rinuncia sociale e di imitazione di vecchi modelli.[34] Ribadì l'importanza della libertà interiore e la responsabilità verso se stessi, chiedendo non mutamenti negli aspetti esteriori e superficiali ma una più profonda trasformazione interiore. I desideri dovrebbero essere accettati e quindi trascesi, piuttosto che repressi: il fiorire di una piena consapevolezza avrebbe fatto svanire desideri e ossessioni, come quella per il sesso.[34]

Osho si autodefinì "il guru dei ricchi" e affermò che la povertà non fosse affatto un valore spirituale, bensì "un cancro da estirpare".[22] Sosteneva che chi ha soddisfatto tutti i bisogni materiali ma all'interno si sente vuoto finisce per avvicinarsi alla religione,[103] che lui definì, per l'appunto, "il lusso supremo": una dimensione cui si anela una volta appagate le necessità più impellenti (molti dei suoi discepoli erano infatti gente colta e benestante).[100] Osho venne fotografato con abiti sontuosi e orologi fatti a mano,[104] e in Oregon guidò Rolls-Royce quotidianamente (i suoi seguaci intendevano comprarne 365, una per ogni giorno dell'anno). Immagini divulgative delle Rolls vennero fornite alla stampa,[6][22] come a ribadire il suo apprezzamento della ricchezza e il desiderio di provocare la sensibilità statunitense (così come aveva tratto piacere, in precedenza, nell'offendere la sensibilità indiana).[22][31]

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Zorba il Buddha

Osho intendeva creare un “uomo nuovo” che unisse la spiritualità di Gautama il Buddha con il gusto per le gioie terrene incarnato dal personaggio Zorba il greco dello scrittore Nikos Kazantzakis. Questa concezione di un uomo capace di godere sia dei piaceri materiali che dell'estasi spirituale è in aperta rottura con la tradizionale visione delle più importanti religioni, per le quali i due mondi sono separati: quello dello spirito e quello della materia. “Egli deve essere meticoloso e obiettivo come uno scienziato… sensibile, pieno di cuore come un poeta… e radicato nel profondo del suo essere come un mistico”.[33][51] La sua definizione di “uomo nuovo” era applicabile sia agli uomini che alle donne, i cui ruoli vedeva come complementari; anzi, la maggior parte dei ruoli di comando del suo movimento erano affidati a donne. Quest'uomo nuovo, ribattezzato “Zorba il Buddha”, avrebbe dovuto abbracciare scienza e spiritualità.[33]

Osho auspicava la scomparsa di tutte le religioni e di tutti i governi del mondo, per spianare la strada all'avvento di un nuovo essere umano che viva in un clima di diffusa religiosità (non ascrivibile a nessuna chiesa né organizzazione), che sia veramente spirituale e abbia una dimensione cosmica. L'uomo nuovo non sarebbe stato ingabbiato in istituzioni come la famiglia, il matrimonio, le ideologie politiche e le religioni. In questo senso, Osho è vicino ad altri guru della controcultura e (forse) ad alcuni pensatori postmoderni e “decostruzionisti”.[51] Osho, infine, credeva che l'umanità fosse a rischio estinzione a causa della sovrappopolazione, delle armi nucleari, dei disastri ambientali, delle malattie (come l'AIDS), e che solo una "rivoluzione della consapevolezza umana" avrebbe potuto salvarla. Sosteneva, inoltre, che molti dei mali della società potessero essere eliminati con mezzi scientifici.[33]


I "dieci comandamenti" di Osho

Osho dichiarò di essere contrario ad ogni dottrina, dogma e ad ogni tipo di comandamento. Tuttavia, in una lettera a un discepolo, stilò questo elenco semiserio:[105]

1) Non ubbidire ad alcun ordine all'infuori di quello interiore.
2) L'unico dio è la vita stessa.
3) La verità è dentro di te, non cercarla altrove.
4) L'amore è preghiera.
5) Il vuoto è la soglia della verità: è il mezzo, il fine e la realizzazione.
6) La vita è qui e ora.
7) Vivi totalmente desto.
8) Non nuotare, galleggia.
9) Muori ogni istante, così da poter rinascere ogni istante.
10) Smetti di cercare. Ciò che è, è: fermati e guarda.

In un'altra occasione, Osho precisò di non rappresentare "nessun dio, di nessun genere: ebreo, indù, islamico o cristiano", ma di rappresentare solo se stesso e di parlare solo in nome della propria autorità. Dare comandamenti "è un crimine che ti priva della tua libertà e responsabilità". Pertanto, a un discepolo che gli chiedeva dei comandamenti, rispose che lui poteva solo limitarsi a fare alcuni "inviti" per condividere la sua stessa esperienza:[106] 1) dubita sempre, "finché non arriverai a conoscere te stesso"; 2) non imitare mai, "non essere cristiano, mussulmano o indù, così potrai scoprire chi sei"; 3) fai attenzione all'erudizione, "devi andare incontro alla realtà completamente nudo"; 4) ama tutto ciò che ti circonda, "non esiste nessun dio da pregare"; 5) vivi nel qui-e-ora: "questa totalità dell'essere nel presente ti unisce all'esistenza".

Suggerì, infine, dei "non-comandamenti", ossia dei valori che rappresentavano il suo fondamentale atteggiamento verso la vita: 1) libertà; 2) unicità dell'individualità; 3) amore; 4) meditazione; 5) no alla serietà; 6) giocosità; 7) creatività; 8) sensibilità; 9) gratitudine; 10) senso del mistero.[107]

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Il pensiero di Osho

« Nessuno potrà mai organizzare le mie parole secondo una logica, vi lascerò in una totale confusione. »
(Osho, The Secret of Secrets, 1978)

Oratore versatile e dissacrante, Osho affrontò nei suoi discorsi estemporanei, tenuti davanti a un pubblico internazionale nel corso di trentacinque anni, gli argomenti più disparati: dalla ricerca spirituale ed esistenziale del singolo individuo alle questioni sociali e politiche odierne. Articolava ragionamenti minuziosi, si contraddiceva consapevolmente (perché "la vita stessa è contraddittoria e incoerente"), con un tono a un tempo solenne e ironico, fornendo risposte specificamente calibrate sulla persona che gli aveva posto la domanda ("la risposta sorge spontanea dal mio vuoto interiore, non la conosco in anticipo, la ascolto per la prima volta come il mio interlocutore, è nuova anche per me").[108]

La visione di Osho abbraccia sia la millenaria saggezza orientale, sia la scienza e il pensiero occidentali. Osho sosteneva che l'obiettivo dei suoi discorsi non fosse l'indottrinamento ("non aggrappatevi alle mie idee, non vi darò nessun dogma"), ma quello di scardinare i meccanismi mentali dell'ascoltatore per indurlo in uno stato interiore di pace e profonda attenzione, e "creare uno spazio sempre più ampio di meditazione; non si tratta di conferenze, in realtà è solo un espediente per aiutarti a diventare silenzioso, è un metodo di potenziale trasformazione".[109] Riportiamo, nei paragrafi seguenti, le sue opinioni su alcune tematiche-chiave.
Religione

Osho condannò perentoriamente tutte le religioni organizzate considerandole spazzatura alla stregua delle superstizioni, ed auspicò il superamento di tali credenze preconizzando l'avvento di una nuova, unica religiosità, una “scienza della dimensione interiore”, soggettiva, incentrata sull'essere (così come la scienza “oggettiva” si occupa del mondo esteriore). Affermò che le religioni tradizionali hanno represso l'essere umano e sono destinate a scomparire, e che non hanno alcun senso i vari credo, le fedi, i rituali e i dogmi. La dimensione spirituale deve sorgere dall'esperienza diretta, dalla ricerca, da un percorso interiore; “per raggiungere la verità bisogna liberarsi da tutte le dottrine, da tutte le strutture formali” e coltivare un cuore amorevole e innocente. L'errore fondamentale compiuto dalle religioni storiche è che "nessuna ha avuto il coraggio di riconoscere che ci sono cose che noi non sappiamo, ognuna ha finto di essere onnisciente",[110] di essere l'unica vera religione condizionando l'uomo fin dalla nascita con effetti deleteri. Osho affermò che il vero uomo religioso è un ribelle in totale armonia con la sua luce, col flusso divino dell'esistenza, che vive in assoluta libertà senza essere condizionato dalla società, dalla cultura e dalle tradizioni.
Il Tao, "l'eterna danza degli opposti", per Osho era un simbolo fondamentale.

« È arrivato il momento di mettere al rogo tutte le vecchie religioni ormai logore e di lasciar emergere un nuovo concetto di religiosità che affermi la vita, una religione basata sull'amore non sulle leggi, una religione della natura non della disciplina, una religione della totalità non della perfezione, una religione del sentire non del pensare. Il cuore dovrebbe essere il capo, allora tutto si sistemerebbe spontaneamente. Se riesci a fidarti della natura, a poco a poco diventerai quieto, silenzioso, felice, gioioso, festoso, perché la natura è in festa. La natura è una festa.[111] »

In un'intervista[112] affermò che cristianesimo, giudaismo e islamismo fossero "solo sciocchezze"; mentre buddhismo, taoismo e giainismo contenessero degli elementi validi, in quanto tutte e tre fondate sulla meditazione; l'induismo, da parte sua, era "a metà strada tra i due gruppi". Auspicò, inoltre, la diffusione dello Zen nel mondo.[113] Nell'ultima fase della sua vita, in una conferenza stampa mondiale, dichiarò sciolta la religione sorta intorno a lui, annullò l'uso dei colori rossi e del mālā, perché per raggiungere "l'essenza più intima del proprio essere non occorre una professione di fede, io non sono un leader, non ho catechismi, non ho teologie. Tu non sei un seguace: è sufficiente essere amici".

Nell'autunno del 1989, pochi mesi prima di "abbandonare il corpo", dichiarò alla stampa che la sua gente doveva continuare a sviluppare qualità come l'amore, la consapevolezza, la festa, la celebrazione e la gioia, che non sono monopolio di nessuno e "attorno alle quali non è possibile costruire alcuna chiesa", e che dovevano crescere come individui completamente indipendenti e liberi da norme stabilite da altri, conservando lo sguardo innocente dei bambini; "la via per fare tutto questo è scendere dentro di sé". Osho commentò le sacre scritture delle grandi religioni mondiali, di cui forniva dotte interpretazioni personali. Le sue feroci posizioni contro le tradizioni spirituali gli attirarono l'ostilità del mondo religioso.[114]

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Dio

Osho non credeva nell'esistenza di un Dio "persona", di un Dio-padre, come quello tramandatoci dalle grandi tradizioni religiose, bensì nell'esistenza di una essenza divina, un'energia allo stato puro, eterna e creativa, intelligente e multidimensionale, in perenne espansione. Questa qualità divina – che possiamo chiamare Dio, Dharma, Brahman, Tao, Verità, Assoluto ecc. – non può essere dimostrata ma può essere sperimentata, poiché permea tutto ciò che esiste, è “l'anima stessa dell'universo” e la nostra più intima natura, e rientrare in connessione con essa costituisce l'esperienza suprema della beatitudine. Detta coscienza universale non è caotica, ma è un cosmo con un suo destino e un significato ben precisi: la realizzazione dell'estasi.[115]

« L'uomo ha vissuto nella paura, è ora di finirla! L'umanità ha bisogno di un'alba nuova, di una visione totalmente nuova. Non esiste altro Dio all'infuori della fragranza dell'amore. Ma questa fragranza può nascere solo in profonda meditazione, non nella preghiera. La preghiera puzza di paura. […] Puoi accantonare il nome "Dio", non perderai nulla: lascia che l'amore sia il tuo Dio. Ma dovrai liberarti dai preti. Dovrai liberarti dalle tue cosiddette religioni, dalle chiese, dai templi, dai rituali, dalle scritture. Esiste un pattume enorme di cui ti devi liberare.[116][117] »

Le divinità individuali, secondo Osho, non sono altro che proiezioni della mente umana, frutto di una visione "primitiva" del sacro, e sono state accreditate dalle religioni per imporre la propria egemonia sull'essere umano. Altrettanto fasulla è l'esistenza del demonio, controparte malevola del divino, riconosciuta dalle organizzazioni religiose per sostenere le proprie tesi: il male inteso come entità divina non esiste, è soltanto "assenza di luce", di amore e consapevolezza;[118] "è la tua mente che continua a tentarti, a ingannarti e a crearti sempre nuove illusioni";[119] "non esiste alcun Dio né alcun diavolo: esiste solo l'Uno".[120]
Matrimonio e famiglia

Osho considerava il matrimonio un'istituzione contronatura poiché in contrasto con la libertà personale, “il valore supremo, non esiste nulla di più elevato della libertà”. La vita – spiega il mistico – è un continuo mutamento, e le persone dovrebbero incontrarsi e amarsi quando le proprie energie collimano, e poi separarsi quando tale sintonia svanisce. Forzare legalmente i rapporti affettivi è sbagliato e genera nevrosi, perversioni psicologiche, repressioni e sensi di colpa. La famiglia, inoltre, danneggia e condiziona negativamente la psiche del bambino inculcandogli pregiudizi, falsi valori e appartenenze sociali e religiose.[121]
Sigmund Freud.

In un'altra occasione affermò che l'amore è distrutto non tanto dal matrimonio, quanto invece dalla relazione di coppia, che spesso nasce fra individui inconsapevoli del reale significato dell'amore e avulsi da un'autentica dimensione di intimità.[122] In alcuni discorsi fu più indulgente con la famiglia, sottolineando come un "matrimonio felice" e un contesto famigliare sano possano avvicinare l'individuo al divino.[123] Osho rifiutò categoricamente di sposarsi, nonostante le insistenze e la disapprovazione dei suoi familiari.
Ego, mente e psicoanalisi

Osho sosteneva, in linea con le teorie buddhiste e il misticismo orientale, che la mente fosse la prima causa dell'infelicità umana, perché ha preso gradualmente il controllo dell'individuo distruggendone la vita. L'uomo – che in realtà è pura consapevolezza – ha fatto l'errore di identificarsi con la mente diventandone schiavo, invece di avvalersene come utile strumento al proprio servizio (essendo parte del corpo fisico, cosiddetta “materia sottile”), e le ha così conferito un potere abnorme. La mente, secondo Osho, dovrebbe essere trascesa con la meditazione, che è appunto uno stato di non-mente, di puro essere. Precisò, tuttavia, che essa non deve essere considerata come un "nemico", ma utilizzata in modo accorto.

L'ego è una falsa identità creata dalla mente e dal traffico incessante dei pensieri, e costituisce una barriera che separa l'essere umano dal divino. Osho, pur riconoscendo la rilevanza delle teorie di Freud, ritiene la psicologia moderna incapace di risolvere i problemi dell'uomo, poiché agisce comunque nell'ambito della mente, cercando di adattarla alle esigenze della società, e non considera invece la possibilità di oltrepassarla radicalmente. Anche i sogni, afferma Osho, sono meri prodotti dell'attività mentale come i pensieri, in una forma però più elementare, e dunque sono del tutto irrilevanti e inutili.[124]
Amore e sessualità

Il sesso, per Osho, è l'energia primaria e fondamentale dell'essere umano, ha una natura divina. Le religioni storiche lo hanno sempre condannato e represso causando danni smisurati all'umanità. La sessualità assolve tuttavia una pura funzione biologica e arriva il momento in cui dev'essere trascesa. In un'intervista al giornalista Enzo Biagi,[100] Osho affermò che

« tutti gli animali sono esseri sessuali, solo l'uomo ha il privilegio di avere qualcosa di più elevato: non il semplice incontro di due corpi, ma l'incontro di due anime, e questo è l'amore. L'amore può contenere in sé il sesso, il sesso non può inglobare in sé l'amore. Il sesso è una cosa minuscola, l'amore è vasto e tremendo, può esistere anche senza il sesso. Un rapporto d'amore non deve necessariamente implicare il sesso. Anzi, per esperienza posso dire che più ci si eleva oltre il sesso e più si inizia a gioire di una comunione spirituale con un amico, una donna, un uomo. Da quello stato di comunione il sesso sembra così distante, così vittima della biologia, se confrontato con la libertà che dà l'amore, con la crescita e l'espandersi che continua ad avere, che è possibile non desiderare più di scendere nelle valli oscure della sessualità. Ma io non impongo limiti di nessun tipo. Dico semplicemente che quando l'amore cresce in profondità, il sesso impallidisce. E quando l'amore raggiunge la sua estrema fioritura, il sesso scompare. Diventa una cosa infantile. »

L'amore, dunque, è la vera trasmutazione dell'energia sessuale, ma accade solo quando il sesso viene accettato e vissuto in maniera naturale e non ripudiato. Osho afferma, in accordo con la visione tantrica, che in un profondo stato di meditazione e amore è possibile trasformare il sesso in un'esperienza estatica, entrando in una dimensione di unità e samādhi. Il sesso è il livello energetico più basso, il divino è quello più alto. Più ci si eleva spiritualmente, più la sessualità diminuisce: alla fine vi è un culmine in cui questa energia fluisce verso l'apice diventando compassione. L'amore è la sostanza intima dell'universo, "l'uomo che non ha sviluppato la capacità di amare vive in un suo inferno privato, un uomo colmo di amore è in paradiso".[125]

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L'amore come realtà assoluta

Osho affermò che l’universo è formato dalla "sostanza chiamata amore" e che l'amore è l'unica realtà concreta dell'esistenza: "tutto il resto è solo illusione", non è altro che "un sogno rimuginato dalla mente"; invitò dunque i suoi discepoli a coltivare questo sentimento per potersi avvicinare al divino. Osho sottolineò la necessità, per l'essere umano, di una vera e propria "educazione all'amore" che gli consenta di vivere con totale gioia e pienezza. È fondamentale, sosteneva, dare amore sempre e comunque, "come un imperatore", senza preoccuparsi che quell'amore venga ricambiato (l'esistenza ti ricompenserà lautamente perché "più condividiamo più ci torna indietro"), e non reclamare amore "come un mendicante". "Le imperiose richieste d'amore non renderanno mai nessuno capace di perfezionare il suo amore. Coloro che insistono sull'amore non lo ricevono mai e questo fallimento, così scoraggiante per loro, li rende gradualmente incapaci di dare amore".[125]
L'amore come stato interiore

Per Osho l'amore reale è proprio essere amore, non è una relazione sentimentale, è uno stato dell'essere, il più alto picco della consapevolezza, che viene chiamato “lo stato del risveglio” o “lo stato di illuminazione” (ossia quello di un Gautama il Buddha): tu sei pieno, straripante d'amore e non puoi che condividerlo con chiunque. "L'amore non è qualcosa che puoi ottenere da qualcuno che non abbia raggiunto uno stato di estasi", per questo motivo la sofferenza è così diffusa: tutti chiedono di essere amati e fingono di amare; "ma non sei in grado di amare se non conosci la verità, se non hai avuto l'esperienza del divino". L'amore è una condizione del proprio essere e sorge in uno stato di solitudine estatica. Amare significa dare senza alcun desiderio di contraccambio, senza condizioni e nessun tipo di richiesta, anzi: provando un senso di riconoscenza per chi ha accettato il tuo amore.[126]
Il rapporto di coppia
Osho definì la relazione sentimentale "una reciproca illusione", una prigionia che nasce dal bisogno di essere amati e dall'incapacità di stare soli, e con essa si cerca di dare un senso alla propria vita; entrare in comunione con l'esistenza fa invece sorgere l'amore assoluto come stato interiore, che consente di donare amore senza pretendere nulla né sacrificare la propria e l'altrui libertà.[127] In altri discorsi, affermò che la relazione può essere sana e armoniosa se non vi è possessività e dipendenza ma una profonda sintonia,[128] e che gli amanti spalancano orizzonti sconfinati in cui "l'ego si dissolve".[129][130] Osho fece diverse riflessioni sul rapporto di coppia,[131] dispensando all'occasione consigli e suggerimenti, e venne sprezzantemente definito il "guru del sesso" dalla stampa internazionale dopo che i suoi discorsi, favorevoli a un approccio più naturale alla sfera sessuale, scandalizzarono la società conservatrice.

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Amicizia

Per Osho, l'amicizia è una relazione più profonda e nobile della relazione d'amore, perché è amore allo stato puro: incondizionato, disinteressato e non possessivo. L'amore, infatti, non deve obbligatoriamente avere a che fare con la sessualità. La sessualità può far parte dell'amore o può anche non farne parte: se non è presente nasce l'amicizia che, di fatto, è il vero amore. Tuttavia l'amore privo di sessualità al giorno d'oggi è ormai inesistente, la gente conosce solo il tipo di amore sessuale, che in sostanza è uno sfruttamento reciproco. Osho afferma, inoltre, che oggi l'amicizia viene spesso concepita in senso "sociologico", "in termini di semplice conoscenza”. Se invece si è "reali, autentici e assolutamente consapevoli del proprio essere" nasce l’amichevolezza, che è una qualità interiore molto più vasta delle semplici relazioni d'amicizia, perché è uno stato di amore assoluto.[132]
Celebrazione e risata

Osho esaltava una continua e gioiosa celebrazione dell'esistenza, perché ogni aspetto della vita è divino, da quello fisico a quello spirituale. L'uomo deve “gioire nell'essere”, celebrare ed amare, in quanto parte di un'esistenza perennemente in festa. Secondo Osho, l'uomo è l'essere vivente più infelice e represso del pianeta perché ha smarrito la sua stessa natura: quella gioiosa armonia che invece anima tutte le altre forme di vita. La pace interiore e la beatitudine dovrebbero essere una qualità del proprio essere, traboccare estaticamente fino a generare un campo energetico di amore (buddhafield).

Osho sottolineò la bellezza e i benefici della risata, in opposizione alla serietà, che è "un cancro dell'anima" e soffoca la vita. Secondo Osho la risata è la vera essenza della religiosità, perché "la vita va presa come uno scherzo cosmico". La serietà invece non è mai religiosa, è frutto dell'ego e parte della sua malattia.[133] "È un peccato che nessuna religione al mondo abbia accettato il senso dell'umorismo come una delle qualità fondamentali dell'uomo religioso. Voglio che comprendiate che il senso dell'umorismo, la giocosità, dovrebbe essere una qualità di base. Non prendete le cose troppo sul serio".[134]
Scienza

Osho era totalmente favorevole al progresso della scienza e alla tecnologia, che peraltro hanno avuto il merito di liberare l'uomo dai millenari "credo" religiosi e dalle superstizioni spingendolo, grazie al benessere generato, verso una reale spiritualità. L'Oriente, secondo Osho, ha trascurato la ricerca scientifica a favore di quella spirituale, producendo miseria e arretratezza. In Occidente, al contrario, il progresso scientifico non è andato di pari passo con una scienza della trasformazione interiore, e ha così creato una società troppo sbilanciata verso il materialismo e spiritualmente malata. In realtà, – spiega Osho – non esiste alcun conflitto tra scienza e religione, tra corpo e anima, e nella seconda metà del Novecento si è infatti assistito a una compenetrazione dei due mondi, tesa a colmare le reciproche lacune: la civiltà che nascerà in futuro sarà una sintesi e un equilibrio di scienza e religione.[135]

Osho sosteneva che la scienza medica, la fisiologia e la psicologia sono ancora immature e "chiuse" poiché negano l'esistenza della dimensione interiore dell'uomo, hanno una visione limitata e agiscono solo in superficie.[136] Apprezzò l'avvento dei computer e dei sistemi informatici.[137] Propose, infine, l'istituzione di una Accademia delle scienze internazionale, in cui gli scienziati siano svincolati dai poteri politici e aperti alla dimensione spirituale.[16]

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Morte

Per Osho la morte non esiste, è soltanto un inganno dei sensi, una “finzione”. La nostra consapevolezza è immortale, mai ha avuto inizio e mai finirà, in quanto parte di un Tutto altrettanto eterno e infinito. “La vita e la morte sono un unico fenomeno, – spiegò – in realtà non esiste nulla che si possa definire morte: la vita è eterna”. Dunque, è soltanto il corpo a consumarsi e perire, la nostra reale essenza invece è immortale e, dopo la morte fisica, si trasferisce semplicemente in un altro corpo, in un'altra dimensione; oppure, qualora si muoia in piena consapevolezza, come un buddha, ci si libera dal ciclo di nascita e morte e si rimane radicati nel proprio essere, estaticamente fusi col Tutto. Secondo Osho, pertanto, bisogna accettare la morte gioiosamente, goderla nella sua pienezza, perché è il culmine della vita, è un “ricadere nella fonte dell'esistenza, in Dio” per poi ricominciare il viaggio. “La morte – spiegò – significa che tu fai l'amore con il divino, oppure che il divino fa l'amore con te. La morte è l'orgasmo cosmico, totale”. Osho affermò che l'uomo moderno, occidentale, è ossessionato dalla paura della morte perché non ha mai colto l'essenza della vita, e si espresse a favore dell'eutanasia.[138]
Eutanasia e controllo delle nascite

Osho era favorevole all'eutanasia, qualora le condizioni fisiche non permettano più una vita piena e appagante. Sostenne che l'accanimento terapeutico produce un'alterazione degli equilibri naturali e che a chiunque dovrebbe essere riconosciuto il diritto di disporre della propria vita (che invece viene negato dalle leggi e dalle religioni). Gli ospedali dovrebbero avere appositi reparti per rendere la morte più piacevole. Affermò che l'eutanasia dovrebbe essere praticata anche nel caso di bambini affetti da gravi malformazioni multiple, handicap sensoriali o grande ritardo mentale, poiché la morte è preferibile a una vita di privazioni e sofferenza. Riteneva inoltre opportuno il controllo delle nascite, l'uso dei contraccettivi e, nelle sue comuni, raccomandava la sterilizzazione. Fu fautore della diagnosi preimpianto e della selezione genetica nell'ambito della procreazione assistita, e affermò la necessità di dotare le strutture ospedaliere di meditatori che possano assistere il moribondo.[139]
Ricchezza
Osho con una delle sue Rolls-Royce.

Gli agi, la prosperità e il benessere materiale non sono un male, anzi: spianano la strada alla ricerca spirituale dell'individuo; ma dedicarsi esclusivamente ad essi conduce l'uomo all'infelicità, perché solo la ricchezza interiore è fonte di beatitudine. La vera felicità non è data dal conseguimento dei "piaceri" bensì dalla realizzazione del sé, la cui natura, in quanto divina, è pura beatitudine.[123] Osho affermò che se si è profondamente radicati nel materialismo non è possibile elevarsi alla spiritualità.

L'Oriente, secondo Osho, ha coltivato eccessivamente la dimensione spirituale, irrazionale ed emotiva, trascurando quella terrena. L'Occidente ha fatto l'esatto contrario, concentrandosi sulla razionalità e la materialità, e andando parimenti incontro al fallimento. Occorre, dunque, fondere e trascendere entrambe le visioni della realtà per giungere a una “coscienza umana globale”, propria di un nuovo genere di essere umano capace di godere sia dei piaceri terreni sia dell'estasi spirituale.[140]
La collezione di Rolls

Osho venne criticato per la sua collezione di 93 Rolls-Royce (tutte modello "Silver Spur") che furono acquistate dai suoi discepoli durante il periodo della comune in Oregon, tanto da essere soprannominato il “Guru delle Rolls”. Il guru dichiarò che le automobili non appartenevano a lui ma alla comune, e che fossero solo un atto d'amore della sua gente. Una volta affermò che si trattava di uno stratagemma per rendere i discepoli consapevoli dell'attaccamento ai beni materiali che albergava dentro di loro. Lo scrittore Tom Robbins descrisse quell'esercito di Rolls-Royce come "la parodia del consumismo più buffa mai realizzata".[141][142]

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Felicità

Osho afferma che l'individuo è totalmente responsabile della situazione in cui si trova; ciò che accade nella sua vita non è mai dovuto a circostanze esterne, ma è sempre il risultato di scelte e pensieri personali, più o meno consapevoli; è il risultato della propria natura. Dunque, affinché possa avvenire un reale cambiamento, bisogna innanzitutto assumersi questa completa responsabilità: il mondo in cui viviamo è una nostra creazione, noi siamo la causa della nostra gioia, come della nostra sofferenza. Ciò che comunemente l'essere umano intende per "felicità" è una condizione relativa di entusiasmo dovuta a cause esterne; la felicità reale è invece uno stato di beatitudine (assoluto) che prescinde da qualsiasi causa.
Felicità come stato naturale

L'uomo è infelice perché vive in stato "inconscio", non comprende la propria natura. Comprendere se stessi – "risvegliarsi" – significa essere naturalmente beati: la beatitudine, infatti, non è qualcosa che proviene dall'esterno, ma la propria consapevolezza, la propria intima realtà divina "che riposa in se stessa".[143] La felicità è la condizione naturale dell'essere umano: ogni bambino nasce gioioso e innocente (ed è questo stato di purezza, "pre-egoico", che la meditazione aiuta a recuperare). Sin dai primi anni di vita, tuttavia, l'individuo viene oppresso da una serie di regole, convenzioni e condizionamenti che ne soffocano gradualmente l'anima, e inizia inoltre ad emergere l'ego, pertanto subentrano ansia, infelicità e disperazione.
Felicità ed ego

L'umanità è profondamente infelice perché la condizione di felicità è legata all'ego che, con i suoi obiettivi e sogni da realizzare, non fa che generare insoddisfazione. Per raggiungere un reale stato di estasi occorre ritrovare la gioia che ci appartiene per diritto di nascita, ossia quella indipendente dai propri desideri e dai comportamenti altrui, che è possibile vivere solo se si realizza uno stato di "consapevolezza"; grazie a questa trasformazione interiore, infatti, i meccanismi mentali smettono di influenzarci. La vera beatitudine prescinde da circostanze esterne, nasce da uno stato di libertà totale e incondizionata. La mentalità occidentale, al contrario, dipende interamente dall'ambizione di soddisfare l'ego, che è solo una falsa identità.
Felicità come insicurezza

L'uomo deve imparare a vivere momento per momento, "pericolosamente", con totale gioia, intensità e fiducia nell'esistenza, in assoluto stato di insicurezza. Vivere e amare realmente significa infatti godere il momento senza cercare sicurezze, senza fare calcoli o progetti per il futuro, ma restando profondamente immersi nell'istante presente. Nulla è stabile nella vita, dunque occorre "fluire con la corrente". Una vita mutevole è meravigliosa, ricca e appagante; costruirsi un'armatura di sicurezze, invece, produce una sorta di "morte vivente" e genera infelicità. "Insicurezza è proprio il tessuto di cui è fatta la vita. Se non comprendi l'insicurezza non potrai mai capire la vita".[144]
Felicità e meditazione

Osho afferma che la meditazione – ossia quello stato di "puro esistere", di pura consapevolezza in assenza della mente – trasforma l'uomo in un "lago di energia" che attira il trascendente rendendolo colmo di beatitudine. Può accadere, tuttavia, che lo stato meditativo renda l'uomo più equilibrato e “radicato in se stesso” ma non felice se quella pace raggiunta non si accompagna ad una "danza dell'anima", ovvero se non si rimuovono le cause primarie dell'infelicità (ad esempio quando si vive una vita “repressa” e non si segue la propria natura). Pertanto, a volte, la felicità non arriva quando sei meditativo: è la meditazione che arriva quando sei felice, ovvero quando attui “un cambiamento drastico nel tuo modo di vivere”.[145]
Zen
Osho condannò tutte le religioni organizzate bollandole come “immondizia” e considerandole nocive per l’essere umano. Manifestò apprezzamento solo per il Buddhismo, il Giainismo (non esentandole tuttavia da critiche), per il Taoismo, e una totale predilezione per lo Zen, la tradizione spirituale “più evoluta”. Lo Zen, spiegò, nasce dall’incontro, avvenuto in Cina, fra il Buddhismo e il Taoismo di Lao-Tzu,[146] e possiede un grande senso dell’umorismo, è festosità e spirito di celebrazione. Lo Zen, attraverso stratagemmi paradossali, consente di trascendere la mente e immergersi nel divino. Non è una filosofia, ma un modo di essere. Non insegna con le parole né con le scritture, ma “sfidandoci a un gioco in cui la sola risposta è un nuovo livello di consapevolezza”: la fusione con la pura ed eterna essenza della realtà.[147] Il Manifesto dello Zen, del 1989, sarà l’ultima serie di discorsi di un Osho sempre più gravato dai problemi di salute, ed in essi il guru auspicò la diffusione dello Zen nel mondo “prima che l’umanità vada completamente a rotoli”.

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Società, politica e rivoluzione
Il Mahatma Gandhi.

Osho considerava le rivoluzioni politiche e sociali del tutto inutili e destinate al fallimento, poiché una società cambia solo se cambiano gli individui che la compongono, ossia in virtù di una “rivoluzione interiore”, spirituale. Se milioni di individui cambiano se stessi, la società si trasformerà di conseguenza, e non viceversa; non serve a nulla cambiare i governi e la struttura economica (Osho fece l'esempio della rivoluzione russa del 1917 e della liberazione indiana dal colonialismo inglese, che non mutarono di fatto lo status quo). La mentalità del rivoluzionario, infatti, è distruttiva: conosce solo i metodi per annientare, non conosce i metodi per creare. La vera rivoluzione è quella interiore, è quella del “ribelle”, e necessita di creatività e di amore, non di odio, per questo è più difficile da realizzare.

Osho condannò in toto il mondo politico, sostenendo che fosse composto da individui avidi, animati solo dalla brama di potere: non è il potere politico che rende avide le persone, – spiegò – ma è l'avidità già presente in determinati individui a manifestarsi attraverso la carriera politica. Affermò inoltre che il potere politico e quello clericale si aiutano a vicenda e sfruttano le masse. Osho criticò aspramente l'operato di alcune note figure spirituali e politiche, quali Madre Teresa di Calcutta, Giovanni Paolo II, Gandhi, Morarji Desai e Adolf Hitler.[148][149] Auspicò, infine, la scomparsa delle singole nazioni e l'istituzione di un unico governo mondiale.[16]
Gesù e il cristianesimo
Mosaico del Cristo Pantocratore, Duomo di Cefalù

In alcuni discorsi Osho parlò di Gesù Cristo come di un maestro illuminato – al pari di Buddha, Maometto, Ramakrishna, Mahavira ecc. – definendolo “un poeta dell'Assoluto” frainteso sia dai cristiani che dagli ebrei, e disprezzato da questi ultimi perché visse la sua vita da individuo libero, che riconosceva solo la propria autorità avulsa da ogni tradizione. In altre occasioni, utilizzò invece toni più caustici a proposito di Gesù e delle altre figure religiose storiche, in quanto simboli di "false" religioni costruite dall'uomo,[150] sostenendo di averle solo utilizzate come "pretesti" per esporre le sue verità.[151]

Osho ritiene il cristianesimo una falsa religione, "la peggiore manifestazione religiosa di questo mondo", edificata attorno alla figura di Cristo e ossessionata dall'idea del peccato, della morte e della sofferenza; essa ha causato danni enormi all'umanità, approfittando peraltro della povertà per convertire la gente. Gesù – spiega Osho – non fu mai un cristiano, infatti in aramaico (la lingua parlata da Gesù) non esiste la parola “cristo”, né esiste in ebraico: solo diversi anni dopo la sua morte, quando il Vangelo fu tradotto in greco, la parola “messia” venne resa con “cristo”.[152]

Secondo Osho, Mosè fu responsabile per aver inculcato nel suo popolo l'idea di un messia (lo stesso Gesù, suggestionato, finì per proclamarsi tale cercando seguaci); affermò inoltre che Giovanni il Battista fu un grande maestro e profeta rivoluzionario, e sostenne che anche San Francesco fosse un illuminato nonostante l'appartenenza al cristianesimo. Osho, più in generale, criticò il concetto di "fede" che impedirebbe una reale ricerca spirituale da parte del singolo (sottolineando, al contrario, i benefici del "dubitare"), e fornì una sua personale interpretazione dei Vangeli, della figura di Gesù e dei Vangeli apocrifi di San Tommaso.

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21 replies since 5/7/2018, 14:42   259 views
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