L'Uzbekistan, ufficialmente Repubblica dell'Uzbekistan (in uzbeco O‘zbekiston Respublikasi, Ўзбекистон Республикаси[5]) è uno stato dell'Asia centrale, già parte dell'Unione Sovietica. Confina a nord e a ovest con il Kazakistan, a est con il Kirghizistan e il Tagikistan, a sud con l'Afghanistan e il Turkmenistan; assieme al Liechtenstein è (se non si considera il mar Caspio un mare vero e proprio) l'unico paese al mondo doppiamente senza sbocchi sul mare, ovvero che non ha sbocco sul mare e confina con stati anch'essi tutti senza sbocco sul mare. La lingua ufficiale è l'uzbeco.[1]
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Geografia
Esteso per 1500 km da nord-ovest a sud-est, con una larghezza media che non supera i 300 km, l'Uzbekistan si allunga dalle falde occidentali del massiccio dell'Alaj (a est), che inquadrano la valle del Fergana (una fossa di sprofondamento), sino alle rive del vastissimo lago d'Aral (a ovest), residuo di un antico mare, a soli 53 m di altitudine. Nel territorio si distinguono due zone geomorfologiche e climatiche.
La parte occidentale è dominata dalla steppa arida del Kyzylkum (300.000 km², in parte nel Kazakistan), che arriva sino all'Aral. L'Amu Darya, che segna per un lungo tratto il confine con il Turkmenistan, divide questa zona semidesertica, ricca di giacimenti di gas naturale, dall'altopiano desertico del Karakumy (in territorio turkmeno) e dal deserto dell'Ustjurt, che si estende a Ovest dell'Aral sino al Caspio. Le pianure che circondano il Lago d'Aral appartengono alla Repubblica Autonoma dei Karakalpak. In tutta la regione occidentale il clima è continentale secco, con temperature minime in gennaio di -29 °C e massime estive di +45 °C; le precipitazioni sono inferiori a 100 mm annui.
Nella parte orientale, i bacini fluviali del Zeravšan, dell'Amu Darya e del Syr Darya sono separati dalle estreme propaggini dei Tian Šan, dell'Alaj e del Pamir, catene montuose giovani e fortemente sismiche. La più elevata tra queste è quella dei Gissar, dove al confine con il Tagikistan si trova la più alta vetta del paese, il Khazret Sultan (4643 m s.l.m.) Tra le catene dell'Alatau e dell'Alaj si estende la già menzionata pianura del Fergana, bacino tettonico lungo 300 km e largo 100, bagnato dal Syrdar'ja e dai suoi affluenti, in cui si concentra una parte rilevante della popolazione. La frontiera con il Tagikistan taglia queste catene e le valli che le separano in modo assai complesso: la valle del Fergana, per esempio, è separata dalla capitale Taškent da territorio tagico. Il controllo dei corsi d'acqua, essenziale per la vita economica, crea rivalità tra i due Paesi. Nelle valli fluviali e sulle pendici montuose la continentalità del clima si attenua e aumentano le precipitazioni (da 300 mm annui nelle pianure a più di 1000 sui rilievi).
Il 4,6% del territorio è costituito da aree protette.
Storia
I territori dell'attuale Uzbekistan furono compresi nelle satrapie di Sogdiana e Corasmia dell'impero Achemenide, fino alla conquista di Alessandro Magno. Successivamente la regione entrò a far parte degli stati Partico e Sasanide. Nel Medioevo emerge per la prima volta l'elemento turco con la potenza qaraqanide (IX-XII secolo), che si rafforzerà dall'XI secolo a spese del regno persiano dei Samanidi. Questa verrà poi soppiantata dai Mongoli all'inizio del XIII secolo, che fonderanno il regno centroasiatico del Chagatay, peraltro rapidamente turchizzandosi nella lingua e nei costumi. Successivamente, con l'emergere della figura di Tamerlano che si riproponeva di rinnovare i fasti e le conquiste di Gengis Khan, Samarcanda diverrà uno dei grandi centri della civiltà timuride e dell'Asia Centrale musulmana.
Dal XVI secolo, con la dinastia di origine mongola degli Shaybanidi il paese comincia a chiamarsi Uzbekistan e nella seconda metà del secolo la capitale viene spostata a Bukhara. Emergono successivamente due formazioni destinate a durare tra alterne vicende fino alla metà del XIX secolo: il Khanato di Khiva e il Khanato di Bukhara, spesso in conflitto tra loro, e dal Settecento si formerà, più a est, il Khanato di Kokand. La regione fu per tutta l'epoca dell'Impero Safavide (XVI secolo - metà del XVIII secolo) al centro di conflitti sia con i sovrani persiani che, più tardi, con la nascente potenza russa. Nel XIX secolo, l'impero russo cominciò la sua espansione nell'Asia centrale; ma a differenza di altri territori turchi centroasiatici (Kazakistan, Kirghizistan), Khiva e Bukhara non vennero subito annesse, bensì divennero emirati vassalli della Corona Zarista.
Sullo sfondo è il periodo del "Grande gioco", ovvero del confronto geopolitico e militare tra Impero russo e Impero britannico, che si fa solitamente iniziare nel 1813 e finire con la convenzione anglo-russa del 1907. All'inizio del XIX secolo circa 2000 miglia separavano l'India britannica e le regioni periferiche della Russia zarista. Gran parte di quelle terre non erano neanche tracciate sulle mappe. Dopo la rivoluzione bolscevica del 1917 seguì una seconda fase dei rapporti con la Russia, con la creazione, dopo varie complesse vicende, della Repubblica bolscevica di Bukhara. In seguito, malgrado alcune prime resistenze ai bolscevichi, l'Uzbekistan entrò a far parte dell'Unione Sovietica.
Il 1º settembre 1991 l'Uzbekistan, seppur riluttante, dichiarò l'indipendenza. Mentre gli stati baltici guidarono la battaglia per l'indipendenza, quelli dell'Asia centrale ne ebbero timore. "Le forze indipendentiste che spingevano per la separazione dall'Unione (Sovietica) erano molto deboli in Asia centrale. Dopo il tentativo di colpo di stato dell'agosto 1991, tutte le nazioni dell'Asia centrale ritennero che l'Unione fosse qualcosa da preservare", scrisse Michael McFaul nella sua "Russia's Unfinished Revolution"[senza fonte].
Il 13 maggio 2005, violente dimostrazioni di protesta scoppiarono nella città di Andijan, nella regione di Ferghana, in seguito alle azioni di antiterrorismo del governo, che portarono all'arresto di 23 cittadini accusati di essere integralisti islamici. In seguito ai tumulti i soldati spararono sulla folla uccidendo molte centinaia di persone (meno di 200 secondo le fonti ufficiali)[6][7]. I dimostranti per ritorsione presero in ostaggio 30 persone. Nello stesso giorno a Taškent, un sospetto kamikaze venne colpito ed ucciso all'esterno dell'ambasciata d'Israele. La repressione del presidente Islom Karimov, poi estesa, si ritiene che abbia provocato anche altre vittime, non conteggiate negli elenchi ufficiali. In seguito alla repressione si ritiene che comunque i capi più importanti della rivolta "islamista" siano fuggiti ed abbiano trovato rifugio in Afghanistan, dove è stata segnalata la loro presenza nella regione del Vaziristan pakistano.
Lingue
L'uzbeco (una lingua turca orientale) è la lingua ufficiale[1], ed è parlata dalla maggioranza della popolazione. Vi è stato un tentativo dal 1991 di trascriverla mediante l'alfabeto latino, ma al momento viene utilizzato solo per i siti web, per la valuta locale, il Som uzbeco, e per i luoghi turistici e d'interesse più rilevanti (stazioni, ecc.); negli altri ambiti, soprattutto quello della stampa e della cartellonistica, è ancora ampiamente utilizzato l'alfabeto cirillico. Tra le lingue parlate dalle minoranze è importante il tagico (una variante orientale del neopersiano), diffuso ancora a Bukhara e a Samarcanda e collegato alla prestigiosa tradizione della letteratura persiana. Il russo è la lingua inter-etnica e viene largamente usato -parallelamente all'uzbeko- nella vita comune, soprattutto nei grandi centri urbani e per la gran parte delle attività commerciali e governative.
Religione
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Chiesa cattolica in Uzbekistan.
Moschea Shakh-i Zindeh a Samarcanda.
Moschea di Bukhara.
Secondo una ricerca stilata nel 2017 dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America, il 79% degli Uzbeki aderisce all'Islam e il 5% alla Chiesa russo-ortodossa, mentre il rimanente 16% professa altri credi religiosi.[8] Una relazione del Pew Research Center, invece, riferisce che 96,3% degli Uzbeki sono musulmani.[9] Si registrano inoltre alcune migliaia di ebrei, ciò che resta di un'antica e consistente comunità in gran parte emigrata in Israele e negli USA.[10]
Come in altri paesi dell'Asia centrale, la pratica dell'Islam, pur predominante, non è unitaria e riflette tradizioni, movimenti di riforma e secolarizzazioni che si sono avvicendati specialmente nel corso del Novecento:[10] ne risulta che il 54% dei musulmani non aderisce ad alcuna corrente, mentre sunniti e sciiti sono rispettivamente il 18% e l'1%.[11]
Cultura
Letterature dell'Uzbekistan
Storicamente la corte iranica di Bukhara fu il primo grande centro di diffusione della letteratura persiana sin dal X secolo. Il territorio dell'attuale Uzbekistan cominciò a venire gradualmente turchizzato a partire dall'epoca qarakhanide (X-XII secolo), e l'elemento iranico vi divenne demograficamente minoritario dall'epoca mongola. Tra le prime grandi figure è quella del mistico sufi e poeta Ahmad Yasawi (morto nel 1166), cui è attribuito un canzoniere di quartine mistico-moraleggianti e che è pure all'origine dell'omonima confraternita mistica dei "Yasawi". Altra notevole figura è quella del lirico Khwarizmi (XIV secolo) autore di un notevole poema: il Libro dell'amore (mohabbat-name). Ma la cultura letteraria fu sempre monopolizzata dal persiano almeno fino al periodo timuride, ossia l'epoca inaugurata dall'emergere di Tamerlano a cavallo tra il Trecento e il Quattrocento.
Nel XV secolo si afferma con il grande poeta e poligrafo bilingue (persiano e turco) Ali Sher Nava'i (morto nel 1501 a Herat) la prima orgogliosa rivendicazione della piena dignità letteraria del turco dell'Asia Centrale (turco chagatay): a questo scrittore, autore di poemi e canzonieri, è dovuto infatti un celebre trattatello che mette a confronto pregi e difetti delle due lingue. A Babur (morto nel 1530), sovrano salito al trono nel 1494 e pronipote di Tamerlano, si deve un famoso diario, il Babur-name, in cui le impressioni e esperienze personali si alternano alla narrazione delle imprese di conquista, soprattutto quelle relative alla campagna d'India che getterà le basi dell'Impero Moghul. Dopo di allora il bilinguismo tra gli scrittori turchi dell'Asia Centrale rimane comunque diffuso. A partire dall'Ottocento avviene una progressiva familiarizzazione con la cultura europea, mediata dalla Russia zarista che assoggetta progressivamente il territorio uzbeco alla propria sovranità.
In epoca sovietica, quando avverrà il passaggio dall'alfabeto arabo all'alfabeto cirillico, si andrà progressivamente affermando la supremazia di una letteratura in turco uzbeco; ma la consistente minoranza persofona tagica continuerà a mantenere accesa la fiaccola della tradizione letteraria persiana. A livello estetico e tematico, la letteratura uzbeca di epoca sovietica si andrà ampiamente sintonizzando con i dettami del "realismo socialista" e delle "forme nazionali" dell'arte; molti scrittori comporranno anche in russo. Con la recentemente riacquistata indipendenza, dopo la caduta dell'URSS, si sono messe in moto altre complesse dinamiche di distanziamento dalla cultura russa e di contemporaneo rinsaldamento del legame con la tradizione islamica da un lato, e con il patrimonio folklorico-culturale panturco dall'altro. Uno dei primi cambiamenti fu la reintroduzione nel 1991 dell'alfabeto latino, vietato da Stalin nel 1940, cambiamento peraltro da ritenersi fallito in quanto il cirillico è tuttora ed ampiamente l'alfabeto più usato. Il passaggio all'indipendenza non ha invece significato maggior libertà di espressione artistica, come prova emblematicamente il caso dello scrittore Hamid Ismailov autore del romanzo satirico The Railway (2006), messo al bando dalle autorità.
Arte
L'arte preislamica del territorio uzbeco va inquadrata nella storia dell'arte delle grandi formazioni storico-culturali succedutesi nell'area: achemenide, greco-battriana, partica, sasanide. L'arte uzbeca contemporanea si inserisce nella grande tradizione dell'arte islamica cui, dal XIX secolo, si sono via via aggiunti gli influssi di correnti occidentali soprattutto attraverso la mediazione della cultura russa zarista e, più tardi, sovietica (realismo socialista, "forme nazionali" di arte ecc.).