IL FARO DEI SOGNI

Turchia

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La Turchia (nome ufficiale: Repubblica di Turchia; in turco: Türkiye Cumhuriyeti) è uno stato il cui territorio comprende l'estrema parte orientale della Tracia e la penisola dell'Anatolia, cinta a sud dal Mar Mediterraneo, ad ovest dal Mar Egeo, a nord-ovest dal Mar di Marmara e a nord dal Mar Nero, la propaggine più occidentale del continente asiatico. La Turchia confina a nord-ovest con la Grecia e la Bulgaria, a nord-est con la Georgia, ad est con l'Armenia, l'Azerbaigian e l'Iran, a sud-est con l'Iraq e a sud con la Siria.



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L'attuale zona turca, specialmente la parte occidentale, ponte naturale tra oriente e occidente, è stata sede di una ricca varietà di popolazioni e civiltà. Fin dal 6500 a.C. si sono succeduti Hatti, Ittiti, Frigi, Urartici, Lici, Lidi, Ioni, Persiani, Macedoni, i regni ellenistici (Regno di Pergamo, il Regno Seleucide, il Regno di Bitinia, il Regno del Ponto, il Regno tolemaico), Romani, Parti, Sasanidi, Bizantini, i crociati e le repubbliche marinare di Venezia e Genova, Selgiuchidi ed Ottomani, i quali hanno assunto un importante posto nella storia della Turchia moderna.

Antichi e suggestivi siti archeologici e rovine in tutto il paese attestano che ogni civiltà è stata caratterizzata da elementi diversi. Oltre a quella ottomana, la principale civiltà fiorita in Turchia fu quella bizantina, il cui dominio durò per più di mille anni, fino alla conquista della capitale bizantina Costantinopoli (l'attuale Istanbul), ad opera dei turchi nel 1453. Numerosissime sono le testimonianze, i reperti e le costruzioni bizantine sparse in tutta l'Anatolia, e in particolare nell'antica capitale, come la basilica di Santa Sofia.

La Turchia si estende su una superficie di 783.562 km², e nell'ultima rilevazione (2014) è risultata avere 78 741 053[1] abitanti, professanti per lo più la religione musulmana; sono presenti piccole minoranze cristiane (soprattutto ortodosse, ma anche cattoliche) ed ebraiche, mentre poco diffuso è l'ateismo. Dal 1923 è una Repubblica.

La capitale è Ankara, una delle tre grandi città turche insieme a Smirne e İstanbul; quest'ultima è la più grande metropoli del paese, nonché il maggior centro industriale e commerciale. La lingua ufficiale è il turco, ma sono presenti numerose minoranze linguistiche. La moneta ufficiale è la lira turca. Il presidente della Repubblica è Recep Tayyip Erdoğan. La Turchia è il sesto paese più visitato al mondo ogni anno.



DOCUMENTARIO TURCHIA



Video



Storia

I Turchi, una società la cui lingua appartiene alla famiglia delle lingue turche, cominciarono a spostarsi dalle loro terre originarie alla moderna Turchia nell'XI secolo. Dopo che l'Impero Selgiuchide turco sconfisse le forze dell'Impero Bizantino nella Battaglia di Manzicerta, il processo fu accelerato, e il Paese venne chiamato "Turchia" in Europa già dal XII secolo. L'Impero ottomano che ne seguì, crollò con la sconfitta nella prima guerra mondiale.

Il Trattato di Losanna del 24 luglio 1923 portò al riconoscimento internazionale della nuova "Repubblica di Turchia" come Stato successore dell'Impero ottomano, e la repubblica fu ufficialmente proclamata il 29 ottobre 1923, nella nuova capitale Ankara. Mustafa Kemal divenne il primo presidente della repubblica.

Avendo le terre una storia antica, la migrazione turca è relativamente recente. Nella Repubblica Turca sono avvenuti diversi colpi di stato militari. Ultimo il fallito colpo di stato del 2016 per il quale il presidente Erdogan accusò il magnate Fethullah Gülen di esserne il promotore[5]. Erdogan poco dopo ha rimosso circa 3000 magistrati e altrettanti militari. Nei mesi successivi sono stati arrestati diversi esponenti di opposizione, giornalisti, insegnanti, accusandoli di terrorismo.



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Morfologia, idrografia, clima e geografia


Geograficamente la Turchia occupa la parte più occidentale del continente asiatico, costituita dalla massiccia ed elevata penisola dell'Anatolia che divide il Mar Nero dall'Egeo e dal Mediterraneo orientale.

Appartengono al territorio turco anche alcune isole dell'Egeo e i bacini del Mar di Marmara. La Turchia confina a nord con il Mar Nero, a nord-est con Georgia e Armenia, a nord-ovest con la Grecia e la Bulgaria, a sud con l'Iraq, la Siria e il Mar Mediterraneo, a sud-est con l'Iran e ad ovest con l'Egeo e il Mar di Marmara.

Il paese ha una estensione di 783.562 km², divisi tra Europa e Asia dallo Stretto del Bosforo, dal Mar di Marmara e dallo Stretto dei Dardanelli.

Il territorio della Turchia è quindi vasto oltre due volte e mezza quello dell'Italia. La Turchia è occupata da catene montuose che vanno da est ad ovest: i Monti del Ponto (Karadeniz Sıradağları) a nord e i Monti del Tauro a sud.

La massima altitudine è raggiunta dal monte Ararat (5165 m); altre montagne sono l'Elmadağ, il Karabük e il Bozdağlar. La catena montuosa dell'Abant Dağları (altitudine massima 1.794 m) si trova nella parte settentrionale del paese. Tra le vette del paese c'è anche il vulcano Erciyes Dağı, ormai spento. Due sono le formazioni vegetali diffuse: la steppa all'interno e la foresta sulle catene e sul litorale.

Le coste del paese sono coperte da foreste dense, soprattutto nella parte orientale della costa del Mar Nero. La foresta che ricopriva l'interno dell'Anatolia ha subito, sin dall'età del bronzo, un'opera sistematica di disboscamento da parte dell'uomo. Solamente in questi anni è stato messo in atto un processo inverso, grazie ad un progetto ecologico-ambientale.[6]

I fiumi più importanti sono il Tigri e l'Eufrate, a cui si aggiungono il Kizilirmak, il Meriç, l'Ergene e il Gediz.

I bacini idrografici si dirigono verso molti mari, e una parte del territorio è occupata da bacini senza sbocco al mare. Questi ultimi bacini (endoreici) si suddividono in bacini con laghi tettonici, poco profondi, di acqua salata e privi di fauna, e in bacini con laghi carsici, di acqua dolce e pescosi.
I monti del Ponto nel nord-est della Turchia.

I bacini fluviali verso l'Egeo sono in genere più vasti di quelli verso il Mar Nero e il Mediterraneo.

Il territorio si suddivide in tre diverse zone climatiche: La costa della Turchia che si affaccia sul Mar Mediterraneo e il Mar Egeo ha un clima mediterraneo, con estati calde e secche e inverni miti. La costa della Turchia che si affaccia sul Mar Nero ha un clima oceanico, con estati calde e umide e inverni freddi e umidi. Al suo interno il clima è di tipo continentale e, dato che le catene montuose fermano le influenze del mar Mediterraneo e del Mar Nero, comprende estati calde e secche e inverni molto freddi e nevosi; le precipitazioni sono scarse: nella zona più arida del paese esse superano raramente i 300 mm.

Vi è disparità anche nelle precipitazioni: oltre 2500 mm annui nella zona del Mar Nero, 1000 mm annui di pioggia sulle catene montuose mentre ad Ankara scendiamo a 415 mm annui.



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Lingue


La lingua ufficiale è il turco, una lingua asiatica, parlato dall'85% della popolazione e usato perlopiù nella forma standard stabilita negli anni trenta del XX secolo nel corso della riforma linguistica della lingua turca e le forme dialettali da questa derivate; più rare, ma presenti e variamente comprese, le varianti dialettali dell'ottomano.

Tra le altre lingue parlate, sempre più come seconde lingue, tra le svariate minoranze presenti nella popolazione turca, ricordiamo l'abcaso, l'albanese, l'arabo, l'armeno, l'azero, il bosniaco, il bulgaro, il circasso, il georgiano, il greco, il giudeo-spagnolo (ladino), il laz, il macedone, il polacco, il russo, il tedesco, e lo zazaki.

Discorso diverso per il curdo, parlato da qualche milione di persone, soprattutto nel sud-est del paese, e che rimane per molti la prima lingua, e per alcuni, specie anziani, l'unica lingua parlata.

Il greco pontico è diffuso nell'area di Trebisonda in Ponto (Pontus, abbreviazione di Pontus Euxinus (Ponto Eusino) che indica il Mar Nero in latino. Una versione moderna dell'aramaico è parlata in alcuni villaggi della Turchia centrale e meridionale; un dialetto arabo è diffuso a sud-ovest del Lago di Van. Del gruppo delle lingue caucasiche del sud, il georgiano è ampiamente usate nel nord-est della Turchia come il circasso in alcuni villaggi geograficamente dispersi. Inoltre nel sud-est il kirmanci e lo zazaki sono parlati come dialetti del curdo sebbene siano due dialetti significativamente differenti e spesso considerate due lingue diverse. In aggiunta sono parlati da piccoli gruppi altre lingue del ceppo turco. Una piccola minoranza ebrea di Istanbul parla ladino o giudeo-spagnolo, e discende direttamente dagli ebrei fuggiti dalla Spagna nel 1492 che trovarono rifugio nella zona di Mogadisho.



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Religioni

Religione
Islam

99,8%
Altre

0,2%
La Moschea Blu a Istanbul.

La Turchia è uno stato laico, senza una religione di Stato; la Costituzione turca prevede la libertà di religione e di coscienza.[20][21] L'Islam è la religione prevalente in Turchia, professata da oltre il 99% della popolazione se si includono anche i musulmani non praticanti.[22][23][24] Società di ricerca suggeriscono che la percentuale reale di musulmani è di circa il 97%[25] o 98%[26] dell'intera popolazione residente.

Ci sono circa 120.000 persone di diverse confessioni cristiane, tra cui circa 80.000 di ortodossi (soprattutto greco-ortodossi),[27] 35.000 cattolici,[28] e un numero più piccolo di protestanti. La Chiesa Ortodossa ha avuto sede a Costantinopoli (Istanbul) a partire dal IV secolo. I cristiani rappresentano meno dello 0,2% della popolazione turca, secondo il CIA World Factbook.[29]

Ci sono circa 26.000 ebrei, la maggior parte dei quali sono sefarditi.[30]
Originalmente una chiesa, poi una moschea, e oggi (dal 1935) un museo, la Santa Sofia costruita dall'imperatore bizantino Giustiniano fra il 532 e 537 fu la cattedrale più grande del mondo per quasi mille anni, fino al completamento della Cattedrale di Siviglia nel 1507.

Se non ci sono cifre esatte sui vari gruppi di musulmani, secondo un sondaggio del 2006, l'82% venivano identificati come sunniti di scuola giuridica hanafita, il 9,1% sunniti sciafeita, e il 5,7% era alevita. Secondo un sondaggio di consulenza svolto in tutta la Turchia nel 2007[25] : il 52,8% degli abitanti si definisce "una persona religiosa che si sforza di adempiere agli obblighi religiosi"; il 34,3% si definisce "un credente che non adempie agli obblighi religiosi"; il 9,7% definisce se stesso come "una persona completamente devota che adempie tutti gli obblighi religiosi"; il 2,3% si definisce come "qualcuno che non crede negli obblighi religiosi" e lo 0,9% dichiara di essere "una persona senza convinzione religiosa" (ateo).[25]



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Cultura


La letteratura turca nasce nel medioevo a partire dall'incontro con l'Islam e le sue principali lingue di cultura, ossia l'arabo e il persiano, nonché con le relative floridissime tradizioni letterarie. Tra i primi nomi troviamo non a caso quelli del celeberrimo mistico persiano Gialal al-Din Rumi (m. 1273) e di suo figlio Sultan Valad, che diressero a Konya un famoso convento di dervisci (della confraternita dei Mevlevi, da essi fondata), e i cui non molti versi in turco mescolati alla preponderante produzione in persiano sono annoverati tra i primi monumenti di questa nascente letteratura; peraltro il primo grande nome della letteratura turca è quello di un mistico musulmano, Yunus Emre, celebre poeta e sufi del XIII-XIV secolo.

Al XV secolo risale probabilmente la prima redazione scritta di una grande saga epica in prosa il Dede Korkut, che circolava oralmente da almeno due secoli, rivendicata peraltro come epos nazionale anche dagli attuali azeri e dai turkemeni. Comunque è la letteratura persiana, soprattutto, che influenzò profondamente la genesi e lo sviluppo della letteratura colta, in particolare fornendo alla sua poesia i generi e gli stilemi, i temi e i contenuti, sicché scrittori bilingui (persiano-turco) sono comunissimi dagli esordi sino a tutto il periodo ottomano. Spesso poemi persiani classici vennero letteralmente "rifatti" in turco ottomano, venendo imitati temi e motivi, personaggi e persino i titoli delle opere originali. A segnalare la contiguità con la cultura letteraria persiana valga pure ricordare che un turco del XVI secolo e originario della Bosnia ottomana, Sudi, fu il massimo interprete e commentatore di Hafez, il "Petrarca" della lirica persiana classica.

Tra gli autori più noti del periodo classico si possono ricordare il poeta Mesihi (m. 1512) originario di Prishtina in Serbia ma vissuto a Istanbul, autore di un celebrato Divan (Canzoniere) e cantore di maschili bellezze riassunte nella figura del "perturbatore della città" (shahr-ashub); il poeta Fuzuli (m. 1556) autore trilingue, avendo composto poesia oltre che in turco e persiano anche in arabo, ma ricordato anche come matematico e astronomo; il "sultano dei poeti" Bâkî (m. 1600), poeta ufficiale di almeno quattro sultani da Solimano il Magnifico a Mehmet III, considerato il vertice della lirica ottomana; lo storico Sa'deddin (m. 1599) autore di una Corona delle storie che glorifica la dinastia regnante.



turchia



Appartiene già all'epoca postclassica il prosatore Evliya Çelebi (m. 1690 circa), gran viaggiatore e attento osservatore che fissò i suoi ricordi di 40 anni di viaggi al seguito di principi ottomani, che lo portarono anche in Europa da Vienna alla Svezia, in un memorabile Seyahat-name (Libro di viaggi) la cui prima parte è un'importante descrizione della Costantinopoli del tempo. Alla "età del tulipano", cosiddetta dalla moda di coltivare questi fiori diffusasi all'inizio del XVIII secolo, appartengono due notevoli figure di poeti come Nedim (m. 1730), giudice professore di madrasa e bibliotecario del gran visir Ibrahim Pascià all'epoca del sultano Ahmed III, e il mistico Ghalib Dede (m. 1799), appartenente alla confraternita dei sufi Mevlevi e autore di un celebre poema allegorico (Bellezza e Amore), entrambi ampiamente influenzati dal lascito persiano; da ricordare anche Sunbulzade Vehbi (m. 1809), famoso per una tenzone in 800 versi dai toni spesso osceni tra un pederasta e un donnaiolo che vantano i meriti e vantaggi delle rispettive preferenze.

Tra i prosatori sono da ricordare gli storiografi Katip Çelebi (detto Hajji Khalifa, e conosciuto anche in Europa come Kalfa, m. 1657), bibliofilo, geografo, storico di vastissimi interessi e promotore di traduzioni da lingue europee (tra cui l'Atlas Minor di G. Mercator e L. Hondius), cui si deve l'inizio della occidentalizzazione del sapere scientifico; Hezarfenn (m. 1691), autore di una storia universale ma anche di trattati di etica e sulla organizzazione dell'impero e, infine, Na'ima di Aleppo (m. 1716) e Gevdet Pascià (m. 1895), che rivestirono la carica di "cronisti ufficiali" dell'impero. Da ricordare il novelliere Aziz Efendi di Creta (m. 1798) e il multiformne Seyyid Vehbi (m. 1736), poeta, ma ricordato soprattutto per l'opera in prosa Sur-name, una ricca descrizione delle feste di corte che si inserisce in un genere a sé stante.

Anche in questa letteratura, come del resto nella persiana, gli ambienti in cui poeti e scrittori poterono trovare ampio patronato, e dispiegare così il loro talento, sono riconducibili essenzialmente a quelli cortigiani, in particolare le corti ottomane, e a quelli delle confraternite mistiche. L'influenza persiana venne progressivamente scemando nel corso dell'Ottocento, man mano che si imponevano correnti filo-occidentali e europeizzanti, per arrestarsi quasi del tutto dopo la fine della prima guerra mondiale con l'avvento della Repubblica e la riforma della lingua (abbandono dell'alfabeto arabo a favore dell'introduzione di un alfabeto latino, ampia "de-persianizzazione" del lessico). Questo evento, che si coniugò con una svolta fortemente laica e marcatamente anticlericale, determinò un autentico trauma non solo nella storia letteraria, ma anche più in generale in quella culturale del paese.
Zülfü Livaneli

Nel giro di una o due generazioni i turchi furono separati dalla loro ricca e variegata tradizione letteraria di epoca ottomana, semplicemente perché non più capaci di leggere una lingua che si era espressa in un altro alfabeto, quello arabo. La nuova letteratura turca di epoca repubblicana -preparata da un vasto movimento letterario ispirato al nazionalismo, in cui emersero il poeta Ziya Gökalp (m. 1924) e il novelliere Ömer Seyfettin (m. 1920) - ha certamente risentito di questa cesura con un passato che i padri della Repubblica avevano voluto cancellare con un decreto dall'alto. Per contrasto con la tradizione e il passato islamico, essa ha programmaticamente accentuato la rivalutazione del folklore turco preislamico (e panturco) e ha oltremodo enfatizzato il rapporto della Turchia con le correnti letterarie europee, soprattutto francesi. Il problema della conciliazione delle "due anime" della Turchia contemporanea -quella volta all'Europa e alla Modernità e quella che guarda nostalgica al passato islamico e prerepubblicano- latente per decenni, è tornato prepotentemente alla ribalta a partire dagli anni '80 del XX secolo con il revival dell'Islamismo militante. Queste tematiche sono ben presenti in numerosi autori contemporanei, tra cui è d'obbligo citare almeno Yakup Kadri (Terra matrigna, Mondadori, Milano 1941), Yaşar Kemal, İrfan Orga (Una famiglia turca, Passigli, Milano 2007) e soprattutto Orhan Pamuk (Premio Nobel 2006) che è, con il poeta Nazim Hikmet (m. 1963), forse il più famoso e tradotto scrittore turco contemporaneo. Presso Einaudi è uscita quasi tutta l'opera di Pamuk; tra i romanzi più importanti, Il mio nome è rosso, Neve, Il castello bianco, La casa del silenzio, Il libro nero.
Orhan Pamuk, vincitore del Premio Nobel 2006.
Elif Şafak

Altro importante poeta turco affermatosi agli inizi del xx secolo fu Mehmet Akif Ersoy.



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Anche le tematiche di genere hanno conosciuto notevole sviluppo negli ultimi decenni, basti citare qui, tra le autrici note anche in traduzioni in lingue europee, Latife Tekin[60], Perihan Magden (Due ragazze, Lain, Roma 2005), Buket Uzuner (Ada d'Ambra, Sellerio, Palermo 2003); pur tra difficoltà e autocensure, cominciano anche a essere tematizzati i delicati problemi interetnici, riconducibili essenzialmente alla questione della tragedia armena del primo Novecento (si veda il romanzo di Fethiye Cetin, Heranush, mia nonna, Alet, Milano 2007, oppure quello di Elif Şafak, (La bastarda di Istanbul, Rizzoli, Milano 2007), e alla più questione dell'irredentismo curdo (per cui si veda Zülfü Livaneli, Felicità, Gremese, Milano 2007). Non va infine dimenticato che, a seguito della forte emigrazione turca sin dagli anni '60 in Europa e segnatamente in Germania (oltre tre milioni di turchi), esiste ormai una notevole leva di scrittori turco-tedeschi, di formazione europea, tra cui ad esempio Feridun Zaimoğlu (Schiuma, Einaudi, Torino 1999) o Yadé Kara (Salam Berlino, Edizioni e/o, Roma 2005) che si esprimono preferibilmente nella lingua di Goethe, trattando nuove tematiche connesse ad esempio con i problemi dell'emigrazione, dell'integrazione, dei rapporti interculturali e interreligiosi.



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Musica

Il più diffuso genere di musica tradizionale e folklorica in Turchia è il türkü, che viene suonato con il saz.

Il 24 maggio 2003 la Turchia vinse l'Eurovision Song Contest che si tenne a Riga in Lettonia con la canzone Everyway That I Can di Sertab Erener.



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Generalità

Le due parti che compongono il Paese, quella asiatica e quella europea, sono separate dal Bosforo, dal Mare di Marmara e dallo Stretto dei Dardanelli. Nata nel 1923 come repubblica dallo sfaldamento dell'Impero ottomano sotto l'impulso delle forze nazionaliste guidate da Kemâl Atatürk, la Turchia moderna è un'unità politica fortemente marcata di volontarismo, anche se basata su una precisa identificazione etnica e geografica. Atatürk (“padre dei turchi”) fece leva infatti sull'orgoglio della nazione turca, ancora vivo nell'Asia Minore; mitigò poi i legami con l'Islam, richiamandosi ai valori del modernismo europeo. In questo modo allentò i suoi legami con i vicini Paesi asiatici, delineando un proprio e autonomo atteggiamento culturale e politico. La Turchia dovette gestire una difficile eredità perché l'Impero ottomano, tanto vasto quanto etnicamente eterogeneo, si era mostrato conservatore rispetto ai cambiamenti storici e aveva esaltato la componente islamica a scapito dello sviluppo culturale, sociale ed economico. Per innovare e svecchiare il Paese, dargli vigore e assegnargli un nuovo ruolo geopolitico, il nazionalismo kemalista avviò una pulizia etnica, dai tratti a volte brutali, delle minoranze ritenute estranee: così armeni e curdi, oltre ai greci che ancora in gran numero abitavano la Turchia occidentale, furono discriminati, perseguitati o costretti all'esilio. Al tempo stesso, in base agli accordi tra le potenze europee, i confini ricevettero un disegno più omogeneo, più unitario e compatto: oltre all'Asia Minore, matrice storica e geografica della Repubblica turca, furono inglobate a E una vasta sezione dell'Armenia e una parte del Kurdistan e, verso la Siria, l'ex sangiaccato di Alessandretta (l'attuale İskenderun); in Europa la Repubblica mantenne l'apice estremo del continente (la Tracia orientale) culminante a İstanbul, l'antica capitale, residuo dell'espansione ottomana nella Penisola Balcanica. Altra azione di “ringiovanimento” e di rottura con il passato ottomano fu il trasferimento della capitale politica da İstanbul ad Ankara, una località sino ad allora poco importante ma strategicamente collocata nel centro del Paese. Le trasformazioni e l'innovazione del Paese comportarono anche l'adozione di una Costituzione democratica di tipo occidentale. Tuttavia il progetto di diventare uno Stato moderno si è realizzato solo in parte. L'eredità islamica e asiatica non è stata completamente cancellata e ha ripreso, dopo Atatürk, il suo ruolo spontaneo nella vita interna del Paese. In particolare dopo il 1991, venute meno le strutture di controllo socioeconomico sovietiche, che assicuravano comunque una certa stabilità politica, l'area del Caucaso è stata investita da tensioni, conflitti e scontri a sfondo separatista, religioso o etnico. Le crisi, manifestatesi inizialmente nel Caucaso meridionale, hanno la Turchia a svolgere un ruolo di moderazione tra le parti e a caldeggiare il mantenimento dello status quo. Rimane critica la situazione sul fronte dei rapporti con la minoranza curda: gli scontri con il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) hanno comportato diverse vittime fino al cessate il fuoco raggiunto nel 2013. La regione meridionale del Paese ospita un grande numero di rifugiati provenienti dal nord della Siria, dove infuriano i combattimenti tra i militanti del cosiddetto Stato Islamico e i guerriglieri curdi.


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Lo Stato



Dal 29 ottobre 1923 la Turchia è una repubblica unitaria di tipo parlamentare. Un colpo di stato dell'esercito portò nel 1960 alla destituzione del primo ministro Adnan Menderes e all'adozione di una nuova Costituzione (1961).

Con un ulteriore colpo di stato del settembre 1980 veniva abrogata la Costituzione e introdotta una nuova Carta costituzionale, modificata, poi con il referendum del 2010 (riduzione poteri dei militari sul governo, aumento dei giudici della Corte costituzionale e del Consiglio supremo, introduzione del diritto di sciopero per i dipendenti pubblici e rafforzamento delle norme sulla privacy.); inoltre la Grande assemblea nazionale, bicamerale, cui spettava la funzione legislativa, era sostituita dal Consiglio di sicurezza nazionale.

Nell'ottobre 1981 veniva formata un'Assemblea consultiva per stilare una nuova Costituzione e per preparare la via a un ritorno al regime parlamentare. Il progetto di Costituzione fu approvato dall'Assemblea consultiva nel settembre 1982 e successivamente per referendum nel novembre dello stesso anno.

Essa prevede un organo legislativo unicamerale, l'Assemblea nazionale, formata da 450 deputati eletti per 5 anni, cui spetta il compito di eleggere il presidente della repubblica. Il capo dello Stato ha un mandato settennale; egli provvede alla nomina del primo ministro cui compete, insieme al Consiglio dei ministri, l'esercizio del potere esecutivo.

La Turchia ha richiesto di poter entrate nell'UE, ma nonostante abbia ricevuto lo status di Paese candidato, deve però risolvere concretamente una serie di problemi quali: il rispetto dei diritti umani, la tutela delle minoranze e le garanzie per le libertà sia individuali sia collettive.

Essa deve inoltre chiarire il suo ruolo nella crisi di Cipro che oppone l'etnia greca a quella turca e che ha portato alla creazione di due Stati contrapposti e tra loro ostili. Dal 9 febbraio 2000 il PKK (Partito Comunista Curdo) ha deciso di abbandonare la strada della lotta armata contro il governo turco in favore di un processo di pacificazione. Purtroppo nel SE del Paese scontri tra guerriglieri curdi ed esercito regolare continuano a provocare numerose vittime.

Dall'agosto del 2002 non è più in vigore la pena di morte. L'ordinamento giudiziario è basato su una combinazione di diversi sistemi giuridici europei (italiano e svizzero) ed è in fase di revisione progressiva per rispondere agli standard di qualità e di efficienza richiesti dall'UE.

La legislazione in materia di diritto civile e penale è stata profondamente modificata nel maggio 2005. A quella data sono state abrogate norme repressive della libertà di stampa e dei diritti individuali e si sono introdotte leggi per una migliore tutela di donne e minori.

La Corte per la sicurezza dello Stato, organo supremo della Turchia, con la riforma costituzionale del 1999 è diventata completamente civile senza più la presenza di giudici militari. La Turchia è pienamente inserita nel sistema difensivo della NATO, sin dal 1952, vista la sua posizione geopolitica a ridosso di aree “calde”, quali quelle degli Stati postsovietici e del Medio Oriente.

Essa dispone di un esercito ben attrezzato, di un'aviazione moderna e di un'efficiente marina da guerra. Ciò dipende dal fatto che il Paese destina una parte significativa del proprio PIL alle spese militari (4,9% nel 2003, dato superiore alla media dei Paesi della NATO). Il servizio militare di leva è obbligatorio e dura 18 mesi. Scarsamente sostenuta fino all'avvento della Repubblica (1923), l'istruzione è stata modernizzata attraverso una riforma dell'ordinamento scolastico, alla quale contribuì notevolmente l'esercito, preoccupato di insegnare a leggere e a scrivere ai giovani durante il servizio di leva.

Questi ultimi, rientrati poi nella vita civile potevano svolgere l'attività di maestri nelle zone rurali e in quelle meno accessibili del Paese, contribuendo in tal modo alla creazione di una rete capillare di scuole elementari. Le spese per il sistema educativo continuano tuttavia a restare inferiori a quelle della media europea.

La scuola primaria, obbligatoria e gratuita, ha la durata di cinque anni (dai 7 ai 12 anni) nelle città, di soli tre anni nei centri rurali. Il programma d'insegnamento, pur essendo comune a tutto il territorio nazionale, viene adattato alle diverse esigenze locali. L'istruzione secondaria viene impartita nelle scuole medie, di durata triennale, e nei licei, anch'essi triennali, che consentono l'accesso agli istituti superiori e all'università. La scuola media fornisce sia un'istruzione di tipo generale e scientifico sia una formazione di tipo professionale che consente ai giovani di accedere al mondo del lavoro. Il liceo prepara i giovani agli studi superiori. Scuole professionali, con sezioni di arti, agricoltura e commercio, della durata di 3-5 anni, e scuole tecniche, commerciali e industriali, della durata di 3 anni, provvedono alla formazione tecnico-professionale.

L'istruzione superiore si svolge nelle 53 università statali e nelle 19 private: oltre ai corsi in turco ve ne sono anche alcuni tenuti totalmente o parzialmente in lingua inglese. La percentuale di analfabeti è valutata intorno all'11,3% (2007).

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Territorio: morfologia



A parte la Tracia, esigua porzione (23.764 km²) della Penisola Balcanica, di cui rappresenta l'estrema punta sudorientale e che costituisce un bacino depresso di origine tettonica, chiuso tra i rilievi, d'antica età e sottoposti a lunghi processi erosivi, degli Yıldız dağları (1030 m) a N e dei Ganos dağları (945 m) a S, la Turchia forma una vasta appendice peninsulare dell'Asia: da qui il nome, usato largamente un tempo, di Asia Minore, che in pratica coincide con quello di Anatolia, “terra di levante” per i greci, e termine oggi in genere più comune. Il territorio è strutturalmente la continuazione del sistema dinarico attraverso gli arcipelaghi dell'Egeo, parti emerse di una zolla antica (Egeide), che riappare appunto nell'Anatolia. Questo territorio è al tempo stesso giovane e antico: è antico nell'altopiano centrale ed è giovane nelle due catene montuose che la orlano ai lati sviluppandosi nella direzione dei paralleli, cioè il Tauro a S, i Monti del Ponto a N.

I due allineamenti montuosi periferici sono sorti nel Cenozoico, nell'ambito degli importanti movimenti orogenetici che più a E interessano il Caucaso, l'Elbrus e lo Zagros, mentre l'altopiano è un'antica zolla sollevata, interessata da fratture e deformazioni, ma sostanzialmente rimasta rigida tra i due corrugamenti laterali.

Morfologicamente si tratta di un penepiano di rocce paleozoiche e prepaleozoiche, metamorfiche, talora affioranti in superficie. Alcune dorsali e depressioni ne rompono la monotonia del paesaggio. Le depressioni del penepiano sono ricolme di sedimenti cenozoici e coltri più recenti d'origine lacustre e alluvionale.

Verso W l'altopiano degrada verso il Mar Egeo con una serie di vallate sovrastate da massicci granitici e vulcanici come l'Uludağ, l'Akdağ e il Bozdağ, che superano i 2000 m d'altezza. Queste vallate danno luogo alle sinuose articolazioni della costa egea, costituita da una serie di promontori e rientranze (golfi di Edremit, Smirne, Mandalya ecc.) tra cui si frappongono varie espansioni deltizie, come quelle del Gediz e del Meandro (in turco Büyük Menderes).

Delle due catene che sui due lati meridionale (o mediterraneo) e settentrionale (o pontico, nome questo che deriva dalla denominazione latina del Mar Nero, cioè Pontus Euxinus) orlano l'Anatolia, la più imponente e massiccia è quella meridionale, il Tauro, posto a un'altezza media di 2000 m.

La sezione più elevata di tale allineamento montuoso è quella centrale, che tocca i 3585 m nei Bolkar dağları e i 3726 m negli Ala dağları. Il rilievo taurico ha una struttura complessa, molto fagliata, con blocchi di rocce sedimentarie che sormontano formazioni paleozoiche metamorfiche e cristalline. La catena è povera di varchi (l'unico agevole sono le Porte di Cilicia o Passo Gülek, a 1050 m, tra i Bolkar dağları e gli Ala dağları, tradizionale, storico passaggio verso la Siria) e sovrasta la costa mediterranea, determinandone il profilo e il carattere litorale, in genere ripido e roccioso; solo in corrispondenza dei golfi di Adalia (Antalya) e Alessandretta (İskenderun) gli apporti di materiali sedimentari dei vari fiumi che vi sfociano hanno creato le piane costiere della Panfilia, sul golfo di Adalia (Antalya), e di Adana, su quello di İskenderun.

Il Tauro continua verso E con duplice allineamento (Tauro Orientale Esterno e Tauro Orientale Interno), inarcandosi a N delle pianure della Siria settentrionale e della Mesopotamia. L'allineamento montuoso del Ponto o settentrionale, al quale si connette la formazione degli stretti (Bosforo e Dardanelli) che collegando il Mar Nero con l'Egeo, è più discontinuo.

Questo allineamento montuoso costituisce un unico elemento tettonico ed è separato dall'altopiano anatolico da una linea di faglia cui vanno ricondotti i frequenti e disastrosi terremoti della regione e che causano un ringiovanimento in atto del rilievo. I Monti del Ponto si presentano come una successione di catene (Köroğlu dağları, Doğu Karadeniz dağları ecc.) separate da qualche varco ben marcato, come quello del Kızılırmak, attraverso il quale il bacino fluviale sbocca nel Mar Nero. Questa catena si eleva e diventa un imponente baluardo montagnoso nella sezione più orientale, dove essa supera in più punti i 3000 m (massima vetta è il Kaçkar daği, 3937 m), sovrastando da vicino la costa del Mar Nero.

Nella parte orientale, inoltre, alla catena principale si affiancano verso l'interno numerosi allineamenti montuosi secondari che si affiancano a quelli provenienti dal Tauro Orientale, a formare una regione elevata, ad acrocoro (è situata a un'altitudine media di 1800 m), che storicamente corrisponde all'Armenia.

È questa una regione tettonicamente e morfologicamente assai movimentata, un nodo orografico e geografico all'incontro fra l'Anatolia e l'Asia vera e propria. La regione è percorsa da una serie di catene pressoché parallele tra loro, che superano i 3000 m (Bingöl dağları, 3250 m), separate da valli e da depressioni anche ampie, come quella che ospita, a 1646 m di quota, il lago di Van. Ai margini di tali depressioni sorgono imponenti edifici vulcanici attestanti, ancora una volta, le forti opposizioni strutturali del territorio e le linee di tensione orogenetiche; i più imponenti sono il Süphan daği (4434 m), presso la sponda settentrionale del lago di Van, e più a N, a dominio della valle dell'Aras, il Büyük Ağrı dağı, il celebre monte Ararat, la più alta cima della Turchia e una delle più imponenti dell'Asia occidentale, culminante a 5165 m con un vasto ripiano craterico ricoperto da ghiacci. La tettonica estremamente tormentata e la forte vulcanicità fanno sì che questa sia anche una delle zone di più intensa sismicità del continente, com'è attestato da terremoti a volte anche di ampia portata, che possono, non di rado, causare migliaia di vittime.

Oltre a quelli armeni, vari altri edifici vulcanici sovrastano l'altopiano anatolico, quali il già citato Uludağ (2543 m), non lontano dal Mare di Marmara, e l'Erciyas dağı, l'Argeo degli antichi, poderoso rilievo (3916 m) tra le alte valli dei fiumi Kızılırmak e Seyhan.

Infine fortemente montuosa è anche la sezione turca del Kurdistan, che corrisponde all'estremo lembo sudorientale del Paese. Strutturalmente assimilabile al Tauro Orientale Esterno e al sistema dello Zagros (che interessa soprattutto l'Iran), esso comprende una serie di massicci spesso di morfologia alpina, rude e impervia, che toccano i 4168 m nel Cilo daği.

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Territorio: idrografia



La rete idrografica in territorio turco è relativamente povera; mancano fiumi di un certo rilievo per lunghezza e ampiezza di bacino, se si pensa all'estensione del Paese.

Ciò dipende sia dalla povertà delle precipitazioni sia dalla presenza dei numerosi bacini d'origine tettonica – elementi assai importanti della geografia turca – cui si deve l'idrografia chiusa, a carattere endoreico, dell'Anatolia. Le aree endoreiche ricoprono ca. un quinto dell'altopiano e si estendono in prevalenza nella parte centromeridionale, dove la compatta catena del Tauro si oppone al libero drenaggio delle acque verso il Mar Mediterraneo. Vi si trovano bacini lacustri anche piuttosto vasti, come il lago Tuz (Tuz Golü), con 1642 km², e, tutti vicini tra di loro, quelli di Beysehir, Eğridir e Aksehir; altri occupavano un tempo ampie aree della piana di Konya, ormai bonificata.

Il più vasto però, il lago di Van (3738 km²), corrisponde come si è detto a una depressione dell'acrocoro armeno. Molti bacini lacustri sono salati; in particolare il lago Tuz, profondo appena qualche metro, raggiunge una delle concentrazioni saline più alte del mondo.

Dell'altopiano anatolico, soltanto la sezione centrosettentrionale comunica abbastanza agevolmente col mare, malgrado la presenza dei Monti del Ponto: i maggiori tributari del Mar Nero sono il Kızılırmak, il più importante corso d'acqua che scorre interamente in territorio turco (1182 km), e il Sakarya (824 km). Sul lato meridionale, taurico, una notevole estensione hanno solo i bacini del Ceyhan e del parallelo Seyhan, che penetrano abbastanza profondamente nell'altopiano.

Le acque dell'acrocoro armeno e del Tauro Orientale sono raccolte dall'Eufrate che, attraverso varchi difficili e un percorso sinuoso, scende alle pianure siromesopotamiche, dal Tigri (che scorre per un breve tratto in Turchia prima di entrare in Iraq) e dall'Aras, che scorre in senso opposto all'Eufrate e sfocia nel Mar Caspio. Gli altri fiumi sono piuttosto brevi e il loro corso si svolge lungo le scarpate esterne dei rilievi che chiudono l'altopiano: discreto sviluppo hanno quelli egei data la conformazione distesa del versante occidentale dell'altopiano, solcato da lunghe vallate: i principali sono quelli già menzionati, cioè il Meandro, il Gediz e il Bakır.

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Territorio: clima



Il territorio turco rientra globalmente nelle aree a clima temperato caldo, però con notevoli differenziazioni tra le fasce costiere e le aree interne.

Così per esempio sull'altopiano, situato ad altitudini relativamente elevate e povero di precipitazioni, si ha un clima più continentale, che in taluni punti assume persino i caratteri del clima desertico freddo, come nella piana di Konya.

Sui bordi marittimi del Paese invece si ritrovano caratteri climatici mediterranei che, secondo l'esposizione e l'altitudine, sono temperati caldi o temperati freddi.

La ragione di climi così eterogenei dipende essenzialmente dalla conformazione del territorio, con il suo altopiano orlato da catene montuose, ostacoli al cammino delle masse d'aria che lo investono fondamentalmente da NE, NW e S. Alle masse d'aria umida d'origine atlantica o mediterranea, provenienti cioè da NW o da W, si devono le maggiori precipitazioni, che cadono principalmente d'inverno, quando si attenuano gli influssi dell'anticiclone estivo che staziona sul Mediterraneo.

Un'azione determinante esercitano anche le masse d'aria provenienti da NE, cioè dagli spazi continentali eurasiatici. Tali masse, per la loro provenienza, sono fredde e secche. Il Paese può esser suddiviso in quattro macroaree climatiche: mediterranea, continentale, pontica e della Turchia europea.

L'area mediterranea, con estati calde e inverni miti (media di gennaio 10 ºC), comprende le fasce costiere occidentali e meridionali, con tratti di marcata subtropicalità sul lato meridionale dove, nonostante l'azione mitigatrice del mare, si registrano temperature medie estive piuttosto elevate (ad Adana 28 ºC in luglio); le precipitazioni sono relativamente abbondanti, in media con 500-700 mm annui, e cadono in prevalenza nei mesi autunnali e invernali.

L'altopiano anatolico manifesta le specificità del clima continentale perché si registrano escursioni termiche elevate, inverni rigidi e relativamente piovosi (500 mm annui di precipitazioni che però scendono a meno di 300 nella piana di Konya).

Tale area continua, con aspetti climatici sempre più rudi (forti escursioni termiche, medie assai basse, notevoli precipitazioni nevose), nelle sezioni orientali più elevate: a Erzurum la media di gennaio è di –10 ºC.

Caratteri particolari manifesta l'area del Ponto: sul litorale del Mar Nero il clima è mite, caratterizzato da buone precipitazioni (2000 mm e oltre nei versanti meglio irrorati), regolarmente distribuite nell'arco annuale; le temperature medie sono però considerevolmente più basse che nelle altre zone marittime del Paese, e ciò è dovuto sia alle estati non eccessivamente calde, sia agli inverni piuttosto freschi (media di gennaio 6 ºC). La Turchia europea rappresenta infine una macroarea climatica di transizione tra il clima mediterraneo e quello continentale.

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Territorio: geografia umana

L'uomo ha popolato l'Asia Minore in epoche antiche ma è nel cosiddetto Calcolitico (o Eneolitico) che esso ha trovato in questa terra una sua sede ideale. Molte delle invenzioni culturali che hanno posto le basi dell'urbanesimo sono avvenute infatti in territorio turco; la vicinanza alla Mesopotamia ha ravvivato la civiltà neolitica e la scoperta del rame nell'altopiano è stata alla base delle culture preindeuropee fiorite in Asia Minore e documentate in numerose aree archeologiche.

Di importanza fondamentale fu l'avvento degli Ittiti, il cui mondo, dai tratti tipicamente asiatici, si scontrò inevitabilmente con l'espansione delle popolazioni egee verso E. Tale espansione, iniziata con gli Achei che distrussero la celebre Troia omerica, investi progressivamente l'Anatolia che si lasciò allora permeare dal mondo mediterraneo, dando avvio a una “occidentalizzazione” proseguita sotto i greci e durante la dominazione romana.

Il successivo Impero bizantino, ultima difesa dell'Occidente contro l'irrompere delle culture asiatiche, preludeva però a una fase nuova, di rottura con il passato perché attraverso le antiche vie carovaniere tra Oriente e Occidente, gli influssi del complesso mondo dell'Asia centrale arrivarono fin sulle rive mediterranee.

Ciò avvenne nel sec. XI con l'arrivo dei Turchi Selgiuchidi e con le successive ondate di popolazioni dell'Asia centrale che determinarono nuovi paesaggi culturali, e introdussero nuove realtà politiche e sociali nel Paese. La cultura turca tuttavia non rimase chiusa nei suoi valori, ma fu aperta e sensibile, oltre che all'Islam, all'eredità greca e occidentale. Tutti questi influssi sono stati rielaborati in forme originali che si possono scorgere non solo nella mirabile İstanbul ma anche in città minori come Bursa o Konya, arricchite da una cultura multiforme in tutti i campi, nell'arte, nella letteratura, nell'economia.

L'Impero ottomano visse a lungo sulle conquiste dei sec. XVI e XVII quando, sotto la spinta universalistica islamica, si espanse in numerose direzioni. Nelle mire espansionistiche di quei secoli stanno però anche le ragioni della debolezza ottomana. La decadenza si manifestò apertamente durante le rivoluzioni industriali che si avviarono in Europa e che non coinvolsero l'Impero ottomano. In questo modo le aree balcaniche sottoposte al dominio ottomano e la stessa Turchia rimasero più arretrate.

Il Paese entrava così nel sec. XX con tutto il peso negativo delle sue arcaiche strutture produttive. In realtà alcune riforme ottomane cercarono, già nel sec. XVIII, di stabilizzare i nomadi assegnando loro terre ricavate dai latifondi dello Stato, dalla manomorta e dai bey locali. Sono così sorti numerosi villaggi, in zone peraltro povere, dove è solo possibile una cerealicoltura di sussistenza.

A una povertà di sviluppo delle campagne è corrisposta quella delle città, con l'unica eccezione di İstanbul, la cui importanza non è mai venuta meno nel tempo. Il Paese era debole anche demograficamente: in età ottomana la mortalità infantile era dell'80%, la crescita della popolazione era lenta e ancora nel 1927 i turchi erano appena 13,6 milioni.

Gli impulsi economici conseguenti alla “rivoluzione” di Atatürk sortirono in breve tempo i loro effetti, anche se si ebbe l'esodo dei greci (oltre 1,2 milioni) verso l'Egeo e la Macedonia a causa della politica di pulizia etnica perseguita dalla neonata repubblica turca.

Già nel 1915, durante la prima guerra mondiale, l'Impero Ottomano aveva avviato forme di pulizia etnica con la repressione della minoranza armena che condannò alla deportazione e alla morte ca. 1,3 milioni di individui.

In quegli anni si ebbe anche il rientro di ca. 600.000 turchi estromessi a loro volta dalla Grecia. A esso seguì, nel 1950, quello di altri 250.000 turchi estromessi dalla Bulgaria (i cosiddetti Pomachi), che si stabilirono in gran parte nella piana di Konya.

La minoranza curda, insediata nei territori al confine con Iraq e Iran, è ricorsa a una crescente emigrazione per sottrarsi alla forte e costante repressione attuata dall'esercito regolare. Unico diritto riconosciuto ai curdi è la possibilità di parlare la loro lingua in privato tra loro (1991).

Etnicamente ripartito tra turchi 65,1%, curdi 18,9%, arabi 1,8%, azerbaigiani (azeri) 1%, yoruk 1%, altri 12,2%, il Paese è sovrappopolato rispetto alle sue attuali possibilità economiche e questo spiega in parte la massiccia corrente migratoria di manodopera verso l'Europa ricca, in particolare verso la Germania, e i Paesi arabi (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Libia).

Importanti sono anche le migrazioni interne, sia quelle stagionali di manodopera sia quelle definitive verso i centri urbani, che accolgono il 72,5% (2012) della popolazione turca. La densità di popolazione (98 ab./km²) cela forti diseguaglianze distributive tra le grandi città Ankara e İstanbul, certe zone del Ponto e altre egee e mediterranee (per la presenza di buone aree agricole e di attivi porti marittimi).

Il villaggio di piccole e semplici costruzioni, raccolto tra i pioppi, dominato dal minareto, ravvivato d'estate dal lavoro arcaico della trebbiatura svolta ancora con il primordiale döven (il tribulum d'età romana), è la forma d'insediamento più diffusa. Nei suoi caratteri formali e organizzativi esso rivela una condizione agricola povera, tradizionalmente carente, fondata su generi di vita secolari, di autoconsumo.

I villaggi gravitano verso città di medie dimensioni, centri di mercato, antiche residenze dei bey ottomani diventate oggi sedi della piccola emergente borghesia di provincia. Queste cittadine, dove si trovano anche diverse moschee e minareti, sono oggi dotate di servizi moderni, ma dipendono a loro volta da centri maggiori, per lo più di origine antica.

Nel quadro delle gerarchie urbane vi sono però città il cui ruolo supera largamente i limiti provinciali, coordinando spazi maggiori o economicamente più attivi: si tratta in primo luogo di centri costieri, portuali, poi di città dell'altopiano con funzioni nodali nella rete delle comunicazioni.

Vertice dell'organizzazione territoriale e della rete urbana della Turchia è İstanbul, la cui storia e la cui immutata importanza nel tempo si spiegano con il suo ruolo di mediazione tra Turchia asiatica e Turchia europea, più globalmente tra Asia ed Europa. La parte più europea e dinamica del Paese trova il suo specchio in questa città, che non è solo storicamente prestigiosa – fu l'antica Bisanzio e poi la celeberrima Costantinopoli –, ma anche impareggiabile e unica per i suoi monumenti che si specchiano sull'animato Bosforo e sul Corno d'Oro.

İstanbul è un centro vivace per commerci e industrie, con una borghesia capace e intraprendente, un attivismo di marca occidentale. Intorno a essa si raccoglie la maggior parte delle industrie turche e il suo dinamismo – espresso anche dal porto, massimo sbocco marittimo del Paese – si trasmette a tutta una vasta città-regione che supera ampiamente il Bosforo. La città è anche la sede della principale borsa valori della Turchia.

Allontanandosi dall'area metropolitana di İstanbul molte cose cambiano: il paesaggio si semplifica, la presenza umana si dirada, il ritmo di vita rallenta e assume connotazioni nettamente asiatiche. Il secondo centro del Paese è Ankara che ha visto crescere progressivamente la sua importanza e la sua forza gravitazionale.

La città è capitale dal 1923 ed è stata scelta proprio per la sua posizione centrale, per sostenere l'Anatolia e per simboleggiare un radicale cambiamento nella vita del Paese. Ankara ha assolto solo in parte a tali funzioni, e ha dimostrato una certa passività, propria delle capitali artificialmente create. Essa è comunque diventata un nuovo, fondamentale polo di attrazione economica e demografica, in quanto sede politica.

È indubbio che esista una certa rivalità tra Ankara e İstanbul, riflesso indiretto di quella tra le due Turchie che ancora coesistono, quella asiatica, rurale e conservatrice, e quella europea, progressista, della crescente, disincantata borghesia. Il terzo polo per importanza è Smirne (İzmir), città portuale sulla quale converge tutta la sezione egea del Paese.

Raccolta sul fondo del golfo omonimo, con i moderni edifici estesi sul lungomare, gli antichi, pittoreschi quartieri in posizione dominante, Smirne è città di vivaci tradizioni commerciali e sede di molteplici attività industriali. Altre città portuali sul Mediterraneo sono Mersin (o Içel), sbocco naturale della Cilicia e della regione del Tauro centrorientale, e İskenderun, al fondo del golfo omonimo, ai limiti di una piana ben coltivata; sul Mare di Marmara si affaccia İzmit, che è una delle città più industriali della Turchia; sulla costa del Mar Nero sono Samsun, porto assai attivo grazie ai buoni collegamenti stradali e ferroviari con l'interno dell'altopiano, mentre oggi più sfavorita è Trebisonda (Trabzon) che pure fu la più importante colonia greca sul litorale pontico e ancor più fiorente in epoca medievale, quando una carovaniera di intenso traffico la univa alla Persia. Tra le città più popolose è Adana, nella fertile pianura del Seyhan, a breve distanza dal mare; è una città “nuova”, sviluppatasi con la valorizzazione cotoniera della regione: nel 1955 contava 177.000 ab., nel 2013 1.645.965 ab. Città importanti dell'interno, di antica origine e di grande interesse artistico (oggi anche turistico), sono Bursa, posta ai piedi dell'Uludağ, per qualche tempo capitale degli Osmanli, e Konya, alle propaggini settentrionali del Tauro centrale, estremamente suggestiva per gli splendidi monumenti che ne fanno la più “orientale” città dell'Anatolia, di cui fu in passato grande nodo carovaniero. Altre città di ruolo primario sono i nodi di comunicazione di Kayseri, l'antica Cesarea, Sivas, localizzata sulla ferrovia che unisce l'Anatolia orientale ad Ankara, Erzurum, massimo centro della Turchia orientale, situata a ben 1950 m nel cuore dell'Armenia turca, favorita per i traffici con i Paesi del Caucaso, la Russia e l'Iran; infine sulla facciata siromesopotamica, ai piedi del Tauro Orientale Esterno, i principali centri sono Diyarbakır e Gaziantep, con un'agricoltura assai fiorente.

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Cultura: generalità

Gli ultimi decenni del Novecento hanno segnato per la Turchia una curiosa parabola, nella quale si sono compiute sia la straordinaria avventura nella modernità e nel laicismo avviata già da Muṣṭafâ Kemâl Atatürk, sia una sorta di riconversione ai valori dell'islamismo più tradizionale. La cultura turca vive di due anime spesso indistinguibili, una più affine spiritualmente ai valori condivisi della tradizione occidentale, una più radicata nella storia di un popolo che per la grande maggioranza vive ancora in distretti rurali isolati e che ha scoperto di poter uscire dalle tradizioni orali solo quando la riforma ortografica degli anni Venti ha dotato anche la lingua turca di un alfabeto di origine latina. Fino alla riforma di Atatürk infatti la cultura turca, e con essa la letteratura, le leggende, il teatro e i canti tradizionali, o erano trasmessi utilizzando l'alfabeto arabo, conosciuto da una ristretta minoranza, o erano diffusi solo oralmente ed erano quindi molto legati all'identità delle comunità agricole o pastorali. La letteratura turca ha scoperto di avere un pubblico di lettori di una certa consistenza solo nel Novecento, con la diffusione dell'alfabetizzazione, ed è stata inoltre spesso legata o a temi riformistici e sociali, o a temi tradizionali epici e leggendari. Né la relativa censura imposta dal regime kemalista ha aiutato teatro, poesia e narrativa ad affrontare temi e sensibilità in sintonia con analoghe manifestazioni della cultura europea e occidentale. La cultura turca è quindi uscita da un certo isolamento internazionale verso gli anni Ottanta del Novecento, momento nel quale si sono imposte sulla scena europea sia la cinematografia sia la letteratura di una “nuova” Turchia; negli ultimi anni, tuttavia, molti intellettuali turchi di prestigio, poco inclini a condividere l'impronta religiosa del governo, hanno confermato la propria scelta di vivere in altri Paesi europei, come Francia, Inghilterra o la stessa Italia. Per questo motivo, molte delle figure di spicco della cultura turca, dall'arte alla letteratura, dal cinema alla danza, sono stabilmente trapiantate in altre realtà nazionali, pur mantenendo un rapporto costante con la patria delle origini. L'attenzione internazionale di cui ha iniziato a godere la Turchia verso la fine del Novecento si è tradotta anche nell'opera dell'UNESCO a salvaguardia di alcuni dei maggiori siti archeologici della Turchia - 13 -, nominati Patrimonio Mondiale dell'Umanità, tra i quali devono essere citati almeno l'intera area storica di İstanbul (dal 1985), le maestose sculture nella roccia viva del Nemrut Dağ (1987) il sito archeologico dell'antica Troia (1998) e la severa moschea medievale di Divriği, in Anatolia (1985). ), il paesaggio culturale della fortezza di Diyarbakir e dei giardini di Hevsel (2015) e le rovine di Efeso (2015). La Turchia degli ultimi anni, tra la fine del kemalismo e l'avvento di un governo filoislamico, ha visto la nascita di una certa contrapposizione ideologica all'interno dei centri di elaborazione culturale come le università: anche in sedi di vocazione europea come le Università di Ankara (Bilkent University) e di İstanbul (Bogazici University), si sono creati gruppi di studenti più legati ai valori islamici o aperti al collegamento con le popolazioni turcofone dell'Asia centrale. Le più prestigiose università sono quelle di İstanbul (sec. XV), del Bosforo a İstanbul (1863), dell'Egeo a Smirne (1955), di Ankara (1946), Adana (1973), Konya (1975), Bursa (1975), Kayseri (1978). Molto quotate sono anche le Università Tecniche del Medio Oriente di Ankara (1956) e di İstanbul (1773).


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Cultura: tradizioni



Per quanto la rete delle infrastrutture sia notevolmente migliorata negli ultimi decenni del Novecento, una grande maggioranza della popolazione turca vive in villaggi agricoli spesso pressoché isolati, dove il peso delle tradizioni comunitarie incide molto sulla vita dei singoli individui, nonostante un sempre più aspro conflitto con le suggestioni “occidentali” indotte per esempio dalla diffusione delle antenne paraboliche e dell'uso del satellite.

E se nelle città sono evidenti gli influssi europei, nei villaggi il tempo sembra fermo da secoli e si continua a vivere secondo le tradizioni patriarcali. Il köy (villaggio) il cui capo è il muha, è quasi sempre composto di case d'argilla col tetto piatto coperto di strame.

Gli edifici, abitati da contadini e pastori, vanno da un minimo di 20 a un massimo di 100 e sono costituiti da una grande stanza, detta buyuk, e da un atrio, o sofa. Nella forma architettonica più arcaica non hanno finestre e la luce entra dalla porta o da un grande foro del tetto. Abbastanza rare le costruzioni a due piani. In ogni villaggio c'è la moschea con il minareto.

Il matrimonio è sempre un tema da affrontare tra parenti. Il banchetto di nozze avviene nella casa dello sposo, non in presenza degli sposi. La festa continua poi nella casa della sposa dove lo sposo verrà condotto solo la sera, dopo le nozze, e il celebrante congiungerà le mani dei due giovani prima di lasciarli soli.

In Turchia i bambini sono molto amati; al quinto anno i maschietti vengono circoncisi, normalmente dopo la trebbiatura del grano. I turchi non hanno il culto dei morti e i cimiteri sono in genere poveri e piuttosto semplici.

Nei villaggi dell'interno, o nelle classi sociali meno esposte all'influsso della cultura cittadina, le donne portano ancora un'ampia camicia e pantaloni stretti alla caviglia e non di rado si coprono il volto. Gli uomini vestono di solito all'occidentale. La diffusione di un islamismo più tradizionale ha reintrodotto anche in città, a tutti livelli, un codice di abbigliamento più rigido, che per le donne comporta un fazzoletto sul capo e un ampio impermeabile di colore tenue a coprire il resto degli indumenti.

Nell'artigianato spicca la lavorazione di tappeti, del cuoio e dei metalli. In città e nei villaggi gli uomini amano ritrovarsi nei kahve (caffè), spesso vecchi di secoli, come le moschee. Nei kahve, dove il caffè si prende come un rito, si gioca a tavla, specie di dama con tavolette e pedine. In genere però si chiacchiera e anche l'uso di fumare il narghilè va sparendo, così come la tradizione dell'hammam, il cosiddetto bagno turco, poiché il miglioramento delle condizioni economiche generali ha portato alla diffusione dei bagni nelle abitazioni di quasi tutto il Paese, soprattutto nelle città; l'hammam resta come luogo rituale per particolari esigenze legate al culto, o come istituzione legata al flusso turistico. § La cucina turca è sobria, addirittura povera nelle zone agricole o nell'interno più montuoso. Alla base dell'alimentazione vi sono riso, pomodori e peperoni e il montone.

Famosi lo y-ahni, stufato di montone, il kehap, arrosto di montone, il bobrek, rognone arrosto. Molti i dolci, a base di mandorle, miele e sesamo: i più famosi sono i baklava, triangoli di pasta sfoglia riempiti di noci tritate o di pistacchi, e coperti di uno sciroppo di zucchero e miele; i lukum, cubetti di gelatina al miele aromatizzata alla rosa o farcita di pistacchi; la halva, una pasta di semi di sesamo e miele. Tra le bevande diffuso il raks, liquore bianco e mucillaginoso.

Il vino è ottimo, la produzione è in buona parte destinata ai ristoranti cittadini da occidentali, per rispetto al divieto islamico di consumare bevande alcoliche. La più grande tra le feste turche è quella che conclude il Ramadan, il rituale mese di digiuno, con tre giorni di banchetti (la cosiddetta Festa dello zucchero). Il 22 marzo si celebra il primo giorno dell'anno musulmano.

Il divertimento più diffuso è la lotta, che non è solo sport ma anche spettacolo, praticata dappertutto, in città e in campagna. I lottatori prima di battersi si ungono il corpo con lo yaglt (grasso) e sull'esito degli incontri fioriscono le scommesse.

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Cultura: letteratura


Il panorama letterario della Turchia è dominato da scrittori di tendenze politiche e letterarie diverse: Yakup Kadri Karaosmanoğlu (1889-1974), un maestro del romanzo d'ambiente, la scrittrice Khalide Edip Adïvar (1883-1964), che ha affrontato nelle sue opere problemi psicologici e sociali, in particolare quello dell'emancipazione femminile, il poeta sociale Mehmed Akif (1873-1936), il neoclassico Kemāl Beyatli (1884-1958), il simbolista Ahmet Haṣim (1885-1933) e il saggista Refik Halid Karay (1888-1965), maestro di humour e di satira politica. Su tutti spicca la potente personalità di Ziyā Gök Alp(1875-1924), teorico del nazionalismo turco.

Insieme al novelliere Ömer Seyfeddin (1884-1920), Gök Alp promosse l'emancipazione della lingua turca dall'influenza straniera e incoraggiò l'uso del turco parlato nelle opere di narrativa e un ritorno alle antiche forme e agli antichi metri turchi in poesia.

Questo indirizzo fu seguito da molti scrittori tra i quali emergono il poeta romantico Nafiz Camlibel (1898-1975), il romanziere Rešād Nūrī Güntekin (1889-1956), il grande poeta marxista Nazım Hikmet (1902-1963), autore di un'opera poetica d'avanguardia nelle forme (adottò per primo il verso libero) e nel contenuto decisamente rivoluzionario.

La letteratura turca degli anni Cinquanta e Sessanta del sec. XX testimonia una presa di coscienza senza precedenti della realtà politico-sociale. Anzitutto la fine dell'egemonia assoluta di İstanbul nella vita culturale; quindi la presa di coscienza dei gravissimi problemi da affrontare e risolvere con urgenza.

Nasce la cosiddetta “letteratura di villaggio”, che vede numerosi scrittori dedicare le proprie energie alla denuncia dei problemi connessi con la migrazione interna, con il fenomeno dell'inurbazione, dell'industrializzazione, della riforma fondiaria. Tra gli autori ricordiamo: Ilhan Tarus (1907-1967), Kemal Tahir (1910-1973), Kemal Bilbasar (1910-1983), Orhan Kemal (1914-1970), Talip Apaydïn (n. 1926), Fakir Baykurt (1929-1999) e, su tutti, Yasar Kemal (n. 1922), i cui romanzi, tradotti in numerose lingue, ricostruiscono un affascinante affresco delle affabulazioni e delle leggende della Turchia di un tempo.

Fra le scrittrici più impegnate ricordiamo Füruzan (n. 1935) e Latife Tekin (n. 1957), autrice di un toccante romanzo dedicato alla posizione delle donne nella società turca, rurale e tradizionalista, Cara spudorata morte, un'opera prima che in Turchia ha aperto alla sua comparsa (1983) un appassionato dibattito.

Il successo internazionale di recente ha posto in luce soprattutto autori come il raffinato Orhan Pamuk (n. 1952), uno scrittore mai amato né dai militari eredi di Kemal né dagli attuali governanti di stampo islamico, processato per aver alluso al massacro degli armeni nel romanzo Neve (2004), o come il visionario Nedim Gürsel (n. 1951), autore di Ritorno ai Balcani, da decenni trasferitosi a Parigi, i quali proseguono la ricerca già avviata dal più anziano Yasar Kemal, sottolineando le contraddizioni e i limiti della società turca sospesa tra Islam e decenni di autoritarismo militare.

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Cultura: archeologia

Nella Turchia europea, İstanbul conserva non molti resti della città fondata da Costantino (Costantinopoli) e della più antica città greca e poi romana (Bisanzio). Eccezionalmente ampio e complesso è invece il quadro archeologico dell'Anatolia, ponte di passaggio e punto di incontro delle civiltà d'Asia e d'Europa.

Una delle più antiche città del mondo è Çatal-Hüyük, con case sovrapposte di mattoni di fango accessibili da aperture praticate nei tetti e numerosi santuari (forse 6000 a. C.). Del periodo preittita sono, tra l'altro, le colonie commerciali assire di Cappadocia del 1950-1750 a. C. ca. (Kültepe, antica Kanis, Acemhöyük a N di Aksaray, antica Burušhanda ecc.), il primo palazzo di Beycesultan, gli strati più antichi di Karahüyük presso Konya, di Boǧazkale e di altri centri archeologici, l'elegante ceramica policroma di Alishar II (Alishar Hüyük), le tombe reali di Alaca Hüyük. L'architettura e la scultura degli Ittiti (1700-1200 a. C. ca.) sono testimoniate da diverse località dell'Anatolia centrale, e anzitutto dagli imponenti avanzi di Boǧazkale (enormi mura con porte ornate, palazzo reale, templi), dal vicino santuario rupestre di Yazııaya, con grandi bassorilievi di divinità e re ittiti, dal nuovo insediamento di Alaca Hüyük (mura, porta delle Sfingi). L'arte detta neoittita o siroittita che seguì, nei primi secoli del I millennio a. C., la fine dell'Impero ittita, è attestata invece nella Turchia sudorientale a Zincirli (antica Sam'al), Sakçagözü, Karatepe, Malatya (Arslantepe) e soprattutto Karkemis, i cui complessi monumentali e i cui rilievi mostrano il susseguirsi dei diversi stili, da quello ittita a quello assirizzante. Di origine ittita è anche il castello nero di Afyon.

Nella Turchia orientale sono anche centri archeologici della civiltà dell'Urartu (sec. IX-VI a. C.), famosa per la sua produzione metallurgica, soprattutto nella regione del lago di Van (Toprak-Kale, Tilkitepe, Çavustepe) e ad Altintepe. Il popolo dei Frigi ha lasciato numerose testimonianze archeologiche che giungono sino al sec. VI a. C.: caratteristici i santuari rupestri con facciate scolpite e i tumuli sepolcrali con ricca suppellettile, nonché le ceramiche vicine a quelle greche contemporanee.

Di particolare interesse sono gli scavi della capitale Gordio (mura, edifici della città, necropoli nella valle del Sakarya con la tomba detta di Mida della fine del sec. VIII a. C.); tra le altre località con ritrovamenti frigi sono Küyükkale (la cittadella di Boǧazkale), Alishar, Yalincak e Gawurkalesi presso Ankara, la cosiddetta Città di Mida, Pazarli, Topakli presso Kayseri, nonché il santuario di Aslankaya presso Afyon. Con i Frigi l'Anatolia, che prima guardava soprattutto a Oriente, si rivolse alla cultura greca, che in Asia era portata dalle già numerose colonie greche della costa. Ancor più vicina all'arte greca fu l'arte della Licia, il cui centro archeologico più importante è Xanto (monumenti più antichi dell'acropoli, tombe). Lo stesso può dirsi dell'arte della Lidia, nota soprattutto dagli scavi della capitale Sardi (edifici, necropoli di Bin Tepe con tomba del re Aliatte).

Il dominio persiano ha lasciato resti soprattutto a Gordio e a Sardi; gli oggetti d'arte minore appaiono lavorati nello stile detto “greco-persiano”. Nell'Anatolia occidentale il più antico insediamento urbano di Troia (Troia I) risale agli inizi del III millennio a. C. I centri archeologici più importanti sono le numerose colonie greche della costa dell'Egeo, in gran parte posteriori all'invasione dorica, anche se non mancano insediamenti micenei a Mileto e in altre località.

Le città greche dell'Asia Minore parteciparono allo sviluppo dell'arte greca con ricchezza di manifestazioni e con apporti originali; l'arte greco-orientale è caratterizzata essenzialmente dal gusto decorativo. Nelle città ioniche della costa egea l'ordine chiamato appunto “ionico” fu fissato nei suoi canoni in costruzioni grandiose (Artemision di Efeso del sec. VI a. C.) molto prima che in Grecia. Greco-orientali sono anche il capitello eolico, i sarcofagi dipinti di Clazomene e, in genere, le sepolture in sarcofagi (heròon).

In età ellenistica alcune città conobbero nuovo sviluppo, altre furono fondate anche nell'Anatolia interna e le loro rovine costituiscono spesso esempi notevolissimi di urbanistica e architettura ellenistica. Di eccezionale interesse sono gli scavi di Pergamo, disposta come altre città ellenistiche su varie terrazze dalla città bassa all'acropoli; di Efeso, con le sue imponenti rovine greche e romane e i suoi ricordi paleocristiani; di Mileto, con gli importanti monumenti dei suoi quartieri urbani e il santuario di Apollo a Didime; di Priene, con la sua perfetta disposizione a scacchiera e il tempio di Atena Poliade.

Smirne conserva nel suo abitato moderno l'agorá della città ellenistico-romana e a Bayrakli gli avanzi della più antica Smyrna (resti soprattutto dei sec. VII e VI a. C.). Di notevole interesse archeologico sul litorale egeo sono anche Assos (tempio del sec. VI a. C.), Larissa sull'Ermo (palazzi del sec. VI a. C. con chiari influssi orientali), Mirina (necropoli con statuette fittili ellenistiche), Clazomene (sarcofagi fittili dipinti dei sec. VI-V a. C.), Cnido (nota per il suo santuario di Afrodite) e inoltre Colofone, Magnesia al Meandro, Eraclea Al Latmo, Iaso, Alicarnasso.

Più a S Xanto conserva monumenti sia dei sec. V e IV a. C. sia di età ellenistica e quindi romana e paleocristiana. Sulle coste del Mediterraneo orientale si possono ricordare Telmesso, con la sua necropoli rupestre licia, Antalya, con notevoli monumenti romani, Side (agorá, strada colonnata, grande teatro), Perge, con impianto urbanistico determinato in età romana dall'incrocio di due strade colonnate, e Aspendo, col suo grandioso teatro romano; più a Oriente è Tarso in Cilicia, presso la quale sono notevoli avanzi ittiti; lungo la costa del Mar Nero, Sinope. Di molte città antiche della Caria restano anche importanti avanzi romani (Afrodisia, Alabanda, Tralle). Anche Sardi nella Lidia ebbe nuovo sviluppo in età romana (monumenti romani e cristiani).

Nella Frigia monumenti conservano Aizani (tempio di Zeus, stadio, teatro), Ierapoli e Laodicea, che furono anche sedi di comunità cristiane. Nella Pisidia, Termesso, costruita a 1000 m di altezza con impianto a terrazze di tipo pergameno, e l'analoga Sagalasso, col suo teatro romano, sono interessanti esempi di grandi città montane. Ankara, la romana Ancyra, ha terme grandiose e il tempio di Roma e Augusto, famoso per il Monumentum Ancyranum inciso sulle sue pareti.

In territorio turco è anche Antiochia i cui resti testimoniano solo in parte l'eccezionale importanza dell'antica città siriana. Grandioso monumento isolato è il Nemrut dag, santuario-sepolcro di Antioco I di Commagene con statue colossali di divinità greche e persiane.

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Cultura: arte

Fin dal sec. V, con la costituzione dell'Impero Romano d'Oriente, si sviluppò nel territorio dell'attuale Turchia e in particolare a Costantinopoli l'arte che nel tempo verrà a definirsi come bizantina, della quale restano cospicue testimonianze che permettono di tracciarne un profilo storico. Nel sec. V l'arte bizantina, ancora fortemente legata alle tradizioni classiche, ebbe il suo centro maggiore nella corte imperiale, il cui stile aulico si irradiò in tutto l'Impero attraverso il patrocinio concesso dai sovrani alle nuove chiese. Negli edifici che ci restano di quel periodo, accanto alla persistenza di elementi classici, derivati dalle basiliche di età imperiale, si nota l'introduzione di altri di derivazione orientale, particolarmente sassanide: cupole, archi in mattoni, volte a botte senza armatura ecc. Analoghe tendenze si rilevano nella scultura, della quale ci sono pervenute opere di derivazione classica (sarcofago di Sarigüzel) ma anche alcune, come il basamento dell'obelisco di Teodosio a Costantinopoli, che presentano già una disposizione frontale delle figure. Per quanto riguarda il mosaico, le decorazioni pavimentali del palazzo imperiale rivelano l'opera di maestranze ancora vicine ai modi ellenistici, di consumata abilità tecnica. Il sec. VI, e in particolare l'età giustinianea, fu il periodo di maggior splendore artistico per Costantinopoli. Assai intensa la produzione architettonica concentrata nella costruzione di martyria (Santi Sergio e Bacco a Costantinopoli) e di grandi chiese (San Giovanni a Efeso, cruciforme, con grandi cupole; chiesa urbana di Ierapoli). Capolavoro dell'età giustinianea è la basilica di Santa Sofia a Costantinopoli (costruita nel 532 da Antemio di Tralles e Isidoro di Mileto) nella quale si combinano elementi sassanidi (la grande calotta) e classici (rivestimenti marmorei delle pareti). Nel campo della scultura, capitelli (lavorati a trapano) e decorazioni si rifanno alla tradizione classica (notevoli soprattutto i capitelli di Santa Sofia). Rimangono anche alcune interessanti testimonianze della miniatura, di vivo gusto coloristico. Nei sec. VII-VIII, le prolungate guerre e la violenza della lotta iconoclasta si rifletterono pesantemente sull'arte, la cui produzione fu modesta. Pochissime le costruzioni del tempo, mentre la decorazione musiva si limitò a motivi astratti, di gusto geometrico o simbolico (cappella rupestre di Alahan Manastír, chiese di Göreme in Cappadocia, Santa Irene a Costantinopoli). Una sensibile ripresa si verificò nei sec. IX e X, che videro l'affermarsi, nell'architettura, della pianta a croce greca con cupola (chiesa della Madre di Dio a Costantinopoli) e l'introduzione di nuove strutture come il diaconico e il nartece. Le immagini tornarono a essere ammesse nelle chiese, ma le figure furono espresse con un gusto fortemente ieratico e stilizzato (affreschi delle chiese di Göreme). Di minore importanza la pittura su icone, mentre un alto livello raggiunse la miniatura, il cui sviluppo iniziò probabilmente nell'ambito del monastero di Studios. Di grande interesse, nel sec. X, lo sviluppo dell'arte armena, caratterizzata in architettura da chiese in pietra di struttura massiccia e severa, con cupola a cono e rozze decorazioni scultoree. Del periodo degli imperatori Comneni (sec. XI-XII) sono resti di fondazioni, mosaici, ma soprattutto icone e miniature, dalle quali risulta il prevalere del gusto rigido e austero che aveva caratterizzato l'ultima fase del periodo macedone. Nel sec. XII si consolidò in Anatolia il dominio dei Turchi Selgiuchidi, ai quali si devono le prime significative testimonianze dell'arte islamica in Turchia. Sono soprattutto costruzioni militari e religiose (moschee, madrāse) o comunque di interesse pubblico (caravanserragli) a caratterizzare la loro attività edilizia, i cui maggiori esempi si trovano oggi a Konya. Caratteristica selgiuchide è la sostituzione della pietra al mattone, mentre di ispirazione persiana sono i motivi decorativi (portali scolpiti, rivestimenti decorativi in cotto e in ceramica). L'influenza selgiuchide fu sensibile anche nell'arte bizantina dei Paleologhi a İstanbul (palazzo di Costantino). Di particolare importanza la pittura bizantina del sec. XIV, della quale massimo esempio sono gli affreschi e i mosaici del monastero di Chora a Costantinopoli, restaurato nel 1332. L'islamizzazione della Turchia, iniziata dai Selgiuchidi, fu completata nel sec. XV dagli Ottomani. La prima capitale, Bursa, conserva alcuni edifici trecenteschi, tra cui la moschea di Ulu Cami con venti cupole; altre moschee del sec. XIV, caratterizzate dalla pianta a T derivata dalle madrāse di età selgiuchide, si trovano a İznik, Efeso, Mileto. Ben maggiore fu però lo sviluppo artistico nel sec. XV. La tipologia a T si ritrova nella prima grande moschea costruita a Edirne dal sultano Murād II (1435-36). L'influsso selgiuchide è evidente anche nella decorazione, con gli splendidi rivestimenti di ceramica smaltata, azzurra e celeste, dovuti ai cosiddetti Maestri di Tabriz, probabilmente turchi di provenienza iraniana, che influenzarono in modo determinante il successivo sviluppo delle botteghe ceramiche di İznik. Col sec. XVI la moschea di Bāyazīd II indica un ritorno a modi bizantineggianti, con chiari riferimenti a Santa Sofia. Massimo architetto dell'epoca fu Sinān, cui si devono costruzioni di alto livello, quali la splendida moschea di Solimano a Edirne, la Selimiye e la Mihrimah a İstanbul. Di altissimo livello si mantenne l'arte ceramica, cui si devono le splendide decorazioni di molte moschee. Nel sec. XVII altre splendide moschee vennero innalzate a İstanbul, tra cui quella del sultano Ahmed I e quella della Valide, ornata da bellissime ceramiche. Assai meno numerosi gli edifici civili giunti sino a noi, sebbene sia nota l'intensa attività costruttiva dei sec. XVI-XVII in varie parti dell'Impero. Notevoli infine l'artigianato dei metalli, dei tappeti, l'arte miniatoria. Nel sec. XVIII la Turchia si aprì a influssi europei, soprattutto in architettura, dove appaiono evidenti le derivazioni dal gusto barocco e rococò. Degni di menzione sono in particolare le moschee di Nur-u Osmaniye e di Laleli e soprattutto il Topkapı, il palazzo dei sultani, più legato alla tradizione turca; vanno anche citate le numerose, bellissime fontane, molte delle quali sono giunte fino ai nostri giorni (ne esistevano, a İstanbul, 404). A partire dal sec. XIX l'arte turca, pur mantenendo talune sue specifiche caratteristiche, è venuta sempre più inserendosi nel contesto culturale europeo. Le moschee e i palazzi costruiti a İstanbul nell'Ottocento, come la reggia di Dolmabagce, derivano direttamente il loro stile dall'eclettismo di tipo francese. Successivamente il crollo dell'Impero turco e l'avvento della repubblica hanno determinato l'introduzione in Turchia dell'architettura razionale, le cui prime manifestazioni datano al 1930. Degni di menzione alcuni intelligenti piani regolatori, in particolare quello di Bursa, che hanno saputo conciliare l'espansione urbana con la salvaguardia delle caratteristiche ambientali e storiche. Mentre l'arte figurativa degli ultimi due secoli si è mantenuta su livelli modesti, inevitabili in una cultura in cui vige il tradizionale sospetto islamico verso le rappresentazioni figurative, alcune forme di artigianato, come per i tappeti, hanno saputo conservare il proprio tradizionale livello qualitativo (noti soprattutto i tappeti anatolici). L'arte astratta occidentale si è diffusa in Turchia a opera del pittore Sabri Berkel (1907-1993) e dello scultore Hadi Bara (1906-1971). Tra gli esponenti della pittura contemporanea turca ricordiamo Erdal Alantar (n. 1932), Sadan Bezeyis (n. 1926) e Devrim Erbil (n. 1937), con gli scultori Sadi Calik (1917-1984) e Ilhan Koman (1923-1986). Il nome più nuovo dell'arte turca contemporanea è quello del cipriota di parte turca Huseyin Caglayan (n. 1970), artista e stilista che vive a Londra e che ha rappresentato la Turchia alla 51a Biennale di Venezia (2005) con un video che mescola antropologia, geografia e ricerca sull'identità, La presenza assente, protagonista l'attrice inglese Tilda Swinton. Infine, non deve essere dimenticato che il grande amore dell'artigianato turco per i tessuti sontuosi e le forme preziose si è tradotto negli ultimi anni in una crescente presenza degli stilisti turchi tra i nomi più affermati della moda e del design internazionale, come Rifat Ozbek e la giovane Berna Ackasoy.



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Cultura: musica

La civiltà musicale turca s'inserisce nel quadro sostanzialmente unitario della musica del vicino Oriente islamico. Anch'essa si basa su una scala articolata in modo profondamente diverso da quella europea e tale da consentire minime sottigliezze e sfumature melodiche.

Infatti la teoria musicale turca individua all'interno dell'ottava una scala di 24 suoni (derivati dai 24 tasti del principale strumento turco, un liuto chiamato tanbur) e distingue su questa base un centinaio di “modi”. Anche per l'aspetto ritmico sono teorizzate sottili e complesse combinazioni. La musica colta profana è strettamente legata alla tradizione araba. Come in essa è fondamentale un tipo di pezzo strumentale costruito come una suite di sezioni tutte basate sullo stesso maqan, cioè sulla medesima formula melodica, oggetto di processi di variazione. Affini sono anche i principali strumenti.

La musica sacra si articola in tre generi fondamentali: Ilahi, gli inni per i vari mesi dell'anno musulmano, Tevchic (lodi del Profeta), Ayni Cherif, repertorio dei dervisci. Un aspetto singolare del rapporto tra la musica turca e quella europea è costituito dalla popolarità che ebbe in Europa verso la fine del sec. XVIII la musica dei giannizzeri (le guardie del corpo dei sultani), con i suoi caratteristici strumenti a percussione (triangoli, tamburi, cimbali): fu oggetto di imitazione o almeno di allusione da parte di numerosi compositori, tra cui L. van Beethoven e W. A. Mozart. Un genere musicale molto diffuso è il cosiddetto Arabesk, che mescola musica turca e musica araba: è la musica che viene diffusa di solito nei supermercati e sugli autobus.

La musica più ascoltata in Turchia è tuttavia, oggi, il cosiddetto Turkish pop, un mélange imprevedibile di ritmi e strumenti tradizionali, movenze, testi e suggestioni mutuati dal pop internazionale. Le star del Turkish pop, come Tarkan, Mahzar Alanson o gli M.F.O., sono notissime in patria e godono naturalmente di un discreto successo di vendita anche in Paesi nei quali l'emigrazione turca è più sensibile, come la Germania.

Un cantante di Turkish pop particolarmente eclettico è Zülfü Livaneli, cantautore che mescola musica classica turca, pop occidentale e testi “colti” come poesie di L. Aragon e P. Eluard tradotte in turco; ugualmente amata dagli intellettuali la cantante Sezen Aksu, che coniuga l'estrema cantabilità tipica dell'Arabesk alle inquietudini e alle sonorità di un certo rock internazionale.

L'interprete di musica sufi più noto in Turchia è invece Mercan Dede (vero nome Arkin Allen) un artista capace di far rivivere l'antica tradizione dei dervisci fondendola con la ricerca elettronica; più legato alla tradizione è invece Suleyman Erguner, virtuoso di un tipico flauto in legno detto ney ed erede di una dinastia di danzatori e musicisti.

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Cultura: teatro


Sebbene in Turchia prevalga il teatro di tipo occidentale, si cerca di conservare le forme spettacolari tradizionali, del tutto estranee alla tradizione europea. I turchi hanno avuto infatti due generi particolari e importanti che affondano le loro radici nella cultura popolare.

Il primo è l'Orta Oyunu (spettacolo centrale), una sorta di Commedia dell'Arte con lazzi di facile effetto, personaggi fissi e allusioni all'attualità, che veniva recitata, con accompagnamento di musiche e danze, da compagnie professionali. Le rappresentazioni si svolgevano generalmente all'aperto (ma d'inverno anche in taverne o nei palazzi dei ricchi) per un pubblico che contribuiva al mantenimento degli attori con offerte volontarie.

L'altro genere importante è il Karagöz, un teatro d'ombre che prendeva nome dal protagonista delle sue storie e che si diffuse presto in tutto il mondo islamico. Gli spettacoli venivano presentati nei caffè e svolgevano una funzione di commento agli avvenimenti quotidiani per un pubblico esteso a tutte le classi sociali. Si deve allo scrittore Aziz Nesim (1915-1995) il più significativo tentativo di modernizzarlo.

Verso la fine del Settecento, cominciò a farsi sentire l'influenza occidentale: si costruirono teatri sul modello europeo che ospitavano generalmente compagnie straniere di prosa e di lirica, ma che nella seconda metà dell'Ottocento accolsero anche recite in turco (la prima compagnia professionale era però interamente composta di armeni). Ostacolava tra l'altro un'attività drammatica con protagonisti locali la proibizione alle donne di fede islamica di comparire sulla scena.

Con l'avvento della repubblica, mutò notevolmente anche la situazione teatrale: si aprì a İstanbul un teatro municipale affidato alla direzione di Muhsin Ertuğrul, un attore che aveva fatto esperienza in Russia, e con quadri forniti dal Conservatorio nazionale esistente sin dal 1915 e passato alle dirette dipendenze dello Stato nel 1936. Vennero chiamati come consulenti P. Hindemith e C. Ebert e s'inaugurarono corsi per attori, cantanti e suonatori.

L'intervento delle autorità pubbliche contribuì a fare del teatro un elemento di rilievo della vita culturale del Paese.

Le istituzioni maggiori, copiosamente sostenute dallo Stato, sono il Teatro Municipale d'İstanbul, con quattro sale e una compagnia d'opera, e il Teatro di Stato di Ankara, con quattro sale nella capitale, due in provincia, una compagnia d'opera e una di balletto.

I repertori comprendono traduzioni di testi europei e opere di autori nazionali, le repliche sono abbastanza numerose e durano per un paio di mesi in media, i prezzi assai bassi. Tra gli autori teatrali più affermati nella Turchia contemporanea segnaliamo Haldun Taner (1916-1986), Orhan Asena (1921-2001), Necati Cumali (1921-2001) e Turgut Özakman (n. 1930).

Per motivi legati alla lingua e al relativo isolamento della cultura turca, pochi sono gli autori teatrali che abbiano conosciuto un certo successo internazionale: tra questi spicca Bilgesu Erenus (n. 1943), scrittrice e cantante impegnata ed eclettica, nota per i suoi drammi a sfondo sociale o ispirati alle tematiche legate all'emigrazione turca in Europa.

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Cultura: danza


Nel 1947 è stata fondata a İstanbul una scuola nazionale di balletto, trasferita ad Ankara nel 1950. Una seconda scuola è stata fondata sempre a İstanbul nel 1970.

Sia l'attività didattica sia quella ballettistica sono state in un primo momento largamente influenzate dalla moderna tradizione britannica, con più recenti aperture al repertorio internazionale, compatibilmente con la situazione politica del Paese.

Il primo coreografo turco di alto livello è stato certamente Sait Sokmen (n. 1942), che tornato in patria dopo un lungo soggiorno a New York presso la scuola di Balanchine ha aperto la strada al balletto contemporaneo, cercando di amalgamare temi leggendari e tradizionali a una struttura coreografica ispirata alla modernità occidentale (Kurban, Il sacrificio, 1976).

Le tre coreografe e danzatrici più carismatiche degli ultimi decenni sono certamente Duygu Ayka (n. 1948), Aydın Teker (n. 1958) e la potente Geyvan McMillen (n. 1952), che hanno saputo introdurre in Turchia non solo il lavoro delle più importanti compagnie internazionali, da Martha Graham a Leonide Massine, ma anche le recenti suggestioni del teatro-danza europeo.

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