IL FARO DEI SOGNI

Indonesia

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view post Posted on 23/1/2018, 17:33     Top   Dislike
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L'Indonesia, conosciuto ufficialmente come Repubblica di Indonesia, è uno Stato del sud-est asiatico. Composto da 17 507 isole, è il più grande Stato-arcipelago del mondo. Con una popolazione di 255.461.700 abitanti è il quarto Paese più popoloso del mondo dopo la Cina, l'India e gli Stati Uniti e prima del Brasile, e il più popoloso paese a maggioranza musulmana.



Indonesia: documentario di viaggio (1a parte)



Video



L'Indonesia è una repubblica democratica presidenziale. La capitale nazionale è la città di Giacarta. Le frontiere terrestri del paese sono con Malesia nell'isola del Borneo, con Papua Nuova Guinea nell'isola di Nuova Guinea e con Timor Est nell'isola di Timor. Altri paesi vicini sono Singapore, Filippine, Australia ed India (isole Andamane e Nicobare).



Indonesia: documentario di viaggio (2a parte)



Video



L'interesse commerciale verso la regione dell'arcipelago indonesiano risale almeno al VII secolo, quando il Regno Srivijaya già commerciava con la Cina e l'India. I sovrani locali adottarono gradualmente dall'India il modello culturale, religioso e politico fin dai primi secoli dopo Cristo, con la fioritura di regni indù e buddhisti. La storia indonesiana è stata influenzata dalle potenze straniere, interessate alle grandi risorse naturali che poteva offrire questa terra.

L'Islam fu introdotto dai mercanti stranieri. Le potenze europee combatterono l'un l'altra al fine di monopolizzare il commercio delle isole della Sonda e delle Molucche durante l'Età delle Scoperte. Dopo tre secoli e mezzo di colonialismo olandese, l'Indonesia si assicurò la propria indipendenza dopo la Seconda guerra mondiale. La storia recente dell'arcipelago si è subito dimostrata turbolenta, con sfide poste da calamità naturali, dal problema del separatismo, dal processo di democratizzazione, e dai periodi di rapido mutamento economico.



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Attraverso le sue numerose isole, l'Indonesia si compone di svariati gruppi etnici, linguistici, religiosi. Quello giavanese è il gruppo etnico più numeroso e dominante.

Come stato unitario e nazione, l'Indonesia ha sviluppato un'identità condivisa basata su una lingua nazionale, una diversità etnica, un pluralismo religioso all'interno di una popolazione a maggioranza musulmana, e una storia di colonialismo e di ribellione ad esso.

Il motto nazionale indonesiano, che si trova sorretto dalla leggendaria Garuda, ossia l'aquila mitologica che ne orna il blasone, è emblematico in questo senso: Bhinneka tunggal ika ("Uniti nelle diversità", letteralmente "Molti, ma uno"). Tuttavia le tensioni settarie e il separatismo hanno portato a scontri violenti che hanno talvolta compromesso la stabilità politica ed economica.

L'Indonesia è un paese di contrasti: possiede vaste aree disabitate e selvagge, che sostengono una delle maggiori biodiversità del pianeta, e isole densamente popolate (la sola Giava conta 114 milioni di abitanti). Grandi sono le risorse naturali, in parte non ancora sviluppate, ma la povertà, all'inizio del secolo XXI, è ancora una realtà per vastissime fasce della popolazione.



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Storia

Sotto l'influenza dell'Induismo e del Buddhismo, numerosi regni si formarono sulle isole di Sumatra e Giava dal VII al XIV secolo. L'arrivo di mercanti arabi, provenienti dal Gujarat (India), portò alla diffusione dell'Islam, che divenne la religione predominante.

A partire dal 1602, gli olandesi si stabilirono lentamente nell'attuale Indonesia, sfruttando il frazionamento in piccoli regni, in breve le Indie Orientali Olandesi divennero uno dei possedimenti coloniali più ricchi del mondo, grazie al commercio delle spezie.

I Paesi Bassi governarono l'Indonesia fino alla seconda guerra mondiale, prima come colonia fino allora sotto il controllo della Compagnia Olandese delle Indie Orientali, poi, dal XVII secolo direttamente alle dipendenze del governo olandese.

Fra le due guerre mondiali si sviluppò un movimento di indipendenza indonesiano, che aveva come capi studenti e giovani professionisti, molti dei quali vennero imprigionati per le loro attività politiche.

Nel 1824 il trattato anglo-olandese divide i territori indonesiani tra Malesia e Indonesia



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Durante il secondo conflitto mondiale, con i Paesi Bassi occupati dalla Germania, il Giappone invase la colonia e organizzò un comitato provvisorio con a capo il leader indipendentista Sukarno, Mohammad Hatta e Kyai. Nel marzo del 1945, il Giappone organizzò un comitato indonesiano per l'indipendenza. Il 17 agosto, nel contesto della guerra d'indipendenza indonesiana, Sukarno proclamò l'indipendenza e, il 17 dicembre 1949, dopo 4 anni di guerra e trattative la regina Giuliana d'Olanda riconobbe l'indipendenza della colonia, il primo presidente fu Sukarno, e Mohammad Hatta il suo vice.

Negli anni sessanta ci furono scontri armati con la Malesia e gravi difficoltà economiche. Nel 1962 all'Indonesia venne annessa la Nuova Guinea occidentale, che era rimasta sino ad allora colonia olandese, assegnandole il nome di Irian Jaya. Nel 1965, col sostegno degli Stati Uniti, salì al potere il generale Suharto, che purgò le forze armate e il parlamento di tutti gli elementi filo-Sukarno e i membri del Partito comunista indonesiano, sciolse i sindacati e ridusse la libertà di stampa, uccidendo nel processo tra 500 000 e più di un milione di persone, per la maggioranza contadini poveri, comunisti e loro simpatizzanti.

Nei 32 anni al potere Suharto incoraggiò gli investimenti esteri che produssero una crescita economica del paese, ma si arricchì anche personalmente e favorì i familiari anche grazie a una diffusa corruzione. Nel 1998, dopo grandi proteste popolari ed a causa di una crisi finanziaria, fu costretto alle dimissioni.



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Fra il 1998 e il 2001, l'Indonesia ha avuto tre presidenti: Jusuf Habibie, Abdurrahman Wahid e Megawati Sukarnoputri. Nel 2004 le elezioni furono vinte da Susilo Bambang Yudhoyono.

Nel 2002, dopo 24 anni di occupazione indonesiana e tre di amministrazione ONU, Timor Est diventa indipendente. Anche altre regioni rivendicano l'indipendenza, in particolare Aceh (nord di Sumatra) e Papua, la sezione indonesiana dell'isola di Nuova Guinea.
Panorama di Bali

Il 12 ottobre 2002, nell'isola di Bali, un attentato suicida contro dei locali turistici, frequentati, principalmente, da turisti occidentali, ha provocato la morte di 202 persone.

Il 26 dicembre 2004, la costa occidentale dell'isola di Sumatra, tra cui, in particolare, la provincia di Aceh, è stata prima colpita e devastata da un immane terremoto, che ha raggiunto magnitudo 9, e successivamente spazzata da un imponente tsunami che ha provocato onde di risalita sulle coste alte, in alcuni punti, 25 m, rendendo quest'area la più devastata dal Maremoto dell'Oceano Indiano, con più di 200 000 morti.



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Geografia

L'Indonesia è costituita da 17 508 isole, circa 7 000 delle quali abitate.[4] Esse sono disseminate su entrambi i lati dell'equatore. Le cinque isole maggiori sono Giava, Sumatra, Kalimantan (la parte indonesiana del Borneo), Nuova Guinea (in comune con Papua Nuova Guinea) e Sulawesi.

L'Indonesia è considerata un paese transcontinentale, appartenente all'Asia e all'Oceania, in quanto ha isole che si trovano ai due lati della linea di Wallace.

L'Indonesia presenta frontiere terrestri con Malesia sull'isola del Borneo, Papua Nuova Guinea sull'isola di Nuova Guinea, Timor Est sull'isola di Timor. Indonesia è prossima ai confini di Singapore, Malesia, Filippine a nord e Australia a sud. La capitale, Giakarta, è situata sull'isola di Giava ed è la più grande città dello Stato, la seguono Surabaya, Bandung, Medan e Semarang.[5]

Con una superficie di 1 919 440 km² l'Indonesia è il sedicesimo paese del mondo per estensione.[6] La sua densità media è di 134 persone per chilometro quadrato, 79ª nel mondo,[7] anche se sull'isola di Giava, la più popolosa dell'arcipelago,[8] si toccano le 940 persone per chilometro quadrato. Con 5 030 m sul livello del mare, Puncak Jaya sull'isola di Nuova Guinea è la più alta montagna del paese (e dell'intero continente dell'Oceania a cui l'isola geograficamente appartiene), e il lago Toba a Sumatra è il lago più grande con una superficie di 1 145 km². I fiumi più lunghi sono nel Kalimantan (parte indonesiana dell'isola del Borneo), e comprendono il Mahakam, il Barito e il Kapuas.



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L'Indonesia è posizionata sul bordo di importanti faglie tettoniche, quali la placca pacifica, eurasiatica e australiana che rendono la regione altamente soggetta a fenomeni quali vulcanesimo e terremoti.

L'Indonesia possiede almeno 150 vulcani attivi,[9] compreso il Krakatoa e il Tambora, entrambi famosi per la loro devastanti eruzioni nel XIX secolo. L'eruzione del supervulcano Toba, circa 70 000 anni fa, fu una delle più grandi eruzioni mai verificatesi, e una catastrofe globale. Fra le calamità che hanno colpito il paese nei primi anni del XXI secolo si segnala lo tsunami del 2004 che uccise, secondo le stime, 167 736 persone solo nell'isola di Sumatra,[10] e il terremoto di Yogyakarta nel 2006. Tuttavia la cenere vulcanica è un importante contributo per l'elevata fertilità di moltissimi terreni, ed ha storicamente sostenuto l'alta densità della popolazione di regioni quali quella di Giava e Bali.[11]



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Clima
Situata lungo l'equatore, l'Indonesia ha un clima tropicale con due distinte stagioni dei monsoni, una umida e l'altra secca. Le precipitazioni medie annue nelle pianure variano dai 1 780 ai 3 175 mm e nelle regioni montuose può arrivare fino ai 6 100 mm. Le zone più piovose sono le aree montane di Sumatra, Giava Occidentale, Kalimantan, Sulawesi e Nuova Guinea; l'umidità si mantiene generalmente elevata, in media circa l'80%. Le temperature variano poco durante tutto l'anno: la temperatura media giornaliera a Giacarta è tra i 26 e i 30 °C.



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Religione

L'Indonesia è il più popoloso paese a maggioranza musulmana del mondo, con quasi l'86,2% della popolazione di fede musulmana secondo il censimento del 2000. Il 5,6% della popolazione è protestante, il 3% cattolico, il 1,8% indù, e il 3,4% altro[25]. Il governo riconosce ufficialmente sei religioni (l'Islam, il protestantesimo, il cattolicesimo, l'induismo, il buddhismo e il confucianesimo), ma la libertà religiosa è prevista dalla costituzione indonesiana ed i rapporti tra le comunità religiose sono in genere molto pacifici. Solo negli ultimi anni si è verificata l'insorgenza di forme di fondamentalismo islamico, che, sebbene minoritarie, preoccupano le minoranze religiose per la loro capacità di influire sulle politiche governative. La maggior parte degli indù sono balinesi, e la maggior parte dei buddhisti sono di etnia cinese. Sebbene rappresentino oramai solo delle religioni minoritarie, l'induismo e il buddhismo hanno dato un'importante influenza nella cultura indonesiana. L'Islam venne adottato per la prima volta nel nord dell'isola di Sumatra nel XIII secolo, attraverso l'influenza dei commerci, e divenne la religione dominante del paese nel XVI secolo. La Chiesa cattolica venne introdotta dai colonizzatori e dai missionari portoghesi, e il protestantesimo durante il periodo coloniale olandese (calvinismo e chiesa luterana). Una grande percentuale di cittadini indonesiani pratica una forma meno ortodossa della propria religione, tale forma si basa sui costumi e sulla cultura locale. Nel 2016 inoltre vi erano presenti 477 Congregazioni di Testimoni di Geova per un totale di 26 741 proclamatori.[26]



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Lingue

La lingua nazionale ufficiale è l'indonesiano, ed è universalmente insegnata nelle scuole, ed è parlata da quasi tutta la popolazione. È la lingua degli affari, della politica, dei media nazionali, dell'istruzione, e del mondo accademico. Fu originariamente una lingua franca per la maggior parte della regione, tra cui l'odierna Malesia, ed è quindi strettamente imparentata con il malese. L'indonesiano fu promosso inizialmente dai nazionalisti negli anni venti del secolo XX, e dichiarata lingua ufficiale con l'indipendenza nel 1945. La maggior parte degli indonesiani parla almeno una delle diverse centinaia di lingue locali (bahasa daerah), spesso come prima lingua. Di queste il giavanese è la più parlata, essendo la lingua del principale gruppo etnico.[27] D'altra parte Papua possiede più di 500 lingue e dialetti indigeni in una regione che conta appena 2,7 milioni di persone. Gran parte della popolazione anziana conosce ad un certo livello anche l'olandese.[28]

Nonostante la presenza olandese si sia protratta per circa 350 anni,la lingua olandese non ha alcuno statuto ufficiale[29] e la piccola minoranza che lo può parlare fluentemente è costituita dalle persone più istruite delle generazioni più anziane o dagli impiegati nella professione legale,[30] in quanto alcuni codici sono ancora scritti in olandese.[31]



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Arte
Architettura

In campo architettonico le maggiori influenze sono quelle della tradizione indiana, sebbene siano state molto importanti anche quelle cinesi, arabe ed europee.
Pittura e scultura

La pittura indonesiana è famosa per i dipinti rupestri antichi e preistorici ma anche per pittori di arte moderna come Raden Saleh e Kusuma Affandi.
Letteratura

La più antica fonte scritta in Indonesia è una serie di iscrizioni in sanscrito risalenti al V secolo d.C. Le principali figure indonesiane nella moderna letteratura comprendono: Multatuli, autore olandese che criticò il trattamento degli indonesiani sotto la dominazione coloniale olandese; Muhammad Yamin e Hamka, che influenzarono scrittori e politici del periodo precedente all'indipendenza; e Pramoedya Ananta Toer, il più famoso romanziere.
Musica

La musica tradizionale comprende gamelan e keroncong. Il dangdut è un genere popolare di musica pop contemporanea che richiama l'influenza della musica folk araba, indiana, malese.

Nel corso del XX e XXI secolo si è affermata in campo internazionale la figura della cantante Anggun, nota in particolare per il singolo Snow on the Sahara (1997).



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Cultura

L'Indonesia possiede circa 300 gruppi etnici, ciascuno con proprie peculiarità culturali sviluppate nel corso dei secoli, e influenzate dal contatto con il mondo indiano, arabo, cinese, malese ed europeo. Le danze tradizionali giavanesi e balinesi, ad esempio, contengono aspetti della cultura e della mitologia indù, così come i wayang kulit. Tessuti quali batik, ikat e songket vengono creati in tutto il paese con stili che variano da regione a regione.

Anche la cucina indonesiana varia a seconda dell'area geografica e subisce influenze cinesi, europee, mediorientali e indiane.[56] Il riso è l'alimento base e viene servito con pietanze a base di carne e verdure. Altri ingredienti fondamentali sono spezie (in particolare il chili), latte di cocco, pesce e pollo.[57]

L'industria cinematografica nazionale raggiunse l'apice negli anni ottanta[58] e dominò il cinema in Indonesia prima di diminuire in maniera significativa nei primi anni novanta,[59] ma tra il 2000 e il 2005 il numero di film indonesiani prodotti ogni anno è andato costantemente aumentando.[58] Molti popoli indonesiani hanno radicate tradizioni orali, che aiutano a definire e preservare la loro identità culturale.[60] La libertà di stampa è aumentata notevolmente dopo la caduta del presidente Suharto, che durante il proprio governo teneva sotto controllo i media nazionali, e limitando i mass media stranieri.[61] Il mercato della televisione comprende dieci reti commerciali nazionali e provinciali in concorrenza con la rete pubblica TVRI. In Indonesia si sono segnalati 20 milioni di utenti internet nel 2007.[62] L'accesso alla rete è quindi limitato a una minoranza della popolazione, circa l'8,5%.



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Generalità

Stato dell'Asia formato da ca. 3000 isole che nel loro complesso costituiscono il più vasto arcipelago del mondo, si estende per quasi 5000 km tra l'Oceano Indiano e l'Oceano Pacifico ed è uno degli Stati con la maggior densità di popolazione del pianeta.. Abitata fin dall'antichità, deve le sue origini più propriamente alle migrazioni malesi che popolarono le isole principali dell'arcipelago intorno al 400 a.C., fondando i regni di Giava e Sumatra. Sottoposta, a partire dal Cinquecento, alle dominazioni portoghese, spagnola e soprattutto olandese, l'Indonesia fu contesa per alcuni secoli tra le diverse potenze europee, attratte dalle possibilità commerciali rappresentate dalle isole: presenza di spezie, coltivazioni di caffè, zucchero, caucciù ecc. che coprivano i fabbisogni sempre crescenti dei Paesi d'origine. Alla fine del secondo conflitto mondiale, dopo il raggiungimento della piena sovranità nazionale, ottenuta prima formalmente e poi sostanzialmente a seguito di un acceso conflitto con i Paesi Bassi (strenuamente intenzionati a non perdere il controllo sulle isole e sulle loro ricchezze), l'Indonesia ha intrapreso un cammino caratterizzato da spinte differenti. Da un lato, l'attenzione è stata rivolta al raggiungimento di obiettivi inerenti la crescita e lo sviluppo nazionale, perseguiti attraverso politiche nazionalistiche di controllo delle risorse del Paese (soprattutto il petrolio) e dittatoriali, non esenti da frequenti colpi di Stato militari; dall'altro, riproducendo una politica colonialista ai danni sia delle isole vicine sia di alcune province interne. Qui, di conseguenza, le aspre imposizioni del governo centrale e le offensive armate hanno suscitato cruente rivolte da parte dei movimenti indipendentisti locali, soffocate nel sangue. Nel 2002, dopo 24 anni di occupazione indonesiana e 3 di amministrazione ONU, Timor Est otteneva l'indipendenza; nel 2005 anche il GAM (Movimento per Aceh libera) deponeva le armi dopo aver siglato accordi di pace. Nel nuovo millennio rimanevano aperti i delicati fronti degli attentati terroristici di matrice islamica e il Paese si trovava a fare i conti anche con alcuni disastrosi eventi naturali: lo tsunami, che nel 2004 si abbatteva sull'Asia meridionale causava, solo in Indonesia, centinaia di migliaia di morti, così come gravi danni subiva l'isola di Giava a causa di un terremoto nel 2006.

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Territorio: geografia umana. Dalle origini al XIX secolo

Popolata sin da epoca remotissima (come provano i resti di Pitecantropine, risalenti al Pleistocene inferiore, e di Homo sapiens fossili di varie epoche, ritrovati soprattutto in diverse località di Giava) e posta tra due oceani e due continenti, l'Indonesia fu una delle aree di passaggio obbligato di uomini e culture fin dal Pleistocene medio, quando si saldava ancora con il resto del continente e quando fu probabilmente percorsa e abitata più o meno a lungo da popolazioni di cacciatori australoidi, pigmoidi, veddoidi e successivamente premongolici provenienti (come accadde con le successive ondate migratorie) dalla penisola di Malacca. Di tali popoli rimangono tracce nel Borneo (Punan, Sagai), a Celebes (Toala, Loinang), nelle Molucche (Halmahera), a Flores (Krunesi) e soprattutto nell'Irian Jaya (Papua, Pigmoidi). Assai importanti, tra le molte migrazioni che seguirono, furono, a partire dal Neolitico, quelle dei popoli agricoltori che colonizzarono vaste regioni costiere e valli fluviali, soprattutto a Giava, e che diedero la definitiva impronta al popolamento dell'Indonesia. I più antichi, detti genericamente Paleoindonesiani o Protoindonesiani, erano agricoltori nomadi, derivanti probabilmente dalla fusione di genti premongoliche con altre di tipo veddoide allora diffuse nella penisola indocinese. Questi si estesero nel vasto arcipelago sino alle Filippine disboscando vaste aree, per le necessità della loro primitiva agricoltura, e in parte fondendosi con le popolazioni di cacciatori, in parte respingendole nelle zone più impervie e verso le isole orientali. Gli Indonesiani in senso proprio, detti anche Neoindonesiani e Deuteromalesi, raggiunsero l'Insulindia in epoca storica: affini ai Paleoindonesiani e ai Malesi, si differenziano da questi per alcuni tratti somatici di tipo europoide, dovuti forse a mescolamenti con genti indeuropee. Costoro occuparono le fertili terre disboscate dai Paleoindonesiani che in parte si fusero con loro e in parte si adattarono a vivere nelle regioni montuose o più boscose delle isole, lasciando ai nuovi arrivati Giava e gran parte di Sumatra con le isole più vicine. Gli Indonesiani introdussero più evolute tecniche agricole fondate sulla risicoltura, così come era praticata nella Penisola Indocinese da cui provenivano, trovando in Indonesia adatte condizioni climatiche e pedologiche. In seguito, nelle regioni costiere di Sumatra e nei più grandi villaggi si insediarono comunità di genti della penisola di Malacca (Malesi in senso proprio) ai quali, dal sec. IX, seguirono i cinesi, le cui principali attività erano la navigazione e i commerci. Tra le varie popolazioni non vennero a mancare più o meno marcati miscelamenti etnici e culturali. L'Indonesia, quindi, conta una ventina di principali gruppi etnici (ciascuno in genere con un proprio idioma): gli indonesiani costituiscono la maggioranza della popolazione e prevalgono soprattutto a Giava, Sumatra, Madura, Bali, Flores, Timor, nonché nelle aree intorno ai maggiori centri abitati del Borneo, di Celebes e delle Molucche. I paleoindonesiani costituiscono forti minoranze a Sumatra (batak, gaio) e prevalgono nel Borneo, a Celebes, nelle Molucche (dayak, niassesi, ngagia, toraja, alfuri, ngada, minahasa) e nelle Piccole Isole della Sonda, mentre costituiscono la minoranza nell'Irian Jaya. Infine l'elemento australoide, rappresentato dai Papua, prevale nell'Irian Jaya. La penetrazione indiana ebbe influssi enormi negli ambiti politico, economico, culturale, artistico, religioso, ma non interessò la compagine etnica del Paese; ciò vale anche per gli arabi, la cui religione fu diffusa nell'arcipelago dai malesi, e più tardi per gli europei, che si impadronirono del potere politico ed economico, ma rimasero sempre una trascurabile minoranza etnica. Di un certo rilievo fu invece l'immigrazione dei cinesi, che vivevano in prevalenza nelle città. Sino alla fine del sec. XIX l'altissima mortalità mantenne basso il coefficiente dell'incremento naturale della popolazione; solo nell'ultimo periodo del dominio coloniale gli olandesi consentirono che nuove terre venissero destinate alle colture alimentari per gli indonesiani; questo, unito ai successivi miglioramenti delle condizioni igienico-sanitarie, favorì elevati accrescimenti demografici.

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Territorio: geografia umana

L'Indonesia è il quarto Paese più popolato del mondo (dopo Cina, India e Stati Uniti). La densità di popolazione è particolarmente elevata (130 ab./km²), ma la sua distribuzione continua a essere fortemente squilibrata, nonostante siano state attuate politiche di migrazioni interne per incoraggiare il popolamento verso le aree meno abitate; il problema rimane infatti legato alla frammentarietà del territorio, alla presenza di aree difficilmente coltivabili, all'inefficienza dei trasporti interni, nonché alla resistenza della popolazione ad abbandonare la propria terra e le proprie tradizioni. Nel corso del tempo si sono registrati significativi cambiamenti riguardo al tasso di incremento annuo, che, quasi dimezzato tra gli anni 1980-98, rimane oggi tra i più bassi tra i Paesi dell'ASEAN. In considerazione dell'abbassamento della mortalità negli ultimi trenta anni del Novecento per effetto del miglioramento delle condizioni igieniche e generali di vita, alimentazione e cure sanitarie in primo luogo, la riduzione che si è avuta nel tasso di crescita della popolazione è attribuibile, in larga misura, al successo avuto dalla campagna di pianificazione familiare, che ha inciso profondamente sul tasso di fertilità.

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Cultura: generalità

Bhinneka Tunggal Ika è il motto nazionale dell'Indonesia. Significa “Uniti nella diversità” e rappresenta al meglio le contraddizioni e le molte anime che le appartengono. Il processo di democratizzazione, di apertura e di sviluppo dell'Indonesia, che, avviato alla fine del XX secolo, ha nell'economia il motore principale, si riflette nella vita culturale, sulla quale, storicamente, il primo elemento di influenza è stata la struttura fisica del Paese (è lo Stato insulare più esteso del mondo). Un crocevia di culture, religioni, popoli e civiltà che hanno lasciato tracce del proprio passaggio e hanno contribuito alla stratificazione di credenze, valori, modi di vita tuttora presenti e inseriti in una convivenza mai facile. Testimonianza esemplare di questa commistione sono le meraviglie che l'UNESCO ha iscritto fra i patrimoni dell'umanità: il buddismo nel Complesso di templi di Bārābudur (1991); l'induismo nel Complesso di Prambanan (1991); le origini dell'umanità nell'antichissimo Sito dell'uomo preistorico di Sangiran (1996). ); l'unione tra uomo e natura nel Paesaggio Culturale della Provincia di Bali: il sistema Subak come manifestazione della filosofia Tri Hita Karana (2012). La raccolta e la valorizzazione di un'eredità così intensa è, oggi, onere e onore delle generazioni più giovani, che accolgono gli stimoli dell'arte contemporanea europea, della musica occidentale, del cinema americano, della tecnologia dell'Estremo Oriente e li fanno propri, molto spesso rileggendoli alla luce delle tradizioni in cui sono immersi e da cui non vogliono prescindere. Così come non rinunciano a confrontarsi con l'ingombrante e difficile passato socio-politico recente del Paese e con i retaggi che in ogni ambito ha lasciato. Anche e soprattutto coloro che vivono all'estero, artisti, intellettuali, giornalisti che, espulsi o partiti autonomamente, sperimentano una posizione di avanguardia culturale. Come Semsar Siahaan (1952-2005), pittrice e attivista politica che ha trascorso gli ultimi anni in Canada e che ha rappresentato la componente forse più attiva del rinnovamento in atto, le donne. Arte, cinema, musica, letteratura, beneficiano di una sorta di renaissance di una parte sociale, quella femminile, che più duramente ha subito ingiustizie, indifferenza, passività. Un esempio della sintesi di tradizione, modernità, riscatto sociale è Inul Caratista (n. 1979), cantante e ballerina di dangdut, genere musicale tradizionale adattato alle sonorità del terzo millennio. Il fermento culturale e artistico è, infine, motivo di crescente attrazione per il pubblico internazionale, e maggiormente dal 2004, quando il disastro dello tsunami ha rischiato di compromettere il turismo legato essenzialmente alle bellezze naturali delle isole indonesiane, Giava e Bali su tutte.

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Cultura: tradizioni

Arcipelago ricchissimo di tradizioni, l'Indonesia subì un forte influsso indù a cominciare dal sec. IV d. C. con conseguente trasformazione di riti e costumi, che il successivo influsso islamico, specie del sec. XVI, non riuscì più a mutare radicalmente. Furono poi gli europei (portoghesi, inglesi, olandesi) ad avere peso maggiore nell''evoluzione del costume indigeno. L'Indonesia, come molti altri Paesi dell'area asiatica, manifesta un profondo senso mistico che si accomuna a un gusto sensuale della vita, in cui sono presenti il culto degli antenati e la magia. Il concetto centrale della vita è legato al mana, l'energia che scorre in ogni cosa e che l'uomo deve dominare. Il mana è presente anche in alcuni uomini, sempre però nel sovrano. La fede nel mana era sentita anche dai cacciatori di teste, che nel macabro trofeo vedevano l'accrescimento della propria personale energia e di quella del villaggio. Geni, leggende, miti, divinazioni trovano eco enorme nella vita dell'indonesiano, così come molto sentito è il culto degli antenati. Lo spirito religioso si concretizza nei “mille templi” di Bali, con i tre cortili, l'ultimo dei quali è il più silenzioso, significante il momento di contatto con gli dei, lontano dai rumori della vita e dove gli alberi, esseri sacri, sono inseriti nell'architettura sacra. Concetti indù e divinità locali si sono fusi. A Giava si venera Devi Shri, dea del riso, mistica consorte di Viṣṇu. Agli dei di Bali si offrono riso, frutta e fiori, portati dalle donne che, oltre a occuparsi della coltivazione del riso, fanno ogni altro lavoro. Le feste religiose sono molte in tutta l'Indonesia. Accanto a quelli di ispirazione musulmana permangono riti arcaici. Numerose le celebrazioni nel mese del ramaḍā'n, in cui il giorno è silenzioso e inerte e la notte piena di vita. La più grande festa dell'anno è la fine del digiuno, giorno in cui si scambiano visite e si fanno regali. Riti, sette, magia, misticismo si concentrano intorno alla figura dell'asceta, venerato e amato, servito e accudito dai suoi discepoli a cui in cambio egli dà il proprio insegnamento. Matrimonio, nascita e morte, specie a Bali, sono celebrati con partecipazione corale solenne e sottolineati da canti con contrappunto mimico e da danze. Se sono famose quelle dedicate al matrimonio e alla nascita, particolarmente drammatiche, la danza che celebra la morte possiede una simbologia cupa e rarefatta, affidata in apertura a una bimba. Questa danza precede la fastosa cerimonia della cremazione, in cui le donne indossano i loro sarong più belli per seguire il badé, l'alta e decorata torre funeraria sulla quale è issata la salma da cremare. L'usanza di bruciare le vedove, insieme con il badé e il defunto, è ormai scomparsa. La casa dell'indonesiano è semplice. Ogni famiglia vive nel proprio kampong, isolato e difeso dalla curiosità e dagli spiriti maligni da un muro di terra battuta o di pietre. Come i templi la casa è divisa in tre sezioni. L'artigianato è soprattutto rivolto alla tessitura (batik), all'intreccio, alle armi, alle marionette (wayang). Tra i passatempi vanno segnalati la lotta dei galli, il pentipak, una specie di lotta che assomiglia al judo, e il gebolg, scherma con lance di bambù. Un accenno infine alla cucina, assai simile a quella indocinese. Dominano il riso e la frutta. Tipici della gastronomia nazionale, una qualità di locuste e il blaciang, pesciolini o gamberi macerati nell'acqua e fermentati al sole.

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Cultura: letteratura



La produzione letteraria indonesiana fa capo principalmente a due lingue, quella giavanese e quella malese, sebbene una tradizione scritta sia stata sviluppata anche nelle lingue di Sumatra, Bali, Lombok e Celebes meridionale. L'influenza indiana dei primi secoli d. C. maturò la letteratura indo-giavanese e impresse un indirizzo letterario che fu di rado abbandonato, almeno prima dell'introduzione dell'Islam nell'arcipelago. Le iscrizioni in sanscrito di Borneo e Giava del sec. V d. C. attestano una precoce penetrazione culturale indiana nell'arcipelago, dapprima a seguito di rapporti marittimi e commerciali, più tardi di movimenti di popolazioni arie e dravidiche dal subcontinente indiano verso le isole. Queste popolazioni introdussero, insieme con il brahmanesimo e il buddhismo, le arti e la letteratura indiane che, assimilate dalla cultura giavanese, si diffusero poi su gran parte dell'arcipelago. La letteratura d'influenza indiana, scritta con un alfabeto anch'esso d'origine indiana e in una lingua ricca di prestiti sanscriti, comprende opere cosmologiche, mitologiche, genealogiche e storiche oltre a una trattatistica di argomento vario (lessicografia, giurisprudenza, religione, filosofia morale, erotologia). La favolistica e l'epopea furono ispirate preferibilmente alla materia del Mahābhārata e del Rāmāyana. Intorno ai sec. X-XI le composizioni si resero più libere dai modelli indiani. Del sec. XI è il kakawin intitolato Arjuna-wiwâha. Alcuni rimaneggiamenti poetici dei cicli epici indiani furono composti in kidung. Un'importante storiografia, anche se di tipo eminentemente romanzato e celebrativo, fiorì alla corte del regno di Majapahit fra i sec. XIV-XV. Tra le opere più importanti figura il Desa Warnana (Descrizione del paese), più noto come Nagarakrtagama, di Prapanca e il Pararaton (Il libro dei re) di Tantular, lo scrittore che per primo avanzò l'idea dell'unità nazionale indonesiana, introducendo il motto bhimeka tunggal ika (unità nella diversità), che figura sullo stemma della Repubblica indonesiana. La letteratura formatasi successivamente per influenza islamica fu vasta e multiforme, sebbene per lo più in lingua malese. La produzione giavanese fu meno esposta all'influenza islamica di quanto non lo fu prima a quella indiana, tuttavia l'Islam finì con il compenetrare tutta la cultura dell'Indonesia per un lungo e ininterrotto periodo storico che inizia almeno verso i sec. XIII-XIV. Le aree in cui la cultura islamica pose più profonde radici furono Sumatra, Madura e Celebes meridionale. I primi documenti in scrittura arabo-persiana sono l'iscrizione di Trangganu, del sec. XIV, e una storia di Pasa, scritta fra il 1350 e il 1524. Gran parte della letteratura islamica fu di soggetto religioso, ma anche la letteratura giuridica godette di una posizione preminente, insieme con quella di carattere mistico e propedeutico nella quale figurano autori giavanesi come Josodipuro e Ronggowarsito della corte di Surakarta. Una letteratura di carattere popolare, ma di intendimento devozionale, è costituita dalle versioni giavanesi e malesi di originali persiani o arabi sulla vita e la missione di Maometto, sulle principali figure e vicende del Corano o di asceti musulmani, nonché sui “nove santi” che secondo la tradizione avevano convertito Giava all'Islam. Di influenza islamica anche il genere poetico noto come shair (o syair), che fu usato a partire dal sec. XVI e fu spesso ispirato all'epopea popolare, quale quella legata al ciclo di Panji. In seguito alla colonizzazione olandese l'evoluzione letteraria indonesiana si allineò su forme e generi europei. I primi risultati si sono cominciati, tuttavia, a raccogliere nel sec. XX, specie dopo che nel 1908 fu istituito il Comitato per la letteratura popolare che mise alla portata di vasti strati sociali collane di opere antiche, secondo un programma di diffusione della cultura. Il comitato assunse poi il nome di Balai Pustaka e così fu denominato il primo periodo della letteratura moderna, che ebbe inizio negli anni Venti e fu caratterizzato da una forte influenza minangkabau, provenendo da tale regione di Sumatra gran parte degli autori. La produzione è consistita soprattutto in romanzi, che descrivono il contrasto tra vecchia e nuova generazione (quest'ultima soffocata dalla tradizione, in particolare dal matrimonio imposto dalle famiglie).



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Edited by Robi ro - 23/7/2019, 23:18
 
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Notevoli sono Siti Nurbaya (1922) di Marah Rusli (1889-1968), uno dei romanzi prediletti da generazioni di indonesiani, e Salah Asuhan (1928; Educazione sbagliata) di Abdul Muis (1890-1959). Fra i poeti si distingue l'insigne patriota e uomo politico Muhammad Yamin (1903-1962). Segue il periodo di Pudjangga Baru (Il letterato moderno), titolo della rivista fondata nel 1933 (cessò le pubblicazioni nel 1942, all'inizio dell'occupazione giapponese). Figure di spicco in questo periodo sono Sutan Takdir Alisjahbana (1908-1994) e i fratelli d'origine batacca Sanusi (1905-1968) e Armijn Pane (1908-1970), quest'ultimo insigne narratore di formazione moderna, autore del primo romanzo indonesiano a carattere psicologico, Belenggu (1940; Catene); Sanusi, invece, ispirato soprattutto alla tradizione classica, fu poeta lirico raffinato. Tuttavia il grande poeta di questo periodo, uno dei maggiori dell'intera letteratura indonesiana, fu Amir Hamzah (1911-1946), nobile sumatrano, le cui liriche raccolte in Nyanyi Sunyi (1941; I canti della solitudine) sono ispirate a un profondo misticismo. Del tutto diversa nell'ispirazione, nell'espressione e nel linguaggio scarno ed essenziale, privo di orpelli, è la “generazione del 1945”, frutto delle esperienze e delle sofferenze della seconda guerra mondiale, dell'occupazione giapponese e della lotta per l'indipendenza. I principali esponenti di questa generazione sono Chairil Anwar (1922-1949), poeta espressionista, giudicato come il maggiore dell'intera letteratura indonesiana, e il prosatore Idrus (1921-1979). Nello stesso periodo compare uno dei più notevoli romanzi indonesiani, Atheis (1949; L''ateo), di uno scrittore sudanese, Achdiat Karta Mihardja (n. 1911). Nell'Indonesia indipendente la produzione letteraria si fa sempre più ampia e varia e non resta più appannaggio esclusivo dei sumatrani. Il dotto islamico Hamka (1908-1982) è uno dei pochi narratori d'ispirazione spiccatamente religiosa in un ambiente generalmente laico e occidentalista nei modelli e nello spirito. Fra i tanti autori va citato il giornalista e saggista Mochtar Lubis (n. 1922-2004), autore di bei racconti e di alcuni romanzi altrettanto notevoli, come Jalan Tak Ada Ujung (1952; La strada senza fine), ambientato nell'immediato dopoguerra, quando gli olandesi cercavano di ripristinare il loro dominio coloniale; come ancora Senja di Jakarta (1963; Crepuscolo a Jakarta), quadro fosco e realistico della corruzione e del decadimento morale della capitale nel dopoguerra; Harimau! Harimau! (1975; La tigre! La tigre!), ambientato nella foresta sumatrana, interessante per l'analisi psicologica; infine, il migliore di tutti, Maut dan Cinta (1977; Morte e amore), dedicato alla lotta per l'indipendenza contro gli olandesi.


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Va menzionato inoltre lo scrittore batacco Iwan Smatupang (1928-1970) per aver introdotto un nuovo modo di narrare: quello del Nouveau Roman di Robbe-Grillet e della Sarraute. Particolarmente notevole il suo romanzo Merahnya Merah (1969; Il rosso è rosso). Il giavanese Pramoedya Ananta Toer (n. 1925-2006), con una serie di romanzi storici, prima accolti con grande favore, poi vietati a motivo della lunga militanza comunista dell'autore, si è imposto come narratore di altissimo livello. Infine Pengakuan Pariyem - Dunia Batin Seorang Wanita Jawa (1981; Le confessioni di Pariyem - Il mondo spirituale di una donna di Giava) di Linus Suryadi (n. 1951-1999), è un'opera singolare, originalissima, in prosa ritmata, che ricorda i grandi poemi giavanesi dei sec. XVIII e XIX, veri compendi del sapere tradizionale. La presenza femminile nella moderna narrativa indonesiana è dovuta a un certo numero di apprezzate scrittrici, fra le quali spicca Nh. Dini (n. 1936), delicata e sensibile, con Pada Sebuah Kapal (1973; Su una nave), Namaku Hiroko (1977; Il mio nome è Hiroko) e vari altri romanzi. Nella poesia spiccano W. S. Rendra (n. 1935), di educazione cattolica, poi convertitosi all'islamismo, il protestante Sitor Situmorang (n. 1924) e Ajip Rosidi (n. 1938), anche brillante saggista e narratore. Ayu Utami (n. 1968) fa parte dell'ultima generazione di scrittori indonesiani e nei suoi romanzi resta ancora molto presente, oltre a temi e istanze sociali di diversa natura, il tema della transizione verso la democrazia. Ha scritto Saman (1998), Larung (2001) e Parasit Lajang: Seks, Sketsa, Cerita (The Single Parasit: Sex, Sketches, Stories, 2003). Goenawan Mohamad (n. 1946) poeta, scrittore ed editore, ha fondato il Tempo Magazines, il settimanale più diffuso in Indonesia, chiuso dalle autorità, ma poi tornato alle pubblicazioni. Nei suoi saggi e articoli ha sempre criticato aspramente la condotta dei governi, da Sukarno a Suharto. Leila S. Chudori, altra scrittrice “scomoda”, ha invece pubblicato diverse raccolte di racconti in cui la condizione femminile viene stigmatizzata senza mezzi termini. Putu Wijaya (n. 1944) è fra gli scrittori contemporanei più famosi dell'Indonesia; molto prolifica la sua produzione, composta da romanzi, opere teatrali, sceneggiature. Da ricordare ancora Djenar Maesa Ayu (n. 1973), la cui scrittura sessualmente esplicita sovente diventa metafora di critica aperta: all'ipocrisia diffusa, alla repressione sessuale, all'abuso su donne e minori, alla società in senso lato.


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Cultura: arte

Lo svolgimento dell'arte indonesiana nelle sue diverse manifestazioni appare costantemente caratterizzato da tre componenti fondamentali: la tradizione persistente di culture etnologiche, l'azione trasformatrice svolta dall'arte della cultura Dong Son (che agì in un periodo di sensibili influssi della Cina del tardo Chou) e la determinante influenza esercitata dalla civiltà indiana, da cui l'Indonesia derivò concezioni estetiche e tradizioni stilistiche e iconografiche. Nell'arcipelago indonesiano, durante il I millennio a.C., allo stile monumentale delle culture megalitiche (suddivise nei periodi dei dolmen e delle tombe a lastre litiche) subentrarono lentamente gli stili decorativi curvilinei introdotti con l'arte della cultura Dong Son, la più antica civiltà metallurgica dell'Asia sudorientale, fiorita nello Yunnan e nel Viet Nam settentrionale. Gli stili ornamentali acquisiti dagli indonesiani attraverso questa cultura del Bronzo trovarono possibilità espressive nelle più diverse applicazioni di forme d'arte e di artigianato realizzate in vari luoghi dell'arcipelago (Celebes, Flores, Tanimbar ecc.). Presso altre tribù (Borneo centrale e Flores centrale, per esempio) si svilupparono invece tendenze stilistiche influenzate dall'arte cinese del tardo periodo Chou. Sia gli stili provenienti dalla cultura dongsoniana sia quelli derivati dalla cultura figurativa cinese hanno dato vita in Indonesia a un repertorio di motivi decorativi la cui tradizione è persistita nel tempo con estrema coerenza (i suoi caratteri essenziali sono individuabili tuttora in alcuni prodotti contemporanei dell'arte popolare). Nelle sue più antiche manifestazioni indonesiane la cultura Dong Son è documentata dai famosi tamburi bronzei con motivi geometrici e raffigurazioni incise (un esemplare di grandi dimensioni è stato trovato a Pedjeng ed è noto con il titolo di Luna di Bali) e da asce rituali, di cui originali esempi sono quelle in bronzo, fuse in un unico pezzo, con lama a forma discoidale provenienti dall'isola di Roti. L'evoluzione dell'arte indonesiana si definisce nei primi secoli dell'era cristiana nell'ambito della civiltà indiana (secondo gli stili dell'India orientale e meridionale) che introdusse nell'arcipelago il buddhismo Mahāyāna e il brahmanesimo, ai cui culti i regni di Śailendra e di Mataram dedicarono tra i sec. VIII e X i più importanti monumenti dell'architettura indo-giavanese, che caratterizzano il periodo artistico di Giava centrale. Tra i numerosi monumenti buddhistici costruiti nella piana di Prambanam (Kalasan, Sari, Sewu) e quelli induistici edificati soprattutto sull'altopiano di Dieng (complesso di Arjuna, Dvaravati, Chatotkatja, Bima) importanza particolare assume la gigantesca e complessa struttura del Bārābudur, edificato nella piana di Kedu (sec. IX) e concepito come un enorme stūpa. Lo spostamento del potere politico nei territori orientali dell'isola determinò, dopo un periodo di transizione (sec. X-XII) in cui apparve un nuovo tipo di monumento funerario (piscine funerarie di Jalatunda e di Belahan sul fianco del monte Penanggungan), il periodo artistico di Giava orientale (sec. XII-XV), che segnò un'evoluzione nuova dell'architettura e una rinascenza delle arti in genere (complesso monumentale di Panataran). I resti delle coeve architetture e sculture a Sumatra rivelano la loro affinità con l'arte di Giava (monumenti di Muara Takus e di Padang Lawas). L'architettura dell'induismo assunse forme originali (specie nei templi rupestri) nell'isola di Bali, estremo rifugio della religione indù dopo la penetrazione musulmana a Giava e a Sumatra, dove tuttavia aspetti dell'arte indonesiana trovarono modo di sopravvivere e innestarsi nelle manifestazioni di quella islamica. Più forte appare l'interferenza di elementi della tradizione locale nei successivi sviluppi dell'architettura indù a Bali (monumenti di Bangli, Batur, Besa kin) di cui caratteristici sono i santuari meru (interpretazione architettonica della montagna sacra) costituiti da una cella sormontata da un'alta copertura a elementi sovrapposti (specie di gopuram) e costruiti in legno con rinforzi in muratura. Dopo il sec. XVII la produzione artistica di Bali, di Giava e di altri centri è limitata a manifestazioni delle arti minori. Tra queste si ricorda la raffinata tradizione della lavorazione dei metalli (eccellenti le tecniche della granulazione e della filigrana), specie nella produzione di armi (kris e armi astate da cerimonia). Espressione di alto artigianato artistico sono i vari tipi di marionette wayang; la lavorazione dell'avorio intagliato e scolpito; la tecnica batik per la decorazione tessile; infine, la pittura popolare, praticata soprattutto a Bali. § L'Islam penetrò gradualmente in Indonesia, tramite i commerci e gli scambi culturali, soprattutto dalla regione indiana del Gujarat. A Sumatra si formarono piccoli regni musulmani, uno dei quali, Samudra, raggiunse notevole importanza intorno al 1300. Il regno di Pasei si impose invece nella seconda metà del sec. XIV, prima di cedere a Malacca il ruolo di Stato commerciale più importante dell'Indonesia. Le manifestazioni artistiche musulmane mantennero tuttavia a Giava e nel resto del Paese caratteristiche tipicamente indù. Così il minareto di Kudus e la moschea di Sendang Duwur, entrambi del sec. XVI, conservano elementi architettonici dei monumenti di Giava orientale, anche se scompare la decorazione figurata. Più tardi, molte moschee furono costruite in legno, così come i palazzi reali (kraton), che ci sono pervenuti. § Negli ultimi decenni del Novecento si è assistito al fiorire di un'arte moderna indonesiana che rielabora le tendenze espressioniste, astrattiste e informali occidentali, alla luce della tradizione pittorica locale. Fra gli artisti di maggior originalità sono da ricordare Zaini, Oman Effendi, Rut Mochtar e soprattutto Saptohodojo Kartika e Affandi. L'architettura moderna in Indonesia ha accolto molte delle tendenze proprie del mondo occidentale, senza tuttavia rinunciare, soprattutto negli arredi e nelle atmosfere degli interni, all'eredità della tradizione locale.


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Cultura: teatro

La parte più rilevante dell'attività teatrale si accentra nell'isola di Giava, dove sono rimaste tracce delle influenze buddhistiche e induistiche anche dopo l'islamizzazione. Lo dimostra il più tipico degli spettacoli locali, il wayang kulit (o wayang purva), un teatro di ombre di cui si ha testimonianza scritta fin dalla metà del sec. XI d. C., fatto con sagome di cuoio che portano i nomi dei personaggi dell'epica indiana e ne ripetono, con molte varianti, le avventure. I testi si basano in genere, nonostante gli inserimenti di elementi comici e grotteschi, sul contrasto tra bene e male, con il trionfo del primo e conseguenti ammaestramenti morali per gli spettatori. La rappresentazione, cui generalmente si assegnano funzioni apotropaiche, comincia alle nove di sera e prosegue fino all'alba: il burattinaio, o dalang, si pone dietro uno schermo di tessuto bianco (kelir) illuminato da una lampada di rame (mentre il pubblico prende posto sia dietro sia davanti) e muove le figurine recitando e cantando da solo le parti con l'accompagnamento, fondamentale, di un'orchestra (gamelan). Derivazione del wayang kulit, con più spiccato carattere popolare, è il wayang golek, o teatro delle bambole, fatto recitare da pupazzi a tutto tondo. Oltre al wayang topeng, o teatro delle maschere (che segnò l'apparizione dell'attore in carne e ossa), e ai derivati topeng barongan, o teatro delle maschere vive, e topeng wong, o teatro dell'attore parlante, che a sua volta ha dato origine al recente wayang orang, in cui gli attori, deposta la maschera, hanno accolto in repertorio anche adattamenti di classici del teatro occidentale, importanti sono state in passato le eleganti e raffinatissime danze, riservate agli svaghi delle corti di Solo e di Yogyakarta ed eseguite in genere da concubine dei sovrani. Solo dal 1918, per iniziativa del figlio del sultano di Yogyakarta, esse vengono insegnate anche a chi non fa parte dell'aristocrazia, mentre dal 1963 la tradizione è alimentata da un'Accademia nazionale di danza che ha sede nella stessa città. Tali danze, soprattutto quelle ispirate all'epica del Mahābhārata e del Rāmāyana mostrano evidenti legami con varie forme coreiche dell'India, particolarmente con le danze kathakali. Due sono le principali forme di danza giavanese: quella del tipo bedaja (o bedojo), che sembra derivi da antichissime cerimonie sacrificali animiste e viene eseguita da nove giovani donne tra i 13 e i 25 anni (nel bedojo, che ricorda lo stile indiano bharata natyam, le mudrā sono stilizzate fino a divenire movimenti delle mani decorativi ed estremamente sottili), e quella del tipo serimpi, danzata in perfetto sincronismo da quattro bimbe di sangue reale. L'influenza della cultura giavanese si è estesa fin dal sec. XI a Bali, dove emigrarono in gran numero nobili, sacerdoti e studiosi dopo l'islamizzazione del Quattrocento. Qui questa cultura di lontane origini induistiche ha trovato la sua più suggestiva espressione nel barong, una danza eseguita con maschere animalesche, e nel legong, dove il tema ricorrente della lotta tra il bene e il male si esprime in danze drammatiche ispirate ad antiche leggende e affidate a una tecnica del movimento corporeo che poggia su eccezionali tensioni e deformazioni degli arti. La danza impegna tutto il villaggio: vi prendono parte fanciulle in età tra i sette e i quattordici anni, mentre la musica, che accresce il potere di suggestione dell'esibizione e contribuisce a far ritrovare attraverso il rituale arcane ossessioni, è affidata agli uomini ed eseguita con strumenti a percussione simili a xilofoni. Danze virili sono il baris, danza armata, e il più recente kebyar, danza solistica, interpretazione mimata del gamelan accompagnata da rapidi ed estrosi movimenti di ventaglio.


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Cultura: musica

Gli unici centri dell'Indonesia in cui si sono sviluppate significative tradizioni musicali sono le isole di Giava e di Bali. In entrambe si individua un'armonia impostata su due scale distinte: pelog e slendro, entrambe pentatoniche, ma la prima (“femminile”) presenta una terza maggiore e la seconda (“maschile”) una terza minore. Gli strumenti prevalentemente usati sono idiofoni (gong, metallofoni, xilofoni) e, non essendo nota la modulazione, la costruzione melodica risulta estremamente semplice, mentre grande importanza è attribuita al timbro. Caratteristica comune è anche l'uso sistematico di orchestre (gamelan) con organici abbastanza numerosi e poiché gli strumenti utilizzati hanno suono fisso si impone l'impiego di orchestre diverse per l'esecuzione secondo le scale pelog o slendro. La tradizione musicale, sviluppatasi in modo del tutto autonomo a Bali, ha subito a Giava nette influenze persiane, musulmane, indiane, cinesi. Gli anni dell'apertura economica e culturale verso il mondo occidentale hanno permesso la nascita di una musica diversa da quella tradizione. Cantanti e gruppi pop-rock si sono affacciati nel panorama nazionale riscuotendo il favore delle generazioni più giovani.


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Cultura: cinema

Si attribuisce a Pareh, il canto della risaia (1935), film semidocumentario dell'olandese Manus Franken con interpreti non professionisti e tecnici locali, il primo germe di un cinema autoctono. La produzione nazionale si sviluppò negli anni Cinquanta e nel solo 1952 furono girati più film (una sessantina) che in tutto il passato. Tra essi fu notevolissimo Lo storpio di Kotot Sukardi, neorealista, evocante la tragedia dei bambini a Jakarta durante la guerra. In questa tendenza si affermò anche il giovane Basuki Effendi, specie con Il ritorno, film su un reduce arruolato a forza dai giapponesi. Vero e proprio pioniere del cinema indonesiano fu Usmar Ismail, scomparso all'inizio degli anni Sessanta, che diresse nel 1952 Il peccato imperdonabile, poi La rugiada, con liriche descrizioni della campagna, e nel 1961 Il combattente, sulla lotta di liberazione. Seguì quindi un periodo di decadenza, ma a partire dal decennio successivo nuove leve di interessanti registi si sono messe in luce. Ricordiamo Asrul Sani (Che cosa stai cercando, Palupi?, 1970; Le lotte della vita, 1977), Wim Umboh con i suoi due film sugli emarginati (Fiori di plastica, 1977, e Il mendicante, 1978), Teguh Karya (Novembre 1828, 1977; Diciott’anni, 1981; Sotto la zanzariera, 1983) e Ismail Subarjo (Una donna in catene, 1981). Il personaggio più importante della cinematografia indonesiana di fine secolo è senza dubbio Garin Nugroho (n. 1961), premiato a Cannes nel 1998 e nel 2006. Tra i suoi film più rappresentativi: Lettera a un angelo (1993), E la luna danza (1995), Opera Jawa (2006). Fra gli autori più interessanti della generazione più giovane, già entrati nei circuiti internazionali, Riri Riza (n. 1970), Joko Anwar (n. 1975), Nia Dinata (n. 1970). La vitalità del movimento cinematografico indonesiano è testimoniata anche dalla crescente importanza acquistata nel tempo dal Jakarta International Film Festival.


fonte www.sapere.it/enciclopedia/Indon%C3%A8sia.html

 
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