IL FARO DEI SOGNI

BIOGRAFIA DI Voltaire

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 14/12/2017, 14:34     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,856
Reputation:
+1,695

Status:


FirmaVoltaire_1__1



Daprs_Maurice_Quentin_de_La_Tour_Portrait_de_Voltaire__c_0



Voltaire (pron. volˈtɛr[1]; in francese /vɔl'tɛ:ʀ/), pseudonimo di François-Marie Arouet (/fʀɑ̃'swa ma'ʀi a'ʀwɛ/; Parigi, 21 novembre 1694 – Parigi, 30 maggio 1778) è stato un filosofo, drammaturgo, storico, scrittore, poeta, aforista, enciclopedista, autore di fiabe, romanziere e saggista francese.



Voltaire e il Dizionario Filosofico



Video



Il nome di Voltaire è indissolubilmente legato al movimento culturale dell'illuminismo, di cui fu uno degli animatori e degli esponenti principali insieme a Montesquieu, Locke, Rousseau, Diderot, d'Alembert, d'Holbach e du Châtelet, tutti gravitanti attorno all'ambiente dell’Encyclopédie.[2] La vasta produzione letteraria di Voltaire si caratterizza per l'ironia, la chiarezza dello stile, la vivacità dei toni e la polemica contro le ingiustizie e le superstizioni.[3][4] Deista,[5] cioè seguace della religione naturale che vede la divinità come estranea al mondo e alla storia, ma scettico, fortemente anticlericale e laico, Voltaire è considerato uno dei principali ispiratori del pensiero razionalista e non religioso moderno.[6][7]

Le idee e le opere di Voltaire, così come quelle degli altri illuministi, hanno ispirato e influenzato moltissimi pensatori, politici e intellettuali contemporanei e successivi e ancora oggi sono molto diffuse. In particolare hanno influenzato protagonisti della rivoluzione americana, come Benjamin Franklin e Thomas Jefferson, e di quella francese, come Jean Sylvain Bailly (che tenne una proficua corrispondenza epistolare con Voltaire), Condorcet (anche lui enciclopedista) e in parte Robespierre,[8][9] oltre che molti altri filosofi come Cesare Beccaria,[10] Karl Marx[11] e Friedrich Nietzsche.[12]

Gli viene costantemente attribuita la frase «Non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire», ma come è stato più volte ribadito non è sua.[13]



Inconnu_portrait_de_madame_Du_Chtelet__sa_table_de_travail_dtail__chteau_de_Breteuil___001



Biografia

« Voltaire aveva convinzioni forti, grandi passioni intellettuali, una vasta cultura, una scrittura ironica e scintillante, una straordinaria curiosità per gli avvenimenti del suo tempo e una prodigiosa capacità di raccontare le idee. Fu insomma, anche se la parola può sembrare riduttiva, un giornalista. »



Inizi (1694–1716)

François-Marie Arouet nasce il 21 novembre 1694 a Parigi in una famiglia appartenente alla ricca borghesia. Come lo stesso pensatore sostenne a più riprese, la data di nascita riferitaci dai registri di battesimo – che lo collocano al 22 novembre e affermano che il futuro scrittore nacque il giorno prima – potrebbe essere falsa: a causa di gravi problemi di salute il battesimo sarebbe infatti stato rimandato di ben nove mesi; egli affermò infatti di essere nato il 20 febbraio 1694.[14] Poiché tuttavia la prassi vuole che in caso di pericolo per il bambino il battesimo venga impartito immediatamente, occorre ritenere che se ritardo vi fu esso sia dipeso da altre ragioni. Il padre François Arouet (morto nel 1722), avvocato, era anche un ricco notaio, conseiller du roi, alto funzionario fiscale e un fervente giansenista, mentre la madre, Marie Marguerite d'Aumart (1660-1701), era appartenente a una famiglia vicina alla nobiltà. Il fratello maggiore Armand (1685–1765), avvocato al Parlamento, poi successore del padre come receveur des épices, era molto inserito nell'ambiente giansenista all'epoca della Fronda parlamentare e del diacono Pâris. La sorella, Marie Arouet (1686–1726), l'unica persona della famiglia che fu affezionata a Voltaire, sposò Pierre François Mignot, correttore presso la Chambre des comptes, e fu la madre dell'abate Mignot, che giocò un ruolo importante alla morte di Voltaire, e di Marie Louise, la futura Madame Denis, che condividerà una parte della vita dello scrittore.



Louis_le_Grand__cour_honneur



Originario dell'Haut Poitou, precisamente di Saint-Loup, piccola località situata nell'attuale dipartimento Deux-Sèvres, François si trasferì a Parigi nel 1675 e si sposò nel 1683. Voltaire fu l'ultimo di cinque figli: il primogenito Armand-François morì tuttavia ancora piccolo, nel 1684, e stessa sorte toccò cinque anni più tardi al fratello Robert. Il citato Armand vide la luce nel 1685, mentre l'unica femmina, Marguerite-Catherine, nacque nel 1686.[15][16] Voltaire perse la madre a soli 7 anni, e venne cresciuto dal padre con cui avrà sempre un rapporto molto conflittuale.[17]

Nell'ottobre 1704 entrò al rinomato collegio gesuita Louis-le-Grand. In questo periodo il giovane Voltaire dimostrò una spiccata inclinazione per gli studi umanistici, soprattutto retorica e filosofia. Benché destinato a essere molto critico nei confronti dei gesuiti, Voltaire poté beneficiare dell'intensa vita intellettuale del collegio.[18] L'amore per le lettere fu favorito in particolare da due maestri. Nei confronti del padre René-Joseph de Tournemine, erudito direttore del principale giornale dei Gesuiti – le Mémoires de Trévoux – con cui avrebbe avuto qualche dissidio in materia di ortodossia religiosa, nutrì sempre gratitudine e stima.[19] Con il professore di retorica il padre Charles Porée, l'adolescente strinse un'amicizia anche più intensa e altrettanto duratura; l'ecclesiastico, che fu maestro di illustri pensatori quali Helvétius e Diderot, era inoltre molto attivo in ambito letterario. Porée licenziò un'ampia produzione di poesie, oratori, saggi e canovacci teatrali, messi in scena, questi ultimi, nello stesso Collegio, dove il grande interesse per il teatro mise subito Voltaire a contatto con un'arte che avrebbe praticato lungo tutta la sua carriera.[20]

Nel collegio gli è impartita un'approfondita conoscenza del latino, tramite la lettura di autori come Virgilio, Orazio, Lucano, Cicerone; di contro, assai scarso o forse del tutto assente fu l'insegnamento del greco[21][22]. Nel corso della vita studierà e parlerà in maniera fluente tre lingue moderne, oltre al francese: l'inglese, l'italiano e, in misura minore, lo spagnolo, che userà in molte lettere con corrispondenti stranieri.[23]

Nel 1711 lascia il collegio e s'iscrive, per volere paterno, alla scuola superiore di diritto che comunque lascerà dopo soli quattro mesi con fermo e deciso disgusto, in quanto egli non aveva mai espresso alcun desiderio di fare l'avvocato.[24] In questi anni s'inasprisce molto il rapporto con il padre, il quale mal sopporta la sua vocazione poetica e i continui rapporti con i circoli filosofici libertini, come la Societé du Temple di Parigi. Indicativo di ciò è il fatto che Voltaire si vantava (a torto o a ragione) di essere un figlio illegittimo.[25][26] Nel 1713 lavorò come segretario all'Ambasciata francese all'Aja, poi tornò a Parigi per svolgere il praticantato presso un notaio, per cercare di omaggiare rispettosamente le orme del tanto odiato padre; in realtà egli desiderava sottrarsi alla pesante influenza del genitore che infatti ripudiò dopo poco tempo, e cominciò a scrivere articoli e versi duri e caustici verso le autorità costituite.[27]



Nicolas_de_Largillire_Franois_Marie_Arouet_dit_Voltaire__vers_1724_1725___001



Pensiero politico

Voltaire non credeva che la Francia (e in generale ogni nazione) fosse pronta a una vera democrazia: perciò, non avendo fiducia nel popolo (a differenza di Rousseau, che credeva nella diretta sovranità popolare)[124], non sostenne mai idee repubblicane né democratiche; benché, dopo la morte, sia divenuto uno dei "padri nobili" della Rivoluzione, celebrato dai rivoluzionari, è da ricordare che alcuni collaboratori e amici di Voltaire finirono vittime dei giacobini durante il regime del Terrore, tra essi Condorcet e Bailly). Per Voltaire, chi non è stato "illuminato" dalla ragione, istruendosi ed elevandosi culturalmente, non può partecipare al governo, pena il rischio di finire nella demagogia. Ammette comunque la democrazia rappresentativa e la divisione dei poteri proposta da Montesquieu, come realizzate in Inghilterra, ma non quella diretta, praticata a Ginevra.[125]

La repubblica ginevrina, che gli apparve giusta e tollerante, si rivelò un luogo di fanatismo.[36] Lontano da idee populiste e anche radicali, se non sul ruolo della religione in politica (fu un deciso anticlericale), la sua posizione politica fu quella di un liberale moderato, avverso alla nobiltà - che gli fa dubitare di un governo oligarchico - ma sostenitore della monarchia assoluta nella forma illuminata (anche se ammirava molto come "governo ideale" la monarchia costituzionale inglese) come forma di governo: il sovrano avrebbe dovuto governare saggiamente per la felicità del popolo, proprio perché "illuminato" dai filosofi[36], e garantire la libertà di pensiero.[126] Lo stesso Voltaire trovò realizzazione delle sue idee politiche nella Prussia di Federico II, apparentemente un re-filosofo, che con le sue riforme acquistò un ruolo di primo piano sullo scacchiere europeo. Il sogno del filosofo si rivelò poi inattuato, rivelando in lui, soprattutto negli anni più tardi un pessimismo di fondo attenuato dalle utopie vagheggiate nel Candido, l'impossibile mondo ideale di Eldorado, dove non esistono fanatismi, prigioni e povertà, e la piccola fattoria autosufficiente dove il protagonista si ritira per lavorare, in una contrapposizione borghese all'ozio aristocratico.[127][128]
Federico II di Prussia

Nelle opere successive esprime la volontà di lavorare per la libertà politica e civile, concentrandosi molto sulla lotta all'intolleranza[129], soprattutto religiosa, non appoggiandosi più ai sovrani che lo avevano deluso.[125] Non è contrario in linea di principio ad una repubblica[130][131], ma lo è nella pratica, in quanto egli, pensatore pragmatico, non vede nella sua epoca la necessità del conflitto monarchia-repubblica, che si svilupperà 11 anni dopo la sua morte con l'inizio della Rivoluzione nel 1789, ma quello monarchia-corti di giustizia (i cosiddetti "parlamenti", da non confondere con l'accezione inglese del termine, oggi usata per ogni organo legislativo), ed egli, contrario agli arbitri di tali magistrati di estrazione nobiliare, si schiera col sovrano che può essere guidato dai filosofi, mentre la riforma delle corti richiede una complicata e lunga ristrutturazione legislativa.[128][132][133] Il filosofo deve inoltre orientare la massa e spingerla per il giusto sentiero, guidarla, poiché «le leggi sono fatte dall'opinione pubblica».[134]



Tafelrunde



Sulle riforme sociali: uguaglianza, giustizia e tolleranza

« È prudenza assai maggiore assolvere due persone benché siano effettivamente colpevoli, che applicare una sentenza di condanna a una sola che sia giusta o innocente. »
(Voltaire, parafrasando Mosè Maimonide[135], in Zadig o il destino)

La tolleranza, che va esercitata dal governante praticamente sempre (egli cita come esempio molti imperatori romani, in particolare Tito, Traiano, Antonino Pio e Marco Aurelio[136]), è il caposaldo del pensiero politico di Voltaire. Spesso gli è attribuita, con varianti, la frase "Non sono d'accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo". Tale citazione trova in realtà riscontro soltanto in un testo della scrittrice britannica Evelyn Beatrice Hall.[137] La citazione non si trova altresì in qualsivoglia opera di Voltaire.[138] La frase avrebbe origine non dalla lettera del 6 febbraio 1770 all'abate Le Riche, come spesso si dice ma da un brano delle Questioni sull'Enciclopedia[139]:

« Mi piaceva l'autore de L'Esprit [Helvétius]. Quest'uomo era meglio di tutti i suoi nemici messi assieme; ma "non ho mai approvato né gli errori del suo libro, né le verità banali che afferma con enfasi. Però ho preso fortemente le sue difese, quando uomini assurdi lo hanno condannato".



Voltaires_Desk_at_Le_Procope



Contro la pena di morte e la tortura

Voltaire accolse favorevolmente le tesi del giovane illuminista italiano Cesare Beccaria sull'abolizione della tortura[147] e della pena di morte, come si evince dal commento molto positivo che fece all'opera Dei delitti e delle pene, invitando i governanti a ridurre drasticamente l'uso della prima, per poi eliminarla completamente.[148] Voltaire e Beccaria ebbero anche uno scambio epistolare. Sulla pena capitale Voltaire si oppone nettamente al suo uso e agli eccessi di violenza che la caratterizzavano; benché in certi casi possa apparire giusta, essa, alla ragione illuministica, si rivela solo una barbarie, in quanto i peggiori e incalliti criminali, anche se giustiziati, non saranno utili a nessuno, mentre potrebbero lavorare per il bene pubblico e riabilitarsi parzialmente, motivazione principale utilitaristica di Beccaria che Voltaire approva in pieno; egli considera l'ergastolo una punizione sufficiente per i delitti peggiori e violenti[149]:

« Il grande obiettivo è di servire il pubblico, e senza dubbio un uomo dedicato per tutti i giorni della sua vita a salvare una contea dalle inondazioni o a scavare dei canali per facilitare il commercio rende un servizio maggiore allo stato, che non uno scheletro che dondola da un palo, appeso con una catena di ferro.[150] »



330px_Buste_de_Voltaire



Morte (maggio 1778) e vicende postume

La versione degli amici racconta che, in punto di morte, il filosofo respinse ancora il sacerdote, che avrebbe dovuto dare l'assenso alla sepoltura, e che lo invitava a confessarsi chiedendogli un'esplicita dichiarazione di fede cattolica, che Voltaire invece non voleva fare (intuendo che volesse poi venire usata a fini propagandistici): alla domanda se credeva nella divinità di Cristo, Voltaire replicò: "In nome di Dio, Signore, non parlatemi più di quell'uomo e lasciatemi morire in pace".[111][112]

Voltaire morì, probabilmente per un cancro alla prostata di cui avrebbe sofferto già dal 1773[113][114], la sera del 30 maggio 1778, all'età di circa 83 anni, mentre la folla parigina lo acclamava sotto il suo balcone.[115] La morte fu tenuta segreta per due giorni; il corpo, vestito come fosse vivo e sommariamente imbalsamato, fu portato fuori da Parigi in carrozza, come da accordi presi da madame Denis con un suo amante, un prelato che aveva acconsentito al "trucco". Il suo funerale, molto sontuoso, fu officiato dal nipote, l'abbé Mignot, parroco di Scellières, e nell'attiguo convento ebbe sepoltura lo scrittore.[116] I medici che eseguirono l'autopsia ne asportarono il cervello e il cuore (riunito anni dopo ai resti per volontà di Napoleone III[117]), forse per impedire una sepoltura "completa", dato l'ordine dell'arcivescovo di Parigi di vietare la sepoltura in terra consacrata a Voltaire, o forse, più probabilmente, per poterli conservare come reliquie laiche nella capitale; furono tumulati infatti temporaneamente nella Biblioteca Nazionale di Francia e alla Comédie Française.



Voltaire_pantheon

 
Web  Top
0 replies since 14/12/2017, 14:34   181 views
  Share