IL FARO DEI SOGNI

Cina

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TOPIC_ICON6  view post Posted on 5/12/2017, 19:08     Top   Dislike
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La Cina (中國T, 中国S, ZhōngguóP), ufficialmente la Repubblica Popolare Cinese (中華人民共和國T, 中华人民共和国S, Zhōnghuá Rénmín GònghéguóP ascolta la pronuncia in mandarino standard[?·info]), è uno Stato sovrano situato nell'Asia orientale e il più popolato del mondo, con una popolazione di oltre 1,385 miliardi di persone.



documentario : Cina, costruzione di un impero, italiano completo



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La Cina è una Repubblica popolare in cui il potere è esercitato dal solo Partito Comunista Cinese. Il governo ha sede nella capitale Pechino ed esercita la propria giurisdizione su ventidue province, cinque regioni autonome, quattro municipalità direttamente controllate (Pechino, Tientsin, Shanghai e Chongqing) e due regioni amministrative speciali (Hong Kong e Macao) parzialmente autonome. La Cina rivendica la propria sovranità anche sull'isola di Formosa, che considera ufficialmente una sua provincia, sulla quale non esercita tuttavia alcun controllo diretto. L'isola è dal 1949 sotto il controllo del governo della Repubblica di Cina (Taiwan). La complessa condizione politica di Taiwan è una delle conseguenze della guerra civile cinese che ha preceduto la fondazione della Repubblica Popolare Cinese.



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Con la sua superficie di circa 9 572 900 chilometri quadrati la Cina è il terzo Paese più grande del mondo per superficie. Il paesaggio della Cina è vasto e diversificato: va dalle steppe della foresta e i deserti dei Gobi e del Taklamakan nell'arido nord alle foreste subtropicali e umide del sud. L'Himalaya, il Karakoram, il Pamir e il Tian Shan sono le catene montuose che separano la Cina meridionale dall'Asia centrale. Il Fiume Azzurro e il Fiume Giallo, rispettivamente il terzo e il sesto più lunghi del mondo, scorrono dall'altopiano del Tibet verso la costa orientale densamente popolata. La costa della Cina lungo l'oceano Pacifico è lunga circa 14.500 chilometri ed è delimitata dal mare di Bohai, dal mar Giallo, dal mar Cinese Orientale e dal mar Cinese Meridionale.



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L'antica civiltà cinese – una delle prime al mondo – si sviluppò inizialmente nelle pianure comprese tra il Fiume Giallo e il Fiume Azzurro. A partire dall'età del bronzo (verso la fine del II millennio a.C.) si ha evidenza di strutture feudali, in cui i nobili si raccoglievano intorno a monarchie ereditarie. Vi sono testimonianze di una casata regnante nella prima metà del I millennio a.C., nota come dinastia Zhou, il cui declino condusse alla nascita di un discreto numero di regni indipendenti in competizione per il predominio sulla regione, con stagioni di conflitto che si fecero particolarmente accese nel periodo che va dall'VIII al III secolo a.C. Nel 221 a.C. lo Stato di Qin sconfisse e conquistò i territori di tutti gli altri Stati combattenti dando vita al primo impero della storia cinese sotto la dinastia Qin.



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Da quel momento il titolo di imperatore della Cina divenne il sinonimo della raggiunta supremazia. La dinastia Qin non durò a lungo, ma i popoli precedentemente conquistati vennero poco dopo riuniti sotto l'egida della dinastia Han (III secolo a.C.-III secolo d.C.). I quattro secoli in cui regnarono i sovrani della dinastia Han sono considerati cruciali per la definizione e affermazione della identità culturale cinese, tanto da divenire il termine con cui i cinesi definirono se stessi (con il termine appunto di etnia o popolo han). Da allora la storia cinese ha visto l'alternarsi di periodi di divisione e fasi di unificazione, con conseguenti periodi di frammentazione, contrazione o espansione territoriale, sotto l'egida di diverse dinastie, talora di etnia straniera (come nel caso dei mongoli o dei mancesi).



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L'ultima dinastia fu quella dei Qing, il cui regno si concluse nel 1911 con la fondazione della Repubblica di Cina. Dopo la sconfitta dell'Impero giapponese durante la seconda guerra mondiale il Paese fu scosso dalla guerra civile che vedeva contrapposte le forze nazionaliste del Kuomintang, il partito che allora deteneva il governo del paese, e le forze facenti capo al Partito Comunista di Cina. Nel 1949 la guerra si concluse con la sconfitta del Kuomintang e la fuga del governo nazionalista sull'isola di Formosa, nella cui capitale Taipei ha tuttora sede l'attuale Repubblica di Cina, altresì nota come Taiwan. In seguito alla vittoria conseguita sul continente il 1º ottobre del 1949 a Pechino le forze comuniste guidate da Mao Zedong proclamarono ufficialmente la nascita della Repubblica Popolare Cinese.



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Dopo l'introduzione di riforme economiche nel 1978 la Cina è diventata l'economia dalla crescita più rapida al mondo. A partire dal 2013 è la seconda economia più grande al mondo sia come PIL totale nominale, sia per parità di potere d'acquisto; è anche il più grande esportatore e importatore di merci al mondo. La Cina è ufficialmente uno Stato munito di armi nucleari e ha il più grande esercito permanente del mondo, con il secondo più grande bilancio della difesa. La Cina è membro delle Nazioni Unite dal 1971, quando ha preso il posto della Repubblica di Cina tra i seggi dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La Cina è anche membro di numerose organizzazioni multilaterali,[6] tra cui l'OMC, l'APEC, il BRICS, l'Organizzazione di Shanghai per la cooperazione, il BCIM[7] e il G-20. La Cina, unanimemente riconosciuta come grande potenza dal consesso internazionale, è una potenziale superpotenza secondo un certo numero di accademici e analisti che si occupano di questioni militari, politiche ed economiche.



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Etimologia del nome

I cinesi si riferiscono comunemente al proprio Paese usando il termine Zhōngguó (中国, composto di Zhōng, "centrale" o "medio", e Guó, "regno", "Stato"). Questa parola antica (il termine si ritrova nel "classico dei documenti" del VI secolo a.C.) era in origine un nome collettivo riferito all'insieme di regni presenti nelle pianure della Cina del Nord.[8] Con l'avvento dell'impero esso divenne poi sinonimo di terra di insediamento dei cinesi Han, che si contrapponeva alle terre abitate dai "barbari" di etnie differenti (come le tribù dei Xiongnu). Sotto la dinastia mancese dei Qing (XVII-XIX secolo) il termine perse questa connotazione strettamente legata all'appartenenza etnica al gruppo Han, per espandersi fino a comprendere l'intera compagine di gruppi etnici raccolti sotto l'egida del potere dei Qing, il cui impero aveva una forte connotazione multietnica e multiculturale.[8]

Soltanto a partire dal XIX secolo il termine Zhōngguó divenne sinonimo di Stato o nazione cinese.[9] Dal 1949 il nome ufficiale del Paese è Repubblica Popolare Cinese (中华人民共和国S, Zhōnghuá Rénmín GònghéguóP).

Il termine "Cina" sarebbe comparso per la prima volta in Inghilterra nel 1555,[10] all'epoca della pubblicazione degli scritti dell'esploratore portoghese Duarte Barbosa risalenti al 1516.[11]

Vi sono diverse teorie che tentano di spiegare l'origine della parola "Cina". Essa potrebbe derivare dal persiano Chin (چین‎), che a sua volta deriva dalla parola sanscrita Cīna (चीन),[12] parola che si ritrova nelle prime scritture indù, tra cui il Mahābhārata (V secolo a.C.) e Manusmṛti (II secolo a.C.).[13][14] Questo fatto contraddirebbe la teoria proposta nel XVII secolo da Martino Martini, secondo il quale il nome Cina deriverebbe da "Qin" (秦), il più occidentale dei regni cinesi durante la dinastia Zhou.



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I miti della tradizione
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: tre augusti e cinque imperatori.

Non esistono testimonianze scritte sulla nascita della civiltà cinese. La tradizione tramanda l'esistenza di mitiche figure fondatrici come Huang Di ("imperatore giallo") e sua moglie Lei Zu: l'uno avrebbe regnato su un mitico primo impero cinese, l'altra avrebbe introdotto l'uso del baco da seta. Vi sarebbe anche Yu il Grande, vissuto alla fine del III millennio a.C., identificato come colui che introdusse l'uso delle armi di bronzo.

La tradizione cinese tramanda l'esistenza di tre antiche dinastie nel periodo che precede il III secolo a.C (nel 221 a.C. ci fu l'avvento dell'impero Qin, il primo impero della storia cinese). Secondo il mito, la più antica dinastia sarebbe quella degli Xia intorno al 2100 a.C., che venne soppiantata dalla dinastia Shang, la quale cedette infine il posto a quella dei Zhou.

Se si includono le dinastia riportate dalla tradizione, la storia complessiva delle dinastie cinesi coprirebbe perciò un arco di quattro millenni.



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Dalla preistoria all'età del bronzo

Le tracce più antiche di Homo erectus ritrovate in Cina sono quelle dell'uomo di Pechino, risalenti a 780.000-680.000 anni fa. I fossili di Homo sapiens più antichi risalgono invece a 18.000-11.000 anni fa. Grazie ai cambiamenti climatici che seguirono il ritiro dei ghiacci, tra il VIII e il IV millennio a.C. si assistette alla transizione da comunità di cacciatori-raccoglitori a gruppi dediti all'agricoltura e all'allevamento del bestiame.[15] I reperti archeologici testimoniano l'esistenza di un gran numero di comunità umane insediatesi su un vasto territorio che comprende le valli del Fiume Azzurro e del Fiume Giallo. La caratteristica principale di questi insediamenti risiede nell'altissimo grado di differenziazione culturale che si riscontra nei manufatti, nella struttura delle abitazioni e in generale nelle testimonianze della vita collettiva di ciascuna comunità.[16] Secondo gran parte degli storici e archeologi moderni il modello più credibile per le origini della civiltà cinese si basa quindi su una molteplicità di culture regionali sviluppatesi in maniera autonoma, caratterizzate da sfere di influenza che talvolta entravano in contatto tra loro.[17] L'adozione di questo modello policentrico segna un netto punto di svolta rispetto alla tesi tradizionale (frutto dei miti fondativi e delle tradizionali cronache imperiali), fondata sull'idea di un'origine unitaria della civiltà cinese, e rappresenta uno dei più importanti risultati scientifici raggiunti grazie all'introduzione della storia e dell'archeologia moderne in Cina agli inizi del XX secolo.[16]

A partire dal III millennio a.C. gli scavi archeologici testimoniano l'esistenza di diverse comunità urbane, sparse su insediamenti di epoca neolitica: molti dei quali si trovano nelle pianure circostanti il fiume Giallo. I più antichi manufatti di bronzo mai ritrovati in Cina risalgono invece al 3100-2700 a.C, nel sito archeologico della cosiddetta cultura di Majiayao. Esistono reperti riconducibili a diverse culture dell'età del bronzo, ma l'utilizzo di questo materiale rimase molto diffuso fino al V secolo a.C.


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L'epoca pre-imperiale

La prima dinastia di imperatori cinesi è la dinastia Xia, fondata dal Grande Yu che lasciò il trono al figlio Qin e ai suoi discendenti, nel 2200 a.C.: l'ultimo Xia fu Jie, che venne detronizzato nel 1766 a.C. dai fondatori della successiva dinastia Shang. Durante quest'ultima nascono i primi pittogrammi, incisioni su dorsi di tartaruga a scopo augurale e divinatorio, che in seguito divennero gli ideogrammi della scrittura cinese: questa venne poi codificata durante il regno della dinastia successiva, gli Zhou, che regnarono dal 1122 a.C. al 770 a.C. In questo periodo il regno è sempre più diviso e iniziano le prime lotte fra province, che si accentua durante il periodo Chunqiu (primavere e autunni) 770-476 a.C., che segna l'ingresso della Cina nell'età del ferro: in questo periodo nasce e insegna Confucio. Alla fine la litigiosità dei principi locali smembra il regno degli Zhou e si apre con il periodo dei regni combattenti, in cui la Cina è frammentata in una decina di regni in perenne lotta fra di loro. In realtà, anche se queste dinastie sono incluse tra quelle imperiali, fino al 221 a.C. l'impero cinese propriamente detto non esiste, poiché questi regni non estendono il loro controllo se non su di una parte della Cina. I poteri locali sono inoltre ancora molto forti e l'economia è basata sulla schiavitù, un po' come succede nell'Impero romano. È lo stesso primo imperatore della dinastia Qin (in cinese 秦始皇帝) che avrebbe poi unificato la Cina a inventare un nuovo titolo, Huangdi, per designare una forma più alta di autorità e potere: quello dell'imperatore di tutta la Cina.



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La Cina come potenza emergente

L'importanza della Cina nel ventunesimo secolo[19][20] si riflette in virtù del suo ruolo come prima potenza economica per prodotto interno lordo; è inoltre membro fondatore dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (è uno dei cinque membri permanenti con il diritto di veto), aderisce al Shanghai Cooperation Organisation (SCO) e fa parte del OMC, dell'APEC, dell'ASEAN, del G2 e del G20. Con l'introduzione della riforma economica basata sul capitalismo nel 1978 la Cina è diventata il Paese con lo sviluppo economico più veloce al mondo, primo maggiore esportatore (2008) e il primo più grande importatore di merci (2010).[21]

Molti studiosi hanno definito la Cina come la nuova superpotenza militare emergente; già nel 1964 riesce a sviluppare i suoi armamenti nucleari e mantiene dalla fine della seconda guerra mondiale l'esercito di terra più grande al mondo (Esercito di Liberazione Popolare), il suo budget per la difesa (con un aumento annuale più 10%) è secondo solo a quello degli Stati Uniti. La rapida industrializzazione ha ridotto il suo tasso di povertà dal 53% nel 1981 all'8% nel 2001.[22] Tuttavia la Repubblica Popolare Cinese è ora di fronte a una serie di altri problemi, tra cui il rapido invecchiamento della popolazione a causa della politica del figlio unico,[23] un ampliamento urbano-rurale, uno squilibrio economico tra regioni costiere e interne e il degrado ambientale.[24][25]



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Geografia

La superficie della Cina è di 9.706.961 km², di poco inferiore all'intera Europa, il che ne fa lo Stato più esteso dell'Asia orientale; la popolazione è d'oltre 1.401.586.000 persone,[26] pari a circa il 19,5% della popolazione mondiale: ciò rende la Cina il Paese più popolato del mondo.

La forma di Stato della Cina è una repubblica socialista guidata da un unico partito, il Partito Comunista di Cina; la sua amministrazione è articolata in ventidue province, cinque regioni autonome, quattro comuni e due regioni amministrative speciali.

La Cina confina con quattordici Paesi: a nord con Russia e Mongolia; a est con la Corea del Nord; a sud con Vietnam, Myanmar, Laos, Bhutan e Nepal; a ovest con India, Pakistan, Tagikistan, Kazakistan, Afghanistan e Kirghizistan. Si affaccia inoltre a est sul mar Giallo e sul mar Cinese Orientale e sud-est sul mar Cinese Meridionale.



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Demografia

Il censimento nazionale del 2015 ha permesso di stimare la popolazione della Repubblica Popolare Cinese in 1.367.820.000 individui; il 17,5% di essi aveva un'età di 14 anni o inferiore, il 67% era tra i 15 e i 59 anni e il 15,5% aveva più di 60 anni.[27] Il tasso di crescita della popolazione per il 2013 è stato stimato di essere dello 0,46%.[28] Sempre secondo il censimento, la densità della popolazione era di 139,6 ab./km² e un ISU di 0,777; classificandosi all'81º posto. La popolazione è sparsa in modo molto irregolare; è infatti concentrata prevalentemente nelle province orientali e nelle grandi pianure, mentre a ovest, zona più aspra e arida, vi è una densità bassissima. La Cina ha una dozzina di grandi città, con uno o più milioni di residenti di lungo periodo, tra cui le tre città globali di Pechino, Hong Kong e Shanghai. Le principali città della Cina svolgono ruoli chiave a livello nazionale e per quanto riguarda l'identità regionale, la cultura e l'economia. L'aspettativa di vita è salita a 73 anni.



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Etnie

La Cina riconosce ufficialmente 56 gruppi etnici distinti, il più grande dei quali sono i cinesi Han, che costituiscono circa il 91,9% della popolazione totale, ma la distribuzione è molto irregolare; esistono infatti vaste zone della Cina occidentale in cui l'etnia Han è una minoranza. Inoltre la riunione di molti cinesi nella maggioranza Han oscura alcune delle grandi differenze linguistiche, culturali e razziali che sussistono tra persone all'interno di questo stesso gruppo. Le grandi minoranze etniche comprendono gli Zhuang (16 milioni), i Manciù (10 milioni), i cinesi Hui (9 milioni), i Miao (8 milioni), gli Uiguri (7 milioni), gli Yi (7 milioni), i Tujia (5,75 milioni), i Mongoli (5 milioni), i tibetani (5 milioni), i Buyei (3 milioni) e i coreani (2 milioni). La natura multietnica della Cina è il risultato in parte dei territori incorporati dalla dinastia Qing, i cui imperatori erano essi stessi di etnia Manciù e non membri della maggioranza Han. Le teorie etniche cinesi sono pesantemente influenzate da quelle dell'Unione Sovietica. La politica ufficiale afferma di essere contro l'assimilazione e sostiene che ogni gruppo etnico dovrebbe avere il diritto di sviluppare i propri linguaggio e cultura. Il grado di integrazione dei gruppi etnici di minoranza con la comunità nazionale varia largamente da gruppo a gruppo. Alcuni di essi, come i tibetani e gli Uiguri provano un forte sentimento di ostilità verso la maggioranza. Invece altri gruppi come gli Zhuang, i cinesi Hui e i Manciù, sono ben integrati.



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Religione

Il governo cinese si dichiara formalmente "laico" e in quanto tale non riconosce alcuna religione "di Stato". L'articolo 36 della Costituzione cinese stabilisce la libertà di credo religioso, bandendo e proibendo qualsiasi forma di intolleranza e coercizione. L'idea cinese di "religione" non corrisponde pienamente a quanto con questo termine si intende in Occidente; il termine cinese tradotto come "religione" (zong jiao) è una introduzione recente (dal giapponese nel XX secolo) e definisce le "dottrine", dotate di un corpo istituzionale e scritturale ben definito. Gran parte della tradizione spirituale cinese, tuttavia, si svolge al di fuori delle forme dottrinali ed ecclesiastiche, costituendo quella che è definita "religione tradizionale cinese".

Le religioni ufficialmente riconosciute, e in quanto tali gestite a livello statale, sono cinque religioni di tipo dottrinale (zong jiao): il buddhismo, il taoismo, il protestantesimo, il cattolicesimo e l'islam. Il taoismo si sviluppò in Cina a partire dal I-II secolo. Il buddismo si diffuse nel Paese, introdotto dall'India, con il VI secolo. Il cristianesimo e l'islam sono presenti in Cina come religioni minoritarie, il secondo predominante tra alcune etnie non-han (i più numerosi sono gli hui e gli uiguri). Il quadro religioso del Paese è tuttavia più complesso, una volta che si guardi alla situazione al di fuori dei riconoscimenti ufficiali.

Infatti in Cina non c'è una netta linea di demarcazione tra buddhismo, taoismo e pratiche religiose locali. Sono in particolare queste ultime a costituire un oggetto di difficile indagine. Ciò che talvolta si indica con il termine "religione tradizionale cinese" è infatti un insieme variegato di atteggiamenti rituali che possono comprendere l'omaggio a divinità locali della natura, oppure agli antenati della propria famiglia. Ciò significa che ogni lignaggio (ovvero tutte le famiglie che condividono lo stesso cognome, per esempio i Wu o i Lin di una determinata regione, più o meno estesa) spesso fa riferimento a specifici templi, titolati ai capostipiti del lignaggio stesso; ogni famiglia in tal modo ricorda e onora le proprie origini. Il taoismo in certe sue scuole funge da cornice rituale per alcune espressioni della religione tradizionale o popolare. Esistono forme dottrinali della religione tradizionale cinese che tuttavia non sono riconosciute a livello nazionale oppure godono di riconoscimento solo a livello provinciale.

Il culto degli antenati è una delle espressioni più evidenti del confucianesimo, il pensiero che più di ogni altro ha condizionato e condiziona tuttora la morale e il comportamento dei cinesi. Sebbene non sia tra le dottrine riconosciute, la sua influenza sulla morale cinese è tangibile (rispetto dei genitori, rapporti tra uomo e donna, educazione dei figli e modelli di comportamento virtuoso). Negli ultimi anni è in atto un processo di riscoperta e reinvenzione del confucianesimo che prende forma in una grande varietà di iniziative e gruppi di studio, di culto e di politica, di cui degna di nota è la costituzione nel 2015 della Santa Chiesa Confuciana della Cina (中华孔圣会 Zhōnghuá Kǒngshènghuì) che intende essere un corpo nazionale per tutte queste correnti. In Cina ci sono anche diversi gruppi di minoranze etniche che mantengono proprie tradizioni religiose autoctone.



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Per quanto riguarda il buddismo tibetano e il cattolicesimo va ricordato che se da un lato il riconoscimento ufficiale consente la pratica religiosa ai credenti di queste religioni, dall'altro comporta l'obbligo di giurare fedeltà allo Stato da parte delle gerarchie religiose. Esse sono gestite da istituzioni inquadrate a livello statale, i cui membri sono tenuti a giurare fedeltà alla repubblica. Il XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso e il suo Panchen Lama (l'autorità incaricata della scelta del successore del Dalai Lama) non sono riconosciuti come autorità religiosa dallo Stato cinese, il quale ha scelto un proprio Panchen Lama. Per quanto riguarda il cattolicesimo io Stato cinese non riconosce i vescovi nominati dalla Santa Sede, che sono spesso di fatto soggetti a provvedimenti restrittivi, e reclama invece per sé il diritto alla nomina di questi ultimi. I cattolici cinesi fedeli alla Chiesa cattolica di Roma sono pertanto costretti celebrare i propri riti in clandestinità.

In aggiunta alle religioni già menzionate sono presenti varie religioni delle minoranze etniche che abitano alcune regioni della Cina e un numero non quantificato di aderenti a una varietà di nuove religioni sorte principalmente nell'alveo della religione tradizionale cinese.



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Usi e costumi in Cina

I saluti

Prima di tutto quello che bisogna sapere è come rivolgersi a una persona. Il cognome precede sempre il nome. Raramente ci si rivolge a qualcuno per nome, anche se è un conoscente, bisogna essere intimi o chiedere il permesso di utilizzare il nome, il che generalmente non viene rifiutato, ma è meglio aspettare di conoscere bene la persona per farlo, o che essa ve lo proponga di primo acchito.

Da sapere: la donna non prende il nome del marito, quindi per non fare una gaffe è opportuno cercare di conoscere le relazioni tra le persone.

Quando ci si rivolge a qualcuno che non sia un amico, si dice prima il suo cognome seguito dal titolo della persona o da un contrassegno di rispetto. Ad esempio, se il cognome è Ling: per una persona più matura di noi si dirà lao Ling (lao vuol dire anziano) per sottolineare il rispetto nei confronti dei più anziani; ugualmente, xiao Ling (xiao vuol dire piccolo o giovane) verso i più giovani; rivolgendosi a una giovane donna si dirà Ling xiaojie (signorina) o nei ristoranti semplicemente xiaojie per chiamare la cameriera; signora è taitai, sempre dopo il nome, mentre signore è xiansheng.

Per coloro che praticano una professione, quale per esempio medico, professore, si deve pronunciare prima il cognome e poi il titolo e non “signore”: Ling laoshi per un insegnante, Ling daifu per un medico ecc.

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I saluti ufficiali

Il miglior modo, quando si incontra qualcuno di alto rango, è di lasciare ad una terza persona il compito della presentazione e/o di presentare a questa persona una lettera ufficiale affinchè sappia chi voi siate. Se si sa parlare cinese, non lesinate sulle formule di cortesia quali “è un grande onore fare la vostra conoscenza…”, “incontrarvi mi riempie di felicità…”

Invece, tra persone della stessa età, potete prendere l’iniziativa di presentarvi, ma rispettando sempre le regole: stringere la mano a lungo, chinare un po’ il capo… Ecco un buon sistema per “rompere il ghiaccio”: la persona cinese che riceve offrirà immediatamente del tè, a volte senza neppure chiedervelo, a volte chiedendovi se preferite il caffè (più raro). Quindi, poiché i Cinesi fumano molto, è usanza che questa persona offra una sigaretta prima di accendersene una. Se fumate, non dimenticate di fare altrettanto! Proponete a tutti una sigaretta prima di accendere la vostra. Attenzione, potete anche proporla ad una giovane donna presente, ma sappiate che verrà rifiutata sistematicamente, in quanto è decisamente disdicevole per una giovane fumare durante una riunione.

I Cinesi non sono contrari al fatto che un’Occidentale fumi, anzi! Se sanno che una donna occidentale fuma molti Cinesi proporranno una sigaretta alla ragazza allo stesso tempo e si alzeranno tutti insieme per accendergliela. E ciò è abbastanza divertente da vedere. Solo che, poiché come già detto i Cinesi fumano molto, non offrono una sigaretta ogni tanto, ma ogni dieci minuti! E poiché non è cortese rifiutare, è meglio evitare di fumare sin da subito!

Inoltre, molto importante, non chiedete mai a un Cinese di smettere di fumare, questa richiesta risulterà essere estremamente maleducata, stessa cosa dicasi se fate capire che il fumo vi dà fastidio, poiché non solamente il Cinese non smetterà ma, in più, rischiate di danneggiare l’impressione che questi ha di voi.

Quando ci si scambia il biglietto da visita, da farsi generalmente all’inizio della riunione, bisogna tenderlo con due mani presentandolo in modo che la persona di fronte a voi possa vedere chi siete, il vostro titolo ecc. è usanza alzarsi per offrire il proprio biglietto e rimanere in piedi per il tempo necessario al vostro interlocutore di decidere di accettarlo.

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Come evitare di fare una gaffe al primo incontro

Evitare soprattutto gli abbracci, anche tra amici, come pure i baci, perché ciò li metterà in imbarazzo e ve lo faranno capire.

La cosa migliore da fare con i Cinesi, siano essi conoscenti o amici, è di non toccarli e abbassare la testa dicendo buongiorno. Oppure, ancora meglio, per le persone importanti, di stringere la mano, gesto questo che può durare molto più a lungo che in Italia, e di ricoprire la mano con l’altra, secondo il grado della persona che avete di fronte: non è una semplice stretta di mano all’occidentale, e si potrebbe dire che è il miglior modo di salutare. Un tocco in più è chinare leggermente la testa, dimostrando così il proprio rispetto per la persona che si ha di fronte.

In Cina i ragazzi hanno l’abitudine di far baccano insieme, mentre le ragazze di tenersi per mano.

La conversazione

Non è sufficiente essere riusciti a presentarsi bene, ma bisogna anche non essere inferiori nella conversazione. Sin da subito i Cinesi cercano di mostrarvi che parlano bene l’inglese (non bisogna dimenticare di complimentarsi per il loro inglese anche se lo parlano molto male!). Il Cinese dapprima porrà una quantità enorme di domande, per sapere con chi ha a che fare o semplicemente per curiosità.

Non esitate nel fare domande sulla Cina, evitando però i soggetti tabù, quali il Tibet, Taiwan, i diritti umani, la setta Falungong e i fatti di Tianan’men. In caso contrario, siate pronti a delle reazioni piuttosto vivaci o decisamente a nessuna risposta e diventerà allora piuttosto difficile riprendere il dialogo.

Quando siete in Cina, evitate di criticare apertamente il vostro Paese, poiché i Cinesi hanno un’ottima impressione dei paesi occidentali. Non denigrate neppure la Cina. Al contrario, più si parla della sua bellezza, della sua cultura, se si dice che lo si ama, più i Cinesi sono contenti.

I recenti Giochi Olimpici sono senz’altro un buon soggetto e qui i Cinesi si riveleranno inesauribili.

Se durante una conversazione, anche se avete appena terminato di mangiare, vi si chiede se avete mangiato bene, non vi si chiede solamente un giudizio sul pasto appena concluso, ma della vostra salute in generale: semplicemente è un modo di chiedere “come va?”. Rispondete sempre positivamente, anche se non è vero.

Generalmente, durante una riunione, un banchetto o un invito a pranzo, nei primi trenta minuti si parla del più e del meno, senza avere un argomento preciso.

Quando vi ritrovate a parlare con un Cinese, in un taxi, in aereo… costui vi bombarderà di domande.

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Non è curiosità malsana, vuole solo saperne un po’ di più sugli stranieri. Dopo la prima e inevitabile domanda “Da dove viene?” vi si chiederà certamente che cosa fate e poiché i Cinesi non hanno nessun tabù riguardo il denaro vi chiederà quanto guadagnate. Questa è una domanda alquanto seccante, soprattutto quando si sa quanto guadagna generalmente un Cinese, che è per esempio tassista. Se gli direte una cifra troppo bassa questi insorgerà contro il vostro datore di lavoro che non vi paga abbastanza, ma se gli direte ciò che guadagnate realmente vi guarderà con un’ammirazione mista a invidia che non è sempre piacevole, anche se l’intenzione del vostro interlocutore non è quella di mettervi a disagio. È meglio trovare una somma intermedia.

Sappiate, però, che è assolutamente da evitare di parlare del vostro stipendio se non vi è stato chiesto, perché potrebbe mettere il vostro interlocutore a disagio.

Generalmente la conversazione prosegue con domande sulla famiglia, “è figlio unico?”. Ad una risposta affermativa seguirà una lunga lista di domande: “Perché?”, “è felice d’essere figlio unico?” e via dicendo.

Infine, se si risponde all’inevitabile quarta domanda, che punta a sapere se siete sposati, sappiate che ancora oggi i Cinesi trovano parecchio strano il fatto che un Occidentale non sia sposato a 30 anni. Dunque, bisogna cercare di rispondere senza troppo scioccare l’interlocutore.

Soprattutto evitate di parlare di politica. Nella vita privata, al contrario, si incontrano pochi tabù, a parte il sesso.

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Gli inviti

Il momento che si teme di più: gli inviti a cena.

Poiché i Cinesi mangiano abbastanza presto, verso le 17.30-18, l’invito è dunque per le 16. Dapprima si riceve l’invitato nel salone, dove è stato precedentemente sistemato un servizio da tè, che la padrona di casa si affretterà a riempire, poi vi chiederà se desiderate una coca cola o un’altra bibita gassata.

Per il tè bisogna seguire un piccolo rituale: si riceve il tè tenendo la tazza con due mani e se c’è un piattino si beve il tè tenendo il piattino a metà, in sua mancanza si tiene la tazza in alto e in basso.

Ci si può estasiare davanti all’arredamento della casa o davanti a un oggetto in particolare, ma mai troppo, poiché se questo non costa caro il vostro ospite si sentirà obbligato ad offrirvelo e rifiutarlo sarebbe una mancanza di buona educazione. Quindi, è meglio fare degli apprezzamenti sulla casa in generale. Soprattutto non chiedete alla padrona di casa se potete aiutarla, lo prenderebbe come un insulto al suo saper fare. D’altra parte se si chiede a un Cinese se si può dare una mano a fare qualcosa questi risponderà che voi siete il suo invitato, quindi divertitevi e non fate niente. In attesa che tutto sia pronto per la cena, per farvi “divertire” o farvi passare il tempo, il vostro ospite vi proporrà di vedere un film o di esibirvi con il karaoke (diffusissimo). Durante il pasto, i Cinesi vi diranno di non aspettare e di mangiare “fin che è caldo” anche se non tutti sono serviti. Vi offriranno numerosi piatti, con ogni tipo di vivanda. Bisogna mangiare un po’ di tutto, anche se non piace, poiché la padrona di casa si sentirà offesa e penserà che la sua cucina non è buona.

Il pasto è uno dei punti più difficili da gestire quando si è invitati da dei Cinesi. Prima di tutto, come già detto, bisogna sforzarsi di mangiare di tutto, anche se non piace. Se si termina quanto c’è nel piatto, vuol dire che non avete mangiato abbastanza e si viene riserviti, se invece si avanza vuol dire che la cucina non è buona e ciò verrà vissuto come un’offesa. Cosa fare? La cosa migliore è mangiare di tutto anche se non gradito, poi dopo aver “dimostrato” alle persone che vi hanno invitato di aver mangiato molto, la miglior scusa è di dire che non si ha veramente più fame ma non prima d’aver esclamato che tutti i piatti sono “hen hao chi” veramente deliziosi. Se non si ha più voglia di mangiare è meglio dire “chi bao le” cioè “sono sazio”. In questo modo tutti possono salvare la faccia (cosa estramente importante in Cina). Al termine del pasto, non si deve offrire il proprio aiuto alla padrona di casa per sparecchiare perché ciò vorrebbe dire che lei non è in grado di farlo da sola! Inoltre, è usanza non attardarsi dopo il pasto, usando come pretesto un appuntamento o qualche cosa da fare: allevierà tanto l’invitato quanto il padrone di casa! Prima di accomiatarsi, non bisogna dimenticarsi di profondersi in ringraziamenti (meglio troppi che pochi).

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Quello che non si deve scordare quando si è invitati, è portare dei presenti. E anche questo non è una cosa da poco.

Se l’invito avviene poco tempo dopo l’arrivo in Cina, la cosa migliore è omaggiare i padroni di casa con dei prodotti tipici del proprio paese. Se si è in Cina da qualche tempo, la questione diventa più spinosa: è bene cercare di trovare degli oggetti che rappresentino la felicità, non gioielli ma tutto ciò che si può appendere alle pareti, come una bella calligrafia, un paesaggio, un grazione buddha della felicità ecc. Anche se si sa che sono dei regali che gli ospiti metteranno in un ripostiglio, è meglio non arrivare con le mani vuote.

Inoltre, è bene sapere che un regalo si offre sempre avvolto in carta rossa, colore che rappresenta la fortuna, rosa o dorata, colori della prosperità e dell’abbondanza per l’ospite, ma soprattutto mai avvolto in carta bianca, grigia o nera, colori del lutto! Da evitare qualsiasi tipo di orologio, poiché questo significa per i cinesi l’avanzare dell’ora della loro morte, e i fiori recisi, in quanto simboleggiano i funerali; lo stesso dicasi per i coltelli, forbici o altri oggetti taglienti (perché simbolo di lotta e di divisione, dunque cattivo presagio per l’amicizia), i cappelli di color verde (perché vuol dire che uno degli sposi è infedele) o quattro pezzi di qualsiasi oggetto (il numero quattro per i cinesi è simbolo di morte in quanto le due parole sono omofone).

Quando si riceve un regalo, è alquanto ineducato aprirlo davanti a colui che ce l’ha offerto, e se lo si fa non bisogna mai far capire che non ci piace. Si ringrazia chinando leggermente il capo in segno di riconoscenza e dicendo più volte xièxie (grazie).

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L’invito al ristorante

Tocca a chi ha invitato iniziare a servirsi. Non bisogna fare l’errore di aprire le bacchette prima di chi ci ha invitato. Sarà lui a cominciare a servirsi e poi servirà le persone intorno alla tavola. Proprio come a casa, anche al ristorante è segno di maleducazione rifiutare il cibo che ci è stato messo nella ciotola; bisogna mangiare di tutto anche se non piace e dire che i piatti sono veramente squisiti, ripetendolo più volte.

È abitudine cinese alzarsi sovente per fare un brindisi dicendo “ganbei”, ma a differenza dei paesi occidentali bisogna vuotare il bicchiere in un solo colpo. Bisogna fare attenzione perché i “ganbei” sono numerosi e vengono fatti con birra o superalcolici e se i Cinesi hanno l’abitudine di bere d’un fiato senza grossi problemi, un Occidentale può rapidamente ubriacarsi e se un Occidentale è ubriaco perde la faccia. Per evitare una “rovinosa” ubriacatura è consigliabile mettere un dito sul bicchiere per indicare che non si vuole più bere o non finirlo e in ogni caso conoscere molto bene i propri limiti.

Quando tutti hanno terminato di mangiare, non si perde tempo in chiacchere e si lascia il locale abbastanza velocemente.

La numerologia

Alcuni numeri hanno per i Cinesi grande importanza.

Il 9, numero che ad esempio si ritrova in numerose costruzioni, come il Tempio del Cielo, è il segno della forza e della longevità.

Il numero 2 è un portafortuna, poiché compremde i due elementi essenziali maschile e femminile, lo yin e lo yang. Come ci hanno insegnato le recenti Olimpiadi, il numero 8 è simbolo di prosperità e di fortuna, tanto è vero che molti Cinesi fanno di tutto per averlo nella targa della loro auto o nel numero di telefono.

Questo è dovuto al fatto che in cinese la pronuncia del numero 8 (bā) è simile a quella di fā, abbreviazione di fācái, arricchirsi. Il numero telefonico 8888-8888 è stato venduto, a Chengdu, per più di 270,000 USD.

E se il 6 è sinonimo di successo, il 4, al contrario, (“si” in cinese) è un segno di cattivo presagio in quanto omofono della parola morte, tant’è che in molti alberghi o in altri edifici non esiste il quarto piano o non c’è la porta numero quattro!


fonte www.tuttocina.it/fdo/usi-costumi-Cina.htm

 
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Generalità

Stato dell'Asia prima unità politica nel mondo per numero di abitanti e la terza dopo Russia e Canada, per superficie, la Cina si estende dalle coste dell'Oceano Pacifico, a E, sino al massiccio del Pamir, ed è compresa approssimativamente tra il corso dell'Amur (N) e la penisola indocinese (S) . A differenza di altri grandi Stati costituitisi dopo il XVII secolo in seguito a spinte espansionistiche, la Cina deve il suo assetto territoriale a un lungo processo continuato ininterrottamente dal I millennio a. C. e praticamente consolidato già dal VII sec. Forte di un'unità geografica e culturale antica, la Cina ha dovuto tuttavia affrontare nel corso della storia diverse questioni relative ai suoi confini, più volte contestati dai Paesi confinanti (l'ex URSS per le zone dell'Ussuri e del Xinjiang, l'India per l'Assam e l'Himalaya occidentale, il Pakistan e nuovamente l'India per il Kashmir), in quanto tracciati spesso in modo convenzionale, così come discussa è stata la sua giurisdizione su alcuni territori (per esempio Macao, Hong Kong, Taiwan e alcune isole del Mar Cinese, rivendicate anche da Viet Nam, Brunei, Filippine, Malaysia). L'immenso territorio cinese, ripartito in due ambiti distinti da un'immaginaria linea di separazione diagonale in direzione NE-SW, individua zone morfologiche e climatiche differenti, caratterizzate da presenze antropiche e attività economiche peculiari. La parte più esterna, aperta sul fronte oceanico e allungata fino a comprendere la continentale Manciuria, (incuneata in territorio siberiano e da sempre sfruttata per le notevoli risorse minerarie) è occupata da pianure e colline, e percorsa dai fiumi più lunghi del continente. Essa costituisce, da millenni, il terreno per eccellenza per lo sviluppo dell'agricoltura, fondamentale base della vita del Paese e fattore determinante della straordinaria concentrazione demografica stratificatasi nel corso dei secoli. L'altra parte, la Cina interna, mostra invece l'aspetto più aspro del Paese e nasconde al suo interno gli altopiani più elevati del mondo; landa scarsamente popolata, spesso desertica, è la terra tradizionale dei pastori, in parte ancora nomadi, che si è riscoperta in tempi recenti custode di notevoli risorse energetiche divenendo protagonista di uno straordinario sviluppo industriale e insediativo. Paese dei primati (qui si trovano i ponti e le dighe più maestosi del mondo, qui i principali bacini lacustri e i porti mercantili con il maggior traffico di merci del continente), la Cina ha impresso un segno distintivo agli ultimi decenni del XX secolo, connotando i primi anni del millennio successivo con una sua presenza sempre più marcata. Principale produttore di quasi ogni tipo di merce (dai prodotti agricoli, ai minerali, ai manufatti tecnologici), il colosso cinese ha letteralmente invaso i mercati di tutto il mondo, imponendosi non solo per il basso costo del lavoro, la disponibilità di manodopera e di materie prime, ma anche per la capacità di rovesciare meccanismi di mercato adattandoli alla particolarità della propria economia e conquistandosi un posto di primaria importanza anche nei comparti operativi e decisionali dei settori più innovativi della modernità, come l'information technology. Così, se da un lato l'Occidente guarda al gigante cinese come un temibile concorrente per la competitività della sua economia sui mercati globali, dall'altro sembra assistere in modo impotente al rovesciamento di tendenze finora in atto, come i processi di delocalizzazione, invertiti al punto tale che sono le multinazionali cinesi a rilevare le industrie americane e a impiantare i loro headquarters nei Paesi occidentali, a eccellere nel settore aerospaziale, nella ricerca scientifica, nelle biotecnologie. Se quello che l'Occidente, almeno in parte, pare aver sottovalutato, è l'enorme potenzialità rappresentata dalla comunità cinese, che da sola costituisce, in nuce, il gruppo di utenti e consumatori maggiore del pianeta (gli utenti Internet, sono nel 2015 circa 668 milioni), dall'altro lato, il resto del mondo si interroga sul prezzo e sulle conseguenze a livello globale (ambientale ma anche sociale e culturale) che questo sviluppo che sembra senza freni potrebbe comportare, nel timore che l'immensa crescita possa rivelarsi una pericolosa bolla a termine. Nell'attesa di comprendere come evolverà questa tendenza - sebbene dal 2011 si sia già percepito un rallentamento della crescita economica (che si mantiene comunque elevata) - e di vedere come il Paese saprà affrontare le questioni sospese che continuano a fare da sottofondo allo sviluppo economico (inquinamento crescente, censura politica, sovrappopolazione e diseguale ripartizione di ricchezze, inadeguatezza delle strutture democratiche, per citare le principali) la Cina ha deciso di rinnovarsi anche nel modo in cui rilevare e monitorare progresso ed evoluzione nazionale, nell'attesa forse che anche le altre potenze si allineino. Non più il PIL, dunque, come indicatore fondamentale per indirizzare le decisioni del governo e definire le linee della politica, compresa quella economica, ma “l'indice di felicità”: almeno secondo il mandato ricevuto nel 2006 dai funzionari del centro nazionale di statistica, che hanno il compito di individuare tra diversi parametri di soddisfazione, a partire da quelli psicologici, lo stato di benessere della popolazione.



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Territorio: geografia umana. Il popolamento

La Cina è lo Stato più popoloso della Terra: con 1 miliardo e 339 milioni di abitanti censiti nel 2010, il Paese raccoglie circa il 35% della popolazione dell'Asia e un po' meno del 20% di quella di tutta la Terra: un abitante su tre dellʼAsia e uno su cinque del mondo vive in Cina. Il popolamento della Cina risale a tempi assai remoti: i reperti fossili finora portati alla luce appartengono tutti al genere Homo. Datati a 800.000-600.000 anni fa sono i resti fossili più antichi di Homo erectus trovati a Lantian e a Yuanmou (per due incisivi rinvenuti in quest'ultima località è stata addirittura proposta la datazione, oggi messa in discussione, di 1,7 milioni di anni), più recenti sono i noti reperti (Sinantropo) di Zhoukoudian risalenti a un periodo databile fra 460.000 e 230.000 anni fa. Forme umane più evolute di Homo erectus, datate fra 250.000 e 150.000 anni fa, sono state rinvenute nello Shanxi e nello Hexian: tali ominidi sarebbero quindi stati in parte contemporanei dei Neandertaloidi presenti nella Cina nordoccidentale e, sembra, sudoccidentale (Guandong). L'Homo sapiens sapiens moderno appare già diffuso a partire da 40.000 anni fa sia nel Nord (Zhoukoudian) sia in altre regioni, con forti insediamenti di tipi umani premongoloidi a Liucheng e Ziyang (Sichuan), a Shiyu (Shaanxi), a Xujiayao (Shanxi). Le colture materiali di queste genti erano quelle tipiche dei cacciatori-raccoglitori del Paleolitico. Non sono ancora ben noti i rapporti filetici fra queste e le popolazioni neolitiche, che appaiono già in pieno sviluppo dall'VIII millennio a. C. e alle quali si devono la diffusione della coltivazione del riso “umido” nelle grandi pianure fluviali, la domesticazione di varie specie vegetali locali e l'introduzione dell'allevamento di volatili, bovini e suini, che resero possibile un continuo e rapido accrescimento della popolazione. Già nel III millennio a. C. i cinesi in senso stretto, gli han della Cina centrorientale, costituivano l'etnia più importante e numerosa, la cui costante espansione portò all'emarginazione di altre diverse etnie esistenti nel territorio, o alla loro assimilazione soprattutto nell'area centrale e meridionale della Cina. Le fonti ufficiali riconoscono 56 gruppi etnico-linguistici, fra cui è prevalente quello sinico, definito han, assolutamente dominante nell'E e a cui apparterrebbe il 91,5% della popolazione del Paese. Gli han appartengono al gruppo linguistico sino-tibetano, nettamente prevalente nel Paese; tale gruppo presenta due varianti linguistiche principali: la lingua cinese e quella tibetana, assai diseguali sul piano del numero dei parlanti. Esistono tuttavia profonde differenze tra gli han del N e quelli del S, sia sul piano antropologico, sia soprattutto su quello linguistico, tanto che in pratica, i cinesi sono “unificati” linguisticamente solo dalla scrittura. Tutti gli han sono invece accomunati dal tradizionale genere di vita agricolo-sedentario che li ha a lungo distinti dalle minoranze dell'W e dell'estremo N, prevalentemente pastorali e nomadi. Alla famiglia linguistica sino-tibetana appartengono poi anche gruppi classificati a sé come gli zhuang (la minoranza più cospicua, comprendente l'1,3% della popolazione totale), gli hui (0,8%), i miao (0,7%) e gli stessi tibetani. Questi ultimi, pur diffusi su un territorio vastissimo, rappresentano solo lo 0,5% della popolazione della Cina, ma stanno diventando una minoranza nella loro stessa regione in seguito alle violente repressioni, perpetrate a loro carico sin dagli anni Cinquanta, che hanno causato la fuga di decine di migliaia di profughi, e alla successiva pianificata sinizzazione del Tibet mediante immigrazioni di coloni han. Altro gruppo linguistico presente in Cina, ma nettamente minoritario come numero di parlanti, è quello altaico, diffuso nello Xinjiang e nella Zungaria, a contatto con la grande area altaica dell'Asia centrale e, nelle varianti mongola e coreana, lungo un'ampia fascia di confine con la Mongolia e una più stretta fascia presso la Corea del Nord. Minoranze linguistiche vere e proprie, in gran parte ancor oggi collocate alla periferia del Paese e integratesi nella Cina solo a partire dall'Ottocento, risultano i gruppi manciù (0,8%, peraltro uno dei più sinizzati fra i gruppi minoritari), gli uiguri (0,8%), i mongoli (0,4%) e gli hui. Le più compatte di tali minoranze vivono in quattro regioni di grandi dimensioni (insieme costituiscono il 45% dell'intero territorio) formalmente autonome ma scarsamente popolate e soggette a una lenta infiltrazione da parte degli han, che rientra in una politica di lungo periodo volta all'assimilazione. Anche le altre minoranze godono di una certa autonomia e ciascun idioma è teoricamente tutelato dallo Stato. § Sull'andamento demografico il fattore naturale ha sempre avuto incidenze fortissime, e in particolare gli elementi climatici sono responsabili, oltre che delle inondazioni (e quindi delle carestie e dei cali, anche assai ingenti, di popolazione), delle progressive migrazioni verso S, durante i periodi di accentuata aridità. Nel corso dei secoli si sono avuti sviluppi demografici assai alterni, con crescite improvvise nelle fasi di benessere e cali altrettanto spaventosi in quelle di crisi, tanto che guerre dinastiche, inondazioni e pestilenze sembrano essersi imposte periodicamente come fattori di autoregolazione, di riequilibrio del rapporto uomo-ambiente, mentre la grave situazione della Cina alla fine del sec. XIX e agli inizi del XX può ritenersi determinata anche dall'eccezionale crescita demografica, dovuta all'abbassamento del quoziente di mortalità. Alla metà del sec. XVIII sembra vi fossero nel Paese 165 milioni di ab., divenuti 300 milioni alla fine dello stesso secolo; si attribuisce la causa dei primi forti aumenti in buona parte all'introduzione nella Cina meridionale delle colture del mais e della patata, che risolsero gravi problemi alimentari. Successivamente però l'incremento demografico, data l'elevata mortalità, probabilmente non superò mai lo 0,75‰. Ma la natalità era fortissima e così all'inizio del Novecento, con il miglioramento delle condizioni sanitarie, l'incremento subì spinte eccezionali e se ne ebbe la riprova al primo censimento, fatto nel 1953: contrariamente alle valutazioni, che nel 1950 davano una popolazione di 488 milioni, i risultati furono di 580,6 milioni (esclusa Taiwan). La crescita della popolazione cinese ha subito un sensibile rallentamento fra la seconda metà degli anni Settanta e la prima degli anni Ottanta (quando il tasso di incremento medio annuo era sceso all'1,3%, rispetto al 2,4% del decennio precedente), una nuova accelerazione (+1,9%, in media) nel periodo 1986-89 e successivamente una certa stabilizzazione, attestandosi, nel periodo 1994-98, intorno all'1%. Il tasso di natalità dei primi anni del Duemila (1,34% secondo stime riferite al 2007) è largamente inferiore a quello medio asiatico e mondiale, in conseguenza anche delle campagne di pianificazione familiare condotte dal regime comunista, che hanno portato anche a conseguenze drammatiche in tema di aborto e persino di infanticidio (per lo più a spese dei neonati di sesso femminile). La prima massiccia campagna per la limitazione delle nascite fu lanciata nel 1957, quando la positiva e relativamente rapida diminuzione della mortalità allora, insieme a una decrescita della natalità molto più lenta, cominciarono a destare allarmi notevoli. Tendenze opposte emersero già dal 1958, ma la nuova crescita demografica degli anni Settanta indusse a riattivare le misure di pianificazione familiare (legislazione sull'aborto obbligatorio, sanzioni economiche a carico delle famiglie con più di un figlio). Negli anni Ottanta queste furono poi nuovamente attenuate in ragione del sostanziale raggiungimento dei presupposti utili ai fini di una stabilizzazione della popolazione. Il tasso di mortalità, data la struttura giovanile della popolazione, resta basso (7,1‰ secondo stime riferite al 2012), praticamente invariato dagli anni Ottanta. La speranza di vita ha raggiunto in media i 76,5 anni per le donne e i 73,9 per gli uomini. La composizione per sesso della popolazione cinese vede ancora una leggera preponderanza numerica dei maschi, conseguenza della tradizionale predilezione delle famiglie per i figli maschi (per ragioni economico-lavorative), che si è spesso sommata con la politica antidemografica del regime. La struttura per età denota una composizione della popolazione ancora notevolmente giovane: sebbene il Paese vada approssimandosi alla maturità demografica e la piramide delle età, ancora a base larga negli anni Ottanta, sia ormai più vicina alla forma “a fuso” che a quella di una piramide vera e propria, tuttavia la dominanza numerica delle classi di età produttive continua a rappresentare un'importante risorsa per l'economia del Paese. I tassi di crescita presentano comunquee forti differenziazioni da regione a regione. Nelle regioni urbanizzate e industrializzate costiere l'accrescimento della popolazione si sarebbe arrestato da tempo, se non fosse per l'immigrazione, che è ripresa massiccia negli anni Ottanta e che è causa di un forte aumento della popolazione urbana. Le regioni di confine e quelle più interne, pur caratterizzate da basse densità, registrano incrementi più alti della media, dovuti sia al saldo naturale positivo sia all'immigrazione a supporto dello sviluppo economico e della difesa militare. Anche la densità demografica presenta variazioni rilevanti e, rispetto alla media di 141,45 ab./km² dell'intero Paese, si hanno 3 ab./km² nel Tibet e oltre 772 ab. km² nello Jiangsu. Complessivamente le province occidentali di Tibet, Mongolia Interna, Jiangsu, Qinghai, Xinjiang Uygur, che rappresentano il 55% del territorio nazionale, assommano una popolazione di poco inferiore al 6% del totale, mentre quasi il 50% dei cinesi è concentrato in un'area che costituisce solo il 10% dell'intero Paese, in particolare nelle pianure del Nord-Est e nella bassa valle del Chang Jiang. Sotto il profilo etnico gli han restano largamente dominanti, ma hanno un ritmo di crescita meno sostenuto di quello dei 55 gruppi di minoranza. Nel corso dei secoli, in seguito all'eccessiva pressione demografica di certe zone, vi furono spostamenti delle popolazioni verso le terre di nuova conquista (negli anni 1920-50 si ebbe una migrazione di entità impressionante, che portò almeno una ventina di milioni di cinesi dalle province centrale e meridionale nella Manciuria, in seguito alla valorizzazione mineraria di quella regione che si prestava anche alla colonizzazione agricola). Oltre alle migrazioni interne si ebbero gli esodi dei cinesi all'estero: dagli inizi del sec. XIX forti sono le migrazioni di cinesi verso i Paesi limitrofi, l'Europa, il continente americano e il Giappone: sebbene i movimenti migratori sfuggano a ogni possibile stima quantitativa, si calcola che i huaqiao, cinesi residenti all'estero, siano circa 50 milioni. I cinesi rappresentano oggi il 74,2% della popolazione a Singapore, il 24% nella Malaysia, il 10,3% nel Brunei.



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Territorio: geografia umana. Forme di insediamento e urbanesimo

Lʼurbanesimo ha conosciuto un notevole sviluppo: il 51,9% vive nelle città, ma quasi la metà vive villaggi. Il villaggio varia alquanto da regione a regione. Dove si pratica l'agricoltura intensiva – come nel Sud – si hanno fitti nuclei di case sparse nelle risaie; altrove però domina il villaggio compatto. Nel Nord i villaggi conservano spesso le antiche strutture fortificate, derivate dalla necessità di difendersi dalle passate incursioni dei nomadi; nella regione del Löss vi sono villaggi scavati negli strati sedimentari, che offrono condizioni di abitabilità ideali. Ormai i villaggi sono in gran parte organizzati in più ampie strutture socio-economiche. La migrazione verso le città è stata verso la fine del sec. XX massiccia, sebbene pianificata sulla base delle occasioni di lavoro create dalle nuove imprese industriali e commerciali. Si è anche avuta la nascita di città nuove, specie nelle regioni di più recente conquista agricola e mineraria, mentre nelle zone rurali molti centri hanno assunto funzioni che, nel passato, la struttura economica e sociale basata sul villaggio più o meno autosufficiente rendeva superflue. L'urbanizzazione in senso moderno è nata in Cina con la penetrazione commerciale occidentale: la città cinese era, invece, all'origine, centro amministrativo o guarnigione militare o sede del sovrano. Quest'ultima è stata anzi la prima città; era a pianta quadrata, recinta da mura, e ospitava al centro il palazzo del sovrano, il tempio degli antenati, i giardini. Intorno a questa struttura essenziale si svilupparono poi i quartieri mercantili. L'espansione urbanistica del sec. XIX ha distrutto l'armonica struttura antica, che in parte si conserva solo a Pechino e in poche altre città, mentre i grandi centri portuali, come Shanghai, Tianjin e Canton, assumevano gli aspetti delle città occidentali, con i grandi edifici centrali sedi delle compagnie commerciali, circondandosi di numerosi e poveri sobborghi. Le vecchie città cinesi sono state in gran parte risanate e dotate di adeguati servizi, di mezzi moderni di trasporto, ampliandosi in nuovi quartieri di abitazione. Gli sviluppi dell'urbanizzazione sono indicati da alcune cifre: nel 1953 vi era una popolazione urbana di 89 milioni di ab., balzati a 234 milioni nel 1989. Tale crescita non è stata costante: molto forte fino al 1959, ha subito un rallentamento negli anni successivi in seguito al controllo esercitato dal governo sui movimenti verso le città. Nel solo decennio 1950-60 sono state rimodernate oltre 2000 città e ne sono state create ex novo ca. 200. La popolazione urbana cinese si distribuisce in un'ampia serie di città, molte delle quali hanno di recente superato il milione di abitanti, e alcune delle quali superano i 5 milioni. Le città milionarie sono circa 100 (erano solo una decina a metà del Novecento) e gli agglomerati urbani con oltre 10 milioni di persone possiamo annoverare Shanghai, Pechino e Tianjin. A Shanghai, capitale regionale del basso Chang Jiang, si sono concentrate le prime filiali di banche estere (americane, francesi, giapponesi) tornate a operare in Cina e che accrescono vertiginosamente sia gli investimenti esteri sia le attività terziarie. Queste ultime si rivolgono, oltre che ai rami finanziari, anche all'innovazione tecnologica, per cui si prevede che, entro il 2010, almeno 1/5 delle produzioni industriali localizzate nell'area riguardino fibre ottiche, robotica, biotecnologie, ecc. Meno dinamica l'evoluzione di Pechino, antica splendida capitale dei Mongoli, punto d'arrivo della Via della Seta, da secoli celebre centro storico, culturale, artistico e industriale, centro politico-amministrativo della Cina, e Tianjin, porto attivo soprattutto a partire dal sec. XIX e oggi città commerciale e industriale di primo rango. Lo sviluppo economico, in ogni caso, alimenta notevoli flussi di manodopera rurale verso le città, in particolare, della fascia costiera, mentre si ridimensionano le prospettive del fronte pioniero aperto, verso ovest, fin dall'epoca della Rivoluzione culturale, con lo scopo non soltanto di valorizzare i territori interni, allentando la pressione demografica a E, ma anche di rafforzare il controllo han sulle minoranze etniche di quelle regioni. Minoranze che, a lungo ignorate o sottovalutate dalle statistiche ufficiali, costituiscono viceversa la maggior parte della popolazione della Cina centro-occidentale, a bassa densità e debole grado di industrializzazione, dalla Manciuria interna alla Mongolia, dallo Shanxi al Xinjiang Uygur, dallo Yunnan all'immensa area tibetana. Il pur lento e contraddittorio processo di democratizzazione lascia riemergere tali diversità etniche, con possibili conseguenze sugli equilibri regionali, già fortemente sbilanciati dalla concentrazione dello sviluppo economico. L'area più urbanizzata è la Manciuria, dove esistono diverse metropoli, la cui crescita è avvenuta quasi interamente nel corso del Novecento. Shenyang (in mancese Mukden) è la maggiore, sviluppatasi come centro commerciale e poi industriale, con colossali impianti che sfruttano i ricchi giacimenti locali di ferro e carbone; non lontano da Shenyang sorgono, sempre con funzioni soprattutto siderurgiche e metallurgiche, Fushun, Benxi, Anshan, che nell'insieme formano una conurbazione paragonabile in certo senso alla Ruhr. Sbocco portuale della regione è Dailan, fiancheggiata dalla vicina Lüshun, la vecchia Port Arthur. Altre importanti città della Manciuria, poste sulla linea ferroviaria collegata alla Transiberiana, sono Changchun e soprattutto Harbin, valorizzata dai Russi nell'epoca zarista e oggi sede di molteplici industrie. Nella pianura del Huang He, oltre a Pechino, hanno assunto un rilevante ruolo economico varie città, molte delle quali ricche di vestigia dell'antica civiltà cinese, oggi centri commerciali con industrie di trasformazione prevalentemente legate all'economia agricola della regione; qualcuna però, come Jinan, ha potenziato altri settori, in particolare quello siderurgico grazie allo sfruttamento delle miniere dello Shandong, regione che ha in Qingdao uno dei maggiori porti cinesi. Anche nella media valle del Huang He si sono sviluppate alcune città in funzione mineraria, come Xi'an e Taiyuan (siderurgia, meccanica pesante). Il bacino del Chang Jiang ospita, oltre a Shanghai, numerose grandi città, talune di origine antica, come Nanjing (Nanchino), valorizzata in epoca moderna, centro industriale che opera soprattutto in funzione della regione agricola del basso Chang Jiang. Nella sezione media del grande bacino sorge Wuhan, una delle maggiori città cinesi, porto fluviale e attivo nodo di comunicazioni, sede di un complesso siderurgico che sfrutta i minerali ferrosi dei vicini giacimenti e il carbone dello Sichuan. Tali risorse minerarie hanno determinato lo sviluppo di varie altre città a cominciare da Chongqing e dalla storica Chengdu. Sulla costa meridionale della Cina si succede una fitta serie di porti; i maggiori sono Fuzhou, assai suggestiva, con le sue vie d'acqua, i suoi ponti, le sue eleganti architetture (è detta la “Venezia d'Oriente”), e Canton, le cui fortune sono legate alla funzione di grande emporio commerciale, sede tra l'altro di una fiera merceologica internazionale di larghissima rinomanza, ma oggi altresì dotato di industrie poderose. Sulla via per la Mongolia una grande città che di recente ha ricevuto impulso è Lanzhou, posta presso la Grande Muraglia, antico centro sulla via della Seta e oggi sede di industrie che sfruttano le risorse minerarie, petrolifere in particolare, delle regioni interne; altra importante città del Nord è Yinchuan, capoluogo della Regione autonoma del Ningxia Hui. Sulla ferrovia che, attraverso la Zungaria, porta al confine con il Kazakistan, ha registrato un rilevante sviluppo Ürümqi, fulcro di tutto il Nord-Ovest. Infine nel Tibet il centro principale resta il capoluogo Lhasa, che ebbe in passato funzioni quasi esclusivamente religiose in quanto sede del Dalai-lama.



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Cultura: generalità

Le dimensioni territoriali, la composizione etnica, le vicende storiche e il recente, e tuttora in atto, eccezionale sviluppo economico sono solo alcuni degli elementi che, in forme e tempi diversi, hanno contribuito a delineare un panorama culturale multiforme, complesso e in costante e sostenuta evoluzione. La prima considerazione necessaria va fatta a proposito della straordinaria capacità del popolo e delle autorità cinesi di mantenere vive, e spesso intatte, tradizioni millenarie, ben oltre i loro valori estetici o formali, ma in quanto componenti identitarie essenziali, sia in una dimensione privata o familiare, sia su un piano collettivo. È altresì vero che quest'attitudine non deve essere ricollegata unicamente agli ambienti sociali meno toccati dalle influenze della modernità, i quasi 600 milioni di cinesi, quindi, che vivono fuori dai contesti urbani, per i quali, al di là delle precarie condizioni economiche, si può ritenere più semplice, o persino obbligato, mantenere il legame con il proprio passato in tutte le sue forme. Si tratta, bensì, di un tratto comune a tutto il popolo cinese, una sorta di meta-tradizione: un'abilità di conservazione e cura delle eredità che viene essa stessa tramandata. È in Cina, infatti, che si possono ancora oggi trovare, per esempio, un vero culto dell'arte calligrafica, o decine di migliaia di persone che al mattino, nei parchi delle grandi città, si ritrovano per la pratica quotidiana del Tai chi. Molte di queste arti, inoltre, rientrano nei programmi di insegnamento delle università (anche per gli stranieri) al fianco di materie come la medicina tradizionale o l'agopuntura. A queste forme di valorizzazione delle proprie radici culturali è necessario aggiungere quelle più ovvie e universali di tutela e promozione del patrimonio storico-artistico, benché piuttosto recenti e legate alla maggior apertura socio-politica dei governi di fine e inizio millennio, e tuttavia non ancora adeguate alla piena valorizzazione di un capitale eccezionale. Solo il numero dei siti inseriti dall'UNESCO nella propria lista del patrimonio dell'umanità è sufficiente a dare conto dell'importanza delle ricchezze artistiche, archeologiche, architettoniche: 34 siti culturali - ai quali si aggiungono i quattro siti culturali e naturali - fra gli altri i Palazzi imperiali delle Dinastie Ming e Quing di Pechino e Shenyang (1987, 2004), la Grande Muraglia (1987), giardini del Palazzo d'Estate a Pechino (1998). Al complesso delle tradizioni che scandiscono la vita di molti cinesi vanno affiancandosi le pratiche, i costumi e le mode arrivati dall'estero, dall'Occidente in particolare, che hanno influito sulla quotidianità e sulla cultura in senso ampio: dalla cucina alle bevande (birra e Coca-Cola stanno soppiantando il classico tè), dalla moda al cinema. Esempio perfetto è quello delle attività sportive e ricreative. In queste ultime, per esempio, i giovani cinesi sono diventati uno dei mercati più appetibili e remunerativi per le multinazionali dei videogiochi e, più in generale, dell'intrattenimento tecnologico. Nello sport, alle discipline tradizionali quali la ginnastica e le arti marziali si sono affiancati da alcuni anni sport “moderni”, nei quali, anche grazie alle infinite risorse umane a disposizione, la Cina ha raggiunto risultati di massimo livello: dal tiro a segno alla pallacanestro (famoso è il caso di Yao Ming, primo giocatore cinese a entrare nell'NBA, il campionato professionistico statunitense, che è stato una delle maggiori star del basket mondiale) al nuoto, senza dimenticare discipline come il tennis da tavolo in cui il dominio cinese è stato ininterrotto per decenni. Il 2008 è stato l'anno in cui la Cina ha ospitato i Giochi Olimpici. Quello cinese è quindi un panorama culturale di cui è arduo dar conto in maniera esaustiva, data la molteplicità delle sue componenti. Di certo se in alcuni ambiti solo da pochi anni il Paese si è aperto al contatto e alle commistioni con il mondo, in altri settori è proprio la Cina a essere il modello di riferimento, il motore dello sviluppo, come succede per la ricerca, in particolare quella spaziale. Di contro molta strada resta da fare su temi quali la libertà di espressione e una vera democrazia culturale: in Cina alcuni siti Internet sono ancora resi inaccessibili dalle autorità e poter esprimere la propria opinione sui giornali non è sempre così facile e scontato per i giornalisti.



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view post Posted on 27/5/2020, 17:05     Top   Dislike
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Cultura: tradizioni

Il patrimonio culturale cinese è frutto, anche nell'ambito folclorico, di un'evoluzione continua, con varianti locali numerosissime. Un elemento tuttavia ricorre costantemente nelle tradizioni nate e maturate nella corrente della civiltà confuciana ed è costituito dal rapporto uomo-natura, inteso secondo una visione che oggi si potrebbe definire di alta sensibilità ecologica. L'integrazione dell'uomo nell'ambiente naturale è alla base di parecchi usi. Un'altra costante è offerta da una visione della vita priva del senso del peccato (“civiltà della vergogna” in contrapposizione alla “civiltà della colpa”, quale si potrebbe definire quella imperniata sul cristianesimo). Queste e altre costanti operano anche oggi, nel quadro di una modernizzazione che non significa affatto europeizzazione. Folcloristicamente è ancora attivo il principio della gerarchizzazione, inteso come coerenza di un nucleo familiare portatore di un prestigio. Caduti tutti i ritualismi cruenti (come la soppressione dei figli per non sminuzzare le eredità), è rimasto l'uso di un'educazione imperniata sull'autocontrollo come accettazione della coesistenza nell'ambito familiare e sociale. Sono scomparsi l'uso della vendita e le dure condizioni imposte alla donna come essere subordinato (il “piede di giglio”, deformazione dei piedi secondo un'usanza tenuta in vigore per nove secoli, è ormai un ricordo del passato). Sono tuttora sentiti il grande rispetto per i defunti e la scrupolosa conservazione di alcuni riti connessi (il bianco è il colore del lutto, come in India). Il ciclo annuale delle feste era ricco di solennità; alcune di queste conservano ancora notevole importanza, come la Festa dell’anno nuovo (o Festa della primavera). L'abbigliamento ha subito una trasformazione quando è entrata in uso la divisa di cotone blu, dalla tipica casacca abbottonata al collo. Non è raro tuttavia trovare ancora i ricchi costumi, a vivaci colori, di certe minoranze nazionali. Il divertimento, il gioco specialmente, ha perduto il carattere sacrale di un tempo ma resta sempre un'attività da realizzare con estremo impegno. Nella Cina contemporanea l'esercizio di abilità, specie fisico, è mantenuto in grande onore e inteso come mezzo educativo. L'abitudine di fumare oppio è scomparsa, anche perché il commercio e l'uso della droga sono ora puniti con la pena di morte. Nell'artigianato è tipica l'assenza di ogni distinzione a vantaggio di una presunta superiorità dell'arte. Numerosi sono ancora i lavori in giada, in avorio, in quarzo, smaltati e laccati; molto in auge sono tuttora i lavori di ricamo in seta e la confezione di tappeti, secondo una tradizione millenaria. Raffinate elaborazioni nella preparazione dei cibi e nella loro presentazione caratterizzano la gastronomia; la consumazione delle vivande è tuttora affrontata con spiccato senso del rituale. La cucina è varia e imperniata su numerose tradizioni locali di origine contadina; parecchie differenziazioni sono dovute anche a particolari prescrizioni religiose. È assente l'uso del latte di vacca e dei suoi derivati; i piatti, in genere confezionati in modo da non dover ricorrere all'uso del coltello, sono preparati in funzione di un consumo collettivo. I più noti (un elenco, anche sommario, dei più tipici sarebbe impossibile) sono: zuppa di semi di loto, anitra alle prugne, maiale in agrodolce, ostriche al vino di riso. Il tè è bevanda nazionale (in mancanza, si beve acqua bollita). Tra le bevande alcoliche si citano il vino di riso e vari tipi di grappe ottenute dalla fermentazione del riso, del miglio e di altri cereali. Va ricordato anche il patrimonio folclorico dei vari gruppi etnici (yi, miao, mongoli, tibetani) che vivono entro il territorio della Cina senza connettersi intimamente alle sue tradizioni. Infine, va accennato un più recente folclore, che, promosso inizialmente dalle vicende della lotta rivoluzionaria, si esprime nelle grandi manifestazioni ginniche popolari, nell'uso di nuove forme di propaganda e partecipazione politica, nelle grandi sfilate, negli spettacoli politico-culturali. La struttura familiare, l'organizzazione del lavoro, il costume quotidiano si sono andati trasformando profondamente, in un primo tempo, sotto la spinta dell'ideologia maoista e, recentemente, con l'occidentalizzazione di alcuni aspetti della società: per esempio l'impegno nella lotta contro ogni forma di arretratezza, i rapporti nuovi instaurati fra città e campagna, una nuova politica verso le minoranze nazionali.



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view post Posted on 29/5/2020, 16:42     Top   Dislike
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Cultura: letteratura. Caratteri generali

Le prime forme di espressione scritta, sia pure rozze e schematiche, sono documentate dai reperti di ossi e dorsi di tartaruga rinvenuti ad Anyang. Questo genere di epigrafia si ritrova anche durante la dinastia Chou (sec. XI-III a. C.), sebbene più evoluta e più ricca nelle espressioni. Nascono nel frattempo i primi, veri documenti letterari: tra l'800 e il 600 a. C. compaiono alcuni libri, consistenti in strisce di bambù, su cui i caratteri ideografici sono incisi. Il pennello per scrivere fu inventato, secondo la tradizione, soltanto nel 115 a. C. In quei primi libri, dove era stata fissata per iscritto una lunga tradizione orale di credenze, di canti, di avvenimenti, di riti, si riassumono nella sostanza il pensiero e la civiltà cinese antica. Considerati da Confucio come classici (ching) furono eretti, per ca. 25 secoli, a partire dal sec. V a. C., a fondamento ideale della società cinese, secondo l'interpretazione morale, storica e filosofica che Confucio ne aveva dato attraverso il suo insegnamento, raccolto in testi che, uniti ai ching, costituiscono complessivamente i Classici, nel numero di nove libri così suddivisi: i Cinque classici e i Quattro libri. I Cinque classici sono: Shu-ching (Il libro dei documenti), Shih-ching (Il libro delle odi), I ching (Libro dei mutamenti), Li-chi (Libro dei riti), Ch’un ch’iu (Primavere e Autunni, una composizione di tipo annalistico); i Quattro libri sono: Ta hsüeh (La grande scienza), Chung-yung (L'invariabile centro), Lun-yü (I dialoghi), Meng-tzu (Il libro di Mencio). Il confucianesimo esercitò in Cina, sul modo di vita, sulla morale, sui costumi e, più in generale, sull'ideologia e sulla cultura, una funzione che si rivelò assolutamente predominante. Nel 124 a. C. l'I ching fu assunto a base dell'insegnamento scolastico e delle materie d'esame nei concorsi statali. Gran parte della produzione letteraria cinese, dalle cronache ai romanzi, dalla filosofia alla politica, non è che un riflesso dell'ideologia confuciana. Tuttavia ebbero grande influenza sulla letteratura cinese, fino a diventarne componenti essenziali, altri due filoni filosofici: il taoismo e il buddhismo. Sono di ispirazione taoista le storie fantasiose, con la partecipazione di fantasmi, di incantesimi, di volpi travestite; sono di ispirazione buddhista le storie edificanti, le narrazioni di viaggi di monaci pellegrini, le opere filosofiche buddhiste, le traduzioni dal pāli o dal sanscrito dei testi sacri buddhisti. Fatta questa premessa, esamineremo ora la copiosa produzione letteraria cinese, distinguendo gli autori secondo i generi trattati: poeti, storici, eruditi, romanzieri, filologi, saggisti, scrittori politici.



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view post Posted on 31/5/2020, 17:54     Top   Dislike
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Cultura: letteratura. I poeti

Il più grande poeta dell'antichità cinese è Qu-Yuan (340-278 a. C.). Le sue liriche riflettono una disperata sofferenza per la triste condizione della Cina, sconvolta da guerre. Tao Qian (365-427) fu il maggior poeta del periodo delle Sei Dinastie ed esaltò la tranquillità dello spirito a contatto con la natura. Dal sec. VIII fino alla metà del IX si ha il periodo d'oro della lirica cinese: una selezione della vastissima produzione poetica di quel periodo è intitolata Le trecento liriche T’ang, in cui figurano i maggiori poeti della Cina, come Wang wei, Du Fu, Bai Juyi, Yüan Chen e soprattutto Li Bai (o Li T'ai-po). La produzione poetica del periodo T'ang è così importante che i suoi autori vengono considerati “classici”, e a essi si ispirano i poeti cinesi delle epoche successive. Nel sec. X circa si afferma un nuovo stile poetico, denominato tz’u, la cui origine risale ai canti popolari. Il tz’u, poesia dal ritmo particolarmente libero e ispirata all'amore, caratterizza la lirica Sung; il suo maggior esponente è Li Yü, imperatore anteriore ai Sung e da essi fatto prigioniero e spodestato. Sotto il regno dei Sung la lirica tz’u si arricchisce di contenuto umano, particolarmente a opera di Su Shih e della poetessa Li Qingzhao, mentre Chou Pang-yen ne cristallizza la forma, creando un modello per i poeti futuri. Con il sec. XIII, segnato dalla conquista mongola e dalla conseguente instaurazione della dinastia Yüan, si afferma, quale impegno poetico di altissimo livello, l'opera teatrale. Poesia e dramma si fondono diventando interdipendenti. Tutta la produzione poetica del periodo Yüan si riversò nei drammi. Il tz’u fu sostituito da un altro tipo di poesia, anch'essa collegata ai canti popolari, ma di origine mongola, e ristrutturata su una nuova metrica. Questa poesia cantata e intercalata all'azione del dramma teatrale si chiamò ch’ü. I ch’ü, come del resto i tz’u, sono giunti a noi privi delle arie melodiche, che venivano trasmesse oralmente. I poeti del periodo Ming disdegnarono questo genere popolare e scrissero liriche richiamandosi alla tradizione poetica T'ang e ignorando la tradizione popolare contemporanea. Con essi ha inizio il periodo della decadenza. La loro produzione è priva di originalità e inventiva. Nulla mutò con la successiva dinastia Ch'ing (se si eccettua l'opera originale di Yüan Mei), di cui basta ricordare i due capiscuola: Wu Wei-ye, che per la perfezione formale del verso influenzò i poeti posteriori, e Ts'ien Ch'ien-yi, le cui opere furono bruciate perché non esitò a fare atto di fedeltà all'imperatore mancese dopo la sottomissione della Cina al nuovo dominatore straniero, la dinastia Ch'ing. Dei poeti dell'età moderna, meritano una citazione Guo Moruo, Hu Shih, Wen I-to, nati alla fine del sec. XIX, e Ai Ch'ing, degli inizi del sec. XX. Con essi la poesia ha abbandonato i vecchi schemi, l'antico linguaggio, la metrica classica. Nella ricerca di un contatto con il popolo, viene introdotta la lingua parlata, sono trattati temi politico-sociali, mentre un ampio dibattito culturale scuote dalle fondamenta una tradizione che i cinesi respingono per affossare con essa la società divisa in poveri e ricchi, in cui quella tradizione era nata e maturata.



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