Israele, ufficialmente Stato d'Israele (in ebraico: מדינת ישראל[?·info], Medinat Yisra'el; in arabo: دولة اسرائيل, Dawlat Isrā'īl), è uno Stato del Vicino Oriente affacciato sul mar Mediterraneo e che confina a nord con il Libano, con la Siria a nord-est, Giordania a est, Egitto e golfo di Aqaba a sud e con i territori palestinesi, ossia Cisgiordania a est e striscia di Gaza a sud-ovest[8][9].
Non solo viaggio santo: il doppio fascino di Israele
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Situato in Medio Oriente, occupa approssimativamente un'area che secondo i racconti biblici in epoca antica era compresa nel Regno di Giuda e Israele e nella regione di Canaan, soggetta nel tempo al dominio di numerosi popoli, tra cui egizi, assiri, babilonesi, romani, bizantini, arabi e ottomani, nonché teatro di numerose battaglie etnico-religiose. In età contemporanea è stata parte del mandato britannico della Palestina, periodo durante il quale fu soggetta a flussi immigratori di popolazioni ebraiche, incoraggiate dalla nascita del movimento sionista, che mirava alla costituzione di un moderno Stato ebraico. Dopo la seconda guerra mondiale e la Shoah, anche per cercare di porre rimedio agli scontri tra ebrei e arabi, il 29 novembre 1947 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite nella risoluzione n. 181 approvava il piano di partizione della Palestina che prevedeva la costituzione di due Stati indipendenti, uno ebraico e l'altro arabo. Alla scadenza del mandato britannico il moderno Stato d'Israele fu quindi proclamato da David Ben Gurion il 14 maggio 1948[
Tale ripartizione fu però osteggiata da gruppi sionisti e dalla totalità dei rappresentanti palestinesi, nonché dai Paesi arabi. Dopo alcuni scontri già all'indomani del voto della risoluzione, terminato il ritiro delle truppe britanniche, la Lega Araba avviò una guerra contro il neonato Stato ebraico, dando origine a una serie di conflitti arabo-israeliani; accordi di pace sui confini furono in seguito raggiunti solo con Egitto (1979) e Giordania (1994). Rispetto ai territori palestinesi non esistono tuttora confini precisi. Oltre a estendere il territorio dello Stato dopo la prima guerra arabo-israeliana del 1948 (denominata da parte israeliana guerra d'Indipendenza, mentre da parte araba Nakba "catastrofe"), rispetto a quanto previsto dalla risoluzione ONU, Israele ha anche occupato i territori della Cisgiordania e della Striscia di Gaza dopo la guerra dei sei giorni del 1967 e nel corso degli anni vi ha costruito nuovi centri abitati.
Lo Stato palestinese, proclamato nel 1988 e ammesso come osservatore permanente dell'ONU nel 2012, ma ancora non riconosciuto come tale da Israele e da altri Paesi, controlla la striscia di Gaza, dalla quale Israele sì è ritirata unilateralmente nel 2005 (facendone evacuare anche coattamente i ventuno insediamenti) e solo alcune zone della Cisgiordania, che rivendica interamente anche se rimane prevalentemente controllata da Israele, secondo le decisioni degli accordi di Oslo del 1993. La sovranità israeliana non è riconosciuta da molti Stati arabi, mentre rappresentanti palestinesi hanno riconosciuto Israele nel 1993, come parte degli stessi accordi di Oslo[13]. Diversi tentativi di accordi di pace non hanno finora dato i frutti sperati e l'area continua quindi a essere geopoliticamente instabile.
All'aprile 2015 la popolazione israeliana era di 8.345.000 abitanti[4][5]. È l'unico Stato al mondo a maggioranza ebraica (il 74,9% della popolazione[4][5]) e con una consistente minoranza di arabi (circa il 20%, in prevalenza di religione musulmana, ma anche cristiana o drusa)[14].
La Legge fondamentale del 1980 (Israele, come il Regno Unito, non ha una Costituzione scritta) afferma che la capitale è Gerusalemme, rivendicata come tale anche dallo Stato di Palestina almeno nella sua parte orientale, ma non riconosciuta dalla maggior parte dei membri dell'ONU[15]. Tuttavia quasi tutti gli Stati che hanno relazioni diplomatiche con Israele mantengono le proprie ambasciate a Tel Aviv[16], centro finanziario del Paese, o nelle vicinanze, ma mantengono comunque sedi consolari a Gerusalemme.
Israele è governato da un sistema parlamentare a rappresentanza proporzionale. È considerato un Paese sviluppato, è membro dell'OCSE[17] e secondo il Fondo monetario internazionale nel 2013 era al 37º posto nella lista degli Stati per prodotto interno lordo. Ha inoltre il più alto indice di sviluppo umano in Medio Oriente[18] ed è uno dei Paesi con la più alta aspettativa di vita nel mondo[19
Etimologia
Sull'etimologia del nome Israele non esiste un'opinione comune. Secondo Victor P. Hamilton il nome deriva dall'unione del verbo śarar ("governare", "avere autorità") e del sostantivo el ("Dio"). Il significato sarebbe dunque "Dio governa" o "Possa Dio governare".[20]
Secondo Geller invece l'etimo è da rintracciarsi nel verbo śarah ("combattere"), dal momento che Giacobbe cambia nome dopo la lotta con una possibile manifestazione divina. In questo caso il significato sarebbe "Colui che ha combattuto con Dio" o "Dio combatte".[21]
Un'interpretazione comune[22] fa derivare il nome dal soprannome di Giacobbe, ovvero Israele (איש רואה אל, Ish roe El, che tradotto significa "l'uomo che vide (l'angelo di) JHWH"). "Eretz Yisrael" avrebbe dunque il significato di "Terra di Giacobbe". La grafia di questa interpretazione (ישראל) è quella più aderente alla parola Israele (ישראל).
Il documento più antico su cui appare la parola "Israele" è la cosiddetta "Stele di Merenptah", una stele risalente al 1209-1208 a.C. circa che documenta le campagne militari nella terra di Canaan del Faraone della XIX dinastia. La stele parla di Israele come di uno tra i tanti popoli di pastori nomadi della regione, piuttosto che di una nazione bene organizzata:[23]
Il popolo ebraico prima della nascita di Israele
Il popolo ebraico nell'antichità e nel medioevo
Secondo la tradizione[25] una serie di regni e stati ebraici (vedi Dodici tribù di Israele) ebbe vita nella regione per oltre un millennio a partire dalla metà del secondo millennio a.C. Ricordiamo per brevità il Regno di Israele distrutto nel 722 a.C., anno dell'invasione assira, e il Regno di Giuda (distrutto nel 587 a.C.) con la distruzione del tempio da parte di Nabucodonosor II e deportazione a Babilonia della popolazione. Dopo l'esilio babilonese nel 538/7 a.C. Ciro il Grande, che nel 539 a.C. conquista Babilonia, emana un decreto che autorizza gli esuli Ebrei a tornare in patria. Tuttavia la ricostituzione di Giuda non fu immediata per probabile indolenza anche da parte degli stessi esuli oltre che a causa di resistenze e opposizioni esterne, e ciò è dimostrato dall'episodio narrato nel libro di Neemia (Neemia 2:1) avvenuto nel 20º anno di Artaserse I. Il monarca, accogliendo la supplica di Neemia suo coppiere, emanò l'editto che autorizzava la ricostruzione delle mura di Gerusalemme. L'editto di Artaserse I risale quindi al 445/4 a.C. Giuda fu posto sotto protettorati diversi, dai Persiani ai Romani, fino al fallimento della grande rivolta ebraica contro l'Impero Romano, che provocò la massiccia espulsione degli Ebrei dalla loro patria (Diaspora ebraica).
Nel VII secolo, l'Impero Bizantino perse la regione per mano degli Arabi che, insediandosi, vi attrassero nuovi coloni, specialmente dalle regioni meridionali della Penisola araba. Dopo un fortunato periodo sotto il califfato omayyade, l'area decadde progressivamente in età abbaside, trovando una qualche nuova vitalità in periodo tulunide prima di ricadere sotto il controllo delle tribù nomadi dei Banū Kalb e dei Banū Kilāb.
Con le Crociate e le successive dominazioni dei Fatimidi, Zengidi, Ayyubidi e Mamelucchi, la regione riacquistò una certa importanza. I nuovi dominatori Ottomani non furono invece del tutto all'altezza del compito, abbandonando l'amministrazione dell'area nelle poco capaci mani degli sconfitti Mamelucchi, trasformati in loro vassalli.
Malgrado un tentativo della dinastia khediviale di Mehmet Ali di annettersi la regione, grazie ad alcune azioni militari tentate dal figlio del fondatore Ismāʿīl Pascià, gli Ottomani rimasero al potere fino alla I guerra mondiale, che li vide soccombenti per la loro alleanza con gli Imperi Centrali.
Nell'immediato dopoguerra fu creato in Palestina e in Transgiordania un Mandato della Società delle Nazioni, affidato alla Gran Bretagna, mentre in Siria un altro Mandato fu attribuito alla Francia.
Nascita dello Stato
Nel 1947 l'Assemblea delle Nazioni Unite (che allora contava 52 Paesi membri), dopo sei mesi di lavoro da parte dell'UNSCOP (United Nations Special Committee on Palestine), il 29 novembre approvò la Risoluzione dell'Assemblea Generale n. 181[29], con 33 voti a favore, 13 contro e 10 astenuti, che prevedeva la creazione di uno Stato ebraico (sul 56,4% del territorio e con una popolazione di 500 000 ebrei e 400 000 arabi) e di uno Stato arabo (sul 42,8% del territorio e con una popolazione di 800 000 arabi e 10 000 ebrei). La città di Gerusalemme e i suoi dintorni (il rimanente 0,8% del territorio), con i luoghi santi alle tre religioni monoteiste, sarebbero dovuti diventare una zona separata sotto l'amministrazione dell'ONU. Secondo il piano, lo Stato ebraico avrebbe compreso tre sezioni principali, collegate da incroci extraterritoriali; lo Stato arabo avrebbe avuto anche un'exclave a Giaffa.
Mappa della distribuzione della popolazione nel 1946
Nella sua relazione l'UNSCOP[30] si pose il problema di come accontentare entrambe le fazioni, giungendo alla conclusione che soddisfare le pur motivate richieste di entrambi era "manifestamente impossibile", ma che era anche "indifendibile" accettare di appoggiare solo una delle due posizioni. Nel decidere su come suddividere il territorio considerò, per evitare possibili rappresaglie da parte della popolazione araba, la necessità di radunare tutte le zone dove i coloni ebrei erano presenti in numero significativo (seppur spesso in minoranza, si veda la mappa a sinistra) nel futuro territorio ebraico.
La Gran Bretagna, che negli anni trenta durante la Grande rivolta araba aveva già tentato diverse volte senza successo di spartire il territorio tra la popolazione araba preesistente e i coloni ebrei in forte aumento, si astenne nella votazione e rifiutò apertamente di seguire le raccomandazioni del piano, che riteneva si sarebbe rivelato inaccettabile per entrambe le parti; ben presto annunciò che avrebbe terminato comunque il proprio mandato il 15 maggio 1948.
Le reazioni alla risoluzione dell'ONU furono diversificate: la maggior parte degli ebrei, rappresentati ufficialmente dall'Agenzia Ebraica, l'accettarono, pur lamentando la non continuità territoriale tra le varie aree assegnate allo Stato ebraico. Gruppi più estremisti, come l'Irgun e la Banda Stern, la rifiutarono, essendo contrari alla presenza di uno Stato arabo in quella che consideravano "la Grande Israele", nonché al controllo internazionale di Gerusalemme.
Tra la popolazione araba la proposta fu rifiutata, con diverse motivazioni: alcuni negavano totalmente la possibilità della creazione di uno Stato ebraico; altri criticavano la spartizione del territorio che ritenevano avrebbe chiuso i territori assegnati alla popolazione araba (oltre al fatto che lo Stato arabo non avrebbe avuto sbocchi sul Mar Rosso né sulla principale risorsa idrica della zona, il Mar di Galilea); altri ancora erano contrari perché agli ebrei, che allora costituivano una minoranza (un terzo della popolazione totale che possedeva solo il 7% del territorio), fosse assegnata la maggioranza (56%, ma con molte zone desertiche) del territorio (anche se la commissione dell'ONU aveva preso quella decisione anche in virtù della prevedibile immigrazione di massa dall'Europa dei reduci delle persecuzioni della Germania nazista); gli stati arabi infine proposero la creazione di uno Stato unico federato, con due governi.
Tra il dicembre del 1947 e la prima metà di maggio del 1948 vi furono cruente azioni di guerra civile da ambo le parti. Il piano Dalet (o "Piano D") dell'Haganah, messo a punto tra l'autunno del 1947 e i primi mesi del 1948, aveva come scopo la difesa e il controllo del territorio del quasi neonato Stato israeliano, e degli insediamenti ebraici a rischio posti di là dal confine di questo. Il piano, seppur ufficialmente solo difensivo, prevedeva comunque, tra le altre cose, la possibilità di occupare "basi nemiche" poste oltre il confine (per evitare che venissero impiegate per organizzare infiltrazioni all'interno del territorio), e prevedeva la distruzione dei villaggi palestinesi ("setting fire to, blowing up, and planting mines in the debris" ovvero "dar fuoco, brillare e minare le rovine") espellendone gli abitanti oltre confine, ove la popolazione fosse stata "difficile da controllare"[31], situazione che ha portato diversi storici a considerare il piano stesso indirettamente responsabile di massacri e azioni violente contro la popolazione palestinese (seppur non presenti né giustificate esplicitamente dal piano), in una specie di tentativo di pulizia etnica[32]. L'impatto emotivo sull'opinione pubblica del massacro di Deir Yassin, avvenuto il 9 aprile da parte di membri dell'Irgun e della Banda Stern e all'insaputa dell'Haganah, fu una delle cause principali della fuga degli abitanti nei mesi seguenti.
Il 14 maggio del 1948 venne dichiarata unilateralmente la nascita dello Stato di Israele, un giorno prima che l'ONU stessa, come previsto, ne sancisse la creazione.
Il 15 maggio, le truppe britanniche si ritirarono definitivamente dai territori del Mandato.
Guerra arabo-israeliana del 1948 (Guerra d'Indipendenza - Nakba)
Lo stesso 15 maggio 1948 gli eserciti di Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania, attaccarono l'appena nato Stato di Israele. L'offensiva venne bloccata dall'esercito israeliano, e le forze arabe vennero costrette ad arretrare. Israele distrusse centinaia di villaggi palestinesi, concausa dell'esodo degli abitanti[33]. La guerra terminò con la sconfitta araba nel maggio del 1949, e produsse 711 000 profughi arabo-palestinesi[34]. Alcuni hanno rivelato che numerosi palestinesi seguitarono a credere che gli eserciti arabi avrebbero prevalso e affermarono pertanto di voler tornare nelle loro terre d'origine.[35] Analogamente, circa 600 000 profughi ebrei dovettero abbandonare le loro case nei paesi arabi.
In seguito all'armistizio e al ritiro delle truppe ebraiche l'Egitto occupò la striscia di Gaza, mentre la Transgiordania occupò la Cisgiordania, assumendo quindi il nome di Giordania. Israele si annesse la Galilea e altri territori a maggioranza araba conquistati nella guerra. Negli anni immediatamente successivi, dopo l'approvazione (5 luglio 1950) della Legge del ritorno da parte del governo israeliano, si assistette a una nuova forte immigrazione ebraica, che portò al raddoppio della popolazione di Israele. In gran parte, inizialmente, si trattò di profughi ebrei sefarditi provenienti dai paesi arabi, espulsi dai loro paesi di origine dopo la nascita dello Stato.
Per il suo ruolo nel negoziare gli armistizi del 1948 e 1949, Ralph Bunche ricevette il Premio Nobel per la Pace nel 1950.
Israele mantenne la legge militare per gli arabi israeliani fino al 1966.
Gerusalemme, capitale contestata
Gerusalemme è stata proclamata capitale d'Israele nel dicembre 1949[37] e confermata come tale, nel 1980, con "Legge Fondamentale" promulgata dalla Knesset.
Dall'inizio del 1950[37] in poi, quasi tutte le istituzioni governative israeliane furono trasferite a Gerusalemme Ovest, mentre alcune, come il Ministero della Difesa, rimasero a Tel Aviv (città dalla quale Ben Gurion proclamò la nascita dello Stato d'Israele).
Le proclamazioni di Gerusalemme capitale di Israele non sono state riconosciute come valide dalla comunità internazionale, e sono state anzi condannate da risoluzioni ONU non vincolanti, poiché la città di Gerusalemme comprende territori non riconosciuti internazionalmente come israeliani. La Corte Internazionale di Giustizia ha confermato nel 2004 che i territori occupati dallo Stato di Israele oltre la "Linea Verde" del 1967 continuano a essere "territori occupati", e dunque con essi anche la parte est di Gerusalemme, annessa da Israele nel 1980. A rimarcare questa situazione, tutti gli Stati che hanno rapporti diplomatici con Israele non mantengono le proprie sedi diplomatiche a Gerusalemme, ma in genere a Tel Aviv o nelle immediate vicinanze.
Nel 2006 gli unici due Stati che avevano una propria ambasciata a Gerusalemme, El Salvador e Costa Rica, hanno notificato al governo israeliano la decisione di spostare le proprie rappresentanze diplomatiche verso Tel Aviv; successivamente a tale notifica, El Salvador l'ha spostata a Herzliya Pituach (sobborgo di Herzliya, città fondata da coloni sionisti nel 1924 e che prende il nome da Theodor Herzl), e Costa Rica a Ramat Gan (sobborgo di Tel Aviv). Il Congresso degli Stati Uniti ha richiesto da diversi anni lo spostamento dell'ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, ma nessuno dei governi succedutisi ha messo in atto tale decisione.[38]
Israele rimane senza capitale nelle mappe prodotte e distribuite dall'ONU.[39]
Geografia
Israele si trova all'estremità orientale del Mar Mediterraneo. Il territorio sovrano internazionalmente riconosciuto, esclusi cioè tutti i territori occupati nel 1967, ha una superficie di circa 20 770 km², di cui il 2% sono acque.[8] Il territorio sottoposto alla legge dello Stato di Israele, inclusi cioè Gerusalemme Est e il Golan, ha una superficie di 22 072 km².[41] Il territorio sotto controllo israeliano, inclusi cioè i territori occupati, ha una superficie di 27 799 km².[42]
Morfologia
Il territorio israeliano è prevalentemente arido e desertico.
Presenta a ovest, parallela alla costa, una pianura (HaShefela o HaSharon) fertile e ricca d'acqua, che ospita il 70% della popolazione. Al centro si estende una zona occupata da colline e altopiani, i monti della Giudea, che attraversano in lunghezza tutto il Paese. Mentre i versanti occidentali scendono dolcemente verso il Mediterraneo, quelli orientali precipitano verso la valle del fiume Giordano. La stretta valle, solcata dal Giordano, si trova al confine con i Paesi vicini: è parte della Great Rift Valley che prosegue con il Mar Morto, Wadi Araba, il golfo di Eilat (o golfo di Aqaba) e il Mar Rosso. A sud si estende il Negev, un territorio in prevalenza desertico, che occupa circa la metà della superficie del Paese; alla sua estremità sud si trova l'unico sbocco al mare non mediterraneo. Tipici del Negev e della adiacente penisola del Sinai sono i crateri erosivi (makhteshim),[43] di cui il più ampio del mondo è il cratere Ramon,[44] lungo 40 km e largo 8 km.[45]
Le montagne più importanti sono il Monte Meron che si trova nell'Alta Galilea e il Monte Ramon (o Makhtesh Ramon) situato nel deserto del Negev. Altri rilievi sono il Monte Carmelo sopra Haifa e il Monte Hermon (occupato dal 1967) da cui scende il Giordano.
Idrografia
Il fiume principale è il Giordano, che nasce dal Monte Hermon; ne appartiene a Israele solo la parte del corso superiore, segnando per il resto il confine tra la Giordania e i Territori occupati palestinesi; a esso tributano corsi d'acqua di modeste dimensioni, a regime spiccatamente torrentizio, che tendono a prosciugarsi nella stagione secca.
Altro fiume con portata cospicua è il Yarkon (115 km), che scende nel Mar Mediterraneo vicino a Tel Aviv.
È incluso quasi interamente in territorio nazionale il lago di Tiberiade (Kinneret), mentre il Mar Morto bagna Israele solo nel settore orientale ed è prossimo al punto più basso del pianeta.
Clima
Pur essendo un paese di modeste dimensioni, vi sono discrete differenze climatiche da zona a zona, e le temperature variano molto, specie durante l'inverno.
La costa ha un tipico clima mediterraneo, con estati lunghe, calde e asciutte e inverni freschi e piovosi. Il caldo è anche maggiore nella valle del Giordano, dove nel 1942 furono registrati 53,7 °C (kibbutz Tirat Zvi)[46], un record per l'Asia. Sulle alture, invece, il clima è da fresco a freddo e umido, comprese precipitazioni nevose (a Gerusalemme almeno una volta l'anno,[47] sul monte Hermon per gran parte dell'anno).
Da maggio a settembre le precipitazioni sono rare[48][49]; da novembre a marzo il clima è relativamente umido.
Ambiente
La scarsità d'acqua ha spinto Israele a sviluppare svariate tecnologie di risparmio idrico, inclusa l'irrigazione a goccia.[50] L'abbondanza di insolazione ha invece spinto Israele a sviluppare le tecnologie per lo sfruttamento dell'energia solare, la cui produzione pro capite è prima al mondo.[51]
Lo Stato di Israele è molto attivo nella tutela dell'ambiente naturale in regioni periferiche, anche tramite l'opera del Keren Kayemeth LeIsrael.
Demografia
Israele obbliga tutti i suoi cittadini a dichiarare o a farsi attribuire la propria appartenenza religiosa. Sulla base di tali dati - che vengono riportati sulle carte d'identità - vengono riconosciuti doveri differenziati: gli arabi musulmani sono esentati dalla leva obbligatoria, che è invece prevista per i Drusi e i Circassi.[52][53]
Popolazione
La popolazione è aumentata a partire dal secondo dopoguerra grazie all'arrivo di numerosi immigrati, provenienti, a ondate successive, dall'Europa continentale, dai Paesi arabi, dall'ex Unione Sovietica e dall'Africa.
Le zone più popolate sono quelle costiere, dove il territorio è più fertile. La massima densità demografica si riscontra nei distretti di Tel Aviv e di Gerusalemme.
Etnie
Secondo il CIA Factbook del 2005[54], che riportava stime del 1996, in Israele la popolazione sarebbe stata composta da un 80,1% di ebrei (di cui solo poco più di un quarto nato in Israele) e il 19,9% di non ebrei, prevalentemente arabi.
Secondo il più recente CIA Factbook del 2007,[8] che riporta stime del 2004, in Israele la popolazione sarebbe così suddivisa:
Ebrei 76,4% (ad aprile 2015, 74,9%[4][5]), così suddivisi:
nati in Israele 67,1%
nati in Europa e America 22,6%
nati in Africa 5,9%
nati in Asia 4,2%
non ebrei 23,6% (principalmente arabi)
Nel dicembre del 2006, secondo l'Ufficio Centrale di Statistica israeliano, vi sono in Israele 7,1 milioni di abitanti. Di questi il 76% sono ebrei e il 20% arabi; il 4% sono classificati come altri.[55]
Un sondaggio del dicembre del 2006, svolto per conto del Center for the Campaign Against Racism, ha evidenziato che metà della popolazione ebraica israeliana ritiene che lo Stato debba favorire l'emigrazione dei cittadini arabi.[56] Agli inizi del dicembre 2008 il ministro degli esteri Tzipi Livni, principale esponente del partito Kadima e come tale candidata alle vicine elezioni politiche del febbraio 2009, ha affermato che dopo l'eventuale costituzione di uno Stato palestinese, alla popolazione araba di cittadinanza israeliana (circa 1 400 000 persone) verrà chiesto di trasferirsi in questo. La dichiarazione ha suscitato le proteste dei deputati arabo-israeliani e del presidente palestinese Abu Mazen.[57][58]
Lingue
Israele ha due lingue ufficiali, l'ebraico e l'arabo.[59]
In Israele viene parlata anche la lingua russa: grazie ad una massiccia immigrazione proveniente dall'Unione Sovietica, il russo viene parlato come lingua madre da una grossa fetta degli israeliani, che raggiunse addirittura il 20% della popolazione totale del Paese nel 1989.[60] Nel 2017 c'erano circa 1,5 milioni di israeliani russofoni su un totale di 8.700.000 abitanti (17,25% della popolazione).[61] La stampa e i siti web israeliani pubblicano regolarmente materiale in lingua russa.
Religione
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Religioni in Israele.
Ebrei pregano al Muro del pianto a Gerusalemme.
Secondo il Libro dei fatti della CIA americana del 2007,[8] che riporta stime del 2004, in Israele la popolazione sarebbe così suddivisa:
Ebrei 76,4% (ad aprile 2015, 74,9%[4][5])
Musulmani 16%
Arabi cristiani 1,7% (per i cattolici vedi Chiesa cattolica in Israele)
Altri cristiani 0,4%
Drusi 1,6%
Altri (Bahai, ecc.): 3,9%
Secondo l'Ufficio Centrale di Statistica israeliano, nel 2005 la popolazione era suddivisa tra un 76,1% di ebrei, un 16,2% di musulmani, 2,1% cristiani, e 1,6% drusi, con il rimanente 3,9% (principalmente immigrati dall'ex Unione Sovietica) non classificati per religione. Tra gli arabi residenti in Israele l'82,7% era musulmano, l'8,4% druso e l'8,3% cristiano[62].
Il 16 settembre 2014 il ministro dell'Interno israeliano, Gideon Sa'ar, ha disposto che gli uffici dell'anagrafe registrino come «aramei» quegli israeliani cristiani che non vogliono più qualificarsi come arabi[63]. Secondo le disposizioni del ministero dell'Interno, possono richiedere di essere identificati come «aramei» solo i maroniti, i greco-ortodossi, i greco-cattolici e i cattolici della Chiesa sira[64].
Secondo una statistica internazionale del 2015, Israele è l'ottavo paese meno religioso al mondo con il 65% degli israeliani che si definisce non religioso (57%) o ateo (8%).[65][66][67][68]