IL FARO DEI SOGNI

Iraq

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view post Posted on 27/11/2017, 23:05     Top   Dislike
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"Sui passi di Abramo". La rinascita dell'Iraq dopo 10 anni di guerre



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L'Iraq, ufficialmente Repubblica d'Iraq (in arabo: جمهورية العراق‎, Jumhūriyyat al-‘Irāq), è uno Stato dell'Asia occidentale.



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Confina con Turchia a nord, Arabia Saudita e Kuwait a sud, Siria a nordovest, Giordania a ovest e Iran verso est. Il territorio dell'Iraq corrisponde approssimativamente al territorio dell'antica Mesopotamia, la "terra dei fiumi" (Bilād al-Rafidayn in arabo), mentre il nome attuale viene dal persiano eraq, ossia "terre basse" (in contrapposizione all'altopiano iranico). La capitale è Baghdad. Possiede la terza riserva di petrolio al mondo.

Per circa 25 anni il Paese è stato governato in maniera autoritaria dal regime dittatoriale di Saddam Hussein. In seguito alla caduta di questo avvenuta nel 2003, l'Iraq è divenuto nel 2005 una repubblica parlamentare federale. Dal 2014 la parte occidentale del Paese è controllata dallo Stato Islamico, gruppo fondamentalista wahhabita, in guerra col governo centrale.



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Morfologia
Il territorio iracheno comprende, oltre alla Mesopotamia – con cui si è portati in prima approssimazione a identificarlo –, a ovest un vasto lembo orientale del deserto Siriaco e gli ultimi tavolati del Nefūd (Arabia Saudita); a E i primi rilievi della catena dello Zagros; a nord include un'estrema sezione della stessa catena che corrisponde al Kurdistan meridionale. Circa il 60% del territorio rientra però nella pianura mesopotamica, vasta area depressionaria orientale (Irāq significa appunto bassura) del tavolato siro-arabico, colmata verso il Golfo Persico dalle alluvioni recenti del Tigri e dell'Eufrate: è perciò una zona di passaggio tra la Siria (e quindi il mondo mediterraneo) e il Golfo Persico, naturale corridoio verso il mondo indiano. La sua struttura geologica è relativamente semplice, essendo costituita essenzialmente da un imbasamento paleozoico che, ricoperto da potenti stratificazioni sedimentarie marine, si contrappose ai movimenti orogenetici cenozoici (a cui si ricollegano i vasti espandimenti di rocce effusive presenti nel Nord) che hanno formato gli archi montuosi del Tauro e dello Zagros: la grande zolla, rimasta essenzialmente rigida, subì un'inclinazione verso S e, a partire dalla fine del Cenozoico, fu ricoperta nella sezione più meridionale dalle alluvioni depositate dal Tigri e dall'Eufrate, secondo un processo ancora in corso, come testimoniano le continue variazioni morfologiche e gli spostamenti della linea di costa. L'orlo montuoso dell'Iraq, che nella parte orientale supera in più punti i 3500 m (Keli Haji Ibrāhīm, 3600 m), forma un gigantesco arco di catene diretto prima da W a E e poi da NW a SE fin quasi a lambire il Golfo Persico. I monti scendono ripidi sul bassopiano o vi si smorzano con una serie di lunghe e spettacolari pieghe anticlinali: fratture tettoniche hanno favorito l'infiltrarsi di colate basaltiche e questi monti, per lo più formati da rocce calcaree, incisi da gole, si presentano aridi e nudi anche per la diffusione che vi hanno i fenomeni carsici. Nei settori occidentali e sudoccidentali del Paese si estendono invece monotone piattaforme, debolmente inclinate verso l'Eufrate e preludio ai deserti di Arabia e di Siria; i solchi degli uidian e le alture basaltiche ne costituiscono la più marcata componente morfologica.



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Idrografia

L'Iraq odierno corrisponde in gran parte all'antica Mesopotamia, la "terra in mezzo ai fiumi", ossia l'Eufrate e il Tigri, che scorrono da nord a sud, unendosi prima di sfociare nel Golfo Persico. Lungo le rive di questi fiumi sono presenti ampie zone paludose usate in passato per frenare le inondazioni generate dalle piene di questi fiumi. Altri due fiumi di notevole rilevanza sono il Grande Zāb e il Piccolo Zāb, affluenti del Tigri.

Per far fronte ai problemi idrologici ed energetici del paese sono state costruite numerose dighe. Le più importanti sono:

Diga di Haditha: situata sul fiume Eufrate, con una potenza di 660 MW.
Diga di Mosul: situata su fiume Tigri è attualmente la più grande del paese. Ha una potenza di 750 MW.
Diga di Bekhme: la sua costruzione sul fiume Grande Zāb è attualmente sospesa. Con i suoi 1500 MW di progetto, se verrà completata diventerà la più grande del paese.



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Clima
Il clima iracheno è tropicale: steppa a nord e deserto a sud. Gli inverni sono miti, escludendo la catena montuosa a nord del paese, dove sono abbastanza rigidi. Le estati sono caldissime. Le temperature in questa stagione sono tra le più elevate al mondo: superano infatti costantemente i 43 °C, con punte di 51 - 52 °C, soprattutto nella pianura mesopotamica.



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Popolazione

Secondo stime del CIA World Factbook nel luglio 2014 la popolazione irachena era di 32 585 692abitanti.[4] Le continue guerre degli ultimi 30 anni hanno provocato una forte emigrazione: nel 2008 l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati calcolava circa due milioni di rifugiati all'estero, in larga maggioranza in Siria e Giordania.[5]
I tre principali gruppi etnico-religiosi del Paese sono gli arabi sciiti (circa il 60% della popolazione), gli arabi sunniti (15-20%) e i curdi (15-20%, anch'essi prevalentemente sunniti).



Iraq



Etnie
L'etnia maggioritaria (75-80%) è quella araba. Vi è poi una consistente minoranza curda (15-20%), maggioritaria nel nord-est del Paese. Fra le altre etnie vi sono quella turcomanna e quella assira.[4]
All'interno di questi gruppi etnici sono poi individuabili dei sotto-gruppi, come gli arabi delle paludi e gli yazidi, questi ultimi di etnia curda.



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Religioni
Gli iracheni sono ufficialmente in larghissima maggioranza musulmani (99% della popolazione)[6]. Nello specifico, circa il 62,5% della popolazione è di fede musulmana sciita e il 34,5% è di fede musulmana sunnita[7]. Sono per lo più sciiti gli arabi residenti nella popolosa zona sudorientale, mentre professano la fede sunnita la parte della comunità araba insediata nella parte centro-occidentale del Paese e la quasi totalità degli appartenenti all'etnia curda (insediati prevalentemente nell'Iraq nordorientale).[6]
Sia fra gli arabi che fra i curdi vi è poi una piccola minoranza di cristiani. Fino circa al 2003 la popolazione cristiana contava circa 1 500 000 fedeli, per lo più appartenenti alle chiese assira, cattolica caldea, siriaco-ortodossa, siriaco-cattolica e armena. Negli anni successivi, però, il numero di cristiani in Iraq è drasticamente calato, e oggi si stima ammonti a circa 200.000 persone.[8]
Altri gruppi etnico-religiosi minori presenti in Iraq sono i Mandei, gli Yazidi, gli Yarsan e gli Shabak.



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Lingue

La lingua più parlata è l'arabo, appartenente alla famiglia semitica, mentre il curdo, di origine indoeuropea e assai vicino al farsi, è parlato nelle zone dove l'etnia curda è maggioritaria. L'arabo e il curdo sono le due lingue ufficiali[4][7], ma, in base all'articolo 4 della Costituzione, sono riconosciuti anche il turkmeno (o turcomanno) e il cosiddetto siriaco come lingue ufficiali nelle aree amministrative dove sono presenti in alta densità demografica, e ai madrelingua viene garantito il diritto all'istruzione nelle istituzioni governative pubbliche in queste lingue nonché in armeno.[9]



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Storia

L'area fertile della Mesopotamia, situata fra i fiumi Eufrate e Tigri, ha visto nascere alcune delle civiltà più antiche del mondo come i Sumeri, i Babilonesi e gli Assiri, nonché importantissime invenzioni quali la scrittura. Qui, nella città di Ur, sarebbe nato secondo le tre grandi religioni monoteiste il patriarca Abramo. La Mesopotamia fu a lungo parte dell'Impero persiano - sia achemenide, sia partico e sasanide -. In seguito fu annessa all'impero romano e nel III secolo venne cristianizzata, per poi tornare alla Persia nel IV secolo fino alla definitiva sconfitta dei Persiani da parte dell'imperatore romano Eraclio I nel VII secolo, poco prima della conquista islamica.

 
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Generalità

Il territorio corrisponde sostanzialmente alla Mesopotamia, la pianura bagnata dal Tigri e dall'Eufrate. I suoi confini sono artificiosi, definiti dalle potenze (Regno Unito e Francia) che si divisero le spoglie dell'Impero ottomano all'inizio del XX sec. Il Paese ha fatto dunque da sfondo ai millenari rapporti tra uomo e natura, ed è stato lo scenario di civiltà che si possono considerare tra le più antiche della Terra. La ragione di tale privilegio geografico si trova senza dubbio nella presenza di quei due fiumi, elementi vitalizzanti e vene preziose in una pianura fortemente arida. Benché abbia perduto l'antico ruolo ricoperto in passato, con i grandi imperi mesopotamici prima e con il dominio arabo degli Abbasidi poi, l'Iraq rappresenta ancora un Paese di importanza fondamentale nell'area medio-orientale, anche grazie ai cospicui giacimenti di petrolio che sono custoditi nella regione del Kurdistān. Sempre il petrolio è stato fattore scatenante delle guerre scoppiate con i vicini Paesi arabi nella seconda metà del Novecento, i cui segni sono tutt'ora impressi sul territorio e sono testimoniati dalla difficile situazione sociale, politica ed economica in cui versa il Paese. A complicare il quadro, ha contribuito anche la discussa presenza in Iraq di forze armate straniere sul territorio, a partire dal 2003. Dopo l'intervento armato voluto dagli Stati Uniti e da un'ampia coalizione di Stati, allineati con la paura americana della minaccia globale rappresentata dal regime dittatoriale del leader iracheno Saddam Ḥusayn, diversi contingenti internazionali sono infatti impegnati nel difficile processo di pacificazione e stabilizzazione politica del Paese. L'evoluzione verso forme democratiche è stata finora percepita dalla popolazione locale come una trasformazione imposta, e ha incontrato l'ostracismo dei diversi gruppi etnici e religiosi presenti nel Paese (sunniti, sciiti e curdi), travolti in una serie di eventi drammatici che hanno provocato un ingente numero di vittime. La necessità di riportare in breve tempo questo Stato a una situazione di stabilità si configura come obiettivo fondamentale per gli equilibri di tutta l'area mediorientale.

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Territorio: geografia umana

L'Iraq è terra di antichissimo popolamento; in particolare la Mesopotamia cominciò ad attrarre l'uomo in modo decisivo allorquando il clima terrestre conobbe, dopo le fasi umide postglaciali, i primi periodi di aridità. Lungo il Tigri e l'Eufrate si estendevano probabilmente vaste fasce boscose dove le acque fluviali consentivano, sui suoli umidificati, la coltivazione dei cereali. Sorsero i primi insediamenti stabili e le testimonianze archeologiche hanno rivelato che accanto all'agricoltura era praticato anche l'allevamento degli ovini, dei caprini, dei bovini. Con l'ulteriore inaridirsi del clima si ebbe una ancor più accentuata coagulazione umana lungo i fiumi. I Sumeri e gli Accadi furono i primi popoli che riuscirono a creare una vasta e complessa organizzazione sedentaria, all'incirca nel IV-III millennio a. C. Sorsero dei piccoli regni locali, sorta di città-Stato che poi estesero, per coalescenza, i loro domini. La Mesopotamia meridionale fu lo sfondo di queste prime civiltà, che ebbero rapporti commerciali ampi, anche marittimi. Ur, una delle prime e grandi città-Stato dei Sumeri, sorgeva allora sulla riva del mare, progressivamente spostatasi verso S a causa degli apporti detritici dei fiumi. Ai Sumeri si devono, con la fondazione delle prime città (Ur, Uruk ecc.), le prime opere idrauliche d'irrigazione e di controllo dei fiumi, che restarono come fattori determinanti delle successive civiltà. Più tardi si ebbe uno spostamento verso N dell'occupazione umana; nel II millennio a. C. Babilonia divenne la città più importante della Mesopotamia, capitale di un dominio esteso retto da un regime statale basato su una rigida ed efficiente amministrazione, cui succedette Ninive, la capitale degli Assiri. Dopo la distruzione di Babilonia, da parte dei persiani, il territorio, che non fu sostanzialmente toccato dall'espansionismo dell'Impero Romano, visse un lungo periodo di autonomia. Solo con la comparsa degli Arabi la terra mesopotamica conobbe un nuovo periodo di splendore. Nel sec. VIII d. C. Baghdād, sorta ca. 100 km a N di Babilonia, divenne la splendente capitale degli Abbasidi, centro di vita islamica, ravvivata da attività commerciali, culturali, religiose. La sua decadenza assunse il carattere di un vero tracollo con la fulminea e distruttiva apparizione dei mongoli di Gengis Khān, che ruppe il mirabile e millenario equilibrio idraulico e iniziò processi di rigetto della popolazione sedentaria verso il nomadismo, la pastorizia errante, esaltata dall'ulteriore desertificazione della pianura. Il consolidarsi del dominio ottomano cristallizzò questa condizione e il Paese entrava così nell'epoca moderna in uno stato di generale arretratezza. All'epoca della prima guerra mondiale, sotto gli inglesi si ebbero, insieme con lo sfruttamento petrolifero, i primi grandi lavori di sistemazione idraulica che ridavano un nuovo equilibrio all'economia irachena, sebbene la popolazione fosse nel frattempo considerevolmente aumentata. L'Iraq contava allora non più di 2,5 milioni di ab. con condizioni igienico-sanitarie disastrose e una elevatissima frequenza di malattie epidemiche. Nel 1938 la popolazione aveva raggiunto i 3,7 milioni; successivamente l'incremento naturale registrò notevoli progressi e nel 1950 si avevano ca. 5 milioni di ab., cresciuti poi con un buon ritmo di incremento che, fino al 1978, era notevolmente elevato (3,5%). La guerra con l'Iran (1980-88) prima e quella del Golfo (1991) poi hanno profondamente modificato il normale corso della dinamica demografica dell'Iraq, condizionata dall'emigrazione dei lavoratori stranieri e dalle dure privazioni, che hanno inciso in maniera significativa sul tasso di accrescimento annuo della popolazione. Particolarmente gravi, inoltre, sono state le conseguenze sulla mortalità infantile, che ha raggiunto nel 1998 il 103‰, sia per la riduzione del livello dei servizi sanitari, sia per la mancanza di mezzi finanziari per l'acquisto delle medicinali, a causa dell'embargo. La situazione di instabilità seguita all'intervento anglo-americano in Iraq del 2003, ha avuto serie ripercussioni sulla popolazione irachena: la mortalità infantile, pur essendo dimezzata rispetto a dieci anni prima, è comunque elevata (50,3‰) e la speranza di vita si è abbassata, anche a causa delle carenze del sistema sanitario seguite alla distruzione di ospedali e centri di assistenza. Tra gli iracheni vi sono stati decine di migliaia di morti ma stime provvisorie, non condivise dalle autorità, parlano di 600.000 morti dal 2003 al 2007; inoltre risultano alte in questi anni di conflitto le cifre dell'esodo verso altre aree del Paese e soprattutto verso Stati limitrofi: secondo l'UNHCR sono stati 2 milioni gli iracheni sfollati all'interno e altrettanti quelli che hanno lasciato il Paese. Il perdurare della situazione di precarietà politica rende difficoltosa la reale stima della situazione demografica. La maggior parte della popolazione (65%) è costituita da arabi; il resto è rappresentato da popolazioni di origine non semitica, di cui la frazione maggiore è costituita dai curdi (23%), animati da un forte spirito autonomistico. Particolari problemi di natura sociale, ma soprattutto politica, ha suscitato la presenza dei curdi, insediati nelle zone montuose settentrionali, teatro negli ultimi decenni del sec. XX di periodici scontri con l'esercito governativo: si calcola che in circa quindici anni siano morte 400.000 persone. Dopo una risoluzione dell'ONU (1991), hanno avuto la possibilità di rifugiarsi in una zona compresa fra il 36° parallelo e il confine settentrionale dell'Iraq. Qui sono affluiti anche i curdi fuggiti dalla Turchia (quasi mezzo milione secondo l'UNHCR) nel 1994, dopo la violenta repressione attuata nei loro confronti dall'esercito turco. Dopo la caduta di Ṣaddām Ḥusain hanno ottenuto lo status di regione autonoma per le province nordorientali, dove costituiscono la maggioranza della popolazione. La densità di popolazione è di 66 ab./km², ma la maggior parte degli abitanti vive nelle pianure alluvionali e nelle città. Al di fuori delle fasce di oasi si hanno aree pressoché spopolate, transitorio dominio dei nomadi, che complessivamente si calcolano intorno a qualche centinaio di migliaia. Gran parte della popolazione vive nei villaggi, raccolti in vicinanza dei fiumi e dei canali o attorno ai pozzi, all'ombra delle palme o, come i maadan, nelle isole anfibie del Sud; oltre la metà degli iracheni risiede però nelle città. Le città sorgono non lontano dagli antichi centri urbani, in rapporto alle mutazioni dei corsi fluviali. Prossima a Babilonia e a Ctesifonte, al centro della Mesopotamia, è Baghdād (la capitale), importante centro economico, culturale, amministrativo e industriale. A breve distanza da Baghdād si sono sviluppati vari nuclei rurali, tra cui assai popolati quelli di Adhamiya e di Kadhimain. Nella sezione centrale del Paese centri importanti sono Karbalā', città santa dei musulmani sciiti, così come, più a S, An-Najaf. Nel Nord la città maggiore è Mosul, l'erede dell'antica Ninive, cui fanno capo le comunicazioni di tutta la regione, mentre Karkūk si è sviluppata come centro della più ricca area petrolifera irachena. As-Sulaymānīyah, più a E, è importante centro della regione curda. La seconda città del Paese è Bassora, principale porto dell'Iraq posto sullo Shaṭṭ al ‘Arab.

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Cultura: generalità

La posizione geografica dell'Iraq ha giocato un ruolo di primo piano nell'evoluzione storica del Paese, dal punto di vista economico, politico ma anche culturale. A titolo diverso questa regione è stata sempre protagonista dello scenario mediorientale e, spesso, mondiale: dallo splendore delle civiltà antiche che qui, nell'antica Mesopotamia, sono nate e si sono sviluppate (a partire dai sumeri e dagli assiri), all'arrivo dell'Islam e alla concretizzazione dello scisma tra sciiti e sunniti, alla dominazione dell'Impero ottomano fino alle moderne e dolorose vicissitudini, la cui risoluzione sembra ancora di là da venire, e i cui effetti hanno riguardato molta parte del prezioso patrimonio artistico nazionale. Il variegato panorama etnico, religioso e sociale che ha contraddistinto il Paese nei secoli è imprescindibile per comprendere la complessa vicenda culturale dell'Iraq. La seconda parte del sec. XX è stata dominata dalla politica culturale del regime, il cui intento è stato quello di rafforzare l'identità territoriale del popolo iracheno, spingendo scrittori, artisti, registi a insistere su questi legami. Molti sono stati i musei archeologici aperti nella prospettiva di rivendicare e riaffermare un vincolo straordinario con l'eredità di questa terra. In quest'ottica può anche inserirsi la riscoperta della musica tradizionale, avvenuta a partire dagli anni Quaranta del Novecento. La musica irachena ha infatti origini antichissime, comuni alla tradizione araba più ampia. Ma è sempre rimasta un'arte poco codificata, oggetto di un vero insegnamento solo a partire dalla metà del Novecento, quando è entrata nei programmi scolastici. Oggi una delle personalità eccellenti è Ilham Al Madfai, polistrumentista inserito tra i candidati del World Music Award della BBC nel 2006, capace di dare alla musica tradizionale una veste nuova e universale. Il protagonista più celebrato è però Kazem al-Sahir (n. 1961), vero divo del mondo arabo e non solo. In termini di copie vendute e spettatori è il maggior artista del panorama musicale arabo, in grado di fondere melodie e liriche tipicamente mediorientali con sonorità e arrangiamenti dal pop inglese. Da segnalare ancora Naseer Shamma, celebre per la sua tecnica nel suonare l'oud. Tra le istituzioni principali del Paese vanno annoverati l'Iraq Museum, ancora ricco, nonostante le devastazioni belliche, di una collezione con opere relative a epoche diverse, dai sumeri ai babilonesi all'arte islamica, e il Baghdād Museum. In Iraq sono presenti tre siti dichiarati dall'UNESCO patrimonio dell'umanità: Hatra (1985); Ashur (Qal'at Sherqat) (2003) e la città archeologica di Sāmarrā (2007).

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Cultura: tradizioni

Nonostante i tragici eventi della dittatura e della guerra, l'Iraq non è rimasto esente da una certa “occidentalizzazione” dei costumi, degli stili di vita e delle arti. Il fenomeno della “contaminazione” culturale ha inoltre trovato nell'urbanizzazione di molte aree un terreno fertile per il cambiamento e per la trasformazione di pratiche tradizionali, o ancora tribali, in uso da secoli. Così il ruolo centrale della famiglia allargata ha iniziato, nel secondo Novecento, a essere intaccato da modelli nuovi e, del pari, il ruolo della donna è cambiato, con l'occupazione di maggiori spazi sociali e lavorativi, benché la sua resti fondamentalmente una condizione di subalternità. Anche gli abiti tradizionali vanno via via diminuendo nei centri urbani in favore di un abbigliamento più vicino agli standard occidentali. Il thawb, sorta di camicione maschile, o il velo (hijab), continuano tuttavia a essere molto utilizzati dai musulmani più conservatori. La cucina irachena accoglie influenze da tutte le tradizioni del Vicino Oriente, dalla mezzaluna fino al centro Asia: la carne speziata (soprattutto di pollo e agnello) insieme a pane, olive e datteri sono gli alimenti più comuni. Le feste religiose musulmane sono le ricorrenze più sentite, a cui si sommano appuntamenti civili come la Giornata dell'Armistizio (fine della guerra Iran-Iraq), celebrata l'8 agosto. Negli sport predomina il calcio, come dimostra la vittoria della nazionale irachena nell'edizione 2007 della Coppa d'Asia.

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Cultura: letteratura

Le tradizioni letterarie irachene più antiche si rifanno alla civiltà dei Sumeri, nella quale si innestò il patrimonio babilonese (vedi Babilonia, letteratura), cui si accomunò quello assiro (vedi Assiria, letteratura). Queste civiltà influirono prima su quella greca che a sua volta arricchì la tradizione irachena, toccata ancor più profondamente da quella persiana, filtrata attraverso la dominazione partica. A essa si sovrappose dopo il sec. VIII la civiltà araba, che fece di Baghdād il fulcro di elaborazione della sua cultura, mantenuta su schemi tradizionali fino agli inizi del sec. XX, quando finalmente, grazie al giornalismo e all'influsso egiziano, la prosa andò evolvendosi conquistando quella semplicità di espressione che aveva avuto fino ad allora. Ma si può parlare di una letteratura nazionale irachena, grosso modo, solo dall'epoca dello smembramento dell'Impero ottomano (1918). Pur tuttavia la critica fa risalire agli ultimi decenni del sec. XIX i primi albori di una letteratura nazionale. Ciò si verificò soprattutto nella poesia, con autori come Ṣāliḥ aṭ-Tamīmī (m. 1845), ʽAbd al-Bāqī al-ʽUmarī (1790-1862), ʽAbd al-Ghaffār al-Akhras (1805-1875), Ḥaidar al-Hillī (1831-1887) e Ibrāhīm aṭ-Ṭabaṭaba'ī (1832-1901). Questi poeti, pur essendo tradizionali nella forma, nella sostanza parlarono di libertà e contro la corruzione. Giamīl Ṣidqī az-Zahāwī (1863-1936), di origine curda, può considerarsi l'anello di congiunzione con la precedente generazione. La sua forma preferita era la quartina, ma fu anche interessato a esperimenti stilistici, mentre, sul piano dei contenuti, trattò di problemi sociali e diede particolare rilevanza alla difesa dei diritti della donna. Maʽrūf ar-Ruṣāfī (1875-1945), considerato poeta nazionale, è stato il più seguito nei circoli letterari. Uomo politico al tempo dell'Impero ottomano, nella sua opera rappresentò i sentimenti nazionali iracheni. Dopo la prima guerra mondiale si ebbe un rifiorire degli studi letterari, con il diffondersi del giornalismo e della pubblicazione di libri. Ma in particolare negli anni Trenta e Quaranta alcuni poeti, tra cui i già nominati ar-Ruṣāfī e az-Zahāwī, e altri, come Muḥammad Maḥdī al-Giawāhirī (1900-?), hanno rappresentato l'avanguardia del mondo letterario arabo. Verso il 1940 nel mondo arabo ebbe inizio un movimento poetico influenzato da autori europei come Eliot e Majakovskij e dalle varie correnti d'avanguardia, a cui si intrecciarono motivi tratti dal mondo mitologico dell'antica Mesopotamia e da quello classico, musulmano e cristiano. Nelle riviste letterarie dell'epoca, prevalentemente libanesi (al-Adīb, al-Ādāb o Shiʽr), gli scrittori iracheni portarono il maggior contributo. Il più famoso di questi fu Badr Ṣakir as-Sayyab (1927-1964), di tendenze realiste, ma non immune da influenze surrealiste e simboliste, considerato uno dei maggiori riformatori della poesia araba moderna. Scrittori realisti sono anche ʽAbd ar-Rāziq, ʽAbd al-Wāḥid e Kāẓim Giawwād (n. 1929) la cui poesia, all'inizio tradizionale, divenne innovatrice e di un realismo sconcertante. Alla tendenza romantica, con i suoi toni più cupi, appartengono: Baland al-Ḥaidarī (1926-1996), che è passato attraverso varie fasi, influenzato inizialmente dall'estetismo, in seguito dall'esistenzialismo e dal surrealismo; la poetessa Nāzik al-Malāʽikah (1923-2007), la maggiore teorica del verso libero; ʽAbd al-Wahhāb al-Bayātī (1926-1999), uno dei primi collaboratori della rivista ath-Thaqāfah al-giadīdah, e Hilāl Nazī (n. 1931), la cui poesia ha spesso un tono rivoluzionario. Questa nuova poesia è stata anche chiamata del “verso libero” (ash-shiʽr al-ḥurr), in contrasto con la prosodia complicata dei classici. Nella prosa si può distinguere una scuola classica, guidata da Giaʽfar al-Khalīlī, che ha scritto regolarmente nella rivista sciita al-Gharā, e una d'avanguardia, che, influenzata dai classici dell'Ottocento francese e russo pur non trascurando i moderni, come Sartre e Camus, pone l'accento sui mali della società irachena. Si ricordano i nomi di Dhū an-Nūn Ayyūb (n. 1908), il più anziano del gruppo e noto giornalista e politico, ʽAbd al-Malik an-Nūrī (n. 1921), autore della raccolta Il canto della terra, che è un'analisi della vita degli umili; Fuʽād at-Takarlī (n. 1927), che nelle sue novelle condanna brutalmente, con un linguaggio spesso veemente e crudo, gli errori della società tradizionale con una protesta contro i misfatti dell'alienazione e della miseria, Yaʽqūb Balbūl, che, nel 1938, ha pubblicato una raccolta di racconti ispirata ai problemi sociali del Paese; Shākir Khuzbak (n. 1920), studioso e traduttore di Čechov, autore di racconti e del lavoro teatrale La casa coniugale (1962); Edmond Ṣabrī (n. 1921), che ha scritto racconti, opere teatrali e sceneggiature per il cinema; Safira Giamīl Hāfiẓ, che ha pubblicato nel 1956 una raccolta di racconti sulla vita popolare; Maḥdī ʽĪsà as-Saqr, che ha scritto in un tono duro e sardonico contro le tragedie della superstizione e dell'ignoranza. Fuʽād at-Takarlī fa parlare di sé nel 1980 per il romanzo ar-Ragiaʽal-baʽīd (L'eco lontana) i cui dialoghi, composti in stretto dialetto iracheno, rimettono in discussione l'uso della lingua parlata nei testi letterari per lo più scritti in un arabo puro. Narratore di spicco è anche Moḥammad Ḥayḍar (n. 1942), autore di raccolte di racconti. Un quadro esauriente della ricca produzione letteraria irachena in prosa e in poesia è fornito dalle riviste letterarie pubblicate a Baghdād, tra cui al-Aqlām (Le penne), fondata nel 1964, al-Mawrid (La fonte) del 1971, o al-Kātib al-ʽarabī (Lo scrittore arabo) del 1982. Vanno ricordate anche le riviste pubblicate dagli intellettuali arabi in esilio come al-Badīl (L'alternativa), fondata nel 1980 dalla Lega degli scrittori democratici iracheni, oppure Aswāt (Voci) uscita a Parigi alla fine degli anni Settanta. Negli ultimi anni del XX sec. sono emerse nuove personalità letterarie, le cui opere si confrontano prevalentemente con la situazione socio-politica in atto nel Paese. La scrittrice Betool Khedairi (n. 1965), ha pubblicato Un cielo così vicino (1999) e Absent (2004); Buthaina al Nasiri (n. 1947), autrice di Notte finale, ha lasciato l'Iraq per l'Egitto, dove ha fondato una casa editrice per favorire i giovani scrittori connazionali; Inaam Kachachi (n. 1952), è autrice dell'intenso Parole di donne irachene, in cui il focus è sulla realtà femminile nell'Iraq del terzo millennio; Ibrāhīm Aḥmad (n. 1946), ha al proprio attivo numerose raccolte di racconti brevi; Sargon Boulus (1944-2007), è stato uno dei poeti contemporanei più apprezzati; Fadhil al-Azzawi (n. 1940), oltre a essere stato editore di riviste letterarie e quotidiani in Iraq e all'estero, ha pubblicato, a partire dagli anni Sessanta, raccolte di poesie, romanzi, testi di critica letteraria, tutti ampiamente tradotti in diverse lingue.

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Cultura: arte

L'Iraq, coincidendo sostanzialmente con l'area dell'antica Mesopotamia, conserva le vestigia archeologiche e architettoniche, oltre che delle grandi civiltà che vi si sono avvicendate, anche di quelle classiche, iraniche e islamiche. Residenza degli Abbasidi alla caduta del califfato omayyade (sec. VIII), l'Iraq divenne con la capitale Baghdād un centro fastoso (sec. IX) della civiltà musulmana, faro spirituale perché sede dei califfi e simbolo di cultura e di arte. Centri artistici furono anche Al-Kūfa, Sāmarrā, Hasemiya e Bassora. E va rilevato che l'arte islamica andò sviluppandosi sempre tenendo presente la tradizione mesopotamica. Il minareto della grande moschea di Sāmarrā ricorda per la sua forma elicoidale la ziqqurat di Khorsābād, così come l'incorporazione dell'īvān nei palazzi della stessa città denota l'influsso sassanide, mentre i motivi della decorazione derivano sia dai canoni mesopotamici sia da temi ellenistici e persiani. Le manifestazioni più importanti dell'epoca selgiuchide (sec. XI) si riferiscono alla miniatura, che diede vita a una scuola di altissimo livello a Baghdād nel sec. XII e che influì sulle creazioni iraniche a cominciare dalla dominazione mongola (sec. XIII), mentre in pari tempo andavano spegnendosi i canoni dell'arte mesopotamica. L'inizio della dominazione turca (sec. XVI) significò un risveglio delle arti specie nell'architettura e Baghdād si abbellì di nuove moschee. Caratteristica l'introduzione di cupole e minareti decorati con ceramica policroma. L'arte moderna irachena appare contaminata da diversi stili europei e americani, ma non ha ancora trovato voce autonoma. Forme tradizionali continuano a esistere accanto a motivi occidentali e solo dalla metà del sec. XX si è tentato di assimilare gli influssi stranieri per trasformarli in originale interpretazione autoctona; i primi timidi risultati si sono avuti nei complessi di Bassora e di Karkūk. Sul fronte delle arti figurative si sono distinti alcuni artisti la cui opera ha valicato i confini nazionali e anche mediorientali. Tra i maggiori Ismail Fattah (1934-2004), pittore e scultore formatosi in Italia; Khalid al-Rahhal (1926-83) e Muḥammad Ghani Ḥikmet (n. 1929), entrambi scultori e autori di numerosi monumenti a Baghdād; Salman Abbas (n. 1945), Shakir Hassan Al-Said (n. 1925), Yaḥya Alsheikh (n. 1945), Adalet (n. 1973), Firyal al-Adhamy (n. 1950), ospitato in mostre e gallerie di tutto il mondo.

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Cinema

Inesistente prima del 1945, il cinema iracheno avviò con Il Cairo-Baghdād, girato con l'Egitto, un cammino tortuoso. Nel 1948 la commedia paesana nazionale Alia e Issam veniva ancora affidata a tecnici francesi. Negli anni Cinquanta si moltiplicarono sale e società produttrici, nel 1964 si aprì lo studio della capitale. I film migliori si dimostrarono quelli ispirati al neorealismo italiano: Said effendi (1957) di K. H. Chafik, Il guardiano (1965) di Khalil Chawki e Il bigliettaio (1966) di Jaefar ʽAlī, mentre Benvenuto all’amore (1968) di Mohamed Salmān fu un gran successo del musical arabo. Ultimo dei Paesi arabi a conoscere il cinema, ma primo ad avere la televisione (1955), nel periodo successivo al 1968 l'Iraq ha prima unificato e poi diviso i due campi d'attività, potenziando il cinema negli anni Settanta con due istituti e inviando all'estero per la specializzazione i candidati registi. L'obiettivo principale era quello di accrescere la produzione, ancora sporadica nella prima metà del decennio (Gli assetati, 1973, di M. S. Gamīl; La svolta, 1974, di Jaefar ʽAlī), ma in via di regolare aumento a partire dal biennio 1977-78 (ne è frutto, anche qualitativo, un film come Il campo). Il primo slancio si è però avuto nei cinegiornali, nei documentari e nei cortometraggi, spesso di appoggio ai movimenti rivoluzionari nel mondo arabo e africano, con speciale partecipazione alla causa palestinese, cui del resto è interamente dedicato il festival militante di Baghdād, da triennale divenuto biennale nel 1978. La sterilità legata agli anni della guerra ha fortunatamente lasciato spazio a una rinascita del movimento cinematografico all'alba del terzo millennio. Fra i registi più attivi si segnalano alcuni autori di etnia curda, come Hiner Saleem (n. 1954), che ha raccontato il dramma del suo popolo con realismo e drammaticità, ma anche ironia. Tra i suoi lavori Vodka Lemon (2003), premiato a Venezia, Kilomètre zéro (2005), Sous les toits de Paris (2007). Shawkat Amin Korki (n. 1973), il cui primo lungometraggio Crossing the dust (2006) è un viaggio in Iraq durante i giorni della caduta di Ṣaddām nel 2003; Ḥusain Ḥassān Ali (n. 1974) regista, insieme a Massoud Arif Saleeh, di U Nergis Biskivin (2006; Narcissus Blossoom) premiato al Festival di Berlino nel medesimo anno.

fonte www.sapere.it/enciclopedia/Iraq.html

 
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