IL FARO DEI SOGNI

Bhutan

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Il Bhutan (pron. /ˈbutan/, tradizionalmente /buˈtan/[4]) o Butan (/buˈtan/)[5], ufficialmente Regno del Bhutan, è un piccolo stato himalayano dell'Asia (47.000 km², circa 650.000 abitanti nel 2005[6]), localizzato nella catena himalayana. La capitale è Thimphu (79.185 abitanti nel 2005).

Confinante a nord con il Tibet (Cina) e a sud con l'India, il Bhutan è una monarchia costituzionale dal 2007; il sovrano è Jigme Khesar Namgyel Wangchuck. La lingua ufficiale è lo dzongkha.



Viaggio in Bhutan



Video



Il nome

Storicamente conosciuto come Lho Pho Mon (terra meridionale delle tenebre), Lho Tsendenjong (terra meridionale del cipresso), Lhomen Khazhi (terra meridionale delle quattro vie d'accesso), e molti altri nomi, questo Stato è chiamato dal mondo esterno "Bhutan", ma il significato di questo termine non è noto.[senza fonte] Forse Bhutan deriva dal sanscrito Bhota-ant (la fine del Bhot – dove Bhot è uno dei vari nomi del Tibet, e difatti il Bhutan rappresenta una delle porzioni meridionali della catena montuosa) o dal sanscrito Bhu-uttan (~ alte terre).

La gente chiama se stessa Drukpa e chiama la propria patria Druk Yul, che significa "terra del drago" oppure Druk Tsendhen, "terra del drago del tuono"; dal momento che la tradizione vuole che il tuono sia il ruggito dei draghi cinesi, la creatura che decora la bandiera nazionale è appunto il drago.



Bhutan_archery



Storia

Secondo le tradizioni bhutanesi la storia inizia nel 600 con il re tibetano Songtsen Gampo.



Bhutan_smile



Geografia

Il Bhutan è uno stato senza sbocco al mare situato alle pendici meridionali della parte orientale della catena dell'Himalaya; il regno è racchiuso fra due importanti civiltà asiatiche, il Tibet a nord e gli Stati indiani dell'Assam, di Arunachal Pradesh, del Sikkim e del Bengala Occidentale ad est, ovest e sud. La superficie è pari a 46,500 km2.



Bhutan_topo_en



Clima
Il clima è estremamente vario e risente fortemente delle diversità di altitudine presenti nel paese e dell'influsso dei monsoni. La parte più meridionale del paese, o che comunque rimane al di sotto dei 2000 metri, è caratterizzata da clima di tipo tropicale; al di sopra dei 2000 metri sino ai 3500 circa il clima è temperato (in questa fascia sono situate la maggior parte delle aree coltivate ed abitate). Infine al di sopra dei 3500 metri il clima è alpino. Gli insediamenti umani si trovano per la maggior parte nelle valli interne dei fiumi e nelle pianure del sud; nomadi ed altre tribù vivono nel nord allevando pecore, yak e altri bovini.



Bhutan_masked_dance



Il tasso di crescita della popolazione stimato nel 2001 si attesta sul 2,4%, in calo rispetto al 3,1% del 1994.



Glacial_lakes_Bhutan



Demografia
Alle statistiche risalenti al 1960, gli abitanti del Bhutan erano 224mila e da allora la popolazione è più che raddoppiata, addirittura nel 1990 si censivano più di 535mila abitanti. Successivamente c'è stata una flessione della popolazione e nel 1995 si censivano circa 25 000 abitanti in meno (509 000). In seguito la popolazione, dal 1996 a oggi, è arrivata al numero attuale: 754mila.



HaaValley



Etnie

Ci sono tre gruppi etnici principali. Il gruppo Sharchop vive soprattutto nella parte orientale e il gruppo Ngalop del Bhutan occidentale è composto da discendenti delle popolazioni tibetane che immigrarono nel V secolo. Le popolazioni di origine nepalese, chiamate Lotshampa, si stabilirono nella parte meridionale verso la fine del XIX secolo.

Le divisioni etniche stanno progressivamente scomparendo a causa dell'aumento dei matrimoni interetnici e delle migrazioni.



Lotshampa_refugees_in_Beldangi_Camp



Religione
La scuola Drukpa (uno dei gruppi in seno alla scuola Kagyu del Buddhismo tibetano e facente parte del Buddhismo Mahayana) è la religione di Stato.

Il Bhutan è l'unico paese a professare come religione ufficiale la forma del buddhismo detta Mahayana. Il buddhismo ha giocato un ruolo fondamentale nella storia e nello sviluppo delle strutture sociali; tuttora riveste un importante ruolo sia per il grande peso del clero all'interno della società (fino a pochi decenni fa monopolista di fatto della cultura, in quanto unicamente nei monasteri era possibile ricevere l'istruzione) sia per l'importanza assegnata ai valori religiosi anche nell'azione politica.
In alcune parti limitate del Paese si professano il Bön, l'animismo e lo sciamanesimo.
L'induismo è la fede dominante dei territori meridionali.



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Lingue

In Bhutan si parlano 19 dialetti oltre allo dzongkha, la lingua nazionale.

L'inglese è la seconda lingua. In alcuni distretti meridionali si parla il nepalese.



TrongsaDzong



Thimphu

È la capitale del Bhutan ed anche, con circa 50.000 abitanti, la sua città più popolata. È situata sulle colline occidentali della valle del fiume Wang Chhu. Ha vissuto una rapida espansione dovuta all'urbanizzazione che ha prodotto la ricostruzione degli edifici del centro e lo sviluppo dei sobborghi.

In Norzim Lam, la strada principale, ci sono molti negozi, ristoranti ed edifici pubblici. Altrove c'è un insieme di appartamenti, piccole case private e negozi a gestione familiare. Per legge è previsto che tutte le case siano decorate nello stile tradizionale con dipinti e motivi di carattere religioso. I regolamenti per le costruzioni sono molto severi, al punto che le costruzioni non autorizzate vengono demolite.



Taktshang

 
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Bhutan, spiritualita' e tradizioni

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Tradizioni ancestrali e misticismo religioso caratterizzano il Bhutan dove si ragiona con il Fil (Felicità interna lorda).



Decisamente affascinante oltre ogni immaginazione, il Bhutan è grande poco più della Svizzera, ma con non più di 700 mila abitanti e una delle più basse densità della terra. Posizionato al centro del settore orientale della catena himalayana, schiacciato tra il Tibet cinese a nord e l’India su tutti gli altri lati, fino agli anni 70 era una delle nazioni più isolate e inaccessibili del pianeta, fermo ad un Medioevo feudale: non c’erano strade né aeroporti, per accedervi occorreva un invito personale del re, non possedeva moneta, telefoni, scuole, ospedali, poste, alberghi, televisione. Poi un giovane sovrano colto e illuminato nel giro di qualche decennio ha modificato la situazione: oggi il 90 % della popolazione ha accesso gratuito alla sanità, il 78 all’acqua potabile, l’ 88 alla rete fognaria, con parametri sociali da primato in Asia.

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Ma con una preoccupazione di fondo: non snaturare in alcun modo l’identità culturale del paese, basata sull’habitat, sulle tradizioni ancestrali e sulla religione. Una crescita prudente e controllata, un piede nel presente, ma senza rinunciare al passato. I monaci ora trascrivono i sacri testi sui computer, ci sono internet e i telefonini ma i giovani si divertono ancora con il tiro con l’arco, lo sport nazionale, e non si perdono gli tsechu, le coreografiche feste religiose e popolari vecchie di secoli. Secondo i parametri internazionali basati sul Pil (prodotto interno lordo, cioè la ricchezza materiale), il Bhutan è un paese povero, anzi tra i più poveri del pianeta. In realtà qui nessuno patisce la fame, non si incontrano mendicanti né persone indigenti, la criminalità risulta pressoché assente e sui volti delle persone si legge una serafica felicità. La spiegazione risiede nei parametri adottati. I bhutanesi, popolo impregnato di spiritualità e di misticismo religioso, ragionano in maniera completamente diversa dalla nostra, con priorità e valori del tutto differenti, tanto da aver sostituito il Pil con il Fil (Felicità interna lorda).

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Questa sigla pone la persona al centro dello sviluppo, riconoscendo che l’individuo ha sì bisogni materiali, ma prima ancora spirituali ed emozionali: la ricchezza è guardata con diffidenza perché potrebbe arrecare danni alle tradizioni culturali. L’operatore milanese I Viaggi di Maurizio Levi, specializzato in turismo culturale a valenza etnografica, propone in Bhutan un originale itinerario di 16 giorni da ovest ad est, toccando anche le misconosciute aree orientali, entrando via terra dal West Bengala indiano ed uscendo dall’Assam indiano, in occasione dei principali festival religiosi

fonte https://www.turismo.it/oltreconfine/artico...izioni-id-4773/

 
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Generalità

Stato dell'Asia himalayana. colonizzato dai tibetani (sec. XVII) vede imporsi a opera del lama Ngawang Namgyal, che unificò il Paese con un'autorità sia temporale che spirituale, la religione della setta Kargyud (buddhismo Mahayana), che ancora oggi è la religione ufficiale. Considerato dalla Cina come un proprio naturale tributario, il Bhutan divenne, dopo varie lotte nei sec. XVIII e XIX, una sorta di protettorato della Gran Bretagna che, nel 1910, ne riconobbe con un trattato l'indipendenza interna, sancendo, nello stesso tempo, la chiusura ai viaggiatori europei e mantenendo la gestione dei rapporti con l'estero. Indipendente formalmente dal 1971, il Bhutan continua a vivere in una dimensione di isolamento, condizionato da un ambiente montano particolarmente ostico e da secolari tradizioni. Il Paese deve il suo nome attuale, Druk Yul, “terra del drago tonante”, ai tibetani; lo stesso drago occupa la parte centrale della bandiera bhutanese, i cui due colori, il giallo e l'arancione, rappresentano il potere temporale della monarchia e quello religioso del monachesimo buddista, le massime autorità del Paese. Il secolare isolamento del Bhutan sta tuttavia lasciando il posto a una generale apertura, grazie anche alle politiche di innovazione volute dal sovrano: sua l'idea di diffondere il concetto della “felicità nazionale lorda”, lo slogan di un programma di riforme pensato nell'ottica di uno sviluppo sostenibile, rispettoso dei valori culturali tradizionali.



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Territorio: geografia umana

La popolazione, la cui densità è di 18 ab./km², si concentra soprattutto nei fondi vallivi e nei duar (porte), cioè in quelle gole di comunicazione tra i territori meridionali e le alte valli bhutanesi. Dei due gruppi etnici principali, uno è di origine tibetana (bothia, 50% della popolazione complessiva), l'altro di origine indiana, ma sono presenti anche consistenti gruppi di nepalesi (35%), per lo più addensati nelle regioni meridionali, i quali formano una cospicua minoranza. Negli ultimi anni del Novecento la minoranza nepalese è stata esclusa dal censimento della popolazione, che ammonterebbe perciò a oltre due milioni di ab. (invece che a 691.000, secondo le stime ufficiali). La politica governativa, tendente a tutelare e rafforzare l'identità bhutanese, ha creato notevoli tensioni con tale minoranza, influenzando anche le relazioni con il suo Paese di origine, il quale a sua volta ospita bhutanesi di cultura nepalese. A partire dal 1990 il Bhutan, infatti, ha dovuto fronteggiare una grave crisi, determinata dalle rivendicazioni, fino ad allora sopite, del gruppo etnico minoritario di origine nepalese nei confronti di quello tibetano, più numeroso. Nel corso delle manifestazioni di protesta, organizzate nel settembre del 1990, il gruppo etnico nepalese rivendicava il diritto di avere un ruolo più importante nelle decisioni politiche ed economiche e si dichiarava contrario alla politica portata avanti dalle autorità bhutanesi, intesa a rafforzare l'identità nazionale in un ottica di esaltazione degli aspetti culturali tibetani, a scapito di quelli nepalesi: esempio di questa strategia politica è stata la proclamazione della lingua tibetana dzongkha la sola lingua ufficiale del Paese. In seguito alle proteste del settembre 1990 migliaia di dissidenti hanno abbandonato il Bhutan, riparando in accampamenti situati nel Sudest del Nepal. Il problema di questi profughi, il cui numero è cresciuto, non ha ancora trovato soluzione, nonostante i numerosi incontri svoltisi fra le delegazioni del Nepal e del Bhutan: il Nepal è fermo nel ritenere che tutti i rifugiati che vivono nei campi dovrebbero avere il diritto di poter tornare in Bhutan, mentre le autorità bhutanesi sostengono che questo diritto deve essere concesso soltanto a coloro che furono costretti a lasciare il Paese contro la loro volontà e non anche a quelli che lo fecero spontaneamente. La popolazione del Bhutan continua comunque a essere tra le più povere del mondo e a soffrire per la mancanza di strutture adeguate, soprattutto nel settore sanitario e scolastico. Del tutto carente è, infatti, il numero dei medici e dei presidi ospedalieri e la malaria e la tubercolosi sono ancora molto diffuse, anche se, in base alle dichiarazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, già nel 1990 è stato possibile portare a termine il programma di vaccinazione dei bambini; rimane, però, ancora molto alto il tasso di mortalità infantile. La distribuzione della popolazione sul territorio mostra come la maggior parte degli abitanti viva in villaggi sorti attorno ad antiche fortezze (dzong), costruzioni di straordinaria imponenza, edificate sulle alture a difesa delle incursioni tibetane; esse sono tuttora il fulcro della vita politica e sociale del Bhutan (la stessa divisione amministrativa è basata sui dzong), in quanto ospitano gli uffici pubblici e religiosi. Nel Paese, inoltre, non esistono vere e proprie città: la capitale (Thimphu) riveste soprattutto un ruolo religioso, oltre che funzioni amministrative; il secondo centro del Paese, per numero di abitanti è Paro, dove scuole, case e mercati sono stati costruiti attorno a un antico monastero restaurato. Phuntsholing, più a S, è, invece, il maggior centro industriale.



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Cultura: generalità

Le due componenti maggioritarie della società bhutanese, quella tibetana e quella nepalese, sono scarsamente integrate tra loro: il gruppo etnico principale, quello dei bothia, pratica il buddhismo e parla la lingua ufficiale, il dzongkha, una variante tibetobirmana del sinotibetano mentre i nepalesi sono per lo più induisti. L'elemento religioso, in particolare quello legato alla tradizione buddhista, tocca tutti gli aspetti della vita culturale del Bhutan: l'arte e l'architettura, l'artigianato, la musica, la danza. La custodia e la trasmissione della secolare cultura bhutanese sono affidate ai monasteri; attorno a questi luoghi si raccoglie la popolazione in occasione delle feste (tsechu), legate alle ricorrenze religiose.



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Cultura: tradizioni

Il rispetto delle antiche tradizioni costituisce uno dei capisaldi della monarchia bhutanese e ha favorito nel tempo il mantenimento dell'identità nazionale. Le donne sono tenute a indossare la kira, lunga veste che, a seconda dei colori, dei tessuti e delle decorazioni, identifica persone di diverso rango. Gli uomini vestono il gho, una sorta di giacca lunga fino alle ginocchia stretta in vita con una cintura. Le feste (tsechu), che si svolgono negli dzong presso i monasteri e durano più giorni, hanno lo scopo di trasmettere l'educazione morale e religiosa. Nel corso delle rappresentazioni (cham), i monaci, vestiti con gli abiti tradizionali e con il volto coperto da grandi maschere colorate, danzano al suono di tamburi, cembali e corni. Il dramyin (o dranyen), uno strumento simile alla chitarra, accompagna spesso zhungdra e boedra, i generi musicali della tradizione. La cucina bhutanese comprende piatti a base di riso rosso, grano, carne – consumata in modeste quantità – di maiale, di pollo, di manzo, di yak e fa uso di spezie. Dallo yak si ricavano, oltre alla carne, anche formaggi e burro, usato per la preparazione del tipico tè tibetano. Gli induisti, presenti tra la minoranza nepalese, non mangiano carne, soprattutto quella di manzo.



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Cultura: arte

Le antiche fortezze (dzong) costituiscono i più alti esempi dell'architettura bhutanese, tra le quali spiccano quella di Paro, il Rinchen Pung Dzong (“fortezza su un cumulo di gioielli”) e il Trashi Chhoe Dzong di Thimpu (“fortezza della religione gloriosa”). Si tratta di grandi strutture a scopo di difensivo, religioso e amministrativo che sorgono in posizione strategica sulle vallate; le più antiche risalgono al sec. XII. Sono inoltre presenti sul territorio numerosi chorten o stupa, edifici religiosi a cupola che contengono oggetti sacri e reliquie. I monasteri custodiscono al loro interno i prodotti del fine artigianato bhutanese realizzati in legno, bronzo, argento e altri metalli quali statue di Buddha, icone di santi, campane, gioielli, tankha e mandala.



fonte www.sapere.it/enciclopedia/Bhutan.html

 
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