IL FARO DEI SOGNI

Ulisse (Odisseo)

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Ulisse (dal latino Ulyssēs, ma anche Ulixēs) o Odisseo (pronunciato [odisˈsεːo] o alla latina [oˈdisseo][1]; in greco antico: Ὀδυσσεύς [odysˈseʊ̯s], latinizzato in Odysseus, ma anche alla base del più comune Ulisse) è un personaggio della mitologia greca. Originario di Itaca detta la terra del sole, è uno degli eroi achei descritti e narrati da Omero nell'Iliade e nell'Odissea, l'opera letteraria che lo ha come protagonista e che da lui prende il nome.



Ulisse: Il fantastico viaggio dell'Odissea - part 1



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Il nome e la sua storia

Il vero nome di Ulisse era Odisseo, nome dal significato formidabile che gli fu assegnato dal nonno Autolico, motivandolo come "odiato dai nemici" che il nonno si era procurato, da coloro che lui farà per il primato della sua mente, "futura cagione di molte invidie". Ὀδυσσεύς Odysséus deriverebbe dal verbo greco ὀδύσσομαι odýssomai, "odiare", "essere odiato", quindi significherebbe "Colui che è odiato", ma fra i possibili significati dobbiamo citare "collerico" o addirittura "il piccolo", quest'ultima definizione si adatterebbe alla sua statura, non altissima.

Ulisse, epiteto datogli dai Romani e reso celebre da Livio Andronico (che significa "Ferito ad un'anca"), epiteto formato da due parole in riferimento a una ferita riportata alla coscia in una battuta di caccia al cinghiale (nelle foreste di Castalia), è la "personificazione" dell'astuzia, del coraggio, della curiosità e dell'abilità manuale. Figlio di Anticlea moglie di Laerte dal quale ereditò il regno e di Sisifo, da parte materna Ulisse è pronipote di Ermes. Sposo di Penelope e padre di Telemaco e secondo molte tradizioni di Telegono, avuto con la maga Circe.



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Mito del finto pazzo
Odisseo aveva consultato un oracolo dal quale era stato ammonito che, se fosse andato a Troia, sarebbe tornato in patria solo dopo vent'anni e in condizioni di miseria. In seguito quando Agamennone, accompagnato da Menelao e Palamede, fece visita all'eroe per convocarlo in onore del solenne giuramento che aveva pronunciato sulle carni di cavallo, Odisseo architettò di giustificare la sua riluttanza alla guerra comportandosi come un pazzo. I tre uomini lo sorpresero con un cappello da contadino a forma di mezzo uovo mentre arava un campo pungolando un asino e un bue aggiogati insieme e lanciandosi alle spalle manciate di sale. Palamede, per verificare la sanità dell'uomo, strappò Telemaco bambino dalle braccia della madre e lo posò per terra davanti alle zampe delle bestie aggiogate all'aratro; Odisseo subito arretrò tirando le redini per risparmiare il figlio smascherando la sua macchinazione, e cedette ad arruolarsi nella spedizione [2].



odissea parte 2 -Polifemo



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Ritorno in patria, a Itaca
Gli amori di Ulisse e Calipso, dipinto di Jan Brueghel il Vecchio, Londra, Johnny van Haeften Gallery

Re di Itaca, figlio di Laerte (anche se una tradizione lo vuole figlio di Sisifo) e di Anticlea, sposo di Penelope, padre di Telemaco, Ulisse (Odisseo) vorrebbe ritornare agli affetti familiari e alla nativa Itaca dopo dieci anni passati a Troia a causa della guerra (suo è l'espediente del cavallo di legno che permette di sbloccare la situazione), ma l'odio di un dio avverso, Poseidone, glielo impedisce. Costretto da continui incidenti e incredibili peripezie, dopo altri dieci anni, grazie anche all'aiuto della dea Atena, riuscirà a portare a compimento il proprio ritorno a casa.



Giovanni_Domenico_Tipeolo_Procession_of_the_Trojan_Horse_in_Troy



Le tappe
Le tappe del ritorno (in greco "νόστος", "nostos") sono dodici, numero degli insiemi perfetti. Si alternano tappe in cui l'insidia è manifesta (mostruosità, aggressione, morte) a tappe in cui l'insidia è solo latente: un'ospitalità che nasconde un pericolo, un divieto da non infrangere. Ulisse continua a non riuscire a tornare a Itaca perché il dio Poseidone, adirato con lui, gli scatena contro venti furiosi e continui naufragi e pericolosi approdi in altre terre.



odissea parte 3- l'isola di Lipari, Eolo e l'otre dei venti



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I Ciconi

Dopo la partenza da Troia, Ulisse fa tappa a Ismaro, nella terra dei Ciconi (in greco, Kìkones), e li attacca per fare bottino. Qui risparmia Marone, sacerdote di Apollo, che gli dona del vino forte e dolcissimo che gli tornerà utile nella grotta di Polifemo.
I Lotofagi
Seconda tappa nella terra dei Lotofagi, cioè mangiatori di loto. Essi sono ospitali ma insidiosi: offrono infatti ai compagni di Ulisse (Odisseo) il loto, un frutto che fa dimenticare il ritorno, costringendo l'eroe a legarli e a trascinarli a forza sulle navi.



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Il ciclope Polifemo

Ulisse, insieme ai suoi compagni, approda su un'isola abitata dalle ninfe. Ulisse vuole andare a chiedere ospitalità in un'isola vicina e porta con sé una nave e alcuni suoi compagni. Giungono nella grotta di Polifemo, che nel frattempo è uscito a pascolare le pecore, e la trovano con i graticci pieni di formaggi enormi e il latte appena munto. I compagni pregano Ulisse di prendere i formaggi, rimettersi in mare e scappare, ma l'eroe vuole ricevere i doni dell'ospitalità. Polifemo ritorna: è orrendo, un gigante con un solo occhio in mezzo alla fronte. Quando li vede sta preparando la sua cena, e allora prende due compagni di Odisseo e li divora. Poi si mette a dormire, così Ulisse medita come scappare da quella disavventura.

Inizialmente pensa di estrarre la spada e così ucciderlo, ma poi riflette che in quel modo sarebbero morti anche loro, perché nessuno poteva smuovere il grande macigno che il ciclope aveva posto davanti alla porta. Poi vede un ramo d'ulivo, gigantesco, ancora verde, che a lui pareva l'albero di una nave da venti remi, e che Polifemo aveva conservato per farne un bastone. Ordina ai compagni di tagliarne un pezzo e intanto lui lo appuntisce. La sera dopo l'eroe offre al ciclope il vino che gli aveva donato Marone. Polifemo, contento del vino offerto, chiede poi a Ulisse il suo nome. L'eroe acheo risponde che il suo nome è "Nessuno" (in greco antico "οὐδείς" - oudeís - parola assonante con il nome di Odisseo). Il ciclope si addormenta, ubriaco a causa del potente vino bevuto, e Ulisse e i compagni colgono l'occasione: prendono il ramo,fanno diventare incandescente la punta dell'ulivo e accecano l'unico occhio del ciclope. Gli altri due fratelli di Polifemo accorrono ma ritornano indietro quando il ciclope dice: "Nessuno, amici, mi uccide con l'inganno e non con la forza". La mattina dopo Polifemo fa uscire a pascolare le sue pecore, ma per evitare che qualcuno fugga, stende le mani in modo da tastare il vello delle pecore. Allora l'eroe e i suoi compagni si legano sotto dei montoni, riuscendo così a sfuggire.



odissea parte 4- la maga Circe



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CONTINUA

 
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Eolo

Qui Ulisse giunge quindi nell'isola di Eolo, dio dei venti, da cui viene ospitalmente accolto per un mese, ricevendo in dono l'otre dei venti, accompagnato da un divieto da non infrangere: nessuno dovrà aprire l'otre. Saranno i compagni però che, invidiosi del dono dell'ospite, ormai in prossimità di Itaca, approfittando del sonno di Odisseo, apriranno l'otre scatenando i venti che risospingeranno la nave al largo.


I Lestrigoni

Quinta tappa presso i Lestrigoni, giganti mostruosi quasi quanto i Ciclopi. Anche qui Odisseo perde alcuni compagni e i giganti bersagliano la sua flotta abbattendo undici navi. Solo quella dell'eroe si salva.


Circe e L'Ade
Giunge poi nell'isola di Circe, una maga seducente che trasforma i compagni di Odisseo in porci. Grazie all'aiuto di Ermes, che gli dà una misteriosa erba quale antidoto alla maledizione della maga, l'eroe riesce ad evitare l'insidia e costringe Circe a restituire ai compagni sembianze umane. Dopo essersi fermato un anno da Circe, Odisseo - su indicazione della stessa maga - si accinge a una nuova prova, la catabasi nel regno dei morti. Lì riesce a entrare in contatto con le figure dei compagni perduti durante la guerra di Troia, con la madre e con l'indovino Tiresia, che gli presagirà un ritorno luttuoso e difficile, invitandolo a guardarsi dal toccare le vacche del Sole iperionide.



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Le Sirene

Rimessosi in rotta, Ulisse se la vede con le pericolose sirene; allora tappa le orecchie ai compagni e si fa legare all'albero della nave per ascoltarle. Superato lo scoglio delle sirene Ulisse si sta dirigendo verso lo Stretto di Messina.
Scilla, Cariddi e l'isola di Elio

Ulisse tenta di superare i mostri Scilla e Cariddi. Scilla mangia sei compagni di Ulisse. A impresa compiuta, Odisseo non riesce a frenare la voglia dei compagni di banchettare con le invitanti mucche di Elio (altre versioni dicono di Era o Apollo). Per questo Odisseo racconta di essere stato per nove giorni in balia di terribili tempeste scatenate da Zeus, con la nave e i compagni uccisi da Scilla.
Calipso

Scampato alla tempesta riuscì a salvarsi grazie all'arrivo sull'isola di Ogigia, dove incontra Calipso. Essa è una ninfa molto bella e immortale che andando a stendere i panni con le sue ancelle trova Ulisse naufrago nudo e sporco. Quindi lo accoglie e si innamora di lui e visto che tra poco deve celebrare le nozze spera di sposarsi con l'uomo dal multiforme ingegno. Dopo sette anni di "prigionia" lontano da casa, Ermes viene ad avvisare la ninfa di lasciare Ulisse, il quale costruita una barca parte per Itaca, ma ad un passo dalla terra natia, Poseidone lo ferma.
I Feaci

 
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[CENTER]I Feaci

Odisseo un giorno sbarcò nell'isola dei Feaci, dove incontrò Nausicaa, la figlia di re Alcìnoo e le chiese dei vestiti e dov'era la reggia del re. Andò alla reggia e dopo aver raccontato la sua storia chiese aiuto al re di dargli una nave per ritornare a casa. Lui accettò e gli organizzò anche un banchetto nel quale lui rivelò il proprio nome. Il giorno dopo si imbarcò, salutando tutti.

Ritorno a Itaca

Quando arrivò a Itaca con l'aiuto di Atena si fece ospitare da Eumeo, come mendicante. Dopo essersi rivelato al figlio e al fedele Eumeo si r

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[color=red][size=7][font=Arial]I Feaci

Odisseo un giorno sbarcò nell'isola dei Feaci, dove incontrò Nausicaa, la figlia di re Alcìnoo e le chiese dei vestiti e dov'era la reggia del re. Andò alla reggia e dopo aver raccontato la sua storia chiese aiuto al re di dargli una nave per ritornare a casa. Lui accettò e gli organizzò anche un banchetto nel quale lui rivelò il proprio nome. Il giorno dopo si imbarcò, salutando tutti.

Ritorno a Itaca

Quando arrivò a Itaca con l'aiuto di Atena si fece ospitare da Eumeo, come mendicante. Dopo essersi rivelato al figlio e al fedele Eumeo si recò alla reggia facendosi accogliere appunto come un mendicante. Qui, schernito ripetutamente dai tracotanti Proci, partecipa alla gara di arco organizzata da Penelope, che aveva promesso di consegnarsi in sposa a colui che sarebbe riuscito a scoccare una freccia dal pesante arco del marito facendola passare per le fessure di dodici scuri allineate. Nessuno dei pretendenti riuscì anche solo a tendere l'arco, e così Odisseo chiese di poter fare un tentativo. Sotto gli occhi torvi dei Proci, dopo aver scaldato l'arma sulla fiamma, Odisseo riesce perfettamente nell'impresa di tendere l'arco e scoccare. A questo punto, spalleggiato da Atena, non gli rimane che scatenare la vendetta che aveva attentamente preparato con Eumeo, Filezio e il figlio, togliendo tutte le armi ai Proci per poi ucciderli. Euriclea andò a chiamare Penelope per dirle che Odisseo non era morto; quando lei lo vide non disse niente, non si convinceva che fosse suo marito, fino a quando lui disse qualcosa che poteva sapere solo lei e lei lo riconobbe, lo strinse forte piangendo. Anche Telemaco fu felice per i suoi genitori.

 
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Le possibili morti di Ulisse




Nel libro undicesimo dell'Odissea, l'indovino Tiresia predice il futuro del re itacese: infatti gli profetizza una morte "Ex alos"[9], che vuol dire "dal mare" o "lontano dal mare". Una volta uccisi i Proci, ripartirà verso terre lontane, ai confini del regno di Poseidone, ossia oltre le Colonne d'Ercole. Giungerà ad una terra dove non si conoscono il mare e le navi e dove non si condiscono i cibi col sale. Quando un viandante scambierà il remo di Ulisse per un ventilabro (strumento agricolo consistente in una pala di legno con cui si ventilava il grano sull'aia, allo scopo di separarlo dalla pula) potrà fermarsi, piantare il remo e offrire sacrifici a Poseidone. Tornerà quindi ad Itaca, offrirà sacrifici a tutti gli dèi e una lieta morte verrà dal mare durante una serena vecchiaia, circondato da popoli pacificati. Le ulteriori peregrinazioni di Ulisse e la sua morte sono state trattate in canti epici che non sono pervenuti. Per questo, diversi scrittori hanno ipotizzato la possibile morte di Ulisse. Letteratura e miti ci narrano quattro diverse versioni sulla morte di Ulisse:

nell'Epitome dello Pseudo-Apollodoro, tornato ad Itaca, l'eroe scopre che Telemaco ha lasciato la sua casa. Dopo che un oracolo gli ha predetto infatti che Ulisse sarebbe morto per mano del figlio, Telemaco ha scelto l'esilio volontario nella vicina Cefalonia. Ulisse, senza esserne a conoscenza, ha dato un figlio a Circe, presso la quale aveva soggiornato nel suo lungo viaggio di ritorno da Troia. Telegono, questo il suo nome, era alla ricerca del padre e, sulle sue orme, giunge ad Itaca. Lo sbarco di stranieri provoca un immediato allarme, così Ulisse e le sue guardie scendono alla riva. Ne nasce una battaglia, in cui Ulisse muore proprio per mano di Telegono.
nella Divina Commedia di Dante Alighieri, Inferno - Canto ventiseiesimo, il poeta immagina l'ultimo viaggio di Ulisse (riferendosi alla versione in latino di Ovidio), l'ultima sfida oltre le Colonne d'Ercole. L'impresa si conclude con il naufragio provocato da un enorme vortice e la morte dell'eroe greco con tutti i suoi compagni.
ne L'ultimo viaggio (nei Poemi conviviali) di Pascoli, Ulisse, passati dieci anni dal suo ritorno, riprende il mare e percorre a ritroso il viaggio dell'Odissea. Ma i suoi ricordi non corrispondono più alla realtà. Presso l'isola delle sirene naufraga e il suo corpo è trasportato dal mare sull'isola di Calipso.
in L'oracolo di Valerio Massimo Manfredi Ulisse, condannato all'immortalità per l'offesa arrecata a Poseidone, sopravvive fino ai giorni nostri, dove assunta l'identità di un ufficiale della marina militare greca manovra segretamente i protagonisti della vicenda per poter compiere la profezia di Tiresia ed essere finalmente in grado di morire.
Ulisse, come venne scritto da Plinio il vecchio, muore di vecchiaia.

 
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Ulisse nell'arte


Nell'arte greca, le prime raffigurazioni di Odisseo sono di pittori vascolari del periodo orientalizzante, inizio del VII secolo, dunque immediatamente successive la composizione dell'Odissea stessa. Nelle loro opere la più rappresentata è la scena dell'accecamento di Polifemo da parte di Odisseo e dei suoi compagni, episodio che più di altri evidenzia l'astuzia e l'intelligenza dell'eroe, per cui si vede come sin dall'inizio l'arte figurativa interpreti correttamente la figura di Odisseo, secondo la lettura che ne verrà data nei secoli successivi. In quanto a frequenza di attestazione, poi, per secondo viene l'incontro con Scilla, il peggior pericolo forse tra quelli effettivamente corsi da Odisseo durante le sue peregrinazioni e per terzo, infine, quello con le Sirene, simbolo per eccellenza del potere della seduzione della conoscenza.

Dopo l'età protogreca le raffigurazioni del mito di Odisseo, comparse, come s'è detto, improvvisamente e massicciamente nella pittura vascolare e in quella minore nella prima metà del VII secolo, si interrompono quasi del tutto. Per l'età classica ci è pervenuto un solo esempio, un cratere italico del tardo V secolo, che però si riferisce non al testo omerico ma a Il Ciclope, il dramma satiresco di Euripide. Il tema diventerà nuovamente fiorente solo in età ellenistica, per poi diventare una tra le fonti di maggiore ispirazione per l'arte romana.

 
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Influenza culturale

A Ulisse è intitolato il cratere Odisseo (di 445 km di diametro) su Teti[13].

Nella serie I Cavalieri dello Zodiaco compaiono due personaggi di nome Odisseo: uno è un Angel, un guerriero dei cieli al servizio degli dei, tanto abile da ritorcere gli attacchi nemici contro gli stessi avversari; compare nel film I Cavalieri dello zodiaco: Le porte del paradiso; l'altro è un Gold Saint, il 13°, discendente di un antenato che indossando la stessa armatura peccò di arroganza credendosi pari agli Dei dell'Olimpo; compare nel manga Saint Seiya: Next Dimension, ambientato due secoli prima della storia originale.

 
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ODISSEO: re di Itaca, uno dei personaggi principali dell'Iliade e figura centrale dell'Odissea.
Odisseo era l'unico figlio di Laerte e Anticlea, anche se secondo alcuni Anticlea sposò Laerte dopo essere stata violentata da Sisifo, e le circostanze in cui Odisseo fu concepito bastano a spiegare la sua straordinaria astuzia. Autolico, padre di Anticlea, si recò a Itaca poco dopo la nascita del bimbo e la sera, al termine del banchetto, prese il piccolo sulle ginocchia e Anticlea gli chiese di dare egli stesso il nome al nipote. Autolico rispose: "Nel corso della mia vita mi sono messo in urto con molti principi e chiamerò dunque il mio nipote Odisseo, che significa Il Rabbioso, perché sarà vittima delle mie antiche inimicizie". Autolico promise inoltre a Odisseo ricchi doni il giorno in cui fosse stato in grado d'andare a prenderli personalmente nella sua dimora sul monte Parnaso. Non appena raggiunta la maturità, Odisseo si recò a far visita ad Autolico ma, mentre cacciava in compagnia degli zii, fu ferito da un cinghiale alla coscia e gli restò una cicatrice che diede modo, alquanti anni dopo, alla nutrice Euriclea di riconoscerlo quando rimise piede nel suo palazzo a Itaca in sembianza di mendico. Autolico tuttavia ebbe gran cura di lui e lo rimandò a Itaca con i doni promessi. Qualche tempo dopo, avendo i Messeni rubato agli Itacesi trecento montoni, fu mandato da Laerte presso il re della Messenia a risolvere pacificamente la questione. Quivi ricevette in dono da Orsiloco e da Ifito l'arco di Eurito, loro padre, re di Ecalia. E proprio con quell'arco, molti anni più tardi, venne lanciata la sfida ai pretendenti di Penelope.

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Quando giunse il momento di prender moglie, la scelta di Odisseo cadde su Penelope figlia di Icario, re di Sparta. Per conquistare la sua sposa Odisseo diede mostra per la prima volta dell'astuzia che l'avrebbe reso celebre. Si unì alla schiera dei pretendenti di Elena, la bellissima figlia di Tindareo, fratello di Icario, ma si presentò a mani vuote, poiché non aveva la minima possibilità di successo. Tindareo non respinse alcuno dei pretendenti né, d'altro canto, volle accettare i doni offerti, poiché temeva che la sua preferenza per questo o quel principe potesse far nascere dispute tra gli altri. Per trarlo d'impaccio dinanzi al gran numero di pretendenti, Odisseo gli consigliò di esigere da ciascuno di loro il giuramento di rispettare la scelta che sarebbe stata fatta e di aiutare il prescelto a tenersi la moglie nel caso in cui qualcuno l'avesse pretesa per sé. La scelta cadde su Menelao, e più tardi, quando Paride rapì Elena, tutti gli altri principi si trovarono obbligati da quel vecchio giuramento a partecipare alla guerra di Troia per aiutare Menelao a riconquistare la sua sposa. Per ripagarlo dell'ottimo consiglio che gli aveva dato, Tindareo cercò di intercedere presso il fratello Icario e Odisseo ottenne Penelope nonostante la riluttanza di Icario a lasciar partire l'amata figlia. Secondo un'altra versione della leggenda, Icario istituì una gara di corsa a piedi dichiarando che il vincitore avrebbe avuto la mano della figlia, e Odisseo riportò la vittoria. Dopo aver maritato Penelope a Odisseo, Icario lo pregò di rimanere a Sparta alla sua corte.

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Odisseo rifiutò e Icario allora inseguì il cocchio sul quale viaggiava la coppia di sposi, supplicando Penelope di tornare indietro. Odisseo, perduta la pazienza, si volse e disse a Penelope: "O vieni con me a Itaca, oppure, se mi preferisci tuo padre, rimani qui con lui senza di me!" Penelope abbassò il velo che le copriva il capo e Icario, resosi conto che Odisseo agiva con suo pieno diritto, lasciò partire la figlia. Più tardi Icario fece erigere sul luogo della separazione da sua figlia una statua dedicata ad Aidos ("il pudore"). Penelope diede a Odisseo un unico figlio, Telemaco. Questi era ancora in tenera età allorché si sparse la notizia che Paride aveva rapito Elena.

Agamennone ricordò il giuramento dei pretendenti e disse ai principi che era giunto il momento di proteggere i diritti di Menelao e l'onore della Grecia. Ora, Odisseo era stato ammonito da un oracolo che se fosse andato a Troia sarebbe tornato in patria dopo vent'anni, solo e in miseria. Si finse dunque pazzo e quando Menelao e Palamede figlio di Nauplio giunsero a Itaca lo trovarono vestito da contadino che arava un campo pungolando un bue e un asino aggiogati assieme e gettandosi dietro le spalle manciate di sale. Palamede strappò il piccolo Telemaco dalle braccia della madre e lo posò per terra davanti alle zampe degli animali aggiogati all'aratro, Odisseo subito tirò le redini per non uccidere il figlio dimostrando così d'essere sano di mente. Costretto, partì per Troia, ma conservò nei confronti di Palamede un odio implacabile.
A Odisseo, Nestore e Aiace toccò l'incarico di ricercare Achille a Sciro, perché correva voce che egli fosse nascosto laggiù. Fu proprio grazie alla furbizia di Odisseo che venne scoperto il nascondiglio di Achille, ben celato negli appartamenti delle donne nella reggia di Licomede. Odisseo partì con un contingente di dodici navi e nella spedizione si fusero le forze cretesi ed elleniche. L'esercito ellenico era guidato da Agamennone e dai suoi luogotenenti Odisseo, Palamede e Diomede; la flotta ellenica era comandata da Achille, con l'aiuto del Grande Aiace e di Fenice. Quando la flotta si trovò bloccata in Aulide, fu proprio Odisseo a convincere con l'inganno Clitemnestra a convocare la figlia Ifigenia, dicendole che era stata promessa in sposa ad Achille e, secondo la versione più accreditata della vicenda, la fanciulla venne sacrificata per placare l'ira di Artemide. Fu sempre Odisseo a suggerire che i Greci catturassero Filottete sull'isola di Lemno e interpretò con correttezza l'oracolo concernente la guarigione di Telefo da parte di Achille, autore della ferita. Mentre Achille declinava ogni competenza, Odisseo fece osservare che si trattava in realtà della lancia, e non del guerriero. Achille acconsentì; mise un po' della ruggine, che si trovava sulla sua lancia, sopra la ferita di Telefo e, usando anche l'erba achillea, un vulnerario da lui stesso scoprto, risanò la ferita.

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La guerra di Troia.

Quando i Greci giunsero infine a Troia, Odisseo fu mandato insieme a Menelao in città per chiedere la restituzione di Elena e del tesoro. I Troiani, ben decisi a non restituire Elena, li avrebbero uccisi se Antenore, che li aveva ospitati in casa propria, non avesse impedito l'atroce misfatto. All'assedio di Troia l'amico più caro di Odisseo era Diomede; insieme compirono molte gesta gloriose. La morte di Palamede venne comunque considerata da tutti opera di Odisseo (con o forse senza la connivenza di Diomede). Secondo alcuni autori Odisseo lo accusò di tradimento e, di nascosto, seppellì un sacco d'oro nel punto dove sorgeva la tenda di Palamede. Questi fu condotto dinanzi alla corte marziale, e poiché negava disperatamente di aver ricevuto denaro da Priamo o da chiunque altro, Odisseo propose che si frugasse nella sua tenda. L'oro venne così scoperto e Palamede fu lapidato come traditore. Altri dicono che Odisseo e Diomede, fingendo di aver trovato un tesoro in un pozzo profondo, vi calarono Palamede appeso ad una corda e poi gli spaccarono il cranio con grosse pietre; oppure lo annegarono durante una partita di pesca.
Nell'Iliade la figura di Odisseo è soprattutto quella d'un abile oratore e stratega, non d'un guerriero. Quando parlava si trasformava catturando l' attenzione degli astanti. Scelto per accompagnare Aiace, figlio di Telamone, e Fenice nel loro tentativo di convincere Achille a partecipare ancora alla guerra, Odisseo parlò con grande eloquenza ma fallì l'intento. Partecipò ad almeno due spedizioni nel campo nemico. La prima volta entrò nel campo di Ettore nella pianura e con Diomede spiò la situazione nemica. Si imbatterono in Dolone, figlio di Eumede, che era stato mandato in ricognizione da Ettore, e dopo avergli strappato informazioni con la forza, gli tagliarono la gola. Poi uccisero nel sonno il capitano Reso di Tracia, e molti nobili al suo seguito, e rapirono gli stupendi cavalli del re, più veloci del vento. Quando i Traci superstiti si destarono e videro il re morto e i suoi cavalli spariti, si diedero disordinatamente alla fuga e i Greci li uccisero quasi tutti.

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Più tardi Odisseo, solo o accompagnato da Diomede, cercò asilo in Troia, sporco, sanguinante e coperto di stracci come uno schiavo fuggiasco. In città soltanto Elena lo riconobbe, ma non lo tradì e lo invitò a casa. Si raccontava che Elena si fosse confidata con Ecuba della presenza di Odisseo; ma la regina, come Elena, per qualche misteriosa ragione, rinunciò a denunciarlo. Poi, non senza aver massacrato alcuni Troiani, particolarmente le guardie della porta, potè ritirarsi e rientrare nell'accampamento acheo.
Quando Achille venne ucciso da Paride, Aiace, il figlio di Telamone, recuperò il suo corpo e lo riportò al campo greco sotto una pioggia di dardi, mentre Odisseo proteggeva la ritirata. Tra i due nacque una disputa sull'armatura di Achille, ma i principi achei deliberarono che le armi toccassero a Odisseo come riconoscimento della sua preziosa opera; tale deliberazione parve ingiusta ad Aiace, che riteneva di essere secondo dopo Achille nella scala del valore. Onde la follia e il suicidio dell'eroe di Salamina.
Poco dopo, Odisseo con Diomede rubò le ceneri di Laomedonte e il Palladio. L'azione di Odisseo era intesa all'adempimento del responso oracolare: finché le ceneri di Laomedonte e il Palladio fossero rimaste a Troia, la città non sarebbe caduta. Quando Paride morì ed Elena venne data in sposa a Deifobo, Eleno, l'indovino troiano, offeso perché aveva sperato d'avere Elena per sé, abbandonò la città e andò a vivere sulle pendici del monte Ida. Odisseo lo catturò ed Eleno si dichiarò pronto a rivelare gli oracoli segreti e le condizioni necessarie alla caduta di Troia purché i Greci gli consentissero di rifugiarsi al sicuro in qualche terra lontana. Odisseo decise di dedicare i suoi sforzi perché queste condizioni si verificassero: indusse Licomede ad autorizzare la partenza di Neottolemo per Troia e Odisseo, di buon grado, gli cedette le armi di Achille; guidò una spedizione a Lemno dove con un inganno riuscì a strappare a Filottete l'arco e le frecce di Eracle. A questo punto comparve il dio Eracle e convinse Filottete, che odiava Odisseo responsabile del suo abbandono sull'isola di Lemno, a partire per Troia.

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Intanto Odisseo ebbe l'ingegnoso inganno mediante il quale gli Achei poterono prendere Troia. Fatto costruire un grande cavallo di legno, Odisseo e gli altri eroi si celarono nella cavità del suo ventre; intanto l'esercito levava le tende e s'imbarcava dirigendo la flotta verso l'isolotto di Tenedo, dove si ancorava a ponente, così da sfuggire alla vista dei Troiani. Frattanto Sinone, ammaestrato da Odisseo, vagava per la campagna dinanzi a Troia; catturato raccontava un'intricata serie di menzogne, volte a persuadere i Troiani che il cavallo era un dono votivo e di risarcimento per Pallade e che, se fossero riusciti a portarlo dentro la città, questa sarebbe divenuta così potente, da minacciare più tardi l'Ellade stessa. I Troiani, dopo alquanti dubbi, introdussero il cavallo in città attraverso un breccia nelle mura. Elena e Deifobo si recarono a vederlo e nel tentativo di sventare un'eventuale trappola Elena parlò agli uomini nascosti nel ventre del cavallo imitando le voci delle loro mogli. Con fatica Odisseo riuscì a impedire ai compagni di rispondere. In seguito, quando uscirono dal cavallo, aprirono le porte agli Achei tornati a riva, che presero e incendiarono la città. Odisseo non dimenticò il suo debito verso Antenore e sulla porta della sua casa appese una pelle di pantera perché fosse risparmiato dal massacro.

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Odisseo dichiarò che tutta la discendenza di Priamo doveva essere estinta e senza batter ciglio scagliò il piccolo Astianatte, il figlio di Ettore, giù dalle fortificazioni. Poi, Odisseo e Menelao raggiunsero la casa di Deifobo e colà si impegnarono in una sanguinosa battaglia dalla quale uscirono vittoriosi. Non si sa chi dei due uccise Deifobo. Taluni dicono che Elena stessa gli immerse una spada nella schiena; e questo suo gesto, unitamente alla visione del suo seno nudo, indebolì talmente la volontà di Menelao (il quale aveva giurato di ucciderla) che gettò le armi e permise a Elena di raggiungere sana e salva le navi greche. Odisseo cercò anche di distogliere dai Greci l'ira di Atena provocata dal gesto di Aiace, figlio di Oileo, il quale aveva violentato Cassandra davanti alla statua della dea suggerendo che venisse lapidato. Quando Atena per vendicare il sacrilegio mandò un temporale contro le navi greche, Odisseo fu risparmiato. Incorse comunque nell'ira degli dèi e soprattutto di Poseidone; fu l'ultimo dei Greci a raggiungere la patria, dopo dieci lunghi anni di viaggio.

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Il ritorno a Itaca.


Le avventure di questo periodo e del periodo immediatamente successivo sono l'argomento dell'Odissea di Omero.
Odisseo salpò da Troia ben sapendo che avrebbe dovuto vagare per altri dieci anni prima di raggiungere Itaca; sbarcò a Ismaro Ciconia e la prese d'assalto. Di tutti gli abitanti ne risparmiò uno solo, Marone che era sacerdote di Apollo. In segno di gratitudine, Marone gli regalò alcune giare d'un vino dolce e forte, che gli sarà utilissimo nel paese dei Ciclopi. Tentò di doppiare il capo Malea e di spingersi a nord verso Itaca, ma un vento contrario lo spinse nella terra dei mangiatori di loto. Ripartì e giunse all'isola dei Ciclopi dove, con dodici uomini, penetrò in una caverna. I Greci sedettero attorno al focolare, sgozzarono e arrostirono alcuni capretti trovati nella grotta, si servirono dei formaggi allineati nei canestri lungo le pareti e banchettarono in letizia. Verso sera apparve Polifemo che spinse il suo gregge nella caverna e ne chiuse l'ingresso con una pesante pietra. Poi si voltò intorno, vide Odisseo e i suoi compagni riuniti attorno al focolare e cominciò a divorarli a coppie. Odisseo gli offrì del vino di Marone, e il Ciclope, che in vita sua non aveva mai assaggiato niente di più inebriante del siero del latte, ne chiese una seconda coppa e si sentì di umore migliore. Accondiscese allora a chiedere il nome di Odisseo. Questi gli rispose: "Nessuno". Il Ciclope gli promise, come ricompensa per un vino tanto eccellente, di divorarlo per ultimo. Poi, dopo un'ultima coppa, cadde nel profondo sonno degli ubriachi. Odisseo e i suoi compagni arroventarono la punta di un palo nelle braci del focolare; poi la conficcarono nell'unico occhio di Polifemo.

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