IL FARO DEI SOGNI

BUDDHISMO

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Edited by (((claudio))) - 23/10/2017, 21:09
 
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BUDDHA




Il Buddhismo accetta il principio della reincarnazione(l'anima dell'uomo dopo la morte passa attraverso un indefinito numero di esisyenze,umane o animali), già affermato nel BRAHMANESIMO,ma sostiene che il fine ultimo della trasmigrazione delle anime è il NIRVANA,l'"estinzione" appunto di ogni desiderio terreno e quindi il conseguimento della felicità,l'unico mezzo per infrangere la catena inesauribile delle nascite edelle morti.
I testi sacri del Buddhismo si trovano nell'opera TRIPITAKA,"LE TRE CESTE",perchè tali scrittiBuddhisyi potevano essere raccolti in tre ceste: una conteneva i SUTRA,le opere che riportavano i discorsi del Buddha,una conteneva i VINAYA,le regole disciplinari,la terza l'ABBIDHARMA,gli scritti dedicati alle questioni teologiche e filosofiche.
La meditazione del Buddha intende aprire agli uomini una nuova via per valutare la vita:predica la generosità e la pietà per tutte le sofferenze umane comprendendo in esse un sentimento sociale attivo.
L'essenza del pensiero del Buddha è nel SERMONE DI BENARES,nel quale egli affronta il problema del dolore,considerato universale,e la sua sopressione con l'annientamento totale del desiderio.

 
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Buddha GAUTAMA




Buddha Gautama (Kapilavastu, attuale Nepal 563 ca-486 ca. a.C.), fondatore del buddhismo. Il suo patronimico, nome del Buddha storico, è Gautama, mentre l'epiteto Buddha significa "l'Illuminato, il Risvegliato".


Tra le fonti antiche, una cronologia singalese pone l'ultimo nirvana di Buddha circa 218 anni prima della consacrazione del re Aßoka (273 a.C.), mentre le fonti sanscrite e cinesi situano la scomparsa di Buddha un secolo dopo la consacrazione di Aßoka; risulta pertanto arduo separare leggenda e realtà, e collocare storicamente le vicende della vita del Buddha, poiché i resoconti a noi pervenuti non sono attendibili.

Il primo periodo

Buddha, discendente della casta dei guerrieri Sakya, ebbe nome di Siddharta; prima della sua nascita la madre ebbe un sogno premonitore, e dopo il parto morì; il bimbo venne allevato dal padre nel più grande sfarzo. Siddharta sembrava mostrare una precoce tendenza contemplativa, mentre il padre l'avrebbe voluto guerriero e sovrano anziché monaco, sicché si sposò giovane, ebbe un figlio e partecipò alla vita di corte.

La tradizione vuole che il Buddha abbia intrapreso la ricerca dell'illuminazione a 29 anni quando, incontrando un vecchio, un malato e un morto, comprese improvvisamente che la sofferenza accomuna tutta l'umanità. Dopo essersi imbattuto in un monaco mendicante, calmo e sereno, stabilì di rinunciare alla famiglia, alla ricchezza e al potere per cercare la verità.

Siddharta vagabondò per diversi anni, soggiornando presso alcuni asceti, poi si stabilì nei pressi dell'attuale Gaya con cinque seguaci, trascorrendovi quasi sei anni nel più rigido ascetismo, fino quasi a morirne; comprendendo infine l'inutilità del digiuno, tornò gradualmente a una dieta normale e si alienò così le simpatie dei suoi discepoli, che videro nel suo gesto un segno di debolezza.

L'illuminazione

All'età di 35 anni, al Buddha, seduto sotto un fico sacro a Bodh Gaya, si spalancò l'illuminazione perfetta: egli meditò una notte intera fino a raggiungere il nirvana. Buddha conseguì, con la meditazione, livelli sempre maggiori di consapevolezza: afferrò la conoscenza delle Quattro nobili verità e dell'Ottuplice sentiero e visse a quel punto la Grande Illuminazione, che lo liberò per sempre dal ciclo della reincarnazione (vedi Trasmigrazione): dotato di sovrumana intelligenza, trascorse le settimane seguenti a contemplare i vari aspetti del dharma (legge) che aveva compreso.

Il Buddha come maestro

Il Buddha decise di predicare il dharma recandosi dapprima a Benares (Varanasi) dai suoi antichi discepoli, che lo accolsero come maestro e divennero monaci; tenne poi il suo primo sermone, in cui espose le dottrine fondamentali del buddhismo, come il principio fondamentale della "via di mezzo", disciplina monastica che equilibra gli estremi della rinuncia a se stessi e dell'indulgenza verso se stessi.

Accompagnato dai discepoli, Buddha percorse la valle del Gange, diffondendo la sua dottrina e fondando comunità monastiche che accoglievano chiunque, indipendentemente dalla condizione sociale. Si stabil' quindi in un monastero donatogli da un facoltoso ammiratore a Savatthi (sanscrito, Sravasti). Sebbene I monasteri a lui ispirati sorsero numerosi nelle principali città lungo il Gange, la sua lunga carriera di maestro e guida spirituale non fu del tutto esente da problemi, tentativi di scisma e persino di assassinio.

La morte e la fama del Buddha

Dopo una vita dedicata all'attività missionaria, Buddha morì a Kusinagara, in Nepal, a ottant'anni. A quanto pare predisse la sua morte e ne avvisò i discepoli, ma rifiutò di fornire indicazioni precise riguardo all'organizzazione futura e alla diffusione della sua dottrina, sostenendo di aver già insegnato loro quanto fosse necessario per la salvezza.

Il Buddha fu una figura straordinaria; fondò una nuova, grande religione e, ribellandosi agli estremi edonistici, ascetici e spiritualistici della disciplina religiosa coeva e al sistema delle caste, influenzò profondamente lo stesso induismo. Il suo rifiuto della speculazione metafisica e il suo pensiero logico introdussero un'importante tendenza analitica che era sempre mancata nella tradizione indiana.

 
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La dottrina buddhista si fonda sulle Quattro Nobili Verità, che Buddha comprese sotto l’albero della Bodhi (=illuminazione), e sugli strumenti pratici attraverso i quali ogni discepolo può realizzare la liberazione dal dolore-esistenza, cioè l’Ottuplice Sentiero che porta alla meta salvifica.
Per realizzare le quattro Sante Verità (sul dolore, sull’origine del dolore, sulla soppressione del dolore, sulla via che porta alla soppressione del dolore) il discepolo deve passare dalla sua condizione di ignoranza a quella di conoscenza liberatrice attraverso una via lunga e difficile.
La verità sul dolore fa emergere il carattere negativo dell’esistenza nella sua condizione fluttuante dalla nascita alla malattia, alla vecchiaia e alla morte. Distruggere il dolore, l’esistenza, il samsara (il circolo della vita; sam = girare intorno; nascita-morte-rinascita) e pervenire alla consapevolezza delle Quattro Verità.
La prima Verità fa prendere coscienza che la nascita è dolore, la malattia è dolore, la vecchiaia è dolore, la morte è dolore, la separazione da ciò che si ama è dolore, l’impossibilità di soddisfare i propri sensi è dolore.
La seconda Verità insegna che il dolore ha origine nella sete del piacere, nella sete dell’esistenza, nell’attaccamento agli esseri e alle cose.
La terza Verità insegna che la sete dell’esistenza può essere soppressa distruggendo totalmente il desiderio, rinunciandovi: si raggiunge così il Nirvana.
La quarta Verità spiega in che modo si può spegnere la sete dell’esistenza.
Ogni fenomeno sensibile ha una causa, che a sua volta è l’effetto di una causa interiore: perciò è condizionato e dipendente. Allo stesso modo ogni condizione di vita è assoggettata a tutte le cause che la precedono nella catena e a tutte le cause che la seguono; di essa si può solo affermare l’impermanenza, il carattere di precarietà e di transitorietà. E’ solo la fase del divenire. La stessa legge di condizionamento si applica ai fenomeni della coscienza e alla personalità: ogni individuo ha delle predisposizioni, vale a dire è condizionato dalla catena delle cause, dal flusso dell’esistenza (la catena nascita - morte = samsara). Egli è formato da anima e coscienza, che non sono mai separabili e sono composti da cinque gruppi di aggregati o fenomeni:
1° rupa, la parte corporea o sensibile;
2° vedana, la sensazione di piacere e di dolore;
3° samjna, la percezione, la rappresentazione;
4° sankhara; le predisposizioni, le forze attive ed elementari che si originano dal karma (la legge di causa e d'effetto) e determinano la vita;
5° dijnana, la coscienza.

Dunque, dopo il faticoso cammino della presa di coscienza delle tre Verità, la quarta Verità indica al discepolo la via da raggiungere per raggiungere la salvezza, il Nirvana (=estinzione), inteso come totale liberazione dal dolore e dalla catena delle esistenze. Gli strumenti o l’Ottuplice Sentiero sui quali si fondano l’etica e le tecniche acetiche buddhiste sono:
1. la Retta Comprensione, cioè l’incondizionata adesione alle Quattro Verità;
2. il Retto Pensiero, cioè l’impegno a tenere lontano da sé ogni desiderio, odio o malizia;
3. la Retta Parola, cioè l’astensione dalle parole false;
4. la Retta Azione, cioè l’astensione dall’uccidere esseri viventi, dal furto e dall’adulterio;
5. il Retto Comportamento (Condotta) di vita, cioè la pratica di tutte le norme che riguardano l’agire;
6. il Retto Sforzo, cioè la volontà di incrementare le qualità buone;
7. il Retto Ricordo (Retta Consapevolezza), cioè la condizione della mente priva di confusione che aiuta a perseverare nella via di salvazione e a non cedere ai desideri;
8. la Retta Concentrazione, cioè il raccoglimento della mente che disperde la falsa concentrazione e porta allo stato di abolizione della coscienza e della non-coscienza.
La liberazione quindi non dipende soltanto dalla conoscenza dell’ignoranza, ma anche dall’osservanza delle norme (sila) di comportamento.

 
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La Via di Diamante



In Occidente sono attivi molti centri buddisti appartenenti a diverse tradizioni; le pagine presenti in questo sito, in particolare si riferiscono agli oltre 300 centri laici del lignaggio Karma Kagyu fondati da Lama Ole Nydahl sotto la guida spirituale del XVII Karmapa Thaye Dorje, che risiede attualmente a Nuova Delhi, in India.
Questi gruppi hanno tutti una struttura democratica e sono mantenuti dal lavoro volontario (e gratuito) dei partecipanti, sulla base dell'idealismo e dell'amicizia. I membri di ogni gruppo condividono tutte le responsabilita', come guidare le meditazioni, rispondere alle domande e dare insegnamenti. Lama Ole ha completato finora la formazione di circa trenta dei suoi studenti, che ora viaggiano e insegnano in molti paesi.
La scuola Karma Kagyu possiede degli insegnamenti pratici, applicabili alla vita di tutti i giorni, e promuove un Buddhismo laico, con un'ampia varieta' di metodi per sviluppare le qualita' naturali e intrinseche della mente sia nelle meditazioni che nelle normali attivita' quotidiane.
Gli insegnamenti di autoliberazione della Mahamudra, costituiscono il tetto, cioe' il punto culminante della pratica; questo tetto e' sorretto da tre pilastri:
Insegnamenti chiari, non dogmatici e verificabili da chiunque in prima persona
Meditazione
Metodi per consolidare il livello di consapevolezza raggiunto.
La Via di Diamante apre finalmente al mondo moderno gli straordinari metodi insegnati dal Buddha; questi ci aiutano a riconoscere e sviluppare la nostra naturale ricchezza interiore per il beneficio di tutti gli esseri e di noi stessi.

 
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Meditazione



Nel Buddhismo meditare significa restare senza sforzo in cio' che e'. Questo stato puo' essere realizzato sia imparando a quietare e a trattenere la mente (dopo aver sviluppato un certo grado di compassione e saggezza), sia imparando a controllare le energie che fluiscono nel corpo, meditando su diverse forme di energia e luce.
Tuttavia i metodi piu' efficaci in assoluto secondo la Via di Diamante, sono l'identificazione con la propria natura di Buddha e l'esperienza di vivere in una dimensione fondamentalmente pura, piena di qualita' positive.
Il punto di arrivo, la Mahamudra, e' la consapevolezza ininterrotta che colui che vede, la cosa vista e l'atto del vedere fanno parte di una unione indissolubile.

 
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Il Karma




Karma significa "causa ed effetto", non destino. Ognuno è responsabile della propria condizione di vita : comprendere questo aiuta a creare consapevolmente impressioni positive, che portano alla felicita' ed eliminano le cause di ogni sofferenza futura.
Mettendo in pratica i metodi della Via di Diamante si possono rafforzare gli stati della mente positivi e neutralizzare le impressioni negative (che altrimenti maturerebbero sotto forma di esperienze dolorose) trasformandole in saggezza

 
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Le grandi religioni dell'oriente Il Buddismo



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BUDDHISMO

Niente Dio, niente Anima. Se non ci liberiamo di queste due parole inventate dall’uomo occidentale non potremo mai comprendere l’essenza del buddismo. Il Buddismo non è una Religione, ma è una via per liberarsi della condizione umana: se un guerriero è gravemente ferito con una freccia conficcata nel corpo, non si mette a chiedere chi ha scoccato la freccia, chi era suo padre, chi era sua madre, se fosse ricco o povero etc.etc… ma ogni suo sforzo deve essere concentrato ad estrarre la freccia. Alla base del Buddismo vi sono le quattro “Nobili Verità”:

1) La vertà del dolore: La nascita è dolore – la vecchiaia è dolore – la malattia è dolore – la morte è dolore – essere vicino a ciò che non piace è dolore – essere lontano da ciò che si desidera è dolore – non ottenere ciò che si desidera è dolore – l’aggregazione degli elementi che causa la nostra effimera esistenza è dolore.

2) La verità dell’origine del dolore: l’origine del dolore è nella credenza dell’esistenza reale del proprio io. Questa è dovuta all’ attaccamento ad un mondo esterno che è altrettanto irreale. Questo attaccamento si manifesta come brama di esistere, brama di oggetti sensuali, ricerca della felicità in ciò che è transitorio . L’attaccamento è causato dall’ Ignoranza (intesa in senso metafisico).

3) La verità della cessazione del dolore: occorre liberarsi dell’attaccamento all’irreale ed al transitorio.

4) Esiste la via per emanciparsi dal dolore: essa è l’ottuplice sentiero: retta visione – retta intenzione – retta parola – retta azione – retta sussistenza – retto sforzo – retta presenza mentale – retta concentrazione. Ognuno di questi termini ha un significato profondo la cui comprensione si matura in anni di studio o in molteplici vite successive per chi crede nella reincarnazione.

Il risultato finale del percorso è l’ Illuminazione, cioè il giungere alla conoscenza completa ed alla distruzione dell’ illusione dell’ Io e del mondo esterno.

 
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BUDDHISMO ESOTERICO



Il Buddhismo non è una Religione e non è una Filosofia. Il Buddhismo è una Scienza. Anzi è una Scienza Aristocratica: il principe Gautamo Siddharta era di quella misteriosa stirpe ariana che, circa 2000 anni prima di Cristo, discese dal Nord e giunse in Europa, in Iran e nel Subcontinente Indiano.
La parola sanscrita Ariya (Ariano) è di difficile traduzione, anche se viene comunemente tradotta con “Nobile”. In generale la parola “Ariani” indica una “razza dello spirito” presente nell’Umanità fin dagli albori della preistoria. Questa “razza” si pone dunque in netta contraddizione con le popolazioni ginecocratiche ed autoctone del sud del mondo che, nella loro recente storia, hanno partorito religioni come l’Ebraismo, l’Islamismo ed il Cristianesimo, religioni, che, con i loro contenuti elementari, erano molto più adatte a delle popolazioni, che per motivi genetici, erano incapaci di comprendere la profondità delle dottrine ariane.
Il Buddhismo nasce in ambiente induista e quindi recepisce la parte più profonda dell’insegnamento dei Veda e delle Upanishad, gli antichi testi nei quali fu messa per iscritto la precedente Tradizione orale degli Ariani. Questi antichi insegnamenti erano il frutto della diretta esperienza dei Rishi, quegli asceti che si ritiravano per anni in solitudine nelle foreste per dedicarsi alla Meditazione ed alla ricerca della Verità.
L’affermazione che per l’Uomo esista la possibilità di conseguire l’Illuminazione non è dunque una novità portata dalla Dottrina Buddhista. Questa Dottrina però pone l’accento sulla via da percorrere per raggiungere questo stato che, nella storia dell’Umanità, pochissimi uomini sono riusciti a realizzare.
Per questi motivi non esiste una Metafisica Buddhista, ma solo una rigorosa analisi della condizione umana e della via per liberarsene.
L’Uomo è prigioniero della manifestazione, è immerso nel Samsara, l’oceano dell’esistenza. L’Uomo è afflitto da una Ignoranza Metafisica che lo porta a trovarsi in un punto di vista errato. Irreale è il mondo “esterno”, ma irreale è anche l’io che lo percepisce: la manifestazione è esclusivamente mentale, non vi è nulla di esterno alla mente. Mentale è l’oggetto percepito e mentale è l’io che lo percepisce. L’errore metafisico consiste nell’identificarsi solo con un “lato” della Rappresentazione, quello che definiamo col termine “io”. L’Essere reale non è dunque l’io, ma il Testimone dell’intera Rappresentazione della quale l’io è solo una delle parti. Dobbiamo dunque riconoscere che siamo precipitati in una realtà illusoria che crea la convinzione di un io individuale e di una realtà esterna all’io. Il Testimone è prigioniero di questa realtà illusoria la cui natura caotica è ordinata dalle categorie, altrettanto irreali, del Tempo e dello Spazio.
In questo senso vanno intese le quattro nobili Verità:
1) La Verità del Dolore: la nostra è una condizione irreale caratterizzata dalla sofferenza.
2) La Verità dell’origine del Dolore: il Dolore è causato dall’Ignoranza della nostra vera natura (Avidya). Questa Ignoranza ci fa credere nell’esistenza di un io individuale e di un mondo al di fuori di esso. Questo io è vittima della sete, della brama di esistere.
3) La Verità della cessazione del Dolore: è il totale annientamento della sete, la rinuncia, l’abbandono, la liberazione, il distacco. Occorre liberarsi dell’attaccamento all’irreale ed al transitorio.
4) La Verità della via che porta alla cessazione del dolore: é l’ottuplice sentiero, cioè retta comprensione – retta intenzione – retta parola – retta azione – retta sussistenza – retto sforzo – retta presenza mentale – retta concentrazione.
L’Asceta dunque percorre l’ottuplice sentiero. Il sentiero è costituito da otto parti che vanno percorse contemporaneamente: non sono assolutamente una successiva all’altra.
L’Asceta, nel suo percorso è solo: non vi sono divinità che vengono in suo soccorso, non vi è un Salvatore. Il mondo divino è egualmente prigioniero della manifestazione e nessun dio può mai essere superiore ad un Buddha, un illuminato.
L’Asceta dovrà restare imperturbabile man mano che, nella sua ascesa, altri mondi ed altri piani della realtà gli si presenteranno. Sopratutto non si dovrà lasciare incantare da alcuno di essi, cosciente della loro illusorietà. Quando raggiungerà lo stadio in cui potrà compiere azioni miracolose, assolutamente non dovrà mai usare questi suoi poteri.
Fermo, Impassibile, solitario, imperturbabile, con la mente salda percorrerà l’ottuplice sentiero praticando la retta comprensione della illusorietà dell’io individuale, la retta intenzione al non-attaccamento ed alla cessazione di ogni bramosia, il retto modo di parlare, la retta azione non motivata da fini egoistici svolta senza attaccamento verso i suoi frutti, la retta sussistenza che non implichi danno o sofferenza ad altri esseri viventi, il retto sforzo nella meditazione senza eccessi nel mortificare il proprio corpo, la retta presenza mentale “fermando” la mente che, come una scimmia, salta di ramo in ramo e la retta concentrazione per fissare gli stati raggiunti e non perderli dopo un istante.
La via è lunga e difficile e, nella storia dell’Umanità, pochissimi uomini hanno raggiunto il traguardo, la condizione di Buddha, di Illuminato. Ripetiamo, non è una Religione e non ha niente a che vedere con le Religioni. E’ una Scienza antica impossibile ad esprimersi a parole. Il paziente lettore mi perdonerà per l’insufficienza di questo mio tentativo di esprimere il vero senso della Dottrina Buddhista.
“Esiste, o monaci, un non nato, non evoluto, non fatto, non condizionato. Se non ci fosse questo non nato, non evoluto, non fatto, non condizionato, non si potrebbe scorgere via di scampo dal nato, evoluto, fatto, condizionato. Ma poiché, invece, c’è un non nato, non evoluto, non fatto, non condizionato, si scorge una via di scampo dal nato, evoluto, fatto, condizionato”.

 
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BUDDHISMO ZEN




Lo Zen è una forma di Buddismo che deriva dall’insegnamento del leggendario monaco indiano Bodhidharma. Si diffuse dapprima in Cina col nome di Chan e poi è approdato in Giappone dove ha avuto il suo massimo sviluppo.
In sintesi lo Zen è una via per giungere all’Illuminazione in modo diretto ed immediato, senza ricorrere alle scritture. Questa realizzazione immediata viene denominata “Satori”, essa consiste in una esperienza improvvisa e profonda con la quale si raggiunge la natura di Buddha.
Lo Zen evita qualsiasi speculazione intellettuale e pone al centro di tutto l’esperienza meditativa (Zazen).
Lo Zazen non s’impara con le parole, ma solo con la guida di un Maestro. In questo ha molte analogie con lo Yoga ed i primi insegnamenti riguardano appunto la particolare posizione con le gambe incrociate da assumere durante la meditazione.
Una delle caratteristiche più conosciute dello Zen sono i famosi Koan: il Koan è una frase, apparentemente senza senso, che il Maestro assegna al discepolo, sulla quale egli deve meditare anche per anni, fino a quando, improvvisamente, ne comprende il senso.
” Se intraprendete lo studio di un koan e vi ci dedicate senza interrompervi, scompariranno i vostri pensieri e svaniranno i bisogni dell’io. Un abisso privo di fondo vi si aprirà davanti e nessun appiglio sarà a portata della vostra mano e su nessun appoggio si potrà posare il vostro piede. La morte vi è di fronte mentre il vostro cuore è incendiato. Allora, improvvisamente sarete una sola cosa con il koan e il corpo-mente si separerà. Ciò è vedere la propria natura” (Hakuin Ekaku – maestro Zen del XVIII° secolo).

Qui ci sono le parole di Bodhidharma che meglio sintetizzano la natura dello Zen.

Una speciale tradizione esterna alle scritture
Non dipendente dalle parole e dalle lettere
Che punta direttamente alla cuore-mente dell’uomo
Che vede dentro la propria natura e raggiunge la buddhità

Uno dei koan più famosi è quello dell’oca che, ancora uovo, viene sistemata in una bottiglia, l’uovo si rompe, l’oca cresce e nel koan si chiede: “Come si fa a far uscire l’oca dalla bottiglia, senza rompere la bottiglia e senza uccidere l’oca?”.
Si dice che il discepolo, dopo anni di meditazione su questo Koan che gli era stato assegnato, esclamò “Ecco è uscita !”.
Un altro Koan molto conosciuto è il seguente:
“Tu puoi sentire il suono di due mani quando battono l’una contro l’altra. Ora mostrami il suono di una mano sola!”

 
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ARIANITA’ DEL BUDDHISMO



Il principe Gautamo Siddharta fu uno dei pochi uomini della storia dell’Umanità ad aver conseguito l’Illuminazione e perciò prese l’appellativo di Buddha (l’illuminato). Egli era figlio di un Raja ed era di quella stirpe ariana che, circa 2000 anni prima di Cristo, discese in Europa e nel subcontinente indiano.
La parola sanscrita Ariya (Ariano) è di difficile traduzione, anche se viene comunemente tradotta con “Nobile”. In generale la parola “Ariani” indica una “razza dello spirito” presente nell’Umanità fin dagli albori della preistoria. Questa “razza” si pone dunque in netta contraddizione con le popolazioni ginecocratiche ed autoctone del sud del mondo che, nella loro recente storia, hanno partorito religioni come l’Ebraismo, l’Islamismo ed il Cristianesimo, religioni, che, con i loro contenuti elementari, erano molto più adatte a delle popolazioni, che per motivi genetici, erano incapaci di comprendere la profondità delle dottrine ariane.
Di origine ariana sono invece la civiltà greca e tutte le sue profonde speculazioni filosofiche, l’impero romano, la civiltà iranica e la civiltà, detta appunto indoariana, che fiorì nella valle del Gange.
L’unità primordiale di sangue e di spirito delle razze bianche che crearono le massime civiltà d’Oriente e d’Occidente, quella irànica e indù non meno di quelle ellenica, romana antica e germanica, è indubbiamente una realtà.
Il Buddhismo ha il merito di aver conservato una eredità che il mondo occidentale ha invece via via dimenticato, sia per opera di processi involutivi endogeni, sia perchè ha soggiaciuto, sopratutto nel campo religioso, ad influenze estranee.
Non si può non osservare l’intima corrispondeza tra il Buddhismo e lo spirito olimpico caratteristico del Platonismo, del Neoplatonismo e dello Stoicismo romano. Anche quella forma di Cristianesimo (spesso tenuta segreta), caratteristica dei grandi ordini cavallereschi medioevali, conteneva tracce delle originali dottrine ariane.
Il Buddhismo nasce in ambiente Indoariano e quindi recepisce molti dei principi fondamentali contenuti nei Veda e nelle Upanishad, testi di una profodità filosofica mai più raggiunta dall’Umanita, nei quali, circa 4000 anni fa, venivano per la prima volta poste per iscritto le tradizioni orali degli Ariani.
Il Buddhismo è la dottrina del risveglio riservata ad una “aristocrazia dello spirito” antitetica a razze primitive, ibride e “demoniache”: nel canone buddhista le quattro nobili verità vengono chiamate Ariya Saccani; la via del risveglio viene chiamata Ariya Magga; la retta conoscenza viene chiamata Ariya Naya.
Dunque l’insegnamento buddhista è accessibile ed intellegibile solo agli Arya e non al volgo ed alla plebe.
Per l’arianità dell’insegnamento buddhistico originario, una particolare caratteristica è l’assenza di quelle manie proselitarie, che quasi senza eccezione, sono in ragione diretta col carattere plebeo, antiaristocratico, di una credenza. Uno spirito ario ha troppo rispetto per l’altrui persona e troppo spiccato il senso della propria dignità per cercar di imporre ad altri le proprie idee, anche quando sa che esse sono giuste. E non è senza relazione a ciò che, nel ciclo originario delle civiltà arie, non troviamo nemmeno figure divine che si preoccupino troppo degli uomini, che quasi corrano dietro ad essi per attirarli e “salvarli”. Le cosiddette religioni di salvazione non appaiono, in Oriente come in Occidente, che tardivamente, a causa di un allentamento della tensione spirituale originaria, di un offuscamento della coscienza olimpica e, non per ultimo, di influssi di elementi etnico-sociali inferiori. Che le divinità poco possano per gli uomini, che sia fondamentalmente l’uomo l’artefice del proprio destino in ordine agli stessi sviluppi oltremondani di esso è una veduta caratteristica del buddhismo originario e ne mette bene in luce la diversità rispetto a molte forme tarde, soprattutto mahayaniche, nelle quali trovò modo di infiltrarsi il motivo di esseri mitici affaccendantisi intorno agli uomini per condurli tutti alla salvezza.
Quando il Buddha raggiunse la conoscenza della Verità prese la decisione di comunicare la via della liberazione, pur cosciente che sarebbe rimasta incompresa dai più. Egli lo fece per quelle poche nobili nature che avevano la mente meno offuscata. Egli non era assolutamente una divinità o un essere soprannaturale venuto al mondo per comunicare una “rivelazione”. Egli era solo un Ariya che espone una Verità da lui stesso veduta ed indica una via che lui stesso si è aperta.

 
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I PRINCIPI DEL BUDDISMO

Nel 1945 Christmas Humphreys (appartenente alla Società Buddhista di Londra) approntò un sommario dei principi del Buddhismo, ottenendo l’adesione della quasi totalità scuole Hinayana (Theravada), Mahayana e Vajrayana di tutto il mondo. Esso è costituito da 12 principi:

1. Realizzare la propria salvezza è compito immediato di ogni uomo. Se un uomo fosse ferito da una freccia avvelenata, non tarderebbe a estrarla chiedendo dettagli su chi l’avesse lanciata o sulla lunghezza e altre caratteristiche della freccia. Vi sarà tempo per una comprensione sempre maggiore dell’Insegnamento percorrendo la Via. Intanto, si inizi ad affrontare la vita, quale è, imparando sempre dall’esperienza diretta e personale.

2. Il primo fatto dell’esistenza è la legge del cambiamento o impermanenza. Tutto ciò che esiste, da una molecola ad una montagna, da un pensiero ad un impero, passa attraverso lo stesso ciclo d’esistenza – nascita, crescita, decadenza e morte. Soltanto la vita è ininterrotta, cercando sempre di manifestarsi in nuove forme. “La vita è un ponte; quindi non costruirci una casa sopra”. La vita è un continuo fluire, e colui che si aggrappa a qualsiasi forma, per quanto splendida, soffrirà resistendo alla corrente.

3. La legge del cambiamento si applica parimenti all’ “anima”. Nell’individuo non è presente un princîpio immortale e immutabile. Soltanto il ”Senza – Nome”, la Realtà ultima, sta al di là del cambiamento e tutte le forme di vita, incluso l’uomo, sono manifestazioni di questa Realtà. Nessuno possiede la vita che scorre in sé più di quanto la lampadina possegga la corrente che le dà luce.

4. L’universo è l’espressione della legge. Tutti gli effetti hanno delle cause e l’anima o il carattere dell’uomo sono la somma totale dei suoi precedenti pensieri e azioni. Il karma, nel senso di azione-reazione, governa tutta l’esistenza e l’uomo è l’unico artefice della propria situazione e della sua reazione a essa, della sua condizione futura e del suo destino finale. Mediante retto pensiero e retta azione, egli può gradualmente purificare la sua natura profonda e così, tramite l’autorealizzazione, col tempo, raggiungere la liberazione dalle rinascite. Il processo richiede lunghi periodi di tempo, implicando vita dopo vita in terra, ma alla fine ogni forma di vita raggiungerà l’Illuminazione.

5. La vita è una e indivisibile, sebbene le sue forme in continuo cambiamento siano innumerevoli e caduche. Non c’è, in verità, alcuna morte, sebbene ogni forma debba perire. Dalla comprensione dell’unità della vita deriva la compassione, un senso di identità con la vita in altre forme. La compassione è descritta come “Legge delle Leggi – eterna armonia” e colui che rompe questa armonia della vita soffrirà conformemente e ritarderà la propria Illuminazione.

6. Essendo la vita un Tutt’uno, gli interessi della parte dovrebbero essere quelli del tutto. L’uomo, nella sua ignoranza, pensa di poter perseguire con successo i propri interessi e questa mal indirizzata energia egoica produce sofferenza. Egli impara dalla propria sofferenza a ridurne e ad eliminarne definitivamente la causa. Il Buddha insegnò le quattro Nobili Verità:
(a) l’onnipresenza della sofferenza;
(b) la sua causa, il desiderio diretto erroneamente;
(c) la sua cura, la rimozione della causa;
(d) il Nobile Ottuplice Sentiero dell’autosviluppo che conduce all’estinzione della sofferenza.

7. L’Ottuplice Sentiero consiste in Rette (o perfette) Visioni o comprensioni preliminari, Retti scopi o moventi, Retta parola, Rette azioni, Retto sostentamento, Retto sforzo, Retta concentrazione o sviluppo della mente e, alla fine, Retto samadhi (meditazione), che conduce alla piena Illuminazione. Poiché il buddhismo è un modo di vivere, non una mera teoria sulla vita, percorrere questo Sentiero è essenziale per l’auto-liberazione. “Non fare il male, fai il bene, purifica il tuo cuore: questo è l’Insegnamento dei Buddha.”

8. La Realtà è indescrivibile e un Dio con attributi non è la Realtà ultima. Ma il Buddha, un essere umano, divenne l’Illuminato e lo scopo della vita è il raggiungimento dell’Illuminazione. Questo stato di coscienza, Nirvana, l’estinzione delle limitazioni dell’io, è raggiungibile sulla terra. Tutti gli uomini e tutte le altre forme di vita contengono la potenzialità dell’Illuminazione e il processo pertanto consiste nel diventare ciò che sei: “Guarda dentro di te: tu sei Buddha”.

9. Dall’Illuminazione potenziale a quella attuale si colloca la Via di Mezzo, l’Ottuplice Sentiero “dal desiderio alla pace”, un processo di auto-sviluppo tra gli “opposti”, evitando tutti gli estremi. Il Buddha percorse questa strada alla fine e la sola fede richiesta nel buddhismo è la credenza ragionevole che dove una Guida è passata vale la pena anche per noi di passare. La Via deve essere percorsa dall’uomo intero, non solo dalla sua parte migliore, e il cuore e la mente devono essere sviluppate allo stesso modo. Il Buddha fu il pienamente Compassionevole come il pienamente Illuminato.

10. Il buddhismo sottolinea fortemente la necessità della concentrazione interiore e della meditazione, che portano in tempo allo sviluppo delle facoltà spirituali. La vita interiore è altrettanto importante quanto l’attività quotidiana e periodi di quiete per l’attività interiore sono essenziali per una vita equilibrata. Il buddhista dovrebbe essere sempre “consapevole e padrone di sé”, astenendosi dall’attaccamento mentale ed emozionale verso “il fuggevole spettacolo della vita”. Questo atteggiamento sempre più attento alle circostanze, che egli sa essere sua stessa creazione, lo aiuta a tenere sempre sotto controllo le proprie reazioni.

11. Il Buddha disse: “Lavora con impegno per la tua salvezza”. Il buddhismo non riconosce autorità che detenga la verità salvo l’intuizione dell’individuo e questa è un’autorità valida solo per lui. Ciascun uomo subisce le conseguenze delle sue stesse azioni e in tal modo impara mentre aiuta i suoi simili a raggiungere la stessa liberazione; né la preghiera al Buddha o a un altro dio impedirà a un effetto di seguire la sua causa. I monaci buddhisti sono maestri ed esempi e in nessun senso intermediari tra la Realtà e l’individuo. Verso le altre religioni e filosofie è praticata la massima tolleranza, nessun uomo ha il diritto di interferire nel percorso del suo simile verso la Meta.

12. Il buddhismo non è pessimista, non è una via di fuga dalla realtà e neppure nega l’esistenza di Dio o dell’anima, dando tuttavia un proprio significato a questi termini. È, al contrario, un sistema di pensiero, una religione, una scienza spirituale e uno stile di vita ragionevole, pratico e che tutto abbraccia. Per più di duemila anni ha soddisfatto i bisogni spirituali di quasi un terzo dell’umanità. Attrae il mondo occidentale perché non ha dogmi, soddisfa la ragione e il cuore, è basato sulla fiducia in sé stessi associata alla tolleranza verso gli altri punti di vista, abbraccia la scienza, la religione, la filosofia, la psicologia, l’etica e l’arte e punta unicamente sull’uomo quale creatore delle sua vita presente e unico autore del proprio destino.

 
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view post Posted on 11/2/2018, 18:59     Top   Dislike
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ALCUNE FRASI CELEBRI DEL BUDDHA


Nessuna cosa vivente deve essere uccisa, non il più piccolo animale o insetto, perché ogni vita è sacra.

È meglio se sei un vagabondo e viaggi da solo, anziché ammuffire in compagnia degli stolti!

Per vedere ciò che pochi hanno visto dovete andare dove pochi sono andati.

Pochi sono fra gli uomini quegli esseri che toccano l’altra sponda: tutta questa altra gente, invece, corre su e giù per la spiaggia

Non date fede ai vecchi manoscritti, non credete una cosa perché il vostro popolo ci crede o perché ve l’hanno fatto credere dalla vostra infanzia. Ad ogni cosa applicate la vostra ragione; quando l’avrete analizzata, se pensate che sia buona per tutti e per ciascuno, allora credetela, vivetela, e aiutate il vostro prossimo a viverla a sua volta.

È più importante impedire a un animale di soffrire, piuttosto che restare seduti a contemplare i mali dell’Universo pregando in compagnia dei sacerdoti.

L’uomo deve salvare se stesso con i propri sforzi, nessuno può fare per lui quel ch’egli deve fare per se stesso.

Siamo ciò che pensiamo. Tutto ciò che siamo è prodotto dalla nostra mente.

Il viaggiatore, se non incontra a tenergli compagnia uno migliore di lui o simile a lui, proceda decisamente da solo: con lo stolto non vi è compagnia.

Come la rupe massiccia non si scuote per il vento, così pure non vacillano i saggi in mezzo a biasimi e lodi.

Nella mente ha origine la sofferenza; nella mente ha origine la cessazione della sofferenza.

I fontanieri incanalano l’acqua, gli armaioli piegano i dardi, i falegnami piegano il legno, i saggi piegano se stessi.

Io non cerco nessuna ricompensa, nemmeno di rinascere in cielo, ma cerco il bene degli uomini: cerco di ricondurre coloro che si sono persi e d’illuminare coloro che vivono nelle tenebre.

Vinci pure mille volte mille uomini in battaglia: solo chi vince se stesso è il guerriero più grande.

Non c’è niente di costante, tranne il cambiamento.

Meno avete, e meno dovete preoccuparvi.

Chi è in grado di andare al di là di questo mondo e del mondo della morte con tutti i suoi dei?

Voi siete gli artefici della vostra condizione, passata, presente e futura. La felicità o la sofferenza, dipendono dalla mente, dalla vostra interpretazione, non dipendono dagli altri, da cause esteriori o da esseri superiori. Ogni problema e ogni soddisfazione è creato da voi, dalla vostra mente.

Tutti gli elementi dell’esistenza sono impermanenti. Tutti gli elementi dell’esistenza sono dolorosi. Tutti gli elementi dell’esistenza sono privi di essenza.

L’attenzione conduce all’immortalità, la disattenzione alla morte; gli attenti non muoiono mai, i disattenti sono come morti.

Se volete ottenere l’illuminazione, non dovete studiare innumerevoli insegnamenti. Approfonditene solo uno. Quale? La grande compassione. Chiunque abbia grande compassione, possiede tutte le qualità del Buddha nel palmo della propria mano.

La morte sarà bellissima, se sai comunicare con la morte. È un dissolversi, cadi di nuovo nella fonte dell’essere per rilassarti e per rinnovarti. Significa, svanire nella fonte dell’esistenza e puoi rinascere un’altra volta, finché diventi un risvegliato ….

Per colui il cui pensiero è instabile, che non conosce la Buona Legge, la cui calma mentale è turbata, per costui la conoscenza non è completa. Per colui il cui pensiero non divaga, la cui mente non è trascinata, che ha abbandonato bene e male, per colui che è vigilante, per costui non esiste la paura.

Coloro che controllano il pensiero, che viaggia lontano, che cammina solo, incorporeo, che alloggia nella caverna del cuore, costoro si liberano dai vincoli dell’illusione.

Abbandona le cose passate, abbandona le cose avvenire, abbandona ciò che sta in mezzo, quando tendi verso l’altra sponda dell’essere. Se la tua mente è libera in ogni senso, non ritornerai più nel ciclo di nascita e vecchiaia.

Recidi l’amore verso te stesso, come un loto di autunno, con la mano! Volgiti alla via della calma interiore!

Lunga è la notte per l’insonne, lungo è il cammino per il viaggiatore stanco, lungo il vagare attraverso molte vite per l’inconsapevole che non ha ancora trovato la via dell’Illuminazione.

Cent’anni di rituali, migliaia di sacrifici non valgono l’onorare anche solo per un attimo colui che conosce se stesso.

Questo è il cammino ariano ad otto vie: giusta visione, giusto scopo, giusto eloquio, giusta azione, giusta vita, giusto sforzo, giusta attenzione, giusta contemplazione.

Esiste, o monaci, un non nato, non evoluto, non fatto, non condizionato. Se non ci fosse questo non nato, non evoluto, non fatto, non condizionato, non si potrebbe scorgere via di scampo dal nato, evoluto, fatto, condizionato. Ma poiché, invece, c’è un non nato, non evoluto, non fatto, non condizionato, si scorge una via di scampo dal nato, evoluto, fatto, condizionato.

 
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