IL FARO DEI SOGNI

Posts written by (((claudio)))

view post Posted: 8/5/2024, 17:12     Rondini e allevatori, storia di un legame antico che fa bene a tutti - L'ARCA DI NOÈ

Le stalle rappresentano ormai, quasi, l’ultimo baluardo su cui le rondini riescono a nidificare più o meno indisturbate. Il nostro studio si è concentrato su stalle di allevamenti estensivi, prendendo in esame stalle in cui c’è la presenza di rondini e stalle da cui invece sono assenti”.

Un moschicida naturale

Per quantificare il contributo delle rondini nel controllo delle mosche nocive per il bestiame, i ricercatori hanno confrontato l’aumento stagionale dei tassi di attività della mosca in un’area geograficamente e ambientalmente omogenea, ma con una variabilità della presenza e abbondanza di rondini.

“Abbiamo riscontrato, intorno al culmine della riproduzione della specie, un notevole calo della presenza di mosche nelle stalle in cui sono presenti le rondini, ha affermato Roseo, sia per la predazione diretta e potenziale da parte degli uccelli, che per quello che abbiamo chiamato paesaggio della paura, secondo cui la presenza delle rondini disincentiverebbe quella degli insetti”.

Dallo studio è emerso come il tasso di attività delle mosche aumenti con la temperatura, questo incremento è però molto meno marcato in presenza di rondini. A una temperatura di 22 gradi, riporta lo studio, la presenza locale di 25 rondini corrisponde a una riduzione media di oltre il 60 per cento nel tasso di attività delle mosche rispetto a quello che si avrebbe in una stalla senza rondini.

La presenza delle rondini nelle stalle rappresenta dunque uno scenario favorevole sia per gli uccelli che per gli allevatori: “I primi possono riprodursi e allevare i piccoli in un ambiente sicuro, con cibo e temperatura controllata, mentre i secondi hanno meno necessità di fare trattamenti per contenere il numero delle mosche”, continua Roseo.

Il paesaggio della paura

La riduzione della presenza e dell’attività delle mosche è dovuta dunque alla potenziale predazione diretta da parte degli uccelli insettivori, e quindi anche all’instaurazione di un “paesaggio della paura”. Le rondini, infatti, si nutrono abitualmente in un’area entro quattrocento metri dal nido, rendendo quello spazio circoscritto particolarmente pericoloso per le loro prede.

Altri studi hanno dimostrato che gli insetti sono inoltre sensibili ai richiami emessi dalle rondini e i ricercatori, tramite prove sperimentali, hanno notato che la mosca domestica (Musca domestica), ritenuta uno dei peggiori parassiti delle industrie lattiero-casearie, è in grado di valutare il rischio di predazione, evitando pertanto le zone con maggiore densità di predatori. “I nostri risultati dimostrano che il rischio di predazione da parte delle rondini ha ridotto il tempo di volo delle mosche nelle aree analizzate, riducendo così il fastidio ai bovini e la probabilità di trasmissione di malattie”, ha affermato la ricercatrice del Muse.
Rondini in declino

Nonostante il legame millenario con Homo sapiens e gli evidenti servizi ecosistemici offerti dalle rondini, questi uccelli passeriformi, che un tempo solcavano numerosi i nostri cieli, sono in grave declino. Tra il 1980 e il 2021 in Europa, secondo i dati del Farmland bird index, la specie ha subito una diminuzione del 19 per cento.

Il calo è principalmente causato dalle pratiche agricole intensive e dall’uso di prodotti chimici come i neonicotinoidi, insetticidi di sintesi responsabili del calo nelle popolazioni di uccelli e insetti impollinatori che abitano le aree agricole del Vecchio continente. A questi fattori vanno aggiunti il degrado degli habitat nell’Africa subsahariana, la crisi climatica e la riduzione delle prede.

Più fauna, più felicità

Lo studio ci ha ricordato, ancora una volta, quanto la fauna selvatica sia fondamentale sia per il nostro benessere, in virtù dei servizi ecosistemici che ci offre, ma anche per arricchire le nostre vite con la sua sola presenza, alimentando miti e racconti, e rivestendo un importante ruolo culturale.

Dobbiamo tornare a permearci con le altre specie, che non sono nostre rivali, bensì, come scrive Baptiste Morizot, “coabitanti viventi presi in questa comunità di destino che è la storia vivente”.

Così, mentre in Trentino gli allevatori (ri)scoprono l’utilità delle rondini, i loro colleghi in Abruzzo hanno iniziato ad accettare di buon grado il ritorno dei grifoni (Gyps fulvus). “Abbiamo riscontrato una percezione positiva da parte degli allevatori. Si sono resi conto che per loro gli avvoltoi rappresentano un alleato. Consentono infatti loro di risparmiare i costi di smaltimento delle carcasse”, ha spiegato Nicolò Borgianni, Vulture field officer di Rewilding Apennines.

Dopo anni in cui ogni lotta ai parassiti è stata demandata a prodotti chimici, che hanno contribuito a impoverire enormemente la biodiversità delle nostre campagne, è arrivato il momento di puntare su soluzioni basate sulla natura. Gli uccelli insettivori, come appunto le rondini, possono svolgere un importane ruolo di controllo biologico degli insetti negli agroecosistemi.

“Abbiamo bisogno di approcci innovativi per contrastare il declino della biodiversità nel settore agricolo e zootecnico e trovare delle sinergie tra le attività umane e la conservazione della biodiversità è fondamentale – ha affermato Francesca Roseo –. Inoltre, se vogliamo raggiungere gli obiettivi per la sostenibilità a livello globale, dobbiamo impegnarci seriamente nell’applicare le soluzioni basate sulla natura. Per poterlo fare, dobbiamo prima di tutto migliorare le nostre conoscenze scientifiche”.
Rondini

Un protocollo per aiutare la convivenza

Le rondini offrono dunque un prezioso aiuto agli allevatori e, d’altra parte, le stalle rappresentano uno degli ultimi rifugi sicuri in cui questi uccelli riescono ad avere un ottimo successo riproduttivo. Proprio per favorire la conservazione delle rondini in questo contesto, e incoraggiare l’adozione di buone pratiche da parte delle strutture zootecniche, “abbiamo stilato un protocollo, che è ancora in fase di applicazione, e che ha la potenzialità di essere applicato a oltre settecento stalle”, ci ha detto la ricercatrice.

Il protocollo suggerisce la tempistica ideale per le diverse azioni da intraprendere nella stalla, sia quando le rondini sono assenti che quando sono presenti. Nei primi mesi dell’anno, ad esempio, gli allevatori possono installare barriere per disincentivare la costruzione del nido in aree indesiderate, mentre verso la fine dell’anno, è possibile posizionare nidi artificiali in aree idonee a favorire la presenza di rondini nella stalla.

Umani, rondini, bovini e mosche. Creature diverse che convivono in un equilibrio fragile ma prezioso, dando vita ad una rete di rapporti che, alla luce dello sfacelo del mondo naturale che abbiamo provocato, ci impongono di ripensare la nostra umanità in relazione con le altre specie.



fonte www.lifegate.it/rondini-allevamenti

view post Posted: 8/5/2024, 17:08     In cerca di strategie per lo stoccaggio delle rinnovabili* - CHE COSA E' L'ECOLOGIA?

A ciò vanno aggiunti gli impegni per l’indipendenza energetica che conseguiranno dall’adozione del piano RePowerEu recentemente proposto dalla Commissione europea in risposta alla crisi ucraina: nell’ambito del pacchetto FF55, prevede per il 2030 l’incremento dal 40 al 45 per cento dell’obiettivo di quota di produzione di energia da fonti rinnovabili.

Né va dimenticato l’ambizioso obiettivo di mobilità sostenibile del Piano di transizione ecologica, che indica in 6 milioni il numero di vetture elettriche che dovranno circolare in Italia nel 2030, il cui consumo di energia varrà un terzo dei consumi totali nazionali.

Quanta capacità di stoccaggio serve?

Nel lungo termine (oltre il 2030), i piani per l’Italia prevedono sistemi di stoccaggio di 30-40GW rispetto a una produzione complessiva di energia pari a 70-100TWh. Considerando che l’impatto del pacchetto FF55 e l’effetto del piano RepowerEu portano la previsione di produzione di energia da fonti rinnovabili non programmabili a oltre 145TWh, la necessità di capacità stoccaggio per il 2030 si attesterà a non meno di 60-70GW.

Si tratta di numeri tutt’altro che irrilevanti, soprattutto se raffrontati agli obiettivi previsti dal Pniec, pari a circa 6GW di nuovi impianti di accumulo centralizzato (pompaggio idroelettrico e batterie) e circa 4,5GW di impianti di accumulo distribuito (soprattutto nel settore fotovoltaico), relativi soltanto allo stoccaggio nelle fasi di over-generation, cioè l’eccesso di produzione di energia rispetto alla domanda (Figura 2).

Figura 2 – Stoccaggio di energia da fonti rinnovabili non-programmabili

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L’esempio del Portogallo

Sul modo di arrivarci, il Portogallo offre un valido esempio. I risultati dell’asta governativa, tenutasi nel 2020, per aggiudicare l’ingresso di società produttrici nel mercato dell’energia fotovoltaica hanno di gran lunga ecceduto persino le migliori aspettative. L’asta è stata la prima del suo genere a sollecitare offerte che includevano una componente di stoccaggio (non inferiore al 20 per cento della produzione richiesta). Le società aggiudicatarie potevano in tal modo offrire elettricità e generare reddito dalla fornitura di servizi di stoccaggio, in cambio di uno sconto sul prezzo d’asta e accettando di corrispondere al gestore la differenza fra questo e i prezzi di picco, applicata al 90 per cento della capacità totale assegnata all’impianto, per un periodo di 15 anni.

Oggi, dunque, e per il periodo di validità del contratto (15 anni), le società produttrici ricevono un pagamento fisso per la fornitura di energia e servizi di stoccaggio e compensano il sistema nel caso in cui il prezzo di mercato ecceda quello d’asta. Grazie a questa soluzione, sono le società produttrici a fornire capacità di stoccaggio al sistema in cambio della possibilità di sfruttare la rete, e assorbono il costo dell’oscillazione dei prezzi.

L’asta è risultata talmente competitiva che le società aggiudicatarie hanno ridotto la remunerazione attesa sino a valori negativi: il vero vincitore è lo stato, che riesce così a massimizzare il valore di scarsità della capacità della rete.

Se davvero l’Italia intende accrescere la propria indipendenza energetica e aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento di energia da fonti alternative, si dovranno introdurre misure per la creazione delle necessarie enormi quantità aggiuntive di capacità di accumulo, offrendo ai grandi operatori adeguati stimoli per il loro sviluppo. Si tratta di quantità per diversi ordini di grandezza superiori alla capacità aggiuntiva ottenibile con gli incentivi attualmente previsti.

*Le opinioni espresse in questo articolo sono personali degli autori e non implicano le istituzioni con cui sono affiliati.



fonte https://lavoce.info/archives/95512/in-cerc...le-rinnovabili/

view post Posted: 8/5/2024, 17:04     AYAHUASKA, SI O NO? - PASSATO PRESENTE FUTURO DEL MIO PIANETA E DELL'UMANITA'

Rimane in ginocchio accanto a me per non so quanto tempo. Le visioni ed il mio smarrimento a tratti sembrano toccare il limite massimo ma, aprendo gli occhi e vedendo ancora Sonia, mi rincuoro. Per un paio di volte la vedo trasfigurarsi contro lo sfondo scuro della notte in un vecchio sciamano vestito di pelli. Ha il viso incartapecorito e coperto di fango o di cenere ed i capelli sono lunghi ed arruffati. Forse guarda nella mia direzione, ma con distacco e indifferenza. Sembra in meditazione. Arriva anche don Pedro che mi soffia l’Agua Florida (un profumo rituale) sul capo e sulle mani giunte. Sonia mi porge un fiore secco invitandomi ad odorarlo. Ha un profumo molto intenso che mi dà energia. Con il fiore in mano e con l’aiuto di Sonia, barcollando ed inciampando più volte, raggiungo il mio posto nella capanna. Guardo verso don Pedro e vedo tanti don Pedro quante sono le persone presenti alla seduta. In seguito le riconosco una ad una e sento che sono presenze amiche e che anche nel loro silenzio ed immobilità emanano solidarietà per la mia difficile situazione. In questi momenti in particolare sento che l’icaro che sto ascoltando è quanto di più appropriato ci sia a sostenere ed a sviluppare la trasformazione che sento avvenire dentro di me. Mi sembra anche che dietro a tutta questa mia esperienza ci sia sempre don Pedro. La mia coscienza appare ancora abbastanza vigile, anche se talvolta la sento come sospesa a mezz’aria. Ho una gran sete. C’è è una borraccia con dell’acqua sul tavolo accanto a me, quasi a portata di mano. Capisco che non riuscirei a prenderla e lascio perdere. Sento che negli icari, tra loro sovrapposti e indirizzati ai pazienti, c’è è una componente rivolta a me. Essa mi sembra ricca di insegnamenti e comprendo che mi proviene in un qualche modo da don Pedro. Le visioni sono più controllate, mi sento leggermente meglio, sono più tranquillo e mi abbandono con crescente fiducia alla guida interiore che identifico con quasi assoluta certezza con don Pedro. Le visioni e gli icari mi stanno ora insegnando qualcosa, in modo chiaro, tranquillo. E lo fanno in modo ripetuto, tornando come ad ondate a ripropormi gli stessi tipi di insegnamento. Per prima cosa mi viene insegnato (non chiedetemi come – comunque intuisco, capisco, talvolta mi sembra di vedere) ad eliminare ogni desiderio e volizione. Ogni volta che esprimo un desiderio o l’intenzione di fare o pensare a qualcosa, intuitivamente mi viene fatto notare che il pensiero appena formulato contiene il verbo volere o un altro verbo similare ed io subito cerco di cancellarlo. Mi riesce abbastanza bene, probabilmente perché sono aiutato. Poi mi viene insegnato a concentrarmi e a pormi in una condizione di meditazione. Ma qui i miei ricordi sono vaghi. Segue un’altra fase in cui si cerca di farmi cancellare il senso dell’io. Anche in questo caso, quando formulo dei pensieri personalizzati, vale a dire dei pensieri il cui soggetto sono io o è in qualche misura legato a me, mi viene fatta notare la cosa ed io cerco di rimediare o eliminando l’intero pensiero, o modificando quella parte di esso dove compare la mia presenza. Ad un certo punto capisco, o intuisco, che occorrerebbe far sparire ogni verbo dal linguaggio della mente per raggiungere uno stato di perfetta assenza dell’io che, a tratti, mi sembra di realizzare. Questi processi sono ripetuti più volte ed ogni volta provo meno sforzo e difficoltà ad apprendere quanto mi viene insegnato. Sono processi che sperimento visivamicarente sotto forma di cerchi concentrici che si fanno sempre più piccoli sino a ridursi ad un punto. Quando ho realizzato la cancellazione del mio io, mi sono visto, o ho visto qualche parte di me, non so bene, affondare e sparire in uno stagno di melma scura. C’era anche un caimano che, con la testa che emergeva dalla melma, assisteva indifferente alla scena. Gli icari e le visioni intanto cominciano a veicolare insegnamenti di tipo concettuale. Certe domande che nella giornata o nei giorni precedenti mi ero posto trovano, per intuizione interna, una risposta che si incastra esattamente con la rispettiva domanda. Percepisco per un attimo la risposta, oserei dire che la vedo, e la riconosco come corretta e logica. Subito dopo essa entra in un piccolo scrigno (tipo cofanetto per anelli) incastonato su una parete verticale. Lo scrigno all’ improvviso si chiude e io non vedo e non ricordo più il suo contenuto. A questo seguono insegnamenti su argomenti non legati a nessuna mia domanda precedente, ma che sono stati scelti direttamente dalla fonte che me li invia. Anche in questo caso mi rendo conto del loro elevato valore ma, dopo un attimo, spariscono anch’essi nello stesso modo di prima. L’unico insegnamento che mi ricordo è che l’ayahuasca serve anche per ridurre la distanza tra la nostra cultura occidentale e quella indigena al fine che anche noi possiamo cogliere appieno i frutti che gli sciamani ci possono dispensare. Forse serve anche agli stessi Shipibo che si sono allontanati dalle loro tradizioni. Ma probabilmente non si limita solo a questo. Intuisco che gli insegnamenti non sono perduti, ma sono entrati in qualche angolo della mia mente e mi guideranno nei momenti opportuni. Intuisco che in futuro non avrò, ai miei occhi e a quelli degli altri, più potere, sapienza ed altre capacità positive, ma che anche dopo questa esperienza sarò, tutto sommato, quello di prima, ma con un piccolo tesoro nascosto da qualche parte. Esso mi potrà essere utile o mi guiderà senza che io od altri se ne accorga. La cosa mi verrà confermata da Sonia una volta alla fine della seduta. Il mio stato è tale che mi accorgo di non percepire quasi per niente il mio corpo. Mi chiedo più volte se per caso mi sono vomitato addosso o se quello che mi sembra di sentire al tatto sulla mia camicia non sia invece fango. Sarebbe imbarazzante una situazione del genere davanti a tanta gente, ma subito dopo mi viene da pensare e da dire che non me ne frega un …… e ci rido sopra.



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view post Posted: 8/5/2024, 17:03     Le Migliori Frasi di Buddha - Buddha

Alziamoci e siamo riconoscenti, perché se non abbiamo imparato molto oggi, almeno abbiamo imparato qualcosa, e se non abbiamo imparato qualcosa, almeno non ci siamo ammalati, e se ci siamo ammalati, almeno non siamo morti; quindi, siamo tutti riconoscenti.

Quell’uomo che è libero dalla credulità, che conosce l’increato, che ha spezzato tutti i legami, che ha cancellato tutte le tentazioni, che ha rinunciato a ogni speranza, costui è davvero il supremo tra gli uomini.

Se tiri troppo la corda di una chitarra la romperai, ma se la lasci troppo allentata non suonerà. Imparare è Cambiare. La strada dell’Illuminazione sta nella via di Mezzo. È la linea che sta tra tutti gli opposti estremi.

Meglio del possesso del mondo intero, meglio del paradiso, meglio del dominio su tutti i mondi… è compiere il primo passo sulla via del risveglio.

Gli alberi sono le colonne del cielo: se cadessero loro, ci cadrebbe addosso un pezzo di cielo.

Il falegname piega il legno, l’arciere crea le frecce, il saggio modella se stesso.

Come la pioggia penetra in una casa mal coperta, così pure la passione penetra in una mente non usa alla meditazione.

La Via non è nel cielo; la Via si trova nel cuore.

Nessuna cosa vivente deve essere uccisa, non il più piccolo animale o insetto, perché ogni vita è sacra.

Il profumo dei fiori non va contro vento, non quello del sandalo, del tagara e del gelsomino; il profumo dei buoni va contro vento: un uomo retto pervade tutte le regioni.

Trattenere la rabbia e il rancore è come tenere in mano un carbone ardente con l’intento di gettarlo a qualcun altro: sei tu quello che viene bruciato.

Non giudicare con leggerezza il male pensando: ‘Ciò non ha alcuna conseguenza su di me’. È goccia a goccia che si riempie il vaso; così facendo il male, a poco a poco si riempiono il cuore e lo spirito dello stolto.

Il segreto della salute fisica e mentale non sta nel lamentarsi del passato, né del preoccuparsi del futuro, ma nel vivere il momento presente con saggezza e serietà. La vita può avere luogo solo nel momento presente. Se lo perdiamo, perdiamo la vita. L’amore nel passato è solo memoria. Quello nel futuro è fantasia. Solo qui e ora possiamo amare veramente. Quando ti prendi cura di questo momento, ti prendi cura di tutto il tempo.



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view post Posted: 8/5/2024, 17:00     Lao Tzu: Tra storia e leggenda, sulle tracce del dragone - LAO-TZE, o, più esattamente, Lao-tzŭ

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... Lao Tzu: egli è come ildragone». Lao Tzu coltivavala Viaela Virtùe insegnava cheuno deve sforzarsidi rimanere occulto eanonimo. Visse nello Zhou per lungo tempo e quando videil declinodello stato partì. Quando raggiunse il passo ...

view post Posted: 8/5/2024, 16:54     I Pandava vivono sotto mentite spoglie a Virata Nagar 57 - MAHABHARATA

Samayapalana

Per grazia del saggio Trinabindu e del nobile signore della giustizia, i Pandava continuarono a vivere non riconosciuti dagli altri nella città di Virata. Yudhishthira, come cortigiano, si rese gradito a Virata e ai suoi figli come anche a tutti i Matsya. Esperto nei misteri dei dadi, il figlio di Pandu li fece giocare a dadi secondo il suo piacere e li fece sedere insieme nella sala dei dadi come una fila di uccelli legati in una corda. Quella tigre tra gli uomini, il re Yudhishthira il Giusto, sconosciuto al monarca, distribuì tra i suoi fratelli, nella dovuta proporzione, la ricchezza ottenuta da Virata.

Bhimasena da parte sua vendette a Yudhishthira per prezzo carne e cibi di vario genere che ottenne dal re. Arjuna distribuì tra tutti i suoi fratelli il ricavato dei panni logori che guadagnava negli appartamenti interni del palazzo. Anche Sahadeva, travestito da pastore, diede ai suoi fratelli latte, cagliata e burro chiarificato. Nakula condivise anche con i suoi fratelli la ricchezza che il re gli aveva donato, soddisfatto della sua gestione dei cavalli. Draupadi, lei stessa in condizioni pietose, si prese cura di tutti quei fratelli e si comportò in modo tale da non essere riconosciuta. Soddisfacendo così i bisogni reciproci, quei potenti guerrieri vivevano nella capitale di Virata nascosti alla vista, come se fossero di nuovo nel grembo della madre. Quei signori degli uomini, i figli di Pandu, preoccupati del pericolo proveniente dal figlio di Dhritarashtra , continuarono a dimorare lì nascosti, vegliando sulla loro moglie Draupadi.

Dopo che furono trascorsi tre mesi, nel quarto ebbe luogo la grande festa in onore del divino Brahma, celebrata con sfarzo nel paese dei Matsya. Venivano atleti da ogni parte a migliaia, come schiere di esseri celesti, alla dimora di Brahma o di Shiva per assistere a quella festa. Erano dotati di corpi enormi e di grande abilità, come i demoni chiamati Kalakhanjas. Entusiasti della loro abilità e orgogliosi della loro forza, furono altamente onorati dal re. Le loro spalle, la vita e il collo erano come quelli dei leoni, i loro corpi erano molto puliti e i loro cuori erano completamente a proprio agio. Molte volte avevano avuto successo nelle liste alla presenza dei re. Tra loro ce n'era uno che sovrastava gli altri e li sfidava tutti a combattimento. Non c'era nessuno che osasse avvicinarsi a lui mentre camminava orgogliosamente nell'arena.

Quando tutti gli atleti rimasero tristi e scoraggiati, il re dei Matsya lo fece combattere con il suo cuoco. Sollecitato dal re, Bhima prese una decisione con riluttanza, poiché non poteva disobbedire apertamente al volere reale. Quella tigre tra gli uomini, dopo aver adorato il re, entrò nella spaziosa arena, camminando con i passi imprudenti di una tigre. Il figlio di Kunti allora si cinse i fianchi per la grande gioia degli spettatori. Bhima chiamò quindi in combattimento quell'atleta conosciuto con il nome di Jimuta che era simile all'Asura Vritra la cui abilità era ampiamente conosciuta. Entrambi erano dotati di grande coraggio ed entrambi erano dotati di una terribile abilità. Erano come una coppia di elefanti infuriati e dal corpo enorme, ciascuno di sessant'anni. Quelle coraggiose tigri tra gli uomini si impegnarono allora allegramente in un combattimento di lotta, desiderose di sconfiggersi a vicenda. Terribile fu l'incontro che avvenne tra loro, come lo schianto del fulmine contro il petto pietroso della montagna. Entrambi erano estremamente potenti ed estremamente felici l'uno della forza dell'altro. Desiderosi di sconfiggersi a vicenda, ciascuno era ansioso di approfittare dell'errore del suo avversario. Entrambi erano molto felici ed entrambi sembravano elefanti infuriati di dimensioni prodigiose. Varie erano le modalità di attacco e di difesa che esibivano con i pugni chiusi.

Ciascuno si scagliò contro l'altro e scagliò lontano il suo avversario. Ciascuno gettò a terra l'altro e lo premette contro il suolo. Ciascuno si alzò di nuovo e strinse l'altro tra le braccia. Ciascuno scagliò violentemente l'altro dal suo posto colpendolo sul petto. Ciascuno afferrò l'altro per le gambe e, facendolo girare su se stesso, lo gettò a terra. Si schiaffeggiarono con i palmi delle mani che colpirono con la forza del fulmine. Si colpivano anche l'un l'altro con le dita tese e, allungandole come lance, si conficcavano i chiodi l'uno nel corpo dell'altro. Si davano calci violenti. Colpivano ginocchio e testa contro testa, producendo lo schianto di una pietra contro l'altra. Infuriava così senza armi quel furioso combattimento tra quei guerrieri, sostenuto soprattutto dalla forza delle loro armi e dalla loro energia fisica e mentale, per la gioia infinita della folla degli spettatori.

Tutte le persone provarono profondo interesse per quell'incontro di quei potenti lottatori che combatterono come Indra e l'Asura Vritra. Hanno acclamato entrambi con forti acclamazioni di applausi. Gli esperti nella lotta dal petto largo e dalle braccia lunghe allora si tiravano, premevano, volteggiavano e si scagliavano l'un l'altro e si colpivano a vicenda con le ginocchia, esprimendo nel frattempo il loro disprezzo reciproco ad alta voce. Cominciarono a combattere in questo modo con le braccia nude, che erano come mazze di ferro chiodate. Alla fine il potente e dalle potenti braccia Bhima, l'uccisore dei suoi nemici, gridando ad alta voce afferrò per le braccia il vociante atleta proprio come il leone afferra l'elefante, e sollevandolo da terra e tenendolo in alto, cominciò a farlo girare su se stesso. , con grande stupore degli atleti riuniti e della gente di Matsya. Dopo averlo fatto girare su se stesso un centinaio di volte fino a farlo perdere i sensi, Vrikodara dalle braccia forti lo scaraventò a terra mortalmente. Quando il coraggioso e famoso Jimuta fu così ucciso, Virata e i suoi amici furono pieni di grande gioia.

Nell'esuberanza della sua gioia, il re dalla mente nobile ricompensò Vallava lì per lì con la liberalità di Kubera . Uccidendo numerosi atleti e molti altri uomini dotati di grande forza fisica, piacque moltissimo al re. Quando non si trovò nessuno che lo incontrasse nelle liste, il re lo fece combattere con tigri, leoni ed elefanti. Il re lo fece anche combattere con leoni furiosi e potenti nell'harem per il piacere delle donne.

Anche Arjuna piacque al re e a tutte le dame degli appartamenti interni cantando e ballando. Nakula piacque a Virata, il migliore dei re, mostrandogli destrieri veloci e ben addestrati che lo seguivano ovunque andasse. Il re, gratificato di lui, lo ricompensò con ampi regali. Vedendo intorno a Sahadeva una mandria di buoi ben addestrati, Virata, quel toro tra gli uomini, gli conferì anche ricchezze di diverso tipo. Draupadi angosciata nel vedere tutti quei guerrieri soffrire il dolore, sospirò incessantemente. Fu in questo modo che quelle persone eminenti vivevano lì sotto mentite spoglie, rendendo servizi al re Virata.

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https://www-vyasaonline-com.translate.goog...it&_x_tr_pto=sc
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view post Posted: 8/5/2024, 16:52     NUOVA ERA COMUNITÀ - LIBRI E VIDEO PER LO SPIRITO/INSEGNAMENTI DEI MAESTRI

Come discernere la corrente reale dell’evoluzione se l’evidenza accecante scherma la realtà, e il
pregiudizio regna come stabile opinione? Quando mai gli uomini capiranno il miraggio dei
pregiudizi? Ogni pregiudizio contiene un disegno malvagio sull’essenza umana. Questo non è un
monito etico, ma pratico. Che sorta di comunità può concepire chi è affetto da pregiudizi? È assurdo
parlargli di una libera espansione di coscienza, poiché non sa cosa sia la libertà; ma senza libertà
non si trova quel canale in cui scorre il successo.
Meditate sulle leggi dell’energia psichica.
226 — Quando un uomo si trova in una comunità imperfetta, si getta impaurito all’opposizione
— è un errore. Chi si accorge di un’imperfezione deve dedicarsi al perfezionamento. Che le nuove
comunità sorgano come nuove fonti nel deserto. Attorno a ciascuna fonte l’erba tenera inverdirà, e i
ruscelli delle fonti finiranno per unirsi in una sola corrente. Il fallimento di una singola comunità
deve essere la base su cui edificare nuove strutture comuni. Così si deve pensare alle nuove
possibilità.
Noi siamo realisti e amministriamo liberamente lo spazio. Il grande Aum chiama all’azione!
Noi restiamo tenacemente consapevoli dei luoghi nuovi, e per noi il viaggio non è mai lungo.
Saliamo in cima alla collina attraverso le spire del serpente. Abbiamo accumulato la nostra riserva
di energia psichica, e nulla può dissuaderci.
L’invitato che trova chiusa una porta, prima di andarsene gira attorno alla casa ed esamina tutti
gli ingressi.
Imparate a scoprire le possibilità celate nelle imperfezioni!
227 — Una coscienza morta è come il guscio di un seme perduto. Il concetto della dissoluzione
totale, cioè la morte, è uno dei prodotti dell’energia psichica. Figuratevi l’atrofia di una coscienza
non nutrita dalla lotta ardente, e che si disintegra impercettibilmente nella corrente delle energie più
sottili — in modo impercettibile e senza possibilità di recupero.
Gli uomini parlano della necessità di alimentare la mente con i libri — questa è un’azione
esteriore. Se l’aspirazione manca, quel cibo della mente è solo un processo formale e senza frutto.
La lotta ardente deve insorgere dall’interno, senza cause esterne. Gli ostacoli frapposti dalla vita
non possono influire sulla qualità dell’aspirazione. Quell’impulso fondamentale che ha tratto il
genere umano dalla cellula minerale, non deve diminuire proprio quando la cellula della pietra è
salita sui trampoli. Si prova allora sazietà per tutto ciò che fu, e interviene l’impulso irreprensibile a
lottare. Se l’aspirazione viene meno, l’uomo non è più un essere cosciente.
I periodi di disgregazione della coscienza si riflettono in modo peculiare sulla radiazione fisica.
Vi si possono scorgere come sbuffi di vapore grigio che scendono dal plesso solare; il che conferma
che si tratta di un’energia — in breve, il grande Aum è stato incenerito. Già nell’infanzia si può
osservare l’aspirazione ridotta in cenere.
Vieni giardiniere, e con un sorriso allontana la polvere dai petali. Il sorriso è come l’ala del
grande Aum. Tu, giardiniere, hai voluto dedicarti ai fiori, e il fiore dell’alba risuona nella gioia dei
suoni dello spazio. È possibile pensare ai mondi lontani.
228 — Per Noi è giunto il tempo di dire a ogni lavoratore: “Sei Nostro!”. Per Noi è giunto il
tempo di riesaminare i sentieri e i segni, a partire da quelli stellari; di abbreviare i linguaggi e le
espressioni del pensiero; di rileggere i versi antichi per l’ultima volta.
Si è suddivisa la vita in periodi e stili, in omaggio a misure di giorni imperfetti. Chi ha distribuito
le costellazioni? Chi ha ripartito i dialetti? Ha pensato qualcuno alle eredità di tutti i popoli? Lo stile
ha determinato le caratteristiche di un’epoca. Gli intagli esterni di un disegno illustrano i pregiudizi
e le convenzionalità della menzogna. È tempo di classificare le eredità in base al solo potenziale
interiore. È necessario conoscere gli accumuli della vita. Bisogna lasciare le bare ai morti. È vero
che si devono rintracciare le fasi della cultura, ma senza badare ai ghirigori degli effeminati. La
codardia rinchiusa in una goffa armatura non ha mai condotto alla gioia pan-umana, mentre
l’obiezione di un modesto alchimista è stata spesso illuminata dal Bene Comune. Dobbiamo
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esaminare senza superstizioni le pietre miliari che segnano la crescita dell’umanità, sotto l’insegna
della comunità. Dobbiamo esaminare com’è cresciuta la vittoria della comunità, nei fuochi
stimolanti della conoscenza e della bellezza. La vera conoscenza e bellezza hanno in sé la comunità
migliore.
Scegliamo il meglio e affermiamo che chi conosce ciò che è meglio diventa un membro della
comunità.
229 — Fermezza, calma, ingegno, rapidità — sono doti da cercare in chiunque si professi devoto
alla comunità. Ma si può essere calmi nel sonno, fermi nell’ozio, ingegnosi nell’ora di pranzo, e
svelti nel procurarsi denaro.
Nella comunità le prove sono continue. Neppure le più nuove forme di vita sono escluse dalla
prova. Sapete che Noi siamo contrari agli esami scolastici annunciati in anticipo, e ugualmente
riteniamo che non si debbano preavvertire i periodi di prova. Quelle acquisizioni superficiali di
conoscenza e quelle ipocrite linee di condotta non affrettano, ma ritardano lo sviluppo. Non ricordo
alcun eminente personaggio pubblico la cui educazione sia passata per quelle condizioni ipocrite.
Cominciate a edificare la comunità come una dimora di conoscenza e di bellezza. In questa
dimora, non vi sia posto per le misure convenzionali. Ciascuno deve conquistarsi il sapere ed
esprimere la sua conoscenza. Solo la cognizione continua dà giovamento, solo il lavoro intenso
impedisce il ritorno negli angoli oscuri. Noi attendiamo chi combatte strenuamente per liberarsi
dalla vita di un tempo. Niente è peggio che portare con sé residui secchi. Tali residui tolgono la
gioia.
La nuova struttura dovrà stare appartata dalle abitazioni, affinché le funzioni quotidiane non
tocchino l’edificio dove si forgia il futuro dell’umanità. Conveniamo che i membri della comunità
non diano grande importanza alla vita: in tal modo affermano la continuità dell’esistenza. Ma la loro
sollecitudine deve intensificare la qualità della coscienza. È d’obbligo insistere sulla coscienza,
poiché gli uomini non sono abituati a percepirla.
Spesso l’emotività è scambiata per compassione, l’ira per indignazione e l’istinto di autoconservazione
per coraggio.
Bisogna capire la profonda necessità di purificare i propri concetti non solo nella mente, ma
anche nell’azione.
230 — Sembrerebbe che due invenzioni occidentali: misticismo e metafisica, siano finite per
sempre. Qualsiasi laboratorio, pur modestamente attrezzato, basta a spiegare le proprietà dell’unica
e sola materia. Ma non appena gli uomini escono dai limiti dell’esperimento di ieri, cominciano a
ricoprire la loro impotenza con una nomenclatura polverosa e indefinita. Con gli spauracchi della
“metafisica” e del “misticismo” si oppongono a tutte le possibilità scientifiche del domani. La
metafisica di ieri è diventata il sapere scientifico dell’uomo odierno di media istruzione. Il
misticismo si è dimostrato un fatto storico, e le pareti dei sepolcri hanno convinto molti, quelli dalla
coscienza più ampia.
Noi dunque domandiamo: “Perché mai l’uomo della strada, così scettico, non cessa di filare
leggende e tessere miti?”. Mille anni bastano a rifinire il mito più squisito, ed ecco un uomo di
buona condizione sociale innalzato in un Olimpo di carta. Nuovi scettici si appendono allora
all’orlo della sua veste e persuadono i loro compagni a porre sul trono nuovi abitatori del cielo.
Viene un altro sarto, cuce il nuovo mantello, e il mito è nato. Non parliamo di queste fenici solo per
riderne. Bisogna pure assimilare la realtà come si manifesta. E qualsiasi manifestazione di
ignoranza deve essere smascherata realisticamente, ed espulsa dalla comunità. La costruzione
collettiva dei miti non si addice alla comunità.
Alla Nostra Comunità si affianca chi capisce la realtà e il vero materialismo. È impossibile
figurarsi un mistico o un metafisico nel Nostro recinto. Il metafisico, se viene colpito, si lamenta:
“Sono ferito nel fisico!”. Il mistico, scorgendo la radianza della vita, si stropiccia gli occhi,
incredulo.
Perché vivete? Per conoscere e perfezionare voi stessi. Nulla di nebbioso deve soddisfarvi.
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231 — L’evidenza è la realtà dei polli. Ci si accosta alla realtà solo con un intenso processo di
perfezione.
Il perfezionamento può sembrare un concetto clericale, ma Noi lo intendiamo come il
miglioramento di un apparato vero e proprio. Il miglioramento dell’apparato in tutta la sua interezza
è degno dell’umanità. Mediante la comprensione dell’apparato fisico gli uomini devono sforzarsi di
migliorare le forme.
232 — Sapete che i requisiti della Nostra Comunità non sono facili, ma è più agevole soddisfarli
se si è partecipi di tutte le altre comunità. Molti organismi sociali non badano affatto alla struttura
interiore dei loro membri. Dopo avere acquisito la Nostra disciplina, non potrete riconoscere una
comunità dove solo certi segni esteriori vi sono osservati.
Noi permettiamo che alcuni Nostri discorsi vengano scritti, non per attirare biasimo e
opposizione, ma per la coscienza di chi ha già udito parlare della Nostra Comunità, di chi ha
appreso, in qualche modo, che un sogno irrealizzato è stato tradotto nella vita in qualche parte del
mondo. Qualcuno fu tormentato da questi pensieri nelle ore notturne, e subito ingigantì la leggenda.
È indispensabile che i Nostri discorsi li raggiungano.
Che il geografo si dia pace. Noi occupiamo davvero un luogo fisico sulla Terra. Che il
cospiratore si consoli: abbiamo un numero sufficiente di collaboratori in varie parti del mondo. Chi
non è soddisfatto della sua comunità, tragga conforto dal sapere che la Nostra Comunità esiste
praticamente.
Avete incontrato in diversi paesi i Nostri membri e collaboratori, materiali, evidenti. I Nostri
discorsi non hanno nulla di astratto. Noi siamo impegnati a lavorare lungo la grande direttrice
evolutiva. Chiunque si accosta alla Nostra Comunità diviene operoso e attivo. Lavorate mirando
alla realtà.
233 — Molte volte abbiamo parlato dell’espandersi della coscienza e dell’acquisire molte utili
qualità. Come avviene questa crescita? Se è difficile vedere crescere un capello, percepire la
crescita della coscienza è molto più difficile. È errato pensare che si possano seguire le tracce di
questa crescita. Durante lo sviluppo, infatti, lo stesso apparato percettivo subisce la medesima
tensione. Certamente le sue antenne sono sempre protese avanti. Non si può perdere quanto si è
conseguito, se non c’è paralisi dei fattori dinamici. Quindi, solo nelle rare svolte della vita, si
possono ispezionare i propri mutamenti fondamentali — questo è un dono dell’evoluzione. Non
lasciate che il dinamismo si trasformi in un penoso auto-controllo. Le azioni e i risultati rivelano se
la direzione è corretta. Ecco perché Noi preferiamo perfino un’azione errata all’inazione.
234 — Il mondo si è spaccato in due. Pur sapendo che metà delle manifestazioni del nuovo sono
imperfette, pur prevedendo le astuzie del vecchio, Noi restiamo sempre in un mondo imperfetto ma
nuovo. Conosciamo tutto e tutto valutiamo. Se avete un’influenza personale e la gente vi domanda:
“Come si fa a pensare?”, rispondete con poche parole: “Col Nuovo Mondo, abolendo tutte le
opinioni limitate”. Riflettete su come le vecchie abitudini si possono tralasciare. Sforzatevi di
accettare la piena misura del calice.
Non le parole, ma la saturazione dello spazio vi incalza con un comando immutabile.
L’abolizione della paura vi gioverà nelle ore difficili. È particolarmente arduo vincere la
consapevolezza della solitudine. Le storie dei saggi narrano spesso di una lotta solitaria. Il guerriero
è anche un esploratore, è anche un consigliere, è anche capace di decidere, è anche un eroe. Notate
che quest’ultimo termine è stato quasi epurato dai vocabolari del vecchio mondo. L’eroe è
inaccettabile nella vita dei cuori meschini. In mezzo alla prosperità sarebbe un estraneo e ne
avrebbe vergogna. Imparate a stare dalla parte degli eroi. Il mondo sarà squassato dalla realtà
dell’eroismo.
Oggi, parlate dell’eroe anziché dei meccanici. Che i fanciulli si diano i nomi degli eroi e si
attribuiscano le qualità degli uomini straordinari. Date loro libri con descrizioni chiare, nei quali i
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volti della fatica e della volontà appaiano senza maschere sdolcinate. Questo appello vigoroso della
vita è impareggiabile anche per scopi terapeutici.
Bisogna distribuire questo materiale senza ritardo. A tal fine proteggete i pochi che possono
dare: non è ammissibile che vengano annientati. Qualcuno dirà che anche queste cose non sono
nuove, ma egli stesso non saprebbe come applicare il rimedio indicato. Bisogna dimostrare che le
proprie risorse non sono nel cappello, ma nel cervello. Il Nuovo Mondo ha i suoi Maestri venerati, e
li avrà secondo la sua coscienza.
235 — Veniamo ad alcuni concetti puerili. Cos’è nuovo? Nulla. Esiste solo una nuova
comprensione delle proprietà manifeste della materia, nuova per il livello mentale contemporaneo.
Si deve capire che le affermazioni vere non sono mai isolate e autonome, ma sono immerse in
un’autentica continuità. Una manifestazione può essere rafforzata solo se si stabilisce senza paura
un ordine di successione. Questa è una considerazione facile perfino per i fanciulli, e ha in sé il
potente concetto della solidarietà. Eppure la solidarietà organizzata non è ancora compresa. Sovente
gli uomini cercano di limitare una manifestazione, causando danni evidenti. Qualsiasi
smembramento è come un colpo di scure inferto a un organismo vivente.
Curate la solidarietà, quasi dimenticata sulla Terra. Meglio sbagliare nell’ordine di successione
piuttosto che spezzare e smembrare.
236 — Si può chiedere che cosa fare dei traditori. È facile sbarazzarsi dei pigri e dei mentitori,
ma è impossibile non sopprimere il tradimento.
Possiamo citare il caso di un Nostro collaboratore che permise il tradimento. La sentinella di
guardia gli disse: “Sii giudice di te stesso”. Come se nulla fosse accaduto il traditore si beffò di lui,
e continuò a vivere. Ma entro un anno, incapace di dormire, attendeva la morte nel terrore. La paura
della morte è la condanna più severa inflitta a se stesso. La paura di morire blocca il progresso e
suscita invidia per chi è capace di accettare i cambiamenti della vita. La paura della morte è un
terrore indescrivibile; anziché stimolare al volo, è un gelo che paralizza. Ben si può dire a chi sta
per tradire: “Avrai paura della morte”.
Invero, Noi vediamo come la struttura della comunità spazza via gli attributi della morte; come
lo stesso processo del trapasso diventa generalmente impercettibile; come i cimiteri sono distrutti e
le prigioni soppresse. La prigione non è forse sorella del cimitero? Il lavoro apre le prigioni. Il
fuoco purifica i cimiteri. Lavoro e fuoco — causa ed effetto dell’energia.
237 — Rinunciare o moltiplicare? Moltiplicare, certo, con ottimismo e pieni di gioia, ma per il
Bene Comune. Anche il più lieve indizio di settarismo o di limitazione bigotta contraddice
l’evoluzione solare della comunità. La gioia austera sfugge le tenebre. Divieti e limitazioni, come le
talpe, non vedono mai il sole.
La coscienza può assimilare una servile compiacenza al punto che ogni nuova conquista di
conoscenza sembri un crimine o una pazzia. Ma come potrebbe la realtà sopportare i limiti
dell’ignoranza? Noi possiamo parlare così perché non siamo anarchici, ma membri della comunità.
Molte volte abbiamo parlato della disciplina della volontà e del comando della coscienza. Da
lungo tempo si è posto come fondamento il coraggio della responsabilità. Dobbiamo ora rivolgere la
nostra perspicacia a sterminare le grettezze del settarismo e della superstizione. Il settario sogna di
avere il potere per soggiogare ogni cosa alla propria coscienza inflessibile. L’uomo superstizioso
teme soprattutto di richiamare accidentalmente un segno sfavorevole; e pensa molto a se stesso.
Superstizione e settarismo sono segni di una coscienza infima, poiché il potenziale del potere
creativo si è spento in chi ignora il principio di inclusività.
Bisogna smascherare in ogni modo la superstizione e il settarismo. Non siate restii a soffermarvi
su questi argomenti, perché in tal modo distruggete la falsità e la paura.
La comunità è depositaria di tutte le possibilità e di tutte le accumulazioni. Chiunque limiti i
confini e il potere della comunità diventa un traditore. La comunità è il calice della gioia solare.



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view post Posted: 8/5/2024, 16:50     Cronache 2 (Bibbia) - CONOSCIAMO LE RELIGIONI

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[1] Nell'anno diciottesimo del re Geroboamo divenne re di Giuda Abia.

[2] Regnò tre anni in Gerusalemme; sua madre, di Gàbaa, si chiamava Maaca, figlia di Urièl. Ci fu guerra fra Abia e Geroboamo.

[3] Abia attaccò battaglia con un esercito di valorosi, quattrocentomila uomini scelti. Geroboamo si schierò in battaglia contro di lui con ottocentomila uomini scelti.

[4] Abia si pose sul monte Semaraim, che è sulle montagne di Efraim e gridò: "Ascoltatemi, Geroboamo e tutto Israele!

[5] Non sapete forse che il Signore, Dio di Israele, ha concesso il regno a Davide su Israele per sempre, a lui e ai suoi figli con un'alleanza inviolabile?

[6] Geroboamo figlio di Nebàt, ministro di Salomone figlio di Davide, è sorto e si è ribellato contro il suo padrone.

[7] Presso di lui si sono radunati uomini sfaccendati e iniqui; essi si fecero forti contro Roboamo figlio di Salomone. Roboamo era giovane, timido di carattere; non fu abbastanza forte di fronte a loro.

[8] Ora voi pensate di imporvi sul regno del Signore, che è nelle mani dei figli di Davide, perché siete una grande moltitudine e con voi sono i vitelli d'oro, che Geroboamo vi ha fatti come dei.

[9] Non avete forse voi scacciato i sacerdoti del Signore, figli di Aronne, e i leviti e non vi siete costituiti sacerdoti come i popoli degli altri paesi? Chiunque si è presentato con un giovenco di armento e con sette arieti a farsi consacrare è divenuto sacerdote di chi non è Dio.

[10] Quanto a noi, il Signore è nostro Dio; non l'abbiamo abbandonato. I sacerdoti, che prestano servizio al Signore, sono figli di Aronne e leviti sono gli addetti alle funzioni.

[11] Essi offrono al Signore olocausti ogni mattina e ogni sera, il profumo fragrante, i pani dell'offerta su una tavola monda, dispongono i candelabri d'oro con le lampade da accendersi ogni sera, perché noi osserviamo i comandi del Signore nostro Dio, mentre voi lo avete abbandonato.

[12] Ecco noi abbiamo, alla nostra testa, Dio con noi; i suoi sacerdoti e le trombe squillanti stanno per suonare la carica contro di voi. Israeliti, non combattete contro il Signore, Dio dei vostri padri, perché non avrete successo".

[13] Geroboamo li aggirò con un agguato per assalirli alle spalle. Le truppe stavano di fronte a Giuda, mentre coloro che erano in agguato si trovavano alle spalle.

[14] Quelli di Giuda si volsero. Avendo da combattere di fronte e alle spalle, gridarono al Signore e i sacerdoti suonarono le trombe.

[15] Tutti quelli di Giuda alzarono grida. Mentre quelli di Giuda emettevano grida, Dio sconfisse Geroboamo e tutto Israele di fronte ad Abia e a Giuda.

[16] Gli Israeliti fuggirono di fronte a Giuda; Dio li aveva messi in potere di costoro.

[17] Abia e la sua truppa inflissero loro una grave sconfitta; fra gli Israeliti caddero morti cinquecentomila uomini scelti.

[18] In quel tempo furono umiliati gli Israeliti, mentre si rafforzarono quelli di Giuda, perché avevano confidato nel Signore, Dio dei loro padri.

[19] Abia inseguì Geroboamo; gli prese le seguenti città: Betel con le dipendenze, Iesana con le dipendenze ed Efron con le dipendenze.

[20] Durante la vita di Abia Geroboamo non ebbe più forza alcuna; il Signore lo colpì ed egli morì.

[21] Abia, invece, si rafforzò; egli prese quattordici mogli e generò ventidue figli e sedici figlie.

[22] Le altre gesta di Abia, le sue azioni e le sue parole, sono descritte nella memoria del profeta Iddo.

[23] Abia si addormentò con i suoi padri; lo seppellirono nella città di Davide. Al suo posto divenne re suo figlio Asa.
Ai suoi tempi il paese restò tranquillo per dieci anni.





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view post Posted: 8/5/2024, 16:48     Il Libro di Urantia Fascicolo 142 La Pasqua a Gerusalemme - Yeshua

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Il Libro di Urantia

Fascicolo 142
La Pasqua a Gerusalemme

142:0.1 (1596.1) DURANTE il mese d’aprile Gesù e gli apostoli lavorarono a Gerusalemme, uscendo dalla città tutte le sere per passare la notte a Betania. Gesù passava una o due notti per settimana a Gerusalemme a casa di Flavio, un Ebreo greco, dove molti eminenti Ebrei venivano in segreto a consultarlo.

142:0.2 (1596.2) Nel corso del primo giorno a Gerusalemme, Gesù fece una breve visita al suo vecchio amico, Anna, un tempo sommo sacerdote e parente di Salomè, moglie di Zebedeo. Anna aveva sentito parlare di Gesù e dei suoi insegnamenti, e quando Gesù si presentò a casa del sommo sacerdote, fu ricevuto con molte riserve. Quando Gesù percepì la freddezza di Anna, si congedò immediatamente, dicendo mentre andava via: “La paura è la principale schiavitù dell’uomo e l’orgoglio la sua gran debolezza; ingannerai te stesso rendendoti schiavo di questi due distruttori della gioia e della libertà?” Ma Anna non rispose nulla. Il Maestro non rivide più Anna fino al momento in cui sedette con suo genero per giudicare il Figlio dell’Uomo.
1. L’insegnamento nel tempio

142:1.1 (1596.3) Per tutto questo mese Gesù o uno degli apostoli insegnarono quotidianamente nel tempio. Quando le folle della Pasqua erano troppo numerose per avere accesso all’insegnamento nel tempio, gli apostoli conducevano molti gruppi d’insegnamento fuori della cinta sacra. Il tema principale del loro messaggio era:

142:1.2 (1596.4) 1. Il regno dei cieli è a portata di mano.

142:1.3 (1596.5) 2. Avendo fede nella paternità di Dio voi potete entrare nel regno dei cieli, divenendo così figli di Dio.

142:1.4 (1596.6) 3. L’amore è la regola di vita nel regno — la devozione suprema a Dio, amando nel contempo il vostro prossimo come voi stessi.

142:1.5 (1596.7) 4. L’obbedienza alla volontà del Padre, che produce i frutti dello spirito nella propria vita personale, è la legge del regno.

142:1.6 (1596.8) Le moltitudini che venivano a celebrare la Pasqua ascoltavano questo insegnamento di Gesù, e centinaia di loro si rallegravano della buona novella. I capi civili e religiosi degli Ebrei cominciarono a preoccuparsi seriamente di Gesù e dei suoi apostoli e discussero tra di loro la condotta da tenere nei loro confronti.

142:1.7 (1596.9) In aggiunta al loro insegnamento nel tempio e nei pressi dello stesso, gli apostoli ed altri credenti erano impegnati a svolgere molto lavoro personale tra le folle della Pasqua. Questi uomini e donne interessati portarono la notizia del messaggio di Gesù da questa celebrazione della Pasqua fino alle parti più lontane dell’Impero Romano ed anche in Oriente. Questo fu l’inizio della diffusione del vangelo del regno nel mondo esterno. L’opera di Gesù non era più limitata alla Palestina.




segue 2. La collera di Dio

view post Posted: 8/5/2024, 16:46     Il Libro di Urantia Fascicolo 4 Relazione di Dio con l’universo - Il libro di URANTIA PARTE 1 l'universo centrale ed i super universi.

3. Il carattere immutabile di Dio

4:3.1 (57.6) Per troppo tempo l’uomo ha pensato a Dio come simile a se stesso. Dio non è, non è mai stato e non sarà mai geloso dell’uomo o di qualunque altro essere dell’universo degli universi. Sapere che il Figlio Creatore intendeva fare dell’uomo il capolavoro della creazione planetaria, renderlo sovrano di tutta la terra, e vederlo invece dominato dalle sue più basse passioni, prostrarsi davanti ad idoli di legno, di pietra, d’oro, e alla sua ambizione egoista — queste squallide scene inducono Dio ed i suoi Figli ad essere gelosi per l’uomo, ma mai dell’uomo.

4:3.2 (57.7) Il Dio eterno è incapace di collera e di rabbia nel senso umano di questi sentimenti e come l’uomo intende tali reazioni. Questi sentimenti sono meschini e spregevoli; non sono degni di essere chiamati umani, tanto meno divini. Tali modi di comportarsi sono del tutto estranei alla natura perfetta e al carattere benevolo del Padre Universale.

4:3.3 (58.1) Le molte, moltissime difficoltà che hanno i mortali di Urantia a comprendere Dio sono dovute alle gravissime conseguenze della ribellione di Lucifero e del tradimento di Caligastia. Sui mondi non isolati dal peccato le razze evoluzionarie sono in grado di formulare idee assai migliori sul Padre Universale; sono soggette a minore confusione, deformazione e perversione di concetti.

4:3.4 (58.2) Dio non si pente di nulla di ciò che ha fatto, che fa ora o che farà. Egli è infinitamente saggio come pure onnipotente. La saggezza dell’uomo deriva dalle prove e dagli errori dell’esperienza umana. La saggezza di Dio consiste nella perfezione inqualificata del suo discernimento universale infinito, e questa preconoscenza divina guida efficacemente la libera volontà creatrice.

4:3.5 (58.3) Il Padre Universale non fa mai nulla che causi successivamente dispiacere o rimpianto, ma le creature dotate di volontà progettate e fatte dalle sue personalità Creatrici negli universi esterni, con le loro scelte infelici provocano talvolta sentimenti di dispiacere divino nelle personalità dei loro genitori Creatori. Ma benché il Padre non commetta errori, non abbia rimpianti né provi dolore, è un essere che nutre un affetto paterno. Il suo cuore è senza dubbio rattristato quando i suoi figli non riescono a raggiungere i livelli spirituali che sarebbero capaci di conseguire con l’assistenza che è stata così generosamente fornita dai piani di realizzazione spirituale e dal programma d’ascensione dei mortali degli universi.

4:3.6 (58.4) La bontà infinita del Padre oltrepassa la comprensione della mente finita del tempo. Per tale ragione deve sempre essere offerto un contrasto di raffronto con il male (non con il peccato) per l’efficace esposizione di tutti gli aspetti della bontà relativa. La perfezione della bontà divina può essere distinta dall’imperfetta capacità di percezione dei mortali solamente perché è in posizione antitetica all’imperfezione relativa delle relazioni del tempo e della materia nei movimenti dello spazio.

4:3.7 (58.5) Il carattere di Dio è infinitamente superumano. Una tale natura di divinità deve quindi essere personalizzata, come nei Figli divini, prima che possa almeno essere compresa per fede dalla mente finita dell’uomo.




segue 4. La comprensione di Dio

view post Posted: 8/5/2024, 16:44     Il Libro di Urantia Fascicolo 78 La razza viola dopo i giorni di Adamo - La Storia di Urantia

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78:0.1 (868.1) IL SECONDO Eden fu la culla della civiltà per quasi trentamila anni. Qui, in Mesopotamia, i popoli adamici perdurarono, inviando la loro progenie sino ai confini della terra, e più tardi, quando si amalgamarono con le tribù nodite e sangik, furono conosciuti con il nome di Anditi. Da questa regione partirono gli uomini e le donne che iniziarono le attività dei tempi storici e che accelerarono enormemente il progresso culturale su Urantia.

78:0.2 (868.2) Questo fascicolo descrive la storia planetaria della razza viola, cominciando da poco dopo l’errore di Adamo, circa 35.000 anni a.C., e proseguendo la sua amalgamazione con le razze nodite e sangik, circa 15.000 anni a.C., per formare i popoli anditi, e sino alla sua scomparsa finale dal luogo di residenza in Mesopotamia, circa 2.000 anni a.C.
1. Ripartizione razziale e culturale

78:1.1 (868.3) Benché le menti e la morale delle razze fossero ad un basso livello al momento dell’arrivo di Adamo, l’evoluzione fisica era proseguita senza essere minimamente pregiudicata dalla crisi della ribellione di Caligastia. Il contributo di Adamo allo status biologico delle razze, nonostante il parziale fallimento della sua impresa, elevò enormemente la popolazione di Urantia.

78:1.2 (868.4) Adamo ed Eva portarono anche un contributo prezioso al progresso sociale, morale ed intellettuale dell’umanità; la civiltà fu immensamente vivificata dalla presenza dei loro discendenti. Ma trentacinquemila anni fa il mondo nel suo insieme possedeva poca cultura. Alcuni centri di civiltà esistevano qua e là, ma la maggior parte di Urantia languiva allo stato selvaggio. La ripartizione razziale e culturale era la seguente:

78:1.3 (868.5) 1. La razza viola — Gli Adamiti e gli Adamsoniti. Il principale centro di cultura adamita era nel secondo giardino, situato nel triangolo dei fiumi Tigri ed Eufrate; questa fu veramente la culla delle civiltà occidentale e indiana. Il centro secondario o nordico della razza viola era il quartier generale adamsonita, situato ad est della riva meridionale del Mar Caspio, vicino ai monti Kopet. Da questi due centri si diffusero nei paesi circostanti la cultura ed il plasma vitale che vivificarono così immediatamente tutte le razze.

78:1.4 (868.6) 2. I Presumeri ed altri Noditi. Erano presenti in Mesopotamia, presso la foce dei fiumi, anche dei resti dell’antica cultura dei tempi di Dalamatia. Con il trascorrere dei millenni questo gruppo si mescolò completamente con gli Adamiti del nord, ma non perse mai interamente le sue tradizioni nodite. Vari altri gruppi noditi che si erano stabiliti nel Levante furono in generale assorbiti dalla razza viola nel corso della sua espansione successiva.

78:1.5 (869.1) 3. Gli Andoniti mantennero cinque o sei insediamenti abbastanza rappresentativi a nord e ad est del quartier generale di Adamson. Essi erano sparsi anche nel Turkestan, mentre loro gruppi isolati persisterono in tutta l’Eurasia, specialmente nelle regioni montuose. Questi aborigeni occupavano ancora le regioni settentrionali del continente eurasiano, così come l’Islanda e la Groenlandia, ma erano stati cacciati da lungo tempo dalle pianure dell’Europa dagli uomini blu e dalle valli dei fiumi della lontana Asia dalla razza gialla in espansione.

78:1.6 (869.2) 4. Gli uomini rossi occupavano le Americhe, dopo essere stati cacciati dall’Asia più di cinquantamila anni prima dell’arrivo di Adamo.

78:1.7 (869.3) 5. La razza gialla. I popoli cinesi erano ben stabiliti nel controllo dell’Asia orientale. I loro insediamenti più avanzati erano situati a nordovest della Cina moderna, nelle regioni adiacenti al Tibet.

78:1.8 (869.4) 6. La razza blu. Gli uomini blu erano sparsi in tutta l’Europa, ma i loro centri migliori di cultura erano situati nelle valli allora fertili del bacino mediterraneo e nel nordovest dell’Europa. L’assorbimento del popolo del Neandertal aveva grandemente ritardato la cultura degli uomini blu, ma esso era d’altronde il più dinamico, avventuroso ed incline all’esplorazione di tutti i popoli evoluzionari dell’Eurasia.

78:1.9 (869.5) 7. L’India predavidica. La mescolanza complessa delle razze in India — comprendente tutte le razze della terra, ma soprattutto la verde, l’arancio e la nera — manteneva una cultura leggermente superiore a quella delle regioni esterne.

78:1.10 (869.6) 8. La civiltà del Sahara. Gli elementi superiori della razza indaco avevano i loro insediamenti più progressivi in quello che è ora il grande deserto del Sahara. Questo gruppo indaco-nero conteneva numerose linee delle razze arancio e verde scomparse.

78:1.11 (869.7) 9. Il bacino mediterraneo. La razza più altamente mescolata fuori dell’India occupava quello che è ora il bacino mediterraneo. Qui degli uomini blu provenienti dal nord e dei Sahariani provenienti dal sud s’incontrarono e si mescolarono con Noditi e Adamiti provenienti dall’est.

78:1.12 (869.8) Questo era il quadro del mondo prima dell’inizio delle grandi espansioni della razza viola, circa venticinquemila anni fa. La speranza di una civiltà futura si trovava nel secondo giardino tra i fiumi della Mesopotamia. Qui, nell’Asia sudoccidentale, esisteva il potenziale di una grande civiltà, la possibilità di diffondere nel mondo le idee e gli ideali che erano stati preservati dai giorni di Dalamatia e dai tempi di Eden.

78:1.13 (869.9) Adamo ed Eva avevano lasciato dietro di loro una progenie limitata ma potente, e gli osservatori celesti su Urantia aspettavano con ansia di vedere come se la sarebbero cavata questi discendenti del Figlio e della Figlia Materiali deviati.




segue 2. Gli Adamiti nel secondo giardino

view post Posted: 8/5/2024, 10:20     Ovidio – Galatea, Aci e Polifemo - FIABE

«Possiedo delle grotte, in una parte del monte, con la volta di roccia viva, dove non si soffre il sole in piena estate né il gelo d’inverno. Ho alberi carichi di frutta e, sui lunghi tralci del vigneto, un’uva che sembra d’oro, e un’altra color porpora: per te le serbo entrambe. Tu stessa con le tue mani potrai cogliere tenere fragole nate all’ombra dei boschi, corniole in autunno e prugne, non solo quelle violacee dal succo scuro, ma anche quelle pregiate che sembrano di cera fresca. Se mi sposerai, non ti mancheranno le castagne, né i frutti del corbezzolo: ogni pianta sarà al tuo servizio.

«Tutto questo bestiame è mio; molto altro vaga per le valli, molto si nasconde nel bosco e molto ancora è chiuso nelle grotte. Se tu me lo chiedessi, non saprei dirtene il numero. Solo i poveri contano le bestie. Sulla loro qualità non pretendo che tu mi creda: vieni sul posto e vedrai da te come a stento stringano tra le zampe poppe così gonfie. E aggiungi i piccoli appena nati, agnelli in tiepidi ovili, capretti della stessa età in altri ovili. Da me non manca mai il niveo latte: parte è destinato al bere, parte si fa rapprendere sciogliendovi il caglio. E i regali che riceverai non saranno le solite bestiole, troppo facili, come cerbiatti, lepri o capretti, una coppia di colombi o un nido tolto dalla cima di un albero. In vetta alla montagna, perché possano con te giocare, ho scovato due cuccioli d’orsa villosa, così simili fra loro, che a stento sarai in grado di distinguerli; li ho scovati e ho detto: “Questi li terrò per la mia donna”.

Galatea-Polifemo-mosaico

«Avanti, solleva il tuo bel capo dal mare azzurro! Avanti, vieni, Galatea, e non disprezzare i miei regali. Io mi conosco, sai, poco fa in uno specchio d’acqua mi son visto riflesso e ciò che ho visto del mio aspetto mi è piaciuto. Guarda quanto son grande: neppure Giove in cielo ha un corpo più grande del mio (voi infatti parlate sempre di non so quale Giove sarebbe il vostro re). Una chioma foltissima mi spiove sul volto truce e mi vela d’ombra le spalle, come un bosco. E non credere brutto il mio corpo perché è irto di fittissime e dure setole; brutto è l’albero senza fronde, brutto è il cavallo senza criniera che gli ammanti il biondo collo; piume ricoprono gli uccelli, la lana è la bellezza delle pecore: agli uomini si addicono la barba e il pelo ispido sul corpo.

«Ho un occhio solo in mezzo alla fronte, ma assomiglia a un grande scudo. E poi? Dall’alto del cielo il Sole non vede forse tutto l’universo? Eppure anche lui ha un occhio solo. Aggiungi che mio padre regna sul vostro mare: io te l’offro come suocero. Abbi solo un po’ di pietà e ascolta, ti supplico, le mie preghiere: a te sola infatti mi sono prosternato. Io che disprezzo Giove, il cielo e il fulmine che tutto penetra, temo solo te, Nereide: peggiore del fulmine è l’ira tua.

«Ma persino il tuo disprezzo potrei sopportare, se tu rifiutassi tutti. Perché invece respingi il Ciclope e ami Aci? Perché ai miei amplessi preferisci i suoi? Lui si compiaccia pure di se stesso e, cosa che non vorrei, piaccia anche a te, Galatea; ma se mi capita tra le mani, sentirà che la mia forza corrisponde a questo corpo immenso. Lo squarterò vivo e Galatea-Polifemo-affrescoper i campi, sopra le acque in cui vivi, a brandelli scaglierò le sue membra: e s’unisca a te se gli riesce! Brucio, sì, brucio, e la mia passione offesa divampa ancora più furiosa, mi sento come se con tutta la sua potenza l’Etna mi sia entrato in petto: ma tu, Galatea, non ti scomponi!».

Dopo questi vani lamenti (infatti vedevo tutto) si alzò e, come toro furibondo per la compagna che gli hanno sottratto non può star fermo, si mise a vagare per boschi e forre a lui ben noti.
Così quell’essere feroce, senza che ce l’aspettassimo, ci sorprese ignari, me ed Aci, e urlò: «Vi ho colto, e questo, state certi, sarà l’ultimo vostro convegno d’amore!».
E la sua voce fu così assordante, come è giusto che l’avesse un Ciclope infuriato: un urlo che terrorizzò persino l’Etna.

Io sgomenta mi tuffo sott’acqua, nel mare lì vicino; il nipote del Simeto, voltate le spalle, fuggiva gridando: «Aiutami, Galatea, ti prego; aiutatemi, aiutatemi, genitori miei, ma se mancassi, accoglietemi nel vostro regno!».
Il Ciclope l’insegue e, staccato un pezzo di monte, glielo scaglia contro, e benché soltanto lo spigolo esterno del masso lo colpisca, Aci ne viene del tutto travolto. Noi, unica cosa che permetteva il destino, facemmo in modo che in Aci riaffiorasse la natura avita.

Dal masso colava un sangue rosso cupo: non passa molto tempo che il rosso comincia a impallidire, prima assume il colore di un fiume reso torbido dalla pioggia, poi lentamente si depura. E infine il macigno si fende e dalle fessure spuntano canne fresche ed alte, mentre la bocca apertasi nel masso risuona d’acqua a zampilli.
È un prodigio: all’improvviso ne uscì sino alla vita un giovane con due corna nuovissime inghirlandate di canne, che, se non fosse stato così grande e col volto ceruleo, Aci sarebbe stato. Ma anche così era davvero Aci, mutato in fiume, un fiume che ha conservato il suo antico nome.

(Ovidio, Metamorfosi, 13: 735-897)



fonte https://lartedeipazzi.blog/2018/11/23/ovid...aci-e-polifemo/

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