IL FARO DEI SOGNI

Categoria:Inventori italiani

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 19/9/2023, 09:39     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Giovanni Paolo Feminis


Giovanni Paolo Feminis (Crana, 1660 circa[1] – Colonia, 28 novembre 1736) è largamente riconosciuto dagli studiosi come l'inventore della formula dell'Aqua Mirabilis[2].

Biografia

Nacque a Crana, nella ossolana Val Vigezzo, si ritiene intorno al 1660, da Giovanni Antonio Feminis (1637-1666), detto Borgnetta. Il padre probabilmente ebbe due mogli: Domenica Rassiga, nata nel 1624, e Caterina Farina, nata nel 1625. Il libro dei battesimi di Crana dal 1647 al 1682 è andato perduto.

Feminis emigrò[3] in Germania in giovane età, dove inizialmente e con ogni probabilità esercitò l'attività di apprendista al seguito di un commerciante vigezzino. Si stabilì prima a Bergka (oggi Rheinberg), poi dal 1685 a Mainz (Magonza), dove venne registrato come krämer, cioè come ambulante. Di non secondaria importanza per lo sviluppo della sua attività fu l'aiuto, sia in termini economici sia di esperienza, che gli venne da un amico conterraneo, Giovanni Maria Farina (1657-1732) mercante a Maastricht, nei Paesi Bassi, poi fallito e morto in miseria

«Interessante una lettera a Giovanni Paolo Feminis (cogino et compadre carissimo) del 13 aprile 1714 in cui [Giovanni Maria, ndr] chiede al mercante di Crana di concedergli un prestito di 500 talleri reali che non gli verrà accordato. Già il 3 gennaio 1713, Jean Gille Taskin, fiduciario di Giovanni Maria Farina (Maastricht) a Colonia, gli comunicava che il Feminis era determinato a non intervenire in suo aiuto. Nella stessa missiva, a sottolineare le grandi difficoltà del Farina, il Taskin riferisce di non essere riuscito a vendere la croce di Mademoiselle Margot, pur essendo andato da un ebreo di Deutz. L’Eau de la Reine era uno dei prodotti in cui Giovanni Maria Farina (Maastricht) commerciava. In un’occasione richiede una boteglia dela vostra Acqua Admirable al cogino Giovanni Paolo Feminis, suggerendoci che il distillatore e mercante cranese producesse e commerciasse una sua Eau admirable.»

(Luigi Rossi, Il Piemonte in Europa, InterLine, 2009)

Sposato il 23 agosto 1687 con Sophia Ryfarts (ca. 1660-1739) di Bergka, ebbe nove figli: Johanna Elisabetta (1688-1691), Carl Joseph (1689-1689), Bartolomaus Franziskus (1690), Anna Maria (1692-1692), i gemelli Johann Anton (1694) e Anna Maria (1694), Carl Joseph Mathias (1696), Johanna (1689-1737), Anna Maria Teresa (1702).
Particolare di un dipinto custodito nella sacrestia della chiesa di San Rocco di Crana, Val Vigezzo, (il ritratto rappresentato è di discussa attribuzione) in cui nella parte inferiore destra si attesta: GIO(vanni) PAULO FEMINIS DI CRANA MERCANTE DISTILL(ato)RE D'AQUA AMMIRABILE IN COLONIA PRI(ncipa)LE BEN(efatto)RE DELLA CHIESA PA(trona)L(e) DI S(an)TA M(ari)A MAG(gio)RE, DEL ORATORIO E CASA COMONA DI CRANA. 1833.

Giovanni Paolo Feminis nel 1693 si trasferì a Colonia, su sollecitazione anche della zia Catharina Feminis, proprietaria di un negozio di franceserie rimasta vedova, e ne incrementerà l'attività

«Il 9 dicembre 1679 Frau Catharina Feminis, vedova Bernardi, si presentò al Consiglio della libera città imperiale di Colonia. Nel verbale di quel colloquio si legge che si presentò a noi, Consiglio e Senato […] la nostra concittadina Catharina, di robusta costituzione, dal colore del volto tendente al rosso e riferì di avere 36 anni e che, dopo la morte del marito, aveva deciso per motivi legati alla conduzione delle sue attività, di lasciare la nostra città per un viaggio ai luoghi natali. In patriam suam Mediolanensem.»

L'8 giugno del 1695 a Feminis venne conferita la cittadinanza. Abitava nella strada Alla Bilancia d'Oro, detta poi strada Hohe, palazzo nº 2139[4]. Colonia aveva, all'epoca, circa 40 000 abitanti[5].

Il 3 dicembre 1704 Feminis ricevette il riconoscimento della Großen Bürgerrechts, Grande cittadinanza, mediante il pagamento di 85 fiorini e 8 albi. E il 13 gennaio 1727 la sua Acqua di Colonia ebbe l'attestato della Facoltà di medicina di Colonia in seguito alla legge del 1723 che vietava ai negozianti di vendere droghe o medicine senza l'approvazione della Facoltà.

Feminis morì a Colonia il 28 novembre 1736 e fu seppellito nella chiesa parrocchiale di San Lorenzo, poi distrutta. Non lasciò eredi maschi. Nella sua impresa commerciale gli succedette l'aiutante Giovanni Antonio Farina (1718-1787), figlio di Carlo Gerolamo (1693-1762).

Giovanni Antonio Farina[6] continuò a produrre l'Acqua di Colonia[7] riconoscendo sempre la paternità dell'invenzione al suo maestro[8]. Svolse la sua attività tramite la ditta Zur Stadt Mailand a partire dal 1750 con notevole successo.[9]

Negli ultimi anni di vita Giovanni Paolo Feminis fece ingenti donazioni[10] all'ospedale di Bergka, luogo di nascita della moglie Sophia, alla città di Colonia, ai Comuni di Crana e di Santa Maria Maggiore. Diede 200 doppie per riparare l'oratorio di Crana, 300 doppie per le riparazioni dei ponti e delle strade, 60.000 lire imperiali per la ricostruzione della parrocchia di Santa Maria Maggiore e ordinò che dopo la sua morte 5000 lire imperiali fossero date a favore della costruzione di una scuola sempre a Santa Maria per l'istruzione dei bimbi poveri. Un ritratto eseguito nel 1833 (non è certo si tratti di Feminis, però), conservato nella sagrestia della chiesa di San Rocco di Crana, riporta nella parte inferiore destra una scritta che elenca le benemerenze di Giovanni Paolo Feminis a favore della comunità vigezzina[11]:

«Giovanni Paulo Feminis di Crana, mercante distillatore d'Aqua Ammirabile in Colonia, principale benefattore della chiesa patronale di Santa Maria Maggiore, del oratorio e casa comona di Crana. 1833.»






........................................................................................





Ettore Fenderl


Ettore Fenderl (Trieste, 12 febbraio 1862 – Vittorio Veneto, 23 novembre 1966) è stato un ingegnere, inventore e filantropo italiano.
Biografia

Ettore Fenderl conseguì il diploma di ingegneria a Vienna e di ingegnere civile al Politecnico di Milano. Per un periodo fu al servizio della Regia Marina presso il Genio militare di Sassari e allora redasse una Monografia sulla Colonizzazione Interna della Sardegna per conto del Ministero. Avanzò anche alcune proposte di recupero per la residenza di Garibaldi a Caprera.

Tornato poi nell'Impero austro-ungarico, si interessò particolarmente del settore industriale. A Vienna pubblicò l'opuscolo Hauptmomente Acetylen und Carbid Industrie ("Ciò che più interessa nell'industria dell'acetilene e del carburo") e fondò uno studio di Ingegneria Civile. Nel 1898 brevettò un tipo di centrale per la produzione dell'acetilene che venne applicato ad una dozzina di impianti tra l'Austria e la Russia.

Nel 1906 progettò il palazzo del Ministero della Marina austriaca. Nel 1909 si interessò alla regolazione del traffico nella città interna di Vienna, proponendo progetti e tenendo conferenze in particolare sulla metropolitana. Ricoprì inoltre le cariche di giudice di pace (1905) e ingegnere autorizzato (1915).

Dal 1912 cominciò ad interessarsi di radioattività, applicandola alle strumentazioni ottiche.

Dopo la Grande Guerra, anche per la stretta sorveglianza a cui era sottoposto il suo lavoro, tornò in Italia e contribuì alla nascita dell'Istituto Statale di Radioattività Italiano dove operò anche il giovane Enrico Fermi. Qui fondò anche la Fenderlux una sua società che realizzava apparecchiature ottiche per scopi militari. Si iscrisse in seguito al partito fascista.

Nel 1936 si ritirò a vita privata acquistando una proprietà a Vittorio Veneto. Nel 1950 istituì la Fondazione Flavio ed Ettore Fenderl con scopi benefici. Come volle lui stesso, alla sua morte i suoi terreni furono adibiti ad uso sociale tramite la realizzazione del Parco Fenderl.

La sua salma riposa nel cimitero di Sant'Andrea a Vittorio Veneto, in un tablino tombale progettato dallo stesso Fenderl “…i due disegni originali di questo Tablino Tombale, concepiti e disegnati da me stesso, Ing. Fenderl, con precisione millimetrica in tutti i suoi dettagli, senza attrezzature, utilizzando semplicemente due pezzi di carta millimetrata. Sono costretto a queste meticolose precisioni perché, in oltraggio alla mia creazione, si è già ripetutamente tentato di plagiarla…”.[1]
Tomba di Ettore Fenderl presso il cimitero della parrocchia di Sant'Andrea a Vittorio Veneto
I coriandoli
Fenderl si è attribuito l'invenzione dei coriandoli: secondo un racconto da lui stesso riferito (e riportato anche in un'intervista alla radio Rai del 1957), per festeggiare il Carnevale del 1876 avrebbe ritagliato dei triangolini di carta in quanto non aveva il denaro per comprare i confetti di gesso allora in uso.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Ettore_Fenderl

 
Web  Top
view post Posted on 21/9/2023, 08:40     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Arturo Ferrara (imprenditore)


Arturo Ferrara (Robbio, 23 novembre 1914 – Robbio, 8 ottobre 2009) è stato un imprenditore e inventore italiano.

Biografia
Foto scattata da Ferrara e apparsa sulla rivista "L'Ala d'Italia" del giugno 1943

Nasce a Robbio. Si diplomò Perito Aeronautico all'Istituto OMAR di Novara e lavorò due anni a Montecatini e a Massa Marittima.

Lavorò poi alla Savoia-Marchetti. Proprio in questa ditta si stava lavorando alla realizzazione di un aereo più veloce del Supermarine Spitfire e grazie a Ferrara si riuscì a finirlo. L'anno dopo passò alla Breda. A metà del 1936 viene trasferito a Napoli alla IMAM, che faceva parte della Breda. Divenne così disegnatore dell'ufficio tecnico. Con l'ingegner Pietro Callerio e Giovanni Galasso, si stava preparando l'IMAM Ro.41. Con l'8 settembre 1943 si trovava a Milano per lavoro e l'ingegner Vallerani non lo lasciò più tornare a Napoli e allora lavorò all'Ufficio Tecnico di Breda. Quando lavorò a Napoli, Guidonia e alla Breda aiutò Adriano Mantelli a disegnare il suo A.M.6. Dopo collaborò con la Boeing. In seguito rifiutò una proposta di lavoro negli Stati Uniti.

Dopo essersi sposato il 6 ottobre 1948 crea la "Ready", azienda attiva nel campo dei frigoriferi. Nel 1951 viene acquistata dalla Philco. Nel 1955 crea la AZP che qualche mese dopo acquisisce il nome di O.L.S[1]. Ferrara è stato anche tra i principali artefici dell'IMAM Ro.58, di cui Ferrara era a fianco a Mantelli per le prove a Guidonia nella seconda metà del 1942.

Ferrara muore nel 2009 nella sua casa di Robbio.[2]
Riconoscimenti

Nel giugno 2003 Arturo Ferrara è insignito dell'Alfiere Robbiese, premio istituito dalla Pro Loco di Robbio per premiare coloro che si sono distinti particolarmente nella loro vita per aver portato in alto il nome di Robbio in tutto il mondo. Ferrara fu sempre particolarmente legato alla sua città natale e, a margine della premiazione per l'Alfiere Robbiese ha affermato che “Non sono mai andato via da Robbio perché per me Robbio è il posto più bello del mondo”.

Il 6 dicembre 2009, al Teatro Fraschini di Pavia, la Camera di Commercio di Pavia, nel corso della manifestazione di consegna dei premi per i Benemeriti del Lavoro[3][4] ha insignito Arturo Ferrara del premio alla memoria “Una vita per…” che è stato ritirato dalla moglie Severina Zorzoli.





..........................................................................................





Andrea Ferretto


Andrea Ferretto (Barbarano Vicentino, 31 ottobre 1864 – Barbarano Vicentino, 14 ottobre 1942) è stato un compositore e inventore italiano.
Biografia

Andrea Ferretto fu allievo per la composizione di Reginaldo Grazzini al Conservatorio di Venezia. Nel 1893 seguì il maestro nel passaggio al Conservatorio di Firenze e si diplomò infine al Liceo musicale di Bologna.

Ferretto fu autore di alcune opere liriche, tra cui L'amore di un angelo, Redenti, Idillio tragico, Fantasma (su libretto di Emilio Praga), La violinata (su libretto di Anita Zappa), Luminello, La Tintoretto, di alcune composizioni sinfoniche, di alcune cantate e di molta musica da camera.

Nel 1920 presentò al pubblico il "dattilomusicografo", un congegno molto simile ad una macchina da scrivere per la produzione di spartiti. Con questo strumento era possibile imprimere tutti gli elementi della musica, nessuno escluso (compresi rigo e parole). Questa invenzione, sebbene apprezzabile e originale, non ebbe la fortuna commerciale sperata. Venne realizzata in diversi modelli, conservati uno nel municipio di Barbarano, altri presso la scuola media e la biblioteca.

Muore il 14 ottobre 1942; riposa nel cimitero di Barbarano Vicentino del comune di Barbarano Mossano.





...................................................................................





Beniamino Fiamma


eniamino Fiamma (L'Aquila, 7 gennaio 1899 – Ortona, 30 ottobre 1985) è stato un ingegnere e inventore italiano, collaboratore di Guglielmo Marconi.


La vita

Compie gli studi presso le scuole della sua città, conseguendo, nel 1918, il Diploma di Perito Agrimensore presso l'Istituto Tecnico. Prosegue gli studi ed il 16 luglio 1923 consegue la Laurea in Ingegneria Industriale presso il Regio Istituto Tecnico Superiore il Politecnico di Milano. Segue, nel 1924-1925, il corso speciale dell'Istituzione Elettro - Tecnica “Carlo Erba”, annesso al Politecnico. Nel 1924 condusse a termine gli studi e l'esperimento del “Comando a distanza senza fili”, nel golfo della Spezia, assieme all'Ing. Guglielmo Marconi.

Negli anni trenta comincia la sua carriera di dirigente scolastico. Dal 1934 al 1938 è direttore della Regia Scuola Secondaria di Avviamento Professionale “Domenico Pugliesi” di Ortona. Dal 1939 al 1941 è Direttore della Regia Scuola Tecnica Industriale “Filippo Corridoni” a Corridonia. Nel 1942 diventa Direttore della Regia Scuola Tecnica Industriale “Leone Acciaiuoli” di Ortona, con annessa Regia Scuola di Avviamento Professionale, divenute, con l'avvento della prima repubblica rispettivamente scuola tecnica industriale statale e scuola statale di avviamento professionale. . Dal 1960 al 1970, data di pensionamento, è preside dell'Istituto Professionale di Stato per l'Industria e l'artigianato “G.Marconi”, da lui stesso intitolata al suo caro amico.

Il 2 giugno 1970 gli è stata conferita la medaglia d'oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura, dell'Arte con la facoltà di fregiarsi della Medaglia d'Oro. Fiamma è morto ad Ortona nell'85.

Il 7 febbraio 2004 un gruppo di ex-collaboratori dell'Ing. Beniamino Fiamma presentano al Comune di Ortona la richiesta, prontamente accolta, per l'intitolazione di una strada cittadina a suo nome. Si legge nel documento:

“Ha educato non solo intere generazioni di studenti, ma è stato un punto di riferimento per tutto il personale coinvolto nelle scuole da lui dirette. Fu un vero maestro stimato ed apprezzato per le sue doti umane e culturali, per lo spirito di servizio alle istituzioni e per la lealtà dimostrata in ogni difficile situazione. Fu un uomo coerente, soprattutto nel periodo più buio della nostra storia cittadina. A tali meriti va aggiunta una rara capacità inventiva che egli non ha mai ostentato e che è emersa solo dopo la sua morte.”
Beniamino Fiamma alla Spezia per l'esperimento con Guglielmo Marconi
Brevetti

Frutto dei suoi studi sono sette brevetti:

Brevetto Industriale n° 254773

“Innovazioni nei dispositivi a distanza di uno o più meccanismi ad apparecchi mediante Onde Elettromagnetiche”;

Brevetto Industriale n° 254774

“Interruttore vibrante a soccorritore termoionico”;

Brevetto Industriale n° 254775

(non sono state reperite informazioni al riguardo)

Brevetto Industriale n° 253953

“Vibratore a soccorritore termoionico”.

Brevetto Industriale n° 254157

“Innovazione nei dispositivi di trasmissione delle vibrazioni od oscillazioni”

Brevetto Industriale n° 254208

“Vibratore a bobina mobile”

Brevetto Industriale n° 253953

“Dispositivo per ottenere in circuiti elettrici interruzioni differenti tra loro a frequenza costante e ben determinata preventivamente”
Onorificenze

Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte

Bibliografia
G. Franceschi, Il MAS comandato a distanza con il sistema di Ermanno e Beniamino Fiamma: una nuova e magnifica vittoria sul libro della scienza italiana in Mariperman. La ricerca scientifica, Giunti 2014, pp. 69-91.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Beniamino_Fiamma

 
Web  Top
view post Posted on 24/9/2023, 10:09     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Ubaldo Fiorenzi



Biografia

Ubaldo Fiorenzi, Conte di Montecerno, nasce a Osimo nel 1890, dopo essersi laureato in agraria, nel 1914 parte per l'Africa equatoriale dove inizia la sua attività di agronomo nella coltivazione del cotone.

Al ritorno inventa la blocchiera idraulica Fiorenzi, ovvero una pressa idraulica montata su quattro ruote (in modo da poter essere trasportata sul luogo in cui si vuole costruire) che confeziona blocchi di terra compressa utilizzabili in sostituzione di mattoni o pietre.

Nel 1928 realizza di un altro progetto, le "casseforme Fiorenzi", con le quali si possono realizzare abitazioni impiegando la ghiaia del litorale che, lavata e mescolata al cemento, viene colata in casseforme di legno.

Alla fine degli anni trenta decide di fare di Marzocca di Senigallia un luogo di villeggiatura: sposta a monte la ferrovia e progetta un piano urbanistico che prevede lo sviluppo di villini che vanno dal mare fino alla sommità della collina, con al centro una piazza con negozi e servizi.

Questo programma non viene però completato; lascia l'Italia ed accetta di andare in Dalmazia dove costruisce due villaggi, nel 1940 Fiorenzi va a Milano dove la Società Saffa gli affida la costruzione del villaggio-operai di Magenta utilizzando il brevetto delle casseforme.

Nello stesso tempo, con la Saffa, inventa la villetta prefabbricata in legno, l'anno successivo fonda la S.T.A.R. (studi tecnici artistici riuniti) stipulando con la società Ernesto Breda una convenzione che ha l'obiettivo di utilizzare le casseforme Fiorenzi nell'ambito della ricostruzione edilizia del dopoguerra.

Nel 1920 diventa padre di Luciana, nel 1924 di Marcella e nel 1930 di Giovanna.

Nel 1946 Fiorenzi costruisce per la Breda a Sesto San Giovanni e sul lago di Garda e perfeziona il brevetto trasformato in casseforme Breda-Fiorenzi.

Nel 1948 vince l'appalto per il villaggio UNRA-CASA nel quartiere di Torrette di Ancona, l'anno dopo riesce ad esportare le casseforme a New York grazie all'architetto Mario Fianchetti.

Il 29 agosto 1949 Ubaldo Fiorenzi muore in un incidente stradale.



..................................................................................




Carlo Forlanini



«Fu Carlo Forlanini a inventare nel 1882 a Pavia lo pneumotorace artificiale che ha guarito tanti tubercolotici. Lo pneumotorace artificiale ha riportato la speranza nel cuore dei tisiologi. Questo intervento ha ispirato tutta quella nuova cura antitubercolare che forma la collassoterapia. Non posso ripeterlo abbastanza, fu da lì che partì il nostro cambiamento di atteggiamento verso la tubercolosi; atteggiamento scoraggiato dal quale i medici malgrado gli immortali lavori di Laennec non avevano potuto liberarsi. Forlanini ci ha ridato la fede.»

(Léon Bernard)
Carlo Forlanini
Carlo Forlanini in un ritratto di Aldo Carpi
Senatore del Regno d'Italia
Legislatura XXIV
Sito istituzionale
Dati generali
Titolo di studio Laurea in medicina e chirurgia
Professione Docente universitario

Carlo Forlanini (Milano, 11 giugno 1847 – Nervi, 26 maggio 1918) è stato un medico e inventore italiano

Biografia

Figlio di Francesco Forlanini[1], medico milanese allora primario all'Ospedale Fatebenefratelli, e di Marianna Rossi (deceduta di tubercolosi nel 1858)[2], era fratello maggiore di Enrico Forlanini, pioniere dell'aviazione, noto per essere l'inventore dell'aliscafo e per le sue intuizioni sull'elicottero (ideò il primo elicottero azionato da un motore a vapore) e sul dirigibile, e fratellastro di Giuseppe Forlanini, figlio di secondo letto del padre, anch'egli primario ma dell'Ospedale Maggiore[3]. Carlo si distinse al liceo classico Cesare Beccaria (Milano) negli studi fisico-matematici e vinse un premio per lo svolgimento di un tema sui palloni aerostatici.

Ultimato il liceo, si iscrisse alla facoltà di medicina dell'Università di Pavia (nell'Almo Collegio Borromeo è presente una lapide commemorativa in suo onore) e, dopo la campagna garibaldina, si laureò nel 1870 con la tesi "Teoria della piogenesi-fachite". La Ca' Granda lo attirava e il 23 agosto 1870 presentò domanda all'Ospedale Maggiore di Milano che fu accolta e lì iniziò la sua pratica ospedaliera occupandosi di chirurgia nella sala di San Paolo sotto la guida del Dott. Monti, continuando le ricerche nel campo dell'oculistica. Rimase per due anni all'ambulanza oculistica di Santa Corona. Nel gennaio 1876 fu nominato primario del Comparto delle malattie cutanee dove rimase sei anni, continuando gli studi che più lo attiravano: quelli sulla tubercolosi polmonare, malattia che nell'infanzia gli aveva portato via la madre.

Nel 1884 la Facoltà Medica dell'Università di Torino lo propose per la cattedra di Propedeutica e Patologia Speciale Medica che Forlanini accettò con entusiasmo. A Torino numerosi erano gli studenti che frequentavano le sue lezioni di semeiotica e di clinica: le più ascoltate furono quelle che riguardavano i metodi clinici per la diagnosi delle pleuriti e della tisi polmonare. La pneumoterapia (terapia con apparecchi pneumatici per praticare il bagno d'aria compressa) era usata con successo nell'asma, nell'enfisema, nelle bronchiti, nelle laringiti e anche nella tisi al primo e secondo stadio. Inventò nuovi apparecchi pneumatici trasportabili per renderli più facilmente applicabili e, per rendere più precisa la semeiotica della patologia polmonare, modificò il plessimetro di Seitz: il miglior plessimetro era in avorio, di cinque centimetri di diametro e due millimetri di spessore, da percuotere con le dita per ottenere un suono che rifletteva la natura della zona sottostante.

Ritornò nel 1899 all'Università di Pavia, titolare della cattedra di Patologia Speciale Medica e dal 3 febbraio 1900 di quella di Clinica Medica Generale, al posto del Prof. Orsi, in un Ateneo che vantava una tradizione gloriosa, dove Bizzozero aveva compiuto geniali scoperte sulla fisiologia del sangue, dove Golgi aveva svelato il segreto della fine struttura del sistema nervoso, dove Mantegazza aveva segnalato l'importanza delle ghiandole a secrezione interna, dove Bassini aveva creato il metodo di cura dell'ernia inguinale.

La sua opera di insegnante, che era tanto ammirata, fu negli ultimi anni limitata dalle condizioni di salute. Per l'incrollabile fede nell'efficacia di una cura che, esclusivamente per merito del suo studio, entrò nella pratica quotidiana, gli è dovuto l'appellativo di "inventore dello pneumotorace", che gli è riconosciuto dagli studiosi di tutto il mondo[senza fonte].

Senatore dal 1913, fu anche membro del consiglio superiore dell'istruzione, dedicandosi anche a ricerche sull'uremia, sull'ipertensione arteriosa essenziale e su diverse patologie polmonari. Al suo nome è intitolato l'Ospedale Carlo Forlanini, sanatorio di Roma, sede della Clinica universitaria della tubercolosi e delle affezioni respiratorie.

I risultati di questi lavori portarono Forlanini a ricevere più volte la candidatura al Premio Nobel per la Medicina, almeno una ventina, tra il 1912 e il 1919[4].

Forlanini morì nel 1918 e venne sepolto in una tomba singola al cimitero monumentale di Milano[5]. Successivamente venne traslato nel Famedio cittadino, nello stesso cimitero.
Lo pneumotorace artificiale
Lo stesso argomento in dettaglio: Pneumotorace artificiale.

Nel 1877 fondò l'Istituto medico pneumatico, dove iniziò gli studi sulla cura della TBC polmonare, arrivando nel 1882 ad ideare lo pneumotorace artificiale.[6][7][8] Applicò la tecnica con pieno successo nel 1888, ma essa solo nel 1912 ebbe piena accettazione dalla comunità medica.[9]
Apparecchio di Forlanini Modificato (1897)

Appassionato di apparecchi pneumatici e stimolato dal fratello Enrico, collaborò con lui discutendo su problemi di idraulica, aerodinamica e fisica, cercando di trarre il massimo beneficio dall'associazione tra scienza medica e meccanica. Il problema di poter applicare l'aria compressa nella cura della tisi lo entusiasmava e i disegni degli apparecchi di aeroterapia, di spirometria e per la cura della tisi erano tutti di mano sua e fatti con tale cura da poter servire al costruttore. Fa brevettare due modelli di aeroterapia per la cura della pleurite con inspirazioni di aria compressa per far dilatare il polmone e per la cura dell'enfisema con espirazioni in aria rarefatta. Disegna apparecchi per le inalazioni medicamentose di cui intuisce l'avvenire. I suoi lavori sull'enfisema polmonare e quelli sulla cura dei versamenti pleurici sono pietre miliari nella storia della medicina. La toracentesi con introduzione di aria filtrata (estrazione di quanto più liquido è possibile e introduzione di aria al posto del liquido estratto) è uno dei lavori fondamentali della medicina pratica. Si deve alla sua scuola l'invenzione dello sfigmomanometro di Scipione Riva Rocci, ancora oggi usato in tutto il mondo, che permise la misurazione della pressione arteriosa con un metodo incruento.

Forlanini ebbe il merito di accorgersi che lo pneumotorace spontaneo che fortuitamente si aveva in ammalati di tubercolosi cavitaria (la tisi polmonare), imprimeva alla malattia un andamento più favorevole. Secondo le sue idee la malattia era dovuta alla particolare funzione del polmone, cioè al respiro che in ogni istante fa variare la tensione del parenchima polmonare attraverso la variazione della quantità e pressione del suo contenuto (aria polmonare). Il polmone diventa tisico perché si muove e la tensione statica e dinamica impedisce la riparazione delle lesioni polmonari: l'immobilizzazione assoluta arresta il processo distruttivo favorendo la cicatrizzazione delle lesioni cavitarie.

Per guarire un polmone dalla tisi è necessario pertanto sopprimere la sua funzione, cioè collassarlo per eliminare il costante trauma respiratorio. Il metodo si basa sulla tecnica della collassoterapia, elaborata dallo stesso Forlanini, e consiste nell'introdurre gas inerte nella cavità pleurica corrispondente al polmone leso, in modo che esso venga posto in stato di riposo funzionale, così da favorirne la cicatrizzazione.
Tecnica del pneumotorace artificiale

Il metodo di cura del Forlanini è detto pneumotorace artificiale che in medicina significa presenza d'aria nel sacco pleurico. L'apparecchio di Forlanini era costituito da un manometro ad acqua in comunicazione con un rubinetto a tre vie: da una parte c'è un tubo di gomma portante l'ago d'introduzione, dall'altra un cilindro graduato di vetro contenente il gas sotto pressione in comunicazione con un altro contenitore di vetro. Il gas usato era l'aria atmosferica filtrata dal pulviscolo. L'ossigeno si evitava perché veniva assorbito troppo velocemente e l'azoto perché poteva provocare embolie.

L'immobilizzazione del polmone veniva ottenuta introducendo nelle pareti toraciche a ridosso del polmone stesso, e cioè nel sacco pleurico una tal quantità d'aria la cui pressione doveva vincere quella espansiva dell'aria inspirata dal polmone: questo verrà in tal modo a trovarsi come sotto una campana d'aria in pressione, che gli impedirà di espandersi durante l'inspirazione e quindi di muoversi. L'introduzione dell'aria era effettuata con un ago che veniva inserito sulla linea ascellare media del torace, all'altezza del IV-VII spazio intercostale, fino a raggiungere la cavità pleurica, dove si registrava una pressione negativa. A quel punto si iniettava il gas fino a raggiungere una pressione intorno allo zero: il polmone collabiva e rimaneva così, con successivi rifornimenti di gas, per un periodo prolungato di almeno due, tre anni. Si procedeva quindi alla sua riespansione quando si era completamente cicatrizzato.

Al Congresso Internazionale di Roma del 1894 venne data dimostrazione pratica dell'utilità dello pneumotorace e al VI Congresso Nazionale della Medicina a Roma nel 1895 Forlanini espose i primi risultati ottenuti con il nuovo metodo di cura che fu accolto però con incomprensione dai contemporanei che consideravano probabilmente un'eresia l'aver studiato il problema della cura della tisi senza tentare qualcosa contro l'agente eziologico della malattia: il bacillo di Koch.

Nonostante lo scetticismo sul suo metodo Forlanini continuò i suoi esperimenti. Se fino al 1894 erano svolti su malati nei quali l'estensione, la gravità e la bilateralità delle lesioni toglievano ogni ragionevole speranza di salvezza, dopo il 1895 la sua attività si rivolse ai malati con monolateralità delle lesioni e buone condizioni generali e così aumentò il numero dei successi. Nel 1907 si decise a rompere il silenzio che durava ormai da 13 anni e nel giugno si svolsero due conferenze all'Associazione Sanitaria Milanese, una teorica e la seconda nella quale furono presentati i casi di guarigione e il numeroso uditorio lo seguì con interesse e i giornali milanesi si fecero portavoce del successo ottenuto. Il pneumotorace artificiale fu riconosciuto ufficialmente dai tisiologi di tutto il mondo al Congresso Internazionale della tubercolosi tenutosi a Roma nel 1912. La applicazione fu universalmente promossa attraverso la fondazione dell'Associazione internazionale dello pneumotorace, avvenuta a Londra nel 1913.[10][11] Studi più recenti tuttavia hanno sollevato forti dubbi sia sulla sicurezza, sia sulla efficacia della terapia[senza fonte], comunque oggi abbandonata.
Principali lavori pubblicati

1875 Brevissimi cenni di aeroterapia e sullo Stabilimento Medico-pneumatica di Milano. Gazzetta Medica Italiana Lombardia. Serie VII: 6
1882 A contribuzione della terapia chirurgica nella tisi del polmone. Ablazione del polmone? Pneumotorace artificiale? Gazzetta degli Ospedale e della Cliniche di Milano
1894 Primi tentativi di pneumotorace artificiale della tisi pulmonare. Gazzetta Medica di Torino. 45:381-4, 401-3
1894 Su un caso di stenosi dell'arteria polmonare con persistenza del dotto di Botallo e di tisi polmonare
1895 Primo caso di tisi pulmonare monolaterale avanzata curato felicemente col pneumotorace artificiale. Gazzetta Medica di Torino 46:857
1897 Contributo allo studio del polso venoso presistolico
1897 Contributo alla terapia dell'empiema
1906 Zur Behandlung der Lungenschwindsucht durch künstlich erzeugten Pneumothorax. Deutsche Medizinishe Wochenschrift 32:1401-5
1908 Apparati e tecnica operativa dello pneumotorace artificiale
1909 Cenni storici e critici sul pneumotorace artificiale nella tisi pulmonare. In: Cappelli, ed. Scritti di Forlanini. Bologna, 1928:1013
1912 Il pneumotorace artificiale nella cura della tisi pulmonare. Atti de VII Congresso Internazionale Contra la Tubercolosi. Vol 3 Rome, 182.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Forlanini

 
Web  Top
view post Posted on 25/9/2023, 16:21     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Enrico Forlanini


Enrico Forlanini (Milano, 13 dicembre 1848 – Milano, 9 ottobre 1930) è stato un ufficiale, inventore, pioniere dell'aviazione, ingegnere e imprenditore italiano.

Ricordato in particolare come inventore dell'aliscafo, la sua attività pionieristica nel nascente settore aeronautico fu particolarmente significativa nell'ambito degli elicotteri e dei dirigibili. Oltre che all'aliscafo, rivolse la sua attenzione ai dirigibili: la navicella di comando solidale con l'involucro per ridurre la resistenza aerodinamica e il primo utilizzo pratico di getti d'aria compressa per il controllo direzionale di un aeromobile, quest'ultimo applicato nel dirigibile Omnia Dir che volò postumo nel 1931.

Biografia
Studi

Figlio di Francesco Forlanini[1], medico milanese allora primario all'ospedale Fatebenefratelli, era il fratello minore del famoso Carlo Forlanini, illustre medico pneumologo, due volte candidato al premio Nobel.

La sua istruzione si compì in ambiente militare, infatti dopo aver frequentato le elementari ed una delle Regie Scuole Tecniche milanesi, nel 1862 entrò nel Collegio Militare di Milano, odierna Scuola militare "Teulié", per passare nel 1866 all'Accademia Militare, a Torino. Due anni dopo, diventato ufficiale entrava nella Scuola di Applicazione Artiglieria e Genio, scuola dalla quale uscì nel 1870, con il grado di tenente del Genio.
Modelli di elicottero
Lo stesso argomento in dettaglio: Elicottero sperimentale di Enrico Forlanini.
Elicottero sperimentale di Enrico Forlanini del 1877, esposto al Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano

L'ufficiale ventiduenne Enrico Forlanini venne assegnato ad una caserma di Casale Monferrato, ove, dopo aver ottenuto il permesso dei superiori, poté utilizzare la locale officina del Genio per esperimenti sulle eliche e sulle loro capacità di trazione. In questo periodo giunse a far volare un modello di elicottero a rotori paralleli azionato da un elastico. Desideroso di approfondire le sue conoscenze, nel 1874 ottenne di potersi mettere in aspettativa dall'esercito, per potersi iscrivere alla Scuola di Applicazione del Regio Istituto Tecnico Superiore, antenato del Politecnico di Milano. Tra i suoi insegnanti Giuseppe Colombo, autore di importanti testi tecnici, deputato e ministro, anch'egli un interessato delle nascenti tematiche aeronautiche. Dopo la laurea di ingegnere industriale e ancora in aspettativa dal Regio Esercito, trovò lavoro presso l'ufficio tecnico del Comune di Gallarate, in provincia di Milano[2]. Nel periodo 1875-1876 insegnò meccanica nella locale scuola professionale.
Schizzo dell'elicottero di Forlanini

Alla conclusione del periodo di aspettativa venne trasferito ad Alessandria, dove poté riprendere gli esperimenti sugli elicotteri nella locale Officina del Genio. Successivamente venne trasferito a Catanzaro, ma il lavoro di sviluppo di un modello di elicottero a vapore poté continuare grazie al suo collaboratore, Pietro Torresini, rimasto ad Alessandria, che, attraverso una fitta corrispondenza, completò l'opera nel 1877. Con questo elicottero fu compiuta una dimostrazione pubblica a Milano tra il luglio e l'agosto dello stesso anno. La dimostrazione avvenne su una piattaforma montata all'interno del Salone dei Giardini Pubblici, talvolta come sede è riportato il Teatro alla Scala. L'elicottero si alzò fino ad un'altezza di 13 metri, per un volo di una ventina di secondi che terminò con una lenta discesa. Non era il primo volo di un modello di elicottero, ma era il primo esperimento di elicottero metallico con un vero e proprio motore.

Tra gli spettatori della dimostrazione vi era Giuseppe Colombo, che, con una relazione all'Istituto Lombardo, fece meritare al ventinovenne Forlanini la medaglia d'oro del Premio Cagnola.

Caratteristiche elicottero a vapore:

Rotori: 2 eliche coassiali controrotanti, diametro elica superiore 1,70 m, diametro elica inferiore 2,80;
Peso (privo di caldaia): 3,5 kg;
Motore: a vapore da 0,2 CV. Peso (privo di caldaia): 1.5 kg. Il motore disponeva di una piccola caldaia sferica, in cui veniva accumulato il vapore in pressione. Il riscaldamento era esterno alla caldaia, quindi una volta che questa si fosse riscaldata a sufficienza da far partire il motore, l'elicottero si innalzava portando con sé la caldaia che abbandonava così la sua fonte di calore.

Questo fu l'esperimento più significativo, infatti Forlanini realizzò altri modelli di elicottero (in particolare uno di essi adottava per la propulsione getti di vapore in pressione all'estremità delle pale) e si dedicò al perfezionamento di motori a vapore leggeri.
Attività industriale: Forlì e Milano

Date le dimissioni dall'esercito, Forlanini si trasferì a Forlì, avendo trovato impiego come direttore tecnico della ditta Società Anonima Forlivese pel Gaz e Fonderia di Ferro, fondata nel 1863, ditta che lui fece diventare di importanza nazionale. Vi introdusse diverse innovazioni, fra cui un nuovo generatore di acetilene.

Nel 1878 sposò, sempre a Forlì, la maestra Angiolina Turchi.

L'interesse di Forlanini per il volo non era certo scemato e nel suo periodo forlivese s'interessò al volo di modelli di aereo a cui forniva propulsione per mezzo di razzi. Nei primi del Novecento realizzò un aliante biplano, con cui effettuò alcuni lanci. Il biplano decollava per mezzo di una catapulta azionata da un contrappeso.

Nel 1895 divenne proprietario dell'azienda, che ormai contava 150 dipendenti ed era nota anche come Gazogene e Fonderia Meccanica. La ribattezzò Officine di Forlì. Due anni dopo (nel 1897) tornò a Milano, trasferendovi la sede legale della ditta, adesso chiamata Officine Forlanini, mentre rimaneva a Forlì lo stabilimento. Negli anni Venti del Novecento vi lavoravano dalle 300 alle 400 persone.

Forlanini, che durante la sua carriera militare ed i suoi impegni lavorativi aveva sempre potuto contare su officine meccaniche, arrivò a realizzare nella sede milanese della ditta:

Galleria del vento: diametro 1,10 m, velocità massima 70 km/h.
Vasca idrodinamica (Froude).

Pioniere dei dirigibili
Lo stesso argomento in dettaglio: Forlanini (dirigibili).

L'incontro a Roma con il Capitano del Genio Cesare Dal Fabbro, che gli offrì di fare un volo in pallone, portò Forlanini ad interessarsi al dirigibile, ritenendo potesse rappresentare una risposta immediata al problema del volo.
Nel dar nome al suo primo dirigibile, Forlanini rese omaggio a Leonardo da Vinci ed ai suoi studi pionieristici sul volo umano
Articolo di giornale dedicato al primo volo del dirigibile Forlanini, 1909, Raccolta documentaria dei primati scientifici italiani.

Potendo contare sulla consulenza di Dal Fabbro, autorizzato nel frattempo a trasferirsi a Milano dal Comando Brigata Specialisti del Genio, iniziò a lavorare sul F.1 Leonardo da Vinci. La costruzione iniziò nel 1901. L'aeronave presentava due caratteristiche di progetto allora all'avanguardia:

Tipo semirigido (a trave reticolare rigida): se il primo semirigido italiano a volare fu l'N.1 di Gaetano Arturo Crocco nel 1908 e semirigidi a trave di chiglia (prima rigida e poi snodata) saranno i dirigibili militari italiani della prima guerra mondiale e le successive creazioni di Umberto Nobile, Forlanini anticipò Crocco nell'ideare la struttura, ma i due progettisti lavorano indipendentemente e fu Crocco a far volare per primo la sua creatura;
Gondola di comando solidale con l'involucro: questa innovazione che consente di ridurre la resistenza aerodinamica, si diffuse solo successivamente alla prima guerra mondiale, tanto che dei dirigibili impiegati nel conflitto solo i Forlanini e il tedesco Basenach M IV avevano una gondola siffatta.

Avendo sottostimato i mezzi e le difficoltà necessarie a completare una simile opera, in particolare la difficoltà di trovare motori adatti (difficoltà che incontrò anche un altro pioniere italiano, Almerico da Schio), il dirigibile riuscì a compiere il primo volo solo il 22 luglio 1909, con Dal Fabbro come pilota.

Visto il successo dell'aeronave, Forlanini intraprese la realizzazione del più ambizioso F.2 Città di Milano. I fondi furono reperiti attraverso una sottoscrizione nazionale (strada percorsa già da un altro grande pioniere del settore Ferdinand von Zeppelin) e contributi da parte del comune di Milano, la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde e l'esercito. L'aeronave volò per la prima volta il 17 agosto 1913. Dopo altre 42 ascensioni, il dirigibile incontrò il suo destino il 9 aprile 1914. Costretto ad un atterraggio di emergenza in seguito ad una lacerazione dell'involucro dovuta alle forti raffiche di vento, venne strappato dagli ormeggi subendo gravi danni. Durante le operazioni di svuotamento del gas, forse per colpa di uno dei numerosi curiosi, l'idrogeno s'infiammò bruciando e distruggendo il dirigibile.
Il dirigibile F.6

Poco dopo l'incidente, Forlanini otteneva dal governo britannico un ordine per una nuova aeronave, la F.3. A causa della guerra non fu possibile consegnare il dirigibile. Dopo l'ordine britannico anche il governo italiano ordinò a Forlanini 3 dirigibili, F.4, F.5 e F.6, che vennero impiegati assieme all'F.3, durante la prima guerra mondiale dal Regio Esercito e dalla Regia Marina.

Terminato il conflitto, Forlanini tentò la carta dell'impiego del dirigibile per il trasporto passeggeri, seguendo la strada lanciata con successo dal conte von Zeppelin nel 1909 col la DELAG. Nel giugno 1919 fu effettuato un volo dimostrativo sulla rotta Milano-Venezia, successivamente vennero studiate servizi sulla rotte Roma-Napoli e Roma-Pisa-Milano, ma queste iniziative non riscossero interesse e le operazioni vennero concluse poco dopo. L'ultimo dirigibile di Forlanini fu l'Omnia Dir, che volò postumo nel 1931. Mezzo all'avanguardia, mirava a risolvere i problemi di manovrabilità a terra dei dirigibili, per mezzo getti d'aria compressa gestiti da valvole sui tre assi, poste a poppa e prua del dirigibile.
L'aliscafo

Agli inizi del Novecento, mentre era impegnato nella costruzione del dirigibile F.1 Leonardo da Vinci, Forlanini continuava gli studi nella sua officina munita di una vasca idrodinamica, dove sperimentava il comportamento di ali e carene. Questi studi lo condussero a sviluppare quella che è oggi la sua realizzazione più famosa, ovvero l'idroplano, progenitore dei moderni aliscafi. Pur non essendo il primo ad utilizzare alette idroplane applicate allo scafo di un battello, fu il primo a realizzare un battello in cui lo scafo si sollevasse completamente dall'acqua, una volta raggiunta una certa velocità.

Sebbene i battelli di Forlanini siano in genere indicati come idroplani, idrotteri o talvolta anche come idrovolanti (utilizzando la parola idrovolante con un significato diverso da quello entrato poi in uso comune di aeroplano in grado di operar da superfici acquatiche), in realtà non vi erano molte differenze con gli aliscafi attuali, se non la struttura delle ali. Forlanini utilizzava un complesso di 4 gruppi di ali parallele (1 coppia a prua ed una coppia a poppa) di larghezza decrescente, a differenza delle ali singole in uso oggi. Una differenza che ricorda la storia degli aeroplani: i pionieri dell'aviazione volavano su biplani e triplani, configurazione che furono soppiantate dal monoplano.

Oltre che come mezzo marittimo, Enrico Forlanini, pensava all'idroplano come utile addestramento per i piloti aeronautici, per consentire loro di guadagnare l'opportuna sensibilità e senso dell'equilibrio.
Uno degli idroplani di Forlanini sul Lago Maggiore, 1910 circa

Il primo prototipo venne provato a partire dal 1905, con un motore a scoppio da 70 CV. Insoddisfatto dalle prestazioni del motore, Forlanini adottò sul successivo prototipo un motore a vapore da 25 CV, per arrivare nel 1910 ad un modello con motore da 100 CV ed in grado di trasportare 6 persone. I test vennero condotti sul Lago Maggiore e in mare, davanti a Fiumicino, quando il 29 aprile 1911 partecipò ad una gara libera per motoscafi. Forlanini ottenne diversi brevetti per il suo "idroplano" anche nel Regno Unito e negli USA. Nel 1911 ebbe come passeggero l'inventore statunitense Alexander Graham Bell, che da circa tre anni si stava interessando agli aliscafi.

Le caratteristiche di uno di questi battelli:

Idroplano N°3:

Lunghezza: 10 m;
Larghezza battello: 3,50 m (incluso il sistema di ali idroplane);
Altezza battello sull'acqua: 0.65 m;
Motore: Fiat da 100 CV;
Velocità massima: 75 km/h;

Altri studi

Anche se oggi Forlanini viene ricordato principalmente per gli studi come pioniere dell'aeronautica, egli si dedicò anche alla innovazione industriale, in particolare nel settore dei ventilatori industriali, dell'illuminazione cittadina a incandescenza e della costruzione di tubazioni in acciaio per condotte forzate.
Impatto culturale
A Enrico Forlanini sono oggi dedicati l'Aeroporto Enrico Forlanini, la strada che dalla città conduce all'aeroporto, il parco attiguo alla strada (Parco Forlanini), la fermata ferroviaria nel quartiere e la corrispondente stazione della linea M4 (Stazione Forlanini). A suo nome è anche intitolato l'edificio B12, di via La Masa, della sede di Bovisa del Politecnico di Milano.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_Forlanini

 
Web  Top
view post Posted on 27/9/2023, 17:31     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Francesco ed Eugenio Cassani


Francesco Cassani (Vailate, 20 aprile 1906 – Treviglio, 14 luglio 1973) ed Eugenio Giovanni Cassani (Vailate, 6 settembre 1909 – Treviglio, 4 gennaio 1959) sono stati due inventori, imprenditori e dirigenti d'azienda italiani

Il padre, Paolo, era titolare di un’officina meccanica che già da due generazioni produceva macchine agricole e che durante la Prima guerra mondiale fornì proiettili all’Esercito e alla Marina[1].

Pionieri della trazione diesel, della quale sono stati precursori con circa 15 anni di anticipo sull'effettiva affermazione italiana, hanno costruito il primo trattore dotato di una versione innovativa di tale motore, il Cassani 40 CV. Attraverso la Società accomandita motori endotermici, fondata nel 1942 e tuttora attiva nel settore della produzione di macchine agricole, hanno dato un fondamentale contributo alla meccanizzazione dell'agricoltura italiana.

Biografia
La dinastia Cassani
Paolo Cassani

Poche e scarse sono le notizie sulla dinastia imprenditoriale dei Cassani. Le varie fonti disponibili[2][3] sostengono che l'attività di costruzione di macchine agricole è stata iniziata dal bisnonno di Giovanni ed Eugenio, Felice Cassani, soprannominato a Vailate Precìs per un intervento presso la ditta Helvetic, della quale riesce a mettere a regime una caldaia a vapore viziata da difetti di fabbricazione. Felice non è titolare di un'industria ma di una bottega, dove la forza motrice delle macchine è assicurata da un asino che aziona una ruota. A trasformare l'attività da bottega a impresa industriale è uno dei suoi nipoti, Paolo Cassani, del quale è famosa in tutta la regione la destrezza manuale, che gli consente di riparare i macchinari più diversi e di costruire strumenti musicali coi quali ama poi cimentarsi.

A differenza del nonno e del padre, tuttavia, Paolo Cassani è animato dalla passione per il disegno industriale, una caratteristica che gli consente - attraverso la progettazione - di ampliare l'azienda da semplice bottega a impresa industriale. Con la moglie, Luigia Rocchi, fonda la "Società Anonima Paolo Cassani e figli", dove lui si occupa del lato tecnico e lei di quello amministrativo. Dal suo necrologio, pubblicato su L'Eco di Bergamo del 23 ottobre 1931,[4] si apprende che nel 1921 ha trasferito l'attività da Vailate a Treviglio e che la società anonima "Paolo Cassani & figli" è rinomata per l'invenzione di una pressa per la riduzione in balle del foraggio e per la costruzione di un non meglio precisato frigorifero, in realtà una fabbrica, che fornisce ghiaccio a tutta la città di Treviglio.
I primi anni di Francesco e Eugenio
I fratelli Cassani con la madre, Luigia Rocchi
Il giovane Francesco col modellino dell'aereo-idrovolante-auto di sua invenzione.

Francesco ed Eugenio, ma soprattutto il primogenito, ereditano dal padre la passione per la meccanica e il disegno industriale, e si impegnano fin da giovanissimi nell'attività di famiglia.[2] Secondo i suoi biografi già a dieci anni Francesco[5] prende le redini del lato tecnico dell'impresa, sostituendo il padre richiamato alle armi e partito per il fronte. Suo nonno lo ha da poco impiegato nella preparazione del carbone per le fucine quando partecipa in prima persona a una commessa del Ministero della guerra per la fornitura di proiettili ed obici. A dispetto dell'età, fidando in una corporatura già robusta, il giovanissimo Francesco solleva da solo obici che pesano oltre 50 kg e li pone sul tornio, dove realizza le filettature interne delle canne con grande maestrìa.

Alla ripresa della normale attività, nel 1918, inizia ad occuparsi del funzionamento dei motori a vapore delle trebbiatrici, settore di cui suo padre gli affida ufficialmente la responsabilità. Appena quindicenne, ma già esperto costruttore e riparatore, diventa il punto di riferimento dei numerosi clienti sparsi un po' in tutta la regione ed anche oltre, dai quali si reca in bicicletta spesso partendo in piena notte e che gli offrono volentieri ospitalità quando l'intervento si protrae fino a sera.[2][6]

Suo fratello Eugenio, che non ha ancora dieci anni, inizia allora a seguirlo come un'ombra, e senza trascurare la scuola fa tesoro dell'esperienza e degli insegnamenti di Francesco. È in questo periodo che Eugenia Rocchi, l'anima imprenditoriale dell'azienda, decide di spostare famiglia e impresa da Vailate a Treviglio, città da dove le comunicazioni con Bergamo e Milano sono più facili. Lo scopo è abbandonare un piccolo abitato con un futuro incerto ma anche permettere ai suoi due figli maschi, e soprattutto a Francesco, di frequentare un istituto tecnico dove possano perfezionare le proprie capacità.[7] Il trasferimento avviene nel 1920. La Rocchi diversifica l'attività di famiglia acquistando una grande officina meccanica ormai chiusa affiancata da una fabbrica del ghiaccio in piena attività; pur mantenendo una quota della prima divide anche le responsabilità di famiglia, affidando l'officina al marito e tenendo per sé lo stabilimento refrigerante.[8] Lo spazio della nuova officina è tale da consentire ai due ragazzi di ricavarsi uno spazio dove lavorare ai propri progetti personali. Con l'aiuto del fratello, senza trascurare il lavoro e la frequentazione serale di una scuola tecnica milanese, Francesco inizia infatti a lavorare nel campo motori.[9]

Il suo interesse iniziale è l'aeronautica, una passione che risale agli anni di Vailate, quando vedeva volare gli aerei in collaudo costruiti nelle non lontane officine della Caproni.[10] Per poter impratichirsi nel campo convince un suo zio a dargli il denaro necessario per l'acquisto di un motore proveniente da un aereo militare destinato alla demolizione, e lo monta su un inverosimile "aereo-idrovolante-auto", una sorta di velivolo che, nel suo entusiasmo giovanile, dovrebbe poter atterrare su una pista o sull'acqua, o anche essere utilizzato per percorrere la strada ordinaria.[10] Il sogno si infrange con l'apparecchio sulle balle di paglia del fienile, dove si schianta dopo aver tentato di decollare dal tetto di casa, e il motore viene riutilizzato per un'automobile pomposamente battezzata "Rolland-Pilain". Si tratta, nella realtà, di un telaio arrangiato con materiali di recupero e componenti costruiti in proprio, cui viene fissata una targa in cartone che reca un laconico numero

Il trattore Cassani 40HP
Lo stesso argomento in dettaglio: Cassani 40 CV.
Trattore Cassani modello 40HP, esposto al Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano
Francesco Cassani con alcuni operai durante la messa a punto del trattore.

L'automobile, costruita quando Francesco ed Eugenio hanno sedici e dodici anni, gli serve per andare a far visita alla fidanzata e futura moglie, la figlia di un mugnaio che sua madre non vede di buon occhio, ritenendola troppo cittadina e troppo ben abituata. Francesco vorrebbe sposarla prima dei ventuno anni ma non riesce ad ottenere il necessario consenso di suo padre. "Se ne riparla quando riuscirai a far funzionare quel motore e a guadagnare dei soldi per conto tuo”",[11] gli ha risposto su istruzioni della moglie, riferendosi agli studi che i Cassani hanno iniziato sul motore diesel, un brevetto tedesco del 1892 allora poco o nulla considerato in Italia, studi per i quali la madre anticipa i fondi necessari.[2] I due fratelli sono i primi in Italia ad intuirne le potenzialità e non ancora diciottenni, nelle ore libere dal lavoro in ditta, hanno cominciato a montarne uno ex novo, che dovrà poi equipaggiare un trattore agricolo.[12] La base di partenza è il motore aeronautico montato sulla Rolland-Pilain, studiato fin nei minimi particolari con l'ausilio di decine di libri e riviste in lingua tedesca comprati a Milano. La costruzione non è in sé particolarmente difficoltosa ma nella versione destinata ad un veicolo di minori dimensioni e prestazioni l'avviamento si rivela un problema di non facile soluzione. Un ingegnoso tentativo, tra i tanti, è quello di ottenere l'autocombustione del petrolio a mezzo di una bombola ad aria compressa azionata dal movimento dei pistoni, a loro volta messi in movimento da alcune candele tradizionali che provocano la detonazione di un piccolo quantitativo di benzina,[13] ma il problema è sempre lo stesso. L'apparato sembra dover partire ma si arresta dopo solo qualche secondo.

Mancando in Italia l'esperienza diretta nel settore il primo motore funzionante viene messo a punto mutuando la disposizione dell'accensione detta "a sigaretta", adottata dai trattori inglesi Marshall, con un avviamento ad aria compressa tipico dei motori nautici.[14] È un bicilindrico orizzontale monoblocco a testa fredda, che può erogare una potenza massima di 40 cavalli a 500 giri al minuto.[15] Nel descriverlo in una lettera indirizzata alla Breda i Cassani sostengono che "si mette in moto con quattro o cinque centimetri cubi di benzina, introducendo in apposito luogo con uno speciale apparecchio due pezzetti di corda accesi imbevuta di nitrato di potassio. Gli si da l'aria compressa e istantaneamente il motore inizia il moto", e che "Nelle prove sul campo ha dato i seguenti risultati: terreno arato ettari 2,5 in ore 10 consumando Kg 45 di olio pesante, che al prezzo di L. 0,55 dà una spesa di L. 15,65 circa".[14] [N 1]
L'occasione perduta
Francesco Cassani durante una dimostrazione del 40 HP ad un gruppo di potenziali rappresentanti.

Messo a punto il motore Francesco ed Eugenio stabiliscono anche le forme e le misure definitive del trattore,[N 2] che viene riprodotto ai primi del 1926 in una serie prototipo di quindici esemplari, dodici dei quali acquistati da imprese agricole di varie zone italiane (Bologna, Foggia, Padova), che li sperimentano su colture e terreni di varia tipologia. Complice il clima politico del periodo (il protezionismo doganale sull'importazione di macchine estere, il dirigismo, il lancio della battaglia del grano), la stampa da ampio rilievo alla notizia e sostiene che "quando gli agricoltori italiani conosceranno meglio quest'innovazione rinunceranno certo senza rimpianti alle macchine di importazione americana".[16]

Ed è proprio lo slancio che si vuole dare all'agricoltura italiana a consacrare il successo del primo trattore al mondo azionato da un motore diesel. I Cassani hanno infatti lavorato con passione al progetto, senza perdere un minuto del tempo disponibile, anche in vista del concorso per la "trattrice italiana agricola", indetto dal ministero dell'agricoltura, che si svolge a Roma nel 1927 e che vede il Cassani 40 sbaragliare aziende affermate come Fiat, La Motomeccanica e Landini.[15][17]



segue

 
Web  Top
view post Posted on 1/10/2023, 09:19     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Per Francesco ed Eugenio la vittoria è al contempo un successo e un problema. Per poter avviare la produzione industriale del trattore, infatti, è necessario impiantare uno stabilimento apposito, dotato delle necessarie catene di montaggio e di personale operaio specializzato. L'investimento economico eccede le possibilità della società anonima delle Officine Cassani e dei suoi pochi azionisti e per la costruzione dei primi 300 esemplari, che deve iniziare in tempo per inviare un esemplare alla Fiera di Milano del 1931, viene indetta una gara tra le imprese meccaniche con annesso capitolato che stabilisce in anticipo i compensi e il prezzo di vendita, fissato a 18.000 lire.[18] Dopo aver rifiutato una proposta della Breda[19] la scelta cade su una società di Bologna, la "Gaetano Barbieri & Co",[20] una fonderia ed officina meccanica rinomata per la produzione di attrezzature agricole e impianti di refrigerazione. Il gruppo si presenta con l'ottima referenza di essere fornitore ufficiale della marina e dalle informazioni assunte dai Cassani risulta avere una solida posizione bancaria, ma si trova in realtà sull'orlo di un fallimento ben coperto da una serie di protezioni politiche e bancarie.

La Barbieri confida nell'anticipo per sanare una parte dei propri debiti e rimettersi in sesto, e solo in seguito evadere l'ordinazione, ma il crollo della borsa valori di New York, e la conseguente crisi economica mondiale le danno il colpo di grazia.[21] Solo a questo punto i Cassani si rendono conto di come stanno le cose, in particolare che le sue forniture sono oggetto da tempo di pesanti contestazioni e che la Regia marina è prossima a revocare i propri appalti.[22] Pressati a livello politico rinunciano ad un'azione risarcitoria ed anzi Francesco viene chiamato a ricoprire il ruolo di direttore tecnico della Barbieri dove, impegnando somme personali e risorse della propria officina, riesce a far costruire un numero imprecisato di trattori. L'avvio della produzione, tuttavia, rinvia di poco l'inevitabile, e cioè il definitivo fallimento della Barbieri, cui segue il conferimento dei trattori costruiti quale garanzia su un prestito per chiudere le partite rimaste aperte.
Motori, pompe e... desideri
Annuncio pubblicitario della Barbieri.

La disavventura segna la fine della "Società anonima Officine Italiane Cassani". Uno degli azionisti, Francesco Grugnetti, onora a proprie spese i debiti rimasti scoperti, evitando così la procedura fallimentare, ma quale contropartita ottiene le quote sociali dei fratelli Cassani e gli studi e i brevetti di Francesco.[2] Questo fallimento è il frutto di un approccio fondamentalmente errato dei due fratelli, che sono anzitutto progettisti ed inventori e che - ad averlo potuto fare - tali sarebbero rimasti. All'entusiasmo per questa o quella invenzione, infatti, non ha fino ad allora corrisposto la dovuta attenzione al problema della produzione industriale, e già Luigia Rocchi ha fatto a suo tempo notare a Francesco che si sente troppo sicuro di sé e delle sue invenzioni, spesso inattuabili come l'aereo dei suoi anni giovanili. Ma non ancora trentenni i due fratelli di frecce al loro arco ne hanno parecchie e accantonata al momento l'idea di produrre trattori tornano a Treviglio col progetto di un nuovo motore diesel per autocarri e l'idea di ricominciare da capo nel settore delle pompe ad iniezione, un aspetto che si è rivelato problematico durante la messa a punto del Cassani 40.[23] Il motore diesel è all'epoca predominato dall'industria straniera e per le pompe si sono giocoforza rivolti alla Bosch di Stoccarda e alla Précision Mécanique della Villette di Parigi, che però non sono riuscite a fornire prodotti adeguati alle specifiche richieste. La base di partenza sono quindi gli adattamenti e le correzioni adottate dai Cassani nel montaggio del primo motore.
Le officine della UTITA a Este (PD).

Il mercato interno in questo settore è foriero di grandi sviluppi per la politica autarchica del regime ma la produzione richiede di addentrarsi nel difficile settore della meccanica di precisione, laddove la tolleranza ammessa nelle misure è nell'ordine dei millesimi di millimetro. Con pochissime macchine utensili e una rettifica acquistata a prezzo di favore iniziano l'attività con Francesco che predispone i progetti ed Eugenio che dirige le lavorazioni, una suddivisione dei ruoli che rimarrà inalterata negli anni a venire. Le prime pompe sono messe a punto nel 1931 ed inviate in prova a Isotta Fraschini, Lancia, Bianchi ed esercito con buoni risultati. La produzione in serie si rivela però sottodimensionata alle previsioni per la difficoltà di intaccare il monopolio della Bosch, sempre solido in barba alle misure protezionistiche. Sono quindi accelerati i tempi per la messa a punto del motore per autocarri, un progetto nato nel periodo bolognese per interessamento di Giovanni Brunetti, direttore dell'UTITA,[24] una consociata della Snia-Viscosa che a causa della crisi economica ha deciso di diversificare la produzione nel settore della meccanica.

La prima idea di Brunetti, un motore per autocarri, è legata alla decisione dell'esercito di ammodernare il parco dei Fiat 18 BL, risalenti alla prima guerra mondiale e all'epoca ben più che superati, ed alcuni sono effettivamente provati su un numero imprecisato di veicoli. Viene anche messo a punto un motore nautico di maggiore potenza, a sei cilindri con pistoni contrapposti che sviluppa 85 cavalli a 1800 giri al minuto, montato su un motoscafo che partecipa all'VIII concorso motonautico internazionale d'Italia, tenutosi a Venezia dal 15 al 18 settembre 1934 e vince il raid Venezia-Trieste per l'economia di carburante. Col motore nautico nasce il marchio "Italmotor" ma intanto la commessa dell'esercito non viene perfezionata. In luogo di dotare di nuova componentistica veicoli antiquati, infatti, si decide un profondo rinnovamento del parco, che viene svecchiato con l'autocarretta OM 32 e l'autocarro Pesante Unificato Lancia 3Ro. Il venir meno delle commesse militari fa scemare l'interesse della Viscosa, che non vuole rischiare forti investimenti di danaro in una riconversione produttiva dagli esiti imprevedibili e fa tornare l'UTITA alle produzioni abituali.

Dalla SPICA alla SAME
Il motore a revolver e la fondazione della SPICA
Uno dei tre motori BAF-Cassani.
Il barone Alberto Fassini Camossi.
Il Generale di squadra aerea Giuseppe Valle, sottosegretario al ministero dell'aeronautica.

Nonostante le buone premesse ancora una volta le speranze dei Cassani sono tradite da sviluppi cui non possono in alcun modo interferire. Fortuna vuole che il presidente dell'UTITA, il barone Alberto Fassini Camossi, sia rimasto colpito dalle grandi capacità dei due fratelli e decide di finanziarne i progetti a proprie spese. Fassini si è fatto una buona esperienza nella costruzione di macchinari per l'industria dei tessili artificiali e ripone grande fiducia nella mente vulcanica di Francesco, sempre piena di invenzioni, e lo aiuta a portare avanti lo studio di un motore aeronautico rivoluzionario per l'Italia ma non del tutto nuovo nei suoi studi, rimasti incompiuti per mancanza di fondi.[25] Si tratta di un apparato che per la particolare disposizione circolare dei cilindri (che ricorda il tamburo di una pistola) viene detto "a revolver". Il rapporto tra peso e potenza, fondamentale per l'installazione su un velivolo, è di un Kg per cavallo sviluppato. Nel 1937 progetto viene sottoposto da Fassini e Francesco Cassani al generale Giuseppe Valle, sottosegretario al Ministero dell'aeronautica, che con l'assenso di Mussolini (ministro ad interim) chiede l'immediata costruzione di un modello funzionante e si impegna ad acquistarne tre prototipi.[10][26] La costruzione dei motori pre-serie, col marchio B.A.F. (Barone Alberto Fassini)-Cassani, viene affidata ai cantieri Odero-Terni-Orlando (O.T.O., oggi OTO Melara), che nello stesso periodo sono andati incontro a una serie di fallimenti nell'applicazione dei motori a benzina su navi e veicoli terrestri militari.[10]

Francesco ed Eugenio pensano che la via del successo sia stata finalmente intrapresa tanto che pochi mesi prima, nell'auspicio di ampliare a una vera e propria industria la produzione delle pompe ad iniezione, hanno costituito a Treviglio la Società Pompe Iniezione Cassani (SPICA), un'anonima di modeste pretese economiche cui partecipano due piccoli azionisti locali. La mossa è funzionale alle pressioni che la Bosch esercita nello stesso periodo sulle case automobilistiche italiane, cui da tempo fornisce anche impianti elettrici e che non ha nessun'intenzione di farsi strappare il monopolio nel settore. Per spianare la strada alla produzione nostrana, voluta dalla politica autarchica di Mussolini, viene organizzata una prova con due autocarri Lancia 3Ro, equipaggiati con impianti delle due imprese, sulla ripida salita del Monte dei Cappuccini, a Torino. L'autocarro dotato di impianto Cassani "equipaggiato con pompe SPICA - grazie alla maggior coppia erogata - riesce a compiere la curva senza ricorrere al cambio di marcia, mentre il motore dell’altro autocarro, munito di pompe Bosch, ingloriosamente si spegne più volte.".[27] I risultati trovano ampia eco sulla stampa periodica e specializzata e dalla Lancia giunge il primo ordine per 3.000 apparati completi (pompa, regolatore di anticipo automatico, pompa di alimentazione, iniettori) rispondenti a specifiche oltremodo precise. Al ministero della guerra, intanto, l'Ispettorato Generale dell'Esercito, soddisfatto dalle numerose prove effettuate e dai risultati della sperimentazione torinese, ha dato parere favorevole al motore BAF-Cassani. Il generale Manera, capo dell'ispettorato, convoca Fassini e Francesco Cassani a Roma e gli comunica la decisione presa dal ministro, cioè da Mussolini, di "rendere autosufficiente l'Italia per la fornitura di pompe d'iniezione".[27][28]
L'occasione perduta
Esterno ed interni delle officine SPICA di Livorno

A spianare la strada alla SPICA sono i venti di guerra che spirano sempre più forti in Europa nella seconda metà degli anni trenta, ed anche un momentaneo raffreddamento dei rapporti tra Italia e Germania dopo l'annessione dell'Austria da parte di Hitler. Consapevoli della possibilità di arginare il monopolio della Bosch Ciano e Orlando ne hanno anzi promosso un totale riassetto che li vede entrare come azionisti di maggioranza. Il 6 marzo 1938 viene firmato un accordo in cui Eugenio e Francesco Cassani cedono l'officina e le attrezzatture di Treviglio in cambio di 450.000 lire in contanti e del 2,5% del fatturato annuo della società. I due fratelli assumono l'incarico, rispettivamente, di direttore dell'officina e consulente tecnico di una nuova sede ubicata ad Ardenza, un quartiere di Livorno, i cui lavori prevedono l'adattamento e l'ampliamento di un preesistente stabilimento industriale in disuso.[28][29]

Mentre le ordinazioni per apparati di iniezione giungono ora da tutta Italia i fratelli Cassani sono incaricati di mettere a punto un motore aeronautico da 800 cavalli per gli aerei adibiti al trasporto dei rifornimenti per le truppe impegnate nelle zone di operazione. La progettazione richiede oltre un anno.[28] La costruzione presso le officine OTO inizia alla fine del 1939 ed è in pieno corso quando Mussolini annuncia l'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale. La notizia sorprende Ciano e Orlando a Livorno, dove stanno discutendo coi Cassani l'ampliamento delle officine ad uno stabilimento della Moto Fides per l'alto numero di commesse ricevute. Tre giorni dopo giunge da Roma un telegramma dell'Ispettorato all'aviazione che invita ad abbandonare il progetto del motore perché tutti gli sforzi devono indirizzarsi alla produzione bellica.
Arturo Bocciardo.

La rinuncia non intacca l'ormai avviata industriale della società ma di li a pochi mesi viene a mancare Luigi Orlando, ed è un'occasione insperata per la Bosch di mettere i bastoni tra le ruote al pericoloso concorrente italiano. Il gruppo tedesco tenta infatti una scalata al pacchetto azionario della SPICA iniziando dalle azioni ora in possesso agli eredi dell'ingegnere, acquistate offrendo loro il doppio del loro valore. Con in tasca il 30% del pacchetto azionario fa la stessa offerta all'ammiraglio Ciano, che a sua volta oppone un deciso rifiuto e si oppone all'influenza del gruppo tedesco coinvolgendo suo nipote Galeazzo. Per non rischiare di mandare perduta l'emancipazione italiana del settore il ministro degli esteri dà incarico al senatore Arturo Bocciardo, presidente delle Acciaierie di Terni, di predisporre il passaggio del restante 70% all'IRI, che ne affida la gestione all'Alfa Romeo. I Cassani sono sostituiti nei rispettivi incarichi da funzionari delle partecipazioni statali mantenendo in vigore l'accordo che assicura loro il 2,5% del fatturato SPICA. Francesco ed Eugenio sono invitati a prestare la loro opera sulle pompe a iniezione presso la sede Alfa di Milano e ottengono un mandato di consulenza sulla SPICA, con l'accordo che eventuali brevetti vengano registrati a nome SPICA-Cassani.[28][29]
Il ritorno alle origini: la SAME

Nelle file dell'Alfa ai Cassani viene affidato il primo centro ricerche italiano per i motori aeronautici, incarico che scatena gelosie e ripicche con gli ingegneri della Direzione progettazione ed esperienze. L'inventiva e la genialità di Francesco ed Eugenio, inoltre, sono svilite dalla rigida burocrazia interna che caratterizza un gruppo industriale di grandi dimensioni. Lo scontro fa presto a degenerare in un vero e proprio intrigo. Francesco viene accusato di essere autore di una lettera anonima diffamatoria nei confronti di un tale ing. Ricart, consulente della direzione, Eugenio è invece accusato di aver sottratto un tubetto di polvere di smeriglio.[30] Le accuse sono inventate, come pure il tribunale di Milano riconoscerà in seguito, ma è quanto basta per giustificarne il licenziamento in tronco. Nella seconda metà del 1941 i due fratelli tornano a Treviglio con un piccolo capitale (le quote del fatturato SPICA fino ad allora incassate) e una grande ricchezza nella progettazione e realizzazione di trattori, pompe ad iniezione e motori di varia tipologia.[N 3][31]

L'idea di reinvestire il danaro nella Società Accomandita Motori Endotermici si concretizza dopo una discussione di alcuni mesi e alcune proposte da terzi via via scartate. A prevalere sono le ambizioni di Francesco, mai venute meno al pari della sua (forse eccessiva) sicurezza personale, cui il fratello finisce con l'adeguarsi dopo aver pensato a modeste ma più sicure attività come un'autorimessa a La Spezia. L'attività della SAME comincia con una modesta officina meccanica per la riparazione di automezzi militari ubicata nei locali dell'attività di famiglia, rimasti inoperosi dopo la morte di Paolo Cassani (1932), dove al piano superiore Francesco ed Eugenio tornano ad abitare con le rispettive famiglie. Lo stato di guerra e la scarsità di materie prime non consentono al momento di andare oltre. Mentre Eugenio rimane in pianta stabile a Treviglio, guidando il lavoro di tre operai, Francesco fa la spola con Milano in cerca di commesse, spesso subappalti da parte di altre aziende come la fornitura di alcune decine di motori diesel di piccole dimensioni per l'azionamento di macchinari industriali.[32]
La prima sede della SAME a Treviglio.

Finita la guerra la SAME dispone di una buona riserva di liquidità, perlopiù messa insieme grazie a una commessa della Fiat per la fornitura di pompe antincendio a motore,[33] che viene prontamente reinvestita in macchine utensili di varia tipologia prima che l'inflazione del dopoguerra eroda il valore della moneta. Per far fronte alle penuria di rifornimenti Francesco si reca al Brennero, dove l'autorità militare ha messo in vendita una quantità non precisata di mezzi blindati coi motori perfettamente funzionanti, che sono portati a Treviglio, smontati e trasformati in mucchi eterogenei di materiali pronti al riutilizzo. Con questa grande quantità di scorte viene messo a punto un piccolo motore generatore di elettricità, che va a ruba per l'aleatorietà dell'erogazione di energia di quei tempi, acquistati in gran numero soprattutto da industriali e ospedali. La minicentrale Cassani è il primo prodotto ufficiale della SAME e i suoi ricavi consentono di trasferire l'officina in una sede più grande, ricavata in preesistenti locali appartenenti ad impresa non precisata in via Madreperla. È in questa nuova sede che Francesco ed Eugenio tornano all'idea originaria della meccanizzazione agricola. Causa la penuria di mezzi della ditta e di risorse dei potenziali acquirenti viene messa a punto un'autofalciatrice a tre ruote, dotata di motore a quattro tempi con accensione a benzina, che sviluppa otto cavalli e che, al pari di quanto già poteva fare il trattore 40 HP, può essere munito di una puleggia per l'azionamento di macchine e catene.[N 4][31]

A dispetto del nome l'autofalciatrice è un prodotto oltremodo versatile, che può essere utilizzato anche per trainare o spingere gli attrezzi agricoli o movimentare carichi non eccessivamente pesanti. La possibilità di collegare una puleggia al motore permette di utilizzare vecchi e nuovi attrezzi come la spazzola ardanatrice per la raccolta delle patate, e lo stesso motore è fissato con cinque fermi per poter essere rimosso con poca fatica e trasportato per altri utilizzi.[10]





segue

 
Web  Top
view post Posted on 2/10/2023, 10:42     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Un difficile dopoguerra
Il trattorino universale

A diciotto anni dalla costruzione del Cassani 40 HP Francesco ed Eugenio hanno finalmente intrapreso la via del successo e Francesco può, per la prima volta, uscire dai confini dell'Italia per recarsi a Londra, dove lo aspetta un suo rappresentante locale, tale Michael Attlee. Dopo anni di attenta lettura della letteratura specializzata nord-europea ora può finalmente vedere coi propri occhi i modelli gestionali e le attività produttive cui si è spesso ispirato. Durante la permanenza in terra inglese visita numerose industrie e vede coi propri occhi i significativi progressi cui l'agricoltura è arrivata oltremanica.[31] Da questo viaggio torna convinto che la SAME ha le carte in regola per guidare la meccanizzazione agricola italiana e con la determinazione di mettere mano al progetto di un trattore. È un'impresa foriera di rischi. Il mercato italiano del settore è per gran parte in mano all'americana Ford e alla canadese Ferguson, una quota minore è in mano alla Fiat e le risorse dell'azienda sono ancora limitate. Come già per l'autofalciatrice i Cassani devono puntare sulla funzionalità e la versatilità della macchina prima che sull'apparenza del prodotto. Il risultato è una struttura a tre ruote a trazione posteriore con un motore da dieci cavalli, che somiglia più ad una motozappa che ad un trattore.[34][N 5] La strategia commerciale è la stessa di due anni prima e punta su innovazioni come la guida reversibile (prima applicazione italiana), le prese di forza in posizione laterale e la possibilità di montare gli attrezzi agricoli sul davanti utilizzando dei fermi a incastro, senza necessità di chiavi o attrezzi di alcun tipo. Per convincere gli agricoltori italiani ad acquistare il prodotto di un'azienda alle prime armi, ancora sconosciuta al pubblico e che solo due anni prima polemizzava contro il costo dei trattori per vendere l'autofalciatrice, il trattorino universale 3R 10 viene prodotto nelle tre versioni universale, autogrù e motocompressore, e il suo motore è ugualmente predisposto per il collegamento con macchinari esterni[34] La gamma delle possibili utilizzazioni viene ampliata agli utensili più disparati (scavapatate, trivellatrice, sollevatore, ruspa, sega circolare) attraverso componenti progettati in proprio, realizzati da aziende specializzate e ulteriormente lavorati prima del definitivo montaggio assieme a componentistica reperibile all'ingrosso.[35]
Il trattorino universale 3R 10 e una sua pagina pubblicitaria

I Cassani hanno naturalmente tenuto conto anche della particolare situazione dell'agricoltura italiana di allora, frastagliata in una miriade di proprietà generalmente condotte a mezzadria nel nord e a mezzo del bracciantato nel sud. Il trattorino, che tale è anche nel prezzo, si impone rapidamente all'attenzione degli addetti ai lavori anche per l'accordo stretto con la ditta "Fratelli Moretti", che fornisce gli attrezzi da abbinare alla macchina come seminatrici, ruspe, pale caricatrici, etc. Definito "un gioiello dell'industria italiana"[34][36] viene premiato con la medaglia d'oro dell'Accademia di agricoltura di Torino ma le vendite sono scarse. I Cassani attribuiscono l'insuccesso all'attività dei rappresentanti e decidono di scendere personalmente in campo nella promozione, anche perché sta diventando problematico pagare il salario agli operai.

Nel 1948 Francesco fa un viaggio in Sicilia e va a decantare le lodi dei suoi prodotti, in particolare di un trattorino tanto piccolo da poter marciare tra i filari delle viti, nelle zone controllate dalla banda di Salvatore Giuliano e dai separatisti, dove l'agricoltura va ancora avanti secondo sistemi ottocenteschi. Eugenio, nel frattempo, lavora a ricostituire una più efficiente rete di vendita ricontattando gli agenti che hanno a suo tempo rappresentato il trattore 40 HP, ma le cose non sembrano dover andare meglio. A tutto il 1948 ne sono acquistati solo 33, nei due anni successivi ne sono piazzati in totale 13.[37] Secondo varie fonti[2][34][37] la situazione si capovolge quando, all'edizione 1950 della Fiera di Milano, Francesco Cassani riceve allo stand della SAME la visita di don Zeno Saltini. Il fondatore di Nomadelfia ha fatto il giro dei costruttori per ottenere in dono un trattore per la cooperativa agricola della sua comunità ed ha ottenuto soltanto rifiuti. Anche Cassani inizialmente rifiuta ma tornato a Treviglio ci ripensa, e convince i vari fornitori a donare i componenti di propria pertinenza per mettere insieme la macchina che viene poi inviata a Carpi. Tale decisione deriva da una tendenza alla superstizione che sembra abbia caratterizzato tutta la sua vita, fatto sta che nell'estate dello stesso anno le ordinazioni aumentano e nel giro di alcuni mesi il grosso dei trattori viene smaltito.
Il trattore ad aderenza totale e il successo

Eugenio Cassani, che pur partecipando alla progettazione è l'anima imprenditoriale della ditta, reinveste i guadagni in un primo ampliamento delle officine di via Madreperla. Viene aggiunto un capannone adibito alla verniciatura, per il quale viene studiato un sistema di getti d'acqua per raffreddare in estate il tetto in lamiera,[38] un fabbricato per l'assemblaggio delle macchine e un magazzino per le scorte e l'imballaggio dei prodotti da inviare agli acquirenti. Al momento non si può fare altro e la società, a dispetto del nome e dei premi, è ancora una piccola impresa con quattro operai e cinque impiegati amministrativi, che produce una media di 180 trattori all'anno. I riconoscimenti, i brevetti e la storia passata non sono a quanto pare garanzie sufficienti per ottenere finanziamenti dalle banche, tanto che la produzione va avanti grazie al credito e alla fiducia dei fornitori. È una situazione complessivamente gradita ai Cassani che, memori della negativa esperienza all'Alfa Romeo, seguono un modello produttivo più elastico ed efficiente, che però non offre sbocchi verso la costruzione di uno stabilimento indipendente dotato di fonderia, stampaggio lamiere, lavorazioni in catena di montaggio, etc. L'ambizione è quella di passare dalla dipendenza dai fornitori a produttori di componentistica per l'attività interna e la vendita ad altre imprese, obiettivo che appare lontano più nella possibilità che nel tempo.[39]
Immagine pubblicitaria e volantino ufficiale del trattore DA 25

Per poter coronare questo sogno da una parte è necessario ridurre all'osso le spese per l'ampliamento e il potenziamento dell'officina, dall'altra offrire prodotti sempre migliori che si possono di conseguenza vendere a un prezzo concorrenziale. Il primo problema viene risolto col materiale bellico di recupero, oltremodo abbondante, per il quale Eugenio passa al setaccio i depositi e Francesco predispone i disegni per riutilizzare la componentistica recuperata. Il secondo, mercé la possibilità di effettuare lavorazioni sempre più complesse e di poter reinvestire somme sempre più alte, viene affrontato con la progettazione di un vero e proprio trattore, il primo dopo l'esperienza del 40 HP. Prende il via la fortunata serie delle macchine D.A. (Diesel Aria), autentica rivoluzione tecnologica a livello mondiale per alcune peculiari caratteristiche come le quattro ruote motrici, che consentono di affrontare salite fino al 70% anche con carichi pesanti, la sterzata a 90° e i freni indipendenti sulle ruote posteriori, per invertire la marcia a 180° e il potersi introdurre tra gli alberi e i filari delle viti.[N 6][40] L'idea dell'aderenza totale con quattro ruote motrici nasce dall'osservazione delle jeep americane durante la guerra[31][41] e il mercato gli dà immediatamente ragione, tanto che i trattori D.A. sono da subito prodotti in diverse versioni come il DA 12 per vigneti e frutteti, il DA 25 adatto a circolare nelle risaie, ognuno con un motore più o meno potente, differenziato a seconda dell'uso per cui la macchina è indicata.[31]

Più ancora che nel passato il ruolo operativo di Francesco ed Eugenio si differenzia. Il primo passa molto tempo al tavolo da disegno perché progetta in proprio tutta la produzione SAME, addirittura le modifiche della componentistica proveniente da ditte esterne. Il secondo è il deus ex machina dell'officina, guida il lavoro degli operai e si adatta non sempre facilmente alla pignoleria e al ritmo serrato del fratello, che vuole che tutto sia fatto "subito e ieri". Francesco si reca spesso a Milano per acquistare macchinari perlopiù di seconda mano dalla ditta Orme, che a sua volta importa dagli Stati Uniti. Sono attrezzature ad alta componibilità, prodotte per la costruzione di carri armati destinati al conflitto in Corea e rimaste inutilizzate per la rapida cessazione delle ostilità.[42] Oltre che i trattori le quattro ruote motrici trainano lo sviluppo dell'impresa, ormai lanciata verso la definitiva affermazione, e un primo riscontro arriva dalla Caproni di Ponte San Pietro, che non ha mai del tutto ripreso l'attività dopo la riconversione dalla produzione bellica. È la stessa Caproni da cui provenivano gli aerei che facevano sognare il giovane Francesco, che si offre di ospitare una parte della produzione che nello stabilimento di via Madreperla stenta a trovare posto. Nel 1953 sono trasferite le linee di produzione dei nuovi modelli di quell'anno, il DA 38 e il super Cassani DA 55, la cui direzione viene presa in carico da Eugenio, che vi si trasferisce in pianta stabile.[43]

Riunione degli agenti SAME a Treviglio

Riunione degli agenti SAME a Treviglio
La produzione SAME anni '50

La produzione SAME anni '50
Rivenditore SAME

Rivenditore SAME

L'affermazione degli anni '50

Il trattore a trazione integrale, con motore diesel raffreddato ad aria utilizzabile come forza motrice per macchinari diversi, fa presto a imporsi sul mercato a danno dei concorrenti esteri. Solo la Fiat riesce a conservare una quota significativa per i suoi legami con la rete Federconsorzi. L'emergenza e la scarsità di risorse del dopoguerra sono sempre più un ricordo del passato, ed anche il sistema bancario ora è disponibile ad accordare il credito necessario agli investimenti. L'aumento esponenziale della produzione rende sempre più necessario un grande stabilimento dove concentrare l'attività e rendersi il più possibile indipendenti dalle forniture ma in questo caso Francesco Cassani si dimostra prudente. Prima di avviarne la costruzione vuole vedere di persona il funzionamento delle grandi industrie statunitensi, delle quali sa quello che riportano le riviste di settore che non ha mai smesso di leggere e dalle quali ha spesso trovato ispirazione per i suoi progetti. Vuole inoltre gettare le basi per l'espansione internazionale della SAME. La prima tappa è la Francia. In collaborazione con Albert Piquard, costruttore di motori diesel della Bassa Savoia, nel 1954 fonda la SAME France, che nel solo primo anno di attività riesce a piazzare ben cinquecento trattori. Si reca successivamente in Brasile,[44] dove ha un contatto con Doña Teresina Camargo, proprietaria di una fabbrica di munizioni al momento inoperosa, ma la costituzione della SAME do Brasil non viene perfezionata a causa dell'avvocato della donna, che a insaputa di entrambi è il consulente legale brasiliano della Ferguson. Negli Stati Uniti, dove viene fondata la SAME US, rimane affascinato dall'organizzazione delle fabbriche in linee produttive e da macchinari oltremodo complessi dal punto di vista costruttivo ma di facile utilizzo, dove un solo operaio può sovrintendere allo stesso lavoro che a Treviglio ne richiede cinque o più.

Da questo viaggio torna con lo stesso entusiasmo dei suoi anni giovanili, pieno di idee e di iniziative, e con un acquisto che viene scaricato a Genova qualche settimana dopo. Ha comprato un tornio per gli alberi motore della "RK LeBlond Machine" di Cincinnati[45] e durante il viaggio di ritorno, decisa la sua organizzazione, abbozza un progetto di massima per il nuovo stabilimento dopo aver incaricato telegraficamente il fratello di perfezionare l'acquisto di un appezzamento di terreno di circa 100.000 metri quadri.
Lo stabilimento tuttora attivo della SAME lungo la via Padana Superiore, attuale viale Francesco Cassani.

La costruzione è avviata nel marzo 1956 e con tre turni giornalieri viene completata in tempo per la riunione annuale dei rappresentanti SAME, il 20 dicembre. All'inaugurazione è presente Luigia Rocchi, ormai anziana e residente in una casa di riposo, che a trent'anni dal primo motore e dalla Rolland-Pilain assiste soddisfatta al successo personale e commerciale dei suoi figli ed in particolare di Francesco, del quale aveva più volte in passato criticato l'eccessiva sicurezza personale. La struttura, oltremodo semplice e razionale dal punto di vista architettonico, si sviluppa su un'area coperta di 80.000 metri quadrati. L'officina è un ambiente unico di 250 metri di lunghezza e 75 di larghezza organizzata su tre linee di lavorazione (motori, verniciatura, assemblaggio), i cui macchinari sono progettati e fatti costruire dai due fratelli.[46] In altra ala sono sistemate la fonderia, il reparto per la stampa delle lamiere, i magazzini delle scorte, la mensa, gli spogliatoi, i servizi e l'asilo nido per i figli delle operaie con personale specializzato. L'organizzazione dell'officina ricalca i modelli delle industrie estere che Francesco ha visitato (la Perkins in Inghilterra, Caterpillar, Ford e la "nemica" Ferguson negli USA, Fiat in Italia) ma viene in parte mantenuto il decentramento produttivo continuando ad affidarsi a fornitori esterni di provata fiducia per una serie di minuterie.[47] Diversi attrezzi specifici come aratri (monovomere, bivomere, a dischi, reversibile), estirpatori a molle, erpici a dischi, frese, ruspe posteriori, barre falcianti, rimorchi ribaltabili, pompe da irrigazione e trivelle, sono ora prodotti in proprio.[48]
Il sistema SAC e la scomparsa di Eugenio
Le leve di comando della stazione automatica di controllo e un ritratto di Eugenio Cassani.

Nel primo anno di attività dal nuovo stabilimento escono tremila trattori dei vari modelli ma l'ambizione è quella di raggiungere i diecimila, metà dei quali da destinare all'esportazione. L'obiettivo appare difficile ma non impossibile da raggiungere, e per varcare questo ennesimo traguardo Francesco si getta a capofitto nella progettazione. Una delle prime idee che raggiungono Eugenio in officina è la "Stazione automatica di controllo" (SAC), un nuovo tipo di sollevatore idraulico che consente di stabilire il rapporto tra il peso da trainare o sollevare e la potenza erogata dal motore, messa a punto nel 1958 per il trattore 240 DT a due cilindri. Il sistema è una variante di quello della Ferguson, imitato per non chiedere la concessione del relativo brevetto ma che sarà in seguito al centro di una contesa tra le due imprese.[48]

Montata in serie sui modelli successivi (360, 480 Ariete, Sametto 120) del 1959 è l'ultima innovazione messa a punto in comune da Francesco ed Eugenio.[49] Quest'ultimo viene infatti a mancare pochi mesi dopo. La rapida malattia e la scomparsa sorprendono il fratello nel corso di un viaggio in Argentina, dove sta gettando le basi di una filiale. Con la sua morte viene a mancare il lato pragmatico ed operativo del sodalizio, quell'anima imprenditoriale che, come già la madre in passato, deve tenere a freno la vulcanica inventiva e la spesso eccessiva sicurezza personale di Francesco, che deve rassegnarsi a proseguire da solo.[2] Dopo aver liquidato le quote di Eugenio ai suoi nipoti, che hanno deciso di non impegnarsi nell'azienda,[50] il suo alter ego diventa la figlia Luisella, che non passa tutto il suo tempo in officina ma è piuttosto una nuova Luigia Rocchi. Neo-diplomata a Londra, appena diciottenne entra nei ranghi della SAME e diventa il più stretto collaboratore di un presidente che comincia a sentire il peso degli anni nel fisico senza che la passione personale per il lavoro e la voglia di fare tutto e subito venga intaccata. Luisella collabora col padre nel decennio decisivo degli anni '60, quello della motorizzazione di massa, quando al trattore Francesco Cassani pensa si debba dare quelle comodità che il contadino apprezza nella seicento.

Cassani con la figlia e l'importatore olandese Vordeman

Cassani con la figlia e l'importatore olandese Vordeman
Interno dell'officina nello stabilimento della SAME

Interno dell'officina nello stabilimento della SAME
Interno dell'officina nello stabilimento della SAME

Interno dell'officina nello stabilimento della SAME

segue Il progetto Samecar

 
Web  Top
view post Posted on 4/10/2023, 10:31     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Il progetto Samecar
In alto il Samecar agricolo (a sinistra) e industriale. In basso il tipo Puledro di sagoma ridotta, progettato per inoltrarsi nei vigneti.

L'idea prende corpo durante una vacanza a Cortina d'Ampezzo, durante la quale Francesco Cassani abbozza un progetto su alcuni fogli dell'albergo in cui alloggia. È un trattore che sembra voler imitare all'aspetto esteriore un autocarro. Si tratta di una macchina polivalente che può essere utilizzata su strada e sui campi, e con ruote adatte perfino trainare una fila di carri merci ferroviari sui binari. Unisce i pregi del trattore e dell'automobile e dovrebbe far sì che i contadini possano avere entrambi a una cifra inferiore al costo della Fiat 600. "Per la prima volta", scrive il volantino pubblicitario ufficiale, "diamo al trattorista le stesse comodità dell'automobilista". Il prototipo viene presentato il 3 gennaio 1961 alla presenza di Mariano Rumor, all'epoca ministro dell'agricoltura, sul campo della Scuola Sperimentale di Agricoltura delle Capannelle, lo stesso dove trentatré anni prima ha presentato il suo primo trattore ai gerarchi del regime fascista, e mantiene le promesse fatte dalla propaganda. Ha il lunotto panoramico con tergicristallo, vetri scorrevoli, il posto guida dotato di poltroncine imbottite in gommapiuma con la cabina rimovibile, riscaldamento e addirittura un rudimentale sistema di aria condizionata.[51] La stampa e la TV danno ampia eco a questa inusuale novità, che viene presentata al Salon International de la machine agricole come l'avvenimento dell'anno, ma nonostante l'entusiasmo arrivi a coinvolgere politici di primo piano come Amintore Fanfani e Guido Gonella, che visitano i prototipi a Treviglio, il progetto si rivela un fallimento.

Un primo ostacolo è la velocità massima fissata a 40 km/h, normale per un trattore, ma inammissibile dal Codice della strada, che esclude a priori l'utilizzo del veicolo come automobile.[52] Il problema potrebbe essere risolto studiando un sistema che consenta al motore prestazioni diverse a seconda dell'utilizzo, ma il settore sta affrontando un periodo difficile a causa dello spopolamento dei paesi agricoli e del graduale abbandono della terra da parte dei giovani. L'utilizzo prevalente del trattore per i trasporti a scapito del lavoro dei campi, base di partenza dell'idea, si scontra con l'arretratezza delle famiglie contadine, che a dispetto di qualsiasi riforma del settore agrario sono povere e sfruttate da latifondisti e proprietari, e che quindi non sanno che farsene del veicolo al di là dei confini del podere. Come sempre sicuro delle proprie idee Cassani ha molta fiducia in questo progetto e ben lungi dall'abbandonarlo progetta una quarta versione, il modello "elefante", un vero e proprio autocarro di grande potenza, in versioni tra 120 e 160 cavalli, ma non vale a migliorare le cose.

A parte l'ordinazione della filiale francese le commesse languono e i veicoli si ammassano invenduti, e dopo un'ulteriore riunione con i collaboratori decide di abbandonare il progetto e di far smantellare le relative linee di produzione.[31]

Gli ultimi anni

Con la figlia che prende il posto di Eugenio almeno sul lato imprenditoriale Francesco Cassani dedica il decennio degli anni '60 all'espansione internazionale della società. Gira l'intera Europa, viaggia in Africa, America e Australia, e riceve di continuo delegazioni straniere nello stabilimento di Treviglio. I trattori della SAME fanno breccia anche negli Stati Uniti, dove si ritagliano una quota del mercato a danno di Massey Ferguson, Ford e Caterpillar mentre in Africa la ditta può appoggiarsi ad alcune officine rudimentali ma efficienti di Addis Abeba. Luisella effettua i viaggi al posto del padre quando Francesco deve dedicare il suo tempo alla progettazione. Sua figlia Luisella, che deve far spesso da tramite tra il dinamismo del genitore e le esigenze organizzative della ditta, si reca a sua volta all'estero quando il padre si getta sul tavolo da disegno per concretizzare nuove idee.[53] Una delle occasioni è la progettazione del "Dinosaur", una macchina di grande potenza, commissionata dall'agente boliviano della SAME, che si limita però a una serie prototipo di dieci unità. Adatto alle grandi estensioni del nord e sud America è un trattore del tutto nuovo per l'Italia, col difetto al momento irrisolvibile di consumare il 40% della potenza erogata per muovere se stesso.[54]

La sua mancata produzione è legata alle più generali limitazioni della produzione dell'epoca, vincolata alla componentistica prodotta in proprio ed ancora lontana dall'innovazione fondamentale del motore in lega leggera, ma porta alla prima applicazione di una trasmissione semi-automatica, che ricorda il sistema Powershift messo a punto nello stesso periodo dall'industria statunitense.
Francesco Cassani con Ferruccio Lamborghini.

Nello stesso periodo cominciano ad apparire i primi sintomi del suo indebolimento fisico, un formicolio al braccio sinistro e una paresi facciale che si risolve in breve periodo. Sono le conseguenze di un prolungato stress psicofisico, durato gli anni stessi dell'azienda. Per Cassani, infatti, la fabbrica è al contempo lavoro e passione, lascia poco spazio agli hobby e alla vita sociale, e salvo la costruzione dell'ospedale di Treviglio (di cui è presidente per una decina d'anni),[55] vive unicamente per la SAME. Nell'ultima fase della sua vita ha però la soddisfazione di vedere avverarsi molte delle sue previsioni. Nel 1969 la produzione supera il traguardo dei diecimila trattori per la rinnovata spinta alla meccanizzazione agricola, lasciata da parte a favore dell'industria negli anni del boom economico e ripresa quando il miracolo italiano si esaurisce per far spazio all'inflazione degli anni '70.[56]

L'ultimo atto di Cassani è la firma dell'accordo con Ferruccio Lamborghini per l'acquisizione della consociata Lamborghini Trattori dell'omonima casa automobilistica, avviando la trasformazione della SAME nell'attuale gruppo SAME Deutz-Fahr.[57] Sempre più malato muore pochi mesi dopo, lasciando alla figlia e al genero Vittorio Carozza (che gli succede alla guida della SAME), un testamento spirituale.

«In caso di mia morte desidero raccomandare al mio erede di voler considerare che la SAME con l’aiuto del mio povero e caro fratello Eugenio è stata creata non già per scopi speculativi ma per dare all’Italia un’industria di prestigio nel campo dei trattori e dei motori endotermici. All’uomo che dirigerà la SAME raccomando di ispirarsi il più possibile ai concetti dell’unificazione e di non avventurarsi in tentativi che allontanino la SAME dal suo campo base, il quale essendo oggi basato come già detto sulla costruzione dei trattori, non dovrà che continuare in tale direzione, perseverando nel miglioramento della costruzione e avendo cura di non trascurare la ricerca assidua del minor costo e della modernità delle macchine. La concorrenza in futuro sarà ancora più agguerrita, pertanto non solo è assillante assicurare continuità alla fabbrica, ma anche mantenere il prodotto aggiornato. Gli uomini che oggi collaborano con me sia nel campo tecnico che commerciale ed amministrativo danno un buon affidamento […]. Raccomando e ricordo di non avventurarsi in speculazioni commerciali e finanziarie. Raccomando di non ingrandire troppo la fabbrica e di mantenere sempre un sufficiente cuscinetto finanziario di sicurezza onde far fronte ai momenti di crisi che non mancano mai in un'azienda. A tutti i collaboratori desidero esprimere l’affetto e la riconoscenza per la dedizione dimostrata verso la SAME. Raccomando a colui che prenderà il mio posto di agire ispirandosi ai miei concetti di lavoratore entusiasta, umile, tenace. Agire sempre con la massima imparzialità con i propri dipendenti e debellare con la massima energia l’insorgere di rivalità fra i collaboratori; essi devono ascendere nella gerarchia per merito e ispirati alla più schietta lealtà e onestà verso tutti. Nell’evoluzione della tecnica si guarda con molto interesse alla realizzazione della turbina a gas. Sarà consigliabile seguire soprattutto l’esperienza delle altre ditte prima di avventurarsi in studi rovinosi dal punto di vista economico. Avrei molte altre cose da dire ma desidero chiudere la presente affidando alle persone che continueranno la mia opera il messaggio per una conduzione sana e onesta dell’azienda confidando nella loro saggezza e rettitudine. Il Signore vi benedica e vi assista tutti premiandovi per l’opera che vi accingete a compiere»

(Il testamento spirituale di Francesco Cassani)
Premi
Francesco Cassani riceve la nomina di Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica Antonio Segni.
Officine meccaniche Cassani

1934 - Primo premio all'VIII Concorso motonautico internazionale d'Italia, Venezia Lido, XII crociera Venezia-Trieste-Venezia per economia di carburante.
1939 - Premio del Consiglio Nazionale Ricerche per il motore Italmotor

SAME

1948 - Concorso internazionale per Motocoltivatori. Diploma di medaglia d'oro per l'autofalciatrice
1957 - Riconoscimento per la partecipazione al decennale del Salone della Macchina Agricola
1967 - Mercurio d'oro, L'Oscar del Commercio e dell'Industria conferito ufficialmente alla SAME
1972 - Seminatore d'oro alla 25º Salone della macchina agricola e 74ª Fiera di Verona

Onorificenze e riconoscimenti
Francesco Cassani

Laurea Honoris Causa in Ingegneria Meccanica[58]

Francesco Cassani, nato a Vailate (Cremona) il 16 aprile 1906 cominciò giovanissimo a lavorare nella modesta officina meccanica del padre, studiando contemporaneamente negli Istituti di Istruzione Tecnica di Milano, ma non poté, come sarebbe stato suo vivo desiderio, proseguire negli studi universitari, causa la prematura morte del padre che gli lasciò il grave onere di dirigere l'azienda che doveva provvedere ai bisogni della famiglia. La profonda passione per la meccanica, unita alla vivacità di ingegno e a un'innata capacità inventiva, gli permisero di affermarsi, appena ventenne, come pioniere della meccanizzazione agricola, realizzando, nel 1927, con la collaborazione del fratello minore Eugenio, la prima trattrice agricola del mondo azionata da motore diesel, cioè la Cassani 40 CV, la cui costruzione, per carenza di mezzi finanziari, fu appoggiata alle officine Barbieri di Bologna. [...] Francesco Cassani è ormai considerato ovunque, in Italia e all'estero, nell'ambito della meccanizzazione agricola, come tecnico di avanguardia nella costruzione di trattrici. Considerata la notevole attività di pioniere, innovatore e realizzatore nel campo delle costruzioni meccaniche e in particolare della tecnica motoristica, e a riconoscimento dei suoi alti meriti per il progresso dell'industria nazionale, il Consiglio di Facoltà delibera di proporre il conferimento della laurea honoris causa in Ingegneria industriale (sottosezione meccanica) al Signor Francesco Cassani.

Cavaliere del Lavoro - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere del Lavoro
«Fin da ragazzo lavorò nella piccola officina paterna di Vailate. Poco più che ventenne realizzò la prima trattrice agricola a motore diesel. Iniziò allora, tra i primi in Italia, lo studio e la sperimentazione dei motori diesel veloci per la marina e l'aviazione. Nel 1935 costituì la Società pompe iniezione Cassani per l'attuazione dei suoi brevetti. Nel 1943, intuendo lo sviluppo della meccanizzazione agricola, fondò la Same per la produzione in serie delle trattrici agricole. Creò quindi un nuovo stabilimento, alla periferia di Treviglio, tra i più moderni in Europa. In essa successivamente confluì anche la produzione della Lamborghini trattori di Pieve di Cento. Venne creato il famoso Samecar, trattore agricolo con motoaratrice, adatto a terreni impervi. La laurea h.c. in ingegneria industriale dell'Università di Pisa premiò la sua grande attività nel campo delle costruzioni meccaniche e, in particolare, nel campo motoristico. In ambito sociale fu presidente del Centro ospedaliero di Treviglio e della locale scuola di disegno professionale.»
— 1962




segue

 
Web  Top
view post Posted on 6/10/2023, 16:27     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Il risarcimento per i fatti del 1799

Come documentato nella sua autobiografia, Cagnazzi chiese in più occasioni ai vari governi sia francesi, sia borbonici del regno un risarcimento per i danni subiti dalla sua famiglia in seguito ai fatti del 1799 ad Altamura. I vari governi che si succedettero addussero diverse ragioni per il mancato risarcimento, tra cui la necessità di risarcire tutti se avessero risarcito anche una sola persona. Non è ben chiaro se Cagnazzi alla fine sia riuscito a ottenere tale ristoro economico.[114]

Una causa riguardante il nipote Ippolito de Samuele Cagnazzi, sua moglie Mariantonia Martucci e lo stesso Luca de Samuele Cagnazzi, riportata nel Repertorio sull'amministrazione civile del Regno delle Due Sicilie del 1851, potrebbe fare riferimento proprio a tale risarcimento, più volte richiesto da Cagnazzi.[115]
La visita dei re di Napoli ad Altamura nel 1797
Palazzo Cagnazzi, ad Altamura

Nella seconda metà del Novecento fu ritrovata in una soffitta di palazzo Cagnazzi ad Altamura una notevole quantità di documenti della famiglia Cagnazzi. In uno di questi documenti era descritta dal Cagnazzi la visita dei reali Ferdinando IV e Maria Carolina d'Austria nella città di Altamura nell'anno 1797. Lo stesso evento è descritto anche in un documento anonimo, pubblicato sulla Rassegna pugliese di scienze, lettere ed arti nel maggio 1900.[116]

Il resoconto della visita risulta particolarmente dettagliato e viene descritta l'estrema affettuosità degli altamurani, notata dallo stesso re e dal suo seguito, come si evince anche dalle lettere che il re scrisse in quei giorni (in confronto l'accoglienza a Cerignola era stata alquanto ostile, come raccontato dallo stesso re); la visita suscitò commozione e lacrime da parte sia del re e del suo seguito, sia degli altamurani.[117] Un'altra accoglienza particolarmente sentita e commossa fu quella dell'8 aprile 1807 in occasione del passaggio per Altamura di Giuseppe Bonaparte, re di Napoli.
Incarichi

Capo Dipartimento del ramo statistica del Ministero dell'interno del Regno di Napoli.[118]
Professore di economia politica a Firenze[45]
Professore di economia politica presso l'Università degli Studi di Napoli (ottobre 1806 - ?)[119]
Soprintendente degli scavi archeologici[120]
Direttore del primo e secondo Burò della IV Divisione del Ministero dell'interno del Regno di Napoli[121]
Deputato di Giustizia dell'Ordine Costantiniano (1841-?)[122]
Presidente della Commissione di pubblica istruzione (1847)[123]
Deputato della Provincia di Bari (1848)[41]

Onorificenze

Cavaliere di giustizia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio[124]
Cavaliere (titolo mantenuto anche dopo il 1815 grazie al Trattato di Casalanza)[125]
Beneficio semplice di San Vito in Vietri di Potenza[126]
Cavaliere dell'Ordine reale delle Due Sicilie[127]

Accademie

Socio dell'Accademia dell'Arcadia col titolo di Arcade (1827-?);[128]
Socio fondatore dell'Accademia Pontaniana[129]

Genealogia

Ippolito de Samuele Cagnazzi - padre
Livia Nesti - madre
Giuseppe de Samuele Cagnazzi (1763-1837) - fratello
Ippolito de Samuele Cagnazzi - fratello[senza fonte]
Elisabetta de Gemmis (?-1799) - cognata (moglie del fratello Giuseppe)
Maria Elisabetta de Samuele Cagnazzi, detta "Bettina" (1809-1900) - nipote di Cagnazzi nonché moglie di Michele Zampaglione[130][131][132]
Giuseppe Pomarici Santomasi - nipote[133]
Maria de Samuele Cagnazzi - nipote[134]
Pietro Martucci - pronipote (figlio di Maria de Samuele Cagnazzi)[134]
Ippolito de Samuele Cagnazzi - nipote (figlio di Giuseppe de Samuele Cagnazzi e sposato con Mariantonia Martucci, detta Antonietta)[135][136][137]

Opere

Istituzioni di matematica e fisica[51]
A qual secolo appartenga l'anno 1800. Risposta all'opuscolo: quando compiasi il secolo XVIII ed abbia principio il secolo XIX, Venezia, Stampe Giovanni Zatta, librajo di Frezzeria, 1800.[138]
Elementi dell'arte statistica, vol. 1, Napoli, Stamperia Flautina, 1808.
Elementi dell'arte statistica, vol. 2, Napoli, Stamperia Flautina, 1809.
Elementi di economia politica dell'arcidiacono Luca De Samuele Cagnazzi ad uso della Regia universita degli studi di Napoli, Napoli, Domenico Sangiacomo, 1813.
Saggio sopra i principali metodi d'istruire i fanciulli, Napoli, Tipografia di Angelo Trani, 1819.
Saggio sulla popolazione del Regno di Puglia ne' passati tempi e nel presente, Napoli, Tipografia Angelo Trani (vol. 1), Tipografia della Società Filomatica (vol. 2), 1820 (vol. 1), 1839 (vol. 2).[108]
Sul Tavoliere di Puglia Lettera del Caval. Luca de Samuele Cagnazzi ... al Signor Simonde de Sismondi, Napoli, Angelo Trani, 1820.[139]
I precetti della morale evangelica posti in ordine didascalico dall'arcidiacono Luca de Samuele Cagnazzi, Napoli, Tipografia di Angelo Trani, 1823.
Su i valori delle misure e dei pesi degli antichi romani desunti dagli originali esistenti nel real museo borbonico di Napoli, Napoli, Tipografia di Angelo Trani, 1825.
Analisi dell'economia privata e pubblica degli antichi relativamente a quella de' moderni, Napoli, Tipografia della Società Filomatica, 1830.[140]
Sul dissodamento de' pascoli del Tavoliere di Puglia e sull'affrancazione de' suoi canoni, Napoli, Tipografia della Società Filomantica, 1832.
Tavole di mortalità in Napoli e nelle provincie ... lette ... 1828, 1832.
Sul dissodamento de' pascoli del Tavoliere di Puglia e sull'affrancazione de' suoi canoni, Napoli, Stamperia della Società Filomatica, 1832.
Elementi di cronologia matematica e storica per gli giovanetti, Napoli, Tipografia della Società Filomatica, 1838.[97]
Lettera al signor D. Matteo Augustinis sullo stato dell'economia e della statistica nel Regno delle Sicilie al cadere del secolo XVII e cominciamento del secolo XIX, Napoli, Stamperia della Società Filomatica, 1839.
Notizie varie di Altamura. Raccolte, e scritte da me Luca de Samuele Cagnazzi l’anno 1839, 1839., manoscritto conservato presso la biblioteca Archivio Biblioteca Museo Civico (A.B.M.C.) di Altamura.
Saggio sulla popolazione del Regno di Puglia (che contiene lo stato presente), vol. 2, Napoli, Società filomatica, 1839.[141]
Tonographiae Excogitatio, Stamperia della Società Filomatica, 1841.
La tonografia escogitata da Luca de Samuele Cagnazzi, Napoli, Stamperia della Società Filomatica, 1841.
Necrologio di Giovanni Battista Manfredi, in Poliorama pittoresco, VII, 1843, p. 349., contenuto in Michele Marvulli, Il declino dell’Università di Altamura in un inedito di Luca de Samuele Cagnazzi, pp. 195-197.
Su la varia indole delle forze agenti nell'universo, Napoli, Stamperia della Società Filomatica, 1845.
Alessandro Cutolo (a cura di), La mia vita, Milano, Ulrico Hoepli, 1944.
Leges in Catholica Ecclesia vigentes apto ordine digestae.[142][104]

Pubblicazioni

Transunto d'un discorso meteorologico sugli anni 1792 e 1793, in Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti, vol. 7, Milano, Giuseppe Marelli, 1794.
Memoria sulle curve parallele di Luca Cagnazzi con due lettere dello stesso riguardanti la detta memoria dirette al Signor D. Giuseppe Saverio Poli, scritta tra il 1787 e il 1789, pubblicata dopo il 1794.[143]
Lettera dell'Arcidiacono Luca Cagnazzi al Cantore D. Vito Angelo Bisceglia [su un esperimento di semina], in Giornale Letterario di Napoli, XCV, 15 marzo 1798.[84]
Descrizione di una rosa mostruosa (1799)[144]
Migliorazione delle macchine elettriche (1801)[144]
Breve saggio sulla temperatura d'Italia (1801)[144]
Considerazioni sugl'igrometri colla migliorazione di quello di Saussure, in memoria letta all'Accademia dei Georgofili il 25 febbraio 1801.[145][146]
Osservazioni e conietture sul male detto della Tarantismo che domina nelle campagne di Puglia, in memoria letta all'Accademia dei Georgofili il 18 marzo 1801.[147][148][149][150]
Congetture su di un antico sbocco dell'Adriatico per la Daunia fino al seno tarantino, in Memorie di matematica e fisica della Società italiana delle scienze, XIII, parte II, Modena, Società Tipografica, 1807, p. 189.[151][152]
Sull'uso delle osservazioni meteorologiche per ben dirigere la nostra agricoltura, in Atti del Reale Istituto d'incoraggiamento, 1806.[153]
Discorso sulle cause della sospensione delle terre nell'atmosfera, in Memorie della Società Pontaniana di Napoli, 1810, pp. 171-186.
Su lo stato naturale e sull'industria rurale della campagna di Puglia, in Atti del Reale Istituto d'incoraggiamento, 1810.[154]
Notizie dei prezzi di alcune derrate di alimento per più di due secoli, in Atti della Società Pontaniana di Napoli, Stamperia Reale, 1810, p. 145.[155]
Sul periodico aumento delle popolazioni - Memoria letta nella Real Accademia delle Scienze di Napoli nel dì 16 aprile 1819, 1819.[156]
La vaccinazione giova o no all'aumento della popolazione?, in Annali universali di statistica, vol. 27, Milano, Editore degli Annali universali, 1831, p. 153.[157]
Sugli effetti risultanti all'umano intendimento dall'uso di meccanismi nelle arti e nelle scienze (memoria letta il 13 gennaio 1833 all'Accademia Pontaniana).[158]
Lettera del Cav. Luca de Samuele Cagnazzi al marchese Giuseppe Ruffo in occasione della memoria da questi pubblicata "Sull'utilità di migliorare razze equine di real conto", in Il progresso delle scienze, delle lettere e delle arti, X (4), Napoli, Tipografia Flautina, 1835, pp. 209 e succ..[159]
Sull'uso della sintesi e dell'analisi nell'istruzione delle scienze matematiche.
Sullo stato dei calori di Puglia.[51]
Sulla temperatura di Napoli.[51]
Volgarizzamento del quadro della vita umana di Cebete Tebano.[51]
Sulla probabilità di vita nel Regno di Napoli.[51]

Elogi funebri

Alla Santa Memoria di Leone XII. Sommo pontefice. Elogio letto ne' solenni funerali, Napoli, Gennaro Palma, 1829.
All'augusta memoria di Maria Cristina di Savoia. Regina delle Sue Sicilie. Elogio letto ne' solenni funerali, Napoli, Stamperia della Società Filomatica, 1836.[160]

Cause civili

Riconoscimento e liquidazione di credito a carico del Comune di Altamura - Ippolito e Luca de Samuele Cagnazzi, in Repertorio sull'amministrazione civile nel Regno delle Due Sicilie, vol. 1, Napoli, Stabilimento Fu Migliaccio, 1851, p. 572.

Traduzioni in altre lingue

Über den Wert der Masse und der Gewichte der alten Römer, traduzione di Johan Heinrich Schubothe, Copenhagen, 1828.[103][161]

Nella cultura di massa

Il liceo classico della sua città natale Altamura porta il suo nome.
Libri

Bianca Tragni, Cagnazzi. Uno scienziato nelle rivoluzioni, Mario Adda Editore, 2017, ISBN 978-8867173365.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Luca_de_Samu...zi#Onorificenze

 
Web  Top
view post Posted on 9/10/2023, 16:42     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Giuseppe Francini


Giuseppe Francini (Roma, 1844 – Roma, 1919) è stato un inventore italiano, noto stenografo.

Storia

Se la prima persona che adattò alla lingua italiana il sistema stenografico di Isaac Pitman fu Francesco Maria Svolgi, che dal 1879 insegnò a Lecce il suo metodo, destinato tuttavia a non venire mai pubblicato, è indubbio che fu Giuseppe Francini, membro della Società fonografica di Londra, che più di ogni altro si prodigò per la diffusione di un suo adattamento; tanto da riuscire a pubblicare con un discreto successo la sua versione italiana della Fonografia di Pitman per tre edizioni, dal 1883 al 1888. Trovò abbastanza presto vari seguaci, soprattutto a Roma, come E. Poli, G. Zuccarini, R. Contigiani , E. Bottesini; e primo fra tutti Ineo de Vecchis, stenografo della Camera dei deputati. Fondò, sempre a Roma, la Società Stenografica Italiana, che nel 1905 divenne la Società Italiana di stenografia fonetica, la quale trovò un buon numero di allievi, anche di notevole livello, come S. Alfonsi, B. Calò e P. Stramaccia. Il sistema ebbe un riconoscimento ufficiale nel 1910, che durò fino al 1928, quando il governo limitò l'insegnamento al solo sistema Gabelsberger-Noë, per la praticità di impiegare lo stesso sistema in tutto il territorio nazionale.

Ma dopo gli iniziali progressi il successo cominciò a regredire; quando nel 1937 il governo cambiò idea ed ammise altri sistemi all'insegnamento, il Pitman-Francini non fu più riammesso. Dopo la morte di Giuseppe Francini, il figlio Alfredo continuò l'insegnamento e la propaganda del sistema fino alla sua morte nel 1965; tanto da arrivare alla pubblicazione, nel 1955, di una 12ª edizione della Fonografia; e da ottenere un nuovo riconoscimento ufficiale per il pubblico insegnamento nel 1960, ma destinato ad un totale insuccesso.

In conclusione, il sistema Pitman-Francini ebbe una fortuna limitata; non di certo per le sue ottime qualità, ma per l'avversione preconcetta esistente allora in Italia verso i metodi geometrici, causata dal precedente diffuso impiego del meno efficiente sistema Taylor-Delpino. Gli venne preferito di gran lunga il sistema tedesco Gabelsberger-Noë; non perché vantasse effettive qualità superiori (però, è necessario specificare, nemmeno inferiori), ma soltanto per la sua impostazione corsiva, quindi del tutto differente.
Il sistema Pitman - De Cesare

Anche se per motivi molto diversi, non fu più fortunato l'altrettanto ottimo adattamento realizzato a Malta, dove per la lingua inglese era in uso il sistema Pitman. Per stenografare l'allora co-ufficiale lingua italiana si preferì non adottare il pur eccellente adattamento di Francini, in quanto poco aderente alle regole originarie del sistema inglese. Venne quindi realizzata da Peter Paul De Cesare una nuova versione, molto più vicina alle norme di Isaac Pitman.

Ma quando nel 1935 il governo italiano rivendicò il possesso dell'arcipelago maltese, la reazione dei dominatori inglesi fu quella di abolire l'uso ufficiale della lingua italiana, sostituendola con la lingua maltese. Così dopo molti secoli l'italiano, benché tuttora diffusamente conosciuto, scomparve dall'uso istituzionale e dai documenti di Malta; e con esso la sua stenografia.





.............................................................................





Gaetano Fuardo


Gaetano Fuardo (Piazza Armerina, 8 settembre 1878 – Roma, 29 ottobre 1962) è stato un ingegnere e inventore italiano.

Biografia

Figlio di Ferdinando e di Maria Grazia Turino. Alla morte dei genitori, continuò gli studi grazie a un lascito di uno zio. Si laureò a Milano in ingegneria chimica. Sposò Gerli Clelia Anna che morì a causa di un tumore pochi anni dopo. Durante la prima guerra mondiale fu ufficiale di fanteria. Nel 1920 emigrò in Francia dove un'industria si era offerta di permettergli di continuare gli studi sulla benzina solida che aveva intrapreso negli anni precedenti.[1]
L'invenzione della benzina "F"

Nel 1935, a Parigi, Fuardo comunicò ufficialmente l'invenzione della benzina ininfiammabile solida ribattezzata benzina "F" con la sua iniziale. Per il normale utilizzo di questo carburante si rendeva necessario un processo di conversione allo stato liquido.

«La mia benzina renderà inutili le petroliere, il costo di trasporto diminuirà enormemente perché qualsiasi nave potrà caricare la benzina F nelle sue stive senza pericoli o danni. I mari non verranno più inquinati. Gli incendi verranno evitati e così gli scoppi e cento altre disgrazie provocate dal petrolio o dalla benzina.»

(Gaetano Fuardo in una intervista concessa diversi anni dopo[2])
Il rapimento da parte del S.I.M.
Lo stesso argomento in dettaglio: Servizio Informazioni Militare.

Nel 1935 si trasferì a Londra, ma nel 1937 quando l'Inghilterra gli offrì un contratto per la cessione esclusiva del suo brevetto non accettò e preferì ritornare in Italia.

Fece quindi domanda per lasciare l'Inghilterra ma il permesso non gli fu accordato.[3] Pertanto il Servizio Informazioni Militare italiano avvertito dall'addetto italiano presso l'ambasciata Bruto Brivonesi organizzò il rapimento dello scienziato. Fuardo fu prelevato di sera e portato nei Paesi Bassi.[4] Poi in Germania dove fu fermato dalle autorità locali. Qui dopo aver preventivamente ottenuto l'autorizzazione del Governo italiano accettò di lavorare. Uno stabilimento apposito fu costruito nella regione della Vestfalia.
La seconda guerra mondiale

Dopo lunghi studi nel settembre 1944 incominciò la produzione del carburante per usi bellici con alcuni quintali di materiale, ma la fabbrica fu individuata dai servizi segreti inglesi e rasa al suolo dai bombardamenti. In seguito gli americani, servendosi dei documenti trafugati dalle loro truppe, costruirono poi due impianti che furono chiusi nel 1952.
Il dopoguerra
Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Dien Bien Phu.

Il 17 giugno 1952 stipulò un accordo con il Governo francese che prevedeva la produzione di ingenti quantitativi di benzina solida. La Francia, impegnata nella Guerra d'Indocina necessitava di rifornire le proprie truppe assediate di benzina. Lo stesso giorno Fuardo fu gettato a terra da sconosciuti e derubato di parte della propria documentazione, fu inoltre ricoverato in ospedale con una frattura al femore destro.

Dopo dei test effettuati presso Parigi il primo carico di carburante fu paracadutato su Dien Bien Phu[5] nell'aprile 1954. A causa di ritardi nelle forniture, la Francia sospese il contratto.

Morì in miseria all'ospedale San Camillo di Roma il 29 ottobre 1962.





....................................................................................





Ottavio Fuscaldo


Ottavio Fuscaldo (Verona, 6 marzo 1886 – ...) è stato un inventore e ingegnere italiano che lavorò per la Caproni aeronautica prima della seconda guerra mondiale. Fu autore di numerose importanti innovazioni meccaniche e motoristiche

Biografia
L'autoblindo Caproni-Fuscaldo Vespa

Ottavio Giovanni Giuseppe Fuscaldo nacque a Verona il 6 marzo 1886 alle ore 17:35.[1] Prima di lavorare alla Caproni, nel 1920 a Brescia fondò la Rombo Società Automobili Brevetti Fuscaldo, per commercializzare il brevetto di un'automobile di sua concezione, con le quattro ruote disposte ai vertici di un rombo. La vettura si caratterizzava per avere un gruppo unico motore-trasmissione-freni.[2] Questo studio fu la base per la realizzazione della Vespa-Caproni.

Costruì alla Officine Meccaniche di Brescia un motore V12 1500 cm3.[3][4]

Tra le tante invenzioni spicca il brevetto della prima iniezione elettronica su un motore a combustione interna;[5][6] egli fu il primo che intuì come controllare il flusso di carburante in un motore grazie ad un solenoide elettrico.[7]

Lavorò per molte famose case automobilistiche italiane. Uno dei suoi progetti più importanti e innovativi per l'epoca fu il brevetto dell'iniezione elettronica, un'invenzione mostrata al Salone di Torino nel 1937. Il progetto prevedeva un distributore meccanico, simile a un distributore di accensione; questo eccitava il solenoide di ogni valvola iniettore posta su ogni tratto di aspirazione. Gli iniettori erano sottoposti a pressione elevata, con una regolazione della stessa che veniva efficacemente controllata dal percorso a vuoto nei tratti percorsi dal distributore meccanico; la fornitura agli iniettori del carburante era molto precisa fino a regimi di esercizio del motore molto alti (14.000 giri al minuto).

La prima prova di questo sistema di iniezione elettronica fu effettuata su una Moto Guzzi di 250 cc., successivamente fu anche testata su una Benelli.[8]

L'applicazione pratica e più eclatante del suo sistema di iniezione elettronica arrivò, per la prima volta nell'automobilismo mondiale, durante la Mille Miglia del 1940, su un'Alfa Romeo 6C 2500 SS Spider "Ala Spessa" Touring.[8] Sul motore 6 cilindri in linea di quest'auto i tre canonici carburatori vennero sostituiti dal suo sistema d'iniezione brevettato.[9] Nonostante il motore fosse alimentato da una miscela di alcool e olio di palma, i due piloti-collaudatori della Caproni Antonio Chiodi e Livio de Zorzi raggiunsero il 24º posto assoluto, battuti dalle 6C 2500 ufficiali ma battendo quelle private, tutte alimentate a carburatori.[10]

Fuscaldo ha inoltre lavorato nel settore aeronautico per la Caproni dove progettò il Fuscaldo 90 hp, un innovativo motore modulare a 3, 5, 7 e 9 cilindri radiale con elica a passo variabile in volo che svolgeva anche un'azione di freno aerodinamico in fase di atterraggio.
Il motore aeronautico Fuscaldo 50 hp

Nel 1935 mise a punto un particolare motore a 3 cilindri a due tempi e 6 pistoni, detto motore revolver Fuscaldo (motore a pistoni opposti), dove due pistoni mossi da opportuni cinematismi sono disposti in modo contrapposto e scorrono entrambi in modo opposto su un unico cilindro. In questo particolare motore i cilindri sono paralleli tra loro e permettono che all'interno del blocco motore possa esserci la canna di una mitragliatrice.[11]
Rappresentazione animata di un moderno motore a pistoni opposti

Il motore, alimentato da un carburatore e da un compressore volumetrico, aveva le seguenti dimensioni:

Alesaggio: 60 mm

Corsa: 2 x 60 mm
Cilindrata totale: 1 020 cc
Giri motore max: 4 000 giri/min
Potenza: 40 hp
Peso complessivo: 105 kg (compreso di scarico, cappottatura, accessori vari ed elica a passo variabile).

Il motore aeronautico Fuscaldo 90 hp
Produzione brevettuale

Internal-combustion engine (motore a combustione interna) Patent US2410728[12]

Electromagnetic control for injectors of internal-combustion engines (controllo elettromagnetico per iniettore carburante per motore a combustione interna) Patent US2356577[13]

Internal combustion engine fuel injector (iniettore carburante per motore a combustione interna) Patent US2297399[14]

Electromagnetically controlled fuel injection (iniezione carburante controllata elettromagneticamente) Patent US2310773[6]

Fuel injection valve apparatus (valvola per iniezione carburante) Patent US2332909[15]

Fuel injection apparatus for internal combustion engines (iniettore carburante per motore a combustione interna) Patent US2305290[16]

Vehicle wheel with central swiveling (veicolo a ruote con sterzo centrale) Patent US1555240[17]

Vita privata

Ha contratto matrimonio con Candida De Clemente il giorno 1º ottobre 1908 a Torino.[18]





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Ottavio_Fuscaldo

 
Web  Top
view post Posted on 13/10/2023, 09:51     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Leon Battista Gaburri


Leon Battista Gaburri (Ostiano, 13 aprile 1913 – Alassio, 19 agosto 1994) è stato un inventore italiano.

Biografia

Nato a Ostiano, provincia di Cremona, nel 1913, si trasferisce a Milano in giovane età per lavorare e frequentare le scuole serali diplomandosi come Perito Edile.

A vent'anni gli è affidata a Milano, dalla Ditta Lucchetti e Lovati, la direzione dei lavori per il livellamento dei navigli leonardeschi, e, successivamente, per la costruzione dell'obitorio e altri lavori presso la Città degli Studi.

Dai 23 anni ai 27 inizia ad interessarsi alla prefabbricazione mettendo a punto un sistema di elementi, pilastri e travi, prefabbricati in cemento armato con relativo arganello per il montaggio. L'originalità del sistema era concentrata sul giunto pilastro-trave, che veniva opportunamente rinforzato in fase di montaggio. Tale primo brevetto fu presentato nel 1941 e concesso nel '42.

Nel 1942 mette a punto il suo sistema con una villetta in periferia di Milano.

Nel 1946-47 esegue una costruzione abitativa di 4 piani sperimentale per il QT8.

Fa parte, per un breve periodo, della prima Commissione Edilizia di Milano del dopoguerra, ove collabora con Ernesto Rogers, Piero Bottoni e Pier Luigi Nervi.

Alla fine del '47 si trasferisce in Argentina , dove ha la possibilità di sperimentare il Sistema Gaburri su vasta scala edificando scuole e quartieri residenziali per il primo governo Peròn.

Nel 1954 è nuovamente in Italia dove perfeziona il suo sistema antisismico,STRUCTURAPID BREVETTI GABURRI ampiamente adattabile a varie soluzioni architettoniche. I brevetti si estendono agli stampi, alle rampe di scale alle travi-gronda, ai pilastri tondi, alle pareti ed ai solai. Sempre in questo periodo effettua studi relativi a prefabbricati per gallerie autostradali, ponti e minareti.

Nel 1968 pubblica il Manuale Structurapid per progettisti e ingegneri. Diffonde gradatamente i suoi brevetti in Italia e all'estero, attraverso numerosi concessionari.

Nel 1975 studia un sistema di mulini a vento finalizzato al risparmio energetico.

Nel 1977 colpito da ictus, cessa gradatamente l'attività con i concessionari effettuando un ampio lavoro di ricerca di cui restano quaderni e schizzi.

Muore il 19 agosto del '94
Structurapid 1
Structurapid 2
Structurapid 3
Structurapid nodo pilastro trave
Il Sistema Structurapid

Gli elementi, strutture portanti composte di pilastri e travi di cemento armato prefabbricati:

Il pilastro viene prefabbricato nelle sezioni volute, vuoto internamente per tutta la sua lunghezza, ed è munito di aperture per l'incastro delle travi. Lo spessore della parte prefabbricata è quello sufficiente a includere l'armatura di calcolo. Una volta collocato in opera il pilastro viene riempito con calcestruzzo e completato con i monconi di congiungimento.

La trave viene prefabbricata per la parte che sporge al di sotto del solaio, ma con l'armatura sporgente sull'estradosso. Il solaio viene posato sulla trave prefabbricata in modo da lasciare lo spazio per una correa, da gettarsi in opera, che serve a completarela trave stessa e ad assicurare la collaborazione del solaio. Le estremità delle travi hanno appositi incastri per l'unione coi pilastri.

Il “nodo” pilastro-trave

Gli elementi pilastro e trave di un piano generico, formanti nodo nella struttura del fabbricato con il pilastro del piano superiore, vengono collegati fra loro in fase di montaggio a mezzo di monconi di ferro verticali, i quali trovano sede nel vano cavo dei pilastri e costituiscono la continuità dei collegamenti verticali della struttura.

I monconi orizzontali vengono posizionati nella parte superiore della trave, quella da completarsi in opera, e costituiscono la continuità coi collegamenti orizzontali.

Sia i monconi orizzontali che quelli verticali vengono opportunamente calcolati e disposti nel senso degli sforzi in modo da fornire una sufficiente resistenza e rigidità al “nodo”pilastro-trave e continuità degli sforzi in esso insistenti.

Questo tipo di “nodo”, per la sua versatilità tecnica, ha conferito allo Structurapid le caratteristiche di Sistema Antisismico.

Altri elementi prefabbricati del Sistema: solaio, pilastro tondo, trave-gronda, pannelli verticali, rampa scale.

Il Sistema Structurapid può essere facilmente adattabile a qualunque tipologia edilizia: dal capannone al grattacielo, dalla casa colonica alla villetta , all'edilizia scolastica.
Riconoscimenti

In base agli studi di un gruppo di ricerca dell'Università di Roma Tor Vergata, capitanata dal Prof.Ing Sergio Poretti, esposti nel Seminario del 26/10/2012 “La costruzione industrializzata in Italia tra gli anni '60 e ‘80”, lo Structurapid risulta essere stato il brevetto edilizio italiano più esportato all'estero.[1]





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Leon_Battista_Gaburri

 
Web  Top
view post Posted on 16/10/2023, 09:51     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Giuseppe Gabusi


Giuseppe Gabusi (Bologna, 11 aprile 1843 – Bologna, 10 maggio 1906) è stato un musicista e inventore italiano, autore del brevetto del gabusifonio.
Biografia

Nato a Bologna, studiò musica dal 1858 al 1861 al Liceo musicale di Bologna[1] e dal 1897 al 1905 fu insegnante di strumenti a fiato presso la stessa scuola[1]. Nel 1887 inventò e brevettò un aerofono[2] che porta il suo nome, il gabusifonio che venne presentato, nel 1881, all'Esposizione nazionale di Milano[3].

Successivamente, lo strumento entrò a far parte della collezione di Alessandro Kraus a Firenze[4] e del museo degli strumenti musicali di Lipsia[5].





.........................................................................................





Celestino Galli




«Ora egli è chiaro, che se andando verso il progresso si aumentano le lettere degli alfabeti e i vocaboli delle lingue, andando in senso inverso devono scemare, scemare, ed ancora scemare, finché si rientra nel linguaggio primitivo, rustico, selvatico, animale.»

(Celestino Galli, Le Lingue III, La ragione, 18 aprile 1857)

Celestino Galli (Carrù, 1803 – Carrù, 12 febbraio 1868) è stato un filosofo, scrittore polimata e poliglotta italiano, inventore del Potenografo (prototipo di macchina da scrivere).

Biografia

Fu un uomo ingegnoso e dedito agli studi letterari, linguistici e filosofici. Figlio di Carlo Domenico Galli e Maria Canaveri, passò la gioventù al di fuori del suo paese natale. Era fratello di Fiorenzo Galli (1802–1844), autore della Tabula Philologica.

Durante la sua permanenza a Londra come professore di lingue, perfezionò il Tacheografo dell'ingegnere Pietro Conti, sostituendo i caratteri stenografici con quelli della stampa comune.

Nel 1831, durante la rivoluzione belga, si recò in Belgio per unirsi ai patrioti di quel paese. Finita la rivoluzione si recò in Spagna, per militare nell'esercito della regina reggente contro il pretendente Don Carlos. Agli ordini del maresciallo Espartero, militò in vari combattimenti nell'Aragona, nella Navarra e nella Guipuzcoa, ottenendo il grado di comandante; fu onorato di vari titoli cavallereschi e dopo alcuni anni di servizio ritornò in patria. Nel 1848 fece ritorno in Piemonte stabilendosi ad Asti, dove pubblicò un giornale liberale intitolato Il Vero per il Bene. Collaborò inoltre con La Ragione, un giornale settimanale che trattava argomenti di filosofia religiosa, politica e sociale. La fama acquisita con i suoi lavori gli valse la nomina di bibliotecario, conferitagli dal municipio di Alessandria, dove era molto stimato e popolare.

Ammalato e stanco degli studi si ritirò nel paese natale di Carrù, dove morì nel 1868.
Il Potenografo

Il Potenografo (dal greco Potenos, che ha le ali) o Clavicembalo scrivano[1], venne inventato da Celestino Galli nel 1830 con l'intento di meccanizzare la scrittura. Prese spunto dal Tacheografo di Pietro Conti, che perfezionò sostituendo i caratteri stenografici con quelli della stampa comune. L'inventore affermava che con l'ausilio del Potenografo si era in grado di scrivere sessanta volte più rapidamente che con la scrittura ordinaria e comunque dieci volte più veloce dell'utilizzo di sistemi stenografici con penna: era come avere una penna per ogni dita delle mani.

«...giova per iscrivere sessanta volte più rapidamente della scrittura ordinaria; e che è dieci volte superiore a tutti i sistemi stenografici con penna, ciascun dito delle mani diventando nel suo procedere una penna.»

(Celestino Galli)

La macchina, mai realizzata su scala industriale, prevedeva l'utilizzo di uno strumento simile ad un clavicembalo o ad una pianola i cui tasti, disposti su due anelli concentrici, azionavano leve e congegni per imprimere sulla carta, disposta su di un rullo, vocali e consonanti. Una mano veniva utilizzata per stampare le consonanti, l'altra le vocali.
Opere

Celestino Galli fu uno degli scrittori della Silhouete de Paris (1829), dell'Abeille de Londres (1832), fondatore dell'amico de la civilización (Lérida 1838), del Vigilante (Gerona 1839, dove parve la sua Ciencia de les extremos), collaboratore del Jardín literario, ed estensore in capo del Constitucional de Barcelona quando fu deportato dalla Giunta, per un articolo in cui sosteneva il governo costituzionale; oltre le sue traduzioni in varie lingue, è pure autore delle seguenti opere:

Favale in prosa ed in verso. - Parigi 1829. (Analizzate dalla Rivista Enciclopedica, tomo II pag. 226.)
Prose e Carmi. - Londra 1833. (Con un discorso sulla verità e i proverbii. V. in n. 265 dell'Athencum)
The Key to the Tabula philologica of M. F. Galli – Londra 1834. (Sinopsi di tre mila lingue e dialetti.)
El Telegnoso o Ciencia de las distancias. – Lérida 1837. (Con un'istruzione per le guerille.)
El Universo en marcha, o Leggi del progresso ragionevole. – 1858. (Dove si prova che il progresso è legge di natura, e che facendosi nel lempo, niuno lo può fermare.)
Essai sur le nom et la langue des anciens Celtes. – Saint-Étienne 1842. (Dov'è trattata la questione della pluralità delle lingue.)
Ciencia de la Dicia, o Scienza della Felicità. – Barcellona 1842. (La sentenza di Giovenale « Nerno malus felix » che gli serve d'epigrafe, ne indica lo spirilo.)
No mas mentiras, o Saggie sulla cronologia razionale. – Barcellona 1843 (Opera stampata assente l'Autore.)
Alphabet phonégraphe – Parigi 1845. (Con cui s'insegnano io un'ora le lettere ai fanciulli.)
Grammaire raisonnéc de la langue espag. – Bordeaux 1846. (Dove primo dimostrò che il futuro semplice ed il condizionale di tutte le lingue europee moderne sono tempi composti.)
Trattatello di Geografia elementare. – Asti 1850. (Con un discorso sull'utilità dell'Unione italiana.)
Compendio della Storia d'Egitto. – Asti 1851. (Sui dati più recenti delle scienze storiche.)





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Celestino_Galli

 
Web  Top
view post Posted on 18/10/2023, 09:49     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Guido Gay


Guido Gay (Pinerolo, 5 gennaio 1939) è un ingegnere, inventore, imprenditore ed esploratore italiano.

Ha inventato e prodotto imprenditorialmente una nuova tipologia di ROV, robot teleguidati per l'esplorazione delle profondità marine e speciali tipi di sonar. Nel 1993 ha varato il catamarano Daedalus da lui progettato attrezzandolo per l'esplorazione sonar dei fondali e l'azionamento di ROV tramite un unico operatore. Nella sua attività di esplorazione marina ha rinvenuto importanti relitti moderni quali la nave SS Transylvania, affondata nel 1917, il cacciatorpediniere Vincenzo Gioberti, la corazzata Roma, il sommergibile Saracen e il piroscafo Francesco Crispi, tutti affondati nel 1943. Ha individuato, ispezionato e documentato oltre 40 nuovi siti archeologici sommersi risultanti dal naufragio di navi antiche.

Nel 2012 ha ricevuto la medaglia d'argento al Merito di Marina.[1][2]


Biografia
Sezione vuota
Questa sezione sull'argomento biografie è ancora vuota. Aiutaci a scriverla!
Le invenzioni e l'attività imprenditoriale
Il ROV sottomarino filoguidato a comando remoto tipo PLUTO, inventato e donato da Guido Gay a HDS Italia. È esposto al Museo Nazionale delle Attività Subacquee MAS a Marina di Ravenna
Il ROV Pluto Palla con Guido Gay a bordo del catamarano Daedalus

Guido Gay si laurea in ingegneria al Politecnico di Milano nel 1964. Nel 1968 è socio in una azienda che si occupa di strumentazione per misurazioni tecniche[3]. Negli anni 1970 approda al settore delle tecnologie sonar per l'esplorazione dei fondali ad alta profondità. Quindi negli anni 1980 si applica alla invenzione e realizzazione, tramite l'azienda Gaymarine di Lomazzo, di una nuova tipologia di robot sottomarini filoguidati. I prototipi vengono testati nel lago di Como. Il primo modello realizzato denominato Filippo, viene sperimentato in mare in collaborazione con la Marina Militare Italiana a bordo della nave cacciamine Lerici, in quanto una delle principali destinazioni d'uso di questi ROV è l'attività di bonifica o contromina di mine e di ordigni sottomarini.

La successiva generazione di robot sottomarini filoguidati ROV inventati da Guido Gay prende il nome di Pluto. Via via perfezionati e potenziati questi robot sono azionabili da un unico operatore da remoto tramite un cavo di ancoraggio e recupero, attraversato da una fibra ottica per la trasmissione dei dati. Sono dotati di batterie elettriche per l'alimentazione, apparati per la navigazione e propulsione sottomarina, di sonar per la ricerca di oggetti anomali sui fondali, di illuminazione e videofotocamere per le riprese e di un accessorio per il rilascio od il recupero di oggetti dal fondo del mare (modello Pluto Palla)[4] o di un braccio meccanico (modello Multipluto) per l'effettuazione di lavorazioni meccaniche. Le versioni dei ROV della classe Pluto del 2022 possono raggiungere la profondità operativa sottomarina di 4 000 metri. I ROV inventati da Guido Gay sono stati adottati dalle marine militari di 18 diverse nazioni e da numerosi corpi di protezione civile che operano anche per via subacquea.
Il catamarano Daedalus
Il catamarano Daedalus

Negli anni 1990 Guido Gay iniziò la progettazione di un modello unico di catamarano marino a vela destinato alla esplorazione dei fondali marini e alla guida dei ROV di sua invenzione. Lo denominò Daedalus. La realizzazione si completò nel 1993 e la costruzione avvenne in terraferma. Varato nel fiume Po a Cremona, il catamarano di 21 metri venne trasportatato via fiume fino al mare a Chioggia dove venne montata l'alberatura di 28 metri di altezza. Il Daedalus è dotato di sonar di profondità a scansione laterale che consente la scansione di una fascia di fondale larga 1 km e fino a 1 500 metri di profondità. In navigazione il sistema sonar consente di saggiare anche di 200 km² di fondale al giorno[5]. Il catamarano è dotato di un originale sistema di controllo automatizzato per il mantenimento della posizione in mare aperto sulla verticale dei punti di ricerca prestabiliti. Il sistema è denominato posizionamento dinamico[6]. Il Daedalus è predisposto per la messa in acqua dei ROV Pluto Palla e Multipluto, azionabili da remoto da un unico operatore e dotato di strumentazione per la guida, ricerca sonar di profondità e rilevazioni video. Nella sua funzione di esplorazione il Daedalus durante la navigazione scansiona i fondali marini con il sonar. Alla comparsa di una anomalia sonar sul fondale, arresta la navigazione mantenendo con i suoi automatismi il punto di ricerca in superficie e immerge il ROV per l'ispezione della anomalia rilevata documentandone tramite immagini e video la natura. Con opportune manovre, il ROV può anche provvedere al recupero di oggetti dai fondali.
L'esplorazione delle profondità marine

Dal 1993 Guido Gay con il Daedalus dotato di sonar e dei ROV Pluto esplora i fondali marini. Nella sua attività di esplorazione ha ritrovato importanti relitti della storia moderna e ha scoperto fortuitamente siti archeologici sottomarini costituiti dai relitti di antiche navi con i resti del loro carico.
I ritrovamenti di relitti moderni
Il piroscafo Transylvania in navigazione
Il Transylvania

Il piroscafo SS Transylvania era una nave passeggeri costruita nel 1914 e requisita dalla Royal Navy come piroscafo per il trasporto truppe. Con a bordo circa 3 000 tra soldati, infermiere e membri dell'equipaggio. Il 4 maggio 1917 in navigazione da Marsiglia verso Alessandria D'Egitto venne silurata da un sottomarino tedesco tipo U-63 nei pressi delle coste liguri prospicienti a Bergeggi. Il salvataggio dei naufraghi, trascinati da una forte corrente, venne prestato dai cacciatorpediniere giapponesi di scorta, il Matsu e il Sakaki, da due caccia e due rimorchiatori italiani provenienti dal porto di Savona, da pescatori liguri accorsi da Finale Ligure, da Noli e di altre località limitrofe. L'affondamento della nave provocò 441 vittime, numerose delle quali sono sepolte nei cimiteri di Savona e dintorni[7].

Il relitto spezzato in due dal siluro e adagiato ad una profondità di 630 metri è stato ritrovato il 7 ottobre 2011 dai sommozzatori del Centro Carabinieri Subacquei di Genova coadiuvati dalla ditta Gaymarine di Lomazzo[8] al largo di Bergeggi[9]. Il ritrovamento fu consentito dalla collaborazione con pescatori, appassionati, subacquei e notizie provenienti dagli archivi tedeschi. Per l'occasione Guido Gay predispose un magnetometro in combinazione con il Pluto Palla[10].
La Roma nel porto di La Spezia nel 1943
Certificazione ritrovamento corazzata Roma, presenti TV Alessandro Busonero, Guido Gay, Gabriella Covacci, CF Lamberto Lamberti nel 2012
La corazzata Roma

La nave corazzata Roma della classe Littorio[11] fu l'ammiraglia della Regia Marina Militare Italiana. Si trattava di una unità navale modernissima e per molti aspetti innovativa al momento della sua consegna nel 1942, dotata di radar, di tre aeroplani (tra cui 2 Reggiane Re.2000) e di sistemi di puntamento innovativi per i 9 cannoni da 381/50. Il 9 settembre 1943 il convoglio di navi della Reala Marina Italiana, partito da La Spezia con la Roma, era in trasferimento verso La Maddalena, nel frattempo caduta in mano tedesca. Il Convoglio fu ridestinato verso Bona in Algeria per consegnarsi alle forze alleate come da ordini ricevuti in ottemperamento agli accordi di armistizio dell'8 settembre 1943. La Roma affondò dopo essere stata colpita da due bombe a razzo Ruhrstahl SD 1400 radiocomandate lanciate da bombardieri tedeschi. Nella deflagrazione e nel successivo affondamento perirono oltre 1 352 marinai italiani compresi l'ammiraglio di squadra Carlo Bergamini[12] e il comandante della nave Adone Del Cima[13].
I Cannoni 90-50 mod. 1939 della corazzata Roma che hanno consentito la prima identificazione del relitto
Il Multipluto fotografa un Pluto Palla che illumina uno dei cannoni antiaerei 90-50 mod 1939 della nave corazzata Roma

Il relitto della Roma fu a lungo cercato dalla Marina Militare Italiana, che lo considera un importante Sacrario del mare[14], e da altri operatori, in numerose spedizioni di esplorazione senza successo. Dopo diversi tentativi a partire dal 1998 e avvalendosi anche di testimonianze oculari che consentirono di circoscrivere il tratto di mare dove avvenne l'affondamento, Guido Gay a bordo del Daedalus, individuata una anomalia sonar nel canalone sottomarino di Castelsardo, dopo averla controllata con il Pluto Palla[15] ha rinvenuto e fotografato il relitto della corazzata Roma[16], identificato alla prima ispezione tramite dei pezzi di artiglieria contraerea 90/50 in dotazione alla nave.

Il Riconoscimento ufficiale avvenne ad una successiva ispezione in presenza di ufficiali della Marina Militare che confermarono l'identificazione del relitto[17]. La RAI ha realizzato diverse trasmissioni televisive dedicate a questo ritrovamento[18]e la Marina Militare Italiana ha pubblicato alcuni video della scoperta[19][20][21][22].

Per questo ritrovamento Guido Gay è stato decorato con la Medaglia d'Argento al Merito di Marina[23] dal ministro protempore Giampaolo Di Paola a bordo della fregata Carlo Bergamini posizionata sulla verticale del relitto ritrovato della Roma[24].
La nave Francesco Crispi ed il sommergibile HMS Saracen

Le due navi furono legate da tragici eventi bellici ed affondarono in momenti diversi a distanza di 10 miglia l'una dall'altra.
Il Francesco Crispi

Costruita nel 1926 fu una nave mercantile riadattata al trasporto truppe e utilizzata dall'Esercito Italiano[25]. 7 600 tonnellate di stazza lorda era alimentata da sei motori a turbina a vapore che azionavano due alberi di trasmissione e poteva fare 16 nodi[26]. Il 19 aprile 1943 al largo della Punta Nera (Isola d'Elba) il Crespi, in navigazione in convoglio da Livorno a Bastia con altre unità navali, venne silurato dal Saracen. Aveva a bordo 1 300 soldati la maggioranza dei quali Granatieri di Sardegna che venivano trasportati in Corsica ancora occupata da truppe italiane. Nell'affondamento perirono 943 uomini.
Il sommergibile HMS Saracen della Royal Navy
L'HMS Saracen

L'HMS Saracen Fu un sommergibile della Marina Reale Britannica varato nel 1942. Ebbe una intensa attività bellica con l'affondamento di numerose unità navali nemiche: il sottomarino tedesco U-335, il sottomarino italiano Granito, le navi Maria Angeletta, Provinciale II, Marsigliese V, Francesco Crispi, Tagliamento, Tripoli e il Tell.

I tragici danni provocati dal Saracen nel Mediterraneo indussero la Marina Militare Italiana ad organizzare una caccia al sommergibile in difesa dei convogli marittimi con il coinvolgimento di due unità le corvette Minerva e Euterpe che scovarono e colpirono ripetutamente il Saracen con bombe di profondità. Il 14 agosto 1943, danneggiato irreparabilmente fu costretto a riemergere e fu auto affondato per non essere catturato. Nell'auto affondamento restarono vittime 2 marinai inglesi[27]. La Minerva e l'Euterpe, salvarono quarantuno uomini dell'equipaggio del Saracen, che a Bastia furono consegnati alle autorità militari italiane.
I ritrovamenti

La Marina Reale Inglese incaricò la Francia di ricercare il relitto del Saracen che si supponeva essere su fondali all'interno delle acque francesi ma senza risultato. A partire dal maggio 2013, Guido Gay in collaborazione con il DRASSM, l'equivalente francese della sopraintendenza ai beni culturali italiana, compì 4 missioni di ricerca nelle zone dell'affondamento del Saracen prima e del Crispi poi. Il primo a essere ritrovato in acque francesi fu il Crispi. Successivamente fu rinvenuto il Saracen. A questi ritrovamenti il DRASSM ha dedicato due documentari[28], la RAI italiana altri servizi dedicati[29].
Il Gioberti in navigazione insieme ai cacciatorpediniere gemelli Oriani e Carducci
Il Cacciatorpediniere Vincenzo Gioberti

Varato nel 1936 fu uno dei quattro cacciatorpediniere della Regia Marina Italiana appartenenti alla classe Poeti. Dopo il gemello Alfredo Oriani, l'unico sopravvissuto agli eventi bellici, il cacciatorpediniere Vincenzo Gioberti fu una delle unità navali più impiegate dalla marina militare italiana nel secondo conflitto mondiale. Fu coinvolto in molte delle principali battaglie navali del Mediterraneo fino al 1943.

Il 9 agosto 1943 salpato da La Spezia, in scorta a due incrociatori leggeri diretti a Genova. Il convoglio fu attaccato al largo di punta Mesco dal sommergibile britannico Simoom, che lanciò quattro siluri due dei quali centrarono il Gioberti. Il cacciatorpediniere si spezzò in due: la poppa saltò in aria, la prua, spinta dall'abbrivio, proseguì per qualche decina di metri prima di sbandare sulla dritta ed affondare a sua volta, a circa cinque miglia per 210° da punta Mesco. I 171 superstiti del Gioberti furono recuperati da alcuni MAS e da altre unità partite da La Spezia.

Il Gioberti aveva svolto in tutto 216 missioni di guerra (12 con le forze navali, una di posa mine, una di caccia antisommergibile, 3 di bombardamento controcosta, 31 di trasporto, 60 di scorta convogli, 23 addestrative ed 85 di altro tipo), percorrendo complessivamente 74 071 miglia e trascorrendo 197 giorni ai lavori.[30]

Il relitto del cacciatorpediniere Vincenzo Gioberti è stato individuato il 18 dicembre 2015 durante una apposita missione del Daedalus: la prua della nave giace coricata sul fianco destro alla profondità di 595 metri a sud di punta Mesco. La Marina Militare, unitamente all'ingegner Gay[31]invitato a bordo di Nave Gaeta[32], ha riconosciuto ufficialmente il relitto il 7 aprile 2016 impiegando i ROV tipo Pluto Palla e Multipluto[33] in versione per utilizzo militare in dotazione alla nave[34].
Le scoperte di relitti antichi

A partire dal 2002 nel corso della navigazione con sonar a scansione laterale attivo, Guido Gay, ha rilevato anomalie su fondali e crinali sottomarini. Alla ispezione con ROV molte di queste si sono rivelate essere i resti di naufragi di navi antiche il cui carico in parte ancora emerge dal fondo. La rilevazione videofotografica di questi giacimenti archeologici ha consentito di riconoscere il tipo di carco il più delle volte costituito di anfore la cui provenienza ed il tipo di contenuto è noto agli archeologi sottomarini individuando anche alcune rare tipologie. I siti archeologici presentano anche altri tipi di materiali, tegole e altri materiali per l'edilizia antica, suppellettili in terracotta, vasellame, ancore in piombo, minerali, metalli, marmi e pietre di pregio ed altro. La posizione dei relitti antichi ed il loro carico hanno consentito di tracciare o confermare le rotte delle antiche navi naufragate. La tipologia dei materiali ed in particolare delle anfore ha consentito di dare una prima datazione ai relitti antichi: dalla età repubblicana quarto secolo aventi Cristo fino al periodo tardo antico. Non mancano numerosi rinvenimenti databili ad altre epoche dalla medioevale a ai giorni nostri[35].

Ogni ritrovamento è stato segnalato alle autorità competenti per lo specifico tratto di mare. Sotto la direzione degli enti di ricerca autorizzati sono stati fatti anche dei prelievi di anfore e altri oggetti antichi, dai fondali per motivi di studio.

Un importante rilievo denunciato da Guido Gay alle autorità competenti riguarda lo stato di danneggiamento della maggior parte dei siti archeologici sottomarini provocato dalla pesca a strascico. Il passaggio delle reti sul fondale con lo scopo di catturare crostacei e pesci da fondo danneggia le anfore e scompagina i carichi. La raccomandazione dell'esploratore è stata quella di segnalare agli operatori le esatte posizioni di questi siti archeologici sia per prevenire ulteriori danneggiamenti sia per monitorare eventuali tentativi di saccheggio dei beni culturali presenti sui fondale[36].

Fino al 2021 Guido Gay ha rinvenuto e segnalato 43 siti archeologici sottomarini denominati con la sigla Daedalus da 1 a 43. Di ciascuno ha reso disponibile una descrizione e documentazione videofotografica[37].
Le osservazioni di biologia marina

Sia nelle indagini su relitti antichi e moderni, che in altri studi dedicati non sono mancati interessanti documentazioni del contesto biologico sottomarino. In alcune occasioni nell'ambito di specifici progetti di studio[38].
Opere

Ugo Gerini, Corazzata Roma : una storia per immagini; prefazione di S.A.R. Principe Vittorio Emanuele; consulenza storica e fotografica di Fulvio Petronio; immagini subacquee di Guido Gay e Guido Gay-Navigea Inc, San Dorligo della Valle, 2017, ISBN 978-88-96940-98-3
Onorificenze e riconoscimenti

1985 Tridente d'Oro della Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche Subacquee[39]

2012 Medaglia d'argento al Merito di Marina[23][1]

2013 Premio Internazionale Artiglio[40][41]

2015 Vessillo della Libera Provincia dell’Istria[42]

2016 Premio Atlantide[43]

2016 Premio “Una vita dedicata al mare” Istituzione dei Cavalieri di Santo Stefano

2017 Medaglia bronzea del Comune di Trieste[44]

2018 Membro onorario dell'Accademia di marina dei Cavalieri di Santo Stefano[45]





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Guido_Gay

 
Web  Top
view post Posted on 22/10/2023, 09:15     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Vincenzo Geremia

Vincenzo Geremia detto il Porcellana (Acireale, 28 settembre 1575 – Acireale, 13 giugno 1679) è stato un ingegnere, inventore, architetto e poeta italiano specializzato in ingegneria militare.
Biografia

Vincenzo Geremia nacque e visse per ben 103 anni ad Acireale. Aveva una personalità molto eclettica, tanto che i concittadini lo credevano dotato di poteri magici: fu poeta, ingegnere, matematico, inventore ed artista.
Acireale in un dipinto di G.Platania, del 1657. Sono visibili il porticciolo di S.M.La Scala e le fortificazioni del Tocco.

L'apice della fama lo raggiunse quando eseguì alcuni progetti per conto del papa Clemente X.

Iniziò ad avere incarichi di rilevanza dal 1582, quando realizzò il progetto della Torre di Sant'Anna a Capomulini (Acireale), ma fra le sue principali opere, si ricorda la Fortezza del Tocco, nell'ambito del più vasto progetto delle Torri costiere della Sicilia, che seppur su progetto di Camillo Camilliani, egli seppe interpretare e adattare con diversi ingegnosi lavori di ampliamento, e aggiunse anche un cannoncino portatile (1595-1606).

Il cannoncino portatile, fu poi esaminato alla Esposizione Nazionale di Palermo del 1892 da alcuni esperti che lo ritennero il primo esemplare di artiglieria leggera, in anticipo addirittura rispetto a Gustavo II Adolfo di Svezia, generalmente ritenuto l'ideatore del fuoco mobile di massa. Attualmente il cannoncino è esposto alla Pinacoteca Zelantea di Acireale.

Il Porcellana fu anche patriota: nel 1675, quando le truppe francesi, giunte in soccorso della rivoltosa Messina, minacciavano la città di Acireale si prodigò per realizzare alcuni cannoni da difesa.

Al suo ingegno si devono alcune invenzioni di macchine belliche nel corso del XVII secolo. Come ingegnere civile si occuperà di progettare ed eseguire alcune costruzioni per riparare il porto di S.M. La Scala che resistettero per oltre due secoli ai flutti del mare.

Come esempio della sua poesia è rimasto un poema: Il Sebastiano, Tragedia sacra (In Messina, Per gli Heredi di Pietro Brea,1634), di cui fortunatamente si è rintracciata una copia.



..................................................................................



Agostino Gerli

Agostino Gerli (Milano, 1744 – Milano, 3 giugno 1821) è stato un architetto, decoratore e inventore italiano.

Biografia

Figlio di Paolo e di Anna Tagliabue, all'età di 15 anni andò a Bologna per studiare alla scuola di Ercole Lelli, architetto e direttore della locale Accademia di belle arti. Nel 1764 si trasferì a Parigi, dove fu allievo dell'ebanista e decoratore Honoré Guibert, che lavorava in quegli anni per l'architetto Ange-Jacques Gabriel. Rimase in Francia cinque anni, eseguendo numerosi lavori di decorazione, tra cui quelli del Petit Trianon, progettato dal Gabriel, nel parco della Reggia di Versailles,

Rientrato a Milano nel 1769, fu tra i primi ad introdurvi lo stile neoclassico, appreso a Parigi. Tra il 1776 e il 1780 eseguì numerosi lavori per la nobiltà milanese, tra cui, assieme a Giocondo Albertolli, la decorazione a stucco dei saloni di Palazzo Sormani. Nel 1775 propose un progetto di completamento della chiesa parrocchiale di Seregno, la cui costruzione era ferma da tempo, ma gli fu preferito il progetto di Giulio Galliori.[1]

Nel 1777 sua sorella Angela sposò lo scultore e pittore parmense Gaetano Callani. I due cognati diventarono amici e dal 1782 viaggiarono insieme a Roma, Pompei ed Ercolano per studiare le antiche tecniche di decorazione, in particolare l'encausto. Applicò questa tecnica per la decorazione di un salone di villa Cusani a Desio.
Il volo dei fratelli Gerli e del conte Paolo Andreani, 25 febbraio 1784.

Personalità eclettica, Agostino Gerli si dedicò alle più svariate attività. Assieme ai fratelli Giuseppe e Carlo costruì un aerostato sul modello di quello ideato nel 1783 in Francia dai fratelli Montgolfier.[2]

Il 19 gennaio 1784, a Milano, nei pressi di porta Venezia (allor porta Orientale), i fratelli Gerli fecero volare un pallone aerostatico di circa due metri di diametro, che raggiunse un'altezza doppia della più alta guglia del Duomo. Su commissione del conte Paolo Andreani, che aveva assistito all'impresa, i fratelli Gerli costruirono una mongolfiera di forma sferica, in tela foderata di carta, di 23 metri di diametro, adatta a portare uomini a bordo. Il 25 febbraio 1784, alla presenza di un migliaio di spettatori, il pallone si innalzò dai giardini di villa Andreani, nei pressi di Brugherio, con a bordo Paolo Andreani e i fratelli Agostino e Carlo Gerli (Giuseppe rimase a terra). Il pallone, del peso di ca. 1000 chili più i tre occupanti e il combustibile (legno di betulla e una mistura di alcool, trementina e altri ingredienti) atterrò senza danni a un quarto di miglio dalla partenza, in direzione di Monza. Il volo durò 25 minuti, raggiungendo un'altezza di circa 350 metri.[3]

Nel 1785 i fratelli Gerli costruirono una macchina ispirata a disegni di Leonardo da Vinci, una specie di scafandro subacqueo, denominata "ermamfibio", con la quale si poteva attraversare un fiume camminando sul fondo. Il collaudo avvenne nel laghetto della villa Reale di Monza, in presenza dell'arciduca Ferdinando d'Austria. In seguito i fratelli Gerli attraversarono con questa attrezzatura il Po tra Pavia e Piacenza, e il Danubio a Vienna. Nello stesso anno Agostino Gerli pubblicò a Milano "L'Ermamfibio, ossia l'uomo passeggiatore terrestre e acquatico".

Tra il 1786 e il 1787 soggiornò a Vienna, dove eseguì lavori di decorazione ed elaborò una bozza di piano regolatore per la capitale asburgica, pubblicata con il titolo Lettera al signor Callani concernente vari progetti sopra la città di Vienna (Vienna 1787).

Rientrato a Milano, propose numerosi interventi urbanistici, tra cui la pavimentazione delle strade delle zone di porta Romana e porta Lodovica, in gran parte eseguita tra il 1788 e il 1790. Tornando alla sua attività di decoratore, realizzò i frontoni e nastri in bronzo che ornavano l'obelisco della strada Marina, progettato da Giuseppe Piermarini. Sempre nel 1790, insieme con i fratelli, pubblicò un libro con i loro studi sulla costruzione delle mongolfiere: "Maniera di migliorare i palloni aerei ..." (Roma, 1790). Nel 1820 diede alle stampe la sua ultima opera "Elementi di nuova modifica dell'ordine dorico", che dedicò all'amico Giuseppe Levati, professore di prospettiva all'Accademia di belle arti di Brera.

Collaborò con l'intarsiatore ed ebanista Giuseppe Maggiolini, fornendogli una serie di disegni per la decorazione dei suoi celebri mobili.



..........................................................................................



Emilio Ghisoni


Emilio Ghisoni (1937 – 24 aprile 2008) è stato un inventore e progettista italiano di armi.

Biografia

Nato nel 1937, seguì un corso di studi classici. Negli anni settanta progettò i suoi primi prototipi: una rivoltella con canna e tamburo basculanti e la Mateba MT1, una pistola semiautomatica calibro .22 lr, prodotta in unico lotto nel 1980 ma ne fu tentata la commercializzazione solo alla fine degli anni 90 quando era divenuta obsoleta per uso agonistico nel tiro accademico UIT.

È con le rivoltelle prodotte dalla Mateba che Ghisoni si fa conoscere, sperimentando soluzioni ardite e inedite in tre diversi modelli: la prima Mateba MTR-8 del 1983, la Mateba 2006 (modello 2007 cal. .38 Spl. in soli 3 prototipi) e la Mateba Autorevolver.

Ghisoni ha saputo reinventare il concetto di revolver, partendo dall'idea di allineare la canna con la camera inferiore del tamburo anziché con la superiore minimizzando così gli effetti del rinculo. Il suo interesse si è rivolto allo stesso modo alle semiautomatiche di grosso calibro, come il prototipo presentato nel 1995 con alimentazione coassiale, senza cioè dislivello tra il piano della cartuccia e l'asse della canna.

Il suo ultimo progetto fu il revolver compatto Chiappa Rhino nato dall'idea dell'arch. Antonio Cudazzo che poi ne terminerà lo sviluppo, produzione e commercializzazione tramite la Chiappa Firearms.
Morte
È morto nel 2008 all'età di 71 anni a seguito di un tumore osseo[1].



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Emilio_Ghisoni

 
Web  Top
view post Posted on 25/10/2023, 09:51     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Alberto Gianni


Alberto Gianni (Viareggio, 26 aprile 1891 – Belle Île, 7 dicembre 1930) è stato un inventore italiano.

Biografia

Alberto Gianni nasce a Viareggio il 26 aprile del 1891 al n°28 di via della Costa (oggi via IV Novembre), frequenta la scuola fino alla IV elementare ed a soli 10 anni si imbarca come mozzo su una brigoletta. Dopo varie esperienze per ca 10 anni a bordo di diverse navi si arruola come marinaio e sceglie di diventare palombaro. Nel 1912 dopo aver frequentato la scuola del Varignano ottiene il brevetto di torpediniere scelto e minatore palombaro. Viene imbarcato come palombaro sulla nave Classe Regina Elena durante la guerra per la conquista della Libia. A Bengasi riparò un danno all'incrociatore Saint-Bon. Durante la prima guerra mondiale viene richiamato ed assegnato, come palombaro, all'Arsenale di La Spezia. In questo periodo il sommergibile S 3, con 40 uomini di equipaggio, affondò fra le isole della Palmaria e del Tino, a 34 metri di profondità. Gianni incaricato del recupero imbracò il sommergibile di poppa e lo fece sollevare con un grosso pontone, salvando tutti e 40 i marinai. Ma essendo rimasto ca sette ore a quella profondità ed assorbendo una grande quantità di azoto, venne colpito da una grave embolia gassosa, rimanendo cinque giorni fra la vita e la morte. Si salvò ma perse irrimediabilmente l'udito dall'orecchio destro. Alla fine della guerra torna a Viareggio dove in porto non vi erano più velieri e quindi possibilità di imbarco, ma gli viene assegnato un incarico di recupero del carico della nave Fert, affondata presso san Carlos della Rapita in Spagna. Fonda quindi una società di recuperi marittimi con il palombaro Giovanni Francesconi. Armò in successione due navi chiamate Nereide, attrezzate di quanto occorreva per i recuperi. Prima l'una e poi l'altra si incendiarono durante la navigazione ed allora armò un'altra nave in ferro che chiamò Naiade con la quale effettuò presso Suez il recupero di bronzo ed altri metalli della nave russa Perisviet. Per la sua fama ed esperienza nel 1927 viene chiamato dalla Società Recuperi Marittimi nota come SO.RI.MA. del commendatore Giovanni Quaglia con la quale opera fino al giorno della sua tragica morte[1].

Era il padre di Angelo Gianni (1913-1995), docente e storico della letteratura italiana.
Invenzioni

È noto principalmente per aver ideato e realizzato la camera di decompressione portatile, all'epoca da lui chiamata cassa desazotatrice[2], e che a differenza della grandi camere di decompressione utilizzate all'epoca per curare la malattia dei cassoni, come era chiamata allora la malattia da decompressione, degli operai che lavoravano anticamente sotto pressione appunto dentro dei grandi cassoni sommersi, per eseguire i lavori sotto il livello dell'acqua, e che era quindi possibile portarla a bordo di navi ed imbarcazioni. Un'altra sua importante realizzazione è stata la torretta butoscopica: ideata, costruita, montata e collaudata dall'inventore.
Recuperi

All'epoca ottenne notorietà per la sua attività di esperto palombaro in grado di operare anche a grandi profondità con gli scafandri speciali completamente in metallo. Famoso fu il caso del vapore spagnolo Cruz affondato sullo Scoglio del Catalano situato al centro ovest delle coste sarde: poiché il naufragio sembrò sospetto, gli assicuratori inglesi cercarono dei palombari giurati in grado di fare delle verifiche, ma data la difficoltà tecnica dell'impresa nessuno accettò l'incarico. Dopo un sopralluogo, Alberto Gianni accettò a condizione di ottenere il doppio del compenso offerto in considerazione della difficoltà del lavoro. La richiesta venne accettata e Gianni portò a termine il suo incarico constatando la natura intenzionale del naufragio. Egli comparve quindi in tribunale a Londra per confermare quanto scoperto e ciò valse un solenne riconoscimento per la sua abilità e per l'eccellenza e il primato dei palombari italiani[2].

Un altro caso celebre fu il recupero nel Lago di Como del battello-salone Lecco della società Lariana, affondato la sera del 18 marzo 1927 nel porto di Como[2], come anche il recupero dell'aereo Idrocorsa Savoia-Marchetti S.65 e del pilota Tommaso Dal Molin nel Lago di Garda il 30 gennaio 1930.

Ma la notizia che probabilmente lo fece conoscere maggiormente anche a livello internazionale fu la localizzazione del relitto della nave Egypt, in Bretagna, Francia, al largo di Brest a circa 120 m di profondità, e che trasportava un preziosissimo carico di lingotti d'oro e d'argento, affondata nell'Oceano Atlantico. Tale localizzazione era stata tentata invano dalle più famose società di recuperi dell'epoca. Quindi alla fine i Lloyd's di Londra incaricarono la più credibile e organizzata SORIMA del commendator Quaglia, che con la nave "Artiglio" su cui operava Alberto Gianni come capo palombaro e direttore delle operazioni subacquee infine riuscì nell'impresa. Le sue gesta vennero così descritte dal noto scrittore giornalista David Scott, che seguiva tutte le vicende dei recuperi della società SORIMA per conto del TIME di Londra vivendo a bordo delle sue navi per ben tre campagne di recupero e per cui scrisse numerosi articoli e due libri.
La morte
Aristide Franceschi, Alberto Gianni, Alberto Bargellini

Dopo la localizzazione della nave Egypt, per il maltempo e l'impossibilità di effettuarne il suo recupero, in attesa quindi di condizioni meteo adeguate, la società SORIMA ottiene l'incarico di effettuare alcuni recuperi davanti all'Isola di Belle Île, a sud di Brest inviando la nave "Artiglio" con Alberto Gianni sempre a capo delle operazioni. Qui muore tragicamente il 7 dicembre 1930, per una gigantesca esplosione durante lo smantellamento della nave Florence H., affondata piena di esplosivi e munizioni. La nave recuperi "Artiglio" viene travolta, distrutta ed affondata dall'esplosione. Con lui perirono altri due famosi palombari, Alberto Bargellini e Aristide Franceschi, ed altre nove persone di equipaggio. Un tragico epilogo proprio in un momento di grande euforia dato dalla reale possibilità di mettere mano ad un prezioso tesoro sommerso.
L'oro dell'Egypt
La torretta butoscopica

Il recupero di tutto il tesoro dell'Egypt venne poi effettuato dalla stessa SORIMA che per l'occasione armò una nuova nave chiamandola "Artiglio II"[3], e per cui tutta l'operazione ottenne un successo clamoroso a livello Internazionale poiché fu la prima operazione al mondo di recupero ad alta profondità, cosa ritenuta impossibile a quei tempi, effettuata dai subacquei italiani e resasi possibile grazie all'organizzazione lasciata da Alberto Gianni e l'utilizzo delle sue invenzioni, importantissima fu principalmente la torretta butoscopica. Per l'occasione furono inviate le congratulazioni da tutto il mondo, di rilievo quelle del Re d'Inghilterra, e quelle enfatiche di Benito Mussolini e dall'allora ministro delle comunicazioni Costanzo Ciano.
Riconoscimenti

Award alla Memoria della Historical Diving Society Italia, HDS Italia (1996)[4]
Dedica ad Alberto Gianni del museo della marineria di Viareggio[5]



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Alberto_Gianni

 
Web  Top
130 replies since 17/6/2023, 10:08   3522 views
  Share