IL FARO DEI SOGNI

Umberto Galimberti

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I sentimenti si apprendono. Gli antichi imparavano i sentimenti attraverso le storie mitologiche. Se guardiamo alla storia greca ci ritroviamo tutta la gamma dei sentimenti possibili, Zeus il potere, Afrodite l’amore, Atena l’intelligenza, Apollo la bellezza, etc. C’era tutta la fenomenologia dei sentimenti umani. Noi invece li impariamo attraverso la letteratura, che è il luogo dove si apprende che cosa sono il dolore, la noia, l’amore, la disperazione, il suicidio, la passione, il romanticismo. Ma se la letteratura non viene “frequentata” e i libri non vengono letti, se la scuola disamora allora il sentimento non si forma. E se la cultura non interviene, i ragazzi rimangono a livello d’impulso o al massimo di emozione.
Da qui la necessità di educare al sentimento, a partire dalle favole per bambini dove si impara cosa è bene e cosa è male, e poi, crescendo, con la scuola dove si apprende dalla letteratura tutta la gamma dei sentimenti, i loro nomi e i loro possibili percorsi. E solo grazie a questo corredo culturale si acquisisce quella sensibilità psichica capace di distinguere il bene dal male, l'amore dall'odio, la partecipazione dal l'indifferenza.[...]
Non sentire più la differenza tra bene e male, tra il giusto e l’ingiusto,
tra ciò che grave e ciò che non lo è, denota una mappa emotiva non costituita.

Umberto Galimberti

 
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Socrate diceva non so niente, proprio perché se non so niente problematizzo tutto. La filosofia nasce dalla problematizzazione dell'ovvio: non accettiamo quello che c'è, perché se lo facciamo, ce lo ricorda ancora Platone, diventeremo gregge, pecore. La filosofia nasce come istanza critica, non accettazione dell'ovvio, non rassegnazione a quello che oggi va di moda chiamare sano realismo. Mi rendo conto che realisticamente uno che si iscrive a filosofia compie un gesto folle, però forse se non ci sono questi folli il mondo resta così com'è... Allora la filosofia svolge un ruolo decisamente importante, non perché sia competente di qualcosa, ma semplicemente perché non accetta qualcosa, e questa non accettazione di ciò che c'è non la esprime attraverso revolverate o rivoluzioni, l'esprime attraverso un tentativo di trovare le contraddizioni del presente e dell'esistente, e argomentare possibilità di soluzioni: in pratica, pensare. E il giorno in cui noi abdichiamo al pensiero abbiamo abdicato a tutto.

Umberto Galimberti, Percorsi di emancipazione, democrazia ed etica

 
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Sin da quando siamo nati ci hanno insegnato che apparire è più importante che essere. E a questo dogma terribile abbiamo sacrificato il nostro corpo, incaricandolo di rappresentare quello che propriamente non siamo, o addirittura abbiamo evitato di sapere. La faccia della persona matura è un atto di verità, mentre la maschera dietro cui si nasconde un volto trattato con la chirurgia è una falsificazione che lascia trasparire l'insicurezza di chi non ha il coraggio di esporsi alla vista con la propria faccia. Preferire una velina a una persona matura significa preferire l'anonimato di un corpo a un corpo formato da un carattere, che nell'età matura appare nella sua unicità, facendoci finalmente conoscere quel che davvero una persona è nella sua specifica unicità. […] Finisce per dar corda a quel mito della giovinezza che visualizza la vecchiaia come anticamera della morte.

Umberto Galimberti

[I miti del nostro tempo]

 
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L’intimo è ciò che si nega al pubblico per concederlo solo a chi si vuol far entrare nel proprio segreto profondo. Il pudore, che difende la nostra intimità, difende anche la nostra libertà. Non è una faccenda di vesti, sottovesti o abbigliamento intimo, ma una sorta di vigilanza, dove si decide il grado di apertura e di chiusura verso l’altro.

Ma contro tutto ciò soffia il vento del nostro tempo che vuole la pubblicizzazione della propria intimità, perché in una società consumista, dove le merci per essere prese in considerazione devono essere pubblicizzate, si propaga un costume che contagia anche il comportamento degli uomini, i quali hanno la sensazione di esistere solo se si mettono in mostra. Conformismo e consumismo hanno messo in circolazione un nuovo vizio che per comodità chiamiamo "spudoratezza", con riferimento non tanto a uno scenario sessuale, quanto al crollo di quelle pareti che consentono di distinguere l'interiorità dall'esteriorità, la parte "privata", "intima" di ciascuno di noi dalla sua esposizione e pubblicizzazione.

Ciò produce una metamorfosi dell’individuo che ormai si riconosce solo nella propria immagine, e perciò non cerca più se stesso. I nostri vissuti emotivi, che abitavano il segreto della nostra interiorità, dove domina il raccoglimento e il silenzio, ma forse anche la solitudine, le parole di preghiera, le parole d’amore, le parole d’amicizia, le parole di rabbia, le parole umane, hanno dovuto esteriorizzarsi come la pelle rovesciata di un serpente.

Umberto Galimberti, Il libro delle emozioni.

#società #emozioni #cultura #tv

 
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Tradire un amore, tradire un amico, tradire un'idea, tradire un partito, tradire persino la patria significa svincolarsi da un'appartenenza e creare uno spazio di identità non protetta da alcun rapporto fiduciario, e quindi in un certo senso più autentica. Nasciamo nella fiducia che qualcuno ci nutra e ci ami, ma possiamo crescere e diventare noi stessi solo se usciamo da questa fiducia, se non ne restiamo prigionieri, se a coloro che per primi ci hanno amato, un giorno sappiamo dire: "Non sono come tu mi vuoi".

C'è in ogni amore, da quello dei genitori, dei mariti, delle mogli, degli amici, degli amanti a quello delle idee che abbiamo sposato, una forma di possesso che arresta la nostra crescita e costringe la nostra identità a costituirsi solo all'interno di quel recinto. Ma in ogni fedeltà che non conosce il tradimento e neppure ne ipotizza la possibilità c'è troppa infanzia, troppa ingenuità, troppa paura di vivere con le sole nostre forze. Quella che chiamano "fedeltà" è l'incapacità di abbandonare lidi protetti, di uscire a proprio rischio verso le regioni sconosciute della vita che si offrono solo a quanti sanno dire per davvero "addio”.

Umberto Galimberti. (Se vi piace ciò che pubblico, potete trovarmi anche su Instagram, dove vi parlerò dei grandi classici, mi trovate a questo link: www.instagram.com/ilprofessorx

#filosofia #cultura #vita

 
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Umberto Galimberti

 
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Quando il denaro diventa il fine ultimo, tutti i beni che non sono di natura economica come l’intelligenza, la cultura, l’arte, la bellezza, l’amore, cessano di essere valori in sé, perché lo diventano limitatamente alla loro convertibilità in denaro. La nostra cultura purtroppo ha assunto il denaro come unico generatore simbolico di tutti i valori. Nel frattempo da questa cultura gli uomini sono percepiti unicamente come produttori e consumatori. (…)
La produzione però non si limiterà a produrre beni, ma, con la pubblicità, provvederà a produrre anche nuovi bisogni. Il più grande pubblicitario del secolo scorso Frédéric Beigbeder un giorno scrisse: “Sono un pubblicitario: ebbene sì, sono quello che vi fa sognare cose che non avrete mai. Io vi drogo di novità, e il vantaggio della novità è che non resta mai nuova. C’è sempre una novità più nuova che fa invecchiare la precedente. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perché chi è felice non consuma.”
E allora come dar torto al filosofo Günther Anders per il quale: “L’umanità che tratta il mondo come un mondo da buttar via, finirà per trattare anche se stessa come un’umanità da buttar via”.
Umberto Galimberti

 
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