IL FARO DEI SOGNI

Categoria:Gruppi etnici in Bolivia

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Pagine nella categoria "Gruppi etnici in Bolivia"

Questa categoria contiene le 11 pagine indicate di seguito, su un totale di 11.
A

Atacameño
Aymara
Ayoreo

C

Camba

G

Guaraní

M

Manchineri

Q

Quechua

T

Tsimané

Y

Yaminawá
Yawanawá
Yuracaré





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:Gr...nici_in_Bolivia

 
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Atacameño



Gli Atacameño, chiamati anche Lickan-antay, sono una tribù di Nativi americani stanziati nel Deserto di Atacama, in Cile, Argentina e Bolivia. alcuni villaggi sono situati anche nella Cordigliera delle Ande.


Lingua

Gli Atacameño parlavano la lingua Kunza, una lingua parlata in Cile, ma estinta.
Storia

Intorno al 2000-1000 a.C. gli Atacameño diventarono un popolo sedentario. Durante questo periodo si sviluppò un'economia basata sull'allevamento dei lama e l'agricoltura del mais. Tra il 400 a.C. e il 100 d.C., gli Atacameño si divisero in vari villaggi: Lasana, Chiu-Chiu, Calama, San Pedro de Atacama, Peine, Tilomonte, Toconao. Poi vennero conquistati dagli europei e vennero colpiti da malattie. Avevano costruito vari villaggi in mattoni di terracotta e pietra. Oggi questa tribù sopravvive con un numero esiguo di individui.
Religione
Gli Atacameño credevano in vari dei e soprattutto nel vulcano Licanabur. Credevano, inoltre, nella vita oltre la morte; per questo seppellivano i morti con vari oggetti per il lungo viaggio verso l'aldilà.





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Aymara



Aymara_jujuy__sephia__1870


Gli aymara o Aymarà sono una popolazione che vive prevalentemente nelle vicinanze del lago Titicaca tra Perù, Bolivia, il nord del Cile e il nordovest dell'Argentina. In realtà non identifica un sottogruppo etnico vero e proprio, ma comprende l'insieme degli individui che, pur appartenendo a differenti sottogruppi etnici, hanno come lingua madre una lingua appartenente alla famiglia aymara.

Altre popolazioni, o sottogruppi etnici, come i qullas, i lupaqas, i qanchis, i carangas, i lucanas, i chocorvos e i chichas rivendicano la propria identità aymara, anche se non parlano più la lingua dall'epoca della colonizzazione spagnola.

Geografia
Distribuzione delle popolazioni di lingua aymara.

La maggior parte degli aymara vive nei pressi del lago Titicaca in particolare nelle isole e nella parte meridionale del lago. La distribuzione di questo popolo è principalmente nell'altipiano andino, in particolar modo nei dipartimenti di La Paz, Oruro, Potosí, Cochabamba e Chuquisaca in Bolivia, tra le città di Tarapacá e Antofagasta in Cile, nei dipartimenti di Puno, Moquegua e Tacna in Perù e tra le città di Jujuy e Salta in Argentina.

I centri aymara sono generalmente piccole realtà rurali. Tuttavia sono presenti anche grossi centri urbani con notevole presenza di questa popolazione. Il più importante di questi è la capitale boliviana, La Paz, e, soprattutto, la città satellite di El Alto, spesso nominata come capitale del popolo aymara.
Religione
Donna aymara in preghiera.
Culti tradizionali

I vari popoli appartenenti agli aymara veneravano numerose divinità locali oltre ai culti, diffusi in tutto il territorio andino legato all'agricoltura e al culto dei defunti.
Religiosità legata alla natura e all'agricoltura

Thunupa, le cui sembianze sono scolpite nella puerta del Sol di Tiahuanaco, personifica vari agenti naturali (sole, vento, pioggia, grandine) di vitale importanza per il mondo agricolo.

Anche il culto della Pachamama (madre Terra), presente anche nella religione incaica, risultava e tuttora risulta estremamente diffuso in quanto legato alla produzione agricola e al rapporto con la natura. Alla Pachamama vengono fatte numerose offerte (ch'alla) di origine vegetale (ad esempio foglie di coca) e animale (ad esempio un feto di lama).
Culto degli antenati

Il culto dei morti si concretizzava nel mondo aymara con la costruzione di chullpa, tombe-templi la cui grandezza era proporzionale all'importanza del defunto durante la sua vita terrena. Le chullpa più importanti sono quelle di Sillustani e Cutimbo, nei pressi di Puno (Perù).
Divinità venerate localmente

Le divinità locali erano spesso montagne protettrici (dette Awki o Achachila). Ogni montagna, ogni cima ha un nome locale che, anche oggi, viene invocato a protezione della zona.
Altre divinità

Erano presenti anche divinità maligne (conosciute come Anchanchu o Saxra) che abitavano il sottosuolo.

Venivano venerate anche divinità minori (chiamate Phuju) che abitavano le sorgenti d'acqua.
Medicina tradizionale

Uno stretto legame intercorre tra la religiosità aymara e la medicina tradizionale. Questa, legata alla natura e alle invocazioni divine, viene praticata dagli yatiris (saggi). Tradizionalmente il popolo kallawaya, che abita la cordigliera del Charazani in Bolivia è quello a cui appartengono gli yatiris più rinomati.
Rapporto con la cristianità

Immediatamente dopo la colonizzazione, le autorità religiose e politiche spagnole costrinsero alla conversione gli aymara e distrussero icone, templi e chullpa.

Una parte non minoritaria della Chiesa cattolica dissentì da questo comportamento a tal punto che gesuiti e francescani evangelizzarono gli aymara senza costringerli a ripudiare la loro religione tradizionale e cristianizzando, talvolta, le divinità tradizionali. Ad esempio Thumpa venne trasformato in Apu Qullana Awki (creatore del mondo) e venerato come Dio, per il cristianesimo, e Pachamama venne venerata come Vergine Maria.

Dalla nascita delle repubbliche andine fino a metà del XX secolo il sincretismo religioso veniva praticato clandestinamente. Oggi è frequente che durante feste cattoliche vengano offerte ch'alla alla Pachamama. Le chiese protestanti non vedono, invece, di buon occhio il sincretismo religioso e, per questo, hanno proibito ai credenti di rivolgersi alla medicina tradizionale.

Un aspetto interessante di questa mescolanza tra la religiosità tradizionale e quella cristiana sta nel fatto che al Natale non viene data molta importanza dai contadini aymara, i quali vivono molto più intensamente il carnevale, epoca di fioritura. Nelle città il discorso cambia in quanto le tradizioni agricole sono meno sentite.
Cultura

Secondo le credenze di questo popolo l'individuo è legato da una stretta relazione con il contesto sociale che lo circonda, ciò ammette che ogni tipo di malattia che colpisce anche un solo membro della comunità inevitabilmente coinvolge l'intero villaggio: conflitti interiori o familiari, mancate preghiere agli spiriti della natura, compromettono il benessere dell'intera popolazione. Questo porta a capire i significati dei simbolismi e dell'accettazione di forme simboliche di cura (possessione, sciamanesimo, danza…) degli aymara che, trovano un ponte di collegamento tra mondo umano e mondo degli spiriti, quest'ultimo reale quanto quello degli uomini; per cui qualunque spirito delle acque, delle colline, delle cime innevate se non opportunamente venerato potrebbe scagliare la sua ira verso gli abitanti che, inevitabilmente, andrebbero incontro a sicure malattie. L'unico modo per prevenirle e ripristinare la salute è soltanto attraverso mistici rituali come danze, preghiere, esorcismi e infusi magici, che portano al contatto spirituale uomo, natura e divinità. Nella visione magico-religiosa aymara l'uomo è concepito come l'insieme di tre forze vitali alma, animo e corpo materiale dove i due elementi vitali si incarnano. L'alma o athunajayo permette il movimento e il pensiero; l'animo juchchui ajayo, è il fluido che dà consistenza al corpo e fuoriuscendovi, pur non causando la morte genera malesseri vari, dall'innalzamento della temperatura, alla nevralgia, ad un disagio corporeo diffuso. Quando si parla di perdita d'anima tra gli aymara, si può quindi intendere la sottrazione del juchchui ajayo, che permette alla vittima di rimanere in vita, anche se colpiti da malattie più o meno gravi.
Musica e danza

La danza e la musica hanno sempre avuto notevole rilevanza tra i popoli andini, così come tra gli aymara. La musica andina che conosciamo oggi è comunque differente dall'antica musica del periodo pre-colombiano. Non erano infatti presenti gli strumenti a corda, come il charango, ora molto diffusi. Quest'ultimo è uno strumento della famiglia dei liuti costruito originariamente con la corazza di armadillo. Sembra sia stato realizzato per la prima volta a Potosí nel XVII secolo ispirandosi alla vihuela, molto diffusa tra la nobiltà spagnola.

Nel XVI secolo, il missionario gesuita Ludovico Bertonio, nel suo vocabolario della lingua aymara riportava ben 13 vocaboli distinti relativi al verbo ballare.

Le numerose danze tradizionali aymara vengono divise in:

Danze native: si riferiscono all'epoca pre-colombiana e sono praticate solamente dalla popolazione rurale. Alcune di esse sono: sikuris, pinkillus, chaqallus, lawa k'umus, chuqilas, k'usillos.
Danze meticce: sono quelle di origine successiva alla conquista spagnola e contengono elementi sia aymara che europei. Alcune di esse come la diablada, la tuntuna (o tundiqui) e la morenada (originarie di Oruro ed ora diffuse anche nella zona del lago Titicaca) hanno elementi nei fasti e nei vestiti che ricordano la corrida.

Patata

La patata è probabilmente uno degli apporti maggiori all'umanità della cultura aymara. Quando gli spagnoli conquistarono l'Impero inca, trovarono la coltivazione della patata diffusa ovunque con oltre 200 varietà.

Gli antichi aymara inventarono il procedimento di disidratazione della patata ai fini di conservazione e stoccaggio. Questa patata disidratata (nota con il nome di ch'uñu o chuño) viene tuttora prodotta e consumata. Il procedimento si basa sulle condizioni climatiche della zona del lago Titicaca. Ad altezze vicine ai 4000 m sul livello del mare i raggi solari sono particolarmente forti e ricchi di radiazioni ad alta energia, e le notti molto fredde. Le patate sono esposte alla luce solare ed al freddo notturno per due settimane così da essere completamente disidratate; il ch'uñu ottenuto si conserva per anni.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Aymara

 
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Ayoreo



Gli ayoreo (ayoreode, ayoréo, ayoréode) sono un gruppo etnico nativo del Gran Chaco, in un'area tra i fiumi Paraguay, Pilcomayo, Parapetí e Grande che si estendono tra la Bolivia e il Paraguay. Parlano la lingua ayoreo, classificata nella famiglia delle lingue zamuco. Gli ayoreo si sostengono con la caccia e l'agricoltura, a seconda della stagione dell'anno.

Sono suddivisi in diversi sottogruppi. Molti di loro sono stati costretti ad uscire dalla foresta fin dagli anni '70, mentre altri gruppi continuano a vivere senza alcun contatto con l'esterno. In particolare, gli ayoreo-totobiegosode sono l'unica tribù incontattata del Sud America ad essere sopravvissuta al di fuori del bacino amazzonico.

In Bolivia, gli ayoreo sono rappresentati dall'organizzazione CANOB (Central Ayoreo Nativo del Oriente Boliviano). Nel 2002, anche in Paraguay nasce una fondazione per gli ayoreo, UNAP (Unión Nativa Ayoreo del Paraguay).

Problemi attuali

Negli ultimi anni, i latifondisti hanno invaso e distrutto gran parte della terra degli ayoreo totobiegosode, per fare spazio ad allevamenti di bestiame. La legge e la costituzione del Paraguay riconoscono il diritto dei popoli indigeni alla proprietà delle terre tradizionali. Da più di vent'anni gli ayoreo rivendicano una parte del loro territorio ancestrale ma le pressioni esercitate dai latifondisti hanno finora impedito l'assegnazione. Alcune compagnie hanno già distrutto vaste porzioni della foresta; secondo uno studio dell'Università del Maryland,[quale delle verie?] il Chaco paraguaiano — ultima dimora degli ayoreo incontattati — è devastato dal tasso di deforestazione più alto al mondo[1].

Nel luglio 2012, alcune immagini satellitari diffuse dall'organizzazione Survival International hanno svelato che la società Carlos Casado SA, controllata dal Gruppo San José, sta disboscando proprio nel cuore del territorio rivendicato dagli ayoreo. Nell'area abitano molti totobiegosode incontattati, estremamente vulnerabili ad ogni contatto indesiderato con l'esterno. Survival, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni, sostiene da anni le rivendicazione degli ayoreo e ha chiesto agli investitori del Gruppo San Josè di disinvestire dalla società come segno di protesta [2].

Nel settembre 2013, inoltre, nuove immagini satellitari hanno confermato che la compagnia brasiliana Yaguareté Porã, produttrice di carne, sta distruggendo le foreste abitate dagli ayoreo incontattati per allevare bestiame destinato al mercato europeo[3]. Survival International ha dichiarato di aver scritto alla Commissione Europea per sollecitare un'indagine sulle importazioni di carne prodotta dalla compagnia.





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Camba



Camba o kamba (dal guaraní Käambá, probabilmente uomo negro) è il termine con cui vengono definite le popolazioni dell'oriente boliviano, un territorio che copre i due terzi della Bolivia e che appartiene ai dipartimenti di Pando, Beni, Santa Cruz e parte di Chuquisaca, Tarija e Cochabamba. I kamba del Brasile derivano da loro.

L'espressione camba viene associata sia alla popolazione di origine europea, sia alla meticcia come a quella indigena e colloquialmente non è considerata una definizione dispregiativa.

In Bolivia si contrappone spesso a colla o kolla, che definisce genericamente le popolazioni andine, siano esse di origine europea, meticce o indigene. In alcuni casi può assumere una forma dispregiativa, per quanto il collasuyo (o qullasuyo, regione del Tahuantinsuyo, l'Impero Inca), comprendesse grosso modo la regione andina dell'odierna Bolivia.

La contrapposizione tra camba e colla era inesistente fino a pochi decenni or sono per gli scarsissimi contatti e legami, storici, culturali, linguistici, tra gli attuali occidente andino e oriente tropicale della Bolivia. Come hanno potuto testimoniare viaggiatori del XIX secolo, come i naturalisti francesi D'Orbigny e Castelneau, l'arrivo di un forestiero in terra camba era considerato, senza alcun disprezzo, come l'arrivo di un colla, procedesse questi dall'Europa o dalle regioni andine delle Bolivia.

Solo dopo la rivoluzione del 1952 e il graduale processo di integrazione oriente-occidente boliviani, hanno portato ad evidenziare le notevoli differenze e percorsi culturali, linguistici ed economici di camba e colla. Già alla fine degli anni cinquanta un'incursione nell'area di Santa Cruz delle milizie contadine dell'altipiano andino, inviate dal governo del Movimento Nazionale Rivoluzionario, portò all'uccisione di alcune decine di contadini camba accusati di fomentare un movimento separatista nella regione. All'epoca però le differenze potevano essere associate più a questione politiche (contrasti Falange-MNR) che etniche anche se l'episodio dell'incursione delle milizie ucureñas restò nella memoria della popolazione camba.

Solo negli ultimi anni le contrapposizioni camba-colla si sono acuite anche per il notevole sviluppo economico e demografico dell'oriente, grazie anche alla massiccia migrazione colla. Inoltre, l'accusa di centralismo andino nella conduzione del governo mossa da una grossa fetta della popolazione della parte orientale del Paese, ha determinato l'insorgere di movimenti autonomisti e di gruppi che rivendicano o cercano di appropriarsi della storia e lo spirito culturale camba, tra i quali il controverso movimento Nación Camba.
La Cultura Camba

Nonostante richieda studi di approfondimento, si può affermare l'esistenza di una genuina forma culturale camba, esclusiva delle pianure tropicali orientali della Bolivia, appartenenti ai dipartimenti di Santa Cruz e Beni, e parte di Pando, Chuquisaca, Cochabamba e Tarija.

Questa cultura ha le sue principali manifestazioni nelle forme linguistiche, architettoniche ed urbanistiche, musicali ed, in questi ultimi anni, anche nelle arti figurative.

Nella musica, importanti espressioni odierne della cultura camba sono i ritmi di taquirari, chovena, carnavalito e il ballo del brincao.

Nelle arti figurati i pittori e muralisti Lorgio Vaca ed Erminio Pedraza.

Esiste anche una corposa letteratura camba naif della quale il principale rappresentante è German Coimbra Sainz e il poeta "costumbrista" Camba Florencio.

Sono numerosissime le espressioni linguistiche, ed anche gli aspetti comportamentali, che fanno della cultura camba un caso molto peculiare ed interessante tra le culture americane creole, tra le quali la cultura camba è una delle meno valorizzate e studiate.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Camba

 
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Guaraní



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Storia e localizzazione

I Guaranì parlano varianti linguistiche della famiglia tupi-guaranì, e vengono classificati attualmente in tre sottogruppi: i Guaranì-Kaiowa, i Guaranì-Mbya e i Guaranì-Ñandeva. Questi gruppi si distribuiscono nel sud del Brasile (Rio Grande do Sul - Mbya; Santa Catarina - Mbya; Paraná - Mbya e Ñandeva; San Paolo - Mbya e Ñandeva; Rio de Janeiro e Espírito Santo - Mbya; e Mato Grosso do Sul - Kaiowa e Ñandeva), nel Paraguay Orientale (Kaiowa, Ñandeva, Mbya) e nel nord dell'Argentina - Mbya. Stime attuali di organi federali (FUNAI - Fundação Nacional do Índio, FUNASA - Fundaçã Naiconal de Saude) e di ONG (ISA - Instituto Sócio-Ambiental) sommano a circa 50/55.000 individui la loro presenza nel solo Brasile, dove costituiscono il popolo indigeno più numeroso.

Queste popolazioni sono discendenti dei gruppi che abitavano le foreste tropicali che ricoprivano i bacini dell'alto Paraná, alto Uruguay e ai bordi meridionali dell'altipiano brasiliano. Ritrovamenti in siti archeologici testimoniano l'esistenza di questo gruppo etnico a partire dal V secolo (400 d.C.), con caratteristiche che lo distinguono chiaramente da altri gruppi della stessa famiglia linguistica. I ritrovamenti archeologici mostrano anche che le popolazioni che hanno dato origine ai Guaraní furono protagoniste di intense migrazioni che, a partire da territori localizzati nella parte est del Brasile attuale, li portarono già nel XII secolo a.C., a occupare grande parte dei territori dove ancora oggi si incontrano i loro discendenti. Alla vigilia dell'arrivo degli europei, i Guaranì occupavano le ampie foreste comprese tra i fiumi Paraná, Miranda, Tiete, Uruguay, e i loro affluenti, e ampi tratti della costa sud del Brasile, cosa che li portò a essere il primo popolo contattato da Spagnoli e Portoghesi come testimonia, per esempio, Cabeza de Vaca (Naufragios y Comentarios, Espasa-Calpe, Colección Austral No. 304, 5a. Edición, Madrid, 1971.) All'epoca della Conquista i Guaraní erano divisi in cinque grandi gruppi, distribuiti in regioni differenti:

Carios, localizzati lungo il fiume Paraguay e la città di Asuncion
Tapes, nell'odierno territorio dello stato Brasiliano di Rio Grande do Sul e dintorni
Paraná, lungo il corso del fiume omonimo
Itatim, occupavano i territori tra i fiumi Miranda e Apa (gli attuali Kaiowa)
Guaira, nel Paraguay Nord orientale e lungo i corsi dei Fiumi Amambai, Iguatemi e loro affluenti (gli attuali Ñandeva)

Il tempo della colonia

La storia dei contatti fra colonizzatori e Guaraní è marcata da una forte presenza missionaria cristiana e dalle spedizioni alla ricerca di schiavi organizzate da Spagnoli (partendo dall'attuale capitale del Paraguay, Asuncion) e da Brasiliani (a partire da San Paolo). I territori da loro occupati erano interessati da dispute e conflitti fra i regni di Spagna e Portogallo, e si trovarono coinvolti in vari progetti coloniali. Per molto tempo rappresentarono l'unica ricchezza disponibile in tutta la regione, in qualità di mano d'opera, e per questo venivano ridotti in schiavitù. A partire dall'inizio del Seicento, e per più di un secolo e mezzo, l'amministrazione dei Gruppi Guaraní fu affidata ai missionari Gesuiti che fondarono decine di "Riduzioni" nelle province occupate da questi indios. Mentre l'amministrazione coloniale si aspettava dai Gesuiti l'accesso facilitato alla mano d'opera schiava, le Riduzioni si trasformarono in luoghi di rifugio per molti gruppi Guaraní, isolate dal sistema economico coloniale e autosufficienti, sottraendo di fatto tale mano d'opera ai colonizzatori portoghesi e spagnoli. Questi i motivi che portarono a organizzare le spedizioni di Encomenderos e Bandeirantes, alla ricerca di indigeni da ridurre in schiavitù, che misero a ferro e fuoco varie Riduzioni, privando della libertà decine e decine di migliaia di Guaraní. Con la scoperta di giacimenti auriferi nell'attuale Mato Grosso alla fine del XVII secolo, i Guaraní perdettero interesse come fonte di rendita, scomparendo per la maggior parte dai registri storici. Con il Trattato di Madrid (1750), Portogallo e Spagna modificarono sostanzialmente le proprie relazioni, cambiamento che interessò anche i loro possedimenti coloniali. In meno di vent'anni dal trattato i Gesuiti furono espulsi con editto reale. Le notizie loro riguardanti diventano estremamente frammentarie, limitate alle spedizioni di esplorazione e definizione dei confini. I territori occupati dai Guaraní furono interessati dai lavori di una commissione, istituita dal Trattato di Madrid, deputata a stabilire i limiti dei rispettivi possedimenti nell'America meridionale, in special modo la frontiera fra Brasile e Paraguay. Le spedizioni di questa commissione portarono a una riscoperta dei gruppi guaraní che erano sfuggiti alle politiche coloniali e si erano rifugiati nelle foreste. Gli ulteriori registri dei Guaraní si hanno a partire dal XIX secolo, a seguito di spedizioni organizzate dal Barone di Antonina (Lopes, 1850 "Itinerário de ... encarregado de explorar a melhor via de communicação entre a Província de São Paulo e a de Matto Grosso pelo Baixo Paraguay". Revista do Instiruro de História e Geografia Brasileira 13, Rio de Janeiro) Con la guerra detta della Triplice Alleanza del 1864-1870 i confini territoriali vennero ulteriormente rimaneggiati, portando altre testimonianze sopra la presenza di gruppi Guaraní in quella regione. Gran parte dei territori al momento occupati dai Guaraní Kaiowa e Ñandeva vennero affidati in concessione alla Compagnia Matte Laranjeira che usava i Guaraní come mano d'opera, ma non occupava i loro territori in quanto era interessata unicamente allo sfruttamento dell'erba mate, anzi, per mantenere il monopolio dell'estrazione favorì l'isolamento dei Guaraní e tenne lontani eventuali progetti di colonizzazione.
Sviluppi moderni





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Sviluppi moderni

Con la fine del monopolio della Compagnia Matte Laranjeiras e le migrazione di coloni provenienti principalmente dallo Stato di San Paolo e Rio Grande do Sul, si ridussero, durante il XX secolo, sempre di più i territori a loro disposizione. La creazione dello SPI (Serviço de Proteçao aos Índios), organo federale brasiliano preposto alla "protezione" degli Indios, avvenuta negli anni venti del secolo passato, non riuscì a fermare il processo di esproprio, addirittura facilitando lo stesso attraverso la rimozione forzata dei gruppi indigeni a richiesta dei coloni. Gli indios rimossi venivano confinati in piccole aree di riserva dove si trovano a tutt'oggi, con gravi conseguenze per la loro sopravvivenza sociale e benessere fisico. A partire dagli anni 1980 i Guaraní hanno cominciato a organizzarsi per rivendicare i propri territori nelle arene politiche nazionali, dando vita a movimenti di rivendicazione territoriale che continuano fino ad oggi.
Economia

Si tratta di una tradizione fondamentalmente agricola, e non di una società nomade, come viene a volte erroneamente considerata, con regole di distribuzione e redistribuzione dei mezzi di produzione e dei prodotti, e di collaborazione costruite a partire dai legami familiari. Le tecniche agricole consistono in coltivazioni di medi e piccoli appezzamenti dedicati alla produzione per il consumo personale, i kokue raramente superiori ai tre ettari. I terreni vengono puliti, se necessario con l'uso del fuoco, e preparati per ricevere le sementi, rimanendo in uso per vari anni, dipendendo dal tipo di terreno e dalle piante che vi si coltivano, dopo di che vengono lasciati "riposare" fino a quando non saranno pronti di nuovo per l'uso. Questi terreni si trovano, in condizioni ideali, nel raggio di un chilometro dalla residenza dell'unità di lavoro e produzione, la famiglia. Possiedono una tassonomia botanica raffinata, che gli permette di ottenere ottimi risultati in campo agricolo nella relazione costo-beneficio e nella gestione di suoli e policulture (differenti specie alternate nello stesso terreno). Le eventuali collaborazioni in attività economiche e produttive avvengono per via delle relazioni di parentela, che implicano determinati obblighi, anche se si è sempre liberi di cercarsi altri gruppi con cui instaurare relazioni di reciprocità. Così, per determinati lavori in cui il nucleo familiare ha bisogno di aiuto, come il raccolto stagionale o la preparazione di nuovi campi, si chiameranno a collaborare parenti e vicini, a cui viene fornito cibo e, alla fine del lavoro, una festa a base di bibite fermentate (preferibilmente di mais - chicha), cibo, canti e danze.

La pesca e la caccia sono attività importanti, anche se non più - come in passato - dal punto di vista economico, sicuramente ancora da quello della formazione personale, della ricreazione e del controllo del territorio. Si pratica la caccia con fucile, arco e mazzafionda, spostandosi anche per grandi distanze, oppure con l'uso di trappole (a percussione, monde, e a laccio, ñuha), posizionate soprattutto nei pressi dei campi coltivati. Le tecniche di pesca comprendono l'arpione e la lenza per la pesca individuale, o l'impiego di reti e quello di una radice con proprietà stordenti, il Timbó, in caso di pesca in gruppo.
Cosmologia e rituali
Cerimonia religiosa guaraní

I rituali sono attività praticate socialmente e hanno un ruolo notevole nel determinare le forme di organizzazione e coesione sociale. Tra i più importanti troviamo quelli agrari, avatikyry (benedizione del mais), e ñemongarai (piante nuove), e altri non legati al ciclo agrario come i jeroky, destinati a mantenere l'equilibrio fra i differenti elementi del cosmo e il Meta Pepi rituale di iniziazione maschile (quasi completamente abbandonato in Brasile). La terra, Yvy in Guaraní, ha bisogno di essere continuamente curata, anche attraverso il mantenimento di un comportamento corretto in linea con il giusto modo di essere Guaraní, il Teko Porã. Secondo la mitologia Guaraní, la cura della terra è stata affidata ai Guaraní dal suo creatore Ñande Ru Guasu (Nostro Grande Padre), entità superiore, ritiratasi dopo la creazione in luoghi inaccessibili agli uomini, con eccezione dei Paí, i leader politico-religiosi dei gruppi Guaraní. I Guaraní praticano la magia omeopatica per influenzare la vegetazione e anche alcuni avvenimenti vitali come la fecondità: per esempio esiste la credenza che nutrendosi di un grano doppio di miglio, la donna avrà conseguentemente un parto gemellare[2].





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Guaran%C3%AD#Sviluppi_moderni

 
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Manchineri



I Manchineri sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione massima stimata in 937 individui (2004).[1]


Lingua

Parlano la lingua Manchineri (codice ISO 639: MPD), lingua che appartiene alla famiglia linguistica Aruak.
Insediamenti

Vivono nelle zone meridionali dello stato brasiliano di Acre. Alcuni anche in Perù e Bolivia. In Brasile sono presenti nel territorio indigeno Mamoadate e nel seringal (piantagione di alberi di caucciù) Guanabara. Altre comunità minori sono presenti sulle rive dei fiumi São Francisco e Macauã, e nella città di Assis.[1]
Storia

L'esploratore del XIX secolo Antônio Loureiro identificò i Manchineri nei pressi dei fiumi Macauã e Caiaté nel 1880. Essi erano considerati affini o un sottogruppo del gruppo etnico peruviano dei Piro. Secondo i racconti orali Manchineri, questa etnia, prima del massiccio contatto con i bianchi, in particolar modo estrattori di lattice, era divisa in molti sottogruppi o clan: Manchineri, Hijiuitane, Uinegeri, Cuchixineri, Hahamlineri e Iamhageri. Con le pressioni e i massacri sempre più frequenti ad opera di spedizionieri, mercanti ed estrattori, le migrazioni si svolsero in due direzioni principalmente: dal Perù verso il Brasile e dal Rio delle Amazzoni verso la Bolivia. Furono poi utilizzati come guide nelle foreste dagli estrattori di caucciù e in seguito, con il forte calo dei prezzi della materia prima, furono utilizzati anche come forza lavoro, ossia come estrattori e trasportatori. I conflitti tra gli estrattori e i Manchineri, tuttavia, si fecero sempre più aspri con i primi intenti nella distruzione dei villaggi e delle malocas (capanne) dei Manchineri. Nel 1975 il FUNAI optò per il trasferimento dei componenti del gruppo nel territorio indigeno, ufficialmente riconosciuto, di Mamoadate dove i Manchineri convivono pacificamente con i Jaminawa.[1]
Attività produttive

I Manchineri vivono di caccia e di pesca. Alcuni rituali legati all'attività della caccia prevedono lo spargimento sul corpo del tipi (una pianta da cui si estrae veleno utilizzato per avvelenare i pesci durante le battute di pesca) e del sanango (bevanda ricavata da piante) per dieci giorni. Con questa pratica il cacciatore si libera dalla maledizione del panema, ossia la maledizione del cacciatore che torna al villaggio a mani vuote, grazie al vomito che lo purifica espellendo dal corpo ciò che nuoce all'attività. Per l'attività di pesca utilizzano ami, veleno e arpioni (quando l'acqua del fiume è bassa) e praticano immersioni subacquee.

Sono inoltre coltivatori di riso, zucca, manioca, mais, papaia e patate.[1]





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Quechua


Per popolo quechua (termine spagnolo; italianizzato in checiua[1]) si intende l'insieme degli individui che, pur appartenendo a differenti sotto-gruppi etnici, hanno come lingua madre una lingua appartenente alla famiglia quechua, costituendo la maggioranza della popolazione di Perù e Bolivia.[2]


Descrizione
Nella valle sacra degli Incas, una donna quechua in abiti tradizionali porta sulla schiena il figlio

I quechua provengono probabilmente da una piccola regione nell'altipiano andino nel Perù meridionale. Hanno costituito il gruppo etnico più importante dell'impero Inca tanto che la loro lingua si è imposta come lingua ufficiale dell'impero. Le popolazioni quechua abitano una zona delle Ande centrali che occupa diversi stati sudamericani come Perù, Bolivia ed Ecuador.
Storia e cultura

Nonostante le diversità sul piano etnico e linguistico, i vari gruppi etnici quechua condividono numerose caratteristiche culturali comuni. Tradizionalmente l'identità quechua è orientata su base locale e, in ogni caso, fortemente legata al sistema economico della comunità. Nelle regioni meridionali degli altopiani il sistema economico è basato sull'agricoltura, mentre nelle regioni settentrionali di Puno è basato sull'allevamento e la pastorizia. La tipica comunità andina si trova in luoghi di elevata altitudine e ciononostante include la coltivazione di diverse varietà di cereali. La terra appartiene, in generale, all'ayllu, la comunità locale, ed è coltivata collettivamente oppure ridistribuita su base annuale.

I grandi proprietari terrieri, a cominciare dall'epoca coloniale e poi in maniera più intensa con la nascita degli stati sudamericani indipendenti, si sono appropriati di tutta o di gran parte della terra coltivabile e costretto le popolazioni autoctone a lavorare per loro. Le aspre condizioni di sfruttamento hanno portato ripetutamente a rivolte da parte dei contadini che sono state soppresse con la forza. La più grande di queste rivolte ebbe luogo nel biennio 1780-1781 sotto la guida di Túpac Amaru II.

Alcuni contadini indigeni occuparono le terre dei loro antenati e espulsero gli hacendados nella seconda metà del XX secolo, come per esempio nel 1952 in Bolivia sotto il governo di Víctor Paz Estenssoro o nel 1968 in Perù sotto il governo di Juan Velasco Alvarado. Le riforme agrarie inclusero espropriazioni ai danni dei grandi proprietari terrieri e in Bolivia la terra venne redistribuita alla popolazione indigena come proprietà privata. Questa redistribuzione marcò un momento di discontinuità con la tradizionale cultura quechua e Aymara basata sulla proprietà comune, anche se in alcune regioni remote sono stati ripristinati gli ayllu, come nella comunità peruviana dei Q'ero. La lotta per il diritto alla terra rappresenta una costante di tutte le comunità quechua ed è combattuta senza tregua ancora nel XXI secolo.

Per quanto riguarda la condivisione comune del lavoro nelle comunità andine esistono due modalità differenti: nel caso del Minka, le persone svolgono insieme un progetto per il comune interesse. Ayni, invece, è la reciproca assistenza, in cui i membri della Ayllu aiutano una famiglia a portare a termine un grande progetto privato, come la costruzione di una casa, e in cambio viene promesso un aiuto dello stesso tipo per un progetto analogo.

La disintegrazione dell'economia tradizionale, per esempio, regionalmente con lo sfruttamento delle risorse minerarie, ha determinato la perdita progressiva di un'identità etnica comune ma anche dell'uso della lingua quechua. Tale perdita è inoltre il risultato di una continua e sostenuta migrazione verso le grandi aree urbane, specialmente Lima, che ha visto prevalere i modelli sociali della cultura spagnola sopra quelli della società andina.
Lingua
Distribuzione dei dialetti quechua

Secondo alcune stime la popolazione di lingua quechua è compresa tra nove e quattordici milioni di persone che abitano Perù, Bolivia, Ecuador, Cile, Colombia e Argentina. I vari dialetti quechua odierni sono in alcuni casi tanto differenti tra loro che non è possibile alcuna mutua comprensibilità. Questi dialetti derivano dalla lingua quechua parlata nell'impero inca di cui era oltre che la lingua più diffusa anche la lingua ufficiale. Il quechua non era la lingua esclusiva degli Incas ma era parlata anche da alcune popolazioni che ne sono stati i tradizionali rivali: gli Huanca, i Chanka e i Cañaris. Il quechua era inoltre parlato già prima degli Incas di Cusco, per esempio, i Wanka, mentre altre popolazioni, specialmente in Bolivia ma anche in Ecuador, adottarono il quechua solo con l'avvento dell'impero Inca o in un periodo successivo. In epoca moderna il quechua è lingua ufficiale in Perù e in Bolivia.
Religione
Cusco, giovane danzatore durante la festività in onore di Taytacha Qoyllur Rit'i

Tutti i quechua delle Ande professano, almeno formalmente, la religione Cattolica sin dall'epoca coloniale. Ciononostante, forme religiose tradizionali persistono in diverse regioni, mescolate ad elementi cristiani[3][4]. Le tradizioni religiose dei quechua sono condivise da altri gruppi e sottogruppi etnici delle Ande, in particolare quella per Pachamama, la Madre Terra, dea della fertilità in onore della quale vengono bruciate offerte e libagioni in maniera regolare. Anche gli apu, gli spiriti della montagna, occupano una posizione privilegiata nella tradizione andina, così come altre divinità minori locali che sono ancora venerate specialmente nel Perù meridionale.

Alcuni miti sono poi collegati al genocidio subito ad opera dei conquistadores spagnoli. In particolare quello di Nak'aq o Pishtaco, il macellaio, un assassino bianco che succhia il grasso fuori dal corpo degli indigeni che uccide. Nel mito di Wiraquchapampa, i Q'ero, descrivono la vittoria degli apu sopra gli invasori spagnoli. Dei miti ancora diffusi, quello di Inkarrí è particolarmente interessante e forma un elemento culturale di collegamento fra i quechua che abitano la regione compresa tra Ayachuco e Cusco. Un altro esempio tipico è quello del pellegrinaggio verso il santuario del signore di Qoyllur Rit'i, nella valle del monte Sinakara, vicino a Cusco, e che mescola elementi panteistici a motivi tipicamente cristiani.
Episodi di discriminazione

Ancora in tempi recenti, i quechua continuano ad essere vittima di conflitti politici e di persucuzioni etniche. Durante la guerra civile che ha insaguinato negli anni Ottanta il Perù, la lotta tra il governo centrale e i terroristi di Sendero Luminoso ha fatto innumerevoli vittime tra i civili. Secondo alcune stime i quechua hanno subito oltre settantamila morti, dove le parti in guerra hanno coinvolto prevalentemente creoli e mestizos.

La politica di sterilizzazione forzata, durante la presidenza di Alberto Fujimori, coinvolse quasi esclusivamente donne quechua ed Aymara su un totale di duecentomila trattamenti. Il regista boliviano Jorge Sanjines cercò di portare all'attenzione del grande pubblico la questione delle sterilizzazioni forzate già nel 1969 attraverso il film in lingua quechua Yawar Mallku.
Hilaria Supa Huamán, attivista quechua per i diritti civili e politica peruviana.

Una costante discriminazione etnica continua ad essere perpetuata anche a livello parlamentare. Quando i neoeletti membri del parlamento peruviano, Hilaria Supa Huamán e María Sumire, prestarono giuramento per il loro incarico in lingua quechua, il presidente del parlamento, Martha Hildebrandt, e il parlamentare Carlos Torres Caro rifiutarono il loro discorso di accettazione.
Caratteristiche somatiche

Tra i caratteri fisici più distintivi si possono citare: la carnagione bruno-olivastra, la testa grossa, la faccia ovale, la fronte convessa, le mascelle forti, gli zigomi sporgenti, gli occhi orizzontali, piccoli, neri con cornea giallastra e sopracciglia arcuate; i capelli neri, spessi, lunghi e lisci, la quasi totale mancanza di barba; i muscoli sviluppati, il petto largo, le estremità piccole, le caviglie sottili; una macchia dermopigmentata polimorfa temporanea sacro-coccigea.
Personaggi notevoli

Atahualpa Yupanqui, cantante e musicista argentino
Alejandro Toledo, primo Presidente del Perù di origine quechua
Martín Chambi, fotografo
Diego Quispe Tito, pittore
Túpac Amaru II, rivoluzionario
Tránsito Amaguaña, attivista ecuadoregna
Juan Santos Atahualpa, ribelle
Garcilaso de la Vega, storico peruviano
Simón Iturri Patiño, uomo d'affari boliviano
Hernán Huarache Mamani, scrittore peruviano





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Quechua

 
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Tsimané



Gli Tsimané, conosciuti anche come Tsimane' o Chimane, sono popoli indigeni nei bassipiani della Bolivia, che vivono nell'area comunale di San Borja, di San Ignacio de Moxos, di Rurrenabaque e di Santa Ana del Yacuma.[1] Gli Tsimané sono i principali residenti del Territorio del Consejo T’simane e della Riserva della biosfera e della terra comunitaria dell'origine Pilon Lajas (Reserva de la biosfera y tierra comunitaria de origen Pilón Lajas) Hanno una economia basata sull'agricolura sussistenziale, sebbene sia la caccia che la pesca contribuisce significativamente al rifornimento degli insediamenti. Gli Tsimané che vivono nella riserva sono affiliati con il Consiglio regionale Tsimane Moseten (Consejo Regional Tsimane Moseten) o CRTM[2].


Nome

Gli Tsimané sono conosciuti anche come Achumano, Chamano, Chimane, Chimanis, Chimanisa, Chimnisin, Chumano, Nawazi-Moñtji, e popolo Ramano.[3]
Lingua
Gli Tsimané parlano la Lingua Tsimané, che è una lingua Mosetenan. Nel gruppo delle Mosetenan ci sono anche la Mosetén di Santa Ana e la Mosetén di Covendo[4]. Questo gruppo può essere definito come una piccola famiglia linguistica sebbene a volte possa apparire una sola lingua isolata in quanto alcune delle sue varianti sono mutuamente intellegibili[5].





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Yaminawá



Gli Yaminawá sono un gruppo etnico del Brasile, del Perù, e della Bolivia.[1]

Lingua

Parlano la lingua Yaminawá (codice ISO 639: YAA), che appartiene alla famiglia linguistica pano, lo spagnolo ed il portoghese.[2]
Insediamenti

Vivono negli stati brasiliani dell'Acre e dell'Amazonas, nel territorio indigeno Cabeceiras do Rio Acre (approvato nel 1998), all'interno del comune di Assis Brasil, al confine con il Perù. Vivono inoltre nei pressi dei fiumi Purús, Curanja, Piedras, Mapuya, Huacapishtea, Tahuamanu, Cashpajali e Sepahua in Perù, e in Bolivia, in un villaggio denominato A Escola a due ore di canoa da Assis Brasil.

Nel comune brasiliano di Brasiléia, nel bairro di Samaúma, vive un piccolo contingente di Yaminawá, migrato in zona probabilmente a causa di una passata scissione interna; questo sottogruppo è conosciuto con il nome di Bashonawá e vive in una situazione precaria senza un territorio assegnato in via ufficiale. Nei pressi dei fiumi Purus e Iaco, all'interno del territorio indigeno di Mamoadate, vi è un piccolo villaggio che raccoglie un altro centinaio di Yaminawá. Altri piccoli gruppi sono dispersi nelle comunità di Paumari lungo il fiume Purus. In territorio peruviano vi sono altri gruppi lungo i fiumi Juruá, Mapuya e Huacapishtea. A causa della forte dispersione di questa etnia, è difficile stabilire con certezza la diffusione anche per la facilità con cui gli Yaminawá si disperdono all'interno di altri gruppi etnici instaurando legami matrimoniali.[3]





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Yaminaw%C3%A1

 
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Yawanawá



Gli Yawanawá sono un gruppo etnico del Brasile, del Perù e della Bolivia.[1]


Lingua

Parlano la lingua Yawanawá (codice ISO 639: YWN) che appartiene alla famiglia linguistica pano e che mostra un elevato livello di intelligibilità con le lingue di altri gruppi tra cui gli Shanênawa, i Jaminawa, gli Shawanawa e i Sainawa. Molti membri del gruppo, soprattutto i più giovani, parlano anche il portoghese.[2]
Insediamenti

Vivono nello stato brasiliano dell'Acre, nel territorio indigeno del fiume Gregorio (92.859 ettari, delimitato nel 1984). Il territorio si trova nel comune di Tarauacá ed occupa le sorgenti di questo affluente del fiume Juruá. La comunità principale si trova nel villaggio di Nova Esperança, fondato nel 1992. Altre comunità vivono in Perù e in Bolivia.[3]





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Yuracaré


Gli Yuracaré sono un gruppo etnico dei bassipiani tropicali forestali della Bolivia.
Storia e geografia

Appartenenti ad un gruppo linguistico isolato, senza relazioni chiare con le altre lingue indigene del continente americano, gli Yuracaré abitano attualmente le aree forestali lungo i fiumi della provincia Ichilo, del dipartimento di Santa Cruz, le provincia Carrasco e Chapare del dipartimento di Cochabamba, e la provincia Moxos del dipartimento di Beni.

Tra le provincie Carrasco, Chapare e Moxos, lungo il rio Chapare, è ubicato il TCO (Territorio Comunitario d'Origine) degli Yuracaré, assegnato ufficialmente negli anni '90 dal governo boliviano e con una estensione di più di 60.000 ettari.

Attualmente le comunità Yuracarè contano complessivamente tra 2.500 e 3.000 persone, dedite alla pesca, ad attività agricole di sussistenza o alla raccolta in forma sostenibile dei prodotti della foresta.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Yuracar%C3%A9

 
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