IL FARO DEI SOGNI

Categoria:Gruppi etnici in Birmania

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Minoranza-Karen-Myanmar





Pagine nella categoria "Gruppi etnici in Birmania"

Questa categoria contiene le 27 pagine indicate di seguito, su un totale di 27.
A

Akha

B

Birmani
Blang

C

Chin (etnia)

D

Danu (etnia)
De'ang

H

Hmong

I

Inthas

J

Jingpo

K

Karen (etnia)
Karenni
Kayan
Khmu
Popoli khmuici
Kokang (popolo)

L

Lahu
Lisu
Lü (popolo)

M

Malesi
Moken
Mon (gruppo etnico)

R

Rakhine
Rohingya

S

Shan

T

Popoli tai

V

Va (popolo)

Y

Yao (popolo)





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:Gr...ici_in_Birmania

 
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Akha



260px-Akha_Muan_sing_Laos_5-11-2006



Gli akha, chiamati anche ko o iko, sono un gruppo etnico dell'Indocina settentrionale proveniente dalla Cina (Yunnan) e dal Tibet. La maggioranza degli akha vive in piccoli villaggi di montagna in Cina, in Laos (dove fanno parte del gruppo dei lao sung), in Myanmar e nel nord della Thailandia (dove rappresentano una delle sei più popolose etnie di montagna). Una comunità minore si trova nel Vietnam settentrionale.[2]

Storia

Si ipotizza che assieme alle etnie dei lisu e dei lahu appartenessero un tempo alle tribù dei cacciatori lolo che nel XVII secolo controllavano le pianure di Paoshan e Teinchung nello Yunnan, fino all'invasione del 1644 delle armate cinesi della dinastia Ming. La migrazione degli akha dalla Cina cominciò circa due secoli fa, quando fuggirono dai conflitti che erano in corso nello Yunnan settentrionale cercando terre coltivabili verso sud.[1] In Thailandia arrivarono agli inizi del XX secolo e l'immigrazione è tuttora in corso. Migliaia di akha che vivevano in territorio shan, lasciarono i loro campi e si trasferirono in Thailandia del nord a seguito delle devastazioni operate a partire dal 1949 da nazionalisti cinesi del Kuomintang fuggiti dopo la sconfitta nella guerra civile cinese.[3]
Distribuzione

La popolazione totale era di 568.000 individui secondo stime del 2007, suddivise nei seguenti paesi:[2]

Cina: 240.000 individui nelle zone meridionali dello Yunnan. Non vengono considerati tra i 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dal governo cinese, che li ha inseriti nel gruppo degli hani
Birmania: 200.000 individui stanziati nello Stato Shan, nel nord-est del paese
Laos: 66.100 individui nei villaggi delle province di Phongsali, Luang Namtha, Udomxai e Bokeo.[1]
Thailandia: 56.600 nelle province settentrionali di Chiang Rai, Chiang Mai e Mae Hong Son
Vietnam: 1.260 nelle province settentrionali di Quang Binh e Quang Tri (stima del 1995)[2]





segue Cultura e stile di vita

 
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Cultura e stile di vita
Donna Akha con il caratteristico costume

Generalmente gli akha vivono in palafitte o in case di bambù erette su basse piattaforme di legno in zone collinose o montane comprese tra i 600 ed i 1000 m s.l.m. L'ubicazione del villaggio, che di solito si compone di 40 o 50 abitazioni, viene scelta dallo sciamano in una zona deforestata con l'esecuzioni di riti religiosi. All'interno delle abitazioni un lato è per le donne e l'altro lato, occupato dai maschi, è usato come area pubblica. La vita quotidiana comprende abitudini e comportamenti particolari mutuati dalle superstizioni legate al culto degli spiriti, come l'infanticidio di gemelli o handicappati.[1]

La società è di tipo patriarcale e gli uomini esercitano la supremazia. Il capovillaggio è esperto in cerimonie religiose e tribali ed è responsabile per le fonti d'acqua, il cimitero, la casa degli spiriti ecc. Tra i suoi compiti vi è anche quello di pacificare le liti. Vi è anche un ragazzo responsabile per i giovani del villaggio, per i quali organizza attività varie compresa l'accoglienza dei visitatori della comunità.[1]

Quando gli akha si sposano vanno a vivere in una piccola capanna vicina all'abitazione dei genitori del marito, dove possono trasferirsi quando muore uno dei genitori. La nascita viene festeggiata con una cerimonia propiziatoria in cui si offrono sacrifici di due polli agli spiriti. Altri riti legati all'animismo vengono celebrati durante i funerali per garantirsi la benevolenza dello spirito del parente deceduto, che viene messo in una bara finemente intagliata e sepolto dopo due giorni di cerimonie.[1]

Nella tradizione tribale, le donne akha vestono vecchi abiti neri molto vistosi con decorazioni multicolore che intessono nei telai del villaggio. Particolarmente originali sono i copricapi, adornati da cerchi in bambù, perline colorate e da antiche monete d'argento (da ritagli di alluminio per le meno abbienti).[1] Alcune delle donne vanno nei mercati dei villaggi lao con la giacca sbottonata ed il seno in vista. Gli uomini vestono normali pantaloni e camicie vecchie e rotte. La comunità akha della città di Jinghong è perfettamente integrata con il resto delle etnie cittadine. Oltre a vestirsi di normali e ben curati abiti in stile occidentale, i suoi membri vivono in normali appartamenti ed alcuni sono anche proprietari di eleganti locali. .
Lingua

Parlano l'akha, una lingua della famiglia tibeto birmana, molto simile a quelle dei lisu e dei lahu. Gli akha non hanno un proprio alfabeto e si tramandano la storia ed i costumi con la tradizione orale, chiamata akhasang.[1]
Religione

Gli akha danno particolare importanza alla genealogia ed al culto degli antenati, la storia della famiglia a cui si appartiene viene tramandata e studiata sin da bambini. Professano l'Animismo, credono in un mondo pieno di spiriti buoni e cattivi che hanno il potere di intervenire sulla vita dell'uomo. Gli spiriti protettori sono quelli del villaggio e della casa, quelli da temere sono quelli della foresta e della montagna. Ai due ingressi del villaggio viene posto un cancello sacro in bambù in onore degli spiriti protettori della comunità.[1] Una piccola parte della comunità si è convertita al Cristianesimo ed al Buddhismo.
Economia

Gli akha usano spesso una forma distruttiva di bonifica del terreno chiamata debbio, che può portare all'eliminazione degli alberi più antichi, di specie di animali native e all'impoverimento del suolo. Sono contadini esperti e si concentrano sulle coltivazioni di riso, mais, soia e cotone, che vengono piantati a rotazione stagionale. Coltivano anche altri vegetali ed hanno una lunga tradizione nella coltivazione del papavero da oppio, di cui una parte degli abitanti del villaggio sono consumatori. In Thailandia tale tradizione è stata sradicata dal governo centrale.

Sono anche cacciatori efficienti, le cui prede talvolta includono specie in via di estinzione, e sono esperti nella raccolta di frutta e bacche selvatiche nella foresta. Allevano soprattutto maiali e polli, più raramente mucche e bufali. Questi animali sono considerati un lusso e vengono consumati solo in occasioni e celebrazioni speciali.[1]
Diritti umani ed altri problemi

L'etnia ha affrontato molti problemi riguardanti i diritti umani e la giustizia, particolarmente in paesi nazionalisti come Cina e Thailandia, in quanto le zone collinari in cui abitano sono adatte alla produzione di legname. Un altro motivo di controversia è la pratica del debbio che usano in agricoltura danneggiando le foreste nazionali e l'ecosistema nativo.

Molti bambini vengono venduti dalle famiglie ed introdotti nel giro della prostituzione infantile o mandati a lavorare nelle città, tali fenomeni stanno contribuendo all'erosione della cultura tribale. I portavoce di molti villaggi akha in Thailandia denunciano tra l'altro il trattamento iniquo da parte del governo: la copertura medica viene loro rifiutata così come la concessione della cittadinanza thailandese. Molti membri dei villaggi risultano immigrati clandestini.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Akha#Cultura_e_stile_di_vita

 
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Birmani (etnia)



I birmani[1] (in birmano: bamar ဗမာလူမျိုး; MLCTS: ba. ma lu. myui:; IPA: [bəmàː]) sono il gruppo etnico predominante della Birmania (attualmente Myanmar), costituiscono circa il 68% della popolazione[2].

In Birmania i bamar vivono soprattutto nelle pianure del bacino del fiume Irrawaddy e parlano la lingua birmana, (la lingua ufficiale della Birmania/Myanmar), una lingua tibeto-birmana che fa parte della famiglia delle lingue sinotibetane[3].



Lingua

I rakhine, sebbene culturalmente distinti dai bamar, vi sono etnicamente imparentati e parlano un dialetto del birmano che ha trattenuto il suono /r/, tramutato nel suono /j/ nella lingua birmana standard (per quanto sia ancora presente nell'ortografia). Altri dialetti sono diffusi nella costa sudorientale del Tenasserim, e includono il beik e il tavoyano (dalla città di Tavoy o Dawei). L'inglese fu introdotto nel XIX secolo, quando i bamar entrarono in contatto per la prima volta con i britannici come nazione di commercianti, e fiorì durante il periodo coloniale.
Origini

I bamar discendono dall'Asia orientale, si ritiene che siano giunti dall'odierno Yunnan, in Cina, nella valle del fiume Ayeyarwady dell'alta Birmania circa 1200-1500 anni fa. Nel corso dell'ultimo millennio hanno in buona parte sostituito o assorbito i popoli di etnia mon e della più antica etnia pyu che in origine dominavano questa valle.
La distribuzione dei bamar in Indocina
Distribuzione

I bamar sono i numerosi in Birmania, dove costituiscono il gruppo etnico maggioritario. La Thailandia ha il secondo più grande numero di bamar. Tanto questi ultimi quanto i bamar indiani sono o fuggiti dalla situazione politica del loro paese d'origine o sono alla ricerca di opportunità economiche migliori[senza fonte]. Anche gli Stati Uniti d'America sono la patria di una sostanziosa popolazione birmano-americana[senza fonte] e molti altri birmani si sono trasferiti in Europa, soprattutto in Gran Bretagna. La diaspora birmana, che è un fenomeno recente (storicamente ebbe inizio durante la seconda guerra mondiale), è stata causata soprattutto dal lungo periodo di regime militare e rispecchia la diversità etnica della Birmania. Con l'indipendenza della Birmania nel 1948 iniziarono prima gli anglo-birmani ad emigrare nel Regno Unito, in Australia, in Nuova Zelanda e nel nord America, seguiti dopo dagli stessi bamar. Ma questo flusso migratorio non si è limitato all'ovest; anche la Malaysia, Singapore, Hong Kong, Taiwan, l'Australia, la Korea e il Giappone sono mete frequenti. I birmani presenti in Australia, in Nuova Zelanda e nel Regno Unito sono per lo più di origine anglo-birmana[senza fonte], mentre negli USA sono presenti anche altri gruppi etnici birmani[senza fonte].
Società e cultura
I bamar tradizionalmente vestono i sarong, chiamati longyi (လုံချည်) in birmano. Le donne indossano un tipo di sarong chiamato htamain (ထမီ), mentre gli uomini indossano un sarong tubolare detto longyi o, come abbigliamento più formale, un solo panno lungo avvolto intorno ai fianchi, detto paso (ပုဆိုး) in birmano. Fanno parte dell'abbigliamento formale gioielli in oro, sciarpe di seta e giacche. In occasioni formali gli uomini di solito indossano turbanti di panno chiamati gaungbaung (ခေါင်းပေါင်း) e giacche con il colletto alla mandarina detti taikpon (တိုက်ပုံ), mentre le donne indossano camicie. Entrambi i sessi indossano sandali di velluto detti mandalay pa nak (မန္တလေး‌ဖိနပ်‌), per quanto si usano anche sandali di pelle, gomma e plastica (ဂျပန်ဖိနပ်‌, letteralmente "scarpe giapponesi"). In città e nelle aree urbane è diventato popolare l'abbigliamento informale occidentale, incluse le magliette, i jeans e le scarpe da atletica o da ginnastica, specialmente tra i giovani. I tatuaggi che fanno da talismano, gli orecchini e i capelli lunghi legati in una crocchia, una volta frequenti tra gli uomini, non sono più di moda dalla fine della seconda guerra mondiale; di recente a Yangoon e a Mandalay hanno fatto la loro comparsa uomini in pantaloncini con code di cavallo, e uomini e donne con i capelli tinti, specialmente in occasione dell'atmosfera in cui tutto vale del capodanno birmano, chiamato Thingyan. L'occidentalizzazione arriva soprattutto dal Giappone e da Singapore. I bamar di entrambi i sessi e di tutte le età indossano anche i thanaka, specialmente sul volto, per quanto questo uso è diffuso quasi esclusivamente tra le donne, i bambini e tra i ragazzi non sposati. Il trucco e la cosmesi all'occidentale sono diventati da tanto tempo graditi nelle aree urbane. Tuttavia il thanaka non è indossato solamente dai bamar e molti altri gruppi etnici in Birmania lo usano a scopo cosmetico.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Birmani_(etnia)

 
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Blang



I Blang (o anche Bulong, in cinese 布朗族 : Bùlǎng Zú) sono un gruppo etnico stanziato prevalentemente nella Repubblica popolare cinese, dove fa parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dal governo. Piccole comunità si trovano anche in Birmania ed in Thailandia.





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Chin (etnia)



I chin sono un'etnia originaria del sudest asiatico, diffusa al confine tra Birmania (Stato Chin e Stato Rakhine), India (Nagaland, Mizoram, Manipur, e Assam), e Bangladesh (Divisione di Chittagong).

Essendo conosciuti anche con i nomi di Kuki (in Assam e in Bangladesh) e Mizo (e in Mizoram), spesso si usa il nome Chin-Kuki-Mizo per indicare complessivamente tutto il gruppo etnico.[1]

Come gli altri popoli tibeto-birmani, i Chin sono originari della Cina, e si sono stabiliti nelle attuali regioni in seguito a diverse migrazioni successive. Arrivarono in Birmania, nella valle del fiume Chindwin, al più tardi nell'VIII secolo.[2] Nell'862 il diplomatico cinese Fan Chuo parla di un regno nella valle del Chindwin, i cui principi sono stati chiamati Shou; questo regno viene considerato una prova della presenza di una popolazione Chin nella regione.[3] Si mossero poi verso ovest, stabilendosi nell'odierno Stato Chin, nel XIV o nel XV secolo.

I Chin sono divisi in sei tribù principali e 63 sotto-tribù distinte, che si differenziano per variazioni dialettali e culturali, ma che hanno in comune la storia, l'origine geografica, le tradizioni, e l'identità etnica.[4]

Il sentimento identitario tra i Chin si è sviluppato con la conquista da parte degli inglesi e la creazione del Raj Britannico: inglobati in uno stato più grande e multi-etnico, i Chin furono costretti a vedere più le somiglianze tra loro che le differenze.[4]

Tradizionalmente i Chin erano animisti; in seguito alla colonizzazione inglese e all'opera dei missionari battisti, i Chin sono però diventati nella stragrande maggioranza (80-90%) cristiani.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Chin_(etnia)

 
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Danu (etnia)



I danu (in lingua birmana: ဓနု, trascrizione IPA: dənṵ) sono un sottogruppo dei bamar (in italiano: birmani), l'etnia dominante della Birmania. Esistono solo alcune migliaia di danu nella Birmania centrale, stanziati nelle zone di Pyin U Lwin, che fa parte della Regione di Mandalay e in quelle di Kalaw, Pindaya e del lago Inle, nello Stato Shan.[1][2][3]

Parlano un dialetto della lingua birmana di facile comprensione per gli altri bamar,[3] da cui si differenzia per l'uso di parole arcaiche ed un'inflessione particolare. Condividono con i bamar anche la religione, il Buddhismo Theravada, ed i costumi tradizionali. Il termine danu deriva da donke (letteralmente: arcieri coraggiosi) e si suppone che siano i discendenti degli arcieri dell'esercito birmano stanziatisi in queste aree dopo le guerre in Siam, l'odierna Thailandia. L'attività principale è l'agricoltura.[1]

La nuova Costituzione birmana del 2008 ha affrontato l'annoso problema delle minoranze etniche nel paese, per tradizione coinvolte in conflitti contro il potere centrale. In merito alla riappacificazione nazionale, la Costituzione ha previsto la formazione di zone auto-amministrate da membri prescelti di alcune minoranze etniche.[4] Il 20 agosto 2010, i danu hanno ottenuto la formazione della piccola zona auto-amministrata Danu, una suddivisione amministrativa di primo livello come gli Stati e le Regioni. Il territorio di tale zona è compreso nello Stato Shan, ed il capoluogo è Pindaya.





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De'ang


260px-Frocks_and_frills_in_the_northern_Shan_states







I de'ang (o anche ta'ang, palaung, benglong) sono uno dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica Popolare Cinese. I membri dell'etnia si autodefiniscono ta'ang, la maggior parte vive in Birmania, dove sono conosciuti come palaung. Vi sono alcune comunità anche in Thailandia.

Sono suddivisi nei 3 sottogruppi principali degli shwe,[1] dei ruching[2] e dei rumai,[3]; il governo cinese raggruppa tra i de'ang anche i riang.[4] Tali sottogruppi parlano diversi idiomi palaung e dialetti ad essi correlati, che fanno tutti parte della famiglia linguistica mon khmer, a sua volta raggruppata tra le lingue austronesiane.

Sono dediti principalmente all'agricoltura ed i principali raccolti sono quelli del tè e del papavero da oppio, che producono in grandi quantità. Altre importanti colture sono quelle del grano, del riso e del granturco.[5] Sono pregevoli intarsiatori di bambù, materiale con il quale vengono anche costruite le case dei villaggi.





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Distribuzione

I villaggi dell'etnia si trovano principalmente lungo la frontiera tra Cina e Birmania, nella zona occidentale della provincia cinese dello Yunnan, dove sono chiamati de'ang, e nella zona occidentale dello Stato Shan, dove si autodefiniscono ta'ang, ma sono conosciuti dai birmani come palaung.[6]
Birmania
Storia
Donna palaung in una foto del 1890 di Felice Beato

Si presume che i paluang si siano stanziati nel nord-est della Birmania prima dell'arrivo degli shan, che giunsero nel XII secolo e si affermarono come etnia dominante nella zona. Nel corso dei secoli in cui hanno vissuto in Birmania, i palaung furono spesso coinvolti nelle varie guerre che hanno visto fronteggiarsi le diverse etnie dominanti del paese.[7] Il tenore di vita dell'etnia, discreto durante l'occupazione britannica, è peggiorato dopo l'indipendenza della Birmania, con gli espropri delle terre palaung da parte della giunta militare. I palaung hanno lottato per 40 anni per ottenere la propria indipendenza formando l'Esercito di Liberazione dello Stato Palaung che, da quando è stata firmata la tregua con il governo centrale nel 1991, si è spesso associato alle lotte di eserciti di liberazione di altre minoranze etniche birmane. Molti palaung hanno dovuto rifugiarsi all'estero, soprattutto in Thailandia, per sfuggire alla dura repressione militare.[5]

La nuova Costituzione birmana del 2008, nel tentativo di riconciliare la nazione, ha garantito ad alcune minoranze fino ad allora non rappresentate la formazione di zone auto-amministrate, che sono suddivisioni amministrative di primo livello al pari delle Regioni e degli Stati del paese.[8] Con un decreto del 20 agosto 2010, ai palaung è stata assegnata la Zona auto-amministrata Pa Laung, con capoluogo a Nahmsan.[9] Malgrado che l'Esercito di Liberazione Palaung abbia consegnato le armi ai militari birmani nel 2005, la repressione della giunta contro l'etnia è tuttora in atto.[10]
Sottogruppi

I palaung birmani, come nel vicino Yunnan, sono suddivisi nei seguenti sottogruppi:

Gli shwe, detti anche palaung d'oro o ta'ang samlung, erano nel 1982 in 148.000 stanziati principalmente nella zona di Namhsan. Parlano 15 dialetti della lingua shwe, che è collegata a quelle dei ruching e dei rumai. Parlano anche lo shan ed il birmano.[1] La maggior parte si sono convertiti al Buddhismo Theravada degli shan.
I ruching, detti anche ngwe palaung, palaung d'argento, pale e de'ang, erano nel 2000 in 258.000. Nel nord dello Stato Shan sono stanziati nelle zone di Kyaukme e Lashio, attorno alla strada che porta da Mandalay alla frontiera cinese. Alcuni villaggi si trovano anche ad est del fiume Saluen, nella zona dei kokang. Nella zona sud dello Stato Shan si trovano attorno alla città di Kalaw, non lontano dal lago Inle. Parlano una delle lingue palaung, che scrivono con l'alfabeto birmano, ma comunicano anche in shan, birmano e tai lü.[2]
I rumai, che negli anni Novanta erano in 137.000 nel nord dello Stato Shan, parlano una delle lingue palaung.[3]
I riang, detti anche yinnet, yanglam, liang sek e yang wan kun, non sono considerati palaung, ma in Cina fanno parte dei de'ang. Nel 2008 erano in 12.500 nello Stato Shan. Si dividono in riang rossi e riang neri, che vivono in aree, vestono costumi e parlano dialetti tra loro diversi. Comunicano anche in shan e scrivono utilizzando l'alfabeto bengalese.[4] Sono soprattutto buddhisti, ma esistono ancora diversi villaggi che praticano l'Animismo.

Braccialetti de'ang esposti in un museo dello Yunnan
Cina
Storia

L'etnia in Cina viene chiamata de'ang, in lingua cinese: 德昂族, trascrizione pinying: déáng zú. Prima della dinastia Qing erano conosciuti come pu, che è l'antico popolo da cui discendono. Durante le dinastie Sui e Tang, vennero chiamati anche mangman (lett. "uomini barbari"). Non hanno un proprio alfabeto e per scrivere usano i caratteri cinesi o l'alfabeto di uno dei gruppi dai. La maggior parte dei de'ang cinesi pratica il Buddhismo Mahāyāna.[1][2][3]
Sottogruppi

Gli shwe, detti anche palaung d'oro come in Birmania, erano nel 1995 in 2.000, stanziati nelle contee sud-occidentali dello Yunnan.[1]
I pale, come sono chiamati i ruching in Cina, detti palaung d'argento o ta'ang meridionali, erano nel 2000 in 9.000, stanziati nella parte occidentale dello Yunnan. Oltre alla lingua ruching, parlano il cinese, il tai lü ed il jingpo.[2]
I rumai, chiamati in Cina anche ruomai e humai, nel 1995 erano in 2.000, stanziati nell'estremo ovest dello Yunnan, lungo la frontiera con la Birmania.[3]
I riang in Cina fanno parte dei de'ang. Nel 1995 erano in 3.500 nel sud-ovest dello Yunnan, la maggior parte dei riang cinesi professa l'Animismo.[4]

Thailandia

I palaung giunti in Thailandia sono quelli del sottogrupo ruching. Si trasferirono nel paese per sfuggire alla repressione militare birmana che cercava di sottomettere le ribellioni palaung nello Stato Shan. Sono stanziati soprattutto nel nord-ovest e nel 1989 erano in 5.000.[2]





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/De%27ang

 
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Hmong



185px-Flower_hmong_women_bac_ha_vietnam_1999





I hmong, anche conosciuti come miao (in pinyin: miáo; in vietnamita: mèo o h'mông; in tailandese: แม้ว (maew) o ม้ง (mong); in birmano: mun lu-myo), in cinese 苗族, sono un gruppo etnico asiatico che vive principalmente nelle regioni montane della Cina del sud (in particolare nella provincia del Guizhou) e nelle regioni del sudest asiatico (Vietnam, Laos, Birmania e Thailandia del Nord).

Formano il quinto in ordine demografico fra i 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese, così come uno dei 54 gruppi etnici del Vietnam.


Nomenclatura: miao e hmong

I due termini, miao e hmong (o h'mong nel Vietnam), sono entrambi attualmente usati per riferirsi a questa popolazione autoctona della Cina. Vivono principalmente in Cina del sud, nelle province del Guizhou, dell'Hunan, dello Yunnan, del Sichuan, del Guangxi e dell'Hubei. Secondo il censimento del 2000, il numero di miao in Cina si attesta circa sui 9,6 milioni. Fuori della Cina vivono in Thailandia, nel Laos (dove fanno parte del gruppo dei lao soung), nel Vietnam e in Birmania (a causa delle migrazioni che cominciarono nel XVIII secolo) ed anche negli Stati Uniti, nella Guyana francese, in Francia ed in Australia come conseguenza delle recenti migrazioni dopo la guerra del Vietnam e quella dell’Indocina fra il 1949 e il 1975. Complessivamente ci sono circa 8 milioni di persone che parlano le lingue dei miao. Questo ceppo linguistico, che consiste di 3 lingue e di 30-40 dialetti a volte assai simili, appartiene, insieme alla lingua di Bunu, al ramo miao del ceppo hmong-mien (miao-yao). I linguisti occidentali trattano il problema della terminologia in un senso non uniforme. I primi linguisti si sono basati sul nome con varie trascrizioni: miao, miao-tse, miao-tsze, meau, meo, mo, miao-tseu ecc., ma dopo aver studiato i hmong del Laos, alcuni linguisti ed etnologi contemporanei hanno adottato un'altra terminologia.

Gli stessi hmong si sono auto-assegnati diversi nomi e i cinesi, a loro volta, li classificano a seconda del colore delle vesti indossate dalle donne. La seguente lista contiene i nomi che si sono dati i hmong, i nomi dati a loro dai cinesi e le regioni principali abitate dai quattro gruppi principali di hmong in Cina:
Barca tradizionale Miao. Usata per la ricerca di oro nei fiumi.

Ghao xong; miao rossi; regioni nell'ovest dell'Hunan.
Hmu, gha ne (ka nao); miao neri; regioni nel sud-est del Guizhou.
A hmao; miao del grande fiore; regioni nel nord-ovest del Guizhou e nel nord-est dello Yunnan.
Hmong; miao bianchi, miao verdi (o blu), miao del piccolo fiore; regioni nel sud del Sichuan, nell'ovest del Guizhou e nel sud dello Yunnan.

Soltanto il quarto gruppo usa il termine hmong. Inoltre, soltanto questi (e alcuni hmu) hanno esponenti che vivono fuori della Cina. I hmong non cinesi sostengono che il termine hmong è usato non solo per l'indicazione del loro gruppo di dialetto, ma anche per gli altri gruppi che vivono in Cina. Sostengono anche che la parola “miao” è un termine dispregiativo che non dovrebbe essere usato. Invece il termine hmong dovrebbe essere usato per indicare tutti i gruppi della loro etnia. Sono stati gli invasori cinesi ad aver dato ai hmong l'appellativo miao, che successivamente divenne meo e man. Il secondo termine significa letteralmente “il barbaro del sud”. Inoltre la parola "miao" è stata trasformata dai vietnamiti, dai lao e dai thailandesi in meo. Comunque molte persone che parlano lingue hmong o il cinese traducono il termine miao con “barbaro” e questo dimostra che tale appellativo ha questo significato oggettivo. I laotiani, i thailandesi e i vietnamiti usano il termine “miao” in senso dispregiativo. Se pronunciato erroneamente in thailandese o in cantonese la parola significa “gatto„ (come si può rilevare dall'origine onomatopeica del vocabolo). Inoltre, la traduzione vietnamita letterale per mèo è "gatto". Ciò forse spiega il rancore contro il termine "miao" fra i gruppi di hmong del sud-est asiatico.

In Cina i gruppi di miao si sono invece assegnati un nome diverso e soltanto una piccola parte della popolazione usa ancora la parola "hmong". Alcuni hmong negli anni cinquanta hanno protestato contro la classificazione ufficiale delle minoranze del governo cinese che aveva loro affibbiato il nome miao e avevano chiesto che fosse cambiato. I gruppi di miao della Cina non espressero, comunque, alcuna preoccupazione al riguardo. Uno dei motivi è puramente pratico: è impossibile introdurre la parola "hmong" in Cina poiché questa sillaba non esiste nella lingua cinese.

I hmong scrivono il loro nome con il termine "hmoob". Il termine hmong è stato proposto per indicare tutti gruppi che parlano dialetti hmong in Cina e per i miao al di fuori del territorio cinese. Molte persone restano ancora confuse per via di questo dualismo tra i due termini e spesso non vedono connessioni tra i miao ed i hmong.






segue Demografia

 
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Demografia
La tribù dal lungo corno, un piccolo sottogruppo dei miao che vive in 12 villaggi vicino alla regione di Zhijing, nella provincia del Guizhou. I corni di legno sono considerati una forma di attrazione per gli uomini
Costume popolare di Hmong in Sa Pa, Vietnam.

Oggi molti hmong vivono in Cina. Di seguito alcuni dati sulla crescita della popolazione:

1953: 2.510.000
1964: 2.780.000
1982: 5.030.000
1990: 7.390.000

3.600.000 miao, circa la metà di tutta la popolazione miao della Cina, si trovavano nel Guizhou nel 1990. I miao del Guizhou e quelli di altre sei province arrivano a coprire circa il 98% di tutta l'etnia in Cina:

Hunan: 1.550.000
Yunnan: 890.000
Sichuan: 530.000
Guangxi: 420.000
Hubei: 200.000
Hainan: 50.000 (chiamati miao ma etnologicamente sono gli yao)

Nelle province succitate ci sono 6 prefetture autonome di miao (ufficialmente condivise con un'altra minoranza etnica):

Qiandongnan Miao e la Prefettura Autonoma di Tong (黔东南: Qiándōngnán), Guizhou
Qiannan Buyi e la Prefettura Autonoma Miao (黔南: Qiánnán), Guizhou
Qianxinan Buyi e la Prefettura Autonoma Miao (黔西南: Qiánxīnán), Guizhou
Xiangxi Tujia e la Prefettura Autonoma Miao(湘西: Xiāngxī), Hunan
Wenshan Zhuang e la Prefettura Autonoma Miao (文山: Wénshān), Yunnan
Enshi Tujia e la Prefettura Autonoma Miao (恩施: Ēnshī), Hubei

In più ci sono 23 contee miao autonome:

Hunan: Mayang (麻阳: Máyáng), Jingzhou (靖州: Jīngzhōu), e Chengbu (城步: Chéngbù)
Guizhou: Songtao (松桃: Sōngtáo), Yingjiang (印江: Yìnjiāng), Wuchuan (务川: Wùchuān), Daozhen (道真: Dǎozhēn), Zhenning (镇宁: Zhènníng), Ziyun (紫云: Zǐyún), Guanling (关岭: Guānlíng), e Weining (威宁: Wēiníng)
Yunnan: Pingbian (屏边: Píngbiān), Jinping (金平: Jīnpíng), e Luquan (禄劝: Lùquàn)
Sichuan: Xiushan (秀山: Xiùshān), Youyang (酉阳: Yǒuyáng), Qianjiang (黔江: Qiánjiāng), e Pengshui (彭水: Péngshuǐ)
Guangxi: Rongshui (融水: Róngshuǐ), Longsheng (龙胜: Lóngshēng), e Longlin (隆林: Lōnglín)
Hainan: Qiong (琼中: Qióngzhōng) e Baoting (保亭: Bǎotíng)

Molti miao vivono in colline o montagne, come per esempio:

la montagna Wuling vicino al fiume Qianxiang (湘黔川边的武陵山: Xiāngqián Chuān Biān Dí Wǔlíng Shān)
la montagna Miao (苗岭: Miáo Líng), Qiandongnan
la montagna Yueliang 月亮山: Yuèliàng Shān), Qiandongnan
le montagne Ma (Ma Grande e Ma Piccola) (大小麻山: Dà Xiǎo Má Shān), Qiannan
la montagna Miao grande (大苗山: Dà Miáo Shān), Guangxi
la montagna Wumeng vicino al fiume Tianqian (滇黔川边的乌蒙山: Tiánqián Chuān Biān Dí Wūmēng Shān)

Molte migliaia di miao hanno lasciato le loro case per trasferirsi in grandi città come Canton e Pechino. Ce ne sono anche 2 milioni tra Vietnam, Laos, Birmania, Taiwan, Cambogia e in altri continenti. 151.000 vivono in Thailandia.






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Storia
Le origini

L'origine dei hmong va molto indietro nel tempo, forse fino all'ultima era glaciale. Le prime tracce della loro cultura sono conservate nelle storie che si tramandano oralmente e nei rituali funebri.

Nelle tradizioni orali, la leggenda racconta che i primi hmong provennero da un luogo estremamente freddo, dove era buio per sei mesi e luce per gli altri sei. A quel tempo i hmong credevano che il loro territorio fosse tutto il mondo conosciuto di allora e oltre le steppe di confine non vi fosse nulla. Un giorno un cacciatore e il suo cane si impegnarono in battute di caccia per molti giorni disprezzando il pericolo e le bufere di neve che rendevano difficoltoso il viaggio. Fu così che il cacciatore attraversò tutta la Siberia e si trovò nel cuore dell'odierna Cina, dove diede vita alla stirpe hmong.

Una seconda ipotesi che descrive il luogo di provenienza viene dai loro rituali funebri, secondo i quali il defunto si ricongiunge con i suoi antenati. Credono che gli antenati abbiano lasciato questo mondo e siano ritornati alla terra di origine che è, ancora una volta, un luogo estremamente freddo. Le descrizioni fornite da questo rituale funebre portano a pensare che le terre di origine dei hmong siano zone di alta latitudine come ad esempio la Siberia, il nord della Mongolia e gli angoli più a nord del territorio cinese. Le evidenze genetiche e linguistiche suggeriscono che i gruppi etnici vissuti nei secoli scorsi ad est e a sud-est dell'Asia trovino le loro tracce ancestrali nelle steppe siberiane. Anche il Tibet può essere considerato uno dei luoghi di origine della stirpe hmong, descritti come zone fredde con neve e ghiaccio (probabilmente erano ancora più freddi durante l'ultima era glaciale), ma le zone dell'Asia troppo a sud non sembrano rispecchiare le varie leggende hmong, nelle quali il sole sorgeva per sei mesi all'anno mentre per gli altri sei vi era il buio. Caratteristica tipica delle terre a nord della Siberia.
I primi contatti

In Cina, il primo regno hmong fu chiamato Jiuli e i re ebbero il titolo di chiyou. Questa parola significa padre-nonno, e il titolo equivale a quello di imperatore. Gli antenati del chiyou erano le genti del popoli liangzhu. Giuli aveva il potere su 9 tribù e su 81 clan.
La storia secondo le leggende cinesi

Secondo la leggenda cinese, il popolo sotto il regno dei chiyou fu sconfitto a Zhuolu (Chinese: 涿鹿 pinyin: Zhuōlù, una ex-prefettura nelle province di Hebei e Liaoning) dagli eserciti uniti di Huang Di (Chinese: 黃帝 pinyin: Huángdì) e di Yandi, condottieri della tribù huaxia (Chinese: 華夏 pinyin: Huáxià) che volevano il controllo della valle del Fiume Giallo. La battaglia, avvenuta nel 2500 a.C., fu combattuta in una fitta nebbia e si racconta che gli huaxia ebbero la meglio grazie all'uso della bussola magnetica.

Dopo essere stata sconfitta, la tribù originale si divise un due sottogruppi, i miao e i li. I primi continuarono a muoversi verso sud-ovest e i secondi verso sud-est, come la stirpe huaxia (ora conosciuta come han) si muoveva verso le regioni meridionali. Durante il corso della storia cinese, i hmong furono considerati "barbari" dagli han, tecnologicamente e culturalmente molto più avanzati. Significative mescolanze tra le due razze avvennero durante la Dinastia Zhou (1112 a.C. - 256 a.C.).

Dopo l'era Jiuli, il popolo hmong si divise ancora in tre sottogruppi. Si è detto che il chiyou abbia avuto tre figli, e dopo la caduta di Jiuli, il primo di essi guidò la gente a sud, il secondo a nord, mentre il più giovane rimase a Zhoulu ed il suo popolo assimilò la cultura huaxia. Il gruppo che migrò a sud creò la nazione di San-Miao. Per queste continue divisioni in sottogruppi, molti miao, soprattutto quelli all'estremo est della Cina, credono che i chiyou siano i loro antenati. Anche i coreani considerano i chiyou come loro antenati. Dopo le unificazioni etniche operate dal governo cinese, i chiyou sono ora considerati come una delle principali stirpi tra gli antenati dei cinesi, così come gli antenati degli han, gli huangdi e gli yandi.
La dinastia Qin e la dinastia Han

Il termine "miao" fu usato per la prima volta dagli han nelle epoche antecedenti la dinastia Qin (III secolo a.C.) per designare tutti i gruppi non han del sud. Spesso era usato anche in combinazione con i termini "nanmiao", "miaomin", "youmiao" e "sanmiao". A quel tempo il popolo viveva nella valle del Fiume Azzurro, ma in seguito fu costretto dagli han a spostarsi verso sud ad altitudini più elevate. Le seguenti massicce migrazioni di cinesi in queste zone, facilitarono poi l'assimilazione dei miao nella cultura cinese han.
La dinastia Tang

All'inizio della dinastia Tang, i miao continuarono di essere un gruppo distinto dai cinesi solo nella provincia di Yunnan, dove si potevano trovare ancora sei comunità di miao (denominate zhao). Quella più a sud, chiamata Meng-she-zhao (蒙舍詔 Méngshězhào) o Nan-zhao (南詔; pinyin: Nánzhào) riuscì nell'intento di unire tutte le sei zhao e a fondare uno Stato indipendente durante i primi anni dell'VIII secolo. Il titolo di capo di Stato era Nan-zhao Wang (南詔王; pinyin: Nánzhàowáng), che significa letteralmente il re di Nanzhao. I pericoli derivanti dai rapporti non amichevoli con la popolazione di Tubo, l'odierno Tibet, incoraggiarono la dinastia cinese ad intrattenere relazioni sociali con entrambe le regioni. Sotto la dinastia Tang fu anche sviluppato un distretto militare, il Jiannan Jie-Du (劍南節度; pinyin: Jiànnán Jiédǔ), in quella che oggi è la provincia del Sichuan, per delimitare il confine con lo Stato di Nanzhao.
Nanzhao

Durante i primi pacifici anni dell'VIII secolo, Nanzhao pagava regolarmente i tributi ai cinesi han. Quando il regno Tang cominciò a disgregarsi, il distretto militare di confine acquisì maggiore indipendenza e cominciò a chiedere ulteriori tributi a Nanzhao per sviluppare un esercito capace di fronteggiare la dinastia. In questo clima teso, molti distretti militari cominciarono a minacciare i Nanzhao. Una delle richieste più estreme, poi rigettata, fu la richiesta della concessione di una notte d'amore con la regina, l'unica moglie del re di Nanzhao. Questo portò ad una ribellione dei Nanzhao durante il periodo "Tianbao" (742 - 756) dell'imperatore Xuanzong della dinastia Tang. Prima di attaccare le legioni dei vari distretti, il re di Nanzhao ordinò che le ragioni della ribellione fossero inscritte nella pietra. Questo monumento fu poi eretto a mo' di menhir ed è tuttora esistente. La dinastia Tang avrebbe potuto facilmente sconfiggere le truppe di Nanzhao, ma le lotte di potere tra gli stessi generali dei vari distretti consentirono ai Nanzhao di arrivare fin nel cuore del territorio han, almeno fino a Chengdu, località che raccoglieva i quartieri generali di tutti i distretti. Questo fu dovuto, in parte, anche all'incompetenza dei capi-distretto. Il più famoso di questi fu Yang Guozhong, fratello di Yang Yuhuan, una delle amanti dell'imperatore. Sebbene la ribellione sia stata soffocata, la dinastia perse risorse preziose che avrebbe potuto utilizzare per rendere più sicuri i confini a nord, dove in seguito avvenne la più grave ribellione degli anshi.
La millenaria cultura dei hmong neri è oggi in Vietnam quasi scomparsa per favorire il turismo occidentale[non chiaro]

Durante gli ultimi anni della dinastia Tang, lo Stato di Nanzhao ottenne un ruolo molto più importante nei rapporti con l'imperatore. Questo portò il Tibet ad allearsi con Nanzhao per isolare il nemico. In questo periodo, lo Stato di Nanzhao divenne molto potente, una delle maggiori forze nel sud-est dell'Asia. Al culmine del loro potere, le regioni a nord del Vietnam, il Laos, la Thailandia, Burma, Guangxi e l'intera provincia dello Yunnan erano sotto il suo controllo. Chengdu e Hanoi furono saccheggiate due volte. Dopo aver perso Hanoi nel IX secolo, i cinesi non riuscirono più a riconquistarla fino all'avvento della dinastia Ming nel XV secolo. La dinastia Tang continuò così ad incrementare il numero di milizie e di distretti per arginare Nanzhao. Questo portò ad ulteriori rivolte che furono la rovina per la dinastia.

Nanzhao assorbì l'influenza della dinastia Tang, adottando la cultura cinese, e allo stesso tempo fu coinvolto in continue lotte interne tra i vari clan. Il clan Duan si ribellò con successo e fondò il Regno di Dali che durò fino alla sottomissione da parte dei mongoli. Durante le dinastie Tang e Song (960-1279) fu usato il termine "namman", che stava ad indicare tutti i popoli non cinesi del sud. Il termine miao comparve in questo periodo nel libro Fan Chuo dell'862, che descriveva le tribù del sud.
Dinastia Ming e dinastia Qing

Durante le dinastie Ming e Qing (1368 - 1911) venivano usati sia il termine "miao", sia il termine "man". Il secondo più solitamente indicava il popolo yao. Le dinastie Yan, Ming e Qing non riuscirono mai ad assimilare del tutto le popolazioni aborigene del sud. La Grande Muraglia fu eretta sul confine meridionale per proteggere il territorio cinese e per dividerlo da quello dei "barbari" del sud. Politicamente e militarmente, i hmong continuarono ad essere una pietra miliare all'interno dell'impero cinese, come testimoniano le cariche di potere che venivano periodicamente assegnate ad esponenti hmong, incarichi spesso di prestigio che intendevano facilitare una eventuale assimilazione alla cultura della dinastia e porre fine ai continui scontri e alle numerose rivolte locali. Durante le dinastie Ming e Qing fu creata una struttura di governo, detta kaitong, nelle zone dell'Indocina. I hmong usarono questo tipo di governo fino all'avvento dei francesi nel XX secolo. Questo dimostra quanto i cinesi si siano impegnati, nel corso dei secoli, per assimilare a loro la cultura hmong. I mong furono decimati durante la guerra del Vietnam. Circa 40000 uomini persero la vita, 1 su 4 della popolazione maschile. Furono reclutati dagli Stati Uniti per rafforzare la forza militare. Questo popolo è sconosciuto alla maggioranza degli americani, eppure devono loro la vita.






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I hmong nel Laos
Laos: ragazze hmong si adoperano in un tradizionale gioco con la palla per attrarre i maschi

Nel 1960, durante la guerra civile laotiana, conosciuta anche come "guerra segreta", molti hmong furono reclutati dalla CIA statunitense in un piano generale di difesa del Laos contro gli attacchi dell'esercito Nord-Vietnamita e dei loro alleati del Pathet Lao. Il generale hmong Vang Pao fu posto dalla CIA a capo della Military Region II (MR2), composta principalmente da truppe irregolari hmong ed incaricata di compiere azioni di disturbo contro i ribelli. I quartieri generali di Vang Pao si trovavano a Long Cheng, conosciuta anche come Lima Site 20 Alternate (LS 20A). Al culmine delle sue attività, Long Cheng divenne la seconda città più grande del Laos, con una popolazione stimata di circa 300.000 abitanti, di cui 200.000 hmong. Long Cheng fu una micronazione all'interno dello stesso Laos, con le sue banche, l'aeroporto, le scuole, i militari, gli uffici e molti altri servizi sociali di chiaro stampo occidentale. Prima della fine della guerra, Long Cheng non si trovò più sotto il controllo del generale Vang Pao.

Alla fine del conflitto, che si concluse con il trionfo del Pathet Lao, gli oltre 30.000 Hmong che avevano aiutato gli americani furono considerati dei traditori dal governo ed insieme a migliaia di altri connazionali, per non essere sterminati, lasciarono in massa il paese. Erano stati abbandonati dal loro comandante, il generale Vang Pao, fuggito negli Stati Uniti con i più alti ufficiali.[3] Entro la fine del 1975, furono oltre 40.000 i profughi hmong che attraversando le montagne ed il Mekong riuscirono a raggiungere la Thailandia,[4] dove vennero accolti in campi profughi. Secondo fonti americane, sono state più di 100.000 le vittime hmong della persecuzione del governo laotiano.[5] Gli attentati messi in atto dai hmong per ritorsione alla politica governativa, portarono nel 1977 all'internamento del re Savang Vatthana e di gran parte della famiglia reale, accusati di collaborare con gli attentatori, in un campo di rieducazione del nord del paese, dove lo stesso re morì qualche anno dopo. Le azioni di guerriglia hmong sono state una delle preoccupazioni maggiori dei vari governi laotiani che si sono succeduti dopo la fine della guerra civile.[6]

Si stima che tra il 1975 ed il 1982, furono 53.700 i hmong ed i rappresentanti di altre etnie che ottennero asilo politico negli Stati Uniti,[7] dove si è così formata una grossa comunità hmong. Dopo i primi anni di accoglienza, vennero poi rifiutati i visti di ingresso negli USA. Durante gli anni novanta, le Nazioni Unite, con il supporto dell'amministrazione di Bill Clinton, cominciarono a forzare il ritorno di molti rifugiati hmong nel Laos. La decisione fu molto controversa, perché le rappresaglie governative contro i hmong non si erano concluse. A questo ritorno forzato si opposero i conservatori americani e gli attivisti per i diritti civili. Nel 1995, in un articolo del National Review, Michael Johns etichettò la decisione di far ritornare i veterani hmong nel Laos come un raggiro politico[8]. Secondo una stima del 2000, erano 169.000 i hmong rifugiati negli USA.[5] La pressione sull'amministrazione Clinton per riaprire le porte del paese ai hmong ebbe successo, e nel 2003 il governo statunitense riprese ad autorizzarne l'immigrazione. Nel dicembre di quell'anno, 15.000 rifugiati hmong in Thailandia si trasferirono negli USA.[5]

La comunità internazionale ha fatto poco per risolvere il problema hmong. L'Unione europea pubblicò, il 31 gennaio 2007, una dichiarazione di protesta in favore dei 153 profughi hmong in Thailandia che stavano per essere forzatamente deportati in Laos.[9] Il 15 maggio 1997 gli Stati Uniti hanno ufficialmente riconosciuto il ruolo che ebbero durante la Guerra Segreta con una statua commemorativa dei contributi statunitensi e hmong al conflitto, eretta nel cimitero nazionale di Arlington, in Virginia.

Una porzione significativa di hmong oggi segue ancora lo stile di vita dei vietnamiti nord-occidentali. Per facilitare il turismo di massa in queste regioni, negli anni novanta, molti hmong furono introdotti allo stile di vita occidentale ed i loro abiti tradizionali stanno scomparendo.
I hmong negli Stati Uniti

Nel 2010 vivevano negli Stati Uniti circa 260.000 hmong, la maggior parte in California, Minnesota, Wisconsin, e Carolina del Nord. Le concentrazioni maggiori si trovano nelle città di Fresno, Minneapolis, Madison e Milwaukee. Il censimento statunitense del 2000 rivela che solo il 40% dei hmong sopra i 24 anni aveva il diploma di scuola superiore, questo perché molti arrivano negli USA già adulti. In Laos la maggioranza dei hmong sono semplici agricoltori e non hanno accesso alle scuole nazionali. Sebbene siano una delle minoranze etniche asiatiche più povere degli Stati Uniti, una seconda generazione nata negli USA si sta portando agli stessi livelli di altre minoranze etniche per quanto riguarda l'istruzione, e molti sono diventati dei professionisti.

Anche se molte famiglie parlano ancora la lingua originale hmong, molti giovani si stanno rapidamente ambientando agli usi e costumi statunitensi. Negli ultimi anni, si sono formate associazioni con lo scopo di preservare la lingua e la cultura hmong.
Esponenti celebri

Bi Gan (毕赣), regista, sceneggiatore, poeta e fotografo.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Hmong#I_hmong_nel_Laos

 
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Inthas



Gli Inthas sono pescatori del sudest della Birmania.

Già da piccoli sono formati per svolgere quest'attività sulle acque del Lago Inle imparando anche a remare con i piedi.

Usano uno strumento curioso per pescare; una cesta conica fatta di bambù e rete che viene lanciata sul fondo del lago e poi incominciano a battere sulla superficie dell'acqua per spaventare i pesci tra le alghe e recuperano la cesta rapidamente.





.......................................................





Jingpo



Kachin_women_in_traditional_dress



I jingpo (in cinese: 景颇族 jǐngpōzú; in birmano: ကချင်‌လူမျိုး; nomi propri: jingpo, tsaiva, lechi) sono un gruppo etnico che vive prevalentemente nel nord della Birmania (Stato Kachin) e nell'ovest della Cina (Yunnan). Piccole comunità di jingpo vivono anche negli Stati all'estremo nord-ovest dell'India.

Popolazione e distribuzione
Birmania

Secondo una stima del 2001, i jingpo della Birmania erano circa 900.000.[2] Sono stanziati soprattutto nello Stato Kachin e vengono chiamati anche kachin, assieme ad altri gruppi etnici tra cui gli atsi (tsaiva), i maru (naingvaw), i lashi, i nung (rawang) e i lisu.[3] Diversi jinpo vivono anche nello Stato Shan.
Cina

Nel censimento cinese del 2010, la popolazione jingpo era di 147.828 persone. Sono concentrati in prevalenza nella Prefettura autonoma dai e jingpo di Dehong, nella parte ovest della provincia dello Yunnan. I jingpo sono uno dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese.
India

Nel nord-ovest dell'India, dove sono chiamati singpho,[1] secondo una stima del 2018 erano circa 8.500 di cui 5.600 in Arunachal Pradesh, 2.600 in Assam e 300 in Meghalaya.[4]






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Lingua

Questo popolo parla due lingue differenti, il jingpo, la vera lingua nativa, e lo tsaiva, che fanno parte delle lingue tibeto-birmane.
Jingpo

Il jingpo (chiamato anche jinghpaw o kachin) è parlato da 900.000 persone in Birmania e da 140.000 persone in Cina. La lingua fa parte dei ceppi sino-tibetano, tibeto-birmano, jingpo-konyak-bodo e jingpo-Lu. Il jingpo, inoltre, è di mutua intelligibilità con la lingua tsaiwa.
Tsaiva

Lo tsaiva (o anche tsaiwa, atsi, zǎiwǎyǔ 载瓦语 Zi) è parlato da circa 80.000 persone in Cina e da 30.000 persone in Myanmar. È classificato fuori dalla Cina come sino-tibetano, tibeto-birmano, yi-birmano, birmano del nord. Lo tsaiva parlato nel villaggio di Longzhun (distretto di Xishan nella regione di Luxi in Cina) è stato scelto per esprimere la lingua tsaiva con l'alfabeto latino, un'opzione ufficialmente introdotta nel 1957.
Storia dei kachin in Birmania
Lo stato Kachin in Birmania

I kachin sono un popolo spesso noto per la loro secolare autonomia sociale, per le notevoli doti nel combattimento, per le complesse interazioni fra i vari clan, per la fede nel cristianesimo, per la conoscenza dei numerosi tipi di erba che coltivano e per la loro innata abilità di sopravvivenza in luoghi ostili, come la giungla.

Altri gruppi etnici che vivono nello Stato Kachin sono gli shan, i nāga e i birmani (detti anche bamar o myanma). Durante il periodo coloniale britannico, molte tribù kachin furono ferocemente sottomesse. In seguito molti guerriglieri kachin diedero un significativo apporto alle unità britanniche e americane contro l'impero giapponese durante la seconda guerra mondiale.

Dopo la fine della guerra e l'indipendenza della Birmania dal Regno Unito, ritornarono a galla i vecchi conflitti tra le minoranze etniche, come quello tra i kachin e il governo centrale birmano. I soldati dello Stato Kachin entrarono a far parte delle forze birmane e rimasero leali all'amministrazione centrale quando nel 1961 fu istituita l'Organizzazione per l'Indipendenza del Kachin (Kachin Independence Organisation o KIO) con il relativo Esercito di indipendenza di Kachin (KIA).

Il KIO fece alleanze con altri gruppi etnici per resistere all'occupazione birmana, e in seguito, nonostante fossero un gruppo armato non-comunista, collaborarono con il Partito Comunista di Birmania, appoggiato dai cinesi.
La bandiera del KIA

Il KIO continuò a combattere quando nel 1988 alla dittatura di Ne Win fece seguito un'altra incarnazione della giunta militare chiamata "Consiglio di Stato per la Restaurazione della Legge e dell'Ordine", ridenominata nel 1997 Consiglio di Stato per la Pace e lo Sviluppo (CSPS). Con il graduale ritiro del supporto cinese, nel 1989 il Partito Comunista Birmano si frazionò in piccoli gruppi guidati da signori della guerra che negoziarono accordi di cessate il fuoco con la giunta. Ciò portò il KIO ad essere circondato da organizzazioni allineate con il CSPS. Pressato dai battaglioni schierati e riarmati dell'Esercito della Birmania, e sollecitato a riappacificarsi dalla popolazione civile che soffriva per i molti anni di guerra, nel 1994 il KIO firmò trattati di pace con la giunta.

Il termine dei conflitti non portò né sicurezza né prosperità ai kachin. Con la fine delle ostilità, la presenza dell'esercito birmano è cresciuta notevolmente anziché diminuire. I militari birmani hanno trattato la popolazione locale come nel periodo di guerra. Di conseguenza i kachin hanno sofferto le loro brutalità come il lavoro forzato e gli stupri.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Jingpo#Lingua

 
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Karen (etnia)



I Karen (o Kariang, oppure Yang o Kayin; in italiano anche Cariani) costituiscono un gruppo etnico concentrato soprattutto in Birmania (dove si contano 4 milioni di appartenenti) e in Thailandia (che registra una presenza di 400.000 individui). Gruppi più piccoli si trovano in India, mentre è trascurabile, dopo la seconda guerra mondiale, la loro presenza nelle sedi originarie del Tibet.

Praticano il buddismo, ma presso di loro sono presenti diverse minoranze cristiane, sia di rito siriaco, sia cattoliche e protestanti, insieme ad altre ancora che seguono delle particolari pratiche derivate dal cattolicesimo orientalizzato dei Taiping cinesi del XIX secolo.

Parlano la lingua karen, che è molto simile al birmano e ha un alfabeto caratterizzato dagli stessi caratteri circolari o semi-circolari. I Karen di Birmania sono spesso in conflitto con il governo centrale di Naypyidaw a causa della negata indipendenza nazionale e della repressione nei loro confronti.[2]

La divisione amministrativa Karen (chiamata Stato Kayin) gode tuttavia di una formale autonomia. La capitale è Pa-An, che con i suoi circa 40.000 abitanti è l'unico centro cittadino di rilievo, mentre la maggior parte delle persone di etnia karen vive in villaggi.

Alcuni karen, guidati dal gruppo armato Unione Nazionale Karen (Karen National Union, KNU), combattono il governo centrale dal 1949. In origine, l'obiettivo ufficiale era l'indipendenza, ma dal 1976 il KNU chiede la creazione di uno stato federale che lasci ampia autonomia allo Stato Karen.


Distribuzione
Villaggio Karen

I Karen vivono soprattutto nella zona orientale della Birmania, al confine con la Thailandia, soprattutto nello stato Karen e nello stato Kayah, ma anche nel sud dello stato Shan, nella divisione dell'Irrawaddy e nel Tenasserim. Non amano essere chiamati karen, perché karen in Birmano significa rozzo, primitivo. Ma da un po' di tempo il termine ha cambiato significato, proprio a causa del conflitto fra i bamar e gli stessi karen.

Il numero totale dei karen è difficile da stimare, dato che l'ultimo censimento in Birmania fu fatto nel 1983. Si stima che in Myanmar oggi ci siano 4 o 5 milioni di karen, pari al 7% della popolazione totale, mentre in Thailandia se ne contano più di 400.000.
Storia

Questo popolo turco-mongolico è originario del Tibet e delle steppe della Mongolia e giunse nelle attuali sedi verso il VI secolo a.C. dopo una lunga migrazione durata centinaia di anni.

L'arrivo nelle zone birmane e thailandesi, in cerca di rifugio, da parte dei Karen tibetani che fuggivano dall'occupazione giapponese della loro terra durante la Seconda guerra mondiale, fu all'origine del riesplodere virulento delle annose tensioni tra il popolo Karen e la popolazione Burma. Come conseguenza di ciò vennero distrutti diversi villaggi e perpetrati dei veri e propri massacri di cui furono responsabili sia le forze di occupazione giapponesi che i miliziani dell'Esercito indipendentista birmano.

Nel marzo del 1946 si tiene la prima Conferenza di Panglong, nell'omonima cittadina dello Stato Shan, nel nord-est della Birmania, per decidere le sorti delle 135 minoranze etniche al momento in cui i britannici avrebbero abbandonato il paese. In quell'occasione i delegati karen chiesero la formazione di uno stato karen separato e indipendente che comprendesse anche le divisioni di Tenasserim, Nyauglebin e di Irrawaddy, nonché i distretti di Hantha Waddy e Insein, tutte aree dove i karen erano presenti come minoranza.[3]

Alla seconda Conferenza di Panglong, nel febbraio del 1947, fu trovato un accordo tra Aung San e i rappresentanti di 23 importanti minoranze etniche, tra i quali i leader Shan, Chin e Kachin. L'accordo garantiva pari diritti per le minoranze etniche e una larga autonomia alle "aree di frontiera". A Panglong però i karen inviarono solo 4 osservatori, continuando a sostenere la loro richiesta di uno stato indipendente.[4]

Il 19 luglio 1947 Aung San viene assassinato dai sicari del suo avversario politico U Saw.

Nel 1948 la Birmania ottenne l'indipendenza dall'Impero britannico. La nuova costituzione prevede la possibilità per le 'regioni etniche' di indire un referendum per decidere l'eventuale secessione dall'Unione dopo 10 anni.[4]

Il governo di U Nu, eletto come successore di Aung San, si ritrova a combattere contro una serie infinita di insorgenze, le principali sono quelle portate avanti dai karen e dai comunisti. La guerra civile in cui sprofonda la Birmania solo dopo pochi mesi dall'ottenimento dell'indipendenza non è ancora terminata.

In un rapporto dell'organizzazione internazionale "Human Rights Watch" si calcola che dal 1960 i civili sfollati nella sola regione dei karen sono stati oltre un milione e dall'inizio del 2006 sono stati distrutti quasi trecento villaggi e una cifra intorno alle centomila persone ha dovuto fuggire di fronte ai continui attacchi dei militari birmani.[5]

I karen, a differenza di altre minoranze etniche birmane[6], si oppongono per motivi etici al traffico di droga[7][8].

Nell'ottobre del 2009 il vicepresidente dell'Unione Nazionale Karen, David Thackrabaw, e il colonnello dell'Esercito di Liberazione Nazionale Karen (KNLA), Nerdah Mya, vengono ufficialmente ricevuti a Roma dal sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, che si impegna a nome del governo italiano ad assistere l'Unione nazionale nella sua battaglia per l'autodeterminazione e ad aprire i canali dell'assistenza sanitaria dalla Thailandia.[9]
Attività delle ONG italiane

Nel distretto di Dooplaya operano alcune Organizzazioni non governative italiane che hanno suscitato controversie per la prossimità a organizzazioni di estrema destra e per alcune loro attività. Nel distretto esiste un villaggio, chiamato "l'Uomo Libero village", che prende il nome dall'Associazione "l'Uomo Libero", onlus trentina di estrema destra[10] che ne ha reso possibile la costruzione.

Nello stesso distretto opera Comunità Solidarista Popoli, una ONLUS veronese vicina a Casapound, fondata dall'ex calciatore della Roma Paolo Alberto Faccini e dal giornalista veronese Franco Nerozzi autore del libro" Nascosti Tra le Foglie" edito da Altaforte edizioni ove si percorre alcuni tratti di questa sanguinosa lotta (condannato, con patteggiamento della pena, a un anno di detenzione[10] dopo che il suo nome era comparso nelle indagini sui mercenari reclutati da Bob Denard nel presunto progetto di colpo di Stato ai danni di Azali Assoumani, presidente delle Comore). La Onlus, che opera da anni a sostegno della popolazione karen[11] con fornitura di medicinali e generi di prima necessità[10], è sospettata dalla Procura di Verona di allestire campi di addestramento paramilitari[10].
Curiosità
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Il film John Rambo, uscito al cinema nel 2008 e interpretato da Sylvester Stallone, penultimo episodio della saga cinematografica incentrata sull'omonimo personaggio, è ambientato proprio in Birmania nel contesto del conflitto tra i karen e il regime militare di Rangoon.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Karen_(etnia)

 
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view post Posted on 14/7/2022, 09:22     Top   Dislike
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Karenni



I Karenni (anche conosciuti Karen rossi) sono una sub-etnia del popolo Karen, che vive nello stato Kayah della Birmania. Ci sono sette principali gruppi di Karenni: i Kekhu, i Bre, i Kayah, i Yangtalai, i Geba, i Zayein e i Paku. In questi gruppi ci sono ulteriori suddivisioni. Tutti questi sono etnicamente collegati assieme e co-esistono pacificamente.

Essi lavorano duro per mantenere e preservare la loro cultura, le loro tradizioni, celebrazioni e la lingua. Ogni gruppo etnico ha il proprio dialetto, che le altre tribù possono capire. C'è anche una particolare scrittura Karenni.

Gran parte dei Karenni sono cristiani (75%) ed il resto è Buddista o Animista.

Lo Stato Karenni fu inglobato nello Stato Shan nel 1886 dopo la terza guerra anglo-birmana, e ne seguì le sorti, venendo annesso alla Birmania britannica nel 1892.





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Kayan



Kayan_woman_with_neck_rings



I Kayan sono una etnia della popolazione Karenni, una minoranza di lingua tibeto-birmana. Sono anche chiamati Padaung, che nella lingua autoctona significa "collo lungo". Nel 1990 a causa di un conflitto con il regime militare birmano, molte tribù si sono rifugiate nella vicina Thailandia. Da allora esse vivono con uno status legale incerto nei villaggi di confine, ma sopravvivono soprattutto grazie ai proventi derivati dal turismo, per via della tipica spirale di ottone che le donne Kayan indossano al collo fin dalla tenera età. Si stima che la popolazione kayana ammonti a circa settemila membri di ambo i sessi.

Le donne giraffa
Una bambina Kayan del nord della Thailandia

In Italia le donne della tribù Kayan sono conosciute con questo nome, dovuto alle modifiche fisiche provocate dalla caratteristica spirale di ottone indossata fin dall'infanzia, a partire dall'età di cinque anni. Crescendo, la spirale viene ciclicamente sostituita con altre di dimensioni sempre maggiori, fino a che la sua pressione esercitata sul corpo non provoca un progressivo slittamento della clavicola e una conseguente compressione della gabbia toracica.

Pertanto, diversamente da quanto ritenuto, non è il collo a subire un allungamento, bensì le spalle a scendere. L'illusione ottica è creata dalla deformazione della clavicola, soprattutto nei soggetti più anziani, dove le spirali di ottone possono contare fino a venticinque anelli.

Nessuna donna Kayan si priva di questa spirale ornamentale per tutta la propria esistenza, tuttavia questa eventualità è prevista come punizione in caso di adulterio. Una pena resa ancora più pesante laddove la donna, se privata della propria spirale, sarebbe costretta a vivere perennemente sdraiata come un'invalida. La deformazione fisica causata dalla spirale, infatti, comporta anche altre complicazioni fisiche, che portano ad atrofizzare collo e vertebre cervicali a tal punto da non essere più in grado di sorreggere il peso della testa se venisse loro tolta la spirale in ottone.

Le origini di questo caratteristico ornamento femminile è ignoto ma forse riconducibile a una più efficace forma di protezione contro le aggressioni di animali feroci, come le tigri. Proteggendo il collo dall'attacco mortale di questi animali, si sarebbe salvaguardata la sopravvivenza delle donne e quindi garantita la procreazione a beneficio dell'intera comunità Kayan.

Alcune donne oltre le spirali al collo, ne portano anche alle gambe. Un altro soprannome che viene loro attribuito è: "donne cigno".





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Kayan

 
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