IL FARO DEI SOGNI

Giappone

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 3/2/2018, 22:34     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,755
Reputation:
+1,695

Status:


900px_Flag_of_Japan



Il Giappone (AFI: [ʤapˈpoːne][6][7]; in giapponese 日本 Nihon? o Nippon?, ufficialmente 日本国 Nihon-koku? o Nippon-koku?) è uno Stato insulare dell'Asia orientale.

.Situato nell'oceano Pacifico, il Giappone si trova a est del mar del Giappone, Cina, Corea del Nord, Corea del Sud e Russia. Si sviluppa nell'area compresa tra il mare di Ochotsk nel nord, fino al mar Cinese Orientale e Taiwan nel sud. Il Giappone è un arcipelago composto da 6.852 isole, le cui quattro isole più grandi sono: Honshū, Hokkaidō, Kyūshū e Shikoku (tutte e quattro collegate tramite ponti o tunnel sottomarini), che da sole rappresentano circa il 97% della superficie terrestre del Giappone. Molte isole sono montagne, alcune di origine vulcanica e la vetta più alta del Giappone è il Monte Fuji, un vulcano attivo.[8]



Giappone documentario: Programmare il viaggio [Vlog ITA HD]



Video



Con una popolazione di circa 127 milioni di abitanti è il decimo Paese più popoloso del mondo. La Grande Area di Tōkyō, che include Tōkyō e numerose prefetture vicine, è di fatto la più grande area metropolitana del mondo con oltre 30 milioni di residenti. Ricerche archeologiche indicano che l'arcipelago è abitato dal Paleolitico superiore. La prima menzione scritta sul Giappone si ha con una breve apparizione in un libro di storia cinese del primo secolo a.C. Alle influenze provenienti dal mondo esterno seguì un lungo periodo di isolamento che caratterizzò profondamente la storia del Giappone. Fin dall'adozione dell'odierna Costituzione il Giappone mantiene una monarchia parlamentare con un imperatore e un parlamento eletto noto come Dieta, rendendolo di fatto l'ultimo impero rimasto nel mondo.

Grande potenza regionale asiatica,[9][10] il Giappone ha la terza maggiore economia per prodotto interno lordo e la quarta maggiore per potere d'acquisto, è anche il quarto maggiore esportatore e il sesto maggiore importatore a livello mondiale. Il Giappone è inoltre uno Stato membro del G8 e del G7 ed è un membro non permanente del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il Paese ha un moderno apparato militare utilizzato per l'autodifesa, per missioni di pace e per aiutare gli alleati all'estero nel rispetto della Costituzione. Il Giappone è un Paese sviluppato con una qualità di vita molto elevata (ventesimo a livello mondiale). I cittadini giapponesi hanno inoltre la maggiore aspettativa di vita al mondo e il tasso di mortalità infantile è il secondo più basso dietro al Principato di Monaco.[11][12]



536px_Japan__orthographic_projection_



storia

Preistoria ed era classica
Hōryū-ji, complesso templare buddista della città di Ikaruga-no-Sato, vicino a Nara: gli edifici più antichi, (il Kondō, la pagoda a cinque piani e la porta centrale) risalgono al periodo Asuka e sono considerati le più antiche costruzioni in legno esistenti al mondo.

I primi segni di civiltà risalgono al XI millennio a.C. circa, con la cultura Jōmon, caratterizzata dal mesolitico al neolitico da uno stile di vita semi sedentario cacciatore-raccoglitore e da una forma rudimentale di agricoltura.[16] Si ritiene che tra la popolazione Jomon vi fossero gli antenati delle attuali popolazioni Ainu e Yamato e che questi perciò rappresentino i discendenti dei primi abitanti del Giappone.[17][18] I vasi di terracotta decorati realizzati in questo periodo costituiscono alcuni dei più antichi esempi superstiti di ceramica al mondo. Vasellami in Giappone: I resti di ceramica più antichi al mondo si trovano nei siti della grotta di Yuchanyan (Hunan, Cina), dove sono datati col metodo del carbonio-14 16100-14500 a.e.v. e a Miaoyan (Guangxi, sempre in Cina), qua invece datati 17100-15400 a.e.v.[19] L'antichità di tali siti è pari, se non superiore d'alcuni millenni,[20] ai siti corrispondenti in Giappone del principio del periodo Jōmon, i siti di Simomouchi e di Odai Yamamoto datati 17000 e 15000 a.e.v.[21]

Il periodo Yayoi, iniziatosi intorno al 300 a.C., segnò l'introduzione di nuove pratiche come la coltivazione del riso e la produzione di oggetti in bronzo e ferro, portate da immigrati dell'Asia continentale orientale.[22] Il Giappone compare per la prima volta in registrazioni scritte nell'Hou Hanshu cinese del 57 d.C., come «il popolo di Wa, formato da più di un centinaio di tribù». Secondo il Libro di Wei cinese il più potente regno giapponese nel III secolo era chiamato Yamataikoku ed era governato dalla leggendaria regina Himiko.
Il Grande Buddha nel tempio di Tōdai-ji, Nara, fuso originariamente nel 752

Durante il periodo Kofun, dal III secolo al VII secolo, si stabilì un centro dominante politico basato nell'area di Yamato, da dove sorse la linea dinastica degli imperatori giapponesi.

Il buddhismo fu importato in Giappone dal regno coreano di Baekje, a cui il Giappone fornì aiuto militare,[23] ricevendo il supporto della classe governante. Il principe Shōtoku si impegnò a diffondere il Buddhismo e la cultura cinese in Giappone. Gli viene attribuito l'aver portato una pace relativa al Giappone attraverso la proclamazione della Costituzione di 17 articoli.

Cominciando con gli editti di riforma di Taika del 645 la corte Yamato intensificò l'adozione di pratiche culturali cinesi e riorganizzò il governo e il codice penale basandosi sulla struttura amministrativa cinese dell'epoca.[24] Ciò preparò la strada al dominio della filosofia confuciana in Giappone fino al XIX secolo. In questo periodo venne utilizzata per la prima volta la parola Nihon (日本?) come nome per lo Stato emergente.

Il periodo Nara dell'VIII secolo segnò il primo emergere di un forte Stato giapponese, centrato intorno alla corte imperiale nella città di Heijō (l'odierna Nara). La corte imperiale si trasferì per un breve periodo a Nagaoka-kyō e quindi a Heian-kyō (ora Kyōto).

Gli scritti storici del Giappone culminarono all'inizio dell'VIII secolo con le cronache epiche del Kojiki e del Nihon Shoki. Queste due cronache danno un resoconto leggendario delle origini del Giappone. Secondo esse il Giappone venne fondato nel 660 a.C. dall'imperatore Jinmu, un discendente della divinità shintoista Amaterasu (la dea del sole). Si dice che Jinmu sia l'antenato della dinastia imperiale, rimasta ininterrotta fino ai nostri giorni. Comunque secondo gli storici il primo imperatore realmente esistito fu l'imperatore Ōjin.

Durante il periodo Heian (794-1185) fiorirono arte, poesia e letteratura autoctone, immortalate all'inizio dell'XI secolo dalla dama di corte Murasaki Shikibu nel Genji monogatari (Il racconto di Genji), il più antico racconto ancora esistente. I reggenti del clan Fujiwara controllarono la politica dell'epoca.



Castle_Himeji_sakura02



Era medievale

L'era medievale giapponese fu caratterizzata dall'emergere di una classe nobile e colta di guerrieri, i samurai. Nel 1185 in seguito alla sconfitta dei nemici del clan Taira, Minamoto no Yoritomo venne nominato Shōgun a vita e nel 1192 stabilì la sua base di potere a Kamakura. Da allora il titolo di shogun divenne ereditario[25] e il Giappone incominciò a essere governato da una oligarchia militare: con lo shogunato le élite e la popolazione si divisero in caste, pertanto si creò un'organizzazione sociale per certi versi simile ai sistemi feudali occidentali controllata e mantenuta stabile dai samurai.

Dopo la morte di Yoritomo un altro clan guerriero imparentato con lui, il clan Hōjō, divenne reggente per gli shōgun. Lo shogunato Kamakura riuscì a respingere le invasioni mongole nel 1274 e nel 1281 con l'aiuto di una tempesta che venne interpretata dai giapponesi come un kamikaze o "vento divino". Lo shogunato Kamakura durò altri cinquant'anni e venne infine spodestato da Ashikaga Takauji nel 1333. Il successivo shogunato Ashikaga non riuscì a controllare i signori della guerra feudali (daimyō) e ciò provocò lo scoppio di una guerra civile. La guerra Ōnin (1467-1477) viene generalmente considerata come l'anticamera degli "Stati in guerra" o periodo Sengoku.

Nel XVI secolo commercianti e missionari portoghesi raggiunsero per la prima volta il Giappone, dando inizio al periodo Nanban ("barbari meridionali") di attivi scambi commerciali e culturali tra il Giappone e l'Occidente, introducendo anche la religione cattolica. Oda Nobunaga conquistò numerosi altri daimyo utilizzando tecnologie e armi da fuoco europee ed era sul punto di unificare la nazione quando venne assassinato (cfr. "Incidente di Honnōji") nel 1582. Toyotomi Hideyoshi succedette a Nobunaga e unificò la nazione nel 1590. Hideyoshi tentò due volte di invadere la Corea, ma venne ogni volta arrestato dalle forze coreane e dalla dinastia Ming cinese. In seguito a numerose sconfitte e alla morte di Hideyoshi le truppe giapponesi vennero ritirate nel 1597.



Horyu_ji11s3200



Giappone moderno

Il 31 marzo 1854 il commodoro Matthew Perry e le "Navi Nere" della marina degli Stati Uniti forzarono l'apertura del Giappone all'Occidente con la Convenzione di Kanagawa. La guerra Boshin del 1867-1868 condusse all'abdicazione dello shogunato e alla restaurazione Meiji, instaurando un governo centrato intorno all'imperatore. Il Giappone adottò numerose istituzioni occidentali, inclusi un sistema legale, un esercito moderno e un sistema parlamentare, quest'ultimo modellato su quello britannico, con Hirobumi Ito come Primo Ministro nel 1882.

Il periodo Meiji di riforme trasformò l'Impero del Giappone in una potenza mondiale, che si imbarcò in diversi conflitti militari per aumentare il suo accesso alle risorse naturali e la sua influenza su Corea e Cina, come la prima guerra sino-giapponese (1894-1895) e la guerra russo-giapponese (1904-1905). Con quest'ultima per la prima volta una nazione asiatica sconfisse una potenza europea. Nel 1910 il Giappone controllava la Corea e la metà meridionale di Sachalin. L'anno successivo i trattati ineguali firmati dal Giappone con le potenze occidentali vennero cancellati.

L'inizio del XX secolo vide un breve periodo di "democrazia Taisho", messa in ombra dalla crescita dell'espansionismo giapponese e della militarizzazione. La prima guerra mondiale permise al Giappone, che combatté al fianco degli Alleati vittoriosi, di espandere la sua sfera di influenza in Asia e i suoi possedimenti coloniali nel Pacifico. Al contempo solamente l'ultimatum di Gran Bretagna e Stati Uniti fece desistere il Giappone dal trasformare la Cina in un suo vassallo (cfr. "Lista delle ventun richieste"). Nel 1920 il Giappone si unì alla Società delle Nazioni, divenendone un membro del consiglio di sicurezza, ma nel 1933 ne uscì in seguito alle critiche per l'occupazione della Manciuria del 1931. Nel 1936 firmò il patto anti-Comintern con la Germania nazista, unendosi all'Asse nel 1940 (Patto tripartito).

Il Giappone attaccò il resto della Cina nel 1937, dando così inizio alla seconda guerra sino-giapponese. In risposta alle sue azioni, alcuni Stati occidentali, tra cui principalmente gli Stati Uniti, il Regno Unito e i Paesi Bassi, imposero un embargo delle forniture di petrolio e altre sanzioni. Il 7 dicembre 1941 l'aviazione giapponese, senza dichiarazione di guerra, attaccò la base navale statunitense di Pearl Harbor, nelle Hawaii, distruggendola in gran parte. Quest'azione fece entrare nella seconda guerra mondiale gli Stati Uniti, che quattro giorni dopo ricevettero la dichiarazione di guerra da Germania e Italia.
Fungo nucleare su Nagasaki, 9 agosto 1945.

Con progressione costante le forze giapponesi furono respinte o distrutte. Gli Stati Uniti si portarono man mano sempre più vicini al Giappone, e di conseguenza furono in grado di sferrare un numero sempre più alto di bombardamenti strategici su città come Tōkyō e Osaka, culminati infine con il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki. Questi attacchi uccisero diverse centinaia di migliaia di giapponesi e portarono alla conclusione della guerra. Il 14 agosto 1945 il Giappone accettò una resa incondizionata, a cui fece seguito l'organizzazione di un tribunale militare per perseguire i leader giapponesi per crimini di guerra; altri criminali di guerra vennero giudicati in tribunali locali dell'Asia e del Pacifico. L'Imperatore Hirohito ricevette l'immunità e mantenne la posizione di imperatore.

Molti storici criticarono e criticano tuttora il lavoro svolto dal generale Douglas MacArthur e dai suoi collaboratori, volto a esonerare l'Imperatore Hirohito e tutti i membri della famiglia imperiale coinvolti nella guerra, come i principi Yasuhito Chichibu, Tsuneyoshi Takeda, Yasuhiko Asaka, Naruhiko Higashikuni, Kotohito Kan'in e Hiroyasu Fushimi.[27][28][29]

La guerra costò al Giappone milioni di vite e distrusse la maggior parte della struttura industriale e infrastrutturale. Nel 1947 il Giappone adottò una nuova costituzione pacifista, cercando la cooperazione internazionale, enfatizzando i diritti umani e le pratiche democratiche. L'occupazione statunitense durò ufficialmente fino al 1952. Nel 1956 il Giappone divenne membro delle Nazioni Unite. Grazie a un programma di sviluppo industriale aggressivo e con l'assistenza degli Stati Uniti, l'economia giapponese crebbe rapidamente fino a diventare la seconda più grande economia del mondo, con un tasso di crescita medio del 10% per quattro decenni in quello che è stato chiamato miracolo economico giapponese. Questa crescita si arrestò all'inizio degli anni novanta, quando il paese soffrì una grave recessione. A partire dal 2001 il Giappone ha ripreso a crescere grazie alle riforme dell'ex premier Junichiro Koizumi, e ha anche riacquistato prestigio militare, affiancando gli Stati Uniti nella guerra al terrorismo.

L'11 marzo 2011 il Giappone ha subito il terremoto più forte mai registrato nella sua storia (e uno dei più violenti di sempre), con epicentro a 130 km al largo di Sendai; lo tsunami provocato dalla violenta scossa ha prodotto ingenti devastazioni e causato la morte di oltre 15.000 persone, nonché creato grave allarme circa la sicurezza delle centrali nucleari del paese, alla luce del disastro di Fukushima Daiichi, verificatosi nell'impianto nucleare di Fukushima, città sulla costa est del paese.



Japanese_diet_outside

Nagasakibomb



Religione

Il Giappone gode di una piena libertà religiosa ai sensi dell'articolo 20 della sua Costituzione. Secondo una ricerca del 2011 il 22% della popolazione giapponese segue la religione buddhista.[72] Secondo un'altra ricerca del 2008 si definiva buddhista il 34% dei Giapponesi.[73] Tra il 49% e il 67%, la popolazione giapponese non riferisce una affiliazione a una religione organizzata.[72][73] Di fatto, la grande maggioranza della popolazione è legata a locali santuari e culti shinto, e una larga fetta pratica un sincretismo di scintoismo e buddhismo.[10] Tra le minoranze religiose vi sono l'islam, l'induismo, l'ebraismo, il cristianesimo (il quale viene praticato da meno dell'1% della popolazione giapponese[74]) e 217.155 testimoni di Geova.[75] Infine, a partire dalla metà del XIX secolo, numerosi nuovi movimenti religiosi sono emersi in Giappone.[76]



NaraTodaijiDaibutsu0212



Lingue e dialetti


Più del 99% della popolazione parla giapponese come prima lingua.[10] Il giapponese è una lingua agglutinante caratterizzata dalla presenza di un sistema di onorifici che riflettono la natura gerarchica della società giapponese, con forme verbali e un particolare vocabolario indicante lo stato sociale di chi parla e di chi ascolta. Il sistema di scrittura giapponese utilizza i kanji (caratteri cinesi) e due serie di kana (alfabeti sillabici basati sui caratteri cinesi semplificati), così come l'alfabeto latino e i numeri arabi.[77]

Oltre il giapponese, le lingue ryukyuane, facenti parte della famiglia delle lingue nipponiche, continuano a essere usate a Okinawa, mentre la lingua Ainu, che non ha alcuna relazione dimostrata con la lingua giapponese o qualsiasi altra lingua, è quasi scomparsa, utilizzata solamente da pochi anziani nativi a Hokkaido.[78] La maggior parte delle scuole pubbliche e private richiedono agli studenti di seguire corsi sia in giapponese sia in inglese.[79]


RedSealShip



Scienza e tecnologia

Il Giappone è ai primi posti nel campo della ricerca scientifica, in particolare nella tecnologia, nella produzione di macchinari e nella ricerca biomedica. Nella ricerca e sviluppo vengono impiegati circa 700 000 ricercatori con un fondo destinato di 130 miliardi di dollari, il terzo al mondo dopo Stati Uniti e Cina.[144] Il Giappone è ai primi posti anche nella ricerca scientifica fondamentale, avendo prodotto sedici premi Nobel per la chimica, la fisica e la medicina,[145] tre medaglie Fields,[146] e un Gauss Prize.[147]

I contributi più importanti del Giappone nel progresso tecnologico sono nei campi dell'elettronica, automobili, macchinari, ingegneria sismica, robotica industriale, ottica, chimica, semiconduttori e metalli. Il Giappone inoltre è leader mondiale nella produzione e nell'uso della robotica, possedendo più della metà (402 200 su 742 500) dei robot industriali del mondo.[148]
Tecnologia aereospaziale

L'Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA) è attiva nella ricerca aerospaziale occupandosi dello sviluppo di razzi e satelliti e partecipando alle missioni della Stazione Spaziale Internazionale: il Japanese Experiment Module (Kibo) ha partecipato alle missioni di assemblaggio dello Space Shuttle nel 2008.[149]

Il 14 settembre 2007 fu lanciata dal Tanegashima Space Center la sonda lunare SELENE (Selenological and Engineering Explore) su un razzo vettore H-IIA (modello H2A2022). SELENE è anche conosciuta con il nome di Kaguya, ispirandosi al racconto della “principessa lunare” in Taketori monogatari.[150] Lo scopo della sonda era quello di raccogliere dati sull'origine della Luna e sulla sua evoluzione. Entrò nell'orbita lunare il 4 ottobre 2007,[151][152] volando a un'altitudine di circa 100 km.[153] Una volta terminata la missione fu fatta deliberatamente schiantare dalla JAXA sulla Luna l'11 giugno 2009.[154]

Le missioni previste dalla JAXA nel campo dell'esplorazione spaziale sono il lancio della sonda spaziale Akatsuki su Venere,[155][156] lo sviluppo della missione BepiColombo (inizialmente prevista nel 2013,[157][158] il lancio della missione ha subito vari spostamenti ed è stata rimandata di diversi anni;[159] fino all'aprile 2018)[160] e la costruzione di una base lunare entro il 2030.[161]



Shinano_river



Cultura


La cultura giapponese ha subito molte modifiche nel corso dei secoli, cambiando da quella originaria (risalente al periodo Jōmon), fino a quella contemporanea, che combina influenze asiatiche, europee e statunitensi. L'arte tradizionale giapponese include le arti dell‘ikebana, dell‘origami, dell‘ukiyo-e, delle bambole, delle lacche, e delle ceramiche, il teatro (bunraku, bon-Odori, kabuki, nō e rakugo) e le tradizioni (i giochi, la cerimonia del tè, il budō, le spade, le arti marziali, l'arte della calligrafia, il vestiario e la figura della geisha).

Il Giappone inoltre ha un sistema sviluppato per la tutela e la promozione delle proprietà materiali e immateriali culturali e del patrimonio nazionale.[195] Sedici siti sono stati iscritti nella Lista del Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO, dodici dei quali hanno un'elevata importanza culturale.[196]



Yokohama_Japan



Arte


Con l'arrivo della civiltà occidentale non si può più parlare di un'arte autonoma, ma l'arte giapponese si inserisce vigorosamente nelle più moderne correnti artistiche, specie architettoniche.

Per quanto riguarda le arti tradizionali giapponesi, che sono tutte permeate dalla filosofia zen, esse hanno costituito per secoli un unicum che non ha corrispondenza in occidente. Giunte fino a noi pressoché intatte, sono tuttora vive e vitali; sono praticate in tutto il mondo da decine di migliaia di persone e hanno costituito un vettore essenziale della conoscenza all'estero della cultura giapponese. Tutte sono fondate sul principio della "via" (dō), cioè su un cammino interiore da percorrere per giungere all'illuminazione. Ma, al di là della loro valenza filosofica, hanno comunque un contenuto estetico che può essere percepito autonomamente. Queste forme espressive costituiscono il nucleo più autentico della cultura giapponese e a esse i giapponesi sono stati e sono molto legati.

Elemento costante e centrale di esse è la rappresentazione istantanea della bellezza, espressa il più sinteticamente possibile con il segno, la forma o il gesto. Le più note sono: il cha no yu (o sadō), la via del tè,[197] l‘ikebana (o kadō), la via dei fiori,[198] lo shodō, la via della calligrafia,[199] il kodo, la via dell'incenso.[200]
La grande onda di Kanagawa, ukiyo-e dell'artista Hokusai

Una menzione a parte la merita la corrente artistica del mono-Ha, originatasi sul finire degli anni sessanta per mano di un gruppo di artisti concentratisi sull'aspetto effimero e impermanente di oggetti ed eventi, messi in relazione allo spazio, all'uomo e alla realtà.[201]

Nell'architettura giapponese le case tradizionali e le strutture dei templi sono caratterizzate da pavimenti rivestiti da particolari tappeti chiamati tatami, pareti in legno, porte laccate, muri di argilla, soffitto a cassettoni, un tetto di tegole, muri di legno e gesso, oltre che porte scorrevoli note come shoji, le quali hanno la funzione di dividere le stanze e gli spazi interni da quelli esterni.[202]

La fusione della pittura tradizionale giapponese e di quella occidentale ha dato vita all'influenza artistica nota come giapponismo, sviluppatasi nella seconda metà del XIX secolo, e iniziatasi con la diffusione delle tipiche stampe giapponesi ukiyo-e in Europa;[203] oltre che ai manga, i fumetti tradizionali del Giappone, diventati famosi anche nel resto del mondo. I cartoni animati influenzati dallo stile dei manga vengono chiamati anime.[204] I videogiochi giapponesi hanno incominciato ad avere grande successo a partire dagli anni ottanta, grazie soprattutto all'opera di Nintendo, che si è lanciata con successo in questo mercato, seguita poi da Sony, SEGA, Konami e altre aziende negli anni novanta.[205]
Letteratura
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Letteratura giapponese e Poesia giapponese.
Parte di Genji monogatari risalente al XII secolo

Tra i primi manoscritti della letteratura giapponese i più importanti sono il Kojiki, il Nihon Shoki, e il Man'yōshū, raccolta di poesie dell'VIII secolo. Tutti vennero scritti in caratteri cinesi.[206] All'inizio del periodo Heian venne creato il sistema di trascrizione fonetica detto kana (formato da hiragana e katakana). Il Taketori monogatari (竹取物語? "Storia di un tagliabambù") è considerato il primo racconto della letteratura giapponese.[207] Una descrizione della vita di corte dell'epoca Heian viene data da Sei Shōnagon nel Makura no sōshi (枕草子? "Note del Guanciale"), mentre il Genji monogatari (源氏物語? "Storia di Genji") di Murasaki Shikibu è considerato il primo romanzo della storia.

Durante il periodo Edo la letteratura divenne l'arte dei chōnin (letteralmente “gente di città”), la gente ordinaria. Non era più, quindi, prerogativa degli aristocratici. Il cosiddetto Yomihon, ad esempio, divenne famoso, dando prova di questo cambiamento. Il periodo Meiji segnò il declino delle forme tradizionali della letteratura; infatti è proprio in questo periodo che la letteratura giapponese integrò le influenze occidentali. Natsume Soseki e Mori Ōgai furono i primi scrittori della letteratura giapponese moderna. Vennero seguiti da Akutagawa Ryunosuke, Tanizaki Jun'ichirō, Kawabata Yasunari, Mishima Yukio fino ad arrivare a Murakami Haruki e Banana Yoshimoto. Il Giappone vanta due scrittori vincitori di un Premio Nobel: Kawabata Yasunari (1968) e Ōe Kenzaburō (1994), mentre tra gli scrittori contemporanei conosciuti e pubblicati in Italia spiccano fra gli altri Banana Yoshimoto (Kitchen, Honeymoon, H/H, Tsugumi, Arcobaleno, Amrita), e Murakami Haruki (Norwegian Wood, Underground, La ragazza dello Sputnik).
Musica
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Musica giapponese.
Un uomo giapponese suona uno shamisen accompagnato da un cantante

Avendo preso in prestito dalle vicine culture strumenti, scale e stili, la musica giapponese è particolarmente eclettica. Molti strumenti musicali come il koto (simile al salterio) o la biwa (specie di liuto) vennero introdotti nel IX secolo e X secolo. L'accompagnamento del teatro nō nasce nel XIV secolo, e la musica popolare folcloristica con lo shamisen (chitarra a 3 corde a plettro) nel XVI secolo. La musica occidentale venne introdotta nel XIX secolo, ed è ormai diventata parte integrante della cultura giapponese.[208]

Per molto tempo i musicisti giapponesi si sono nutriti di elementi prevalentemente germanici; dopo la prima guerra mondiale i favori si sono, invece, volti sempre più verso la musica francese e italiana. Successivamente con l'avvento della globalizzazione anche i giapponesi si sono scoperti anglofili, imitando la musica pop e rock d'oltre oceano e cantando in inglese. Sono nati così negli anni ottanta due filoni (interconnessi al punto che spesso si contaminano l'un l'altro) che vengono definiti j-pop (legato soprattutto al fenomeno delle idol) e j-rock (che si suddivide a sua volta in diverse sotto categorie), dove la lettera J sta appunto a indicare la parola japanese ("giapponese"). Accanto a j-pop e j-rock si è sviluppato più recentemente anche l'hip hop giapponese.[209] Il karaoke è una delle attività da tempo libero più praticate in Giappone, con appositi locali a esso dedicato in cui si canta all'interno di piccole stanze in compagnia di pochi amici o del partner.[210] Fuori dall'Asia la musica contemporanea giapponese è conosciuta quasi esclusivamente grazie alle colonne sonore e musiche di sottofondo di videogiochi e anime.[209]

 
Web  Top
view post Posted on 7/8/2019, 09:11     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,755
Reputation:
+1,695

Status:


Generalità

Stato dell'Asia corrisponde territorialmente al grande arco insulare (Arcipelago Giapponese) che fronteggia l'Asia sul lato dell'oceano Pacifico. Nell'ambito dell'Asia il Giappone si pone in una posizione particolare, essendo il Paese economicamente più progredito del continente. Questo primato, stupefacente per uno Stato asiatico, lontano dai fuochi occidentali promotori del fenomeno industriale, ha le sue dirette motivazioni nelle aperture commerciali del Paese dopo la restaurazione Meiji, nell'urgenza di convertire le strutture economiche e produttive di fronte alle necessità di una popolazione numerosa e povera di spazio (il Giappone è infatti uno degli Stati del mondo più densamente popolati, con oltre 127 milioni di ab. su un territorio, oltreché esiguo, eminentemente montuoso), infine nella sottomissione tutta “asiatica” delle masse ai poteri tradizionali, cui si deve quell'espansionismo imperialistico che ha portato il Giappone a occupare, agli inizi del Novecento, diverse regioni dell'Asia orientale in omaggio a una politica colonialista non dissimile da quella delle potenze industriali europee e che ha lasciato i suoi segni in tutto l'Estremo Oriente. Perdute le sue conquiste con la seconda guerra mondiale, in seguito alla quale ha dovuto rinunciare a ogni ambizione egemonica sul Pacifico a vantaggio degli USA (solo nel 1972 ha riacquistato la piena sovranità sull'arcipelago di Okinawa, già sotto amministrazione statunitense), il Giappone si è impegnato in una corsa all'industrializzazione sostenuta dapprincipio dal capitalismo statunitense, dal quale poi si è progressivamente emancipato raggiungendo in breve tempo, con un'avanzatissima tecnologia e un'efficiente organizzazione delle strutture economiche, livelli di sviluppo straordinariamente elevati. Diversamente però dagli Stati Uniti e, fino al suo dissolvimento, dall'Unione Sovietica, e in ciò simile piuttosto ai Paesi industrializzati d'Europa, il Giappone è povero di risorse naturali: ciò ha reso i suoi primati economici quasi “miracolistici”, fondati su un'intensa attività commerciale, cui peraltro il Paese è storicamente votato per la sua stessa insularità e le sue ampie aperture oceaniche. All'inizio del Duemila tale primato tecnologico rappresenta, tuttavia, soltanto una delle molte facce del Paese. La società nipponica appare, infatti, pervasa da fermenti e inquietudini, in cui trovano posto contraddizioni profonde, a partire dalla difficoltà nel conciliare vecchie e nuove istanze culturali. Fattori, questi, che contribuiscono a disegnare un'immagine del Paese più controversa di quella diffusasi in occidente, e che rendono il Giappone non solo, o non solo più, il Paese del progresso, ma anche il simbolo della post-modernità.


segue

 
Web  Top
view post Posted on 8/8/2019, 09:23     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,755
Reputation:
+1,695

Status:


Territorio: geografia umana. Dalle origini alla restaurazione Meiji

L'occupazione umana del Giappone è avvenuta attraverso vicende complesse e non ancora ben chiare. Secondo vari studiosi, le genti giapponesi derivano dalla fusione di gruppi autoctoni Ainu con immigrati cinesi e malesi; secondo altri, da genti paleosiberiane fusesi con gruppi tungusi, coreani e cinesi; alcuni ritengono che l'origine dei giapponesi sia da ricollegarsi alle migrazioni dei più antichi gruppi asiatici del NE dai quali derivarono gli Amerindoidi e i Polinesiani. È certo, comunque, che nel sec. VI si erano caratterizzati due gruppi fondamentali, uno affine al tipo sinico (dolicocefalo ad alta statura) e l'altro al tipo sudmongolico (brachicefalo a bassa statura). Nell'ambito di questi due gruppi gli antropologi giapponesi distinguono molteplici varietà riconducibili a quattro forme principali: quella a statura bassa e forte brachicefalia (ihikawa) localizzata nel NE dell'arcipelago; quella a statura medio-bassa e modica brachicefalia (okayama) localizzata nelle regioni centroccidentali e costiere di Honshū; quella a statura medio-superiore e modica dolicocefalia (chikuzen) localizzata in gran parte di Kyūshū; quella a statura alta e spiccata dolicocefalia (satsuma) localizzata nel Sud di Kyūshū e in Shikoku. I tratti vagamente europoidi deriverebbero dal più antico substrato Ainu. Per quanto riguarda i processi inerenti all'acculturazione del Paese, sono state individuate correnti culturali e di popolamento provenienti non solo dalla Cina (attraverso il “ponte” della Corea) ma anche dall'Insulindia. La cultura neolitica di Jōmon ha posto le prime basi dell'organizzazione umana, che si configurò in forme più precise con la successiva cultura di Yayoi, cui si connette l'ultima grande ondata immigratoria di genti del continente, quelle che hanno definito i caratteri del popolo giapponese. Con la cultura di Yayoi si ebbe anche l'introduzione della risicoltura, così com'è praticata in tutta l'Asia sinica e monsonica. Le principali aree di insediamento furono nel Honshū centromeridionale e nel Kyūshū; ben presto il maggior centro di gravitazione di quell'originaria occupazione divenne il bacino di Nara. Ciò rese possibile, nel sec. VII d. C., quel processo di unificazione che si espresse nel primo dominio imperiale, esteso su gran parte della sezione centromeridionale dell'arcipelago. Con tale organizzazione politico-economica si realizzò quel sistema di occupazione delle terre, fondato sul sistema jori (divisione geometrica del territorio, cui corrisponde una parcellazione regolare a base modulare dei campi e corrispondente distribuzione degli insediamenti) che ha lasciato tracce sino a oggi nel paesaggio nipponico. Con la civiltà di Heian, che dominò il Paese tra il sec. VIII e il XII, si ebbero un'espansione della popolazione giapponese verso nord e la costituzione di una trama territoriale molto ampia, con il suo vertice a Kyōto. Fu un periodo economicamente prospero e la popolazione raggiunse, secondo alcune valutazioni, i 6 milioni di ab.; ma proprio la conquista e la colonizzazione di nuove terre, assegnate a principi e a capi militari, posero le basi di quel feudalesimo che lasciò, fino al sec. XIX, tracce incancellabili nelle strutture territoriali. Tale organizzazione aveva il suo fulcro nelle città dei daimyō (i signori feudali) dominate da un castello intorno al quale erano i quartieri dei samurai, degli artigiani e dei commercianti. Nell'epoca dei Tokugawa, che irrigidì l'organizzazione politico-economica del Paese, il fulcro dell'impero si spostò a Edo, la futura Tōkyō: essa contava nel sec. XVIII ca. un milione di ab. e probabilmente era già a quel tempo la più popolosa città del mondo. Tuttavia il Giappone conobbe, sotto il dominio imperiale, un lungo ristagno demografico, dovuto alle pessime condizioni della vita nelle campagne e al quale contribuì anche la brutale pratica del mabiki, il soffocamento dei neonati, in uso presso i contadini più poveri.


segue

 
Web  Top
view post Posted on 11/8/2019, 15:03     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,755
Reputation:
+1,695

Status:


Territorio: geografia umana. Dalla restaurazione Meiji ai giorni nostri

La restaurazione Meiji (1868) portò un soffio di vitalità nuova nel Paese: l'economia, non più soggetta alle restrizioni feudali, ebbe impulsi immediati, che si misurarono non solo nei centri urbani attivati da nuovi interessi commerciali e industriali, ma anche nel mondo rurale. Ebbe inizio in quest'epoca l'effettiva colonizzazione del Hokkaidō fino allora rimasto pochissimo popolato (in maggioranza la popolazione era costituita da Ainu), con non più di 30.000 abitanti. L'immigrazione verso l'isola più settentrionale iniziò in forme massicce verso la fine del sec. XIX, introducendo annualmente sino a 60.000 persone. Notevole fu anche la crescita dell'urbanizzazione, che poi esplose verso la fine del secolo. Al primo censimento, eseguito nel 1872, la popolazione giapponese ammontava a 34,8 milioni di abitanti. Essa aumentò successivamente in modo rapido, per effetto delle migliorate condizioni di vita del Paese. Nel 1920, cioè dopo circa mezzo secolo dal primo censimento, la popolazione risultò accresciuta di oltre la metà, anche se nel frattempo il Giappone aveva perduto un certo numero di abitanti con le emigrazioni verso l'America anglosassone, le Hawaii e l'America Meridionale (però l'emigrazione più massiccia verso l'America Meridionale si verificò più tardi, negli anni Trenta, quando raggiunsero il Brasile ben 900.000 giapponesi). Questa emigrazione fu la conseguenza dell'aumentato tasso d'incremento demografico verificatosi dopo il 1920 per effetto di una sensibile diminuzione della mortalità. Gli sviluppi demografici subirono un repentino arresto durante gli anni del conflitto, in particolare nel 1944-45, sia per la ridotta natalità sia per l'elevata mortalità dovuta alle perdite in guerra e ai bombardamenti nelle grandi città. Queste perdite furono in parte bilanciate, alla fine della guerra, dai rimpatri dei numerosi giapponesi che si erano stabiliti in Manciuria, a Formosa e in altri Paesi dell'Estremo Oriente e, negli anni immediatamente 47successivi, furono accompagnati ancora da notevoli oscillazioni dei tassi di natalità e mortalità. Se con il raggiungimento della piena maturità, il Paese ha assistito alla riduzione dell'incremento demografico naturale, attestatosi da alcuni anni su valori addirittura negativi (-0,088% secondo una stima per il 2007), il livello di popolamento del Paese resta tuttavia elevato: la popolazione, che nel 1950 era di 83,2 milioni, al censimento del 1995 risultò quasi raddoppiata, per arrivare, nel 2008, a circa 127.931.339, con una densità media pari a 343 ab./km². Questo valore nasconde, però, le fortissime differenze dovute all'irregolare distribuzione della popolazione. Dato che molte parti del Paese risultano inospitali e poco adatte agli insediamenti umani, se si considera solo la densità della superficie territoriale realmente utilizzata, il valore della densità media cresce fino a 1500 ab./km2, la più elevata al mondo, eccezion fatta per i micro-Stati. I maggiori insediamenti umani si registrano dunque hanno nella fascia litoranea. Il “riversamento” sulle coste degli uomini e delle attività economiche, valido per tutte le isole e in particolar modo per Honshū, la più densamente popolata (l'isola di Hokkaidō è invece la meno popolata con 72 ab./km2), può essere spiegato considerando il grande sviluppo che nel Paese ha avuto l'urbanizzazione. Tale fenomeno ha provocato una sorta di allineamento di una serie di metropoli lungo la costa orient. dell'isola, con densità che raggiungono in certe prefetture (escluse le aree considerate urbane) quasi i 5500 ab./km2. Alle forti densità del litorale del Pacifico fanno riscontro i valori relativamente più bassi della costa del Mar del Giappone, dove pochi sono invece i grandi centri urbani (medie su 150-200 ab./km²). Le zone più spopolate sono quelle interne montagnose del Honshū e soprattutto del Hokkaidō. La speranza di vita media (78 anni per gli uomini, 85 per le donne) e la percentuale di popolazione anziana sono tra le più alte al mondo. Anche gli stranieri sono presenti sul territorio in numero rilevante (poco più di 1 milione e mezzo), mentre gruppi autoctoni (come gli Ainu dell'isola di Hokkaidō) contano poche migliaia di persone.



segue

 
Web  Top
view post Posted on 13/8/2019, 10:08     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,755
Reputation:
+1,695

Status:


Territorio: geografia umana. L’urbanizzazione

L'indice di urbanizzazione del Paese è piuttosto alto: il 66% della popolazione è infatti considerata urbana (2008). Gli insediamenti si caratterizzano per la dimensione verticale delle strutture, a causa della scarsa disponibilità di aree edificabili: ciò ha portato alla costruzione di enormi grattacieli, che si alternano alle piccole case tradizionali, costruiti secondo moderni sistemi antisismici. La Mori Tower, nel complesso urbano di Rappingi Hills inaugurato nel 2003, è un edificio di 54 piani che ospita abitazioni, uffici e vari locali per lo svago e il tempo libero nonché un museo: una sorta di città autonoma racchiusa in un grattacielo. La popolazione rurale vive invece, ancor oggi, nel buraku, il tipico villaggio nipponico, che conserva in molti casi quegli aspetti tradizionali legati a una precisa e, in certa misura, autonoma organizzazione. Il buraku è formato in generale da abitazioni compatte e fa capo al tempio shintoista. Alle epoche di colonizzazione imposta si devono i numerosi villaggi di strada e i villaggi inquadrati entro la maglia delle divisioni jori del terreno. Le città hanno ormai allargato su vasti dintorni il loro influsso diretto, e ciò anche perché le migrazioni pendolari di manodopera dalla campagna alla città investono aree molto estese, fatto reso possibile dal grande sviluppo dei trasporti intorno alle aree urbanizzate. Un altro dato interessante per quantificare la misura dell'urbanesimo giapponese può essere data dalla graduatoria delle città: Tōkyōō, la capitale, è una delle più popolose del mondo (8.535.792 ab; 12.677.917 nell'intero agglomerato urbano, nel 2006); a essa si affiancano gli altri poli urbani che si allineano lungo la costa orientale del Honshū: Kyōto, Ōsaka, Kōbe, Nagoya, Shizuoka, Kawasaki, Yokohama ecc. Questa straordinaria concentrazione è all'origine di una conurbazione che raggruppa circa 75 milioni di persone, in un'area pari solo al 6% della superficie del Paese (inferiore, per fare un paragone, all'estensione territoriale del Belgio) e urbana può essere paragonata per molti aspetti alle megalopoli americane, schierate lungo la costa atlantica per dimensioni, imponenza e funzionalità, in quanto costituita da grandi centri portuali e industriali. Alla megalopoli giapponese, manca, tuttavia, il vasto entroterra di quelle statunitensi, sostituito dall'ampio spazio commerciale extranazionale, mondiale, su cui si basa gran parte delle fortune di questi giganteschi complessi urbani. La fioritura di queste metropoli è avvenuta per motivi diversi. Anzitutto, esse sono situate presso le pianure costiere del Giappone centrale, che nella zona di Nara e di Kyōto ha avuto nei secoli passati i centri originari e motori dell'organizzazione politica, economica e culturale del Paese. Secondariamente esse sono state favorite, nel loro sviluppo economico e commerciale, dalla loro posizione, protetta da baie e coste favorevole all'insediamento di porti. La vicinanza di piane agricole popolose ha infine consentito il facile e immediato assorbimento dell'abbondante popolazione rurale. Nell'ambito del complessivo schieramento urbano si possono individuare delle conurbazioni distinte, tra cui si impongono quella che fa capo al triangolo di Kyōto-Ōsaka-Kōbe, quella di Nagoya-Gifu, quella di Tōkyō-Yokohama. Altre concentrazioni si trovano lungo le coste del Kyūshū; la principale è quella che fa capo a Kitakyūshū-Fukuoka, cui si associa la città di Shimonoseki nella vicina estremità del Honshū sudoccidentale; quelle di Nagasaki e Sasebo, di Kumamoto e di Kagoshima. Relativamente meno sviluppato è l'urbanesimo del Shikoku, dove le città maggiori (Takamatsu, Matsuyama) si allineano sulla costa del Mare Interno. Nel Nord del Honshū (Tōhoku) grossi centri sono gli sbocchi portuali di Sendai, Akita e Aomori, la quale ultima funge da tramite tra Honshū e Hokkaidō. Le città di quest'isola sono tutte recenti ma già sviluppatissime, come Hakodate, dirimpetto ad Aomori, e Sapporo, nella più popolosa pianura dell'isola. Le città giapponesi hanno volti e strutture più o meno eguali. Molte di esse sono sorte come sedi feudali e sono dominate dal castello del daimyō, che è un po' il centro simbolico, al di fuori del quale non esistono nuclei coordinatori del tessuto urbano (paragonabili, per esempio, alla piazza centrale delle città occidentali). La città è formata da una giustapposizione di quartieri con funzioni diverse, che li qualificano: così la Ginza, a Tōkyō, è il grande e vivace quartiere degli affari. Alla funzionalità per quartieri si aggiunge quella generale delle città nell'ambito del Paese. In tale quadro Tōkyō fa parte a sé per il suo ruolo molteplice, la dimensione mondiale dei suoi interessi culturali, commerciali, industriali, finanziari. Il suo porto è tra i più attivi del mondo; esso è integrato da quello della vicina Yokohama, che è sede soprattutto delle grandi industrie di trasformazione (siderurgica, petrolifera, ecc.). Più a S, Nagoya è un centro a funzioni regionali molteplici. Nella conurbazione Kyōto-Ōsaka-Kōbe, un ruolo culturale, universitario e turistico ha Kyōto, la più bella città del Giappone, scrigno delle sue tradizioni, mentre Ōsaka è soprattutto centro finanziario e degli affari; Kōbe è invece grande porto dell'industria pesante. Kitakyūshū e le vicine città sono anch'esse prevalentemente legate all'industria di trasformazione. Funzioni industriali hanno più o meno tutte le metropoli giapponesi, benché in generale quelle che non formano delle conurbazioni abbiano un ruolo di centri regionali con attività molteplici. Compiti più strettamente locali, come capoluogo di prefetture o di zone limitate, hanno infine le altre città e cittadine, tra cui molte sono qualificate per essere essenzialmente centri religiosi (Nikkō) o turistici, termali (Horobetsu), o come porti di pesca.


segue

 
Web  Top
view post Posted on 16/8/2019, 05:09     Top   Dislike
Avatar

Blogger

Group:
Administrator
Posts:
66,800
Reputation:
+1,778
Location:
Da casa mia🏠

Status:


Territorio: ambiente



Alla divisione dell'arcipelago in diversi domini climatici, uno subtropicale e l'altro temperato, si deve la varietà degli aspetti vegetali del Paese. A tale varietà hanno anche contribuito le oscillazioni climatiche delle epoche passate, cui si deve l'introduzione di specie di domini ancora differenti. La foresta subtropicale è, come quella sinica, caratterizzata da specie sempreverdi rappresentate da bambù, querce, alberi della canfora, ecc. Queste e altre specie formano spesso, nel Sud, una sorta di macchia o di boscaglia rada (genya) derivata dalla degradazione della foresta primaria e nella quale predomina sovente il bambù nano (sasa) in fitta associazione; le specie subtropicali si spingono verso N fin sulla costa del Honshū centrale.

La foresta temperata è la più estesa ed è rappresentata da latifoglie (pioppi, querce, frassini, castagni, faggi) e da conifere varie, con prevalenza di pino rosso. Nelle zone elevate e nel Hokkaidō compaiono le conifere d'ambiente boreale (abeti vari) che nelle aree più fredde e a maggiori livelli altitudinali lasciano il posto alle praterie (agli stessi livelli si hanno anche macchie arbustive di pini) e alle tundre d'ambiente nivale.

In un Paese popolato come il Giappone l'ammanto vegetale naturale è stato largamente alterato dall'uomo; tuttavia, dati la montuosità delle isole e il prevalere della popolazione lungo le coste, il manto boschivo è tuttora molto esteso, rappresentando ben il 64% dell'intera superficie dell'arcipelago; nelle zone montagnose interne meno accessibili vi sono estese aree boscose intatte.

La densità della popolazione ha influito anche sulla fauna giapponese, ma le specie esistenti restano numerose e variamente distribuite sul territorio. Le zone montuose sono abitate da cinghiali, tanuki, volpi, cervi, antilopi ecc. Non mancano le scimmie, in particolare il macaco giapponese che popola anche l'isola di Honshū: è questo l'unico primate, oltre all'uomo, a vivere a latitudini così elevate.

Tra i rettili del Paese, è da segnalare l'Aodaisho (o Elaphe climacophora), un caratteristico serpente che vive in quasi tutte le isole dell'arcipelago; tra gli anfibi, si ricorda la salamandra gigante del Giappone, che può raggiungere 1,5 m di lunghezza. L'arcipelago ospita circa 600 specie di uccelli. La confluenza di correnti oceaniche fredde e calde ha inoltre prodotto un mare ricco di vita: le acque sono abitate da balene, delfini, focene, salmoni, tonni e un'ampia varietà di crostacei e molluschi.

Il Paese è soggetto a numerosi terremoti (i più disastrosi sono stati quello del 1923, che ha colpito Tōkyō e Yokohama e ha provocato la morte di circa 200.000 persone, e quello del 1995, che ha colpito Kōbe e ha provocato la morte di circa 5000 persone) e maremoti; vi sono inoltre numerosi vulcani attivi. Tale instabilità è propria della zona del Pacifico detta l'“anello di fuoco”, di cui l'arcipelago è una delle aree più attive.

Il Giappone soffre dei problemi ambientali tipici dei paesi industrializzati, aggravati dallo sfruttamento intensivo dello spazio. L'inquinamento atmosferico è elevato soprattutto nelle metropoli di Tōkyō, Ōsaka e Yokohama. Le emissioni di anidride solforosa si sono significativamente ridotte grazie alle normative ambientali, ma gli ossidi di azoto, che contribuiscono alle piogge acide, costituiscono ancora un problema.

La qualità dell'acqua è costantemente migliorata dagli anni Settanta del Novecento, ma l'acidificazione di laghi e bacini idrici ha minacciato numerosi habitat. L'aumento dei rifiuti domestici negli anni Ottanta è stato fra i più alti al mondo e il Giappone si trova oggi a fronteggiare una grave carenza di luoghi da adibire a discariche. È questo il primo Paese, inoltre, a registrare casi di avvelenamento da metalli pesanti (cadmio e mercurio), che hanno provocato centinaia di morti.

L'ubicazione delle numerose centrali nucleari, infine, pone rischi ambientali e di sicurezza in caso di terremoto. In Giappone il rapporto con la natura comprende anche elementi sacrali. Fin dall'introduzione nel Paese del buddhismo, nel VI secolo a. C., si coltiva l'etica della conservazione dell'ambiente, con aree protette e riserve di caccia speciali presenti da diversi secoli.

Nel 2007 le aree protette occupano il 9,4% del territorio, ma la percentuale sale al 14% se si considera la superficie tutelata in vari modi: parchi nazionali, aree di protezione dell'ambiente selvatico, aree di conservazione della natura dello Stato, più un'ampia serie di riserve faunistiche e santuari speciali (soltanto le aree di conservazione della natura regionali sono 643). I siti naturalistici del Giappone dichiarati patrimonio dell'umanità dall'UNESCO sono: la foresta di faggi di Shirakami-Sanchi (1993), l'area di Yaku-shima (1993), con la sua ricca flora che comprende oltre 1900 specie e sottospecie, tra cui antichi esemplari di cedro giapponese, e la penisola di Shiretoko (2005) che ospita la più importante popolazione di orsi del Paese.

segue

 
Web  Top
view post Posted on 17/8/2019, 15:34     Top   Dislike
Avatar

Blogger

Group:
Administrator
Posts:
66,800
Reputation:
+1,778
Location:
Da casa mia🏠

Status:


Economia: generalità



Il prodigioso sviluppo dell'economia giapponese ebbe inizio nel 1868, con l'avvento del Meiji (Governo Illuminato), che, abbattendo il preesistente regime feudale, dava concreta risposta alle sollecitazioni sempre più pressanti di una nuova borghesia, prima mercantile poi imprenditoriale, e nel contempo reale soluzione per l'ormai insostenibile situazione di un Paese sovrappopolato, povero quindi di spazio oltre che di risorse naturali, per il quale appariva indispensabile un rinnovamento economico e sociale.

Lo Stato, facendo propri i poteri degli antichi feudatari, poté accumulare rapidamente ingenti capitali, che ben presto investì in imprese di tipo industriale, favorendo così l'affermarsi della nascente classe imprenditoriale; nello stesso tempo, anche se inizialmente contrastate, le aperture commerciali con l'estero allargarono gli orizzonti dell'economia.

L'industria divenne così arbitro della situazione interna del Paese; sorsero gli zaibatsu, concentrazioni di industrie dominate da grandi famiglie, che a poco a poco raccolsero nelle loro mani le preesistenti piccole e medie aziende, per lo più di ex commercianti, in ciò favorite dalla politica governativa, volta appunto ad accelerare lo sviluppo del Paese mediante il sostegno a pochi grandi complessi a carattere monopolistico.

Questa fase di iniziale espansione si avvantaggiò inoltre di un forte protezionismo doganale, necessario per difendere dalla concorrenza straniera i prodotti nazionali, ancora tecnicamente poco avanzati, mentre si diffondeva una spregiudicata propensione a imitare le produzioni già sicuramente affermatesi all'estero.

Il rapido sviluppo industriale determinò inevitabilmente il progressivo decadimento dell'economia agricola, nonostante l'avvenuta riforma fondiaria che, con l'abolizione dei latifondi feudali, aveva assegnato la terra ai contadini; ma ne erano seguiti l'estrema frammentazione dei fondi e, quindi, redditi agrari del tutto insufficienti. Si ebbe l'esodo dalle campagne di masse di contadini tradizionalmente ligi al dovere, di abitudini frugalissime e per i quali lo zaibatsu continuava, di fatto, a incarnare il potere feudale; e proprio questa sovrabbondanza di manodopera a costi estremamente bassi fu uno dei fattori determinanti della rapida industrializzazione del Giappone, che per gli approvvigionamenti di materie prime fu spinto a perseguire una politica militare ed espansionistica, conclusasi con l'occupazione della Manciuria e della Corea. Superata senza gravi conseguenze la crisi degli anni Trenta, in virtù di una politica, dapprima, di restrizione monetaria e di austerità e, poi, di liberalizzazione e di investimenti pubblici, il Giappone vedeva rafforzarsi le industrie di base (metalmeccaniche, chimiche, elettriche) e crescere il proprio peso commerciale (4% delle esportazioni mondiali), trovando nell'Asia orientale e nell'area del Pacifico importanti fattori di sviluppo, dalle materie prime alla manodopera e a nuovi sbocchi di mercato. Nonostante l'esito catastrofico del secondo conflitto mondiale, il Paese, grazie a una straordinaria capacità di ripresa, superiore a quella pur formidabile della stessa Germania, si è posto, nel prosieguo del sec. XX, come la maggiore potenza economica del pianeta dopo gli Stati Uniti, e anzi, dagli anni Ottanta, la prima in assoluto sotto il profilo finanziario.

Inizialmente, la ricostruzione postbellica fu decisamente favorita dagli stessi Stati Uniti, che videro nel Giappone una barriera all'espansione politica della Cina comunista e pertanto, oltre a fornire cospicui aiuti finanziari, contribuirono a reinserirlo nel novero dei Paesi capitalisti.

Emersero ben presto, però, i fattori endogeni della ripresa, prima fra tutti l'organizzazione di nuove e agguerrite holdings (le keiretsu-ka, che sostituivano gli zaibatsu, aboliti con una legge antimonopolistica), imperniate su grandi banche e pertanto dotate di capacità imprenditoriali idonee alla gestione di grandi mezzi finanziari.

La disponibilità di questi ultimi, derivante dalla spiccata propensione al risparmio, si associava alla forte domanda del mercato interno, grazie a una continua e sensibile crescita dei salari reali, che moltiplicava di ben 4,5 volte il potere di acquisto nel periodo 1955-70.

Inoltre, lo Stato esercitava un'accorta politica di incentivi e sosteneva un'eccellente organizzazione commerciale, coordinata dal Ministero del Commercio Internazionale e dell'Industria (MITI), il quale, agendo come tramite fra potere politico ed economico, finiva per orientare le strategie produttive di fondo.

Pur rimanendo fedele ai principi dell'economia liberista, dunque, il governo giapponese veniva assumendo un ruolo sempre più rilevante nella programmazione economica, che, pur dichiaratamente orientativa, si dimostrava, alla prova dei fatti, vincolante e foriera di ottimi successi.

Dalla metà degli anni Cinquanta si succedevano una serie di veri e propri boom economici, con tassi di crescita del PIL addirittura superiori al 10% annuo (il doppio degli altri grandi Paesi industriali), intervallati da brevi fasi recessive; la produzione industriale aumentava del 15% nei soli anni Sessanta, con una spiccata diversificazione settoriale, alla base della quale stava comunque il peso dei grandi complessi siderurgici e petrolchimici, localizzati nelle aree portuali per far fronte ai costi di trasporto delle materie prime, pressoché totalmente di importazione.

Il primo “shock” petrolifero, nel 1973-74, determinava pertanto un notevole contraccolpo per un Paese il cui fabbisogno di greggio era cresciuto di ben 30 volte in meno di un ventennio. Si rendeva necessario, pertanto, riconvertire i settori a più elevato consumo energetico e, nello stesso tempo, orientare la ricerca di base e applicata sulle fonti alternative, fra cui, in primo piano, quella nucleare; inoltre, trasferire progressivamente gli impianti produttivi, dapprima nei Paesi asiatici vicini (Corea del Sud, Taiwan, Singapore, Thailandia, ecc.), dove la manodopera aveva un costo di gran lunga inferiore, poi direttamente sui mercati di esportazione americani ed europei. L'internazionalizzazione dell'economia giapponese, in tal modo, si faceva sempre più marcata durante gli anni Ottanta, nonostante il perdurare di atteggiamenti più o meno larvatamente protezionistici, cui si contrapponeva il tentativo di frenare l'invasione dei prodotti nipponici da parte degli Stati Uniti e della Comunità Europea. Disponendo di una elevatissima capacità di risparmio delle famiglie e delle imprese (enorme quantità di capitali), gli straordinari successi lasciavano tuttavia aperti rilevanti problemi di ordine sociale che solo in un Paese in cui, per molteplici fattori storici e culturali, erano tanto marcati lo spirito nazionale, l'autodisciplina, il senso di rispetto all'autorità (con ciò anche intendendo la fedeltà alla “famiglia aziendale” come riflesso dell'atavico attaccamento alla famiglia patriarcale) si sono potuti così a lungo trascurare. Innanzi tutto si pone il tipico carattere “dualista” dell'economia, specie dell'industria, nella quale, accanto ai grandi e moderni complessi dove i lavoratori godono di una situazione assolutamente privilegiata e per vari aspetti invidiabile anche nei Paesi occidentali più avanzati, esiste un tessuto di piccole e medie industrie più fragili e più arretrate, che svolgono ruoli complementari a quelli dei colossi industriali e in cui i salari sono molto bassi e pressoché totale è la possibilità di licenziamento o l'obbligo alla mobilità del lavoro, in quanto assolvono a funzioni di “cuscinetto” nei periodi di crisi.

Inoltre, il destinare i capitali quasi esclusivamente ai settori produttivi e finanziari ha di necessità determinato enormi carenze negli investimenti sociali, mentre il costante ricorso a criteri di immediata redditività e di intensissimo sfruttamento delle aree più economicamente utili ha causato non meno profondi squilibri sotto il profilo insediativo e ambientale: in particolare, nella megalopoli di Tōkyō risiede ormai quasi un quarto della popolazione totale, in condizioni di abitabilità sempre meno accettabili.

Negli anni Novanta, molti elementi intervenivano a turbare gli equilibri che si erano andati delineando: innanzi tutto, la concorrenza ormai apertamente esercitata dai primi fra i NIC (Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong, Singapore), che avevano fortemente migliorato la qualità tecnologica dei loro prodotti mantenendone la competitività, e l'esplosione dell'economia cinese, con tassi di crescita del PIL dieci volte superiori a quelli del Giappone, frattanto molto ridimensionati. Iniziata con la fuoriuscita di flussi di manodopera, spesso clandestini, che contribuivano a turbare il mercato del lavoro giapponese, l'influenza del grande vicino si era fatta più preoccupante con l'apertura delle “zone economiche speciali”, lo sviluppo dei trasporti marittimi e la messa in campo di una quantità crescente di risorse, la cui disponibilità risulta davvero schiacciante.

La crisi economica presentava già sintomi congiunturali preoccupanti: nel 1993, quando la ripresa si manifestava negli Stati Uniti e nei maggiori Paesi europei, il tasso di crescita del prodotto lordo giapponese risultava addirittura negativo (-0,5%, a fronte di una media di +4,4% nel periodo 1985-92).

Il valore tornava positivo nel 1995 (+0,9%), risultando, tuttavia, di gran lunga il più basso dell'area asiatica orientale e meridionale. Nello stesso anno, la rivalutazione dello yen (+20% nei confronti del dollaro) e la forzata apertura del mercato interno, sotto la pressione statunitense, determinavano un'improvvisa e forte riduzione dell'attivo commerciale. Le piccole e medie imprese, i cui prodotti avevano cessato di essere più competitivi, subivano un contraccolpo tale da determinarne in molti casi la chiusura; il tasso di disoccupazione – fenomeno pressoché sconosciuto nel Paese fino a un recente passato – saliva al 4,7% (1999), tendendo alla soglia del 5%. Per singolare contraddizione, i prezzi al consumo diminuivano, ma calava anche la domanda interna, che si rivolgeva comunque, massicciamente, ai prodotti esteri, più vantaggiosi, venduti nei nuovi supermercati e discount delle periferie metropolitane.

In più, paradossalmente, la formidabile ricchezza finanziaria del Paese si traduceva in un fattore di debolezza nel momento in cui la classe politica e manageriale giapponese si rivelava incapace di gestirla, determinando, con ciò, una caduta di fiducia, sia interna sia internazionale, alla base della pesante crisi che attanagliava il Paese sul finire del sec. XX. L'apparato produttivo entrava in recessione, con le inevitabili ripercussioni sul mercato mobiliare: l'indice Nikkei della borsa di Tōkyō, che aveva quotato fino a 35.000 punti nel 1990, precipitava al di sotto dei 15.000 punti nel 1997.


Il nuovo rallentamento dell'economia metteva in luce come il Giappone fosse rimasto intrappolato in una morsa deflazionistica: la politica monetaria non era riuscita a stimolare la crescita degli investimenti privati, mentre la politica fiscale e i programmi di spesa in opere pubbliche incontravano un limite all'espansione del disavanzo di bilancio e del debito pubblico (prossimo, nel 1997, al 100% del PNL). La progressiva svalutazione dello yen favoriva, se non altro, le esportazioni, facendo crescere il saldo della bilancia commerciale: questo, tuttavia, cominciava ad alimentarsi soprattutto della diminuzione delle importazioni, danneggiando i maggiori partnermondiali del Giappone e inducendoli a sollecitare riforme strutturali mirate ad aprire il mercato giapponese e a rilanciarne i consumi, certamente a discapito della piena occupazione e delle garanzie sociali.

Sono stati messi in discussione, pertanto, i fondamenti stessi del “modello giapponese”, protezionista e fortemente controllato dallo Stato, che si traducevano nel mito dell'impiego a vita, della fedeltà all'azienda, del “lavoro uguale missione”. Si può inoltre riscontrare una stretta correlazione tra le ristrutturazioni aziendali (con migliaia di posti di lavoro a rischio) e fenomeni come l'aumento del numero dei divorzi o il crollo del vecchio modello familiare.

Dopo la recessione del 1997-98, la più grave del dopoguerra, nel primo semestre del 1999 l'economia giapponese registrava alcuni segnali di ripresa: il PNL tornava a crescere (+0,9 su base annua), la borsa risaliva e aumentavano gli investimenti di capitale e di consumi privati. Ma nei primi mesi del 2001 una nuova grave crisi faceva toccare alla borsa i limiti più bassi degli anni Ottanta.

Inoltre, tra il 2000 e il 2001 l'azzeramento dei tassi di interesse provocava il fallimento di tre delle prime dieci società di assicurazione sulla vita giapponesi, impossibilitate a pagare i rimborsi promessi, e il rallentamento dell'economia degli Stati Uniti, primo partner commerciale del Paese, incideva negativamente sull'export.

Il debito pubblico aumentava fino a diventare il maggiore tra tutti i Paesi industrializzati (intorno al 130% del PIL). I giapponesi hanno perso fiducia nella loro classe politica, sclerotizzata e corrotta al punto da essersi resa complice di alcuni scandali immobiliari e finanziari, che hanno scosso il Paese a cavallo fra i due millenni. Malgrado questa crisi , dopo il 2002 la crescita del PIL è ripresa (l'incremento nel 2006 è stato del 2,2%) e l'economia giapponese appare uscita dal trend negativo; in particolare i tassi relativi ai prezzi al consumo indicano la fine della spirale deflattiva e una ripresa della fiducia dei consumatori.

Rimane l'obiettivo della riduzione del deficit di bilancio (sceso nel 2007 al 3,8% dopo aver toccato l'8% nel 2002 e 2003) e della riduzione del rapporto tra debito e PIL, pari al 180%, il più alto tra i Paesi dell'OCSE. La disoccupazione, dopo aver fatto segnare un picco nel 2002 (5,4%), permane su livelli piuttosto altri (4% nel 2007). Il Giappone resta comunque un Paese ricco, terza potenza economica mondiale (a parità di potere d'acquisto), dopo gli Stati Uniti e la Cina: nel 2008 il PIL è stato pari a 4.923.761 ml $ USA. Nello stesso anno il reddito pro capite era mediamente pari a oltre 38.559 $ USA (secondo, in Asia, al solo Qatar).

Inoltre, secondo l'indice di sviluppo umano, il Giappone si colloca al 7° posto nella classifica mondiale. Il Paese è molto avanzato nella cosiddetta e-economy, vale a dire nell'uso dei portali per l'accesso a Internet (oltre 86 milioni di utenti nel 2005), e di conseguenza sono molto diffusi l'e-commerce e le operazioni bancarie on line (i pagamenti elettronici sono ormai più numerosi di quelli effettuati nelle banche).

Segue

 
Web  Top
view post Posted on 19/8/2019, 07:51     Top   Dislike
Avatar

Blogger

Group:
Administrator
Posts:
66,800
Reputation:
+1,778
Location:
Da casa mia🏠

Status:


Economia: agricoltura, allevamento e pesca



Contrariamente agli altri settori economici e nonostante gli sforzi governativi per introdurre sistemi moderni, l'agricoltura , che interessa appena il 13% della superficie nazionale, non ha certo conseguito sensibili progressi né ha compiuto trasformazioni di rilievo nelle tecniche produttive.

Essa occupa meno del 5% della popolazione attiva, percentuale in continua e forte diminuzione (ancora nel 1960 era del 33%) dato l'ingentissimo esodo dalle campagne e la grande attrazione esercitata dagli altri settori, e anche la sua incidenza sul PIL è in calo: pari al 6% nel 1973 è scesa sino all'1,5% circa. In seguito alla riforma fondiaria, realizzata negli anni 1947-49 e che ha portato all'abolizione dei preesistenti latifondi, l'attività agricola è svolta essenzialmente da piccoli proprietari terrieri.

Data la generale limitatezza dei redditi agricoli e grazie alla meccanizzazione, molti contadini lavorano anche in vicine aziende manifatturiere o comunque dedicano parte del loro tempo ad altre attività produttive; la polverizzazione fondiaria (le proprietà terriere sono in media inferiori a 1 ha: in particolare nelle aree meridionali moltissime sono addirittura inferiori a 0,5 ha, mentre raggiungono dimensioni maggiori in Hokkaidō, dove in buona parte i fondi superano i 5 ha) non consente di realizzare grandi progressi tecnici, benché sia sensibilmente cresciuto l'impiego tanto di macchine agricole quanto di fertilizzanti.

Nonostante, quindi, una certa modernizzazione, sostenuta anche dalla tradizionale attività del movimento cooperativo, l'agricoltura è fondamentalmente rimasta con i suoi tipici caratteri asiatici, il che significa netta prevalenza della risicoltura intensiva su gran parte dell'arcipelago (in pratica fino al 37º parallelo); essa però rende possibili due raccolti all'anno.

Il riso, esteso su quasi 1,7 milioni di ettari, occupa più di metà dell'arativo e riesce a coprire il fabbisogno interno (molto elevato l'impiego del riso anche per la fabbricazione del sake, il liquore nazionale del Giappone). Dopo varie sperimentazioni, i tecnici giapponesi sono riusciti a creare una varietà di riso che si adatta anche all'ambiente freddo dell'isola di Hokkaidō; la maggior parte della produzione proviene però dalle aree irrigue di Shikoku, Kyūshū e del Honshū centro-meridionale. Un certo sviluppo aveva assunto la coltivazione del frumento, praticata soprattutto in Hokkaidō ma anche nelle altre isole come coltura invernale, che segue quella estiva del riso; la produzione non copre la richiesta interna. Abbastanza diffuso è anche l'orzo, esso pure seminato dopo la raccolta del riso; molto meno rilevanti sono le produzioni degli altri cereali, come mais, avena e miglio, mentre ben rappresentate sono le patate e le patate dolci.

Tuttavia i consumi alimentari della popolazione (nel loro complesso coperti non dalle produzioni nazionali) sono in via di graduale trasformazione, soprattutto per le mutate richieste di chi abita nelle città: così, mentre nel complesso è diminuito il consumo pro capite del riso, particolare importanza ha assunto la coltivazione di ortaggi, come pomodori, cipolle, cavoli, ecc., sia nelle immediate vicinanze dei grandi centri urbani sia in aree lontane ma particolarmente favorite dal clima, come le pianure costiere dell'oceano Pacifico, influenzate dalla Corrente di Curoscivo.

Anche la frutticoltura ha registrato un notevole incremento per l'accresciuta richiesta nazionale e per il rifornimento all'industria conserviera, largamente al servizio dell'esportazione; si producono annualmente buoni quantitativi di agrumi (che collocano stabilmente il Giappone tra i primi 20 produttori mondiali), di mele, pere, pesche, uva, prugne, ecc. Tra le colture industriali è largamente diffusa quella del tè (100.000 t prodotte nel 2005), coltivato sui pendii montuosi del Giappone centrale e meridionale e in gran parte esportato.

Tra le colture oleaginose prevale la soia; tra quelle tessili, tutte piuttosto modeste, il lino e la canapa. La seta non è più prestigiosa quanto un tempo, dato l'affermarsi delle fibre tessili artificiali e conseguentemente la tradizionale gelsicoltura è molto ridotta; discreta è la produzione del tabacco che, con il luppolo, la canna e la barbabietola da zucchero, completa il quadro delle principali colture industriali.

Assai esteso è il patrimonio forestale, specie per un Paese di così antico e fitto popolamento; ben il 64% della superficie territoriale è ricoperto da foreste, con prevalenza di conifere o latifoglie a seconda delle varietà climatiche; le maggiori distese di conifere (come quelle di cedri giapponesi o sugi, di cipressi giapponesi o hinoki, di abeti, ecc.) sono strettamente controllate da un apposito organismo governativo allo scopo di non depauperare eccessivamente le risorse nazionali.

La produzione annua di legname, largamente utilizzato come materiale da costruzione e per pasta da carta, non è sufficiente al fabbisogno nazionale; si ricorre quindi in larga misura a legname d'importazione. § Come nella maggior parte dei Paesi dell'Estremo Oriente, anche in Giappone il ruolo dell'allevamento è molto limitato; d'altronde estremamente esigue sono le aree a prato e a pascolo permanente, pari ad appena l'1,7% del territorio nazionale.

Tuttavia, in relazione alle già menzionate trasformazioni indotte dalle richieste urbane nel settore dell'alimentazione, e in modo specifico per la sempre crescente domanda di carni e latticini, il Giappone dispone oggi, soprattutto per bovini, di complessi zootecnici moderni e assai razionali; dipende invece per lo più dai piccoli agricoltori il tradizionale allevamento di suini e quello importantissimo dei volatili da cortile.

§ Settore fondamentale dell'economia giapponese, la pesca dà lavoro a un gran numero di addetti, ma in anni recenti, il Giappone ha visto calare la quantità di pescato, e ha perso il primato mondiale, superato dalla Cina, Perù e India. Si colloca invece al primo posto nel mondo per l''allevamento dei pesci in vivaio (acquacoltura).

La pesca è organizzata in modo assai moderno, con tecniche d'avanguardia e sperimentazioni attraverso le quali si cerca di valorizzare tutte le possibili risorse del mare, che per il Giappone, Paese insulare, è ovviamente uno spazio vitale. Viene praticata sia da numerosissime imprese di piccole dimensioni, che la esercitano però lungo le coste (gamberi, sgombri, molluschi, ecc.), sia da imponenti complessi industriali, cui si deve oltre il 70% dell'intero pescato.

Questi complessi sono attrezzatissimi, con potenti flottiglie di battelli che solcano non solo i mari giapponesi, ma spaziano nel Pacifico, specie nella sezione settentrionale (dove peraltro le delimitazioni delle aree di pesca, basate su accordi internazionali, hanno posto un certo freno alle “invasioni” dei pescatori giapponesi), e si spingono anche nell'Atlantico e nel Mar Glaciale Antartico.

Nei mari giapponesi le zone di pesca migliori sono quelle dove si incontrano la Curoscivo e la Ogascivo, ricche insieme di fauna ittica di acque tropicali e di acque fredde; qui si catturano salmoni, merluzzi, aringhe, ecc., mentre nelle altre aree predomina il tonno.

I porti di pesca attrezzati sono numerosi lungo le coste di Hokkaidō, Honshū e Kyūshū (dove, tra i tanti, sono rispettivamente situati quelli di Wakkanai, Hachinohe, Miyako e Fukuoka) e ad essi sono annesse grosse industrie conserviere. Molto redditizia è stata anche la caccia alla balena, per la quale il Giappone disponeva di una flotta ben attrezzata.

Tale pratica, tuttavia, formalmente è stata sospesa già dal 1988 a seguito di un accordo internazionale che ammette la caccia alle balene solo per scopi scientifici e che tende a tutelare la specie, non si può dire cessata anche se il Paese è accusato di non rispettare il trattato: i pescherecci giapponesi, infatti, continuano a praticarla diffusamente (nel 2003 sono stati uccisi 820 esemplari). Alla pesca si aggiungono altre attività di sfruttamento del mare, tra cui la raccolta delle perle naturali e la coltivazione delle ostriche perlifere (vivai a Toba), per la quale i giapponesi vantano la priorità mondiale.

Rilevanza ha assunto anche la raccolta delle alghe, usate per alimentazione. Circa l'importanza della pesca per il Giappone può essere indicativo il fatto che oltre il 50% delle proteine animali di cui si alimenta la popolazione è rappresentato dai prodotti del mare.

Segue

 
Web  Top
view post Posted on 21/8/2019, 06:54     Top   Dislike
Avatar

Blogger

Group:
Administrator
Posts:
66,800
Reputation:
+1,778
Location:
Da casa mia🏠

Status:


Economia: industria



Il settore industriale ha rappresentato, fin dal periodo Meiji, il fondamento dell'economia giapponese, e ancora oggi, nonostante il ruolo progressivamente assunto dal terziario, partecipa per il 30% circa alla formazione del prodotto interno lordo, occupando il 28% della popolazione attiva, una percentuale rimasta pressoché invariata dagli anni Sessanta del Novecento.

La produzione industriale giapponese supera il 10% del totale mondiale.

I maggiori distretti industriali del Paese sono quelli della pianura del Kantō, comprendente la conurbazione Tōkyō Yokohama, che produce il 20% della produzione industriale nazionale, seguita da quello di Kinki (nella conurbazione Kōbe-Ōsaka).

Accanto al tradizionale ramo tessile, notevolmente modernizzatosi a partire dal 1890, il fulcro dello sviluppo industriale fu rappresentato, all'origine, dai rami di base (metalmeccanico, chimico, cementiero), che favorirono il grande processo di infrastrutturazione del Paese e ne sostennero la potenza militare.

Anche nel secondo dopoguerra, come si è detto, furono la siderurgia e la petrolchimica a guidare la ripresa e lo sviluppo, portando il Giappone ai primissimi posti delle relative graduatorie mondiali e rifornendo il settore propriamente manifatturiero di semilavorati e beni di investimento.

Caratterizzata da un marcato dualismo strutturale e dimensionale, l'industria giapponese ha dato luogo a poderose concentrazioni di grandi impianti nelle maggiori aree urbane costiere, mentre le piccole e medie imprese si sono distribuite più ampiamente sul territorio, pur restando fortemente legate alle maggiori.

Dagli anni Settanta, in seguito alle prime crisi petrolifere, l'industria di base ha subito – come in tutti i Paesi avanzati – un netto ridimensionamento e i grandi gruppi imprenditoriali hanno adottato strategie di decentramento produttivo che hanno portato a localizzare gli impianti là dove i fattori di produzione (materie prime, costo del lavoro) risultavano più favorevoli oppure direttamente sui mercati.

Ciò ha evidenziato un ulteriore carattere evolutivo dell'industria giapponese, che, all'inizio fortemente imitativa delle tecnologie americane ed europee, si è decisamente trasformata in senso innovativo, esportando i segmenti più “maturi” e conservando i rami high tech, sostenuti da significativi investimenti nella ricerca.

Così, soprattutto tra la fine degli anni Settanta e l''inizio degli anni Ottanta è stato sostenuto lo sviluppo dell''industria elettronica, microelettronica, informatica, aerospaziale, delle telecomunicazioni e della bioingegneria, favorendone anche la diffusione su tutto il territorio nazionale.

Nonostante la riduzione delle quantità prodotte, in linea con i processi di riconversione sopra richiamati, il Giappone resta ai primi posti della produzione mondiale – dopo l'emergente Repubblica Popolare Cinese – sia di acciaio sia di ghisa e ferroleghe. La distribuzione dei complessi siderurgici è piuttosto vasta; comunque le aree privilegiate restano quelle costiere collegate ai grandi centri marittimi d'importazione di materie prime, in particolare la zona di Tōkyō-Yokohama, di Ōsaka-Kōbe e di Hiroshima.

Quanto alle lavorazioni metallurgiche, di notevole rilievo sono quella dell'alluminio, che poggia interamente su bauxite d'importazione, e del rame, con grande centro di produzione a Onahama; elevate sono anche le produzioni di zinco, piombo, magnesio, ecc.

Potentissimo è il settore cantieristico, legato alle necessità vitali del Giappone, nettamente al primo posto in questo campo per tonnellaggio delle navi varate, largamente rappresentate da navi da trasporto e da petroliere giganti; i cantieri maggiori, direttamente connessi all'industria siderurgica, sono quelli di Kōbe, Nagasaki, Yokohama, Aioi, Ōsaka, Hiroshima, ecc.

Si è affermata a livello mondiale l'industria automobilistica e delle motociclette, rappresentata da fabbriche che riescono a esportare in tutto il mondo.

La dislocazione dell'industria automobilistica è legata ai grandi centri industriali della costa di Honshū (Tōkyō-Yokohama, Nagoya, Fujisawa, Ōsaka, Ikeda, ecc.), ma le grandi case (Mitsubishi, Honda, Toyota, Nissan) hanno installato numerosi impianti di produzione e montaggio negli altri Paesi dell'Asia orientale, in America Latina, negli USA e in Europa. Fiorente è anche l'industria del ciclo e del motociclo, che ha conquistato numerosi mercati.

L'industria di precisione è forse la più peculiare del Giappone ed è il risultato di una oculatissima scelta economica, dato che i prodotti sono molto elaborati o poco ingombranti, mentre la fabbricazione richiede numerosa e qualificata manodopera. Strumenti ottici giapponesi, tra cui soprattutto macchine fotografiche e cinematografiche, binocoli, microscopi, proiettori, strumenti geodetici, ecc. sono diffusi in tutto il mondo insieme con i prodotti dell'industria radiotecnica (apparecchi radio e televisori) e con gli orologi, con una colossale avanzata sui mercati internazionali, cui si contrappone il calo della presenza svizzera. Affermatissimi e diffusissimi sono altresì i calcolatori e in genere i prodotti dell'industria elettronica e informatica; in particolare la regione di Keihin, comprendente l'area metropolitana di Tōkyō, costituisce l'area industriale specializzata nell'alta tecnologia più importante al mondo, dove sono nate aziende leader nel settore dei computer e dei semiconduttori, quali Toshiba, Fujitsu, Nec, Sony e Hitachi.

Non meno poderosa è l'industria chimica, che dispone di numerosi impianti, pure in larga misura dislocati presso i centri portuali; tra le principali produzioni del settore si annoverano quella dell'acido solforico, della soda caustica, dei fertilizzanti azotati, delle materie plastiche e resine artificiali, quindi di coloranti, prodotti farmaceutici, ecc.

Anche l'industria della gomma è ottimamente rappresentata: il Giappone produce buoni quantitativi di caucciù sintetico (principali impianti a Kōbe, Tōkyō e Ōsaka) in gran parte impiegato per pneumatici e per le calzature.

Un altro settore dell'industria di base in enorme sviluppo è quello cementiero. In espansione è altresì l'industria della carta, anche se oggi si approvvigiona soprattutto all'estero; poderosa è la cartiera di Tomakomai, nell'isola di Hokkaidō.

Il Giappone è tuttora tra i massimi fornitori mondiali di fibre e di tessuti, benché rispetto ad altri e più dinamici settori produttivi l'industria tessile abbia visto diminuire la propria importanza; comunque la tendenza in atto è quella di installare in altri Paesi, dove la manodopera lavora a costi bassissimi (Hong Kong, Taiwan, ecc.), nuovi stabilimenti controllati da capitale giapponese.

Il settore tradizionale è ancora quello del setificio, ma assai più rilevante è il campo delle fibre tessili artificiali e sintetiche; relativamente limitato è il lanificio, mentre sviluppatissimo è il cotonificio, con centro principale a Ōsaka.

Sono molto attive la fabbricazione delle ceramiche (celebri quelle di Seto presso Nagoya) e l'industria vetraria, che trova nel Paese gran parte della materia prima occorrente. Notevole, infine, lo sviluppo del ramo agroalimentare, che comprende zuccherifici e conservifici di pesce, carne (insaccati), frutta e verdura, cui si sono aggiunte importanti industrie lattiere.

Nel settore delle bevande alcoliche elevata è naturalmente la produzione di sake, ma enormemente sviluppato è il birrificio; fiorente infine è la manifattura del tabacco, che produce quantitativi elevatissimi di sigarette, sigari, tabacco, ecc.

Segue

 
Web  Top
view post Posted on 23/8/2019, 07:11     Top   Dislike
Avatar

Blogger

Group:
Administrator
Posts:
66,800
Reputation:
+1,778
Location:
Da casa mia🏠

Status:


Economia: risorse minerarie



Come si è detto, le risorse minerarie del Giappone sono limitate e comunque largamente insufficienti rispetto alle richieste del suo potente apparato industriale .

Gli unici minerali metallici di cui esistono buoni giacimenti sono quelli di zinco; di minor rilievo sono rame, piombo, oro, argento, stagno, cromo, manganese, tungsteno, mercurio, ecc.

Inconsistenti sono le risorse di minerali ferrosi, che debbono essere importati in quantità notevolissima da varie parti del mondo. Tra i minerali non metallici, buoni sono i giacimenti di zolfo.

Per quanto riguarda le risorse energetiche, il Giappone dispone quasi unicamente di carbone, non però di eccelsa qualità e neppure di facile estraibilità. I maggiori giacimenti si trovano in Kyūshū e Hokkaidō e il loro sfruttamento (1,3 milioni di t nel 2006) è stato assicurato solo per l'intervento del governo.

Il petrolio è presente in quantitativi del tutto irrisori rispetto all'enormità dei consumi nazionali: i giacimenti lungo le coste nordoccidentali di Honshū danno ca. 299.000 t annue; nella stessa zona si ricava anche gas naturale.

Per garantirsi l'approvvigionamento delle materie prime di cui necessita, il Giappone ha attuato con successo una politica economica di forti investimenti proprio nei Paesi produttori di materie prime; in particolare per il petrolio, che da solo concorre per oltre un terzo al valore complessivo delle importazioni, la dipendenza dall'estero è pressoché totale. Ovviamente il rifornimento è di fondamentale importanza per un Paese eminentemente industriale come il Giappone.

La principale fonte d'energia è costituita dalle centrali termiche che operano con petrolio d'importazione e sono dislocate lungo le coste, dove sorgono le grandi raffinerie che alimentano i consumi delle aree industrializzate e urbanizzate (Yokohama, Tokuyama, Kudamatsu, ecc.).


Un notevole contributo (30%) proveniva da oltre 50 centrali nucleari, potenziate, dopo la crisi petrolifera degli anni Settanta, al fine di ridurre la dipendenza dall'estero.

Due gravi incidenti avvenuti nel 1999, nel 2007 e quello del 2012 di Fukushima hanno portato alla ribalta il problema della sicurezza degli impianti nucleari, ponendo in discussione la scelta di puntare su tale fonte energetica.

Nel 2012 il Paese fermava tutti gli impianti nucleari e intraprendeva un politica per arrivare a un modello energetico più sostenibile.

Segue

 
Web  Top
view post Posted on 24/8/2019, 18:07     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,755
Reputation:
+1,695

Status:


Cultura: generalità

Universalmente identificato con l'Estremo Oriente, o più propriamente con “le radici del Sole”, come indicano i due ideogrammi che compongono il nome del Paese, il Giappone ha alimentato per secoli un fascino del tutto particolare nell'immaginario e nella cultura occidentali, complici, da un lato, la condizione di estrema lontananza e, dall'altro, la profonda impenetrabilità che nel corso della storia ha contraddistinto il Paese. Qui continuano a coesistere religione e secolarizzazione, obbedienza agli antichi rituali di comportamento (dalla cerimonia del tè ai rigidi rapporti tra i sessi, dall'etichetta formale alla subordinazione verso le autorità familiari e sociali, dalla superstizione alla capillare organizzazione di ogni aspetto della vita privata o sociale) e desiderio di rottura di quelle medesime regole. Storicamente, l'arcipelago nipponico è stato a lungo influenzato dalla cultura cinese, a cominciare dall'adozione del buddhismo (le cui pratiche si sono poi miscelate con il preesistente shintoismo), o della scrittura (il giapponese è uno dei sistemi linguistici odierni più complicati al mondo, con tre scritture diverse). A queste si sono poi sostituite o aggiunte, a partire da metà Ottocento, le influenze culturali provenienti da Europa e Stati Uniti, accompagnate da una rielaborazione interna dei contenuti e soprattutto delle forme, in ossequio a quei dettati di “etichetta” ed estetica così radicati nella vita di ogni giapponese. Questo formale rispetto di canoni e regole acquisite è accompagnato da un altro tratto peculiare della società nipponica, vale a dire una sorta di “permeabilità” culturale, espressione, nel mondo contemporaneo, soprattutto delle giovani generazioni. Assorbiti dal mondo virtuale dei videogiochi, autori e consumatori di forme tra le più movimentate di rock e punk, i giovani giapponesi partecipano in modo altrettanto massivo alle feste tradizionali, alle cerimonie familiari, ai riti della società. Ma sono le arti, dalla letteratura alla pittura alla video-art, a rappresentare il contesto privilegiato in cui tradizione e innovazione trovano un punto di raccordo, riuscendo in un certo senso a convivere nonostante i forti contrasti delle forme di cui sono espressione: i brevi componimenti della tradizione poetica antica, gli haiku, vengono letti e studiati dai giovani scrittori che ambientano i loro romanzi nell'atomizzata e alienante realtà contemporanea; le ceramiche decorate e la statuaria buddhista che occupano i templi rappresentano motivo di ispirazione per gli artisti del web e delle installazioni urbane. Allo stesso modo il teatro, la danza, il cinema traggono suggestioni e stimoli dalla tradizione, alla ricerca di quella sintesi tra antico e moderno divenuta la vera sfida artistica nel Giappone contemporaneo. Porta di accesso e di collegamento tra i due mondi è, sicuramente, il fumetto (manga, anime, cartoni animati), una forma di letteratura contemporanea le cui origini risalgono ai tradizionali dipinti a inchiostro ancora rintracciabili sulle pareti di templi e musei, raffiguranti personaggi mitologici e sacri, o caricature. Luogo simbolo delle contraddizioni, e nello stesso tempo di tutto ciò che è modernità e tecnologia, è la capitale Tōkyō dove, all'interno dei suoi quartieri più avveniristici, trovano posto istituzioni di grande valore storico-culturale, come il National Museum, custode della collezione di arte giapponese più vasta del mondo. Il vero fulcro culturale del Paese è però rappresentato da Kyōto, l'antica capitale (794-1868), ricca di templi e palazzi (uno su tutti, il Kinkaku-ji, il famoso Padiglione d'oro del tempio Rokuon-ji) e sede di innumerevoli manifestazioni e feste popolari (matsuri). Emblemi della grande ricchezza storica e culturale del Paese sono i numerosi siti dichiarati dall'UNESCO patrimonio dell'umanità: i Monumenti buddhisti della regione di Huryu-ji (1993); Himeji-jo (1993); Monumenti storici dell'antica Kyōto (1994); Shirakawa e Gokayama (1995); Santuario scintoista di Itsukushima (1996); Monumenti storici a Nara (1998); Santuari e templi di Nikko (1999); Siti Gusuku e beni associati del Regno di Ryūkiū (2000); Luoghi sacri e strade di pellegrinaggio sui monti Kii (2004); Miniere d'argento di Iwami Ginza (2007). Di diversa natura, ma di altrettanta importanza, è il ruolo ricoperto nella storia culturale del paese da altre due città: Nagasaki e Hiroshima, universalmente note per la tragedia nucleare che le colpì nell'agosto del 1945. In particolare, a Hiroshima è stato edificato, sulle rovine dell'unico edificio rimasto in piedi, il Museo del memoriale della pace. Questo luogo, divenuto simbolo delle devastazioni provocate dalla bomba atomica, è nel contempo il luogo della memoria e della sua nemesi, quasi un “contenitore ermetico” in cui conservare resti e reperti drammatici ma anche dove racchiudere tutto quello che a quell'evento riporta, cifra più intima e inquietante della difficoltà del Paese a confrontarsi con quel passato e a fornirne una rielaborazione feconda.



segue

 
Web  Top
view post Posted on 26/8/2019, 07:25     Top   Dislike
Avatar

Blogger

Group:
Administrator
Posts:
66,800
Reputation:
+1,778
Location:
Da casa mia🏠

Status:


Cultura: tradizioni



Il Giappone conserva ancora oggi, nonostante la sua fortissima occidentalizzazione, non poche pratiche tradizionali.

Si potrebbe anzi dire che la vita giapponese conosce accanto all'acuta occidentalizzazione un altrettanto acuto stato di sopravvivenza delle più antiche pratiche culturali e liturgiche.

Feudali o popolari, tali pratiche sono molto numerose e grandemente diffuse.

Ci si limiterà dunque a segnalare le più importanti, tra cui la divinazione, che sopravvive in tutti gli strati della popolazione. Quasi tutte le decisioni importanti, soprattutto per quanto concerne la vita sociale, sono prese dopo avere consultato gli eki-sha (indovini) o dopo avere interrogato il tesō (sorta di chiromanzia), il ninsō (sorta di fisiognomica) e soprattutto l'astrologia vera e propria, mediante una specie di bussola calamitata o una carta dei cieli, in cui sono rappresentati i dodici animali indicatori dei mesi.

Un'altra pratica divinatoria molto diffusa è quella dell'oracolo, o-mikuji. La risposta è ottenuta scegliendo un bastoncino di legno recante un numero che corrisponde a determinate immagini simboliche.

Questo oracolo veniva soprattutto usato per la scelta del terreno, la collocazione e l'orientamento dell'abitazione da costruire. Molte feste private giapponesi, quali si conservano tuttora, provengono, di fatto, dalle antiche pratiche religiose e superstiziose concernenti l'edificazione orientata delle abitazioni: il Mune-age, festa che veniva praticata al momento della posa del colmo del tetto e che consisteva in una riunione intorno al fuoco per la durata della notte, sopravvive quale festa di inaugurazione di una nuova residenza.

La superficie della casa era calcolata, tradizionalmente, a partire dal tatami (stuoia di ca. 185 cm per 95 cm) e non superava globalmente la misura di sei, otto o dieci tatami.

Questa pratica, unita ad alcune altre, serve tuttora da supporto simbolico al cha-no-yu, la cerimonia del tè, che ha luogo nella stanza principale dell'abitazione.

La cerimonia del tè, ricca di simbolismi, la cui usanza risale al sec. XV e le cui regole furono stabilite un secolo più tardi da Rikyū, maestro del tè del generale Toyotomi Hideyoshi, è praticata regolarmente dai giapponesi e riveste una grande importanza rituale e sociale: dopo le abluzioni, si penetra nella stanza del tè attraverso una porta stretta, in ginocchio o curvi.

La stanza è nuda a eccezione di una nicchia in cui è esposto un kakemono (pittura o calligrafia); sul suolo si trovano gli oggetti tradizionali che servono per la cerimonia. Il tè viene deposto in fondo alla tazza, viene versata l'acqua bollente e il tutto viene agitato con una specie di frusta o di spatola di bambù; quando appare la schiuma la tazza viene offerta all'invitato d'onore che, dopo aver bevuto, la passa agli altri successivamente (l'ultimo deve vuotare la tazza).

Dopo di che l'ospite fa passare, di mano in mano, gli utensili perché vengano ammirati. Si può dire che le principali pratiche simboliche dei giapponesi sono legate all'abitazione, quale luogo a partire dal quale la vita viene “orientata”. L'altra pratica molto nota anche in Occidente, l'ikebana (fiori viventi), cioè l'arte di disporre fiori e rami, è strettamente connessa ai simbolismi dell'abitazione e del suo giardino.

Insegnata da varie scuole, soprattutto dalla scuola Ikenobo del tempio Rokkakudo di Kyōto, l'ikebana consiste principalmente nel disporre in un triangolo ideale un insieme di fiori, rami, ecc. che deve risultare composto da tre fasci slanciati di altezza diseguale: il più alto simboleggia il cielo, il mediano l'uomo, il più basso la terra. Un'altra scuola, la scuola Moribana, insegna l'arte della composizione a tre dimensioni (all'alto e al basso della scuola Ikenobo essa aggiunge il volume, cioè l'orientamento secondo le direzioni dello spazio circostante).

Se queste due pratiche, la cerimonia del tè e l'ikebana, rivestono un carattere insieme estetico e religioso, altrettanto si potrebbe dire del simbolismo dei pasti sopratutto quando hanno un carattere ufficiale. In effetti il Giappone è il Paese per eccellenza delle “buone maniere”.

Tutto è rigorosamente codificato e questo insieme folclorico-liturgico della vita di ogni giorno sopravvive o meglio vive imponendo un'etichetta a degli uomini che, pur essendo completamente occidentalizzati, non rinunciano ai loro antichi codici simbolici.

Le donne per esempio, che continuano ad avere uno statuto inferiore rispetto agli uomini, trovano nell'Onna Daïgaku (Il grande sapere delle donne) le regole del loro stato; scritto da Kaibara Ekken nel sec. XVII, questo testo può venire riassunto in 8 punti: le 3 grandi obbedienze (ai genitori nella gioventù, al marito nel matrimonio, ai figli nella vecchiaia) e le 5 malattie morali (la disubbidienza, l'odio, la maldicenza, l'invidia, la stupidità). Gli uomini invece, trovano le loro regole di vita nel Bushidō (La via del guerriero), redatto un secolo più tardi del codice femminile.

Le pratiche del folclore sopravvivono soprattutto durante le ricorrenze del matrimonio e della nascita. In entrambi i casi tutto il cerimoniale è rigorosamente orchestrato; nel matrimonio riveste una particolare importanza il trasferimento degli oggetti della sposa nel futuro domicilio della coppia.

Nel caso della nascita di un bambino, una cerimonia importante ha luogo il quinto mese di gravidanza, quando il marito offre alla moglie il yuwata-obi (cintura di maternità); è questa una sopravvivenza dell'antica pratica dell'imposizione del nome al nascituro. La festa vera e propria per la nascita avviene invece centoventi giorni dopo il parto e ha nome Tabezome (festa del nutrimento).

Si tratta in questo caso di una sopravvivenza legata al rientro della madre nella comunità familiare, che avveniva con una cerimonia durante la quale la madre nutriva in pubblico il figlio.

Oggi, come ieri, hanno grande importanza nell'educazione i giochi (e soprattutto la pratica del disegno all'aperto); va inoltre notato che ai bambini sono dedicate due importanti feste, il Jizōbon che coincide con la festa dei morti: Jizō è il dio protettore dei bambini vivi e morti e a lui sono dedicati i “cimiteri dei bambini mai nati”, in cui le donne che hanno perso un figlio lo ricordano e ne invocano la protezione nell'adilà.


Oltre ai giochi rivestono un carattere propriamente nazionale gli sport, considerati come discipline tradizionali e in parte derivati dall'insegnamento zen. Va indicato soprattutto il sumō (lotta ordinaria), praticata da lottatori quasi obesi: su un ring quadrato sormontato da un baldacchino, viene tracciato un cerchio; il gioco consiste nell'espellere l'avversario dal cerchio (il sumō è retto da 48 regole, 12 movimenti e 3 tecniche).

Vi sono quindi le arti marziali (sia per gli uomini sia per le donne): il kendō (la via della sciabola), il kyūjutsu (tiro all'arco), il jūdō e le sue varianti: l'aikido e il karate, oggi ben noti ovunque.

Alle discipline tradizionali, nel XX secolo, si è comunque aggiunta una fervida passione per calcio, baseball e altri sport tipicamente occidentali. Una nota va riservata infine alla cucina, molto più ampia e articolata di quanto in Occidente si creda.

Se ormai sushi, sashimi e tempura sono internazionalmente conosciuti e apprezzati, le varianti in cui carne, pesce e verdure vengono preparati e accompagnati da salse e pastelle è pressoché infinita. Molto diffusi sono i ristoranti specializzati in un solo tipo di cucina, benché esistano anche gli shokudo, dove trovarne di molti tipi.

Frequente inoltre la pratica di cucinare da sé al proprio tavolo i cibi serviti crudi, su una griglia, in un tegame ecc.

Caratteristico è, inoltre, il pranzo tipico tradizionale giapponese da consumare fuori casa, il bentō, caratterizzato da riso, verdure, carne e pesce racchiusi in appositi contenitori a scomparti nei quali la disposizione del cibo segue le stesse regole della ricerca del bello e della forma tipica della cultura giapponese.


Nelle bevande, al tradizionale tè si è sostituita la birra, che, al pari, di molti altri alcolici, è amata dalla maggior parte dei giapponesi.

Sempre tra gli alcolici, si ricordano anche il sakè, ottenuto dalla fermentazione del riso e del lievito di riso, servito nelle sue varianti light, dolce o secca, e l'umeshu, liquore di prugne.

Segue

 
Web  Top
view post Posted on 28/8/2019, 07:41     Top   Dislike
Avatar

Blogger

Group:
Administrator
Posts:
66,800
Reputation:
+1,778
Location:
Da casa mia🏠

Status:


Cultura: letteratura. Generalità



Della produzione delle origini si è tramandato solo quanto perpetuato dalla tradizione orale e affidato più tardi alla scrittura.

È il caso dei norito (parole pronunciate), sorta di allocuzioni solenni di carattere religioso e magico-incantatorio, legate alla formazione della religione shintoista e della nazione giapponese.

All'introduzione del buddhismo e della cultura cinese in generale seguirono radicali innovazioni nella struttura socio-politica del Paese e nella sua cultura.

A Taishi Shōtoku (573-621), massimo statista ed erudito del Giappone antico, si deve il Codice in diciassette articoli, il primo corpo di leggi scritte basate prevalentemente sul pensiero confuciano.

Shōtoku fu anche il propagatore del buddhismo e il primo commentatore di sacre scritture (sūtra).

A partire dai primi documenti certi di epoca Nara si suole dividere la letteratura giapponese nei sei grandi periodi attraverso i quali si è svolta la storia del Paese: Nara, Heian, Kamakura, Muromachi e Momoyama, Edo (o dei Tokugawa), moderno e contemporaneo.

Segue

 
Web  Top
view post Posted on 30/8/2019, 21:10     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,755
Reputation:
+1,695

Status:


Cultura: letteratura. Il periodo Nara

Nel periodo Nara (645-794), dal nome della prima residenza imperiale, massima realizzazione fu la storiografia. Nel 712 fu compilato il Kojiki (Memorie degli antichi eventi), nel 720 il Nihongi (Annali del Giappone). Redatti su modelli storiografici cinesi, raccolgono tutto il patrimonio mitologico e leggendario e delineano la discendenza divina della dinastia imperiale, della quale vengono narrati i primi secoli di storia. Del sec. VIII sono i fudoki, relazioni topografiche che illustravano le caratteristiche delle singole zone del Paese. L'unico conservatoci integralmente è l'Izumo Fudoki. Il repertorio più ampio e antico di poesie in lingua giapponese è il Man'yōshū (Raccolta di diecimila foglie). Il compilatore è incerto, ma forse più rimaneggiatori hanno apportato successivi ampliamenti a un'edizione originale andata perduta. Fra i 561 poeti, prevalentemente del genere tanka, emergono i cosiddetti “cinque grandi” del Man’yōshū: Hitomaro, Akahito, Okura, Tabito, Yakamochi. L'opera è considerata la pagina più preziosa della lirica giapponese.



segue

 
Web  Top
view post Posted on 1/9/2019, 18:33     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,755
Reputation:
+1,695

Status:


Cultura: letteratura. Il periodo Heian

Il periodo Heian (794-1185), dal nome della nuova capitale, Heian-kyō (più tardi Kyōto), fu caratterizzato da una raffinata cultura imbevuta di gusto cinese. Nel sec. X fu ordinato il Kokinshū (Raccolta di poesie antiche e moderne), di cui è famosa la prefazione di Tsurayuki Ki no (872-ca. 950), che vi traccia una breve storia della poesia giapponese. Di questo primo critico è anche il primo diario, il Tosa Nikki (Il diario di Tosa), genere sempre largamente coltivato, nel quale eccelsero le tre più grandi scrittrici dell'epoca: Shikibu Izumi (ca. 966-1030), Shōnagon Sei (n. 966 ca.), Shikibu Murasaki (978-ca. 1015). Quest'ultima però è ben più famosa per l'opera che è considerata uno dei capolavori della letteratura mondiale: il Genji Monogatari. Esso costituisce l'espressione letterariamente più matura del genere narrativo detto monogatari di cui il racconto fiabesco anonimo, Taketori Monogatari (Il racconto del tagliatore di bambù), costituisce il primo esemplare pervenutoci. A un'altra famosa poetessa, Emon Akazome no (976-1041), è attribuito l'Eiga Monogatari (Storia di splendori), che è il primo esempio di monogatari di tipo storico. Di argomento storico è anche il corpo degli Shi Kagami (Quattro specchi), che introducono il fatto storico come argomento di dialogo fra più persone.


segue

 
Web  Top
36 replies since 3/2/2018, 22:34   192 views
  Share