| E’ importante sottolineare come il Khidr nel sufismo sia designato come “Maestro degli Afrād”, ovvero di coloro che ricevono l’iniziazione non attraverso una regolare catena iniziatica, ma grazie a un intervento provvidenziale, il quale può avvenire mediante una presenza spirituale incorporea, come ad esempio un maestro assente, morto o sconosciuto (le cosiddette affiliazioni uwaysī), oppure direttamente dalla persona del Khidr. Per comprendere la portata di questa tematica nel pensiero della scuola akbariana, basti ricordare che, secondo le fonti tradizionali, lo stesso ‘Ibn Arabī incontrò il Khidr almeno quattro volte e che ricevette da lui l’investitura iniziatica; in questo senso, riflettere sulla funzione e sulla scienza del Verdeggiante è risalire alle radici e all’origine della scienza del “Più Grande dei Maestri”.
L’epistola di Al-Qaysarī si articola in quattro premesse e in un capitolo conclusivo che raccoglie e conchiude i guadagni delle sezioni precedenti.
Nella prima premessa, in relazione all’episodio della Sura della Caverna, si affronta il tema del rapporto e della gerarchia tra scienza intuitiva e scienza profetica – di cui appaiono essere detentori rispettivamente il Khidr e Mosè – identificate come caratterizzanti il Santo e il Profeta. L’autore sostiene che Profezia e Santità sono espressioni del medesimo principio, laddove la Profezia è legata all’annuncio della Parola Divina, mentre la Santità fa riferimento alla perfezione che deriva dalla vicinanza a Dio; se la prima si esprime esteriormente e pubblicamente, la seconda riguarda invece il lato interiore e personale del soggetto a cui è attribuita. Va da sé che la Profezia perfeziona la Santità che è un suo requisito, il ché giustifica la superiorità riconosciuta tradizionalmente al Profeta sul Santo; al medesimo tempo, però, considerando i singoli attributi del Profeta, è la Santità a determinare il privilegio della funzione profetica accordatogli da Dio in virtù della propria perfezione, ed essa è pertanto essenzialmente superiore a qualsiasi mandato o funzione.
Nella seconda premessa il maestro disserta sull’Acqua di Vita in relazione alla vicenda del Khidr, sottolineando come tale espressione vada ricondotta al significato coranico di Sostanza Universale (al-hayūlā al-kulliyya) e di Scienza Divina (al-‘ilm al-ilāhī). Come Sostanza Universale, il cui simbolo è il mare, essa ha priorità ontologica sugli esseri in quanto condizione di possibilità e supporto della loro manifestazione, e proprio per questo ne rappresenta l’elemento vitale e vivificante. In quanto Scienza Divina, essa è identificata con la conoscenza intuitiva che procede direttamente da Dio mediante la grazia, il cui simbolo coranico ricorrente è la pioggia che cade dal cielo, e a cui è attribuito il potere vivificante in senso iniziatico.
La funzione vivificante connessa all’Acqua di Vita è pertanto sia quella fisica che quella spirituale, entrambe presenti in Khidr quale vivificatore immortale e quale maestro della scienza infusa. Al-Qaysarī afferma sussistere una gerarchia di gradi della vita autentica, identificata con la Conoscenza Divina, la quale permea il mondo gradualmente precipitando dall’alto fino a raggiungere il piano fisico: la vita vera è pertanto quella realizzata dallo gnostico, in quanto prossima al grado divino, e non quella effimera del mondo materiale, dove la Conoscenza Divina si manifesta attenuata in forma di sensibilità. L’aver realizzato la Conoscenza Divina spiega le peculiarità fisiologiche che tradizionalmente vengono attribuite ad Elia e a Gesù, il primo capace di non mangiare e dormire per anni, il secondo assunto in cielo in anima e corpo in attesa di tornare alla fine dei tempi: avendo essi raggiunto l’Acqua di Vita ed essendosi così reintegrati totalmente negli stati sottili, il loro corpo è divenuto libero dalle condizioni e dalle limitazioni del mondo sensibile, in primis dai vincoli di spazio e di tempo, partecipando così dell’incorruttibilità propria del piano spirituale.
La terza premessa si interroga sulla questione legata alle tenebre, che ricordiamo comparire nella leggenda del Khidr quale elemento che contiene la sorgente miracolosa, in relazione al viaggio con Alessandro il Macedone alla ricerca della fons vitæ. Il maestro identifica tali tenebre con le Tenebre della Possibilità (al-zulma al-imkāniyya), le quali costituiscono la totalità del possibile latente in ogni singolo essere, la cui espressione e il cui progressivo esaurimento corrispondono alla sua completa realizzazione sul piano della Luce dell’Essenza divina, e quindi al raggiungimento della pienezza della verità e della realtà oggettiva. La tenebra è quindi quanto si contrappone alla luce, ma è anche ricettacolo della stessa, in quanto le tenebre della contingenza, contrapposte alla luce dell’essenza, sono anche il luogo dove esclusivamente può avvenire l’illuminazione spirituale. Come la luce si riverbera nei vari gradi di realtà, così ad ogni livello di illuminazione corrisponde la propria tenebra, che altro non è che la misura della distanza dell’anima da Dio; esiste pertanto una gerarchia dell’oscurità dove le tenebre più spesse sono associate a quelle del livello intellettuale e sono identificate con l’idolatria e la miscredenza.
segue
|