IL FARO DEI SOGNI

Categoria:Gruppi etnici in Cina

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Russi



I russi (in russo: русские?, traslitterato: russkie) sono il gruppo etnico di maggioranza della Russia, dove rappresentano l'80% della popolazione totale con quasi 116 milioni di individui.[1]

Con il termine russi ci si riferisce di solito al popolo della Russia nella sua globalità, a discapito, molto spesso, delle numerose minoranze etniche presenti nel paese.[32] Russo nel senso di "abitante della Russia" si dice in lingua russa rossijanin (россиянин, plurale: россияне, rossijane), mentre a un russo etnico ci si riferisce con il termine russkij (русский, plurale: русские; russkie). Secondo Henri Pirenne, "russi" deriva da "rus", nome con cui erano chiamati gli invasori vichinghi che stabilirono la capitale a Kiev nel IX secolo.[33] Il termine è imparentato con l'indo-iranico ruxs/roxs, "chiaro".[34]

Popolazione

I russi sono il più grande gruppo etnico europeo ed uno dei più grandi del mondo, con una popolazione totale di circa 137 milioni di persone sparse per il globo. Di queste, circa 116 milioni vivono in Russia, mentre altri 18 milioni vivono nelle regioni adiacenti. Una significativa porzione di russi (circa 3 milioni) si è stabilita in Nord America e in Europa Occidentale ma la maggioranza vive in Europa dell'Est e in Asia (anche in Cina, dove fanno parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica Popolare Cinese).
Religione
Matrimonio secondo la tradizione rodnovara russa.
Lo stesso argomento in dettaglio: Religione in Russia.

In Russia una percentuale stimata del 43,5% della popolazione si dichiara non religioso secondo il censimento del 2010.[35] Il cristianesimo ortodosso della Chiesa ortodossa russa è la fede predominante tra coloro che professano una religione con il 41% (c. 58 milioni) di aderenti sul totale della popolazione.[35] Esso ha giocato un ruolo importante nello sviluppo della identità nazionale russa. Il 6,5% della popolazione russa (c. 9 milioni) è di fede islamica; si tratta soprattutto di popoli rossijane (cittadini russi) turco-mongolici, e non di russkie (russi etnici slavi).[35] A partire dagli ultimi anni dell'Unione Sovietica e specialmente dopo il suo crollo, dagli anni 1990, si è diffuso rapidamente tra i russi un movimento di ritorno alla religione pre-cristiana, la rodnoveria, cui aderisce circa l'1,2% (c. 2 milioni) della popolazione.[35]
I russi al di fuori della Russia

I russi etnici migrarono attraverso l'area dell'Impero russo prima e dell'Unione Sovietica poi, a volte incoraggiati a stanziarsi nelle terre di frontiera. Alcune comunità di russi etnici, come i Lipovani stanziati presso il delta del Danubio o i Doukhobor in Canada, sono il risultato delle ondate migratorie di gruppi di dissidenti religiosi che si opposero al governo centrale. Oggi le più grandi comunità di russi etnici del mondo si trovano in Ucraina (circa 8 milioni), Kazakistan (4 milioni), Bielorussia (1,2 milioni), Israele (1,1 milioni), Lettonia (700 000), Uzbekistan (650 000) e Kirghizistan (500 000). Nelle isole Svalbard, appartenenti alla Norvegia, sebbene siano in poche centinaia, rappresentano la principale minoranza insieme agli Ucraini. Vi sono anche piccole comunità di russi nei Balcani o in nazioni dell'Europa Centrale come la Repubblica Ceca, come anche in Cina e in America Latina. I componenti di queste comunità possono identificare loro stessi come membri dell'etnia russa o di etnie di altri paesi, oppure di entrambe, a seconda dell'influenza culturale delle proprie origini.

I governi e la maggioranza della pubblica opinione in Estonia e Lettonia, dove è raccolta la più grande fetta di russi tra i Paesi baltici, sono del parere che i russi etnici siano arrivati in questi paesi come parte delle ondate migratorie dell'era sovietica e che abbiano imposto una sorta di "russificazione" ai residenti storici come conseguenza della "colonizzazione" imposta da Mosca, cambiando gli equilibri etnici della regione. Tra i Russi che migrarono nei Paesi baltici, molti scelsero queste regioni per meri motivi economici, mentre a molti altri questo spostamento fu imposto.

Le persone che arrivarono in Lettonia e in Estonia durante l'era sovietica, in larga parte russi, avevano spesso un'unica scelta: quella di acquisire la cittadinanza dopo aver superato un test per dimostrare la conoscenza della lingua nazionale e degli usi e costumi del paese ospitante. La questione della lingua è una questione dibattuta ancora oggi, particolarmente in Lettonia, dove i russi hanno spesso protestato contro i piani governativi che avallano l'uso della lingua nazionale al posto del russo. Sin dal 1992, l'Estonia ha naturalizzato circa 137 000 residenti di cittadinanza non definita, in larga parte russi. Tuttora, circa 84 000 russi etnici, ovvero il 7% della popolazione totale, resta senza cittadinanza.

Anche se non in modo massiccio come altri gruppi etnici, molti russi sono emigrati in passato in varie parti del mondo, in particolare in Canada, negli Stati Uniti e in Australia. Brighton Beach, nella zona di Brooklyn a New York, è un esempio di comunità di immigrati russi. Un altro è Sunny Isles Beach, un sobborgo a nord di Miami. Al contempo, molti Russi etnici sono emigrati dai territori della ex Unione Sovietica a quelli dell'odierna Russia fin dai primi anni novanta. Molti di loro divennero rifugiati di molti Stati dell'Asia Centrale e del Caucaso (così come i rifugiati russi della Cecenia, costretti ad emigrare dalla politica ostile ai russi condotta dalle autorità cecene negli anni passati). A tal proposito, sia l'Unione europea che il Consiglio d'Europa, così come il governo russo, hanno espresso le loro preoccupazioni per i diritti delle minoranze in parecchi paesi europei, principalmente in Lettonia.
Cinesi russi

In Cina, i russi (俄罗斯族, pinyin: Èluósī zú) sono una delle 56 etnie ufficialmente riconosciute dalla Repubblica popolare Cinese. Vi sono all'incirca 15 600 russi etnici in Cina, molti dei quali stanziati a nord della provincia di Xinjiang, nella Mongolia Interna e in Heilongjiang.
I russi come gruppo etnico

I primi antenati dei russi furono le tribù dei primi Slavi orientali, che migrarono verso le regioni orientali europee nell'Alto Medioevo. Le principali tribù slave stanziate all'epoca nelle regioni dell'odierna Russia europea sono i Vjatič, i Krivič, i Severiani e gli Slavi dell'Ilmen. Dall'XI secolo, gli Slavi orientali assimilarono le tribù ugrofinniche dei Merja e dei Muromiani.
Russi famosi

I russi etnici sono indicati anche come "Grandi Russi", in relazione ai Russi Bianchi, cioè i bielorussi, e ai Piccoli Russi, ossia gli ucraini; definizioni correlate ai toponimi Grande Russia, Piccola Russia e Russia Bianca e all'appellativo degli zar come sovrani "di tutte le Russie". Essi cominciarono a riconoscersi in un'etnia separata e distinta nel corso del XV secolo, quando cominciò a diffondersi l'appellativo di "Russi Moscoviti", durante il consolidamento della Moscovia.

Tra il XII e il XVI secolo i russi conosciuti come "Pomori" migrarono verso nord e si stanziarono sulle coste del Mar Bianco. Come conseguenza delle migrazioni e delle conquiste russe (dopo la liberazione dal dominio del Khanato dell'Orda d'Oro mongolo) durante i secoli XV e XVI, molti gruppi di russi si stanziarono nelle regioni degli odierni circondari federali del Volga, degli Urali e Meridionale. Tra il XVII e il XIX secolo essi si spostarono poi verso le interminabili distese della Siberia e dell'Estremo Oriente. Un ruolo determinante in queste espansioni territoriali e ondate migratorie fu giocato dai Cosacchi.

Secondo la maggior parte degli etnologi, i russi etnici sono i discendenti del popolo dei Rus' (slavi orientali della Rus' di Kiev); gradualmente, essi si sono evoluti in un'etnia separata, differenziandosi dai gruppi che sono poi diventati bielorussi e ucraini. Altri etnologi affermano invece che i russi erano un gruppo di origine slava distinto già prima dell'avvento della Rus' di Kiev. Altri ancora credono che il momento storico della distinzione di un gruppo etnico russo non si colloca nel periodo della separazione di questi dai Rus' occidentali e che l'etnia russa sia un misto di tribù slave orientali e tribù non slave (come, per esempio, i popoli finno-ugrici, i baltici e i turchi). In ultima analisi, l'origine stessa dei popoli slavi non è chiara e non vi può quindi essere un consenso definito sull'origine di una etnia russa.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Russi

 
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Salar (popolo)


I Salar (in cinese: 撒拉族, in Pinyin: Sālāzú) sono un gruppo etnico facente parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese.

La popolazione dei Salar si attesta sulle 104.503 unità (secondo il censimento del 2000) di cui la maggior parte vive nella provincia di Qinghai (nella Contea Autonoma Salar di Xunhua, 循化撒拉族自治縣, e nella Contea Autonoma Hui di Hualong, 化隆回族自治縣), nella provincia di Gansu (nelle contee autonome dei Bonan, dei Dongxiang e dei Salar, 積石山保安族東鄉族撒拉族自治縣) e nella Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang (nella Prefettura Autonoma Kazakh di Ili, 伊犁哈薩克自治州).

Gli antenati dei Salar sono i popoli turchi degli Oghuz che migrarono in Cina e si mescolarono ai Tibetani, agli Han e agli Hui. I Salar sono musulmani e vivono in una società patriarcale a base di agricoltura.

Lingua

La lingua salar è divisa in due grandi dialetti. La divergenza è dovuta alle diverse influenze culturali: da una parte le lingue tibetane e cinesi, dall'altra le lingue uigure e kazake. Solo un terzo dei Salar parla la propria lingua. Il resto usa il cinese o il tibetano. La lingua salar non ha una sua forma scritta. Infine, vi sono numerose similitudini fra il salar e la lingua turkmena.

Antropologicamente i Salar fanno parte del ceppo mongolo dell'Asia Centrale, anche se ci sono all'interno di esso molte influenze di gruppi etnici tibetani e Han.





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Sarikoli


I Sarikoli o Sarykoly sono una popolazione tagica quindi iranica della Cina occidentale. Sono essenzialmente dediti all'agricoltura e alla pastorizia.

Popolazione

La popolazione ammonta a 20,500 (stima del 1982) e risiede nella regione sud-occidentale dello Xinjiang-Uigur, nei pressi di Tashkurgan, nella valle del fiume Sarikol.
Lingua
Lo stesso argomento in dettaglio: Lingue del Pamir.

La lingua sarikoli è una lingua iranica orientale del sud-est della sottofamiglia shugni-yazgulami, ma non è intelligibile con lo shughni della Russia e dell'Afghanistan. L'uiguro e il cinese sono pure utilizzati. La maggioranza dei Tagichi in Cina parla sarikoli, la restante parte wakhi. I Sarikoli sono una minoranza riconosciuta ufficialmente in Cina.
Religione
I Sarikoli sono musulmani Ismailiti.





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She (popolo)


Gli She (in cinese semplificato: 畲族; in cinese tradizionale 畲族;in Pinyin: Shē zú; codice SH; popolazione 709.592) sono un gruppo etnico facente parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica Popolare Cinese. La popolazione She conta circa 700.000 persone, quasi tutte stanziate nelle province cinesi di Fujian (dove sono la minoranza più grande), Zhejiang, Jiangxi, Guangdong e Anhui. Si autodefiniscono “Shanha”, dove Shan significa montagna e Ha significa ospite. Gli She sono quindi il popolo degli “ospiti delle montagne”.

Origini

Alcuni studiosi sono concordi nel ritenere che l'etnia She discenda dall'antico popolo dei Tocari, mentre altri non trovano alcuna particolare relazione tra queste due popolazioni. In ogni caso, nelle trascrizioni storiche sono noti come Hsiamin, e la loro affiliazione linguistica suggerisce un legame con l'antica razza Yue, da cui discendono il popoli Yao e Miao. Secondo i primi, gli She vivevano nella zona montagnosa di Fenix, in Guangdong, ma lasciarono queste terre a causa dell'oppressione dei proprietari terrieri. Da ciò potrebbe derivare il loro autodefinirsi “ospiti dalle montagne”.

Durante la dinastia Tang, nel primo periodo della loro sottomissione al governo centrale cinese, si stabilirono poi nell'attuale provincia di Fujian, più precisamente nelle prefetture organizzate di Zhangzhou e Tingzhou. Durante la dinastia Song si costituisce una struttura feudale mentre si affermavano le colture del riso, del te, della canna da zucchero e del ramiè. Fino al XIV secolo si verificano migrazioni verso le aree montagnose del Fujian orientale, del Zhejiang meridionale e del Jiangxi nordorientale. Questo fu un periodo di povertà e sfruttamento da parte dei lord feudali Han. La situazione migliora solo durante la dinastia Ming (1368-1644) In un periodo compreso tra il 1919 e il 1949 gli She furono poi protagonisti di aspre rivolte contro i proprietari terrieri cinesi, contribuirono attivamente nella lotta ai giapponesi (1937-1945) e nella lotta al Kuomintang. Il contributo fu tale che si può affermare che la maggior parte delle aree popolate dagli She sono state basi rivoluzionarie per la rivolta del 1949.
Cultura

L'elemento culturale maggiormente identificativo per la popolazione degli She è la musica. Per loro è importante sottolineare con il canto ogni momento della giornata. Ci sono anche molte tradizioni correlate a ciò, ad esempio nei matrimoni la sposa deve chiedere ogni cosa cantando, e quando un ospite raggiunge un villaggio She gli viene richiesto di cantare una canzone. Il popolo She dà molta importanza a riti e superstizioni, tra questi vige l'obbligo per l'ospite di una casa She, di lasciare l'ombrello fuori dalla porta. Se questo venisse introdotto nell'abitazione, infatti, avrebbe il significato di un annuncio di morte. Inoltre gli She hanno inventato uno stile unico di arti marziali, che include l'uso di mani nude e lunghi bastoni. Di solito gli esperti She di arti marziali sono anche predisposti alla pratica dell'agopuntura e alla medicina tradizionale in generale.
Lingua

Gli She hanno una propria lingua (lingua she) che fa parte del ceppo hmongmien e che è composta da due distinti linguaggi che hanno tra i sei e gli otto toni. La lingua viene descritta come una via di mezzo tra quella Miao e quella Yao. Una grande maggioranza della popolazione dell'etnia She è stata assimilata dagli Han ma soprattutto dagli Hakka, da cui molti hanno recepito la lingua madre. Meno di 1000 She sono al giorno d'oggi in grado di parlare la loro lingua, e si tratta in primo luogo di coloro i quali vivono nelle contee di Buluo, Zengcheng, Huidong, e Haifeng e nella provincia di Guangdong. Questi si autodefiniscono Hone (in cinese: 活聂 huóniè). Oltre al dialetto Hakka e al Cinese Mandarino, molti She parlano Min o Cantonese, a seconda della località di provenienza. Non avendo comunque in generale una scrittura distinta, usano gli ideogrammi dell'alfabeto cinese.
Musica Tradizionale

Dal punto di vista quantitative, le canzoni popolari degli She possono essere suddivise tra canzoni brevi, canzoni singole e indipendenti comunemente cantate dalla gente e canzoni lunghe o narrative, che incorporano fino a centinaia di canzoni brevi intercorrelate. Ci sono canzoni dedicate al lavoro, che hanno come soggetto lo scorrere delle stagioni e le possibilità produttive che vi si riferiscono. Trasmettono inoltre conoscenze riguardo alle produzioni e ai messaggi di vita felice. Ma le canzoni più popolari sono le cosiddette canzoni del destino, o canzoni d'amore. Queste sono le canzoni più toccanti, le più delle quali hanno come soggetto amori a rischio, in cui la musica stessa serve agli innamorati per far superare tali barriere e portarli al lieto fine. La popolazione She ha anche un ricco repertorio di canzoni che servono come modo di comunicare le proprie emozioni. Al punto che nei funerali gli She esprimono la loro tristezza cantando piuttosto che piangendo. Le loro canzoni mostrano anche come il bene sconfigga il male. In generale le loro canzoni dimostrano molto spirito e acutezza. Ci sono anche canzoni con cui vengono commemorati gli spiriti degli antenati e viene raccontata la storia, conosciute anche come canzoni della virtù, indispensabili in molte cerimonie religiose e che prevedono la danza da parte di particolari stregoni. Tali canzoni hanno parole comuni riconosciute e raccolte in manoscritti.
Abbigliamento

L'abbigliamento maschile e dei bambini è molto simile a quello della popolazione degli Han ma quello femminile è molto più distintivo. Loro indossano maglie corte nere con decorazioni floreali e righe. Il vestito nuziale della donna She è chiamato Phoenix set.
Religione

La maggioranza degli She sono politeisti e credono in diverse divinità e nel potere degli antenati e dei totem. Una delle più importanti è Pan-Hu, divinità comune con la popolazione Yao, un gigante re cane, considerato il padre spirituale degli She. Le canzoni popolari che sono state tramandate oralmente attraverso le generazioni, lo descrivono con la testa di drago, il corpo di cane e una lunghezza di sette metri. Nell'antichità questo popolo adorava il totem di questa divinità e c'era un festival in suo onore ogni sette anni. A tutt'oggi ogni clan possiede uno scettro scolpito a forma di testa di drago. Le influenze cristiane non sono riscontrabili nonostante la grande attività missionaria del tardo 1800 e il fatto che l'evangelizzazione potrebbe facilmente passare attraverso la conoscenza della lingua Hakka.
Festività

Come gli Han, gli She celebrano la festa di primavera, la festa delle Lanterne, il festival del Quingming, la festa della nave del drago, la festa dell'autunno e la festa del doppio nono. In aggiunta a ciò, il terzo giorno del terzo mese lunare è giorno festivo e non vi può essere svolto alcun lavoro. Antiche credenze sono il soggetto di un'altra festività, ricordata il 15º giorno di febbraio, luglio e agosto del calendario lunare.
Arte e artigianato tradizionali

Le donne She sono esperte ricamatrici, e la loro specialità sono fiocchi colorati, cinture o fazzoletti e loro vestiti sono adornati da intricate forme e rappresentazioni che ricordano la flora e la fauna. La capacità di ricamare è talmente importante che diventa un discrimine nel giudizio nei confronti delle giovani donne in età da marito. Inoltre, vivendo in regioni ricche di bambù di differenti qualità, gli She sono famosi anche per i loro tessuti in fibra di bambù.
Economia, Prodotti tipici
In origine, il popolo degli She trovava la sua sussistenza nell'agricoltura e nella caccia. Ora le loro colture preminenti includono: riso, mais, fagioli e patate. Queste aree sono anche ricche di te, funghi e erbe medicinali. Tra i prodotti tipici She si ritrovano il te e il loro particolare vino. Il vino degli She vanta una storia di 1200 anni. È sostanzialmente un liquore distillato bianco che supera anche una seconda fermentazione durante la quale vengono aggiunte piante della foresta. Il colore finale è trasparente con riflessi dorati e verdastri. Sembra sia un efficace antiossidante che aiuta a prevenire il cancro, le allergie e la fatica così come a migliorare la memoria, il sistema immunitario e le condizioni della pelle.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/She_(popolo)

 
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Sherpa


Gli sherpa, anche nell'adattamento scerpa[3][4], sono un gruppo etnico delle montagne del Nepal con una popolazione complessiva nel 2002 di 154.622 individui, di cui 129.771 parlavano la lingua sherpa.[2] Per estensione il nome sherpa si applica alle guide ed ai portatori di alta quota ingaggiati per le spedizioni himalayane anche se provenienti da altre etnie come rai, tamang, gurung.

Negli ultimi anni tale termine viene usato per indicare anche i funzionari che preparano gli incontri internazionali tra capi di Stato o di governo e che stilano le bozze delle conclusioni. Il loro lavoro è il più oneroso, mentre il merito degli accordi spetta ai governanti. Lo stesso accade nelle spedizioni in alta quota dove gli sherpa trasportano i carichi più pesanti e mettono in sicurezza i percorsi consentendo agli alpinisti di raggiungere le vette.

Origine

Gli sherpa vivono nella zona orientale del Nepal. Per rintracciare la loro origine occorre risalire molti secoli nel passato, quando un primo gruppo etnico che risiedeva nel Tibet orientale decise, non si sa bene sotto effetto di quale spinta, di trasferirsi a sud della catena himalayana. L'origine tibetana degli sherpa appare evidente non solo per i tratti somatici e per le affinità dei linguaggi, ma altresì per la loro cultura e per la loro fede religiosa.

Molto di frequente, studiando la storia dei popoli, ci si imbatte in queste migrazioni che hanno spinto intere comunità a trovare rifugio tra le montagne dove il clima è più ostile, l'isolamento dal resto del mondo è completo, l'ambiente è permeato dalle ataviche paure delle forze scatenate della natura. Ciò è avvenuto anche per gli sherpa che, dalle regioni del Tibet con un clima relativamente temperato anche se di alta quota, si sono insediati in zone molto più aspre e montagnose della loro patria di origine.

A quella prima lontana migrazione, altre ne sono seguite nel corso dei secoli e anche recentemente, dopo l'occupazione del Tibet da parte dei cinesi (1950-1959), migliaia di profughi tibetani che avevano visto distruggere i loro templi ed i loro monasteri dai nuovi occupanti, si sono riversati nella regione del Khumbu dove sono stati accettati dagli sherpa ivi residenti, anche se per il momento non si sono ancora definitivamente integrati.

Gli sherpa, che sono un popolo e non portatori di alta quota, come taluno erroneamente crede, si sono dati da soli questo nome (sherpa o shar - pa = uomini dell'est), per distinguersi dalle altre popolazioni del Nepal provenienti dal Tibet e che i nepalesi, con un sottinteso significato spregiativo, chiamavano bhutia.

Il loro congenito adattamento alle grandi altezze e la circostanza di abitare ai piedi dei colossi himalayani li pose in condizioni di privilegio, nei confronti di altre etnie, allorché si dovettero reclutare i portatori d'alta quota necessari per le prime spedizioni alpinistiche pesanti degli anni cinquanta e sessanta. Il loro carattere socievole, la loro resistenza alla fatica e la specializzazione che essi acquisirono svolgendo tale attività, spiegano la preferenza che a tutt'oggi viene loro data non solo per le spedizioni alpinistiche vere e proprie, ma altresì per svolgere le mansioni di accompagnatori e portatori in occasione delle spedizioni. Tali circostanze chiariscono l'equivoco relativo al significato del loro nome.
Distribuzione

Risiedono prevalentemente nella regione del Solu-Khumbu a sud dell'Everest e nella valle Rolwaling su una superficie di oltre 6.000 km² (un quarto della Lombardia). Costituiscono un gruppo etnico molto omogeneo non solo perché rimasto isolato dal resto del mondo sino a pochi decenni fa, ma anche in virtù della consuetudine tribale che imponeva matrimoni endogamici di etnia ed esogamici di clan (che sono in numero di 18). Il centro della vita e della cultura sherpa è costituito dalla triade di villaggi di Khunde, Khumjung e Namche Bazar, anche se quest'ultimo è normalmente considerato la capitale morale degli sherpa, grazie alla sua posizione di passaggio obbligato delle antiche carovaniere di un tempo e all'afflusso dei turisti negli ultimi anni.
Attività
L'alpinista Edmund Hillary che per primo ha raggiunto la cima dell'Everest nel 1953 assieme a Tenzing Norgay, accompagnatore di origini sherpa.

Sino alla metà del secolo scorso, le fonti di sussistenza erano tre: l'agricoltura, l'allevamento del bestiame ed il trasporto delle merci dal Nepal al Tibet e viceversa. Dopo l'occupazione cinese del Tibet e la quasi contemporanea apertura delle frontiere nepalesi al resto del mondo, tale ultima attività cessò completamente, ma fu sostituita da una nuova forma di guadagno: il trasporto dei materiali per i turisti non solo in alta montagna. All'inizio fu l'avvicendarsi delle spedizioni alpinistiche lanciate alla conquista delle più alte vette del mondo; in seguito fu il gran numero di escursionisti che ogni anno risalgono la valle del Khumbu per raggiungere il campo base dell'Everest. Dal 2014 il Governo Nepalese ha emanato una direttiva imponendo agli scalatori il riportare a valle della loro immondizia compresi gli escrementi che compromettono i delicati equilibri ecologici della zona, anche questo ingrato compito viene affidato agli sherpa.
Ambiente

L'estensione altimetrica degli insediamenti e delle coltivazioni è compresa tra i 2.000 ed i 4.000 metri, in una zona che potremmo chiamare subalpina, caratterizzata da grandi foreste di conifere e di rododendri arborei nella parte inferiore, e con presenza di ampi spazi arbustivi alle quote più alte. Al di sopra dei 4.000 si trova il cosiddetto deserto alpino, con una vegetazione tipica di magri pasti e rari arbusti, dove esistono solo insediamenti stagionali per il pascolo degli armenti. Il clima è rigido, di tipo alpino con forti sbalzi termici diurni. Le condizioni meteorologiche sono determinate dai monsoni, venti stagionali umidi, provenienti dall'Oceano Indiano, che originano una stagione di abbondanti piogge da giugno a settembre.
Cultura
Thame Gompa è uno dei monasteri Sherpa presenti in Nepal

Una delle caratteristiche fondamentali ìnsite alla base della cultura sherpa, è il grande rispetto della dignità degli esseri umani. Anche quando un individuo infrange vistosamente il codice morale, ciò viene considerato come una faccenda che riguarda lui solo e non deve dare motivo, per nessuna ragione, al pubblico disprezzo. Per gli sherpa non è importante avere una personalità eroica, bensì essere miti e prudenti; non conta avere grandi ricchezze, bensì essere disposti a dividerle con chi ha bisogno di aiuto o a dimostrare la propria generosità ed ospitalità in occasione di feste e di manifestazioni religiose. Questi sono gli attributi che riscuotono il consenso della comunità ed aumentano il prestigio dell'individuo.
Caste

Presso gli sherpa esiste una distinzione di casta: per gli schiavi liberati ed i loro discendenti (la schiavitù in Nepal venne abolita ufficialmente nel 1926), e per le popolazioni immigrate recentemente dal Tibet, dette khamendeu. Uno sherpa può sedersi a tavola con un khamendeu, ma non può bere dallo stesso bicchiere; il matrimonio di una persona con un khamendeu degrada automaticamente alla classe inferiore la persona stessa ed i suoi figli. Vi è inoltre una grande differenza tra i costumi e il modo di vivere delle donne e degli uomini.
Tratti evolutivi
Questa popolazione presenta i tratti tipici degli andini, ovvero: polmoni particolarmente voluminosi, assenza di iperventilazione, ed un'alta concentrazione di emoglobina; tutte caratteristiche che permettono di vivere più facilmente sopra i 3.000 metri di quota, dove l'ossigeno è circa il 70% di quello a livello del mare. Vi è però un dibattito su tali peculiarità: da una parte si propende per una teoria evolutiva, esse dovrebbero essere dovute allo stanziamento di questa popolazione da molto tempo in zone così difficili, dall'altra parte si crede che siano dovute ad uno sviluppo durante l'infanzia e che divengano irreversibili in età adulta.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Sherpa

 
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Shui


Gli Shui (o anche Shuǐzú, Shui, Ai Sui, Sui Li, Suipo) sono un gruppo etnico facente parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese.

Vivono nelle province di Guangxi e Yunnan, e nei distretti di Sandu e Libo in Guizhou, nel sud-ovest della Cina ed il loro numero si attesta sulle 430.000 unità.

Parlano la lingua Sui del ceppo linguistico Tai-Kadai, che possiede una propria antica forma di scrittura, lontanamente imparentata con quella cinese. Tra i vari dialetti vi sono il Sandong (San Tung), l'Anyang (Yang'an) e il Pandong. La maggioranza degli Shui usa il cinese come seconda lingua.

Sono principalmente politeisti e Taoisti.

Discendono dalle antiche popolazioni che abitarono lungo le coste a sud-est della Cina durante la dinastia Han. Il nome Shui, che significa acqua, fu adottato durante dalla dinastia Ming.





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Tabghach

I Tabghach (Lingua cinese : 拓跋氏 ; pinyin : tuòbáshì ; EFEO : T'o-Pa ? ; letteralmente : «clan Tuoba »), sovente denominati Tuoba in occidente, furono un clan di stirpe turca, appartenenti al popolo degli Xianbei[1], che fondarono, in Cina, nei pressi del delta del Fiume Giallo, la dinastia dei Wei del Nord o Bei Wei (386-534) (da cui sarebbero poi nate le due dinastie Wei orientale e Wei occidentale.

Fondarono in seguito il regno di Tuyuhun, che venne annesso nel 663 dall'impero tibetano guidato dal suo fondatore, Songtsen Gampo, dopo una guerra che l'oppose all'impero cinese della dinastia Tang. I superstiti fuggirono e cercarono protezione in Cina dai Tang. Secoli dopo, nel 1038, l'imperatore Jingzong, proveniente da questo clan, avrebbe fondato la Dinastia Xia occidentale.





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Tagiki


I Tagiki (persiano: تاجيک - Tâjik; anche Тоҷик - Tojik) sono un gruppo etnico originario dell'Asia centrale e diffuso in Tagikistan (dove sono il primo gruppo etnico), Afghanistan, Uzbekistan, Iran, Pakistan e nella provincia dello Xinjiang in Cina.[2][3][4]

La lingua tagica appartiene al gruppo delle lingue indoeuropee iraniche.

Uso del termine
Hammasa Kohistani, Miss England 2006 di origine tagika.

I tagiki discendono da un antico popolo che parlava una lingua indoeuropea. I tagiki, dunque, sono tra i più antichi abitanti dell'Asia centrale, dal momento che hanno avuto origine da quei popoli di stirpe iranica che, in epoca antica, si identificavano nei Battriani, nei Sogdiani, nei Parti, oltre che in quei Persiani (anche se i Persiani hanno caratteristiche fisiche differenti) che abbandonarono le loro terre alla volta della Cina e dell'India per sfuggire all'espansione islamica.

Secondo gli studiosi, i tagiki abitano l'Asia centrale (in particolare, l'Afghanistan, la Cina occidentale e, appunto, il Tagikistan) da circa 4.000 anni. Il termine "tagiko", in modo più specifico, si applica a quelle genti di lingua persiana e di origine ariana che popolano le terre ad est dell'Iran. Con tutta probabilità, nei tempi più antichi, gli antenati dei tagiki non parlavano il persiano propriamente detto (che viene chiamato toçikī́ in Tagikistan, fārsī in Iran e dari in Afghanistan) dal momento che essi appartenevano a quelle tribù iraniche orientali di cui si è detto. Il passaggio alla lingua persiana si ebbe forse al tempo della dinastia dei Sasanidi, quando cioè l'impero persiano cominciò la sua espansione verso oriente.

Oltre ai tagiki, in Asia centrale esistono altri gruppi etnici parlanti varianti della lingua persiana: si tratta degli Hazara e degli Aimak. Questi due popoli, a differenza dei tagiki, non sono di stirpe iranica ma adottarono la lingua persiana nei secoli successivi all'anno mille. Affini ai tagiki propriamente detti sono i tagiki delle montagne, noti anche come pamiri o wakhi, che popolano la regione del Badakhshan a cavallo tra Tagikistan, Pakistan e Afghanistan e i tagiki della Cina (vedi relativo paragrafo), i quali vivono nella parte più occidentale dello Xinjiang.
Origine del nome
Uomo tagiko, nei pressi di Samarcanda nei primi anni del Novecento (fotografia di Sergej Michajlovič Prokudin-Gorskij)

L'origine del termine "tagiko" non è del tutto chiara. Attualmente, gran parte degli storici ritiene che la parola "tagiko" -menzionata per la prima volta dallo storico turco Mahmud Kashgari- sia una vecchia parola turca con cui si identificavano tutti i popoli di lingua persiana. In alternativa, alcuni pensano che si tratti di un termine derivante dalle parlate iraniche orientali e che possa essere stato applicato agli abitanti dell'Asia centrale dai conquistatori arabi: etimologicamente esso sarebbe dunque collegabile alla tribù dei Banu Tayy e sarebbe stato utilizzato a partire dall'XI secolo.[5]. Tuttavia, è difficile chiarire l'uso del termine prima delle invasioni turche: quel che è certo è che a partire dal XV secolo fu utilizzato dalla popolazione iraniana della regione per distinguere se stessa dai turchi. Persino i persiani dell'Iran che vivono nelle regioni a maggioranza turca sono soliti chiamare se stessi "tagiki", come del resto faceva nel XV secolo il poeta Mir Ali Sher Nava'i di Herat [6]. Da aggiungere che i tibetani chiamano "tagiki" tutti i persiani, compresi quelli che vivono in Iran.

Al tempo dei conquistatori turco-persiani Timur e Babur la parola "tagiko" era utilizzata per designare gli impiegati di lingua persiana che erano stati educati in arabo. Al tempo dei Safavidi, i "tagiki" erano invece gli amministratori e i nobili del regno.

Inoltre, il termine "tagiko" può essere interpretato come un riferimento alla corona (in arabo Tāj) della catena del Pamir.

Da notare che il termine sart ai tempi di Gengis Khan era usato come sinonimo di tagiko e, dunque, di persiano.
Diffusione
Anziano tagiko
Anziana tagika
Giovane donna tagika

I tagiki costituiscono il maggior gruppo etnico del Tagikistan, dell'Afghanistan nord-orientale, delle città afghane di Kabul, Mazar-e Sharif ed Herat e delle città uzbeke di Bukhara e Samarcanda. Molti tagiki, inoltre, popolano la regione di Surxondaryo nell'Uzbekistan meridionale e la parte orientale dell'Uzbekistan, lungo il confine con il Tagikistan. Anticamente, gli antenati dei tagiki abitavano una regione più estesa di quella attuale: in molte zone essi furono poi soppiantati da ondate di invasori di stirpe turca e mongola, provenienti dal nord e dall'est.

Attualmente, i tagiki rappresentano il 79,9% della popolazione del Tagikistan e il 25-30% di quella dell'Afghanistan. Secondo le statistiche ufficiali in Uzbekistan i tagiki sono il 6% della popolazione totale: questo dato, tuttavia, appare inattendibile per due ragioni. In primo luogo, non si tiene conto di quei tagiki la cui lingua madre è diventata l'uzbeco; secondariamente, molti tagiki possono aver preferito dichiararsi uzbeki per diverse ragioni. Molti, dunque, pensano che in realtà i tagiki costituiscano il 35-40% della popolazione uzbeka. [7]

Infine, si stima che vi siano tra i 500.000 e il milione di tagiki in Pakistan: la maggior parte di essi è costituita da profughi di guerra provenienti dall'Afghanistan, mentre gli altri sono nativi delle regioni pakistane del Chitral e del Gilgit.
Aspetto fisico

Dal punto di vista fisico, la maggior parte dei tagiki presenta dei lineamenti caucasici. Sebbene gran parte dei tagiki abbia capelli e occhi scuri con pelle chiara o leggermente abbronzata, occhi e capelli chiari non sono così infrequenti, specie nelle regioni montuose (in particolare nel Badakhshan).

Alcuni tagiki mostrano invece tratti che ricordano le passate invasioni turche e mongole, mentre le popolazioni delle zone montuose, come detto, sono più simili agli antichi abitanti della regione, così come apparivano prima delle invasioni.

I tagiki, dunque, sono un popolo che mostra una grande varietà di fenotipi, da quelli più marcatamente caucasici a quelli più affini ai mongoli.[8]
Lingua

Come detto, i tagiki parlano il persiano, detto anche dari in Afghanistan. La variante del persiano diffusa in Tagikistan è nota come "tagico". Il tagico, dunque, è una lingua indoeuropea del gruppo iranico e, insieme al dari, appartiene al gruppo orientale dei dialetti del persiano. Storicamente, il tagico fu sempre considerato un dialetto persiano, fino a quando le autorità sovietiche imposero, nel 1928, l'uso dei caratteri latini prima e cirillici poi in sostituzione di quelli arabi: fu così che il tagico cominciò ad essere considerato una lingua a sé stante (i tagiki dell'Afghanistan, tuttavia, continuarono ad utilizzare l'alfabeto arabo).

Ciò che distingue il tagico dal persiano così come è parlato in Iran è la minore presenza di prestiti dall'arabo e la grande influenza russa che si è avuta per ragioni storiche. Tuttavia, un testo in tagico trascritto in caratteri arabi può essere facilmente compreso da un parlante della variante occidentale (vale a dire quella diffusa in Iran) del persiano. La comune origine delle due parlate è del resto sottolineata da numerosi scrittori tagiki, quali ʿOmar Khayyām, Ferdowsi, Jalal al-Din Rumi e Ali Sher Nava'i.

Oltre al tagico, in Tagikistan molto usato è il russo, specie in campo amministrativo e commerciale.
Religione

La grande maggioranza dei tagiki è di religione musulmana sunnita, sebbene esistano delle minoranze ismailite e jafarite-sciite. In Afghanistan, i tagiki di confessione sciita sono detti farsi o farsiwan, vale a dire "persiani". Inoltre, minoranze ebraiche di stirpe tagika sono esistite sin dai tempi più antichi nelle città di Samarcanda e Bukhara e, in misura minore, di Herat e Kabul.[9]
Scolari ebrei insieme al loro maestro a Samarcanda nei primi del Novecento (fotografia di Sergej Michajlovič Prokudin-Gorskij)

Nel corso del XX secolo, gran parte dei tagiki ebrei è emigrata in Israele e negli Stati Uniti, sebbene molti di essi continuino ad avere legami con le loro terre d'origine.

Malgrado l'arrivo di missionari cristiani in Asia centrale in seguito al collasso dell'Unione Sovietica, la popolazione cristiana tagika è pressoché inesistente.
I tagiki in Cina

I tagiki (detti in cinese 塔吉克族, traslitterato in pinyin con Tǎjíkèzú) sono una delle 56 nazionalità della Cina ufficialmente riconosciute dal governo cinese.

Essi ammontano a 41.028 unità (nel 2000) e sono localizzati nella regione occidentale dello Xinjiang: di questi, il 60% vive nella Contea autonoma tagica di Tashkurgan. Secondo alcuni studiosi i tagiki della Cina apparterrebbero in realtà ad una dozzina di gruppi iranici orientali affini ai tagiki del Tagikistan, sebbene distinti da questi ultimi.

In Cina non esiste una forma ufficiale scritta del tagiko. Circa 16.000 tagiki parlano il sariköli o sariqul e usano l'uiguro o il cinese per comunicare con le genti di etnia diversa. 6.000 tagiki parlano invece il wakhi.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Tagiki

 
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Popoli tai



I popoli tai formano una famiglia di etnie del sud est asiatico, della Cina meridionale e dell'India nord-orientale. Tra le varie zone dove sono stanziati, vi sono l'isola di Hainan, il Sichuan meridionale, lo Yunnan, il Guangdong, il Guizhou, lo Hunan, la Thailandia, il Laos, il Vietnam, la Birmania e l'Assam.

Queste etnie parlano le lingue del gruppo tai kadai e condividono tradizioni e alcune feste (Songkran, il capodanno del Buddhismo Theravada che si tiene a metà aprile), e professano quasi tutte il Buddhismo Theravada.

Malgrado non abbiamo mai avuto uno stato nazionale che li unisse, questi popoli hanno storicamente condiviso una vaga idea di nazione (con i nomi di "Siam", "Shan", "Ahom", "Zhuang" ecc.).

Principali suddivisioni

I principali popoli tai sono:

Gli ahom, nello Stato dell'India nord-orientale dell'Assam
Gli shan, in Birmania
I thai ed i lao, in Thailandia
I lao ed i tai lü, in Laos
I tày ed i tai dam, in Vietnam
I tai lü, inclusi dal governo cinese nel gruppo dei popoli dai, e gli zhuang, in Cina meridionale

Storia

Le migrazioni dalla Cina meridionale al nord dell'Indocina da parte dei popoli tai erano iniziate nella seconda metà del I millennio d.C.[1] e si erano accentuate dopo la caduta nel 1253 del Regno di Dali per mano dei mongoli di Kublai Khan. Nel sudest asiatico i tai si erano suddivisi in diversi sottogruppi etnici, tra cui i più importanti furono quello dei siamesi, che nel 1238 avevano costituito il Regno di Sukhothai nell'odierna Thailandia Centrale, e quello dei tai yuan, che si erano insediati nell'odierna Thailandia del Nord, dove nel 1292 avevano formato il Regno Lanna.[1] Il gruppo dei lao si era stanziato nelle pianure del medio Mekong e nelle zone circostanti, prendendo il sopravvento nelle municipalità preesistenti formando dei principati che furono unificati da Fa Ngum, un principe di Mueang Sua (l'odierna Luang Prabang) educato alla corte dell'Impero Khmer.[2]





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Tai dam


I tai dam sono un gruppo etnico stanziato nelle zone montane dell'Indocina settentrionale. Sono presenti prevalentemente in Vietnam, in Laos ed in Cina sudoccidentale. Comunità minori vivono in Thailandia e discrete colonie di rifugiati tai dam si trovano negli USA ed in Francia.[3]

Fanno parte dei popoli tai, gruppo di etnie che comprende i lao, i thai, gli shan e gli zhuang.[4] Parlano il tai dam, che fa parte della famiglia linguistica tai. Il termine tai dam è proprio delle lingue tai e significa tai neri, con riferimento al colore del tradizionale costume che indossano.[5]

Distribuzione
Vietnam

Il gruppo più popoloso è quello del Vietnam, dove vengono chiamati thái đen e táy đăm, e si trova principalmente nelle valli settentrionali del Fiume Rosso e del Fiume Nero. Altre comunità si sono stanziate in alcune province meridionali, tra cui quelle di Dak Lak e Gia Lai. Secondo una stima di SIL International, la popolazione totale dei tai dam vietnamiti era di 699.000 abitanti nel 2002.[3] Altre definizioni dell'etnia nel paese sono tai do e tai noir,[3] quest'ultimo un retaggio dell'epoca coloniale francese. Il dialetto principale è il táy mu'ò'i (detto anche tai mueai).

Il governo di Hanoi li ha inseriti nel gruppo dei thái vietnamiti, di cui fanno parte altre etnie tra cui i tai deng ed i tai khao. I thái vietnamiti sono nella lista dei 54 gruppi etnici riconosciuti dal governo vietnamita.
Laos

In Laos, la cui lingua è mutuamente intelligibile con quella dei tai dam, sono chiamati tai dam o thai den. Secondo il censimento del 1995, erano circa 50.000 stanziati nella centrale Provincia di Khammouan. Come in Vietnam, vengono chiamati anche thai den e tai noir ed il principale dialetto è il tai muoi.[3] L'etnia è stata inserita nel censimento nazionale nel gruppo dei tai, di cui fanno parte anche i tai deng (tai rossi) ed i tai khao (tai bianchi).[5]
Cina

I tai dam sono originari della Cina meridionale, dove vengono chiamati dǎidān (in caratteri cinesi: 傣擔). Erano nel 1995 in 10.000, concentrati nella contea autonoma Miao, Yao e Dai di Jinping, nella Provincia dello Yunnan. Vengono per questo chiamati anche Jinping dai. Il governo di Pechino li ha inseriti nel gruppo dei dai, di cui fanno parte altre etnie tra cui i tai lü ed i tai khao. I dai sono stati inseriti nella lista dei 56 gruppi etnici riconosciuti dal governo cinese.[3]
Altri paesi

A seguito della presa del potere dei comunisti in Laos ed in Vietnam, molti tai dam si sono rifugiati in altri paesi.[1] La comunità più popolosa è diventata quella statunitense, che conta oggi circa 10.000 membri, di cui l'80% nello Stato dell'Iowa.[1] Altre comunità si sono rifugiate in Thailandia, circa 700 abitanti in un villaggio della Provincia di Loei (stima del 2004), 1.100 in Francia e altri in Australia.[3]
Storia

Stanziati a lungo nelle zone dello Yunnan, i tai dam furono costretti nel XIII secolo a migrare a sud a causa dell'invasione mongola guidata da Kublai, che sottomise l'antico Regno di Dali e divenne poi imperatore cinese e fondatore della dinastia Yuan. Si stabilirono nelle province nord-occidentali dell'attuale Vietnam, nella zona di Muong Then, l'odierna Dien Bien Phu. Quest'area si popolò di altri popoli tai e divenne conosciuta con il nome di Sipsong Chao Tai, letteralmente dodici principati tai.[1] Per alcuni secoli, furono soggetti alternativamente al dominio del regno laotiano di Lan Xang e delle varie dinastie nord-vietnamite che si susseguirono.

Nel 1880 i siamesi occuparono la regione, dove si era asserragliata una grossa banda di cinesi chiamata l'esercito della bandiera nera che compiva scorribande nel Regno di Luang Prabang, divenuto un secolo prima vassallo del Siam. Con la conquista di Hanoi del 1885, i francesi completarono la conquista del Vietnam ed occuparono i Sipsong Chao Thai nel 1888.[6][7]

Alla fine dell'era coloniale, i tai dam appoggiarono i francesi nella prima guerra d'Indocina (1946-1954), ed il trionfo dei comunisti nord-vietnamiti li costrinse ad evacuare molti villaggi. Una parte si rifugiò nel Laos centrale e un'altra nel Vietnam del Sud, allora retto dal cattolico anti-comunista Ngô Đình Diệm. Gli sforzi indipendentisti dei ribelli laotiani e vietnamiti furono premiati con la vittoria nella guerra del Vietnam e nella guerra civile laotiana. Molti tai dam furono nuovamente costretti a rifugiarsi all'estero, formando discrete comunità in Thailandia, in Australia, in Francia e soprattutto nell'Iowa, negli Stati Uniti.[1]



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Tai_dam

 
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Tatari


I Tatari (o anche Tartari; in lingua tatara: sing. татар, pl. татарлар) sono un gruppo etnico di origine turca della Russia. Il nome deriva da Ta-ta o Dada, una tribù di origine turca che abitava le steppe a nord dell'odierna Mongolia già nel V secolo. Il termine fu in un primo momento usato per indicare quelle popolazioni che sopraggiungevano dalla Siberia in Europa orientale attraverso l'Impero mongolo nel XIII secolo. In seguito esso fu esteso a tutti gli invasori nomadi dell'Asia, fossero essi delle regioni a nord della Mongolia o delle regioni dell'Asia centrale. Nel XX secolo, prima degli anni venti, i russi usarono il nome "tataro" per designare le numerose tribù degli Azeri.

I Tatari fanno parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica Popolare Cinese.

La maggior parte dei Tatari vive nella regione russa del Tatarstan, in Uzbekistan, in Kazakistan, in Ucraina, in Bielorussia, in Cina, in Romania e in Bulgaria. Superano i dieci milioni (alla fine del XX secolo). La maggioranza dei Tatari sono musulmani sunniti, mentre una minoranza inferiore al 10% è formata da cristiani ortodossi.

La maggioranza di coloro che vivono nella Russia europea è discendente dei bulgari del Volga, che furono sottomessi durante l'invasione tataro-mongola della Rus' nel XIII secolo e presero il nome dei loro conquistatori. I Tatari di Siberia sono i sopravvissuti della popolazione turco-mongola della regione a est degli Urali, mescolatisi poi con i popoli mongoli e con i popoli di origine uralica.

Gli odierni Tatari che popolano l'Eurasia formano due grandi gruppi:

i Tatari europei (di Crimea, Bulgaria, Russia europea, Lituania, Polonia, Romania e Turchia);
i Tatari di Siberia.

A causa delle numerose migrazioni e mescolanze inter-etniche si è quasi perso il nome di Tatari; si indica con questo termine uno spettro etnico che ha gli opposti nelle popolazioni di origine mongola e in quelle di origine caucasica.

Origini del nome

Tatari (Tatarlar, in alfabeto cirillico Татарлар) è il termine solitamente utilizzato per riferirsi alle popolazioni tartare euroasiatiche. Tartaro in passato ebbe una connotazione negativa nel linguaggio comune poiché associato con il termine "Tartarus" della mitologia greca. In Europa la parola Tartaro è generalmente utilizzata per indicare, nel contesto storico del XIII secolo, le popolazioni mongoliche apparse in tale periodo durante l'invasione mongola e più tardi assimilatesi con le popolazioni locali.
Storia
Mappa della Tartaria (1705)

Gli originari Ta-ta Mongoli abitarono le regioni a nord-est del Gobi, nel V secolo, e, dopo le invasioni nel IX secolo della dinastia Liao (Khitani), migrarono a sud, dove fondarono l'Impero mongolo sotto Gengis Khan. Sotto il regno del nipote, Batu Khan, si mossero poi a ovest, verso le sterminate pianure russe, portando con loro molti esponenti dei Turchi uralo-altaici.

Nei pressi del Volga si mescolarono poi con i rimanenti del vecchio impero bulgaro (Bulgaria del Volga), con popolazioni di lingua ugrofinnica e con le popolazioni del Caucaso.

I tartari formarono una nuova entità statale: la Tartaria. Tali possedimenti furono governati da prestigiose élite mongole dal XIV sino al XVIII secolo, quando vennero a cadere in mano dell'Impero russo.
Tatari europei
Donne tatare tra il 1885 e il 1886

La classificazione dei vari gruppi inclusi nell'accezione generale del termine "tatari" è molto lontana dall'essere completa. Sono state stabilite, comunque, le seguenti suddivisioni.
Tatari del Volga

I Tatari del Volga vivono nella parte centrale ed est-europea della Russia. Nella Russia odierna il termine tataro è solitamente utilizzato per indicare unicamente tale popolazione. Durante il censimento del 2002 furono ufficialmente suddivisi in Tatari comuni, Tatari di Astrachan' e Tatari di Keräşen. I Tatari siberiani furono incorporati dal censimento tra i Tatari, mentre gli altri gruppi etnici, quali i Tatari di Crimea e i Čulyčy, non furono ufficialmente riconosciuti come parte di tale gruppo etnico e, per questo motivo, vennero contati separatamente.
Tatari di Kazan'

La maggioranza dei Tatari del Volga sono Tatari di Kazan', che rappresentano il gruppo etnico maggiormente diffuso (circa 2 milioni) nel Tatarstan, una delle repubbliche della Russia.

Nei secoli tra l'XI e il XVI secolo molte tribù turche vivevano nei territori compresi tra le attuali Russia e Kazakistan. I Tatari di Kazan' sono i diretti discendenti dei Bulgari del Volga, che si stabilirono nei pressi di questo fiume nell'VIII secolo. Qui la loro etnia si mescolò con quella degli Sciti, con quelle delle popolazioni di lingua ugro-finnica e in parte con i discendenti dei Kipčaki, che si stanziarono lungo il Volga durante il XIII secolo. Dopo le invasioni mongoliche, la Bulgaria del Volga fu sconfitta e scomparve come entità politica. La maggior parte della sua popolazione tuttavia sopravvisse: la loro cultura e religione rimasero infatti immutate (erano stati convertiti all'Islam nel 922 dal missionario/propagandista Aḥmad b. Faḍlān), mentre il loro linguaggio andò amalgamandosi con quello dei conquistatori fino a scomparire del tutto. Soprattutto nelle regioni settentrionali (l'odierno Tatarstan) non avvenne quasi nessun mescolamento tra sangue turco e sangue mongolico.

In alcuni luoghi delle regioni da loro abitate i Tatari di Kazan' chiamano sé stessi Bulgari del Volga ed alcuni di loro si rifiutano di riconoscere il suffisso Tatar nel nome della loro nazione.
Tatare della Volga.

Negli anni dieci del XX secolo il loro numero risultava di circa mezzo milione nel governatorato di Kazan' (poi interamente compreso nella nazione russa del Tatarstan), 400.000 in quello di Ufa, 100.000 a Samara e Simbirsk e all'incirca 30.000 a Vjatka, Saratov, Tambov, Penza, Novgorod, Perm' e Orenburg. 15.000 appartenenti alla stessa etnia erano migrati nei decenni precedenti a Rjazan' o erano stati fatti prigionieri nel XVI e nel XVII secolo e trasportati forzatamente come forza lavoro in Lituania a Vilnius, Grodno e Podolia. All'incirca 2.000 risiedevano a San Pietroburgo, dove la maggior parte svolgeva le mansioni di cocchiere o cameriere nei ristoranti. In Polonia costituivano l'1% della popolazione nel distretto di Płock.

I Tatari di Kazan' parlano un dialetto di origine turca (con forti influssi russi ed arabi). Sono generalmente descritti come di media statura, con spalle possenti, la maggior parte con occhi castani o verdi, naso dritto e ossa sporgenti sulle guance.[6] Poiché tra il novero dei loro ascendenti non ci sono solo Turchi, ma anche Slavi e Ugro-Finni, molti Tatari di Kazan' tendono ad avere delle sembianze europee. La popolazione non è omogenea: il 33,5% appartiene al sottotipo dell'Europa meridionale, il 27,5% a quello nord-europeo, il 24,5% all'ugro-finnico e il 14,5% al sud-siberiano (un misto tra l'aspetto mongoloide e quello caucasoide).[6] La maggior parte dei Tatari di Kazan' è di religione musulmana sunnita e fino al 1917 la poligamia era diffusa tra le classi abbienti.

Poiché facilmente comprensibile da tutti i gruppi di Tatari russi, come anche da Ciuvasci e Baschiri, nel XV secolo il linguaggio dei Tatari di Kazan' divenne una lingua letteraria. Tale linguaggio includeva ai tempi molte parole arabe e persiane, successivamente sostituite da termini russi ed europei.

I tatari di Kazan' ammontano a più di 7 milioni, la maggior parte dei quali dislocata in Russia e nelle regioni ex-sovietiche. La loro maggiore densità si trova nel Tatarstan e nelle regioni adiacenti, ma un numero significativo risiede anche nell'Asia centrale, in Siberia e nel Caucaso. I Tatari di Kazan' che vivono fuori dal Tatarstan parlano principalmente il russo.

Un numero significativo di uomini appartenenti a questa etnia emigrò in Turchia e in Cina durante la guerra civile russa, ma la maggior parte fece ritorno in Russia al termine della stessa. Secondo il governo cinese,[7] vivrebbero nella provincia di Xinjiang 51.000 Tatari.
Tatari di Noqrat

Tatari di Kazan' che vivono nell'oblast' di Kirov.
Tatari di Perm'

Tatari di Kazan' che vivono nel kraj di Perm'. Alcuni di loro hanno sangue misto con quello Komi.
Tatari Keräşen
Tatare Keräşen.

I Tatari Keräşen discendono da quei Tatari di Kazan' che furono convertiti con la forza al cristianesimo da Ivan il Terribile durante il XVI secolo e, più tardi, nel XVIII secolo.

Alcuni antropologi suppongono invece che i Tatari di Keräşen discendano direttamente dalla popolazione dei Suari, convertiti al cristianesimo dagli Armeni durante il VI secolo, quando ancora vivevano nel Caucaso. I Suari, con altre tribù (che più tardi furono convertite all'islam), diventarono prima "Bulgari del Volga" e infine i moderni Ciuvasci (per la maggior parte cristiani) e Tatari di Kazan' (per la maggior parte musulmani).

I Tatari Keräşen vivono in tutto il Tatarstan; tendono ad essere assimilati da Russi, Ciuvasci e Tatari musulmani. Ottant'anni di leggi ateiste hanno trasformato i Tatari di entrambe le confessioni, facendoli diventare meno religiosi che in passato; in tal modo la differenza significativa tra i Tatari Keräşen e quelli musulmani è data unicamente dal fatto che i Keräşen hanno nomi russi.

Alcune tribù turche (Cumani) dell'Orda d'Oro furono convertite al cristianesimo tra il XIII e il XIV secolo (Cattolicesimo e Nestorianesimo). Alcune preghiere, scritte in quel tempo nel Codex Cumanicus, hanno forti affinità con le preghiere dei Keräşen, ma non vi è alcun'altra informazione di una possibile connessione tra Cumani cristiani e Keräşen.
Nagajbaki
Tatari Nagajbaki.

I Nagajbaki sono un gruppo di Tatari che diventarono cosacchi. Di religione russo-ortodossa, vissero nella regione degli Urali, al confine russo con la regione del Kazakistan, durante il XVII-XVIII secolo.

Il più grande villaggio dei Nagajbaki è Pariž, nome che discende dalla capitale francese Parigi, così intitolato a causa della partecipazione di soldati Nagajbaki alle guerre napoleoniche.
Tatari Tiptär

Simili ai Noğaybaqs, anche se musulmani sunniti. Alcuni Tatari parlano russo o baschiro. Secondo alcuni antropologi i Tiptär farebbero parte dell'etnia dei Mişärs.
Dialetti dei Tatari di Kazan'

Vi sono tre differenti dialetti tra questa etnia di Tatari: orientale, centrale, occidentale.

Il dialetto occidentale (Misher) è parlato principalmente dai Mişär, quello centrale è utilizzato sia in tutto il Tatarstan che dai Tatari di Astrachan', mentre il dialetto orientale (anche detto siberiano) è parlato da alcuni gruppi di Tatari nell'oblast' di Tjumen. Questa forma particolare, che è isolata dagli altri dialetti, ha molti punti in comune con il linguaggio dei Čulyčy, tanto che alcuni linguisti ritengono che sia un linguaggio indipendente.
Tatari Mişär

I Tatari Mişär sono un gruppo di Tatari che parla un dialetto della lingua dei Tatari di Kazan'. Sono discendenti dei Kipchaki, una tribù turca che si era stabilita nei pressi del fiume Oka, mescolandosi nel tempo con tribù ugro-finniche e russe. Vivono negli oblast' di Tambov, Penza, Rjazan e in Mordovia. Vivevano un tempo nei pressi e lungo il fiume Volga, in Tatarstan.
Tatari Qasím

Gruppo etnico facente parte dei Tatari del Volga, vivono quasi unicamente nel paese di Qasím (Kasimov nella trascrizione russa) nell'oblast' di Rjazan, con una popolazione tatara di 500 unità. Dal 1452 al 1681 tale paese era capitale del Khanato di Qasim, stato vassallo di Mosca.
Tatari di Astrachan'

I Tatari di Astrachan' (all'incirca 70.000) sono discendenti della popolazione rurale del Khanato di Astrachan' e vivono per la maggior parte nell'oblast' di Astrachan'. Durante il censimento del 2000 molti di loro si descrissero come Tatari comuni e questo poiché, data la presenza in loco di numerosi Tatari di Kazan', la differenza tra i due gruppi etnici sta tendendo a scomparire.

Testo tradotto dall'Enciclopedia Britannica del 1911: I Tatari di Astrachan' constano di all'incirca 10.000 unità e sono, con i Calmucchi mongoli, tutto quello che oggi rimane dell'Impero di Astrachan'.

Mentre il Tataro di Astrachan' (Ästerxan) è un dialetto misto, all'incirca 43.000 hanno assimilato il dialetto centrale dei Tatari di Kazan'. I loro antenati erano Cazari, Kipchak ed alcuni Bulgari del Volga (questi ultimi avevano infatti stanziato colonie nei moderni oblast' di Astrachan' e oblast' di Volgograd).
Tatari del Volga nel mondo

I luoghi dove i Tatari del Volga vivono includono:

Ural e la parte superiore del fiume Kama (dal XV secolo), XV secolo - colonizzatori, XVI-XVII secolo - nuovo stanziamento da parte dei Russi, XVII-XIX secolo - esploratori dell'Ural, lavoratori agricoli;
Siberia Occidentale (dal XVI secolo): XVI secolo - stanziamento dopo la repressione russa seguita alla conquista del Khanato di Kazan', XVII-XIX secolo esploratori della Siberia Occidentale, fine del XIX - prima metà del XX secolo industrializzazione della zona, costruttori di linee ferroviarie, anni trenta del Novecento repressione di Stalin, 1970 - 2000 lavoratori nelle industrie petrolifere;
Mosca (dal XVII secolo): signori feudali Tatari al servizio dei russi, commercianti dal XVIII secolo anche a San Pietroburgo;
Kazakistan (dal XVIII secolo): XVIII-XIX secolo ufficiali e soldati dell'esercito russo, 1930 industrializzazione, dal 1950 colonizzatori di terre vergini - re-emigrazione negli anni novanta;
Finlandia (dal 1804): (soprattutto Mişärs) - XIX secolo - ufficiali e soldati dell'esercito russo.
Asia Centrale (dal XIX secolo) (Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan, Kirghizistan, Xinjiang) XIX secolo ufficiali e soldati dell'esercito russo, mercanti, migrazioni religiose, 1920-1930 - industrializzazione, programmatori educativi sovietici per le popolazioni dell'Asia centrale, 1948, 1960 in aiuto alle città di Ashgabat e Tashkent distrutte da terremoti - re-emigrazione negli anni ottanta;
Caucaso, specialmente Azerbaigian (dal XIX secolo) lavoratori nel settore petrolifero, commercianti
Cina settentrionale (dal 1910) - costruzione di ferrovie - re-emigrazione negli anni cinquanta;
Siberia Orientale (dal XIX secolo) - ricolonizzatori di fattorie, 1910-1980 costruttori di linee ferroviarie, esiliati dal governo sovietico negli anni trenta;
Germania e Austria - 1914, 1941 - prigionieri di guerra, emigrazione negli anni novanta;
Turchia, Giappone, Iran, Cina, Egitto (dal 1918) - emigrazione
Inghilterra, USA, Australia, Canada, Argentina, Messico - (1920) re-emigrazione da Germania, Turchia, Giappone, Cina e altri, 1950 - prigionieri di guerra tedeschi che decisero di non tornare in URSS, 1990 - emigrazione dopo lo scioglimento dell'URSS;
Sachalin, Kaliningrad, Bielorussia, Ucraina, Lettonia, Estonia, Lituania, Carelia - dopo il 1944-45 costruttori, personale militare sovietico;
Oblast' di Murmansk, Kraj di Chabarovsk, Polonia settentrionale e Germania settentrionale (1945 - 1990) - personale militare sovietico
Israele - mogli o mariti di ebrei negli anni novanta del Novecento

segue Tatari di Crimea, Ucraina e Polonia

 
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Tartari di Crimea, Ucraina e Polonia
Tatari di Crimea
Lo stesso argomento in dettaglio: Tatari di Crimea.
Tatari di Crimea a Bakhchisarai, l'ex capitale del Khanato di Crimea.

I Tatari della Crimea costituirono il Khanato di Crimea che fu annesso dalla Russia nel 1783. La guerra del 1853 e le leggi degli anni 1860-63 e 1874 causarono un esodo di questa popolazione; un gran numero di Tatari di Crimea abbandonarono i loro campi irrigati e si spostarono in Turchia.

Coloro che rimasero potevano essere suddivisi in tre gruppi distinti. Quelli stanziati sulle coste meridionali, che nel corso del tempo si erano amalgamati con Sciti, Greci e Italiani, erano molto conosciuti per la loro bravura nell'arte del giardinaggio e della coltivazione così come per i loro preziosi manufatti, i Tatari che vivevano sulle montagne erano affini ai Tatari caucasici mentre quelli che abitavano le steppe - i Nogay - erano di origine essenzialmente turco-mongola.

Durante la seconda guerra mondiale, l'intera popolazione tatara della Crimea fu vittima della politica di oppressione staliniana. Nel 1944 furono infatti accusati di collaborazionismo coi nazisti e furono deportati in massa nelle regioni dell'Asia centrale e in altre parti dell'Unione Sovietica. Un gran numero morì per malattia e malnutrizione, solo in pochi riuscirono ad adattarsi alle nuove condizioni di vita. Anche se un decreto sovietico del 1967 si premurò di far cessare l'esilio forzato dei Tatari il governo non fece nulla per facilitare il loro ristanziamento in Crimea e per risarcirli delle proprietà perse. Il numero esatto dei Tatari di Crimea (alcuni dei quali sono stanziati in Turchia) non è noto con esattezza ma varie stime lo indicano tra i 5 e i 6 milioni di individui. Va sottolineato che queste stime sono state compilate da ricercatori "attivisti" e di parte i quali hanno calcolato come 1 milione il numero esatto dei migranti e l'hanno quindi moltiplicato con il loro tasso di nascita. Altri analisti ritengono queste cifre eccessive.[8]
Tatari lituani
"Danza tatara" - Un guerriero tataro (della Crimea) (sinistra) combatte contro un soldato della Confederazione Polacco-Lituana (destra).

Dopo che Tokhtamysh fu sconfitto da Tamerlano, alcuni membri del suo clan chiesero rifugio nel Granducato di Lituania. A loro furono dati terra e titoli nobiliari in cambio del loro servizio militare e furono da allora conosciuti come Lipka Tatari. I loro soldati presero parte alla battaglia di Grunwald.

Un altro gruppo apparve nel Ducato di Jagoldai (vassallo della Lituania) vicino alla moderna Kursk nel 1437 per scomparirne poco più tardi.
Tatari polacchi

Dal XIII al XVII secolo vari gruppi di Tatari si stanziarono e/o trovarono rifugio all'interno della Confederazione polacco-lituana. Questo avvenimento fu promosso specialmente dal Granducato di Lituania, a causa della loro reputazione di esperti combattenti. I capi tatari che si stanziavano erano insigniti dello status szlachta (~ nobiltà), una tradizione che si è preservata fino alla fine dell'Unione nel XVIII secolo.

Il caso dei Tatari polacchi ricorda come sia difficile definire "guerre di religione" gli scontri dell'età moderna. Per esempio unità di cavalleria di tartari polacchi componevano l'avanguardia dell'esercito polacco-lituano alla battaglia di Vienna del 1683, combattendo contro unità turche e dei tartari di Crimea e, anche, cavalieri cristiani ungheresi al servizio dei turchi. L'assedio di Vienna, accanto allo scontro religioso, fu soprattutto uno scontro fra tre grossi stati, due dei quali (la confederazione di Polonia-Lituania e l'Impero ottomano) particolarmente tolleranti delle diversità religiose.

Alcuni stimano la presenza di Tatari nel territorio dell'Unione nel XVII secolo attorno alle 15.000 unità, stanziati in 60 villaggi con moschee. Numerosi privilegi reali, compresa l'autonomia interna dalla monarchia, permisero ai Tatari di preservare la loro religione e la loro cultura per secoli. Ai Tatari era inoltre consentito il matrimonio misto coi cristiani, cosa poco comune per l'Europa del tempo. La Costituzione Polacca di Maggio del 1791 consentì ai Tatari una rappresentanza nella Camera dei deputati della Polonia.

Anche se nel XVIII secolo adottarono la lingua locale, la loro religione e molte delle loro tradizioni (come il sacrificio di tori nella moschea durante alcune loro feste religiose) rimasero immutate. Questo portò alla formazione di una cultura musulmana peculiare, nella quale gli elementi dell'ortodossia musulmana si frammischiavano alla tolleranza religiosa e a una società liberale. Ad esempio le donne nelle società dei Tatari Lipka avevano gli stessi diritti e lo stesso status degli uomini e potevano frequentare liberamente le scuole.

All'incirca 5.500 Tatari vissero nei confini polacchi tra le due guerre mondiali (1920-1939), e un'unità di cavalleria tatara aveva combattuto per l'indipendenza del paese. I Tatari avevano inoltre preservato la loro identità culturale e le loro organizzazioni, incluso un museo a Wilno (Vilnius) sulla loro storia.

I Tatari subirono grandi perdite durante la seconda guerra mondiale e successivamente, dopo il cambiamento dei confini del 1945, gran parte di loro si trovò nel territorio sovietico. È stato stimato che sono 3.000 i Tatari che vivono in Polonia, di cui 500 hanno dichiarato la propria nazionalità come tatara piuttosto che polacca nel censimento del 2002. Vi sono due villaggi tatari (Bohoniki e Kruszyniany) nel nord-est della Polonia così come ci sono comunità tatare nelle città di Varsavia, Danzica, Białystok e Gorzów Wielkopolski. Il più delle volte hanno un cognome musulmano che finisce come un cognome polacco: Ryzwanowicz, Jakubowicz.

I Tatari furono importanti nell'esercito dell'Unione così come nella vita politica e intellettuale di Polonia e Lituania. Alcuni intellettuali polacchi hanno discendenza tatara come, ad esempio, lo storico Jerzy Łojek.

Una piccola comunità polacco-tatara si insediò a Brooklyn all'inizio del XX secolo. Lì costruirono una moschea che è ancora in uso.[9]
Tatari caucasici

I Tatari caucasici abitano i territori circostanti l'alto corso del Kuban', le steppe del basso Kuma, il Kura, e l'Araks. Nel XIX secolo erano stimati in 1.350.000 ma tale cifra includeva anche un numero di Tatari di Kazan' impiegati nel settore petrolifero che si trasferirono nel Caucaso dalle loro terre d'origine alla fine di quel secolo.

Il termine è utilizzato esclusivamente per descrivere i Tatari del Volga stabilitisi in Caucaso. Ogni altro suo utilizzo, come quelli che seguono, possono essere rinvenuti solo e unicamente in un contesto storico.
Nogai del Kuma

I Nogai del fiume Kuma mostrano tracce di un antico amalgama con i Calmucchi. Sono nomadi e le loro attività principali sono l'allevamento di bestiame e la pesca. Pochi praticano l'agricoltura stanziale.

I Nogai sono considerati un'etnia indipendente da quella dei Tatari, vivono nel nord del Dagestan, dove sono stati costretti a stanziarsi dopo che l'Orda Nogai fu sconfitta nel XVI secolo dai Russi.

In quello stesso secolo infatti i Nogai si erano alleati con il Khanato di Crimea e con l'Impero ottomano contro la Moscovia. Nonostante questa alleanza tuttavia non era infrequente che razziatori Nogai si spingessero nei territori circostanti per compiere ruberie. Tra il XVI e il XVII secolo a causa delle loro incursioni furono costruite diverse muraglie difensive in Tatarstan.

Una delle eroine nazionali dei Tatari di Kazan', Söyembikä, apparteneva in realtà all'etnia Nogai.
Tatari Qundra

Il termine Tatari Qundra sta ad indicare alcune tribù di Nogai emigrate in passato nei territori circostanti al medio corso del Volga, dove si sono assimilati, almeno a livello linguistico, ai Tatari del Volga.
Carachi

I Carachi, all'incirca 18.500, vivono nelle alte vallate nei pressi di Elburz, vivendo di agricoltura; sono un'etnia indipendente, una delle più popolose della Karačaj-Circassia.
Tatari delle montagne
Karachais e Balcari, di cui i Balkar sono talvolta considerati tartari.

I Tatari delle montagne ammontavano nel 1911 a circa 850.000 unità ed erano divisi in varie tribù di origine indeterminata sparse tra Azerbaigian, Armenia, Georgia e Daghestan.

Queste tribù hanno certamente origini diverse e presentano diverse tipologie etniche. Tutti coloro che non sono né Armeni né Russi e non appartengono a nessuna distinta tribù caucasica sono spesso chiamati Tatari (per esempio, nel XIX secolo i Ceceni sono stati chiamati spesso Tatari dai Russi). Il fatto inoltre che svariate volte tali tribù non avessero neppure origini turche fa comprendere che Tatari delle montagne non è nient'altro che un termine ombrello utilizzato in passato per indicare l'origine di quelle tribù di cui non si era in grado di dare una definizione precisa. In passato queste popolazioni erano note per le loro particolari capacità agricole, di allevamento e artigianali.

Il termine tatari delle montagne è obsoleto e ogni tribù è chiamata con il proprio corretto nominativo.

Vedi anche

Balcari
Cumucchi
Osseti
Circassi

segue Tatari siberiani

 
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Tatari siberiani
Gruppo folcloristico tartaro siberiano "Naza" di Omsk.

I Tatari siberiani furono stimati nel 1895 nel numero di 80.000 unità di etnia turca, e di circa 40.000 di discendenza uralica o ugrica. Essi occupano tre distinte regioni - la lunga striscia di terra che va da Tobol'sk a Tomsk, Kuzbass - l'Altaj e i territori circostanti - e il Sud Jenisejsk. Ebbero origine dalle agglomerazioni di tribù turche che, nella regione a nord dell'Altai, raggiunsero una discreta evoluzione culturale tra il IV e il V secolo, ma che vennero bene presto sottomessi e schiavizzati dai mongoli. Una loro classificazione risulta estremamente difficile perché gli odierni Tatari siberiani sono il risultato di un continuo rimescolamento di razze e costumi e sono tutti, chi più e chi in misura minore, in procinto di essere assimilati dai russi: si possono tuttavia ancora elaborare le seguenti distinzioni:
Tatari Baraba

I Tatari Baraba prendono nome da uno dei loro stemmi (Barama) e ammontano a circa 50.000 nella regione di Tobol'sk e a circa 5000 in quella di Tomsk. Dopo aver posto in essere una strenua resistenza alla conquista russa ed aver sofferto in passato a causa dei raid Chirgisi e Calmucchi, sopravvivono grazie all'agricoltura - sia in villaggi separati che insieme ai Russi.

Dopo la colonizzazione della Siberia da parte dei Russi e dei Tatari di Kazan', i Tatari Baraba erano soliti chiamarsi la gente di Tomsk, poi Moslem, accettando di essere indicati come Tatari solo nel XX secolo.
Tatari Čulyčy

I Tatari Čulyčy vivono sul fiume Ob' e sullo Yus. Parlano una lingua di ceppo turco con molti termini derivati dal mongolico e dal Yakut e sono d'aspetto più affini ai Mongoli che ai Turchi. Come altre popolazioni tatare si stanno amalgamando con i Russi.
Tatari Abakan
I chakassi sono solo talvolta considerati tartari nei tempi moderni.

I Tatari Abakan (o Minusinsk) occuparono le steppe circostanti i fiumi Abakan e Yus nel XVII secolo, dopo gli spostamenti dei Chirgichi, e rappresentano una mistura tra l'etnia dei Kaibal (che Castrén considerava in parte di origine ostiaca e in parte samoieda) e quella dei Beltiri - di origine finnica. Anche il loro linguaggio è una mescolanza tra dialetti diversi. Erano conosciuti con il nome di Sagai, che enumeravano 11.720 unità nel 1864. In origine di religione sciamanica, sono, almeno nominalmente, aderenti alla Chiesa greco-ortodossa e lavorano principalmente come pastori di mandrie. L'agricoltura è scarsamente praticata, coltivano tuttavia bulbi di fiori quali il Lilium martagon, Paeonia, e l'Erythronium dens-canis che crescono nelle steppe. Tribù affini alla loro sono i Soyot, dei Monti Saiani (stimati in 8000), che è una popolazione turco-finnica; gli Uryankhi della Mongolia nord-occidentale, di origine turca ma di religione buddista; e i Karagasse, anch'essi di origine turca e affini ai Chirgisi, ma ridotti a poche unità.
Tatari dell'Altaj settentrionale

I Tatari che vivono sul versante settentrionale delle montagne dell'Altaj (circa 20.000 unità) sono di origine finnica. Essi comprendono alcune centinaia di Kumandintsi, Tatari Lebed, Tatari della foresta nera e Shori (11.000), discendenti dei Kuzneck o Tatari lavoratori del ferro. Essi sono cacciatori esperti e hanno mantenuto la loro religione sciamanica e la loro organizzazione tribale. Vivono anche della raccolta di pinoli e di miele che trovano nelle loro foreste. Vestono alla maniera dei loro antichi signori, i Calmucchi, e il loro linguaggio contiene parecchie parole di origine mongolica.
Tatari dell'Altaj

I Tatari dell'Altaj comprendono:

i Calmucchi della montagna (12.000), ai quali tale nome è stato dato per errore, non avendo essi nulla in comune con i Calmucchi ad eccezione del vestiario e del modo di vita. Parlano un dialetto turco.
i Teleuti, o Telengiti (5.800), discendenti di un'antica popolazione guerriera, migrata dalle montagne verso le valli, dove vivono insieme ai contadini russi.

Anche se il Turkestan e l'Asia centrale erano una volta conosciuti come Tataria indipendente non è usuale chiamare i Sarti i Chirgisi e gli altri abitanti di questi paesi con l'appellativo di Tatari e neppure tale nome è utilizzato per gli Jakuti della Siberia orientale.
Significato generale del termine

Risulta evidente da quanto sopra che il termine Tartaro/Tataro era originariamente applicato sia alle tribù mongoliche che alle tribù turche che invasero l'Europa sei secoli fa ed è stato gradualmente esteso alle popolazioni turche che si mescolarono con quelle mongoliche e quelle di lingua uralica in Siberia; è usato principalmente in quattro accezioni:

per designare ogni tribù musulmana i cui antenati abbiano parlato in linguaggio uralico o dell'Altaj;
per indicare tribù musulmane di lingua turca, specialmente in Russia, che non hanno mai fatto parte dell'Impero ottomano, ma che hanno creato unità politiche indipendenti avulse dal resto del mondo islamico.
per indicare i Tatari di Kazan', i quali hanno più in comune con i Ciuvasci, i Mari e i Russi piuttosto che con le altre popolazioni turche. Essi sono, come gli stessi Ciuvasci, discendenti dei Bulgari del Volga, popolazione mista i cui ascendenti comprendevano Sciti, Turchi e popolazioni finniche (in turco bolğar significa misto). Nel periodo dell'Orda d'Oro i Bulgari si mescolarono anche con Slavi, Greci e, in parte, Mongoli. In conclusione non ci sono altri "Tatari" che hanno una origine etnica così articolata come i Tatari di Kazan';
per indicare i Baschiri, i quali, pur non essendo Tatari, parlano una lingua molto simile a quella dei Tatari di Kazan' e ciò è dovuto alla progressiva tatarificazione delle tribù ugre, finniche e turche stanziate sugli Urali.

Tatari cinesi

I Tatari (塔塔尔族) formano inoltre uno dei 56 gruppi etnici ufficialmente riconosciuti in Cina.

Gli antenati di queste popolazioni erano commercianti Tatari del Volga stabilitisi nello Xinjiang.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Tatari#Tatari_siberiani

 
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Tibetani


I tibetani (བོད་པ་, 藏族) sono un popolo che vive nel Tibet e nelle aree circostanti. Rappresentano uno dei più grandi gruppi etnici che fanno parte delle 56 etnie riconosciute dalla Repubblica Popolare Cinese, sebbene il termine "tibetano" possa riguardare un insieme di più gruppi etnici. Secondo un censimento del 1959, il numero di tibetani in Cina si attestava sulle 6.330.567 unità.[1] Ethnologue, inoltre, riconosce altre 125.000 persone di origine tibetana in India, 60.000 in Nepal e 4.000 in Bhutan.


Origini

L'origine del popolo tibetano viene generalmente fatta risalire a popolazioni nomadi non cinesi chiamate Ch'iang, che allevavano pecore e bestiame nell'Asia centro-orientale spingendosi fin verso i confini nord-occidentali della Cina. L'eredità di questa origine si ritrova nel tipo di coltivazione tibetana unito al costante elemento dell'allevamento di animali; nell'attitudine dei tibetani a viaggiare attraverso grandi distanze; nella loro innata abilità nel trattare e nell'allevare i cavalli, gli yak e altri animali; nell'attrazione per l'aria aperta e per i grandi spazi e nel loro forte individualismo, sebbene vi siano molte altre influenze culturali e storiche su questa etnia. Alcuni antropologi, inoltre, credono che siano i popoli di origine scita ad aver dato l'attuale collocazione geografica ai tibetani. Secondo uno studio condotto nel 2000, fu indicato che i tibetani possiedono un cromosoma Y dalle molteplici origini, dalle regioni centrali dell'Asia fino alle punte più ad est. Secondo le ultime teorie dei linguisti, inoltre, la lingua tibetana è molto più vicina al cinese di quanto si potesse pensare negli anni precedenti.
Descrizione
Caratteristiche

Fin dal XIX secolo la presenza cinese in Tibet è andata crescendo e spesso le popolazioni Khampa sono bilingui. Inoltre, i matrimoni fra tibetani e cinesi non sono comuni.
Caratteristiche fisiche

I tibetani hanno solitamente pelle olivastra, capelli corti, molto spesso rasati a zero, occhi castani o verdi (quest'ultimo colore dovuto ad aspetti ereditari mongoli). Gli uomini spesso portano i baffi, mentre i nomadi hanno generalmente i capelli lunghi.

I tibetani delle regioni centrali mostrano nelle loro origini una forte componente mongola. I gruppi nomadi degli altopiani, invece, (conosciuti anche come Drokpa) e i "Khampa" del Kham sono fisicamente più alti e longilinei, con alcune particolari caratteristiche come il naso aquilino. Si pensa che questi ultimi siano di discendenza scita. Nelle regioni a ovest, specialmente intorno a Ladakh e Kashmir, i gruppi di tibetani sembrano invece discendere dai popoli di origine indo-ariana.

I tibetani hanno la leggendaria caratteristica di saper sopravvivere a temperature molto fredde e in situazioni ambientali caratterizzate da notevoli altitudini, come quelle presenti negli altopiani del Tibet. Recentemente alcuni scienziati hanno affermato di aver isolato il gene responsabile di questo speciale adattamento. Le loro ricerche hanno portato alla luce un gene che migliora la saturazione dell'ossigeno.

Il Tibet Paleolithic Project, infine, sta studiando la colonizzazione degli altopiani del Tibet risalente all'età della pietra, nella speranza di poter trovare e isolare definitivamente le cause della straordinaria adattabilità del popolo tibetano ad ambienti così estremi.
Gruppi

Il popolo tibetano è diviso in parecchi gruppi. Questi includono i Changri, i Nachan, gli Hor, che sono a loro volta suddivisi in 51 sottogruppi, ognuno dei quali mantiene una propria identità culturale.

Gli Hor, che sono suddivisi in 31 sottogruppi, sono discendenti dei Mongoli. Gli abitanti del Kham sono conosciuti come Khampa o Khamba e si dividono in 14 gruppi etnici aventi culture e lingue diverse, mentre quelli residenti a ovest e a nord vengono comunemente chiamati Pöba. I discendenti dei Karjia sono invece conosciuti come Amdo. Infine l'origine dei tangut, oggi considerati un popolo estinto, può essere trovata tra i tibetani e tra i Salar del Gansu.
Religione
Ruota di preghiera con uno stupa sullo sfondo.

Secondo la leggenda il 28º re del Tibet, Lhatotori Nyentsen, sognò un tesoro sacro che cadeva dal cielo: vi erano contenuti un sutra buddista, alcuni mantra e oggetti religiosi. Tuttavia, siccome l'alfabeto tibetano non era ancora noto al popolo, a prima vista nessuno sapeva che cosa ci fosse scritto nel sutra. Quindi il buddhismo non prese piede nel Tibet fino al regno di Songtsen Gampo, che sposò due principesse buddiste, Brikhuti e Wencheng. Divenne poi popolare quando, su invito del 38º re tibetano, Trisong Deutson, in Tibet arrivò Padmasambhava, largamente noto come Guru Rinpoche.

Oggi si possono vedere tibetani che depositano pietre Mani ovunque. I lama tibetani, sia buddisti sia Bön (la religione che precedette il buddhismo) esercitano un ruolo importante nella vita del popolo tibetano, officiando cerimonie religiose e curando i monasteri. I pellegrini piantano le loro “bandiere di preghiera” sui terreni sacri come simbolo di buona fortuna.

La ruota di preghiera è un mezzo per recitare il mantra facendola girare più volte in senso orario. Al fine di non dissacrare luoghi sacri come Stupa, pietre Mani e Gompa (monasteri), i buddisti tibetani girano loro attorno sempre in senso orario (ovvero tenendoli sulla destra), mentre al contrario i Bön lo fanno in senso antiorario, tenendoli sulla sinistra. I buddisti tibetani recitano la preghiera "Om mani padme hum", mentre i Bön recitano "Om matri muye sale du".
Cultura

Il Tibet vanta una ricca cultura. Feste tibetane come quelle di Losar, Shoton, Linka, e la Festa del Bagno sono profondamente radicate nella religione locale e contengono anche influssi dall'estero. Ognuno partecipa tre volte alla Festa del Bagno: alla nascita, al momento del matrimonio e in quello della morte. È convinzione tradizionale che non si debba fare il bagno a caso, ma soltanto per le occasioni più importanti.
Thangka dipinti da monaci-pittori nel Monastero Wutun Si, vicino a Tongren, Qinghai, Cina
Arte

L'arte tibetana è profondamente religiosa per natura, dalle statue di squisito dettaglio che si trovano nei Gompa alle sculture in legno ai disegni intricati dei dipinti Thangka. L'arte tibetana è rintracciabile in quasi ogni oggetto e aspetto della vita quotidiana.

I dipinti Thangka, una forma di sincretismo tra il dipinto cinese su rotolo e le pitture nepalese e kashmiri, sono apparsi nel Tibet attorno al X secolo. Rettangolari e dipinti su cotone o lino, di norma essi raffigurano motivi tradizionali, compresi argomenti di natura religiosa, astrologica e teologica, nonché talvolta un Maṇḍala. Per garantire che l'immagine non sbiadisca, nel procedimento rientra l'uso di pigmenti organici e minerali, e il dipinto è incorniciato (e protetto) da vivaci broccati di seta.
Teatro

L'opera popolare tibetana, nota come Ache lhamo, che significa letteralmente “dea sorella” o “sorella celestiale”, è una combinazione di danze, cantilene e canzoni. Il repertorio è tratto da narrazioni buddiste e dalla storia tibetana.

L'opera tibetana è stata fondata nel XIV secolo da Thangthong Gyalpo, un lama costruttore di ponti. Lui stesso e sette giovani da lui assoldate organizzarono la prima rappresentazione al fine di raccogliere fondi per costruire ponti che avrebbero facilitato i trasporti in Tibet. La tradizione continuò ininterrotta per quasi 700 anni, e rappresentazioni si tengono in occasione di diverse festività, come quelle di Lingka e Shoton. Lo spettacolo è di norma un dramma, dato su una scena spoglia, che combina danze, cantilene e canzoni. Per identificare un personaggio sono talvolta indossate maschere a vivaci colori, in cui il rosso simboleggia il re e il giallo indica divinità e lama. La rappresentazione inizia con una purificazione e con benedizioni officiate sulla scena. Dopo di che un narratore canta un sommario della vicenda e lo spettacolo comincia. Un'altra benedizione rituale è officiata alla fine del dramma.
Architettura
Il paesaggio del Ladakh è costellato di chörten e stupa.

L'architettura tibetana contiene influssi cinesi e indiani e riflette una profonda adesione al buddismo. La ruota buddista, in congiunzione con due draghi, si vede in quasi ogni Gompa del Tibet. La struttura degli Stupa tibetani può variare, dalle pareti arrotondate del Kham alle quattro squadrate del Ladakh.

La più singolare caratteristica di questa architettura è che molti dei monasteri e delle case sono costruiti in luoghi elevati e soleggiati. Essi sono spesso realizzati con un misto di pietre, legno, cemento e terra. Per il riscaldamento e l'illuminazione si dispone di poco combustibile, per cui si adottano tetti piatti per conservare il calore e finestre multiple per far entrare il sole. Le pareti sono di norma inclinate di 10 gradi verso l'interno come precauzione contro i frequenti terremoti nella zona montagnosa.

Strutturato com'è in 117 metri di altezza e 360 di ampiezza, il Palazzo del Potala è considerato il più importante esempio di questa architettura. Già residenza del Dalai Lama, è composto di oltre mille stanze disposte su tredici piani e ospita innumerevoli raffigurazioni dei passati Dalai Lama e statue del Buddha. Si divide in Palazzo Bianco (esterno), dove risiedono gli uffici amministrativi, e Quartieri Rossi (interni), che ospitano la sala dell'assemblea dei lama, cappelle, 10.000 reliquiari e una vasta biblioteca di scritture buddiste.
Medicina
Le pratiche descritte non sono accettate dalla medicina, non sono state sottoposte a verifiche sperimentali condotte con metodo scientifico o non le hanno superate. Potrebbero pertanto essere inefficaci o dannose per la salute. Le informazioni hanno solo fine illustrativo. Wikipedia non dà consigli medici: leggi le avvertenze.

La medicina tibetana è una delle più vecchie del mondo. Utilizza fino a 2.000 tipi di piante, a 40 specie animali e a 50 minerali. Una delle figure chiave della sua evoluzione è stato il rinomato medico dell'VIII secolo Yutok Yonten Gonpo, che produsse i Quattro Tantra Medici integrandovi materiale tratto dalle tradizioni mediche di Persia, India e Cina. Questi tantra sono costituiti da un totale di 156 capitoli in forma di thangka, che parlano della medicina tibetana arcaica e degli aspetti essenziali delle medicine di altri luoghi.

Il 13º discendente di Yutok Yonten Gonpo, Yuthok Sarma Yonten Gonpo (considerato il secondo dio della medicina), consolidò ulteriormente la tradizione con una serie di viaggi di studio in India, completando i Quattro Tantra Medici e compilando altre diciotto opere mediche.
Cicli di vita

I tibetani credono con forza nella reincarnazione, con la connessa idea buddista del Bardo nel periodo post-mortem. Nel momento della nascita e della morte vengono officiate specifiche cerimonie religiose, molte delle quali derivano da riti dell'antica religione Bön, anche se nel tempo esse si sono modificate per accogliere pratiche più specificamente buddiste.

Durante la cerimonia relativa alla nascita, o Pangsai, i parenti si riuniscono per festeggiare e celebrare riti. A genitori e nuovo nato vengono offerti regali in forma di cibo, indumenti e sciarpe votive bianche (khada). Per i visitatori può anche essere preparato un convito a base di frittelle. È costume usuale che sia presente anche un lama di alto rango per dare un nome al bambino.

Alla morte, ai tibetani viene impartito il “funerale del cielo” o la cremazione; il funerale del cielo è un rito non usato in tutto il Tibet che si ritiene porti al sicuro in paradiso lo spirito del defunto. Prima di questo funerale il cadavere è avvolto in un telo bianco e tenuto in casa per diversi giorni mentre i lama cantano sutra onde alleviare le pene per i peccati commessi in vita dal defunto. Un vaso rosso contenente farina di tsampa (orzo abbrustolito) mista a sangue e altre sostanze commestibili viene ornato con una khada bianca e appeso alla porta di casa. Al lutto partecipano anche gli amici del defunto, che portano brocche di vino il giorno prima dell'asportazione del cadavere.

Il giorno del funerale arriva in casa uno smembratore che trasporta il cadavere al luogo sacro destinato ai funerali, immediatamente seguito dagli amici e da un lama. Lo smembratore fa a pezzi il cadavere e poi chiama gli avvoltoi perché lo divorino. Le ossa vengono abbandonate lì, a cielo aperto.

I tibetani credono che gli avvoltoi abbiano il potere di portare in paradiso lo spirito del defunto. Nel caso che essi non mangino il cadavere, o ne divorino soltanto una parte, si ritiene che il morto abbia commesso peccati gravi e che di conseguenza sia condannato alla permanenza in uno degli inferni buddisti. Se invece gli avvoltoi divorano ogni parte del corpo o almeno la maggior parte di esso, l'anima procede verso una rinascita più pura. Le convinzioni circa il fatto che l'anima proceda verso il Nirvana differiscono a seconda delle diverse zone e delle scuole buddiste locali.

Data la scarsità di legname, la cremazione è invece riservata alle personalità importanti come i grandi lama buddhisti dei quali vengono raccolte le reliquie.
Abbigliamento

Gli uomini tibetani portano per lo più i capelli lunghi, anche se di recente alcuni se li tagliano. Le donne li acconciano in due trecce, le ragazze in una sola. Gli uomini che portano i capelli lunghi li raccolgono in una crocchia sopra la testa, spesso avvolta in un panno rosso che funge da turbante.

A causa del clima freddo del Tibet, le donne indossano gonne e giacche di seta o stoffa. Gli uomini portano pantaloni lunghi e sciolti, accompagnati da un'altrettanto sciolta tunica, a volte priva di maniche, con una sorta di bretella in alto legata sulla destra, e stivali di lana o cuoio. Una o entrambe le maniche del cappotto vengono di norma lasciate libere e legate in vita. I pastori indossano a volte un indumento di vello di pecora invece della giacca. In aggiunta gli uomini portano ampie fasce in vita, e le donne grembiuli dai colori vivaci.
Usi
Solitamente i Tibetani salutano amici o parenti con la formula "Tashi Delek", togliendosi il cappello e inchinandosi cortesemente. Inoltre, quando salutano una persona anziana o di riguardo, abbassano il cappello fino a terra in segno di rispetto.
In una voce dell'Enciclopedia Britannica edizione 1911 si legge: “tra gli usi dei tibetani, quello forse più particolare è la poliandria, situazione in cui i fratelli di una famiglia condividono una sola moglie, essenzialmente al fine di evitare la suddivisione della proprietà”.
"La monogamia", continua la voce, "sembra però essere la norma tra le tribù di pastori...."
È praticata anche la poligamia, principalmente dai Tibetani del Kham. I matrimoni con cinesi Han non mancano ma sono rari: i tibetani nutrono infatti sentimenti negativi nei confronti di questa etnia a causa delle tensioni provocate dalla sua dominazione nel loro paese.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Tibetani

 
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Torgud



I Torgud (mongolo: Торгууд) o Torgut sono una delle quattro maggiori tribù degli oirati. Assieme alle altre tre tribù: ôôld (o coros), dôrvôd e hošuud, formavano "i quattro alleati" (Дөрвөн Ойрд, Dôrvôn Ojrd). La loro dinastia dominante risale alle guardie del corpo (kèšik, кэшик) di Tooril khan (~1130-1203, conosciuto anche come Ong khan e Wang khan) capo delle tribù dei kėrėjd. I torgud potrebbero essere stati i kèšik dei Khagan prima di Hubilaj haan. Ad esempio, il famoso braccio destro di Gengis Khan, Subotai, era un kèšik torgud.

Storia

Il clan torgud appare all'inizio come una tribù ojrad a metà del XVI secolo. Dopo la caduta dell'alleanza dei quattro oirati, un gruppo di torgud, sotto Kho Orljuk (Хо Орлюк), si stacca dagli altri oirati e si muove verso il Volga, a ovest, nel 1630, costituendo il nucleo dei calmucchi. Alcuni nobili torgud seguirono Tôrbajh Gùùš khan (Төрбайх Гүүш хаан) fino nella zona del lago Kukunor (Koke nuur) unendosi agli hošuud e diventando parte del "Khanato Hošuud del Cajdam[1] e Koke nuur" (detti anche "mongoli superiori", Дээд Монгол).

Nel 1698, 500 torgud andarono in pellegrinaggio nel Tibet ma non furono in grado di tornare indietro, perciò furono sistemati a Ejen dall'imperatore Kangxi della dinastia Qing. Nel 1699, 15.000 famiglie torgud ritornarono dal Volga alla Zungaria dove si unirono agli hojd. Dopo la caduta degli zungari (1755), uno dei loro prìncipi, Taiji Shyiren, fuggì verso la regione del Volga con 10.000 famiglie nel 1758.

A causa delle dure pressioni del governatore russo, la maggioranza dei torgud migrò nuovamente verso la Zungaria e la Mongolia occidentale, partendo in massa il 5 gennaio 1771. Mentre gli appartenenti alla prima fase della migrazione divennero i "vecchi torgud", i Qing chiamarono gli immigrati successivi "nuovi torgud". Secondo una stima erano dai 150.000 ai 400.000 individui, con circa 6 milioni di capi di bestiame (bovini, pecore, cavalli, cammelli e cani)[2]. Colpiti da scorrerie, dalla fame e dalla sete, solo circa 85.000 sopravvissero e raggiunsero la Zungaria, dove si insediarono vicino al fiume Hei[3] con il permesso dell'imperatore manciù[2]. Comunque un gruppo di circa 70.000 torgud restò indietro, in Russia, poiché (secondo una leggenda) il Volga non era ghiacciato e non poterono attraversarlo per raggiungere i loro compagni[2]. Tale gruppo era conosciuto come i kalmyki (che significa "quelli rimasti")[2], benché il termine sia forse precedente agli eventi; i musulmani, ad esempio, chiamavano gli oirati "qalmyc" in precedenza. In ogni caso il loro numero nel 1930 sarebbe raddoppiato[2].

Gli arcieri torgud-kalmyk sotto il comando del famoso generale Michail Kutuzov si scontrarono con l'armata francese di Napoleone nel 1812[4]. Nel 1906, i mancesi collocarono i "nuovi torgud" della Mongolia occidentale nell'area dei monti Altaj. Un principe dei nuovi torgud si oppose all'indipendenza mongola e fuggì nello Xinjiang nel 1911-12, gli altri furono reincorporati nell'antica regione di Hovd.
Popolazione
I discendenti dei torgud ammontano a più di 150.000 nello Xinjiang, in Cina e a più di 10.000 nella provincia di Hovd, in Mongolia. Ci sono circa 170.000 kalmyki in Russia.





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Tu (popolo)


I Tu (土) sono un gruppo etnico facente parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese. Molti Tu vivono nella provincia di Qinghai, altri in quella di Gansu.

Chiamano loro stessi Mongour (pronunciato anche Monguor) o Tsagaan mongghol, che letteralmente significa "mongoli bianchi", e sono strettamente correlati ai mongoli. Sono classificati come minoranza etnica in Cina perché si sono mescolati in passato con i popoli tibetani e turchi.

Lingua

La lingua Tu è stata recentemente suddivisa in due distinti linguaggi, il Mongghul (una volta riconosciuto anche come un dialetto Huzhu) e il Mangghuer (formalmente riconosciuto come dialetto Minhe). Essa fa parte del ceppo linguistico mongolo. In anni recenti è stato creato un alfabeto basato sul Pinyin per entrambi i linguaggi.

Inoltre, alcuni Tu parlano il Wutunhua, una lingua mista basata sul cinese, sulla lingua tibetana e sulla lingua mongola.
Personaggi
Il 14º Dalai Lama, Tenzin Gyatso, è un Tu.





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Tujia


I Tujia (nome proprio: Bizika) (土家族) sono un'etnia che fa parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese. Vivono nei Monti Wuling, nelle province cinesi di Hunan e Hubei e si attestano sugli 8 milioni di individui.

Storia

Ci sono differenti teorie sulle origini dei Tujia, sebbene la loro storia possa essere fatta risalire al popolo Ba che occupò la zona dell'odierna provincia di Chongqing circa 2.500 anni fa. Nel corso dei secoli essi sono poi venuti in contatto con il popolo Han, ma è solo dopo che la dinastia Qing impose loro il proprio dominio, nel 1730 circa, che cominciò il declino dei Tujia a livello culturale.
Cultura

Oggi, i tradizionali costumi Tujia possono essere trovati solo in aree remote.

I Tujia sono conosciuti per la loro abilità nel canto e per le loro danze, tra cui spicca la Baishou (摆手舞), una danza collettiva vecchia di cinque secoli che fa uso di 70 diversi gesti rituali rappresentanti la guerra, l'agricoltura, la caccia, ed altri aspetti tradizionali. Sono anche famosi per i loro vasi, riccamente decorati e modellati, che sono serviti, nei secoli scorsi, come merce di tributo per le dinastie cinesi.
Lingua

Oggi vi sono circa 70.000 persone che parlano ancora la lingua tujia, molti dei quali vivono nella Prefettura autonoma tujia e miao di Xiangxi, nel nord-ovest della provincia di Hunan. La lingua tujia fa parte del gruppo delle lingue sinotibetane: molti linguisti la considerano come una lingua isolata dal ceppo principale.

La grande maggioranza dei Tujia usa il cinese; altri parlano la Lingua hmong. Sono rimasti solo pochi Tujia monolingui; il resto è bilingue, con il cinese come seconda lingua. Comunque, i bambini Tujia oggi imparano a parlare un fluente cinese sin dall'infanzia e molti giovani preferiscono il cinese quando comunicano tra di loro. È stato stimato che la lingua tujia sarà estinta nel giro di cento anni. A dimostrazione di ciò, il fatto che, tra coloro che parlano ancora la lingua tujia, spesso è usuale trovare espressioni e strutture sintattiche tipiche del cinese.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Tujia

 
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Tusi


Tusi (zh. 土司S, TǔsīP; lingua tibetana ཐོའུ་སི; lingua vietnamita 土司, Thổ ty; lingua mancese ᠠᡳᠮᠠᠨ ᡳ ᡥᠠᡶᠠᠨ, aiman i hafan), spesso tradotti come "capi locali" o "capi tribù", erano despoti tribali ereditari riconosciuti come funzionari imperiali dalle dinastie Yuan, Ming e Qing della Cina imperiale e dalle dinastie Lê posteriore e Nguyễn del Vietnam.[1] Governavano alcune minoranze etniche nella Cina centrale, nella Cina occidentale, nella Cina sudoccidentale e nell'Indocina per conto del governo centrale.

Poiché la successione alla carica dei Tusi era ereditaria, questi regimi formarono di fatto numerose piccole dinastie autonome sotto la sovranità della corte centrale. Questa disposizione è nota come "Sistema Tusi" o 土司制度S, Tǔsī ZhìdùP, lett. "Sistema dei capi nativi" e non dev'essere confuso con il Sistema tributario cinese (zh. 中華朝貢體系T, 中华朝贡体系S, Zhōnghuá cháogòng tǐxìP) né con il Sistema Jimi (zh. 羈縻制S o 羈縻府州S) dal quale oggettivamente derivò.

I domini Tusi si trovavano principalmente nello Yunnan, nel Guizhou, in Tibet, nel Sichuan, a Chongqing, nella Prefettura autonoma tujia e miao di Xiangxi (Hunan) e nella Prefettura autonoma tujia e miao di Enshi (Hubei). Le entità Tusi furono stabilite anche nelle dipendenze storiche e nelle regioni di frontiera della Cina in quella che oggi è la Birmania settentrionale,[2] nel Laos,[3][4] e nella Thailandia settentrionale.[5]

Nel 2015, l'UNESCO ha designato tre castelli Tusi (Laosicheng, Tangya e Hailongtun) parte degli "Insediamenti Tusi", Patrimonio dell'Umanità in Cina.[6] È stato descritto in almeno un'occasione come una condivisione di somiglianze con «il riconoscimento da parte del governo federale degli Stati Uniti di alcune tribù di nativi americani come in qualche modo entità sovrane.»[7]

Dinastia Yuan (1271-1368)
Il Tempio dell'Ammirazione Divina a Dali (città dello Yunnan)
La conquista del Regno di Dali costrinse i mongoli di Kublai Khan a creare il 土司制度S, Tǔsī ZhìdùP, lett. "Sistema dei capi nativi".
Lo stesso argomento in dettaglio: Conquista mongola dello Yunnan.

Il sistema tusi fu ispirato dal Sistema Jimi (zh. 羈縻制S o 羈縻府州S) implementato nelle regioni cinesi caratterizzate dalla presenza di minoranze etniche al tempo della dinastia Tang (618-907).[8] Fu creato dalla dinastia Yuan (1271-1368)[9] ed utilizzato come istituzione per amministrare territori di nuova acquisizione. "Palestra" del sistema fu lo Yunnan. Nel 1253, Kublai Khan, poi primo imperatore di Yuan, aveva conquistato il regno di Dali, un regno indipendente rispetto all'Impero cinese occupante buona parte dello Yunnan attuale, e l'aveva annesso all'Impero mongolo allora retto da Khaghan Munke, suo fratello maggiore.[10] Conquistata Dalì, i mongoli avevano però pacificato lo Yunnan solo nel 1257, domando le varie etnie semi-indipendenti che creavano una costellazione di potentati intorno al regno appena sottomesso. Nel 1271, Kublai aveva annesso lo Yunnan ai domini del suo Gran Khanato dopo la dissoluzione dell'Impero mongolo e nel 1273 vi aveva installato quale governatore il capace turkmeno Sayyid Ajjal Shams al-Din Omar, da alcuni storici accreditato come l'ideatore del Tǔsī Zhìdù.[11]

I membri dell'ex-clan imperiale Duan del regno di Dalì furono nominati governatori generali con autorità nominale usando il titolo di 大理總管S, Dàlǐ ZǒngguǎnP, lett. "Amministratore capo di Dalì" e i capi locali (es. i saopha a capo delle città-stato dei tai, le mueang) furono cooptati con una varietà di titoli come amministratori della regione.[12] Duan Xingzhi, l'ultimo sovrano di Dalì, fu pertanto nominato primo sovrano locale e accettò l'insediamento di un Commissario per la Pacificazione.[13] Duan Xingzhi offrì ai mongoli mappe dello Yunnan oltre a guidare un considerevole esercito di connazionali quali esploratori per le truppe mongole nel loro attacco ai danni della dinastia Song (960-1279), asserragliatasi nella Cina meridionale ed ultimo ostacolo alla definitiva conquista della Cina da parte di mongoli (v.si Conquista mongola della Cina).

Sotto la dinastia Yuan, i funzionari indigeni, o tusi, divennero così la controparte d'un sistema clientelare in cui il "patrono", gli imperatori Yuan, esercitava il controllo giurisdizionale sul cliente ma non sul suo territorio.

I capi tusi e i capi tribù locali e/o i regni nello Yunnan, tanto quanto nel Guizhou e nel Sichuan si sottomisero al dominio Yuan e furono autorizzati a mantenere i loro titoli: es. la famiglia di etnia Han (cinese) degli Yang che governava il Dominio di Bozhou, già riconosciuta dalle dinastie Tang e Song, ricevette così anche il riconoscimento dagli Yuan e dai Ming (1368-1644); il clan Luo di Shuixi guidato da Ahua fu similmente riconosciuto dagli Yuan come già Pugui era stato riconosciuto dai Song e Apei dai Tang, tutti discendenti di re Huoji che al tempo del Regno di Shu (221-264) aiutò Zhuge Liang contro Meng Huo, e lo stesso fecero i Ming.[14][15]
Dinastia Ming (1368-1644)
L'imperatore Hongwu di Ming, grandi riformatore del Sistema Tusi.

Nel 1364, il ribelle Zhu Yuanzhang, impegnato a scacciare gli Yuan dalla Cina (v.si Rivolta dei Turbanti Rossi, 1351-1368), conquistò Huguang ma piuttosto che costruirvi un proprio sistema burocratico scelse di mantenere il sistema di capo tribù nativo implementato dagli Yuan. Riconfermò molti tusi agli stessi incarichi che avevano durante la dinastia Yuan. Dopo aver riunificato la Cina sotto la dinastia Ming ed esserne divenuto imperatore con il nome di Hongwu, Zhu adottò questa pratica in tutta la zona di confine meridionale dell'Impero.[16]
Lo stesso argomento in dettaglio: Conquista Ming dello Yunnan.

Nel 1381, Hongwu inviò una forza contro l'ultimo residuo delle forze della dinastia Yuan, guidate dal principe di Liang, Basalawari, che si suicidò. Duan Gong, un successore di Duan Xingzhi, divenne così l'ultimo rappresentante delle superstiti forze Yuan nello Yunnan. Rifiutò d'arrendersi e tentò di far riconoscere ai Ming l'ex-regno di Dalì come stato tributario. Quando fu sconfitto in battaglia, i suoi congiunti superstiti furono fatti prigionieri e scortati nella capitale ove fu assegnato loro un ufficio insignificante. Da quel momento in poi, «i capi permanenti furono sostituiti da funzionari trasferibili» formalmente nominati dalla corte Ming.[17] La rimozione dai Duan fu un passaggio epocale, perché marcò il passo della sostituzione, lenta ma inesorabile, dei capi locali con i funzionari statali.[18] Nei fatti, però, tale passaggio avrebbe richiesto secoli: non a caso, Mu Ying, uno dei tre generali che aveva garantito ai Ming la sottomissione dello Yunnan fu installato quale governatore di Dalì e la sua famiglia, i Mu, mantenne quel ruolo per tutta la durata della dinastia.[19]
Lo stesso argomento in dettaglio: Yunnan durante la dinastia Ming e Tibet durante la dinastia Ming.

Nel corso dei suoi 276 anni di storia, la dinastia Ming ha conferito un totale di 1608 titoli tusi, 960 dei quali erano di grado militare e 648 di grado civile (v.si seguito),[20] la maggior parte dei quali nello Yunnan, nel Guizhou e nel Sichuan. Altri titoli tusi vennero riconosciuti in Tibet e nel Qinghai.

I tusi erano obbligati a fornire truppe, sopprimere le ribellioni e rendere omaggio a Pechino ogni anno, biennio o triennio a seconda della distanza della loro residenza dalla capitale.[21] Il posto di tusi era ereditario,[22] in forte contrasto con il sistema degli Esami imperiali (zh. 科舉T, 科举S, kējǔP) adottato nell'entroterra cinese, ma la successione, la promozione e la retrocessione erano tutte controllate dall'amministrazione Ming (come già precedentemente fatto dagli Yuan)[22] che richiedeva a ciascun tusi di utilizzare un sigillo e una carta ufficiale.[23] Per stabilire legittime successioni, ai tusi fu ordinato di elencare i loro figli e nipoti nel 1436, di rifare l'elenco in quadruplicato nel 1441 e di rinnovarlo triennalmente nel 1441 e di nuovo nel 1485. La dinastia Ming assunse anche reggenze di bambini di età inferiore ai 15 anni nel 1489.[24]

I capi Tusi a volte potevano essere donne secondo le usanze locali e avevano piena autorità sui membri della propria tribù.[N 1] Le aree d'amministrazione tusi tendevano a esplodere in violenze o disordini a intermittenza e provocavano invariabilmente l'intervento militare cinese. Tuttavia, gli incidenti erano generalmente attribuiti a provocazioni da parte di coloni cinesi o funzionari corrotti e non per colpa delle tribù stesse.[10]

Il Tǔsī Zhìdù era una cooperazione reciprocamente vantaggiosa tra il governo centrale e i capi nativi. Per molto tempo dopo la sua instaurazione, i governanti sapevano che il governo centrale poteva utilizzare solo una quantità limitata di risorse. Avere un gran numero di eserciti di stanza nel confine meridionale, un'area con un ambiente naturale aspro e un gran numero di persone non Han, era troppo costoso per i governanti Ming. Così, decisero di trasferire parte del potere di governo a quei capi locali in cambio della loro difesa della zona di confine.[25]
Gaitù Guiliu (XVII-XIX secolo)
L'imperatore Yongzheng di Qing, grande riduttore del Sistema Tusi.

Al volgere dell'epoca Ming, l'autorità giurisdizionale dei tusi iniziò a essere sostituita con l'autorità territoriale statale quando le terre che essi governavano iniziarono ad essere sufficientemente popolate da coloni Han spinti dai Ming nelle regioni periferiche. I tusi funsero in pratica da "governatori tappabuchi" fino a quando l'accresciuto numero di coloni cinesi nel territorio garantì il punto di svolta per la trasformazione in prefettura o contea ufficiali annesse al sistema burocratico centrale cinese del territorio in questione. Questo processo prese il nome di "Gaitu guiliu" (改土歸流T, 改土归流S, lett. "trasformare il governo indigeno in amministrazione regolare")[10][26] e, in sintesi, si costituì nella sostituzione dei tusi con funzionari nominati dallo stato, il passaggio cioè dalla sovranità giurisdizionale alla sovranità territoriale e l'inizio dell'imperio formale piuttosto che informale.[27] Avviato dai Ming, il Gaitu guiliu fu ultimato dalla successiva Dinastia Qing (1636-1912).

«Basandosi sul precedente Yuan,[N 2] i Ming iniziarono la colonizzazione del sud-ovest nel 1370 e, sebbene la loro forza militare aumentasse e diminuisse, furono in grado di eliminare i più grandi regni autonomi nel sud-ovest nei primi decenni del XVII secolo. Al tempo della transizione Ming-Qing, ciò che rimaneva nel sud-ovest erano solo pochi piccoli stati autonomi e la Ribellione dei Tre Feudatari (Sanfan zhi luan) del 1673-1681 fece molto per cancellarli dal paesaggio. In breve, la nomina da parte dell'imperatore Yongzheng del suo fidato funzionario manciù Ortai (1680-1745) e la campagna aggressiva contro gli uffici tusi che essi iniziarono negli anni 1720 nel sud-ovest dovrebbero essere visti come il punto finale, non l'inizio, della colonizzazione cinese del sud-ovest.»

(Herman 2007, p. 12.)

Le motivazioni alla base del processo d'eliminazione dei tusi vanno ricercato nella proliferazione del loro fenomeno: nel solo Guizhou, i tusi s'erano moltiplicati entro il 1413;[10] sotto i Ming, c'erano 179 tusi e 255 tuguan nello Yunnan;[28] ecc. Con i titoli ereditari e la possibilità di revocarli solo quale punizione per gravi crimini[29] era chiaro che l'auspicata sostituzione dei tusi con funzionari governativi stava andando troppo per le lunghe.

I tusi furono notevolmente ridotti solo a partire dal periodo noto come "Transizione tra Ming e Qing" (1618-1683) e successivamente per opera della nuova dinastia regnante a Pechino, i Qing.
Anzitutto, i Qing assottigliarono i criteri per l'approvazione dell'ereditarietà del titolo di tusi, per es. imponendo che l'erede designato avesse superato gli esami imperiali.[30] Al tempo dell'imperatore Yongzheng di Qing (r. 1723-1735), erano rimasti circa 41 tusi nello Yunnan, tra cui Cheli, Gengma, Longchuan, Ganya (attuale Yingjiang), Nandian, Menglian, Zhefang, Zhanda, Lujiang, Mangshi, Mengmao (attuale Ruili), Nalou, Kuirong, Shierguan, Menghua, Jingdong, Mengding, Yongning, Fuzhou, Wandian, Zhenkang e Beishengzhou.[31] Nel solo Guangxi, Yongzheng, un governante misantropo e dispotico ma efficiente e vigoroso, intraprese una campagna per riformare il gruppo etnico Zhuang in seguito alla quale 87 tusi su 128 furono sostituiti da funzionari.[32] Fondamentale in questo senso fu l'operato del mandarino di origine mancese Ortai (1677-1745), fedelissimo di Yongzheng, nominato nel 1723 (insediato 1726) Viceré di Yun-Gui, territorio che comprendeva le provincie di Yunnan e Guizhou.[33][34][35]

«Anche se la maggior parte dei capi indigeni fu abolita, il che fu una grande vittoria dell'autorità centrale sul potere locale, si dovrebbe tenere presente che l'influenza e il prestigio dei capi indigeni persistettero per un bel po' di tempo. Questa sorta di potere informale e prestigio culturale tra i popoli etnici si estinse molto lentamente. I capi indigeni dominavano ancora la vita quotidiana nei villaggi etnici, nei clan e nelle tribù.»

(Yang 2008, cap. 4 § 106.)

La definitiva sostituzione dei tusi con funzionari statali non sarebbe stata però terminata che nel Novecento.
Abolizione del sistema (XX secolo)

All'inizio del XX secolo, erano rimasti 8 tusi, tutti nell'attuale contea di Daxin. Nel 1928, Xincheng, l'ultimo regime tusi del Guangxi, fu convertito in una contea, ponendo fine al processo innescato dal Gaitu guiliu dei Ming.[32] Il 23 gennaio 1953, la Repubblica popolare cinese istituì la Prefettura autonoma dai di Xishuangbanna nello Yunnan e pose fine all'ultimo sistema Tusi rimasto, quello di Sipsongpanna.
Il Sistema Tusi
Tusi civili, Tusi militari e Tusi religiosi
Il tusi di Gautsa - fotografia del 1938.

I tusi erano classificati dai Ming in ranghi civili e militari, rispettivamente tenuti sotto la supervisione del Ministero del personale (zh. 吏部S, LìbùP) e del Ministero della guerra (zh. 兵部S, BīngbùP) dei Ming. Ai tusi civili, il cui effettivo nome era tuguan e non tusi,[36] furono dati i titoli di Tu Zhifu ("prefettura nativa"), Tu Zhizhou ("dipartimento nativo") e Tu Zhixian ("contea nativa") in base alle dimensioni e alla popolazione dei loro domini. Nominalmente, avevano lo stesso rango delle loro controparti nel sistema di amministrazione regolare. Il governo centrale diede maggiore autonomia ai tusi militari, i tusi propriamente detti, che controllavano aree con meno popolazione Han e infrastrutture sottosviluppate. Questi ultimi prometteva lealtà all'imperatore Ming ma avevano un potere quasi illimitato all'interno dei loro domini.[37]

Tutti i capi indigeni erano nominalmente subordinati ai Commissari per la pacificazione (Xuanfushi, Xuanweishi, Anfushi) che erano a loro volta dei capi indigeni titolati dalla corte Ming. Per controllarne il potere, erano posti sotto la supervisione del Ministero della Guerra.[38]

Come anticipato, i Ming conferirono un totale di 1608 titoli tusi, 960 dei quali erano di grado militare e 648 di grado civile,[20] la maggior parte dei quali nello Yunnan, nel Guizhou e nel Sichuan. In Tibet, nel Qinghai e nel Sichuan, la corte Ming a volte conferiva ai capi sia titoli tusi sia titoli religiosi. Di conseguenza, quei tusi avevano una doppia identità, svolgendo il duplice ruolo di capi politici e religiosi all'interno dei loro domini: es. durante il regno di Yongle (1402-1421), il capo del monastero Jinchuan aiutò l'esercito Ming in una battaglia contro i mongoli e fu pertanto ricompensato con il titolo di 演化禅师S, Yanhua ChanshiP, lett. "Evoluto Maestro Chan" e il potere su 15 villaggi.[39]

Il dibattito sull'effettiva portata del sistema tusi nel Tibet, tanto quanto la più generale analisi della penetrazione Ming in quella nazione, è però oggi ancora aperto: in Tibet più che altrove, il riconoscimento del potere dei capi locali da parte di Pechino sarebbe stato, per taluni storici, il riconoscimento d'uno status quo che la forma voleva rappresentare come propaggine dell'Impero celeste ma che, specialmente nelle contrade più occidentali del paese (es. Ü-Tsang e Ngari), celava una realtà del tutto indipendente,[40][41] motivata non ultimo dal fatto che mancò, in epoca Ming, una forza d'occupazione cinese stabilmente presente nel territorio,[42] come invece valeva nello Yunnan e nel Sichuan.
Potere e privilegi dei Tusi

Dopo che un capo era stato riconosciuto dal governo centrale come tusi, riceveva un brevetto di nomina, un sigillo ufficiale in bronzo, una cintura decorata d'oro e un abito formale come uniforme.[43] Come anticipato, il titolo di tusi era ereditario, poteva essere perso solo a seguito di gravi crimini (ribellione al potere centrale, guerra o saccheggio a discapito di altri tusi, ecc.)[29] e veniva tramandato ad un erede che, sin dai tempi degli Yuan, era definito in accordo con il potere centrale di Pechino.[22]
Pianta dello yamen di Shaoxing (Zhejiang), 1803.

L'intero clan di un tusi godeva di privilegi all'interno del dominio. Nella Cina Ming, il clan di un tusi era chiamato GuanzuP, lett. "Clan ufficiale"[44] e i suoi membri avevano ranghi sociali più elevati rispetto alla gente comune e agli schiavi. Solo i membri del clan ufficiale, i cinesi Han e i discendenti di ex-funzionari potevano ricevere istruzione e sostenere gli esami imperiali.[45][46]

Ogni tusi poteva costruire e rilevare un suo yamen (zh. 衙門T, 衙门S, yáménP, ya²-men²W), un quartier generale contenente infrastrutture, come l'aula del tribunale, l'altare sacrificale, la sala ancestrale, il granaio, gli uffici oltre agli alloggi della sua famiglia, alla stregua d'un qualsiasi altro burocrate o mandarino dell'Impero.[47]

La struttura del governo e il modo di giudicare variavano in ogni dominio in base alla consuetudine locale. Normalmente, non c'erano leggi statutarie nel dominio e la volontà dei tusi era legge.[48] Un tusi aveva tribunale e prigione nel suo yamen, come anticipato, e poteva pertanto imprigionare e/o comminare pene ai suoi sudditi nelle modalità e nei tempi che riteneva necessari: es. Li Depu, il tusi della sotto-prefettura di Anping nella provincia di Guangxi, punì brutalmente un servo della gleba che aveva indossato calze bianche perché secondo le sue regole sull'abbigliamento solo i membri dei clan ufficiali potevano farlo.[49] La gente comune governata dai tusi li chiamava non a caso Tu HuangdiP, lett. "imperatore locale"[50] e quest'analogia con l'imperatore Ming rifletteva in qualche modo il potere giudiziario quasi illimitato di cui il tusi godeva nel suo dominio.

Ai Tusi fu dato il potere di riscuotere le tasse nel loro dominio: es. per rituali o sacrifici religiosi stagionali, avevano il diritto di raccogliere riso e monete di rame da ogni famiglia. In quanto capo clan, ogni tusi aveva poi il diritto di disporre dei beni del clan.[51]

Oltre alle guardie del corpo, i tusi potevano mantenere un esercito privato, la cui dimensione dipendeva dalle risorse del loro dominio, per difendere meglio il confine e reprimere le ribellioni.
Responsabilità dei capi indigeni durante la dinastia Ming
Elefanti nella jungla dello Xishuangbanna (Yunnan).

I tusi erano considerati vassalli dell'imperatore Ming. Godevano di autonomia o semi-autonomia nei loro domini ma ci si aspettava che mantenessero l'ordine e difendessero le zone di confine per la dinastia. Quando la corte Ming voleva iniziare una campagna vicino ai loro domini, i capi dovevano guidare i loro eserciti privati e assistere l'esercito Ming nella battaglia: es. nella campagna contro Annam, la corte Ming reclutò un gran numero di soldati indigeni dalle province meridionali. I soldati forniti da tusi erano chiamati Fubing (徭役S, fu-pingW, lett. "soldato territoriale"),[52] la vecchia nomenclatura utilizzata ai tempi dei Tang per indicare le leve locali/agricole poi soppiantate nel X secolo dall'esercito professionista permanente.[53][54]

I tusi dovevano inoltre rendere omaggio alla corte Ming. I beni di tributo periodici inviati dai capi nativi comprendevano: animali (es. i pregiati cavalli da guerra dello Yunnan[55] o elefanti[N 3]) o loro pregiati prodotti (es. zanna d'elefante o corno di rinoceronte); erbe medicinali; incenso; utensili d'argento; minerali (es. stagno).[21][43]
Reddito di un tusi

I Tusi non ricevevano stipendio regolare dal governo ma potevano riscuotere le tasse dai loro sudditi che potevano essere pagate con messi, tessuti o denaro. Alcuni tusi richiedevano ai loro sudditi di pagare loro monete di rame e pollame come regali in alcuni eventi specifici del loro clan: es. ad Anping, nella provincia del Guangxi, ogni famiglia doveva donare 400 monete di rame durante i matrimoni e i funerali dei membri del Guanzu.[56]

I Tusi potevano essere ricompensati dal governo per la loro assistenza nelle battaglie ma ciò non avveniva regolarmente.[43]
Conflitti: tusi vs tusi e tusi vs ed autorità centrale

La grande autonomia operativa e militare dei tusi finì inevitabilmente per alimentare velleità secessionistiche in taluni principotti regnanti sulle terre di confine dei Ming, proprio nelle terre dello Yunnan ove il Sistema aveva avuto la sua origine.
La Guerra Ming–Mong Mao (1386–1388) fu combattuta tra il generale Mu Ying e il tusi semi-indipendente di Mong Mao, Si Lunfa, dell'attuale Tengchong, nello Yunnan sud-occidentale.[57] Un decennio dopo dopo (1397), i Ming dovettero intervenire nella disputa di successione di Mong Mao (v.si Intervento Ming-Mong Mao), mentre nel 1438 i Mong Mao si ribellarono nuovamente e il loro capo, Si Renfa, attaccò gli altri tusi lungo il confine dello Yunnan. Si Renfa fu sconfitto nel 1442 e catturato dal re di Ava che lo consegnò alla custodia dei Ming, dove morì nel 1446.[58]
Tra il 1528 ed il 1607, una faida tra tusi nel dominio di Wuding degenerò in una ribellione che valicò i confini dello Yunnan arrivando sin nel Sichuan. I Ming intervennero a sedare la rivolta ed abolirono le posizioni dei tusi coinvolti.[59]
Poco più d'un decennio dopo, l'intero popolo Yi dello Yunnan, sotto la guida dei relativi tusi, istigò la celebre Rivolta di She-An (1621-1629) che infiammò il Sichuan ed il Guizhou, costando un tributo astronomico alle risorse Ming prima d'essere domata.[60]

Parimenti, pur istituiti per controllare le terre di confine ed evitare minacce militari per il potere centrale, i tusi non furono sempre in grado di onorare tale missione. Sempre alla fine del 1300 infatti, poco dopo la prima guerra Ming-Mong Mao, il Đại Việt (Vietnam del Nord) attaccò i tusi al confine con il Guangxi. Questo, insieme al rovesciamento della dinastia Trần da parte della dinastia Hồ, portò alla Quarta dominazione cinese del Vietnam (1407-1427).[61]
Titoli dei capotribù nativi

Il sistema Tusi s'interconnesse con il 九品S, Jiu PinP, lett. "Nove Gradi", un sistema di gradazioni utilizzato dai regimi dal post-Han al Qing in base al quale tutti i burocrati erano suddivisi in nove categorie: alto-alto, alto-medio, alto-basso, medio-alto, medio-medio, medio-basso, basso-alto, medio-basso e inferiore-inferiore. Ad ogni categoria era assegnato un grado numerato da 1 a 9. Il rango 1 era il più alto e il rango 9 il più basso. Ogni rango era diviso in due gradi: superiore (正S) e inferiore (從S).[62]

Il governo centrale ha dato titoli diversi ai capi nativi e questi titoli avevano diversi corrispettivi nel Jiu Pin:

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Elenco dei tusi
Tusi della provincia di Chongqing

Dominio di Shizhu (zh. 石砫土司S), governava la Contea autonoma tujia di Shizhu, terminò nel 1761 quando l'ultimo tusi divenne magistrato locale.

Tusi della provincia del Guangxi

Dominio di Yongshun ( zh. 永順土司S), governava il Distretto di Yizhou, abolito nel 1928 e unito al distretto di Yizhou.
Anping.
Xincheng.
Wancheng.

Tusi della provincia di Guizhou

Dominio di Bozhou ( zh. 播州土司S), governò Bozhou (l'odierna Zunyi), abolito dopo una fallita ribellione nel 1600.
Dominio di Shuidong ( zh. 水東土司S), governò Shuidong (l'attuale contea di Sinan), abolito dopo una fallita ribellione nel 1630.
Dominio di Shuixi ( zh. 水西土司S), governò Shuixi (l'attuale contea di Dafang), abolito nel 1698.
Dominio di Sinan ( zh. 思南土司S), governò Sinan, abolito nel 1414.
Dominio di Sizhou ( zh. 思州土司S), governò Sizhou (l'attuale contea di Cengong), abolito nel 1414.

Tusi della provincia del Sichuan

Dominio di Canbolang (zh. 參卜郎千戶所S), governò la Contea di Litang.
Dominio di Dongbohanhu (zh. 董卜韓胡宣慰使司S), governò la Contea di Jinchuan.
Dominio di Leipo (zh. 雷坡長官司S), governò la Contea di Leibo.
Dominio di Manyi (zh. 蠻夷長官司S), governò su parte della Contea di Pingshan (Sichuan).
Dominio di Mo'erkan (zh. 磨兒勘招討司S), governò su parte dell'attuale Prefettura autonoma tibetana di Garzê e sulla Contea di Markam.
Dominio di Muchuan (zh. 沐川長官司S), governò su parte dell'attuale Contea di Pingshan (Sichuan).
Dominio di Nixi (zh. 泥溪長官司S), governò su parte dell'attuale Contea di Pingshan (Sichuan).
Dominio di Pingyi (zh. 平夷長官司S), governò su parte dell'attuale Contea di Pingshan (Sichuan) e sulla Contea di Suijiang.
Dominio di Yidu (zh. 夷都長官司S), governò su parte dell'attuale Contea di Pingshan (Sichuan).

Tusi della provincia dello Yunnan

Chiang Hung, governava Sipsong Panna (l'attuale Prefettura autonoma dai di Xishuangbanna).
Möng Mao/Muang Mao (zh. 勐卯S; my. မိုင်းမော; tai yai: မိူင်းမၢဝ်း; tai nuea: ᥛᥫᥒᥰ ᥛᥣᥝᥰ), ex Regno di Mao al confine tra Cina, Birmania e Assam indiano.
Kokang (zh. 果敢S, GuǒgǎnP, Kuo-kanW; my. ကိုးကန့်), al confine tra Cina e Birmania, fondato nel 1739 da Yang Shien-tsai.[70]
Dominio di Heqing (zh. 鶴慶土司S), governava la Contea di Heqing, discendenti di Gao Shengtai, divenne una magistratura locale nel 1683.
Dominio di Ganya (zh. 干崖土司S), governava la Contea di Yingjiang, abolita nel 1949.
Dominio di Gengma (zh. 耿馬司S), governava la Contea autonoma dai e va di Gengma, abolita nel 1950.
Dominio di Lijiang (zh. 麗江土司S), governò Lijiang.
Dominio di Luomeng (zh. 落蒙萬戶府S), governava la Contea autonoma yi di Shilin.
Meng Xon (ᥛᥫᥒᥰ ᥑᥩᥢᥴ) o Dominio di Mangshi (zh. 芒市土司S), governò Mangshi.
Dominio di Mengban (zh. 勐板土千總S), governò Mangshi.
Dominio di Menghai (zh. 勐海土司S), governava la Contea di Menghai.
Dominio di Menghan (zh. 勐罕土司S), governò Jinghong.
Dominio di Mengjiaodong (zh. 勐角董土司S), governò la Contea autonoma va di Cangyuan.
Dominio di Yao'an (zh. 姚安土司S), governava la Contea di Yao'an, discendenti di Gao Shengtai.
Dominio di Yongning (zh. 永寧土司S), governò Yongning, l'attuale Contea autonoma yi di Ninglang).
Dominio di Yongsheng (zh. 永勝土司S), governava la Contea di Yongsheng, anch'essi discendenti di Gao Shengtai.
Dominio di Zhefang (zh. 遮放土司S), governava Mangshi.

Tusi tibetani

Dominio di Chuchen, o Dominio del Grande Jinchuan (zh. 大金川土司S), governava l'attuale contea di Jinchuan, annessa dai Qing dopo le campagne Jinchuan (1747-1749 e 1771-1776).
Dominio di Tsanlha (bo. བཙན་ལྷ་རྒྱལ་པོ, btsan lha rgyal poW), anche Dominio del Basso Jinchuan (zh. 小金川土司S), governava l'attuale contea di Xiaojin, annessa dai Qing dopo le campagne Jinchuan.
Dominio di Bathang (bo. འབའ་ཐང་རྒྱལ་པོ, ʼbaʼ thang rgyal poW, zh. 巴塘土司S), governava l'attuale contea di Batang, partecipò alla rivolta tibetana del 1905 e fu annesso alla Cina l'anno seguente.
Dominio di Lithang (bo. ལི་ཐང་རྒྱལ་པོ, li thang rgyal poW, zh. 理塘土司S), governava l'attuale contea di Litang, partecipò alla rivolta tibetana del 1905 e fu annesso alla Cina l'anno seguente.
Dominio di Béri (bo. བེ་རི་རྒྱལ་པོ, be ri rgyal poW), anche Dominio di Baili (zh. 白利土司S), governava Béri, attuale contea di Garzê.
Regno di Chakla (bo. ལྕགས་ལ་རྒྱལ་པོ, lcags la rgyal poW), anche Dominio di Mingzheng (zh. 明正土司S), governava Dartsedo, attuale Kangding.
Regno di Derge (bo. སྡེ་དགེ་རྒྱལ་པོ, sde dge rgyal poW; zh. 德格土司S), governava la contea di Dêgê.
Dominio di Muli (bo. སྨི་ལི་རྒྱལ་པོ, smi li rgyal poW; zh. 木里土司S), governava l'attuale Contea autonoma tibetana di Muli.
Regno di Powo (bo. ཀཿགནམ་རྒྱ་པོ, ka: gnam rgyal poW; zh. 波密土王S), governava l'attuale contea di Bomê, annesso dal Tibet nel 1928. Discendenti di Drigum Tsenpo.
Dominio di Zhuoni (bo. ཅོ་ནེ་དཔོན་པོ, co ne dpon poW; zh. 卓尼土司S), governava l'attuale Prefettura autonoma tibetana di Gannan.
Dominio di Duogandan (zh. 朵甘丹招討司S), governava su parte dell'attuale Prefettura autonoma tibetana di Garzê e sulla Prefettura autonoma tibetana di Yushu.
Dominio di Duogancangtang (zh. 朵甘倉溏招討司S), governava sull'attuale Prefettura autonoma tibetana e Qiang di Aba.
Dominio di Duogan (zh. 朵甘宣慰使司S), governava su parte dell'attuale Prefettura autonoma tibetana di Garzê.
Dominio di Duoganchuan (zh. 朵甘川招討司S), governava su parte dell'attuale Prefettura autonoma tibetana di Garzê.
Dominio di Duogansi (zh. 朵甘思千戶所S), governava su parte dell'attuale Prefettura autonoma tibetana di Garzê.
Dominio di Duoganlongda (zh. 朵甘隴答招討司S), governava su parte dell'attuale Prefettura autonoma tibetana di Garzê e sulla Prefettura di Qamdo.
Regno di Lingtsang (bo. གླིང་ཚང, gling tshangW; zh. 林蔥土司S), governava su parte dell'attuale Prefettura autonoma tibetana di Garzê.
Dominio di Changhexi (zh. 長河西千戶所S), governava su parte dell'attuale Prefettura autonoma tibetana di Garzê.
Dominio di Longda (zh. 隴答衛指揮使司S), governava su parte dell'attuale Prefettura autonoma tibetana di Garzê.
Dominio di Nangqên (bo. ནང་ཆེན་རྒྱལ་པོ, nang chen rgyal poW; zh. 囊謙土司S), governava l'attuale contea di Nangqên.
Dominio di Dasima (zh. 答思麻萬戶府S), governava l'attuale Prefettura autonoma tibetana di Hainan.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Tusi

 
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Tuvani


I tuvani (o anche tuviniani; in lingua tuvana e in mongolo: Тывалар, Tyvalar) sono un gruppo etnico di origine turca della Russia e della Cina. Sono stanziati principalmente nella repubblica di Tuva, in Russia, e sono storicamente conosciuti come un gruppo degli urianhaj (mongolo Урианхай; tradotto in cinese con 烏梁海 Wūliánghǎi). I tuvani, come anche gli šori ed i sajani, sono noti per presentare frequentemente depigmentazione (capelli biondi), carattere probabilmente ereditato dagli antichi Ting-ling o dai chirghisi dello Enisej.

Storia

I tuvani sono quasi sempre stati, nel corso della loro storia, allevatori, in special modo di capre, pecore, cammelli, renne e yak. Tradizionalmente hanno sempre vissuto in iurta o čum che erano soliti spostare per pascolare le mandrie.
Una mappa che mostra l'estensione del Khaganato uiguro nell'820

I tuvani furono assoggettati all'impero uiguro fra i secoli VIII e IX. Gli uiguri stabilirono molte fortificazioni nel territorio di Tuva come segno della sottomissione tuvana (vi è oggi un progetto per restaurare una di queste antiche fortificazioni, Por-Bazhyn nei pressi del lago Tere-Khol, per trasformarla in un centro di ricreazione e turistico[2]). L'influenza dell'occupazione uigura è stata presente in Tuva fino alla fine del XIX secolo a causa dell'applicazione del nome Ondar Uyghur per i tuvani ondar che vivevano nei pressi del fiume Chemčik, nelle regioni a sud-ovest[3]. La dominazione uigura fu interrotta nell'840 dai kirghisi che sopraggiunsero dal lato nord del fiume Enisej. I chirghisi vi stabilirono un khanato che durò fino all'avvento dei mongoli nel XIII secolo.

Nel 1207 il principe oirato Kuduka-Beki guidò i distaccamenti di Djuci verso un affluente del fiume Kaa-Khem. Si unirono lì ai tuvani Kešdim, Bait e Telek e fu l'inizio del regno mongolo in terra tuvana. Uno dei più grandi generali di Gengis Khan, Subotai, probabilmente era un tuvano.

I tuvani furono dominati fino al XVII secolo dal capo mongolo-Khalka Sholoi Ubashi (khanato di Altyn-Khan), Fu in questo periodo, nel 1615, che i primi russi visitarono Tuva nel ruolo di emissari per il khanato di Altyn-Khan[4]. I documenti russi di questo periodo raccontano di differenti gruppi tribali che contribuirono alla formazione dei moderni tuvani. Tyumenets e Petrov descrivono i maad, stanziati nel bacino di Bii-Khem, a circa quattordici giorni di cavallo da Tomsk. I maad si spostarono attraverso l'area di Chemčik e Ulug-Khem fino ai territori dell'Altyn-Khan nei pressi del lago Uvs Nuur.

Lo Stato di Altyn-Khan scomparve a causa delle continue guerre tra gli oirati e gli halh di Jasaghtu Khan. I tuvani divennero parte dello Stato zungaro controllato dagli oirati. Gli zungari dominarono gli altopiani tra i monti Saiani e gli Altaj fino al 1755. Fu in questo periodo che molte tribù si sciolsero, migrarono o si unirono. Gruppi di telengit altaj si stanziarono nelle regioni occidentali di Tuva sui fiumi Chemčik e Barlyk e nella regione di Bai-Taiga.
Cina

In Cina i tuvani vivono principalmente nella Regione Autonoma dello Xinjiang e sono stati inseriti nell'etnia mongola[5].
Cultura
Religione
Sciamani tuvani.

La religione tradizionale dei tuvani è l'animismo (sciamanesimo), che è ancora ampiamente praticato insieme al buddhismo tibetano.
Musica
Gli strumenti a fiato tradizionali dei Tuvani.

La musica tradizionale tuvana è famosa in tutto il mondo grazie allo Khoomei, un insieme di tecniche di canto difonico con le quali i cantanti creano un bordone costante con la voce, mentre con gli armonici da esso generati formano delle melodie in scala pentatonica. Questo stile di canto si sviluppò dall'abitudine dei pastori di imitare il verso degli animali e della natura, al fine di armonizzarsi con essa attraverso il suono, in modo analogo al canto a tenore della Sardegna.

Gli strumenti musicali principali sono l'Igil, una viella a due corde intrecciate da crine di cavallo, il Doshpuluur, di fatto un banjo a tre corde, ed il kengirge, un grosso tamburo di pelle di capra, importato dai buddisti tibetani[6].





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Tuvani

 
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Uzbeki


Gli uzbeki[5] (o anche usbechi, uzbechi, uzbek; in usbeco O‘zbek al singolare, O‘zbeklar al plurale) sono un gruppo etnico di origine turca dell'Asia centrale. Vivono in Uzbekistan (dove sono il primo gruppo etnico) e nelle regioni adiacenti: Afghanistan, Tagikistan, Kirghizistan, Turkmenistan, Kazakistan, Russia e la provincia di Xinjiang in Cina. Altri piccoli gruppi di usbechi possono essere trovati in Iran, Turchia, Pakistan, Nord America ed Europa orientale.

Gli usbechi, inoltre, fanno parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare Cinese.

La popolazione totale di usbechi arriva a circa 30 milioni di individui.

Etimologia

L'origine del nome "uzbeco" non è chiara. Una delle ipotesi è che il nome derivi da Uzbek Khan, re del Khanato dell'Orda d'Oro, sebbene i nomadi usbechi non fossero mai stati completamente assoggettati a questo impero. Un'altra ipotesi sull'origine etimologica della parola si sofferma sul suo significato letterale: "indipendente" o "padrone", da O`z ("indipendente") e Bek ("signore"), come già attestato nelle iscrizioni dell'Orkhon, ma che qualcuno ipotizza possa derivare dall'iranico "Baga" (Dio)[6].
Storia
Danza Bacha di un ragazzo usbeco, a Samarcanda (tra il 1905 e il 1915).

Per cercare le radici del popolo usbeco si deve tornare indietro nel tempo di qualche millennio. Differenti tribù e gruppi etnici, che hanno abitato per secoli l'Asia centrale, hanno contribuito nel corso del tempo alla costituzione dell'odierno popolo usbeco. Molti degli antichi popoli che vivevano nell'Asia centrale erano di origine iranica, incluse le popolazioni semi-nomadi della Sogdiana, della Bactriana, del Fergana e dei Saci. Si crede che queste popolazioni siano poi state assorbite in più grandi gruppi etnici di origine turca, mentre i gruppi non assoggettati sono stati spinti a sud, nell'Iran e nell'Afghanistan.

Nei tempi antichi, varie tribù turche cominciarono a muoversi nell'area tra i fiumi Amu Darya (Oxus in greco) e Syr Darya (Jaxartes in greco). Alcune di queste includevano gli Unni che poi occuparono questa regione nel III secolo a.C., continuando a spingersi verso sud e verso ovest.

A seguito delle incursioni arabo-islamiche nella regione, l'Islam soppiantò il Buddhismo e le altre religioni dell'Asia centrale (come il Cristianesimo nestoriano o il Mazdeismo). Quello che cambiò radicalmente la demografia dell'Asia centrale fu l'invasione dei Mongoli guidati da Gengis Khan nel XIII secolo. Numerose popolazioni native furono cancellate dagli invasori e un processo di ripopolazione etnica delle regioni cominciò solo dopo un centinaio di anni. Durante questo periodo numerose tribù di origine turca cominciarono a migrare verso le regioni precedentemente occupate dalle tribù iraniane, spazzate via dai mongoli, mescolandosi con gli stessi mongoli e con le tribù rimanenti dell'Asia centro-meridionale (furono poi conosciuti in seguito come Turkestani).

L'identità dei moderni usbechi cominciò a prendere forma durante il regno di Tamerlano, un importante condottiero turco-mongolo che regnò su un vasto impero dalla sua capitale di Samarcanda. In seguito, tra il XV e il XVI secolo, varie tribù nomadi arrivarono dalle steppe, come i Kipciak, i Naimani, i Kangli, i Kungrat, i Mangiti ed altri gruppi guidati da Muhammad Shaybānī, il Khan (sovrano) degli usbechi. Questo periodo vide la nascita della moderna nazionalità usbeca e dello stesso nome, "usbeco". Il primo regno usbeco fu così potente da sovrastare molti degli imperi coevi, come quello dei Safavidi o quello dei Mughal, per il controllo di regioni quali il Khorasan e l'area dell'odierno Afghanistan.

Nel giro di poche generazioni dalla morte del Khan Shaybānī, lo stato usbeco si divise in tre grandi khanati: quello di Bukhara, di Khiva e di Kokand, che restarono in piedi fino al XIX secolo, cioè fino all'avvento dei russi. L'impero russo si infiltrò fino in Asia centrale e nel processo di unificazione furono annessi anche i khanati usbechi. Fino al 1924, la maggior parte dei gruppi di origine turca del Turkestan, che erano di discendenza abbastanza eterogenea, era conosciuta con il nome di Sarti dalle autorità coloniali, e solo quei gruppi di origine kipciaka stanziatisi in quelle regioni durante il regno del Khan Muhammad Shaybani, furono poi appellati "usbechi". Nel 1924, quando fu creata la Repubblica Sovietica Socialista Usbeca, i Sovietici abolirono il termine Sarti e decretarono per tutte le popolazioni di origine turca il termine di usbechi. L'Uzbekistan, sotto i russi prima e sotto l'Unione Sovietica poi, divenne quindi una popolazione multi-etnica mentre le popolazioni dall'Unione Sovietica si spinsero (o furono esiliate) sempre più verso l'Asia centrale.
Lingua

La lingua usbeca fa parte delle lingue altaiche e del gruppo Qarluq del ceppo linguistico turco. Dopo l'indipendenza dall'Unione Sovietica, il governo usbeco decise di rimpiazzare, nella forma scritta, l'alfabeto cirillico con quello latino.

Gli odierni usbechi, inoltre, hanno assorbito una notevole quantità di vocaboli ed elementi grammaticali da lingue di origine non turca, come da lingue di origine persiana, dall'arabo e dal russo.
Religione

Per quanto riguarda il profilo religioso, gli usbechi sono originariamente musulmani sunniti, principalmente hanafiti, ma ci sono notevoli differenze di culto tra gli usbechi del nord e quelli del sud. La maggioranza degli usbechi dell'ex-Unione Sovietica pratica la religione con una interpretazione più liberale a causa degli atteggiamenti ufficiali dei sovietici verso la religione, mentre gli usbechi dell'Afghanistan e delle altre regioni a sud sono rimasti più conservatori e più aderenti all'Islam fondamentalista.

Con l'indipendenza usbeca del 1991, comunque, ci fu una decisa rivitalizzazione dell'islamismo in molti segmenti della popolazione. Le persone che vivevano nelle aree dell'odierno Uzbekistan furono in un primo momento convertite all'islam nei primi anni dell'VIII secolo d.C., quando gli Arabi musulmani invasero la regione e soppiantarono le vecchie fedi del Buddhismo, dello Zoroastrismo e del Cristianesimo nestoriano. La vittoria arabo-musulmana sui Cinesi, nel 751 con la Battaglia del Talas, assicurò, nei secoli successivi, il predominio dell'islam in tutta la regione.
Origini genetiche

La moderna popolazione usbeca presenta notevole variazioni etniche a causa dell'alto numero di invasioni avvenute nei secoli scorsi in Asia centrale. Una volta popolata dai popoli iranici e dalle tribù indoeuropee, l'Asia centrale ha subito le invasioni delle popolazioni mongole, che hanno avuto un notevole impatto sulla storia, a livello genetico e culturale, dei popoli che abitano oggi l'Uzbekistan e le regioni circostanti.

Secondo alcuni recenti studi della University of Chicago, gli usbechi debbono il loro patrimonio genetico ai popoli mongoli e a quelli iranici. Secondo questi studi, dal III secolo a.C., l'Asia centrale ha subito le migrazioni dei nomadi di origine altaica da est, e le loro incursioni continuarono per centinaia di anni, a cominciare da quelle dei Hsiung-Nu (che possono essere considerati gli antenati degli Unni), nel 300 a.C., per proseguire con quelle dei Turchi, nel primo millennio d.C. e con le espansioni dei Mongoli nel XII secolo. Sono state trovate caratteristiche genetiche molto simili tra i diversi popoli di origine altaica, e questo indica chiaramente l'importanza degli impatti causati dalle popolazioni nomadi nella regione.

La popolazione usbeca inoltre, secondo questi studi, mostra di avere antenati dell'Asia orientale con significative mescolanze di razza con le etnie caucasiche, oltre che con i popoli turco-mongoli ed i popoli iranici.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Uzbeki

 
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Ùzėmčin

Gli Ùzėmčin (mongolo: Үзэмчин; in russo узумчины, Uzumčiny), Üzemchin nella traslitterazione anglosassone, sono una minoranza etnica nella provincia del Dornod in Mongolia; risiedono principalmente nei distretti (sum) di Sėrgėlėn e Bajantùmėn e nella città di Čojbalsan. Sono presenti anche nella città di Hovd, capoluogo della provincia omonima. Nella Mongolia orientale risiedono nel sum di Ėrdėnėtcagaan (Эрдэнэцагаан сум), nella provincia di Sùhbaatar.

Come altre minoranze etniche del Dornod, gli ùzėmčin non sono abitanti originari della provincia; migrarono dalla Mongolia Interna immediatamente dopo che la Cina fu liberata dall'occupazione giapponese nel 1945. Il popolo ùzėmčin discende dai mongoli della Mongolia orientale.





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Va (popolo)


I va (o anche wa; in cinese: wǎzú; in Birmano =ဝလူမ္ရုိ့; nomi propri: ava, parauk) sono uno dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese. La maggior parte dell'etnia vive però nella Birmania nord-orientale.

Secondo stime del 2000 e del 2004, i membri dei vari sottogruppi va in Cina erano 404.000, stanziati principalmente nella zona ovest della provincia sud-occidentale dello Yunnan. In particolare nelle comunità di Ximeng (in va: Mēng Ka o Si Moung), Cangyuan, Menglian (Gaeng Līam), Gengma (Gaeng Mīex o Gaeng Māx), Lincang (Mēng Lām), Shuangjiang (Si Nblāeng o Mēng Mēng), regioni di Zhenkang e Yongde. La maggior parte dei va vive in Birmania, nella zona orientale dello Stato Shan, dove nel 2008 erano in 922.000.[1]

Le lingue va appartengono al ceppo linguistico mon khmer della famiglia austroasiatica. Un alfabeto per la lingua dei va fu creato nel 1933[4] poi un altro nel 1956 nella Repubblica popolare cinese.[5] Secondo quanto stabilito dalla Costituzione birmana del 2008 in materia di conciliazione nazionale,[6] con un decreto del 20 agosto 2010 è stata ufficializzata la divisione auto-amministrata Wa, una suddivisione amministrativa di primo livello della Birmania amministrata dai wa.[7] Il suo territorio si trova nel corridoio compreso tra le profonde gole dei fiumi Saluen e Mekong, nella zona orientale dello Stato Shan, ai confini con la provincia cinese dello Yunnan.

Gli Wa hanno una particolare relazione con la Cina, sin da quando il Partito Comunista cinese decise nel 1960 di fornire supporto incondizionato al Partito Comunista della Birmania o Communist Party of Burma (CPB). La maggior parte dei guerriglieri del CPB era composto da Wa mentre i finanziamenti e la fornitura di armi era garantita da Pechino. Anche dopo l'armistizio del 1989 i rapporti con la Cina rimasero solidi e il supporto logistico continuò in forma diversa, più incentrato sulle necessità della popolazione[8]. Gli Wa hanno costruito un rapporto privilegiato con la Cina, la struttura organizzativa a Pangkham, la capitale dello stato Wa, è stata pensata sul modello di quella cinese, con la presenza di un comitato centrale e di un partito che si occupa in toto della gestione della cosa pubblica. La capacità militare degli Wa è nettamente superiore a quella degli altri gruppi etnici ribelli, la Tatmadaw Kyi, le forze armate birmane non hanno nessun tipo di controllo sulla regione abitata dagli Wa.





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Việt


I viet (o anche kinh, gin; in vietnamita: Việt; o anche người Việt o người Kinh, "popolo việt" o "popolo kinh") sono il più grande gruppo etnico del Vietnam, originari del nord del paese e delle regioni del sud della Cina confinanti con lo stesso Vietnam.

Essi rappresentano l'86% della popolazione totale del paese secondo il censimento del 1999 e sono ufficialmente conosciuti anche come kinh per distinguerli dagli altri gruppi etnici vietnamiti.

In Cina sono ufficialmente riconosciuti come minoranza etnica per le regioni intorno alla provincia di Guangxi e nel mandarino cinese standard sono chiamati col loro nome originario, jing/gin o jingzu/ginzu.

Sebbene siano geograficamente e linguisticamente riconosciuti come appartenenti all'Asia sud-orientale, i lunghi periodi di dominazione cinese li hanno culturalmente avvicinati ai popoli dell'Asia orientale, più specificatamente alle popolazioni del sud della Cina.

Origini

Secondo la leggenda, il primo vietnamita discendeva dal dragone Lạc Long Quân e dallo spirito Âu Cơ. Essi si sposarono ed ebbero un migliaio di uova dalle quali nacquero altrettanti bambini. Il primogenito Hùng Vương divenne il primo re del Vietnam. Gli antenati dell'attuale popolo vietnamita emigrarono poi dal sud della Cina fino al delta del fiume Rosso e si mescolarono con le popolazioni indigene locali. Nel 258 d.C. An Dương Vương fondò il regno di Âu Lạc in quello che è oggi il nord del Vietnam. Nel 208, Chao Tuo (conosciuto anche come Triệu Đà), un generale della dinastia cinese Qin, si alleò con il popolo yue residenti in quello che oggi è il Guangdong e si dichiarò re del Nam Việt. Sconfisse An Dương Vương e riunì Âu Lạc con i territori a sud della Cina, chiamando il suo regno Nam Việt o Yue del Sud ("Nam" significa "sud").

La parola "việt" appartiene alla stessa famiglia linguistica della parola "yuet", che è la pronuncia di "yue" nel cinese antico e in alcuni dialetti cinesi di oggi. Il termine fu usato da vari popoli nelle regioni del sud della Cina e del nord del Vietnam.
Popolazione

Originari del nord del Vietnam e del sud della Cina, i viet nel corso dei secoli hanno conquistato molti territori appartenuti al regno Champa e all'impero Khmer. Sono stati il gruppo etnico dominante in molte province del Vietnam e costituiscono tuttora un'ingente porzione della popolazione nazionale di Vietnam e Cambogia. Sotto i khmer rossi, sono stati uno dei popoli più perseguitati. Decine di migliaia di viet sono stati uccisi in massacri di massa. Molti dei sopravvissuti si sono poi rifugiati in Vietnam.

Durante il XVI secolo, alcuni viet migrarono in Thailandia e in Cina. I loro discendenti cinesi hanno poi formato il popolo gin, una minoranza oggi ufficialmente riconosciuto dalla repubblica cinese.

Quando i francesi lasciarono il Vietnam nel 1954, alcuni viet migrarono in Francia. Comunque, in Francia era già presente una consistente comunità di vietnamiti alla fine della prima guerra mondiale. A seguito della ripartizione tra Vietnam del Nord e Vietnam del Sud, circa un milione di viet migrarono da nord a sud per sfuggire alle persecuzioni. Intanto, un piccolo gruppo di residenti del sud cominciò a migrare al nord.

Dopo la guerra del Vietnam, molti viet lasciarono il loro paese. Molti si stanziarono in Nord America, nell'Europa occidentale o in Australia. Centinaia di migliaia di viet furono mandati per studio o per lavoro nell'Europa centrale e nell'Europa dell'est e si riunirono poi in quella che oggi è una consistente comunità vietnamita.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Vi%E1%BB%87t

 
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Xianbei


Gli Xianbei (/ʃjɛnˈbeɪ/; 鮮卑T, 鲜卑S, XiānbēiP, Hsien-peiW) erano un gruppo etnico di popoli nomadi che risiedevano negli odierni territori della Mongolia orientale, della Mongolia Interna e della Cina nordorientale.[1] Insieme agli Xiongnu, furono uno dei maggiori gruppi nomadi della Cina settentrionale dalla dinastia Han alle dinastie del Nord e del Sud. Stabilirono infine le proprie dinastie settentrionali come quella dei Wei del Nord, fondata nel IV secolo d.C. dal clan Tuoba.[2][3][4][5] Durante la rivolta dei Cinque popoli barbari essi vennero identificati dai Cinesi Han come uno dei Cinque popoli barbari.[2][4][6]

Etimologia

Paul Pelliot ricostruisce approssimativamente la pronuncia cinese Han orientale di 鮮卑 come *serbi dopo aver notato che gli scribi cinesi usavano 鮮 per trascrivere il persiano medio sēr (leone). L'altro carattere 卑 era usato per trascrivere la sillaba straniera /pi/; ad esempio, il sanscrito गोपी gopī "mungitrice, bovara" nel cinese medio 瞿卑 kɨoH-piᴇ. 室韋T, ShìwéiP (cinese medio *ɕiɪt̚-ɦʉi < *sirwi) è probabilmente la forma posteriore di Xiānbēi. *Särpi potrebbe essere legato, da una parte, alla radice mongolica *ser ~ *sir "cresta, pelo ispido, sporgere, proiettare, ecc." (cf. khalkha сэрвэн "cresta, pelo ispido, sporgere, proiettare"); dall'altra parte, Mänchen-Helfen considera *särpi un prestito linguistico indoeuropeo (cf. greco ἅρπη "uccello da preda").[7]
Lingua

È ampiamente teorizzato che gli Xianbei parlassero una lingua imparentata con le lingue mongoliche. Claus Schönig scrive:

«Gli Xianbei derivavano dal contesto dei Donghu, che è probabile contenesse gli antenati linguistici dei Mongoli. I successivi rami e discendenti degli Xianbei includono i Tabghach e i Kitai, che sembrano essere stati linguisticamente paramongolici. [...] Le opinioni divergono ampiamente su quello che fu l'impatto linguistico del periodo xianbei. Alcuni studiosi (come Clauson) hanno preferito considerare gli Xianbei e i Tabghach (Tuoba) come Turchi, o perfino come Turchi bulgari, con l'implicazione che l'intero strato dei primi prestiti turchi in mongolico sarebbe stato ricevuto dagli Xianbei, piuttosto che dagli Xiongnu. Tuttavia, poiché l'identità mongolica (o paramongolica) degli Xianbei è sempre più ovvia alla luce dei recenti progressi negli studi kitai, è più ragionevole assumere (con Doerfer) che il flusso di influenza linguistica dal turco (o turco bulgaro) nel mongolico sia stato almeno parzialmente invertito durante il periodo xianbei, producendo il primo strato identificabile di prestiti linguistici mongolici (o paramongolici) in turco.[8]»

È anche possibile che gli Xianbei parlassero più di una lingua.[9]
Genetica e antropologia
Lignaggio degli Xianbei

Le origini degli Xianbei non sono chiare. È provato che erano una popolazione mongoloide. Gli antropologi cinesi Zhu Hong e Zhang Quan‐chao studiarono crani xianbei provenienti da vari siti della Mongolia Interna e notarono che le loro caratteristiche antropologiche mostrano che il tipo etnico è strettamente imparentato ai moderni Mongoloidi asiatico-orientali, e che alcune caratteristiche fisiche di quei teschi sono più vicine ai moderni Mongoli, Manciù e Cinesi Han.[10]

Analisi genetiche di popolazioni xianbei vecchie di 1.500-1.800 anni furono condotte sui resti di 17 individui con DNA mitocondriale (mtDNA) tuoba xianbei provenienti dal cimitero di Shangdu Dongdajing (Mongolia Interna). Gli aplogruppi presentati sono caratterizzati tipicamente nella popolazione mongoloide come 29,5% C, 23,5% D4, 17,6% D5, 17,6% A, 5,9% B e 5,9% G.[11]

Le analisi sui marcatori dell'Y-DNA degli antichi individui della Cina settentrionale e della Mongolia moderna mostrarono che gli Xianbei appartengono agli aplogruppi C-M217, N-M231 O-M175 e Q-M242. Gli Xianbei sono da un lato imparentati molto strettamente con gli Xiongnu e i Mongoli e dall'altro lato con i Cinesi Han. È possibile che gli Xianbei fossero una federazione multietnica consistente di popoli nomadi settentrionali e agricoltori meridionali che si unirono o adottarono uno stile di vita nomade.[12]

Altre ricerche scoprirono una relazione tra gli individui xianbei e i moderni Oroqen, Evenchi e Mongoli Esterni. Specialmente gli Oroqen tungusi mostrano una stretta relazione con gli Xianbei.[13]
Storia

I testi storici cinesi affermano inequivocabilmente che gli Xianbei erano discendenti dei precedenti Donghu,[14] gli "Hu orientali" in base alle cronache cinesi.
Era dei Qin-Han

Dopo essere stati sconfitti da Modu Chanyu, sovrano degli Xiongnu, intorno al 208 a.C., i Donghu si spaccarono in Xianbei e Wuhuan. Il Libro degli Han posteriori dice che "la lingua e la cultura degli Xianbei sono le stesse degli Wuhuan".
Statua in ceramica invetriata di cavallo, con testiera munita di briglia e cavezza, da Sichuan. (Han orientali, fine del II secolo/inizio del III secolo d.C.)

Le Cronache dei Tre Regni dicono:

«Tanshihuai degli Xianbei divise il suo territorio in tre sezioni: quella orientale quella centrale e quella occidentale. Da You Beiping al fiume Liao, collegando Fuyu e Mo all'est, vi era la sezione orientale. C'erano più di venti contee. I daren (capi) (di questa sezione) erano chiamati Mijia, Queji, Suli e Huaitou. Da You Beiping a Shanggu all'ovest, vi era la sezione centrale. C'erano più di dieci contee. I daren di questa sezione erano chiamati Kezui, Queju, Murong, et al. Da Shanggu a Dunhuang, collegando i Wusun all'ovest, vi era la sezione occidentale. C'erano più di venti contee. I daren (di questa sezione) erano chiamati Zhijian Luoluo, Rilü Tuiyan, Yanliyou, et al. Questi capi erano tutti subordinati a Tanshihuai.[15]»

Il Libro degli Han posteriori registra un memoriale presentato nel 177:

«Da quando gli Xiongnu [settentrionali] sono fuggiti, gli Xianbei sono diventati potenti e popolosi, prendendo tutte le terre in precedenza detenute dagli Xiongnu e asserendo di avere 100.000 guerrieri. … Metalli raffinati e ferro battuto sono venuti in possesso dei ribelli [xianbei]. Anche i disertori [han] cercano rifugio [nelle terre degli Xianbei] e fungono da loro consiglieri. Le loro armi sono più affilate e i loro cavallo più veloci di quelli degli Xiongnu.»

Un altro memoriale presentato nel 185 è registrato dal Libro degli Han posteriori:

«Gli Xianbei … invadono le nostre frontiere così frequentemente che difficilmente un anno trascorre in pace, ed è solo quando arriva la stagione degli scambi che si fanno avanti in sotto missione. Ma nel farlo sono intenzionati soltanto a ottenere i preziosi beni cinesi; non è perché rispettino il potere cinese o siano grati per la generosità cinese. Non appena ottengono tutto quello che possono [dagli scambi], ritornano sui loro passi per iniziare a compiere danni.»

Intorno al 155 d.C., gli Xiongnu settentrionali furono "schiacciati e soggiogati". Il loro capo, conosciuto dai cinesi come Tan-shih-huai, allora avanzò e sconfisse i Wusun dell'Ili entro il 166 d.C. Formò poi un'alleanza con gli Xiongnu meridionali per attaccare Shensi e Kansu. La Cina respinse con successo i loro attacchi nel 158, 177 e 279[16]

«Tra il 155 e il 166 d.C., T’an-shih-huai guidò una serie di importanti campagne militari che condussero all'estensione del potere degli Hsien-pi sulla Grande Steppa fino alla Siberia meridionale e dall'Ussuri al Mar Caspio. Fino alla terza decade del III secolo d.C. gli Hsien-pi furono la potenza dominante in Asia centrale.[17]»
I Sedici Regni e i Wei settentrionali

Il III secolo vide sia la frammentazione degli Xianbei nel 235 sia l'espandersi delle varie tribù xianbei, che dovevano più tardi stabilire sei significativi imperi propri come gli Yan anteriori (281-370), gli Yan occidentali (384-394), gli Yan settentrionali (384-407), gli Yan meridionali (398-410), i Qin occidentali (385-430) e i Liang meridionali (397-414).

La maggior parte di essi furono unificati dagli Xianbei Tuoba, che stabilire i Wei settentrionali (386-535), la prima delle dinastie del Nord (386-581) fondate dagli Xianbei.[18][19][20]
Fibbie di cinture xianbei, III-IV secolo d.C.

Nel 534, i Wei settentrionali si divisero in Wei orientali (534-550) e Wei occidentali (535-556) dopo un'insurrezione nelle steppe della Cina settentrionale abitata dagli Xianbei e altri popoli nomadi.[21] I primi evolsero nei Qi settentrionali (550-577), e i secondi negli Zhou settentrionali (557-581), mentre le dinastie meridionali furono spinte a sud del Fiume Azzurro. Nel 581, il Primo Ministro degli Zhou settentrionali, Yang Jian, fondò la dinastia Sui (581-618). Suo figlio, il futuro imperatore Yang dei Sui, annientò i Chen meridionali (557-589), l'ultimo regno delle dinastie meridionali, in tal modo unificando la Cina settentrionale e meridionale. Dopo che Sui giunsero al termine tra ribellioni contadine e truppe meridionali, suo cugino, Li Yuan, fondò la dinastia Tang (618-907); Li condusse la Cina a svilupparsi in uno dei più prosperi stati della Storia. Le dinastie Sui e Tang furono fondate da generali cinesi Han che servirono anche la dinastia dei Wei settentrionali.[22][23] Attraverso queste istituzioni politiche, gli Xianbei che entrarono in Cina si fusero in gran parte con gli Han, come dimostrano esempi quali la moglie dell'imperatore Gaozu dei Tang, la duchessa Dou, e la moglie dell'imperatore Taizong dei Tang (Li Shimin), l'imperatrice Zhangsun, entrambe le quali avevano ascendenza xianbei,[24] mentre quelli che rimasero dietro nella prateria settentrionale emersero come potenze successive per dominare sulla Cina.
Arte

L'arte degli Xianbei ritraeva il loro stile di vita nomade e consisteva principalmente di oggetti metallici e statuine. Lo stile e i soggetti dell'arte xianbei erano influenzati da una varietà di influenze e, in definitiva, gli Xianbei erano noti per enfatizzare peculiari motivi nomadi nei progressi artistici come copricapi di foglie, raffigurazioni di animali accucciati e geometrizzati collane con ciondoli a forma di animali e lavori a traforo di metallo.[25]
Copricapi di foglie
Copricapo di foglie xianbei in oro, che raffigura la testa di un cavallo e corna ramificate. Era delle dinastie settentrionali (386-581 d.C.)

I copricapi di foglie erano molto caratteristici della cultura xianbei, e si trovano specialmentenelle tombe xianbei di Murong. Anche il loro corrispondente stile ornamentale lega gli Xianbei alla Battria. Questi ornamenti d'oro per cappelli rappresentavano alberi e corna ramificate e, in cinese, sono designati come buyao ("oscillazione con il passo") poiché le sottili foglie di metallo si muovono con i movimenti di chi le indossa. Sun Guoping scoprì per primo questo tipo di manufatto e definì tre stili principali: "albero in fiore" (huashu), che si monta sul davanti di un berretto vicino alla fronte e ha uno o più rami con foglie pendenti a forma di cerchi o goccioline, "cima in fiore": (dinghua), che si indossa in cima alla testa assomiglia a un albero o un animale con molti ciondoli a foglia, e il raro "vite in fiore" (huaman), che consiste di "strisce d'oro intrecciate con fili e foglie".[26] Imcopricapi di foglie erano fatti con oro battuto e decorati punzonando i disegni e appendendo i ciondoli a foglia con il filo. L'esatta origine, uso e modo di portare questi copricapi è ancora in corso di indagine e di verifica. Tuttavia, copricapi simili a quelli esistettero anche dopo ed erano indossati dalle donne nelle corti.[25][26]
Iconografia animale

Un'altra forma chiave dell'arte xianbei è l'iconografia animale, che fu implementata principalmente in oggetti metallici. Gli Xianbei ritraevano stilisticamente gli animali accovacciati in forme geometrizzate, astratte, ripetute, e distinguevano la loro cultura e la loro arte raffigurando la predazione animale e il combattimento tra animali della stessa specie. Tipicamente, erano illustrate pecore, cervi e cavalli. I manufatti, di solito piastre o ciondoli, erano fatti di metallo, e gli sfondi erano decorati con trafori o paesaggi montani, il che si rifà allo stile di vita nomade degli Xianbei. Con le figure degli animali ripetute, uno sfondo traforato e una cornice rettangolare, l'immagine tipica della piastra con i tre cervi è un paradigma dello stile dell'arte xianbei. I supporti concavi delle piastre implicano che queste erano fatte usando la fusione a cera persa o che disegni in rilievo erano impressi sul retro di lamine di ferro battuto.[27][28]
Cavalli

Le tradizioni nomadi degli Xianbei li ispirarono a ritrarre i cavalli nelle loro opere d'arte. Il cavallo svolgeva un ruolo importante nell'esistenza degli Xianbei come popolo nomade, e in una tomba un cranio di cavallo giaceva in cima a campanelli, fibbie e ornamenti xianbei, una sella e una staffa di bronzo dorato.[29] Gli Xianbei non solo crearono opere d'arte per i loro cavalli, ma fecero anche opere d'arte per raffigurare i cavalli. Un altro motivo ricorrente era il cavallo alato. È stato suggerito dall'archeologo Su Bai che questo simbolo era un "anlt sotto forma di cavallo" a causa della sua importanza nella mitologia xianbei.[27] Si pensa che questo simbolo abbia guidato una prima migrazione meridionale degli Xianbei, ed è un'immagine ricorrente in molte delle loro forme d'arte.
Statuine
Figura di un guerriero xianbei dell'era delle dinastie settentrionali (386-581 d.C.)

Le statuine xianbei contribuiscono a ritrarre le persone della società rappresentando passatempi, raffigurando abbigliamento specializzato e implicando varie credenze. La maggior parte delle statuine sono state recuperate dalle tombe xianbei, perciò sono primariamente figure militari e musicali destinate a servire i defunti nelle processioni dell'aldilà e a custodire la tomba. Inoltre, l'abbigliamento delle statuine specifica i conseguenti status sociali; gli Xianbei di rango superiore indossavano vesti con le maniche lunghe con sotto una camicia dal collo dritto, mentre gli Xianbei di rango inferiore indossavano pantaloni e tuniche con cinte.[30]
Influenze buddhiste

Le influenze buddhiste degli Xianbei furono derivate dalle interazioni con la cultura Han. I burocrati Han aiutarono inizialmente gli Xianbei a gestire il loro stato, ma alla fine gli Xianbei divennero sinofili e promossero la diffusione del buddhismo. L'inizio di questa conversione è evidenziato dall'immaginario di Buddha che emerge nell'arte xianbei. Ad esempio, il copricapo di foglie con il Buddha impresso, illustrato in questa voce, rappresenta perfettamente la conversione e la sintesi buddhista degli Xianbei, dal momento che combina il tradizionale copricapo di foglie nomade xianbei con il nuovo immaginario buddhista. Questa conversione religiosa xianbei continuò to a svilupparsi nella dinastia Wei settentrionale, e portò in definitiva alla creazione delle Grotte di Yungang.[25]
Persone notevoli

Kebineng (軻比能, morto 235), un capotribù xianbei che visse durante il periodo della tarda dinastia Han occidentale e dei Tre Regni
Murong Huang (慕容皝, 297–348), fondatore dello Yan anteriore
Murong Chui (慕容垂, 326–396), fu un generale dello stato Yan anteriore che in seguito divenne l'imperatore fondatore dello Yan posteriore
Murong Ke (慕容恪, morto 367), un famoso generale e statista dello stato Yan anteriore
Tuoba Gui (拓跋珪, 371–409), l'imperatore fondatore dello Wei settentrionale
Yuwen Tai (宇文泰, 507–556), un generale supremo dello stato Wei occidentale, uno stato successore collaterale dello Wei settentrionale
Dugu Xin (独孤信, 503–24 aprile 557), un generale supremo dello stato Wei occidentale
Yuchi Jiong (尉遲迥, morto 580), un generale supremo degli stati Wei occidentale e Zhou settentrionale
Yuwen Hu (宇文護, 513–572), un reggente dello stato Zhou settentrionale
Yuwen Yong (宇文邕, 543–578), imperatore dello stato Zhou settentrionale
Dugu Qieluo (獨孤伽羅, 544–10 settentrionale 602), formalmente imperatrice Wenxian (文獻皇后), fu un'imperatrice della dinastia Sui
Yang Yichen (dinastia Sui) (楊義臣, morto 617), un generale della dinastia Sui. Durante la fine del regno dell'imperatore Yang, Yang Yichen fu uno dei pochi generali Sui che ebbero successo contro i ribelli agrari
Yuwen Shu (宇文述, morto 616), un generale supremo della dinastia Sui
Empress Zhangsun (長孫皇后, 15 marzo 601 – 28 luglio 636), fu un'imperatrice della dinastia Tang. Fu la moglie dell'imperatore Taizong
Zhangsun Wuji (長孫無忌, morto 659), un funzionario supremo che servì sia come generale sia come cancelliere all'inizio della dinastia Tang
Yuchi Jingde (尉遲恭, 585–658), un famoso generale che visse all'inizio della dinastia Tang, Yuchi Jingde e un altro generale Qin Shubao sono venerati come dèi della porta nella religione popolare cinese
Qutu Tong (屈突通, 557-628), un generale delle dinastie Sui e Tang della Cina. Fu incluso tra i 24 funzionari della dinastia Tang onorati sul Padiglione di Lingyan a causa dei suoi contributi nelle guerre durante il periodo transitorio dai Sui ai Tang
Yu Zhining (于志寧, 588–665), un cancelliere della dinastia Tang, durante i regni dell'imperatore Taizong e dell'imperatore Gaozong

Discendenti moderni
Lo stesso argomento in dettaglio: Cambiamento di nomi xianbei in nomi han.

La maggior parte dei clan Xianbei adottarono cognomi han durante la dinastia Wei settentrionale. Sotto vi è una lista dei clan xianbei che si sa essere stati cambiati in cognomi han.

Gli Otto cognomi nobili xianbei degli Wei settentrionali 八大贵族 erano Buliugu 步六孤, Helai 賀賴, Dugu 獨孤, Helou 賀樓, Huniu 忽忸, Qiumu 丘穆, Gexi 紇奚, e Yuchi 尉遲.

I "Monguor" (Tu) della Cina moderna potrebbero essere discesi dagli Xianbei che furono guidati dal Khan dei Tuyuhun per migrare verso ovest e fondare il Regno Tuyuhun (284-670) nel III secolo e lo Xia occidentale (1038–1227) fino al XIII secolo.[31] Oggi sono distribuiti principalmente nella provincia del Qinghai e del Gansu, e parlano una lingua mongola.

Gli Xibe o "Xibo" credono anche di essere discendenti degli Xianbei, con considerevoli controversie che hanno attribuito le loro origini agli Jurchen, agli Elunchun e agli Xianbei.[32][33]

I discendenti xianbei tra la popolazione coreana portano cognomi quali Mo 모 mùP, muW (abbreviato da Murong), Seok Sŏk Sek 석 shíP, shihW (abbreviato da Wushilan 烏石蘭, Won Wŏn 원 yuánP, yüanW (il cognome cinese adottato dai Tuoba), Dokgo 독고 DúgūP, TukuW (da Dugu).[34][35][36][37][38][39][40]



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Xianbei

 
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