IL FARO DEI SOGNI

Categoria:Gruppi etnici in Cina

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Hoklo


Gli Hoklo (endonimo Hok-ló, Hō-ló o Ho̍h-ló) sono un popolo cinese han le cui origini si trovano nella provincia cinese del Fujian meridionale. Sono noti anche mediante vari endonimi come Hok-ló, Hō-ló o Ho̍h-ló, o altri termini correlati come popolo min nan (閩南人) o Hokkien (福建人).

In senso più stretto, il termine Hoklo si riferisce principalmente a persone che parlano e usano il dialetto hokkien del cinese min nan parlato nel Fujian meridionale, a Taiwan, e a molti Cinesi d'oltremare in tutto il Sud-est asiatico.

In senso più ampio, gli Hoklo possono comprendere coloro che utilizzano altri dialetti del cinese min nan, come lo zhongshan min, lo zhenan Min, il dialetto teochew, l'hainanese ecc.[2]

Definizione

In generale, il popolo hoklo può riferirsi ad uno dei seguenti:
Hoklo taiwanesi
Il popolo hoklo è il principale gruppo etnico di Taiwan.

A Taiwan, gli Hoklo sono il più grande gruppo linguistico e sottoculturale (vedi Demografia di Taiwan). La maggior parte degli Hoklo fanno risalire la loro ascendenza paterna ai coloni maschi che migrarono a Taiwan dal Fujian nel XVII e XVIII secolo.

Poiché circa il 70% della popolazione a Taiwan sono hoklo, taiwanese si usa spesso in modo intercambiabile con hoklo. Coloro che sono consapevoli della natura multietnica di Taiwan riconoscono che i due termini non sono identici, anche se la maggior parte della gente riconoscerà dal contesto quando questa parola si riferisce genericamente a persone di Taiwan e quando invece specificamente agli Hoklo.
Caratteri cinesi per Hoklo

A Taiwan, ci sono tre modi comuni di scrivere Hoklo in caratteri cinesi (le pronunce min nan sono date in POJ):

福佬 (Hok-ló; lett. "persona del Fujian") – enfatizza la loro connessione con la provincia del Fujian.
河洛 (Hô-lo̍k; lett. "Fiume Giallo e Fiume Luo") – enfatizza la loro pretesa lunga storia che ha origine nell'area a sud del Fiume Giallo. Questa lettura del carattere han non riflette l'effettiva pronuncia nelle lingue cinesi meridionali ma solo in cinese. È probabilmente un risultato di paretimologia.
鶴佬 (Ho̍h-ló; lett. "persona gru") – enfatizza la pronuncia moderna dei caratteri (senza riguardo al significato dei caratteri cinesi). Questa variante è usata dalla versione di questo articolo nella Wikipedia cinese.

In hakka, Hoklo può essere scritto come 學老 (lett. "anziano dotato di conoscenza") e 學佬 (lett. "persona dotata di conoscenza").

Malgrado vari modi di scrivere Hoklo in cinese, molti Taiwanesi useranno il termine Hō-ló per riferirsi alla lingua e alla cultura hoklo.





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Horčin
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Horčin
Luogo d'origine Mongolia/Cina
Lingua dialetto horčin (mongolo)
Distribuzione
Manuale

Horčin (in mongolo Хорчин) è un clan mongolo che parla un dialetto della lingua mongola, il dialetto horčin. Horčin significa "arciere"[1] o "portatore di faretra" e il clan ha probabilmente origine dai kèšik, le guardie del corpo imperiali, istituite da Gengis Khan agli inizi del XIII secolo.
Storia

La dinastia Ming mise due principi Borjigin[2], discendenti dai fratelli di Genghis Khan, che si erano arresi, in un corpo di guardia che era stato istituito nel 1389. Durante l'invasione di Ėsėn tajš[3] (negli anni 1446–48), la maggior parte di essi fuggì, ma alcuni rimasero presso i fiumi Nen[4] e Onon. Governati dai discendenti di Khasar[5][6], divennero i diretti ascendenti degli horčin.

Adai Khan[7], che era un horčin, sfidò il potere dei quattro alleati oirati e la corte Ming nella lotta di successione della dinastia degli Yuan settentrionali, ma fu da loro ucciso presso il fiume Ejin[8] nel 1438 e la sua tribù fu costretta a fuggire verso sud. Gli horčin riappaiono nelle cronache mongole con l'ascesa di Unebolad wang[9] verso la fine del XV secolo. Gli horčin si allearono a Batmônh Dajan Khan (1487-1524) e sconfissero gli urianhaj nella battaglia di Dalan Terqin nel 1510.

Nel 1624, Nurhaci[10] accettò la sottomissione degli horčin che vagavano a est dei monti Hingan (Khingan) e ad ovest del fiume Songhua; furono la prima tribù mongola a sottomettersi alla dinastia Qing[11]. Agli horčin era affidata la produzione di latte di giumenta fermentato (airag) per gli imperatori manciù. Gli ultimi imperatori manciù dei Qing ricompensarono ampiamente i nobili horčin per la loro iniziale lealtà. Illustri imperatrici della dinastia Qing, quali Xiao Zhuang Wen (1613–88) e Hui Zhang (1641–1717), erano horčin del clan Boržigin.[12] Gli horčin si divisero successivamente in due parti (nord e sud), divise ognuna sotto tre distinti vessilli.[13]

A causa della ribellione anti-mongola sorta tra i contadini cinesi nel 1891, molte migliaia di agricoltori mongoli Monggoljin fuggirono presso gli horčin. Dopo il 1900 sia l'istruzione che la colonizzazione cinese li sparpagliarono fra di loro. Quando l'impero giapponese occupò parti della Mongolia interna e della Cina nel 1931, gli horčin divennero i più energici propugnatori della cultura laica e della riforma tra i mongoli. Dopo la seconda guerra mondiale, la lotta della classe rurale e la guerra civile del 1946–48 furono molto sanguinose e divisorie. Da allora sono diventati una potente fazione all'interno del Partito Comunista Cinese della Mongolia interna.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Hor%C4%8Din

 
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Hošuud


Gli Hošuud (mongolo: Хошууд; in russo Хошуты, Hošuty; cinese: 和碩特; pinyin: Héshuòtè), Khošuud o Khoshut sono una delle quattro maggiori tribù del popolo ojrad. Assieme alle altre tre tribù: ôôld, torgud e dôrvôd, formavano i cosiddetti "quattro alleati" (Дөрвөн Ойрд, Dôrvôn Ojrd).

Storia

Originariamente gli Hošuud erano una delle tribù horčin nel sud-est della Mongolia, ma a metà del XV secolo migrarono verso la Mongolia occidentale per diventare alleati degli oirati e contrastare il potere militare centrale mongolo. Gli Hošuud appaiono per la prima volta nel 1580 e nel 1620 erano diventati la più potente tribù oirata; guidarono gli altri nella conversione al buddismo. Nel 1636 Gùùš khaan (Гүүш хаан, 1582-1654) guidò molti Hošuud ad occupare il Koke Nuur e fu incoronato re del Tibet dal V Dalai Lama Lozang Gyatso. Posteriormente al 1645, suo fratello Kondeleng Ubaši migrò verso il Volga, unendosi ai Kalmyki. Comunque, molti Hošuud rimasero nella terra d'origine oirata, la Zungaria, sotto Očirtu Cecen khan (Очирту Цецен хан).

Dopo che il capo dzungar Galdan Bošigt Khan[4][5] (in mongolo Галдан бошигт хаан, 1632/44-1697) uccise Očirtu, il capo hošuud Khoroli si sottomise con il suo popolo alla dinastia Qing nel 1686 e si reinsediò nella regione dell'Alšaa.

Gli Hošuud dell'impero zungaro si mantennero influenti finché furono annientati dai Qing nel 1755. Nel 1771 gli Hošuud del Volga fuggirono di nuovo in Zungaria con i Calmucchi e furono reinsediati dai Qing intorno al lago Bosten. L'esiguo numero di famiglie rimaste in Calmucchia fu influente fino al 1917. Un'altra parte di essi si costituì in gruppi separati nelle province di Bulgan e Hovd; ma vennero calcolati assieme ai Torgud che erano migrati assieme a loro in numero assai più consistente





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Hotgojd

Gli Hotgojd (mongolo: Хотгойд; in russo Хотогойты, Khotogojty) o Khotgoid sono una tribù del nord-ovet della Mongolia. Vivono approssimativamente nella zona tra il lago Uvs Nuur e il fiume Delgermörön, nelle province di Uvs, Zavhan e Hôvsgôl. Sono uno dei maggiori gruppi che compongono gli halh (khalkha).
Storia
Il più famoso governatore degli hotgojd fu probabilmente Ubashi Huang Taizi, Altan Khan degli Hotgojd (da non confondersi con Tùmėdijn Altan Khan), che ebbe successo nell'assoggettare i kirghisi yenisei e nel sospingere gli oirati fuori dai loro domini nella Mongolia occidentale. A metà del XVII secolo, a causa degli scontri con il vicino Zasagtu khan, gli hotgojd furono debellati e cessarono di esistere come separata unità politica, di conseguenza furono frequentemente invasi sia dai khalka che dagli oirati.





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Hui (popolo)


Gli hui (回族S, Huí-zúP) sono un gruppo etnico della Repubblica Popolare Cinese, facente parte dei 56 gruppi etnici dotati di riconoscimento ufficiale da parte dello Stato.

Gli hui professano la religione musulmana, parlano la lingua cinese e sono identici nella cultura e nell'aspetto fisico al gruppo etnico han. A differenza di questi, tuttavia, essi rigettano il maiale, che in Cina è una delle carni più consumate. Inoltre, il loro modo di vestire si differenzia nei maschi adulti, che indossano cappelli bianchi, e nelle femmine, che portano il tipico velo islamico.

Nella moderna etnologia, la definizione di hui non ricomprende gruppi etnici come gli uiguri (Uyghur), che, come gli hui, vivono in Cina e praticano l'islam, ma sono turcofoni ed etnicamente e culturalmente molto differenti dai cinesi.

Origini
La bandiera della Repubblica di Cina (1912-1949) rappresentava le cinque principali etnie del paese, tra cui gli Hui (colore bianco)[1]

I cinesi Hui hanno diverse origini. Alcuni che vivono lungo la costa sudorientale discendono dai mercanti arabi e persiani che si insediarono in Cina e che si mescolarono, assimilandosi con la popolazione circostante che prese da questi anche il credo religioso.

L'etnogenesi degli Hui dello Yunnan e degli Hui del Nord è spiegata come il risultato della convergenza, verso queste regioni, di un consistente numero di Mongoli, Turchi e altre popolazioni dell'Asia centrale, che formarono lo strato dominante della dinastia Yuan. Tuttavia, anche i musulmani cantonesi, stanziati sulle coste meridionali, sono molto più simili alle popolazioni dell'Asia settentrionale che ai loro vicini cantonesi.

Vi sono prove dimostranti l'originaria pratica del Nestorianesimo da parte di queste popolazioni nomadi o militari, che in seguito - durante i tentativi di sinizzazione operati dalle dinastie Ming e Qing - si convertirono all'Islam.

Ciò spiegherebbe l'etnonimo Hui, molto affine a quello di "Uyghur", anche se significato e di uso differente da "Uyghur". L'etnonimo Hui è stato usato almeno fin dalla dinastia Qing per indicare i musulmani cinesi, ed i musulmani in generale. Ad esempio, un cinese vissuto durante la dinastia Qing avrebbe potuto descrivere uno Uyghur come un "Chantou" praticante la religione degli Hui. Nel Sud-Est era molto più diffuso il termine Qingzhen (puro), ancora oggi usato nel caso dei ristoranti Hui e musulmani, e per le moschee (qingzhensi). I musulmani del Sud-Est tradizionalmente hanno operato sincretismi tra gli insegnamenti confuciani, la Sharia ed il Corano. Fonti storiche riferiscono la loro presenza nel novero dei funzionari confuciani almeno fin dalla dinastia Tang.

Gli Hui del Nord sono maggiormente influenzati dai turuq sufi dell'Asia centrale, quali la Kubrawiyya, la Qadiriyya, Naqshbandiyya (Khufiyya e Jahriyya) ecc. Appartengono principalmente al Madhhab Hanafita, mentre il Madhhab Shafi'ita è più diffuso tra le comunità del Sud-Est. Prima del movimento "Ihwani", variante cinese del movimento salafita, gli Hui sufi del Nord avevano integrato le dottrine taoiste e le arti marziali con le dottrine sufi.

In epoca moderna, i villaggi nelle aree Hui della Cina settentrionale erano ancora conosciuti come "Huihui del Cappello Blu", "Huihui del cappello nero" e "Huihui del cappello bianco", in riferimento alle loro probabili origini cristiane, ebraiche o musulmane, anche se allora la religione prevalente era l'Islam.

Il termine Hui è inoltre usato per indicare i cinesi musulmani non classificati tra gli appartenenti a nessun altro gruppo etnico.
Definizione di Hui

La definizione degli Hui come cinesi musulmani pone due problemi. In primo luogo, la Repubblica Popolare Cinese è ufficialmente uno stato ateo. In secondo luogo, nel caso in cui debba essere riconosciuto lo status di gruppo etnico ai musulmani cinesi, vi è incertezza circa lo status dei cristiani e dei buddhisti cinesi.

Il governo ha aggirato questi problemi definendo gli Hui sulla base della loro identità di gruppo etnico, ed ignorando il fatto che la loro identità di popolo è basata sulla religione. Tuttavia, molti Hui ritengono che quest'etichetta sia appropriata, in quanto la loro storia e la cultura sarebbero stati diversi senza il loro essere musulmani, tratto che li distingue da altri gruppi etnici. Inoltre, molti sostengono che un Hui sia molto diverso da un cinese Han convertito all'Islam. [senza fonte]

I tagichi ed i turchi dell'Asia Centrale si riferiscono agli Hui come Dungani, anche se nei circoli accademici dell'Occidente identifica una sola etnia Hui, quella del Kirghizistan, come Dungani. In Thailandia i musulmani Cinesi sono chiamati chin ho, mentre in Myanmar e nello Yunnan sono conosciuti come pan thei. Vi sono alcuni cinesi musulmani, o alcuni cinesi convertiti all'Islam, in Malaysia. Sono ufficialmente accettati come componenti del Bumiputra, il gruppo dominante in Malesia. Tuttavia, possono essere considerati come facenti parte della piuttosto numerosa minoranza cinese.

Screenshot 2023-07-23 at 10-59-29 Hui popolo - Wikipedia





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Hui_(popolo)

 
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Iuguri


Gli iuguri o yugur (in cinese: 裕固族, Yùgù Zú, o anche uyghur gialli), sono un gruppo etnico facente parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese, per un numero complessivo di esponenti di circa 13.719 persone secondo il censimento del 2000. Gli yugur vivono principalmente nella Regione Autonoma Sunan Yugur, nella provincia di Gānsù, in Cina e sono discendenti degli Uiguri turchi.

Circa 4.600 yugur parlano la lingua yugur occidentale e circa 2.800 la lingua mongola; gli yugur rimanenti hanno smarrito, nel tempo, i loro linguaggi nativi ed ora parlano il cinese. Un'altra piccola porzione di yugur parla la lingua tibetana ma usa il cinese per gli scambi linguistici con altre minoranze.

Gli yugur che parlano il turco sono considerati discendenti degli uiguri che giunsero dalla Mongolia a Gānsù dopo il collasso del Khaganato uiguro nell'840. Il ceppo che parla mongolo, invece, discende probabilmente dai gruppi che invasero la Cina durante la conquista mongola del XIII secolo. Gli yugur furono infine incorporati nell'impero cinese Qing nel 1696, durante il regno del secondo imperatore della dinastia Qing, Kangxi (1662-1723).

Il nome ufficiale odierno deriva dall'appellativo che si sono auto-assegnati gli yugur turchi: si diedero il nome di yogïr o sarïg yogïr (yugur gialli), mentre gli yugur mongoli usarono il nome yogor o šera yogor (yugur gialli). Alcuni documenti storici cinesi hanno registrato questi etnonimi come Sālǐ Wèiwù'ěr o Xīlǎgǔ'ěr. Durante la dinastia Qing, gli yugur furono chiamati anche Huángfān (barbari gialli). In seguito, per distinguere i gruppi e il loro linguaggio, i linguisti cinesi coniarono i termini Xībù Yùgù (yugur occidentali) e Dōngbù Yùgù (yugur orientali), basati sulla loro distribuzione geografica.

Gli yugur turchi vivono principalmente nelle zone occidentali dei distretti di Mínghuā e di Dàhé. Gli yugur mongoli vivono invece ad est, nei distretti di Huángchéng, Dàhé e Kānglè.

La religione tradizionale degli yugur è il buddhismo tibetano, che viene praticato insieme allo sciamanesimo.

Vivono principalmente di allevamento di mucche e pecore.





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Jingpo


I jingpo (in cinese: 景颇族 jǐngpōzú; in birmano: ကချင်‌လူမျိုး; nomi propri: jingpo, tsaiva, lechi) sono un gruppo etnico che vive prevalentemente nel nord della Birmania (Stato Kachin) e nell'ovest della Cina (Yunnan). Piccole comunità di jingpo vivono anche negli Stati all'estremo nord-ovest dell'India.

Popolazione e distribuzione
Birmania

Secondo una stima del 2001, i jingpo della Birmania erano circa 900.000.[2] Sono stanziati soprattutto nello Stato Kachin e vengono chiamati anche kachin, assieme ad altri gruppi etnici tra cui gli atsi (tsaiva), i maru (naingvaw), i lashi, i nung (rawang) e i lisu.[3] Diversi jinpo vivono anche nello Stato Shan.
Cina

Nel censimento cinese del 2010, la popolazione jingpo era di 147.828 persone. Sono concentrati in prevalenza nella Prefettura autonoma dai e jingpo di Dehong, nella parte ovest della provincia dello Yunnan. I jingpo sono uno dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese.
India

Nel nord-ovest dell'India, dove sono chiamati singpho,[1] secondo una stima del 2018 erano circa 8.500 di cui 5.600 in Arunachal Pradesh, 2.600 in Assam e 300 in Meghalaya.[4]
Lingua

Questo popolo parla due lingue differenti, il jingpo, la vera lingua nativa, e lo tsaiva, che fanno parte delle lingue tibeto-birmane.
Jingpo

Il jingpo (chiamato anche jinghpaw o kachin) è parlato da 900.000 persone in Birmania e da 140.000 persone in Cina. La lingua fa parte dei ceppi sino-tibetano, tibeto-birmano, jingpo-konyak-bodo e jingpo-Lu. Il jingpo, inoltre, è di mutua intelligibilità con la lingua tsaiwa.
Tsaiva

Lo tsaiva (o anche tsaiwa, atsi, zǎiwǎyǔ 载瓦语 Zi) è parlato da circa 80.000 persone in Cina e da 30.000 persone in Myanmar. È classificato fuori dalla Cina come sino-tibetano, tibeto-birmano, yi-birmano, birmano del nord. Lo tsaiva parlato nel villaggio di Longzhun (distretto di Xishan nella regione di Luxi in Cina) è stato scelto per esprimere la lingua tsaiva con l'alfabeto latino, un'opzione ufficialmente introdotta nel 1957.
Storia dei kachin in Birmania
Lo stato Kachin in Birmania

I kachin sono un popolo spesso noto per la loro secolare autonomia sociale, per le notevoli doti nel combattimento, per le complesse interazioni fra i vari clan, per la fede nel cristianesimo, per la conoscenza dei numerosi tipi di erba che coltivano e per la loro innata abilità di sopravvivenza in luoghi ostili, come la giungla.

Altri gruppi etnici che vivono nello Stato Kachin sono gli shan, i nāga e i birmani (detti anche bamar o myanma). Durante il periodo coloniale britannico, molte tribù kachin furono ferocemente sottomesse. In seguito molti guerriglieri kachin diedero un significativo apporto alle unità britanniche e americane contro l'impero giapponese durante la seconda guerra mondiale.

Dopo la fine della guerra e l'indipendenza della Birmania dal Regno Unito, ritornarono a galla i vecchi conflitti tra le minoranze etniche, come quello tra i kachin e il governo centrale birmano. I soldati dello Stato Kachin entrarono a far parte delle forze birmane e rimasero leali all'amministrazione centrale quando nel 1961 fu istituita l'Organizzazione per l'Indipendenza del Kachin (Kachin Independence Organisation o KIO) con il relativo Esercito di indipendenza di Kachin (KIA).

Il KIO fece alleanze con altri gruppi etnici per resistere all'occupazione birmana, e in seguito, nonostante fossero un gruppo armato non-comunista, collaborarono con il Partito Comunista di Birmania, appoggiato dai cinesi.
La bandiera del KIA

Il KIO continuò a combattere quando nel 1988 alla dittatura di Ne Win fece seguito un'altra incarnazione della giunta militare chiamata "Consiglio di Stato per la Restaurazione della Legge e dell'Ordine", ridenominata nel 1997 Consiglio di Stato per la Pace e lo Sviluppo (CSPS). Con il graduale ritiro del supporto cinese, nel 1989 il Partito Comunista Birmano si frazionò in piccoli gruppi guidati da signori della guerra che negoziarono accordi di cessate il fuoco con la giunta. Ciò portò il KIO ad essere circondato da organizzazioni allineate con il CSPS. Pressato dai battaglioni schierati e riarmati dell'Esercito della Birmania, e sollecitato a riappacificarsi dalla popolazione civile che soffriva per i molti anni di guerra, nel 1994 il KIO firmò trattati di pace con la giunta.

Il termine dei conflitti non portò né sicurezza né prosperità ai kachin. Con la fine delle ostilità, la presenza dell'esercito birmano è cresciuta notevolmente anziché diminuire. I militari birmani hanno trattato la popolazione locale come nel periodo di guerra. Di conseguenza i kachin hanno sofferto le loro brutalità come il lavoro forzato e gli stupri.


fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Jingpo

 
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Jino


I Jino (in cinese: 基诺族 Jīnuòzú; nome proprio: tɕyno o kino; Pinyin: Jīnuò zú), o anche Jinuo, sono un gruppo etnico facente parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese. Vivono principalmente nella prefettura autonoma di Xishuangbanna (provincia di Yunnan), in Cina.

Non si conosce molto sull'origine dei Jino, alcuni studiosi hanno ipotizzato che siano discendenti del vecchio popolo dei Qiang. Una vecchia leggenda racconta che i primi fondatori dei Jino provennero dalle terre a nord della provincia di Yunnan. Una leggenda in particolare racconta di una vedova, di nome Jiezhuo, che fu madre di sette maschi e sette femmine. Questi ultimi si sposarono fra loro e diedero origine alla stirpe dei Jino.

I Jino professano l'animismo e lo sciamanesimo: inoltre hanno una notevole esperienza con le erbe medicinali.
Distribuzione geografica
La tavola mostra la distribuzione geografica dell'etnia Jino nelle varie regioni cinesi, secondo l'ultimo censimento del 2000 (mostra solo valori superiori ad una percentuale dello 0,10%).


Screenshot 2023-07-27 at 10-19-55 Jino - Wikipedia

Lingua
La lingua Jino appartiene al ceppo Tibeto-Birmano della famiglia linguistica sinotibetana. Secondo il SIL International, i Jino hanno due dialetti che non sono mutuamente intelligibili, lo Youle (parlato da 13.000 Jino) e il Buynan (1000 Jino). Non esiste nessuna forma scritta ufficiale della lingua Jino. Molti Jino parlano anche la lingua Dai o il cinese.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Jino

 
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Kazaki



I Kazaki (in kazako: қазақ?, traslitterato: qazaq ascolta[?·info]), o anche Cazachi, Cazaki o Kazachi sono un gruppo etnico di origine mista turca e mongola[4] dell'Asia Centrale (Kazakistan, Uzbekistan, Russia, Cina e Mongolia). I Kazaki, tra l'altro, fanno parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese.

Sono stati famosi in passato per la loro fierezza ed orgoglio, per le loro doti nell'addestrare e cavalcare i cavalli, nell'addomesticare le aquile e in seguito per la rapida crescita economica dello Stato del Kazakistan.

La parola Kazakh era compresa nel dizionario turco-arabo del XIII secolo. Il significato di questa parola era "indipendente" o "libero", ma anche "nomade". Il vero significato del termine è stato causa di dibattito tra gli storici: alcuni di questi, infatti, affermano che il termine è correlato a "Aq qaz", che significa "oca bianca". Altri dicono che il nome "Kazakh" si riferisce all'addestramento dei cavalli ed è correlato a "Cosacco" (che è originato dalla medesima parola turca).

A livello sociale, l'etnia dei Kazaki si divide in tre Jüz (Жүз) (Unione): Juz Superiori (Ulı jüz) (dulat, alban, suan, kangli, jalair, sirgeli, scianscikli e altri), Juz Medi (Orta jüz) (argin, naiman, kipchak, kerei e altri), e Juz inferiori (Kişi jüz) (adai, alchin, gappas e altri). Ci sono tribù (taypa) e clan (ru) in ogni Juz che hanno discendenza da Alash. Ci sono anche altri tre gruppi al di fuori del sistema Juz: töre (diretti discendenti di Gengis Khan), qoja (discendenti dei guerrieri arabi), e töleñgit (discendenti dei prigionieri Oirati).





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Khmu


I khmu sono un gruppo etnico di origine mon khmer e fanno parte dei popoli khmuici stanziati nelle zone montane del sud-est asiatico settentrionale. Alcuni dei nomi alternativi per i khmu sono: kho mu (in Vietnam), kmhmu, khomu, khamu, mun xen, xa cau, kha cau, cam mu, kho mu.

Hanno un legame etnico molto stretto con i mlabri, una tribù estremamente primitiva al confine settentrionale tra la Thailandia e il Laos che conta tra le 500 e le 600 persone.[1]

Storia

La migrazione dei khmu e delle genti mon kmer avvenne nella preistoria dalla Cina meridionale, quindi furono probabilmente i primi abitanti del sudest asiatico. Si stanziarono prevalentemente nelle fertili pianure del Mekong, gli odierni Laos ed Isan, coltivando il riso.[2] La migrazione successiva, quella dei tai kadai, il cui ramo in questa zona avrebbe preso il sopravvento nelle pianure, dette terre lao loum, è avvenuta circa 1000 anni fa, anch'essa dalla Cina meridionale.

Le popolazioni mon khmer, compresi i khmu, soccombettero ai nuovi arrivati e furono costretti a spostarsi nelle zone basse delle montagne (terre lao theung), dove ancora oggi la maggior parte sono stanziati, o a migrare nei paesi circostanti. In Laos gli abitanti delle zone di bassa montagna sono a loro volta conosciuti come lao theung. In quel periodo i lao loum (bassi Lao o Lao delle pianure, il nome con cui i lao si autodefiniscono), gli assegnarono il soprannome khaa (in lingua lao: ຂ້າ) che significa schiavi, venivano infatti impiegati per svolgere i lavori più umili.[3]
Distribuzione geografica

I khmu sono presenti in Laos, dove rappresentano il più grande gruppo etnico dopo quello dei lao,[4] Vietnam, Myanmar, Thailandia e Cina (dove non sono inclusi nell'elenco ufficiale delle etnie cinesi, e sono censiti come indistinto gruppo etnico). Migrazioni del ventesimo secolo hanno visto i khmu spostarsi anche nei paesi occidentali
Secondo una stima del 2010 la popolazione totale è di circa 800.000 anime e la distribuzione è la seguente:[4]

700.000 in Laos, specialmente nelle province di Luang Prabang e di Xieng Khouang
50.000 in Vietnam, nelle province settentrionali
15.000 in Thailandia, nelle province a ridosso del confine settentrionale con il Laos[4]
10.000 in Cina, dove sono inclusi nel gruppo dei blang nell'ambito dei 56 gruppi etnici ufficialmente riconosciuti dal governo. I khmu sono concentrati soprattutto nello Yunnan
8.000 in USA, una grande quantità di rifugiati dalla guerra del Vietnam si sono stabiliti a Richmond (California). Sempre in California hanno sede la Federazione Nazionale Khmu[5] ed il Centro Nazionale Cattolico Kmhmu[6]
2.000 in Francia
100 in Myanmar (questo dato si riferisce ad una stima del 2008). Sono presenti esclusivamente nello Stato Shan orientale.[7]

Economia

Sebbene le loro condizioni di vita siano nel corso dei secoli migliorate, sono ancora ad un livello inferiore rispetto a quelle delle etnie dominanti. I khmu si occupano soprattutto di agricoltura oltreché di caccia e pesca. Le principali colture sono il tè, la patata dolce, il pepe, il tabacco e lo zenzero.[4]
Lavorano nei campi in gruppi e la coltura del riso è affidata alle donne[8]. Il riso viene insilato in alte strutture per proteggerlo dai topi.[9] Per dissodare il terreno praticano il debbio, che consiste nel bruciare i residui colturali lasciati dal raccolto precedente.

Altri prodotti sono quelli dell'artigianato, in particolare articoli di cesteria, ed altri in legno ed argento.[4] Oltre all'uso del denaro si usa molto anche il baratto.
Organizzazione sociale

Gli anziani sono tra le persone più importanti del villaggio e sono incaricati di risolvere le diatribe ed amministrare la giustizia locale.[10] Il capovillaggio è scelto dall'amministrazione statale, altro personaggio influente è l'uomo della medicina, un primitivo erborista che svolge la funzione di medico.
Cultura

La cultura viene tramandata attraverso la tradizione orale nelle riunioni serali attorno al fuoco, spesso fumando oppio o tabacco in pipe d'argento da loro stessi prodotte.[8][9] Le capanne in cui vivono sono fatte di legno col tetto in paglia ed hanno di solito due stanze, una per le ragazze da sposare ed una per il resto della famiglia.[10] I cimiteri si dividono in quattro zone, una per chi è morto di cause naturali, una per chi è morto di cause accidentali, una per i bambini ed una per chi è morto lontano da casa.[10] Alcuni anziani hanno il corpo completamente tatuato.[9]
Lingua

I khmu parlano la propria lingua che è di origine austroasiatica e Mon-Khmer e fa parte delle lingue khmuiche insieme a quelle khao, mlabri e xinh mun. I villaggi sono sparsi in un territorio molto vasto, e date le difficoltà di comunicazione, si sono sviluppati molti dialetti, alcuni dei quali molto diversi dagli altri. Non si è quindi potuto codificarla per iscritto, se non in una zona a cavallo della frontiera sino-laotiana in cui questa scrittura viene chiamata duota.[7] Il codice SIL per la lingua khmu è: KJG, mentre quello ISO è 639-2: mkh
Religione
Animismo

La grande maggioranza dei khmu pratica l'Animismo e lo Sciamanesimo, nei villaggi ci sono sciamani e sacerdoti che godono di grande rispetto. Particolare devozione viene riservata alle case degli spiriti protettori, chiamate Rroi gang.[8] Gli abitanti spesso circondano l'intero villaggio con uno steccato in quanto credono che sia sacro ed integrato con gli spiriti della terra, e l'accesso è garantito da tre o quattro cancelli. All'esterno vengono innalzati degli altari in onore degli spiriti per proteggere il villaggio dagli incendi e dalle tempeste.[10]
Buddhismo Theravada

Molti khmu si sono integrati con la classe dominante in Laos ed in Thailandia, e si sono convertiti alla religione di Stato, il Buddhismo Theravada. Altri frequentano i wat per imparare la lingua di Stato, ma non hanno rinunciato al loro credo né alla loro identità culturale.[4]
Cristianesimo

Vi sono circa 65.000 cristiani, l'8% della popolazione khmu, di cui 60.000 nel solo Laos. Con l'occupazione francese dell'Indocina, furono i primi che si convertirono[4]





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Khmu

 
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Popoli khmuici


I popoli khmuici formano un insieme di gruppi etnici stanziati nel sudest asiatico.


Distribuzione geografica

La maggior parte di queste etnie si trova nelle zone montane della catena Annamita, lungo il confine tra il Laos ed il Vietnam. Comunità minori vivono in Thailandia, Birmania e nella provincia cinese dello Yunnan. Sono presenti membri delle etnie khmuiche anche in occidente, dove si rifugiarono nel corso dei conflitti del sudest asiatico nel XX secolo.
Distribuzione etnica

I gruppi etnici che compongono la famiglia khmuica sono i seguenti:

Khmu
Khuen
Lua
Mal (conosciuti anche come tin in Thailandia e thin in Laos)
Mlabri (conosciuti anche come yumbri)
O du
Phai
Pray
Xinh mun
Phong
Khang

Per tradizione gli etnologi comprendono tra i popoli khmuici anche i khao ed i bit, ma recenti studi linguistici suggeriscono che facciano parte invece dei popoli palaungici.
Origini
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del Laos.

Si crede che i popoli khmuici siano migrati dalla Cina in Laos circa 4.000 anni fa. Facevano probabilmente parte di una più grande etnia che ha diffuso le lingue austro asiatiche circa 10.000 anni fa, stanziata nell'odierna Cina.
Lingue

Le varie lingue khmuiche ed i relativi dialetti fanno parte della famiglia linguistica austro-asiatica. La migrazione nel sudest asiatico ed i contatti con le culture dei mon e dei khmer hanno portato alcuni linguisti ad inglobare le lingue khmuiche nella famiglia mon khmer, sebbene recenti studi hanno messo in discussione tale ipotesi.[1]
Società

I popoli khmuici sono dediti prevalentemente all'agricoltura e fanno largo uso della pratica del debbio. Sono anche importanti le attività della caccia e raccolta e della pesca.[2]





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Khoidi


I Khoydi, detti anche Khoyd, Qoyid, Khoid o Khoit (mongolo: Хойт o Хойд; cinese: 辉特部; pinyin: huītèbù) sono una popolazione mongolica degli Oirati, di cui un tempo formavano una delle tribù più numerose.

Nel XIII secolo i Khoidi erano a tutti gli effetti Oirati. In seguito agli Oirati si unirono Choros, Torguud e Khoshuud. Insieme costituirono l'unione Dörben Oyirad.[2]





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Kirghisi


I kirghisi[1][2][3] (in kirghiso: Кыргыздар?, traslitterato: Kırgızdar; alternativamente Kyrgyz o Kirghiz; in italiano anche Chirghisi[4]) sono un gruppo etnico di origine turca che vive principalmente in Kirghizistan (dove sono l'etnia principale, con 3.350.000 persone di origine chirghisa). Piccoli gruppi di chirghisi si trovano anche in Cina (144.000 individui, inclusi nei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica Popolare Cinese), Uzbekistan (225.000), Tagikistan (81.000), Russia (32.000), Kazakistan (11.000), Ucraina (3.000).

Etimologia

Vi sono molte teorie sull'origine etimologica della parola Kyrgyz. Il termine può significare letteralmente "quaranta tribù" (кырк + ууз), un riferimento al poema epico nazionale Manas, in cui 40 piccole tribù si unificarono contro l'Impero cinese da un lato, e contro l'espansione dei musulmani dall'altro. Questa resistenza è simboleggiata dal sole giallo al centro della bandiera del Kirghizistan, che ha 40 raggi, proprio come le quaranta tribù.

Un altro significato della parola deriva da una differente formulazione della stessa (кыргыс), che può portare a significati diversi, come "immortale", "inestinguibile". Questa versione ha, forse ovviamente, maggior seguito popolare. Le evidenze storiche dei molti conflitti superati dal popolo chirghiso sostengono, infine, quest'ultima teoria.
Storia

La madrepatria dei kirghisi era la parte superiore del fiume Enisej con le montagne Sajany della Siberia meridionale in quella che ora è l'attuale Hakassia e Tuva.

Col tempo le tribù kirghise migrarono verso sud , fino ad arrivare alle montagne del Kirghizistan, ove si stabilirono.

Vengono citati per la prima volta nel memoriale cinese "Cronache del Grande Storico" come Gekun o Jiankun (鬲昆 o 隔昆), entrarono a far parte delle tribù Tiele in un secondo momento e un tempo erano sotto il controllo di göktürk e uiguri. Sconfitti gli uiguri iniziarono a spostarsi verso Xinjiang.[5]
Famiglia chirghisa nel villaggio di Sary-Mogol, regione di Oš, sullo sfondo il picco Ibn Sina
I chirghisi in Cina

I chirghisi formano una delle 56 etnie cinesi ufficialmente riconosciute dalla Repubblica popolare cinese. Ci sono più di 145.000 chirghisi in Cina. Essi si trovano principalmente nella prefettura autonoma chirghisa di Kizilsu nella parte sudoccidentale della regione autonoma uigura di Xinjiang, con una presenza minore nelle vicine Wushi (Uqturpan), Aksu, Shache (Yarkand), Yingisar, Taxkorgan e Pishan (Guma), in Tékes, Zhaosu (Monggolkure), Emin (Dorbiljin), Bole (Bortala), Jinghev (Jing) e Gonliu nello Xinjiang nordoccidentale.

Molte centinaia di chirghisi i cui antenati emigrarono nella Cina nordorientale più di 200 anni fa ora vivono nel villaggio di Wujiazi, nella regione del Fuyu, provincia di Heilongjiang.

I chirghisi sono musulmani. Alcuni praticano lo sciamanesimo.

Antropologicamente i chirghisi appartengono all'etnia turco-mongola (Turanici) dell'Asia centrale. Hanno pelle bruna e occhi scuri, capelli corvini e barbe. Il viso è largo. Tendono a essere di statura bassa, raggiungendo in media i 162–164 cm. La tradizione, secondo alcune fonti cinesi, riporta che questo popolo aveva occhi verdi, pelle chiara e capelli rossi e sebbene si siano mescolati completamente con altri gruppi turchi e mongoli alcuni mantengono ancora questo aspetto particolare.
Riferimenti letterari

Alle tradizioni dei pastori kirghisi si richiama Giacomo Leopardi nel Canto notturno di un pastore errante dell'Asia.

Le tradizioni del popolo kirghiso sono tramandate nel lunghissimo poema epico Manas.

Il "chirghiso" è un personaggio del romanzo di Thomas Mann La montagna incantata, Pribislav Hippe, compagno di scuola di Hans Castorp





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Kirghisi

 
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Lachi


I Lachi sono un gruppo etnico del Vietnam. Secondo un censimento del 1999, la popolazione Lachi si attesta sulle 10.765 unità. Ne esiste una comunità anche in Cina, nella provincia dello Yunnan, che nel 2000 era composta da 1634 abitanti, di cui solo 60 continuavano a parlare la lingua lachi.

La maggioranza dei Lachi vive nella provincia di Ha Giang, nelle regioni a nord confinanti con la Cina e si suddividono in Lachi Neri (Manyou) e in Lachi dai capelli lunghi (Manpeng). Nomi alternativi per i Lachi sono: La Chi, Lachí, Laji, Lati, Tai Lati, Lipulio, Y To, Y Pí, Y Póng, Y Mia, Cù Te, Cu-Tê.

I Lachi vivono principalmente di agricoltura (riso in primis) e di allevamento.
Lingua
I Lachi parlano la lingua lachi, divisa in due dialetti principali: il Liputiõ (Lachi Neri) e il Lipupi (Lachi dai capelli lunghi). Questa etnia è considerata, a livello linguistico, strettamente correlata ai Gelao, come dimostrato dall'affinità esistente tra i due idiomi. Altre similitudini vi sono tra la lingua Lachi e le lingue dei Buyang, dei Zhuang, dei Dong e dei Li (lingua Hlai). La lingua è classificata all'interno del ceppo Tai-Kadai. Molti Lachi adoperano, oltre alla lingua nativa, le lingue Zhuang, Miao e il cinese tradizionale.





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Lahu

I Lahu (o anche La Hu, Ladhulsi, Kawzhawd; in vietnamita: La Hủ; in cinese: 拉祜族 Lāhùzú) sono una delle 56 etnie cinesi riconosciute ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese e uno dei 54 gruppi etnici ufficialmente riconosciuti dal Vietnam.

In Thailandia i Lahu sono una delle sei etnie principali e la loro popolazione varia dalle 20.000 alle 60.000 persone. Circa 5300 Lahu vivono nella provincia di Lai Chau in Vietnam. Altri vivono in Laos e in Birmania.

I Lahu si dividono in altri sottogruppi, come i Lahu Na (Lahu Neri), i Lahu Nyi (Lahu Rossi), i Lahu Hpu (Lahu Bianchi), i Lahu Shi (Lahu Gialli) e i Lahu Shehleh. Il colore nel nome della tribù deriva dal colore caratteristico dei loro vestiti. La lingua parlata dai Lahu è molto diversa da quella degli altri gruppi etnici vietnamiti. La lingua lahu, infatti, appartiene alla branca loloish, un sottogruppo Lolo-Birmano del ceppo linguistico Tibeto-Birmano, caratterizzato dall'ordine soggetto-verbo-oggetto molto particolare che ne rende molto problematica la comprensione. In Thailandia, la lingua lahu spesso è usata come lingua franca tra le varie tribù delle zone di montagna.
Religione

La religione tradizionale lahu si avvicina a una sorta di politeismo.

Il dio principale dei Lahu è Exia, che viene considerato il creatore dell'universo e di tutta l'umanità. Tutti i maggiori villaggi lahu hanno un tempio dedicato a questa divinità e nessuno straniero vi si può avvicinare. Exia, infatti, ha il potere di decidere la sorte di tutti i Lahu.

Nel XVII secolo, durante la dinastia Qing, molti Lahu furono convertiti al Buddismo da alcuni monaci di Dali, nella provincia cinese sud-occidentale dello Yunnan. Questi monaci erano contrari alla politica imperialistica cinese, che in molti casi era motivo di oppressione per il popolo lahu, e questo aspetto li aiutò non poco nei processi di conversione.

L'esistenza di un dio supremo e superiore, inoltre, ha facilitato in passato le conversioni di molti Lahu al cristianesimo. I primi missionari che arrivarono nelle zone dei Lahu furono gli esponenti di un gruppo di battisti americani che si installarono nella regione all'inizio del XX secolo.





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Lhoba


I Lhoba (o anche Lhopa, Luoba; in cinese: 珞巴族; Pinyin: Luòbā zú) sono un piccolo gruppo etnico facente parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese. Con una popolazione di circa 2300 persone, sono il più piccolo gruppo della lista.

I Lhoba sono suddivisi in due gruppi: gli Yidu (Idu), classificata anche come sotto-tribù dei Mishmi, e i Bokar, una tribù degli Adi. I Lhoba vivono nel sud-est del Tibet, specialmente nelle regioni di Mainling, Mêdog, Lhunze e Nangxian della Prefettura di Nyingchi. Altri gruppi vivono a Luoyu, nel sud del Tibet, e nell'Arunachal Pradesh (in particolare nella valle di Dibang).

Fino alla occupazione cinese del Tibet, i Lhoba non avevano un proprio linguaggio scritto. Quando fu poi creato un alfabeto appositamente sviluppato per loro, molti Lhoba fecero fatica ad usufruirne, per problemi di natura culturale. L'occupazione cinese introdusse, tra l'altro, molti cambiamenti nella cultura Lhoba. Queste mescolanze culturali, infatti, apportarono significativi cambiamenti alla rigida mentalità classistica dei Lhoba; questi erano divisi in due caste distinte, gli aristocratici (maide) e i contadini (nieba), alle quali non era permesso avere alcun tipo di connessione.





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Li (popolo)


I Li (黎S, LìP) sono un gruppo etnico facente parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese. La maggioranza dei Li vive nelle zone costiere della provincia cinese di Hainan, dove rappresentano la minoranza etnica più grande.

Durante la dinastia Sui, i Li erano conosciuti con il nome di Liliao, mentre oggi i Li si autodefiniscono Hlai o Sai.

I Li godono di una considerevole stima da parte del governo di Pechino, perché molti di loro in passato hanno combattuto al fianco del Partito Comunista Cinese contro i nazionalisti del Kuomintang, durante la Guerra civile cinese [1]. Inoltre, i Li hanno sofferto molto l'occupazione giapponese delle loro zone durante la Seconda guerra mondiale.

Il linguaggio dei Li, conosciuto come Hlai, è classificato nel ceppo delle lingue Tai-Kadai. Questa lingua non ha utilizzato un proprio sistema di scrittura fino agli anni cinquanta, quando fu introdotto un sistema basato sull'alfabeto latino. I Lì possono generalmente comprendere e parlare il cinese.

I Li, tra l'altro, sono noti per la loro profonda conoscenza delle erbe mediche, e sono abili nella preparazione di antidoti contro il veleno dei serpenti.

La religione si basa quasi esclusivamente su fedi di tipo politeistico; i Li credono nel culto degli antenati, considerati come vere e proprie forze maggiori alle quali chiedere aiuto e protezione. Diffuso è il culto degli spiriti della terra, protettori dell'agricoltura.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Li_(popolo)

 
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Lisu



I Lisu (in cinese: 傈僳; pinyin: Lìsù zú) sono un gruppo etnico che vive in Myanmar (Birmania), Cina, Thailandia e nello stato indiano di Arunachal Pradesh, per un totale stimato di circa 700.000 individui. I Lisu fanno parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica Popolare Cinese.

Sono anche conosciuti come Yawyin o, in altri pochi luoghi, come Yobin. Tuttavia quest'ultimo è considerato un termine dispregiativo, usato soprattutto dai Jingpo e, in passato, dai cinesi. Si crede che i Lisu siano originari delle zone ad est del Tibet, ma recenti studi diretti dal linguista David Bradley hanno indicato che essi siano emigrati dalle zone nordoccidentali della provincia cinese di Yunnan, durante il XVIII secolo. Nel XIX secolo, poi, i Lisu si sono mossi a sud lungo la valle del fiume Salween, nelle zone settentrionali della Birmania e della Thailandia.

Circa 30.000 Lisu vivono in Thailandia, dove sono uno dei principali gruppi etnici del paese. Tradizionalmente vivono in piccoli villaggi situati sulle montagne e sulle numerose colline della zona. In passato numerose spedizioni di missionari cattolici hanno tentato di convertire questa gente al Cristianesimo.

La loro religione è in parte animista e in parte basata sul culto degli antenati. Molto attivo è anche lo sciamanesimo. In passato, comunque, molti Lisu si sono convertiti al cristianesimo protestante, soprattutto agli inizi del XX secolo. I primi Lisu ad essere convertiti furono i gruppi delle zone del fiume Salween, nella provincia di Yunnan. Il missionario scozzese James O. Fraser fu il primo cristiano ad aver convertito un Lisu. Negli anni trenta e quaranta del XX secolo, altri missionari (come la coppia Isobel Kuhn e John Kuhn) continuarono il lavoro di conversione dopo la morte di Fraser. Molti gruppi di Lisu comunque non si sono convertiti perché hanno ritenuto che la religione cattolica avrebbe potuto minare le basi culturali storiche della loro etnia, a differenza di altri gruppi che hanno accolto il cristianesimo come un positivo tentativo di inserire la cultura Lisu all'interno di una rete globale di identità culturali.

I Lisu dell'Arunachal Pradesh sono per la maggior parte cristiani emigrati dalle colline Patkai. L'origine di questi gruppi nel nord dell'India è da ricercare in alcuni avvenimenti del secolo scorso. Un gruppo di Lisu convertiti, nel corso del XX secolo, lasciò la Cina per la Birmania, per evitare il governo comunista di Pechino. Quando poi il governo birmano impose loro di lasciare quelle terre, questi gruppi si trasferirono definitivamente nello stato indiano di Arunachal Pradesh.

I villaggi dei Lisu sono tradizionalmente costruiti vicino ai corsi d'acqua. Le loro case hanno mura costruite in bambù, anche se negli ultimi anni un numero sempre più crescente di Lisu ha cominciato a costruire le abitazioni con materiale più resistente, come il legno o la pietra. L'alimentazione dei Lisu si basa sulle coltivazioni montane di riso, di frutta e di altri vegetali. Tuttavia, essi sono sempre vissuti in regioni ecologicamente fragili che difficilmente garantiscono una sufficiente sussistenza. Essi hanno affrontato continui stravolgimenti causati sia da disastri fisici che sociali (terremoti e frane; guerre e dittature). Per questo motivo hanno sempre fatto dipendere la loro sopravvivenza dall'attività del commercio.





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Lü (popolo)


I lü sono un gruppo etnico stanziato in Cina, Vietnam, Thailandia, Birmania e Laos; tra le comunità lü di altri Stati la più popolosa è quella degli Stati Uniti. La popolazione totale è stimata in circa 560 000 individui.

In Cina, dove vengono classificati come parte delle etnie dai, i lü sono presenti essenzialmente ai confini con il Laos, nella parte meridionale della provincia dello Yunnan, la Prefettura Autonoma Dai di Xishuangbanna, con capitale a Jinghong (l'antica Chiang Hung). Altri grandi insediamenti sono nelle zone montuose di confine con la Cina del fiume Nero (in cinese: Lixianjiang), in Vietnam, e nella provincia di Phongsali in Laos.

I nomi e trascrizioni alternative per i lü sono: tai lu, lue, ly, lu, dai, dai le, Xishuangbanna dai, Sipsongpanna dai, pai-i, pai'i' e shui-pai-i.[1]

Storia
Lo stesso argomento in dettaglio: Chiang Hung.

Le migrazioni dalla Cina meridionale al nord dell'Indocina da parte dei popoli tai si erano intensificate verso la fine del I millennio d.C. I tai lü hanno molte affinità con i vicini tai yuan, da secoli stanziati nella zona dell'odierna Chiang Saen, nella parte meridionale del Triangolo d'oro. I lü si stanziarono nei territori dell'odierna prefettura del Xishuanbanna, nell'estremo sud-ovest della Cina,[5] dove sottomisero le locali popolazioni di etnia akha ed altre tribù tai della zona. Nel 1180 fu fondata la capitale regno tai lü a Chiang Hung (nome locale dell'odierna Jinghong), sulle rive del Mekong.[6]

Chiang Hung raggiunse la massima espansione all'inizio del XIII secolo, quando estese la sua influenza sulle mueang (città-stato) di Kengtung, nell'odierno Stato Shan birmano, di Ngoenyang, di Meuang Thaeng, l'odierna Dien Bien Phu, capitale dei tai dam, arrivando fino a Xieng Thong, l'odierna Luang Prabang, la più importante mueang del popolo lao. In virtù di questi successi, il regno era diventato lo Stato più potente fra quelli dei popoli di etnia tai. In questo periodo molti tai lü andarono a colonizzare tali territori, che erano diventati tributari di Chiang Hung.

Nel 1292, le armate mongole della dinastia Yuan di Kubilai Khan posero fine all'indipendenza di Chiang Hung. Non occuparono capillarmente il paese, che ribattezzarono Cheli, e lo lasciarono sotto il controllo delle precedenti autorità, che chiamarono tusi.[5] Del vuoto di potere creatosi ne approfittarono i tai yuan di Ngoenyang, guidati dal re Mengrai, la cui madre era figlia del re di Chiang Hung. Dopo aver conquistato il potente Regno di Hariphunchai, situato più a sud, Mengrai ribattezzò Lanna il proprio regno, che avrebbe avuto un ruolo di primo piano nel Sud-est asiatico fino al XVI secolo. Chiang Hung e i tai lü entrarono quindi nella sfera d'influenza Lanna. L'Impero cinese rinunciò a conquistare Chiang Hung e Lanna ottenendo in cambio periodici tributi.[5]

Nella prima parte del XVI secolo, il Regno Lanna entrò nella sua fase di declino e Chang Hung poté godere di un breve periodo di autonomia. Nel 1558, i birmani retti dalla dinastia di Toungoo conquistarono il Regno Lanna ed acquisirono il controllo di Chang Hung, il cui territorio fu suddiviso in 12 unità amministrative chiamate pan. Dodici pan, nella lingua dei tai lü, si traduce sipsong pan, che significa anche dodicimila. Fu allora che per indicare il territorio di Chang Hung venne coniato il nome Sipsongpanna, che vuol dire 12.000 campi di riso, forse con riferimento al termine Lanna, che significa un milione di campi di riso. Negli anni che seguirono, il territorio di Sipsongpanna fu teatro di diverse battaglie tra i birmani ed i cinesi della dinastia Qing, che cercavano di riprendere il controllo della zona.

Chiang Hung rimase sotto il dominio birmano per tre secoli. Alla fine del XVIII secolo, vi furono diverse guerre tra i birmani ed i siamesi, che acquisirono il controllo di Lanna nel 1775. Constatata la difficoltà di appropropriarsi di quei territori, re Rama I del Siam perseguì una politica di riunificazione dei thai e dei tai lü, favorendo il trasferimento di questi ultimi negli ex-territori Lanna. Tuttora vi sono consistenti comunità tai lü nelle province settentrionali del Laos e della Thailandia.

Con la sconfitta della Birmania nelle guerre anglo-birmane, il controllo del Sipsongpanna tornò definitivamente in mano ai cinesi verso la metà del XIX secolo. Nel 1895, con il declino cinese seguito alla prima guerra sino-giapponese, la Francia impose la suddivisione del territorio del Sipsongbanna annettendo al Laos, a quel tempo una sua colonia, l'attuale vasta provincia di Phongsali, fino ad allora parte del Regno di Chiang Hung.[7] Con il trionfo dei comunisti nella guerra civile cinese, che portò alla proclamazione della Repubblica Popolare Cinese, nel 1949 ebbe fine il Regno di Chang Hung. L'ultimo sovrano, Dao Shixun, presenziò alla cerimonia di fondazione della Repubblica ed ottenne in seguito un posto di rilievo in una prestigiosa istituzione dello Yunnan.

Nel 1953, il Sipsongpanna divenne la regione autonoma Dai del Xishuangbanna, con capitale a Jinghong. Il termine dai si riferisce all'insieme di gruppi etnici di cui, in questa zona, i tai lù sono la maggioranza. Nel 1955 lo Xishuangbanna divenne una prefettura autonoma.
Economia

Vivono di agricoltura e di commercio al dettaglio dei prodotti della terra.
Religione

La religione principale è il Buddhismo Theravada.
Lingua

L'etnia parla la lingua tai lü (ᦅᧄᦺᦑᦟᦹᧉ, traslitterato Kam Tai Lue), che fa parte delle lingue tai ed ha scarsa mutua intelligibilità con la lingua dei vicini shan di Birmania. Ha invece grandi affinità con la lingua lanna e la lingua dei tai khün di Kengtung, in misura minore con la lingua thai. Tra i principali dialetti vi sono quelli di Jinghong e di Muang Yong. Buona parte dei lü dello Xishuangbanna parla anche il cinese, che viene insegnato nelle scuole, e altre lingue di minoranze della zona. Il tai lü viene a sua volta parlato dalle etnie vicine in ambito commerciale.[1]

Un moderno alfabeto tai lü (talu) viene usato in questa zona. A volte viene usato il tai tham di Lanna nei monasteri. L'antico alfabeto lü viene usato nei monasteri, una versione moderna in alcuni uffici e in alcune pubblicazioni.[1]



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/L%C3%BC_(popolo)

 
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Manciù


Manciù (lingua mancese: ᠮᠠᠨᠵᡠ, manju; cinese: 滿族; cinese semplificato: 满族; pinyin: Mǎnzú), o anche Manchu, è il nome con il quale viene riconosciuta dopo il XVII secolo l'antica etnia degli Jurchi (in mongolo: Jürchen). Gli Jurchi affondano le proprie radici nel II millennio a.C. ed oltre.

Attualmente questo gruppo fa parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica Popolare Cinese. Sono originari della Manciuria, regione situata nel nord-est della Cina attuale. Nel XVII secolo, i manciù sconfissero la dinastia Ming e fondarono la dinastia Qing. L'impero Qing fu presente in Cina fino al 1912, quando venne instaurata la Repubblica di Cina dopo la rivoluzione Xinhai.
Placca commemorativa nella città di Pechino, in Cina; iscrizione in cinese a sinistra, e in lingua manciù a destra

I manciù vennero in seguito e in larga parte assimilati agli han, un processo che ha cambiato molte caratteristiche di entrambe le etnie. Il mancese è una lingua pressoché estinta, essendo parlata solo da piccoli gruppi di persone delle aree rurali nel nord-est della Cina[senza fonte]. Negli ultimi anni, comunque, c'è stato un ritorno di interesse verso la cultura manciù. I cinesi con antenati manciù oggi sono infatti moltissimi, anche se molti di loro si identificano come han. L'adozione di politiche favorevoli alle minoranze etniche (come ammissioni preferenziali all'università o opportunità di lavoro speciali) ha anche incoraggiato molti manciù a ritrovare la propria origine e identificarsi nel popolo originario della Manciuria.

Origini
Membro della Guardia imperiale Manciù al tempo dell'imperatore mancese Qianlong, a. 1760.

Secondo P. Huang gli antenati preistorici dei manciù furono, molto probabilmente, popoli stanziati nella valle del Fiume Giallo, nelle steppe della Mongolia, lungo le coste dell'Oceano Pacifico e nell'area attorno al Lago Bajkal. I predecessori dei manciù erano gli jurchi, una popolazione le cui prime tracce nell'area risalgono al II - I millennio a.C. Il popolo I-lou dominò la regione dal 202 a.C. al 220 d.C. In seguito, nel V secolo, i Wu-chi e, nel VI secolo le tribù dei Mohe. Una delle tribù Mohe, verosimilmente la tribù heishui, divenne capostipite degli jurchi.[3] I manciù sono i discendenti degli jurchi, i quali nel XII secolo, conquistarono una vasta area nel nordest dell'Asia fondando la Dinastia Jīn (letteralmente la Dinastia Dorata). Tutto questo sotto il comando del clan Wanyan che regnò sulla Manciuria e su metà della Cina settentrionale, fino a che non venne conquistato e distrutto dai mongoli di Gengis Khan. Il nome manciù fu ufficialmente adottato nel 1635 da Nurhaci degli jurchen dello Jianzhou, sebbene esso fosse già in uso dal 1605. Nurhaci era originario dell'odierna Corea del Nord e nacque vicino alle Montagne Paektu/Changbai. Il figlio di Nurhaci, Hong Taiji, decise che gli jurchi avrebbero chiamato loro stessi manciù e rese proibito l'uso del nome jurchi.

La lingua manciù o mancese, fa parte del gruppo linguistico delle lingue tunguse, gruppo membro della discussa famiglia linguistica delle lingue altaiche. È stata avanzata l'ipotesi che il mancese abbia delle similitudini con il coreano, il mongolo e con il turco. L'originario significato di manchu non è stato ancora individuato in maniera definitiva, sebbene sembra derivi da un antico termine per indicare gli jurchen dello Jianzhou. Un'altra teoria afferma che il nome derivi dal Bodhisattva Mañjuśrī (il Bodhisattva della Saggezza), del quale Nurhaci asseriva di essere la reincarnazione. Un'ultima teoria è che i manciù, come altri popoli tungusi, abbiano preso il loro nome dalla parola *mangu(n) 'grande fiume', comune a molte lingue tunguse. Prima del XVII secolo, gli antenati dei manciù erano generalmente pastori, cacciatori e pescatori, ma si dedicavano, ma in maniera limitata, all'agricoltura e all'allevamento dei maiali.
Fondazione della dinastia Qing
Lo stesso argomento in dettaglio: Dinastia Qing.

Nel 1616 un leader manciù, Nurhaci (1559-1626) fondò la dinastia Hòu Jīn (後金) / Amaga Aisin Gurun, chiamata più semplicemente lo Stato di Manciù (manju gurun) e, unificate le tribù mancesi, stabilì (o almeno espanse) il sistema dei vessilli manciù, una struttura militare che faceva della sua forza l'"elasticità" delle truppe a differenza del "numero", caratteristica dell'esercito cinese. Nel 1636, il figlio di Nurhaci, Hong Taiji, riorganizzò lo stato manciù includendo mongoli, coreani e cinesi cambiando fra l'altro il nome della nazione in "Dinastia Qing" e ufficialmente mutò il nome della nazionalità in manciù.

Successivamente Nurhaci conquistò l'area di Mukden (oggi Shenyang) e trasformò quest'ultima nella nuova capitale dell'Impero Qing nel 1621. Pechino fu catturata dai contadini ribelli di Li Zicheng nel 1644, ma ancor più difficile fu controllare l'intero territorio cinese. Molte furono le ribellioni, come ad esempio la « Rivolta dei Tre Feudatari » (sanfan zhi luan) mossa dall'imperatore Kangxi e soffocata soltanto nel 1681.

L'opera di conquista da parte della Dinastia Qing si dimostrò complessa perché in quegli anni era continuato il processo di dissolvimento della società divisa in ceti e che stava giungendo al termine con l'unificazione dei "cinesi" non grazie alla cultura (che aveva dato a lungo potere all'élite) ma grazie all'idea di razza.[4]

Per motivi politici, i primi imperatori mancesi sposarono delle vedove discendenti delle famiglie dei Khan mongoli, in questo modo i loro successori (come l'imperatore Kangxi) sarebbero stati visti come legittimi eredi della mongola Dinastia Yuan. Durante la Dinastia Qing, il governo manciù fece grandi sforzi per preservare la cultura mancese così come la lingua mancese. Ma i loro tentativi risultarono abbastanza vani poiché gradualmente molti manciù adottarono la lingua e i costumi degli han e, fino al XIX secolo, il mancese parlato fu sempre meno usato a corte. Il mancese scritto invece, venne sempre utilizzato, soprattutto per mantenere le comunicazioni e i rapporti tra l'imperatore e gli ufficiali a comando dei "vessilli" fino al collasso della dinastia. Comunque l'amministrazione Qing mantenne sempre un carattere duale negli incarichi stabilendo che tutti gli "uffici" dello stato dovevano essere composti contemporaneamente da un membro han e da un membro manciù. Nella pratica, a causa dell'esiguo numero di mancesi, tutte le più alte cariche statali erano occupate da funzionari han.

Durante gli ultimi anni della dinastia, i manciù vennero considerati dai nazionalisti cinesi, capeggiati da Sun Yat-Sen, come dei colonizzatori stranieri, anche se la Rivoluzione repubblicana era supportata da molti funzionari e ufficiali militari mancesi di stampo riformista. Questa immagine dei mancesi scomparve rapidamente dopo la rivoluzione del 1911 tanto che la nuova Repubblica Cinese incluse i manciù come parte integrante dell'identità nazionale del nuovo stato.
Divisione amministrativa

L'impero era chiamato dai cinesi "Regno di Mezzo" (Zhong guo) o "Celeste Impero" (Ta ching Kun). Verso la metà del XIX secolo era suddiviso in Regioni, 6 viceregni, 18 province ed oltre 150 prefetture (Fu) con 179 città di prima classe.

1) Cina (Zhong guo)

regno del Pei kiang
province del Pei Chihli ora Hebei (Pechino; 3 Fu), Shantong (10 Fu), Shansi (9 Fu)
viceregno del Kiang nan
province del Kian su (8 Fu), Kiang hsi (13 Fu), Anhuei (9 Fu)
viceregno dello Shen kiang
province del Fukien, Che kiang (10 Fu)
viceregno del Ch'in kian
province dello Shensi (7 Fu), Kansu (9 Fu)
viceregno dello Hu kuang
province dello Hupei (9 Fu), Hunan (9 Fu), Honan (9 Fu)
viceregno del Kuang nan
province del Kuang tong (10 Fu), Kuang si (11 Fu)
viceregno del Yun kuei
province dello Yunnan, Kueichou (13 Fu), Szechuan (8 Fu)

2) Manciuria (Manchou)

province militari di Chingking (Mukden/Shenyang), Kilin (Kirin), Saghalien Ula (Tsi tsi har)

3) Mongolia (Mengku) (1691)

24 "Bandiere" di khan vassalli: 8 manciù (1616), 8 mongole (1635), 8 cinesi (1643)
Mongolia interna: governo militare
Mongolia esterna: governi militari di Urga, Uliassutai, Kobdo, Tannu, Uriankhai

4) Tibet -Shisang/Bod (Lhasa)

5) Paesi tributari:

Taiwan
Ch'ing hai (Hsining), Ku-ku-nor
Nepal
Sikkim
Bhutan
Assam
Birmania
Siam
Luang Prabang
Annam
Brunei
isole Ryu Kyu
isola Sulu
Corea -Choson
isole Lieu Kiou
khanato di Kokand
khanato di Kotan
khanato di Yarkand
khanato di Kashgar
khanato di Kulgia
khanato di Ili
Kirghisi
Kazachi
khanato di Bokara
Afgani
Badhakhshan

Manciukuò
Lo stesso argomento in dettaglio: Manciukuò.

I giapponesi nel 1931, in Manciuria, crearono uno Stato fantoccio conosciuto con il nome di Manciukuò, guidato dall'ultimo imperatore cinese, Pu Yi. Secondo i piani dello stato maggiore giapponese, la maggioranza han avrebbe dovuto essere gradualmente sostituita sia dai manciù sia da coloni giapponesi, ma lo scoppio del conflitto tra Cina e Giappone nel 1937 impedì uno sviluppo armonioso del neonato stato. Alla fine della seconda guerra mondiale, il territorio del Manciukuò fu annesso nuovamente allo stato cinese.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Manci%C3%B9

 
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Maonan


I maonan (in cinese:毛难族; in pinyin: máonán zú) sono un gruppo etnico facente parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese. La popolazione totale si assesta sulle 105.000 persone, la maggior parte delle quali vive a nord della Regione Autonoma del Guangxi.

La lingua maonan appartiene al ramo linguistico kam-sui del ceppo tai-kadai. Solo metà dei componenti di questa etnia parla il maonan mentre l'altra metà usa il cinese o la lingua zhuang, a conferma dei legami dei maonan con l'etnia zhuang.

Fino alla dinastia Ming, il popolo maonan non appariva in nessun annale dell'Impero cinese e non vi sono documentazioni antiche relative a questa etnia. Dopo il periodo Ming, cominciarono a comparire le prime tracce di esponenti maonan, spesso trattati come schiavi da proprietari terrieri cinesi. La tradizione orale maonan racconta che i membri dell'etnia sono discendenti dei popoli che vissero nella provincia cinese di Hunan, i quali emigrarono poi verso Guangxi e si accasarono con le donne del luogo dando vita alla stirpe maonan. Altri appellativi frequenti nel corso della storia per questa etnia sono stati: lu, meng, wei e yan.

La maggioranza dei maonan sono politeisti. Venerano la divinità San Jie, considerata come un patriarca per l'intera comunità. Esiste un tempio dedicato a San Jie dove ogni anno viene sacrificata una mucca in suo onore, nel corso della cosiddetta "Festività del Tempio".





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Mongoli


I mongoli sono il popolo storicamente abitante della Mongolia, paese situato nell'Asia orientale.

Aspetti antropologici

Il gruppo etnico mongolo è caratterizzato da pelle molto chiara a giallo scuro, capelli molto lunghi, scuri, spessi e forti (la calvizie è praticamente sconosciuta, la canizie si manifesta rarissimamente prima dei 55 anni), barba non presente prima dei 25 anni di età, peli solo su ascelle e genitali.[5]

La statura è in media 168 cm per gli uomini e 160 cm per le donne, la corporatura è resistente alle fatiche, al forte freddo e al caldo.
Il risveglio dei mongoli nel medioevo
Le popolazioni mongole prima dell'unificazione
Asia ed Europa orientale nel periodo immediatamente precedente all'invasione mongola, XIII secolo.

Spesso alcuni fenomeni di vasta portata, come le invasioni barbariche del V e VI secolo o le migrazioni dell'inizio dell'XI secolo, furono innescati dalla spinta di popolazioni nomadi dell'Asia. I mongoli erano una popolazione nomade che abitava più o meno nell'odierna Mongolia orientale, a sud-ovest della Manciuria.

Essi erano noti ai Cinesi fin dalla dinastia Tang con il nome di Meng-ku e negli annali Chin[non chiaro] i Mongoli erano ricordati come una minaccia. Furono erroneamente chiamati Tatari o Tartari perché prima che i mongoli ottenessero la supremazia, i Tartari rappresentavano la più importante delle tribù delle steppe; inoltre nell'ottavo secolo il loro nome compariva già nei registri cinesi. Di conseguenza i Cinesi e gli altri popoli utilizzavano il termine tartari per indicare tutte le tribù delle steppe dell'Asia Centrale.[6] Grazie anche all'eloquente assonanza con il Tartaro pagano, cioè l'inferno per gli antichi - venne usato in Occidente, ma trasformato in Tartari, per definire questa popolazione.

Il vastissimo territorio tra la Grande muraglia cinese e i grandi fiumi siberiani era popolato da numerose tribù, spesso in lotta tra loro, che avevano dato parecchi problemi all'Impero cinese e agli stati europei più orientali come i principati di Novgorod e di Kiev. Tra queste popolazioni erano venute in contatto con l'Europa dall'VIII secolo i Khazari (convertitisi all'ebraismo), i Peceneghi (che vennero sconfitti dai Bizantini nel 1122), i Cumani o Polovzi, o le popolazioni dell'impero del Qara-Khitai (a sud del lago Balkash).

Fu Kabul Khan del clan dei Borjigin (Kiut-borjigin:dagli-occhi-grigi) a creare il grande stato mongolo assoggettando al suo governo tutte le tribù mongole; tale stato all'inizio fu vassallo della dinastia Chin (Sung settentrionali), ma in seguito le mosse guerra. Sotto il regno del khan successivo, Kutula, i Mongoli attaccarono nuovamente la Cina (1143), ma dopo alcuni successi iniziali scoppiarono dissidi interni in seno ai Mongoli e infine furono sconfitti da una coalizione di Cinesi e Tartari nel 1161. Conseguentemente la sovranità dei Chin fu restaurata su tutta la regione fino alle tribù occidentali dei Keraiti. Il padre di Gengis, Yesugei Bagatur (l'eroe) del clan Kiyat-Borjigin, tentò di restaurare il potere della sua tribù, ma fu avvelenato prima di riuscire a farsi eleggere Khan.
Gengis Khan e la fondazione dell'impero
Lo stesso argomento in dettaglio: Impero mongolo.
L'impero mongolo nel 1207 circa
L'avanzata mongola in Eurasia


Ma finché queste popolazioni erano in competizione tra loro la situazione poté essere tenuta sotto controllo sia dagli europei che dai cinesi, finché, nel XIII secolo, esse non trovarono un capo (un Khan) in grado di riunificarle: Gengis Khan, uno dei più grandi conquistatori di tutti i tempi, accostabile forse solo ad Alessandro Magno. Nato come Temujin tra il 1155 e il 1167 da un capotribù di un popolo stanziato nell'alto corso dell'Onon, entrò a servizio del khan dei Keraiti, una tribù turco-mongola cristianizzata secondo il credo nestoriano. Dopo aver sposato la figlia del khan (Börte) iniziò ad ampliare i propri domini battendo e assimilando le tribù vicine.

Fino al 1206 i Mongoli non avevano un re. Quando «Genghiz fu proclamato Khan alcuni anni prima nel 1203 egli non era stato investito di alcun potere legale, ma era soltanto il condottiero di una piccola banda di avventurieri - i suoi seguaci giurarono di obbedirgli in guerra, ma in pace semplicemente di astenersi dall'intralciarlo negli affari».[7]

Nel 1206 poteva controllare già tutta l'area del Gobi; durante un grande kuriltai (la dieta tribale) tenutasi alle sorgenti dell'Onon, venne proclamato Gran Khan, cioè khan di tutti i mongoli, che sotto di lui avevano trovato un'unità nazionale. Da allora fu noto come "Genghiz Khan" ovvero "Signore Universale".

Egli si diede a conquistare e organizzare i popoli, secondo un'organizzazione politico-militare basata sulla mobilità e fortemente gerarchizzata: ogni tribù (ulus, che indicava anche il patrimonio collettivo) era indipendente, ma tutte erano sottomesse alla famiglia imperiale, il cosiddetto "casato della stirpe aurea", sacro poiché mitologicamente derivato dal Dio del cielo, Tengri, divinità suprema dei mongoli. L'impero nel suo insieme era l'ulus della famiglia imperiale. Tutti i khan offrivano fedeltà e rispetto al Gran Khan, che li sorvegliava con un rapido ed organizzato sistema di intendenti e corrieri.

Ma l'aspetto più straordinario della sua personalità fu il genio in campo militare, dalla formidabile tattica: le armate mongole, forti di arcieri a cavallo, attaccavano nel più completo silenzio, guidate solo da bandiere di diverso colore, compiendo manovre complesse in assoluta simmetria e coordinazione, che incuteva una soprannaturale paura nel nemico. Gengis Khan curò anche la sua fama (l'"immagine") con calcolate azioni di straordinaria ferocia nel punire i nemici o di grande magnanimità verso gli alleati. La fama di inflessibile e invincibile fu un'ottima propaganda contro i suoi avversari politici, i quali sapevano che non sottomettersi equivaleva allo sterminio.

Nel 1211 le genti mongole erano unificate, quindi Gengis Khan guardò alla Cina; più o meno contemporaneamente i mongoli prendevano il regno turco-iranico del Kwārezm (Corasmia) e città come Samarcanda e Bukhara, dirigendosi poi a nord dove venne conquistato il regno della Grande Bulgaria, la cui popolazione fu deportata. Nel 1227 il grande leader morì lasciando un impero che si estendeva dalla Siberia al Kashmir, al Tibet, al Mar Caspio, al Mar del Giappone. Nonostante i genocidi, le deportazioni di massa e le città rase al suolo e ricostruite da zero, l'Impero mongolo era solido, pacifico, con genti diverse per stirpe, lingua e religione che convivevano armoniosamente sotto l'equa e inflessibile pax mongolica.
Dopo Gengis Khan
Distruzione di Suzdal da parte dell'esercito mongolo, dagli Annali della Russia

Alla morte di Gengis Khan (Re mongolo) i capi tribù, secondo la tradizione, si riunirono in un kuriltai presso Karakorum, per scegliere all'interno della famiglia imperiale un nuovo Gran Khan, che fu indicato in suo figlio Ögödei (1229). Subito venne ripreso il programma di conquista.

Ogödei si diede a completare la conquista della Cina settentrionale e della Persia, mentre suo cugino Batu, nipote di Gengis Khan, lanciò una spedizione contro l'Europa, arrivando nel 1238 sui ducati russi confederati, che già nel 1222 avevano conosciuto la furia delle orde tartare. Quando Kiev cadde nel 1240 la Cristianità entrò in un momento di crisi e terrore. Non conoscendo né la lingua né le origini dei mongoli essi apparivano come un'entità sovrannaturale, terribili, dall'aspetto più ferino che umano, come li descrivono gli Annali di Novgorod. Molti credettero che fosse arrivata la punizione divina ai peccati del mondo, collegandosi al mito cristiano delle popolazioni bibliche infernali di Gog e Magog quali araldi dell'Anticristo.

Nel 1241 i cavalieri di Batu Khan si erano impadroniti di un vasto territorio tra il Volga e il Mar Nero, futuro nucleo dell'Impero dell'Orda d'Oro, e poterono riversarsi più a ovest, dove attaccarono la Polonia, la Boemia e l'Ungheria. A niente servì la difesa della migliore cavalleria cristiana, compresi i cavalieri Teutonici che vennero decimati a Liegnitz. Federico II si appellò allora a tutti i sovrani cristiani per bandire una crociata e anche papa Gregorio IX parve incline a tale soluzione. Ma fu lo stesso Batu a ritirarsi dai territori europei conquistati perché il suo esercito aveva subito gravi perdite e perché la conquista poteva trasformarsi in una folle avanzata senza appoggi logistici. Inoltre l'elemento che rese imminente una ritirata fu la morte di Ögödei e la riunione di un nuovo kuryltai.

Nel 1241 venne scelto come nuovo Gran Khan Güyük, che non riprese la campagna contro l'Europa, anzi da lui in poi i mongoli si dedicarono all'assoggettamento della Cina, dove crollò la dinastia Sung nel 1249 e venne instaurata la prima dinastia non-cinese dell'Impero, quella mongola degli Yuan, con il primo imperatore mongolo-cinese di Khubilai. Da allora la famiglia imperiale e l'aristocrazia mongola iniziarono un profondo processo di sinizzazione, come se volesse fare il possibile per far dimenticare le proprie origini ai colti cinesi. L'imperatore degli Yuan era di fatto il Gran Khan, ma dalla seconda metà del XIII secolo ormai l'impero mongolo era diviso in quattro stati federati, che formalmente riconoscevano la suprema autorità del Gran Khan, ma di fatto ebbero vita indipendente. Questi quattro imperi erano

Quello cinese, con capitale a Pechino, che durò fino al 1368 quando salì al potere la dinastia Ming.
Il Khanato dell'Orda d'Oro, nel sud dell'attuale Russia
Il Khanato Chagatai, tra lago d'Aral, Tibet e Cina
Il Khanato di Persia, ottenuto dopo la sconfitta dell'ultimo califfo abbaside e la presa di Baghdad nel 1258.

Gli storici stimano che le invasioni dei Mongoli provocarono diverse decine di milioni di morti. È generalmente accettato che l'estinzione degli iranici come gruppo linguistico in Asia Centrale (Sogdiano, Battriano e Corasmio) e in Siberia sia principalmente avvenuta in questo periodo, mentre geneticamente i discendenti degli iranici continuano a vivere mischiati ai mongoli e alle varie popolazioni turche dell'asia centrale. Le popolazioni cinesi a nord del fiume giallo, facenti parte della dinastia Sung settentrionale, si ridussero da 46 milioni a soli 4,5 milioni[8]. Inoltre le devastazioni che l'invasione mongola provocò decretarono il tracollo e la duratura crisi del mondo arabo, dell'Asia centrale e dei principati russi.
Il mito dei Mongoli e la scoperta dell'Asia
Lettera del Khan Güyük a papa Innocenzo IV del 1246

La comparsa sulla scena europea dei mongoli, oltre al terrore, aveva anche riacceso l'interesse per i misteriosi popoli orientali protagonisti di leggende come quella del Prete Gianni. Alcuni avevano spiegato la decisa avanzata dell'esercito di Batu Khan verso il Danubio e il Reno come la rivendicazioni di quelle popolazioni a riconquistare le reliquie dei re Magi, loro antenati regali, conservate a Colonia. Queste leggende, oltre al contenuto in sé, testimoniano le speranze di intendersi e mediare con queste genti, sfruttando dei presunti legami in comune nella fede cristiana. Innocenzo IV, pur incitando a volte la crociata contro di essi, era anche attratto da una soluzione pacifica e diplomatica, con un certo ottimismo riguardo alle notizie che i mongoli tenessero in gran credito i membri della Chiesa nestoriana, secondo notizie esagerate riportate dai nestoriani stessi. La Chiesa romana sembrava incline a voler convertire i mongoli e attrarli come difensori del papato, senza poter comprendere la visione sincretica e magico-superstiziosa dei mongoli rispetto a tutte le religioni.

Vennero indette due principali spedizioni diplomatico-missionarie dirette ai mongoli, una via Persia ed una via Russia e le steppe asiatiche, con l'incarico di saggiare la potenza dei mongoli. Il compito era affidato a frati francescani e domenicani, che tornarono e scrissero le loro esperienze in vari diari di viaggio, come nella Historia mongalorum del francescano Giovanni del Pian del Carpine.

Anche Luigi IX di Francia era interessato ai popoli asiatici, soprattutto ai mongoli di Persia dai quali sperava di ricevere aiuto contro i musulmani nella crociata da lui organizzata nel 1248. Inviò due francescani come messi al Gran Khan, Guglielmo di Rubruck e Bartolomeo da Cremona, che partirono da Acri, in Palestina, nel 1253 e tornarono nel 1256, con lettere del Möngke Khan per il re. Il Khan si era dimostrato molto interessato ai regni di origine di quegli ambasciatori e il successo della loro missione testimonia come i viaggi fossero relativamente sicuri e veloci grazie alla pax mongolica.

Interessati all'Asia erano anche i Veneziani, soprattutto per motivi commerciali. Nel 1260 i due mercanti Matteo e Niccolò Polo partirono da Costantinopoli verso l'Orda d'Oro, poi arrivarono a Bukhara fino alla residenza estiva del Khubilai Khan, a nord della Grande Muraglia, dove rimasero circa un anno visitando anche la splendida Pechino. Tornati a Venezia nel 1269 rivelarono come fossero rimasti in buoni rapporti col Khan, promettendo di tornare con notizie e regali dall'Europa. Nel 1271 ripartirono alla volta dell'Estremo oriente e il viaggio si protrasse più a lungo, con il figlio di Niccolò, il celebre Marco Polo, che rimase in Cina al servizio del Gran Khan fino al 1292, narrando poi le sue esperienze ne Il Milione, uno dei capolavori della letteratura europea di viaggio.

La strada verso l'oriente era ormai aperta e fu percorsa da molti, tra i quali i missionari papali che cercavano di portare i mongoli alla propria causa. Nel 1285 Onorio IV aveva ricevuto un'incoraggiante missiva dal Khan di Persia Arghun che rilanciava l'idea di un attacco congiunto contro il nemico comune dei mamelucchi. Arghun infatti, sebbene educato al buddhismo, era in buoni rapporti con il nestoriano Mar Yahballah, che lo incoraggiava a rapporti amichevoli con gli occidentali. Purtroppo le offerte di Arghun giungevano in un momento di crisi generale a seguito dei Vespri siciliani e nel 1291 sarebbe caduta San Giovanni d'Acri, lo stesso anno della morte del Khan. L'occasione era ormai persa, infatti alla fine del XIII secolo i mongoli dell'Orda d'Oro e del Khanato di Persia si convertirono all'Islam.

Restava una possibile alleanza con il Gran Khan cinese, che venne percorsa dai missionari, come il francescano Giovanni da Montecorvino che nel 1294 fondò il primo vescovado latino nell'Impero cinese. Ai primi del Trecento erano numerosi i francescani in Cina, dove compivano un'ampia attività missionaria. Il Codex Cumanicus è la testimonianza di tale opera e la summa linguistica delle conoscenza dell'Asia, quale grande dizionario dal latino al persiano (la lingua internazionale dell'Asia) e al mongolo letterario. Altri resoconti, che andavano confermando o ridimensionando le antiche leggende sui popoli asiatici, furono, tra gli altri, la Relatio orientalium partium di Odorico da Pordenone, o il fantastico racconto di Giovanni di Mandeville.

Nel 1368 però cadde la dinastia mongola, odiata dai cinesi, i quali per reazione al dominio straniero si chiusero su sé stessi, bandendo con fermezza tutti gli occidentali, favoriti dai nemici Yuan. La via di terra verso l'Estremo Oriente fu quindi preclusa agli europei, ma restava la via di mare, che venne continuamente cercata, con la circumnavigazione dell'Africa e dell'Asia per raggiungere di nuovo le straordinarie "Indie". Lo stesso Cristoforo Colombo, a fine del Quattrocento, partì sperando di mettersi in contatto con il Gran Khan.
Kublai Khan in Cina e la dinastia Yuan (1271-1368)
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Tamerlano (1330 - 1405)

Mentre il Khanato dell'Orda d'Oro acquistava forza arrivando a rendere suoi vassalli i principi russi di Mosca, quello di Persia si indebolì, venendo gradualmente eroso dai vicini arabi, turchi, persiani e georgiani. Un'analoga sorte avversa stava toccando al khanato del Ciaghtay, tra l'Amu Darya e la Mongolia, ma cui la cultura non era stata islamizzata come nelle regioni occidentali.

Nel 1336 nacque in un villaggio vicino a Samarcanda Timur ("Ferro"), più noto come Tamerlano, in una tribù che faceva parte dei disprezzati karaunas (i "mezzosangue"). Egli era figlio del capo dell'ulus (tribù), che comprendeva genti mongole e musulmane fortemente turchizzate. Tamerlano sfruttò le rivalità tra le vicine tribù e le debolezze dei vari khan e grazie ad un'accorta politica guerriera egli seppe conquistare tutta la Transoxiana nel 1369. Un anno dopo assunse il titolo di "grande" emiro, a voler sottolineare le pretese di supremazia su tutti gli emiri della regione. Grazie al matrimonio con la principessa Saray Malik Katun, discendente di Gengis Khan, prese il titolo di "kürgen", genero imperiale. Scelse Samarcanda come sua capitale, una città di incontro tra mondo greco e indiano, già abitata da Alessandro Magno, ed emporio tra i più importanti sulla via della Seta. Vennero formalizzate una serie di istituzioni statali, come i periodici kuryltai che avrebbero dovuto legittimare il suo governo, in realtà dispotico, e la zona (dell'attuale Uzbekistan) divenne un centro di grande crescita culturale e artistica.

Durante i tre decenni successivi Tamerlano condusse campagne militari in tutte le direzioni, con metodi travolgenti e spesso spietati. All'inizio del XV secolo possedeva un impero che andava dal Mar Caspio al Caucaso, al lago d'Aral e tutta l'area tra il Syr-Darja e l'Indo.

Sembrava solo che gli ottomani fossero in grado di resistergli, anzi gli occidentali iniziarono a pensare che i loro interessi potessero coincidere con quelli di Tamerlano, contrapponendosi congiuntamente all'avanzata turca. Gli europei vedevano in lui molte analogie con i mongoli di un secolo e mezzo prima, anche se egli era ormai islamico, ed una nuova pax mongolica avrebbe aiutato molto le vicende dei mercanti occidentali. Il principe bizantino Giovanni, si accordò allora col podestà genovese di Galata per inviare ambasciatori al Khan. I bizantini infatti erano già costretti a pagare un tributo al sultano turco, ed essi proposero a Tamerlano di versarlo a lui in cambio di un'alleanza per sconfiggere i turchi stessi. Un'ambasceria parallela venne condotta anche dal re di Francia tramite alcuni domenicani.

Tamerlano, che stava effettivamente preparandosi ad attaccare i turchi, accettò le proposte, sperando anche che tramite Venezia e Genova egli avrebbe potuto ottenere quella flotta che non possedeva, e nel 1402 i mongoli batterono gli ottomani presso Ankara. Tamerlano divenne padrone dell'Anatolia, ma si rivelò presto un'arma a doppio taglio per gli occidentali, in quanto non era disposto ad accettare alcuna sottomissione. Rivendicando la discendenza da Gengis Khan e pretendendo la restaurazione dell'Impero mongolo attaccò a Smirne gli Ospitalieri di Rodi, cacciandoli e sottomettendo le due città chiamate Focea e Chio. Gli europei erano molto indecisi sul da farsi e molti continuavano a sperare, come Enrico III di Castiglia che spedì più ambascerie a Tamerlano. In definitiva era più appetibile per Tamerlano l'Impero cinese, ma le sue aspettative furono interrotte dalla morte nel 1405. L'immenso impero venne frammentato tra più potentati ostili tra loro e l'avanzata ottomana su Bisanzio poté riprendere.
Il Khanato dell'Orda d'Oro
Lo stesso argomento in dettaglio: Khanato dell'Orda d'Oro.
Il Khanato dell'Orda d'Oro nel 1389

L'unica traccia delle invasioni mongoliche del XIII e XIV secolo in Europa restò il Khanato dell'Orda d'Oro, che prendeva il nome dalla "Dinastia d'Oro" di Batu, con capitale a Saraj, sul Volga. Durante il suo apogeo arrivò ad assoggettare i territori dalla Finlandia al Mar Nero. Gli stessi prìncipi di Mosca gli pagarono a lungo dei tributi. L'impero subì duri colpi durante l'espansione di Tamerlano e durante il Quattrocento subì la riscossa dei russi con Ivan III il Grande. Alla fine del XIV secolo si frammentò in più khanati che sparirono gradualmente.
Letteratura sui Mongoli
La linea arancione mostra l'estensione dell'impero mongolo nel tardo XIII secolo. La zona rossa mostra l'area in cui è dominante l'etnia mongola oggigiorno. La piccola area nel sud-ovest della Russia rappresenta la diffusione dei Mongoli Calmucchi (Kalmyk) europei.

Giovanni da Pian del Carpine e Guglielmo di Rubruck descrivono i loro viaggi fino alla corte del Gran Khan. Dal Milione di Marco Polo si traggono utili informazioni circa la situazione geopolitica ed etnologica dell'Asia centrale e della Cina, dei tempi di Kublai Khan, nipote di Gengis Khan.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Mongoli

 
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Monpa


I Monpa (o anche Monba; in cinese: 门巴族; in Pinyin: ménbà zú) sono un gruppo etnico facente parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese, concentrato prevalentemente nel territorio conteso dello Stato indiano di Arunachal Pradesh, al confine tra India e Cina. La popolazione dei distretti di Tawang e Kameng arriva a circa 50.000 individui, mentre quella del distretto di Cuona, in Tibet, si assesta sulle 25.000 persone. Queste ultime sono conosciute anche come Menba. Un altro piccolo gruppo di Monpa (circa 2500 persone) può essere trovato in Bhutan.

La parola Monpa significa "Popolo di Mon-yul" (Mon-yul significa "terra" in lingua tibetana). I Monpa mostrano notevoli affinità con gli Sharcop del Bhutan. La loro lingua Monpa appartiene alla famiglia delle lingue Tibeto-Birmane, ma è abbastanza differente dai dialetti tibetani orientali, proliferanti nella regione, sebbene il Monpa usi il tibetano per la forma scritta.

I Monpa sono suddivisi in sei sottogruppi a seconda delle variazioni del loro linguaggio:

Tawang
Dirang
Lish
Bhut
Kalaktang
Panchen

Religione

I Monpa sono principalmente seguaci del Buddhismo tibetano della scuola Gelugpa, sebbene diversi membri dei Monpa sono seguaci della religione animista Bön. In ogni famiglia sono piazzati piccoli altari buddisti decorati con statue di Buddha rifornite con offerte d'acqua in piccole coppette e, spesso, rischiarati da piccole lanterne.

È diffusa la credenza nella trasmigrazione dell'anima e nella rinascita, in quanto le loro vite sono fortemente basate sul monastero Tawang nell'omonimo distretto, dove numerosi giovani Monpa crescono come Lama dopo essersi uniti al monastero.





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Mosuo


I Mosuo (摩梭S, MósuōP), noti anche come Moso o Mosso[2], sono un piccolo gruppo etnico che vive nelle province cinesi dello Yunnan e del Sichuan, con una popolazione di circa 50.000 individui, la maggior parte dei quali si trova vicino al lago Lugu. Gli antenati degli odierni Naxi e Mosuo migrarono dal Tibet attorno al 1000 d.C.. Parte del gruppo si è fermato nei pressi del lago Lugu dando origine ai Mosuo, mentre il resto ha proseguito verso sud fino a Lijiang dove oggi vivono i Naxi. Dopo molti secoli, i due gruppi hanno sviluppato una notevole differenza etno-linguistica. Nonostante queste differenze, per la classificazione in uso nella Repubblica Popolare Cinese, l'etnia Mosuo appartiene allo stesso gruppo dei Naxi.

Cultura

L'organizzazione sociale è matrilineare.

Ogni persona dei vari clan in cui è divisa la popolazione possiede il nome della donna più anziana, la madre del clan. I nomi, come la proprietà della casa e della terra, sono esclusivamente ereditati dalla stirpe femminile. A circa tredici anni, dopo la cerimonia d'iniziazione, le ragazze sono considerate membri a pieno titolo del clan ed hanno la chiave della loro camera da letto. La matriarca di un clan, con l'aiuto delle sue sorelle, si occupa degli affari sociali, economici e della casa. È l'amministratrice di tutti i possedimenti del clan: la casa, i campi, gli animali ed i prodotti alimentari domestici, come i cavalli, che sono di solito usati dagli uomini del clan (i suoi fratelli ed i figli). Tuttavia è il fratello che viene scelto per essere il rappresentante del clan negli affari esterni, la comunicazione con i vicini, le assemblee e la pianificazione del lavoro degli uomini che sono anche deputati a lasciare i villaggi per recarsi altrove a commerciare, o a macellare il bestiame attività severamente vietata alle donne. Per di più gli uomini lavorano meno delle donne e spesso passano il loro tempo riposando e giocando a carte[3]

Durante le danze in onore della dea dell'Amore "Gan mu"[in cinese?], le giovani donne scelgono un nuovo partner fra i giovani uomini[4]. Gli uomini non possono scegliere. L'eletto ha il diritto di andare a trovare la donna nella propria camera da letto la stessa notte. Tuttavia la mattina seguente all'alba deve lasciarla perché non ha alcun diritto di vivere con costei. Tale pratica viene detta in cinese zou hun (走婚S, zǒu hūnP). La cura dei figli e la loro potestà pertengono esclusivamente alla madre e al suo clan. Gli uomini e le donne non vivono insieme ma ciascuno nella propria famiglia d'origine. I fratelli delle giovani donne si prendono cura delle nipotine e dei nipoti, che sono considerati come loro figli. Quindi a tali zii è affidata la paternità sociale dei bambini configurando un sistema di avuncolato tipico delle società matrilineari.

I bambini, secondo i Mosuo, vengono dal regno degli antenati e non da un uomo dell'altro clan, poiché le antenate vengono venerate, i bambini sono sacri. Secondo i Mosuo, le antenate ritornerebbero in vita attraverso i bambini. Durante lo sviluppo del bambino, i membri del clan lo identificano con un antenato. Alla cerimonia d'iniziazione, alla bambina verrà dato il nome dell'antenata a cui è stata associata e da quel momento viene considerata a tutti gli effetti come una reincarnazione dell'antenata stessa. Quando una anziana donna muore, durante la sua cerimonia funebre il costume d'iniziazione di una ragazza di tredici anni e dei viveri sono posti vicino alla sua bara, perché secondo i Mosuo, "ritornerà come giovane donna."
Religione
I Mosuo praticano due diverse religioni. La religione antica, chiamata Daba (达巴S, DábāP), è stata una parte della loro cultura per migliaia di anni, si basa su principi animistici e coinvolge il culto degli antenati e il culto di una dea madre. I Mosuo praticano anche il buddismo tibetano, che è diventata parte della loro cultura nella storia più recente, tuttavia oggi svolge un ruolo di gran lunga più importante nella loro vita quotidiana ed è diventata la religione predominante.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Mosuo

 
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Mulao


I Mulao (o anche Mulam, in cinese 仫佬族; in Pinyin: Mùlǎo zú) sono un gruppo etnico facente parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica Popolare Cinese. Con una popolazione di 207 352, l'80% dei Mulao vive nella contea autonoma dello Luocheng nella regione autonoma dello Guanxi Zhuang, altri, invece, vivono nelle province dello Guizhou e Guangzhou.

Origini

I Mulao, conosciuti anche come Mulan, sono discendenti delle antiche tribù Liao e Ling, abitanti della regione durante la Dinastia Jin (265-420 A.C.). Per molto tempo fu in vigore il sistema feudale in cui il Signore riscuoteva regolarmente le tasse sotto forma di prodotti agricoli, i quali consistevano, praticamente, nel 60% della produzione. Durante il periodo della Dinastia Ming e all'inizio della Dinastia Qing, I Mulam si distaccarono gradualmente dai Liao e Ling e cominciarono a formare un singolo gruppo etnico attorno al distretto dello Luocheng, nello Guangxi, fondato dall'Imperatore Jiajing durante la dinastia Qing. Secondo alcuni libri di storia e alcune leggende, durante le dinastie Ming e Qing, gente proveniente da altri gruppi si spostò in questa zona e cominciando ad integrarsi con i Mulam fino ad esserne assimilati. Per secoli i Mulao hanno cercato di preservare la propria etnia dall'essere sopraffatta dai dominanti gruppi di Han, Zhuang, Miao e Dong. Dopo il 1945 i Mulao passarono sotto il regime e molti di loro si arruolarono e combatterono a fianco dell'Armata Rossa Cinese contro le forze armate del Kuomintang. Dal 1949 il territorio venne poi liberato e i Mulao divennero parte del nuovo regime instaurato. Oggi pur nel centro principale della civilizzazione Mulao, ovvero il distretto del Luocheng, essi non vestono più i loro costumi tradizionali e molti di loro parlano il Mandarino come loro lingua madre.
Lingua

I Mulam fanno parte della branca Dong-Shui, della famiglia linguistica Tai-kadai (o Daic). Essi, infatti, dividono alcune somiglianze lessicali per il 65% con i Dong e gli Zhuang. La lingua Mulao non ha consonanti occlusive. C'è un sistema di 11 vocali e si tratta di una lingua tonale con dieci toni. Sebbene la lingua Mulao sia parlata dalla maggior parte di essi, molti di loro sono bilingue o multilingue, parlando soprattutto Cinese, Zhuang e Dong. I Mulam hanno riutilizzato l'ortografia cinese per scrivere e leggere fin dalla Dinastia Ming (1368-1644). Oggigiorno, tuttavia, molti di loro parlano il Mandarino come propria lingua madre.
Cultura e costumi
Architettura

i Mulam si sono stanziati in villaggi vicino a montagne e fiumi. Le case tradizionali sono fatte di fango con un tetto di tegole. Prestano, inoltre, grande attenzione alla decorazione interna, la parte più alta della stanza centrale, ha solitamente bellissimi temi decorativi.
Vestiti

I Mulao preferiscono il nero o il blu scuro per i loro vestiti. I vestiti tradizionali sia degli uomini che delle donne sono blu scuri o neri, cuciti a mano. Gli uomini normalmente vestono una giacca senza collo e abbottonata in fondo con dei pantaloni lunghi. Quando lavorano portano dei sandali ricavati dal bambu o dal lino. Le giovani donne vestono indumenti abbottonati sul lato destro e dei pantaloni, mentre le donne più anziane coprono il capo con cerchietti neri e portano un grembiule e delle scarpe strette con una forma che ricorda una barca, le cui punte sono decorate con fiori di tessuto o fatti a maglia.

Le giovani non sposate legano i propri capelli in una treccia e hanno una frangetta. Le donne, in generale, amano portare orecchini, collane, accessori per capelli e braccialetti.
Cucina

L'alimento tipico dei Mulao è il riso. La carne deriva prevalentemente da maiali, mucche, polli e anatre, mentre è proibito mangiare carne di gatto e di serpente. Il loro cibo preferito è il riso glutinoso, infatti durante le festività si scambiano regali fatti con questo tipo di riso. Il piatto principale è lo “zongzi” (un cuscinetto di riso glutinoso). Alla gente piace anche il cibo acido e piccante, come la tradizionale verdura saltata “Mulams Pickle”, che ogni famiglia è tenuta a cucinare ogni anno per le festività.
Musica

Le canzoni tradizionali dei Mulao esprimono la storia, la vita lavorativa, la felicità e l'amore. Sia gli anziani, che i giovani, uomini e donne, tutti possono cantare in stile antifonale. Quando le feste si avvicinano si può sentire musica dappertutto. Lo stile tradizionale delle canzoni è l'Impromptu e Changgutiao (canzoni delle storie antiche). La prima riguarda gli augurii, le congratulazioni e le lodi e solitamente vengono cantate ai matrimoni, mentre per quanto riguarda lo Changgutiao, si tratta di canzoni popolari che narrano di figure storiche e storie raffigurate
Religione e festività

I Mulao non hanno una religione ben definita. Adorano molti Dei e allo stesso modo i loro antenati. Da questo derivano alcuni tabù e festività. Oltre alle feste in comune con gli Han, come la “Festa di Primavera” (capodanno cinese) e il giorno “Autunno Min”, i Mulao hanno delle proprie festività speciali. Tra le principali vi è lo “Yifan Festival” che si tiene ogni 3 anni con lo scopo di adorare gli dei ed esorcizzare il diavolo, portando felicità e sicurezza e per celebrare il buon raccolto. In questo giorno vengono sacrificati maiali e polli, cantate canzoni e si danza il ballo del dragone e si ascolta lo sciamano del villaggio recitare un sermone. Oltre a questo vi è il festival diretto ai giovani uomini e alle donne innamorate. Per questa festa gli uomini sono vestiti elegantemente e camminano in gruppo per sentieri cantando canzoni popolari e attraverso le canzoni cercano la loro anima gemella.
Economia
L'economia dei Mulao è prevalentemente agricola e di allevamento. Le tecniche usate sono pressappoco le stesse utilizzate dagli Han e dagli Zhuang. Gli animali allevati sono buoi e bufali, ma anche cavalli. Circa il 60% della terra arida è stata occupata dalle risaie usando come fertilizzate il letame. I Mulam hanno un sistema di irrigazione abbastanza sviluppato. Nel passato ogni famiglia aveva la propria produzione di base. Non c'era una stretta divisione del lavoro, tuttavia l'aratura, il trasporto del letame e la trebbiatura erano tipici lavori degli uomini, mentre le donne si occupavano della semina e della cura della casa. Un'altra attività tipica era il raccolto di erbe medicinali, l'allevamento di bestiame, la lavorazione del ferro e la tessitura. Nel passato l'area dei Mulao era controllata da ricchi proprietari terrieri, soprattutto la parte più fertile, essi riscuotevano loro un affitto senza pagargli il lavoro. Oggi l'economia è basata ancora sulla produzione di riso, sull'estrazione di carbone che da lavoro a molti dei Mulao, tant'è che la città viene chiamata “città del carbone”, sulla forgiatura del ferro e la produzione della ceramica. Famosa è anche la predisposizione dei Mulao alla medicina, su cui hanno sviluppato delle proprie teorie e tecniche diventate famose e la “Mulao Medical Association” venne stabilita nel distretto.





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Naxi


I naxi (o anche nakhi; cinese: 纳西族S, Nàxī zúP) sono uno dei gruppi etnici tra le 56 minoranze riconosciute ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese. Sono censiti circa 300 000 nàxī, concentrati essenzialmente nel distretto di Gucheng (丽江古城区 Li Jiang Gu Cheng Qu) e nel paese autonomo di Yulong (玉龙纳西族自治县 Yulong Nàxīzu Zi Zhi Xian) che assieme costituiscono formalmente la città-prefettura di Lijiang (丽江纳西族自治县 Lijiang Nàxīzu Zi Zhi Zian) della provincia dello 云南 Yunnan, ed il nome cinese della lingua naxi è nàxīyu 纳西语. Oltre ai naxi della regione di Lijiang si registrano comunità minori nel sud-ovest della provincia del Sichuan ed in territorio tibetano.[1]

I primi documenti diffusi in occidente inerenti alla cultura nàxī, risalgono agli studi enciclopedici del botanico Joseph Rock (1952, 1963, 1972, e così via) ed al romanzo di Peter Goullart (1955).

Peter Goullart, medico taoista di origine russa, descrisse nel suo libro Forgotten Kingdom la vita e le usanze dei nàxī di Lijiang e della regione circostante; Joseph Francis Charles Rock (Vienna 1884 – Honolulu 1962) esploratore e botanico, sostò e visse presso Lijiang, nei vicini villaggi di Labao (剌寳村) e Nguluko (雨湖村, Yuhu) scrivendo numerosissimi articoli, un dizionario enciclopedico della lingua nàxī in 2 volumi, un dizionario enciclopedico sul culto dei Naga i due volumi e una monografia storica sui nàxī in due volumi, traducendo e collezionando molti manoscritti originali attualmente conservati presso diversi enti (Harvard Yengching Library Museum; West Deutsche Bibliothek – Marburg/Lahn; Library of Congress).

All'interno della minoranza etnica nàxī, il governo cinese ha classificato il popolo Mosuo (o Moso), sebbene le differenze culturali, linguistiche e storiche tra naxi e mosuo siano incontrovertibili.

I naxi sono depositari della tradizione religiosa Dongba (东巴), nonché della tradizione pittografica omonima e di una florida espressione artistica e culturale.

Lingua

La lingua naxi viene classificata fra quelle della famiglia tibeto-birmana.[2] Dal punto di vista prettamente grammaticale la lingua nàxī è stata studiata e descritta da:

BRADLEY, David. 1975. «Nahsi and Proto-Burmese-Lolo.» Linguistics of the Tibeto-Burman Area, tomo 2° Volume I
HE Jiren 和即仁 and JIANG Zhuyi 姜竹仪. 1985. Nàxīyǔ Jiǎnzhì 纳西语简志 (Presentazione della lingua Nàxī). Beijing: Minzu Chubanshe.
HE Zhiwu 和志武. 1987. Nàxīyǔ Jīchǔ Yǔfǎ 纳西语基础语法 (Grammatica basilare della lingua Nàxī). Kunming: Yunnan Minzu Chubanshe.
PINSON, Thomas M. 1996. Nàxī phonology - a flat phonemic statement of the Longquan dialect. SIL unpublished manuscript. Lijiang/Dallas.
PINSON, Thomas M. 1998. Nàxī-Chinese-English Glossary, with English and Chinese Indexes. Dallas: The Summer Institute of Linguistics.
HANSSON, Inga-Lill. 2003. «Akha.» The Sino-Tibetan languages ed. by G. Thurgood and R. LaPolla, 236-251. London: Routledge.

La lingua nàxī è monosillabica, con sillabe aperte (senza consonanti finali), generalmente strutturate secondo lo schema C + ( G ) + V, dove C è una consonante, G una semivocale /w/ o /j/ e V una vocale.[3]

Nonostante questo semplice schema sillabico essa risulta foneticamente molto complessa, così come si evince sia dai risultati dei recenti studi di Alexis Michaud[4] sulla fluttuazione tonale nelle sillabe, la riassociazione tonale, il comportamento delle neutralizzazioni, la replicazione sillabica, l'esistenza ed il comportamento del IV tono ascendente nella lingua nàxī, sia dagli studi enciclopedici sui nàxī del botanico Joseph Rock[5] e di Peter Gullart.[6]

Dal punto di vista linguistico la grammatica segue a grandi linee gli schemi linguistici prototibetani - birmani con alcune caratteristiche palesi: il verbo è sempre posto nella parte finale del periodo, vi sono molte posposizioni casuali, comprese le marcature del caso ergativo ed antiergativo: la struttura del sintagma nominale è generalmente del tipo [nom + agg. + dim. + numerale + classificatore/misuratore].[7]

Il modello del periodo verbale della lingua Nàxī è riconducibile alle lingue yi/lolo (ad esempio hani, lisu e lahu) ed è strutturato secondo la concatenazione SOV [Sogg. + Ogg. + Verbo], ed in questo schema i verbi principali tendono ad assumere l'ultimo posto nella concatenazione della frase, nella quale magari si susseguono verbi ausiliari e particelle modali; il nàxī non presenta alcuna forma passiva, sebbene alcuni studiosi asseriscano il contrario.[8]

Sulla base dei dati ricavati dagli studi linguistici condotti tra il 1950 ed il 1956 (Commissione cinese per lo studio delle etnie e delle minoranze non han), di cui alcuni risultati sono stati pubblicati successivamente (He Jiren, Jiang Zhuyi, 1985), la lingua nàxī è stata suddivisa in due aree dialettali principali, occidentale ed orientale.

Attualmente coloro che appartengono all'area dialettale orientale sostengono e rivendicano di essere un popolo proprio, non nàxī, e propongono per il riconoscimento della loro nazionalità sotto il nome di 摩梭 moso: brevemente, i mosuo (e/o moso, 摩些 moxie) sono i nomi usati formalmente nelle cronache cinesi a partire dalla dinastia Tang (618 – 907), nome che è stato ufficialmente sostituito nel 1949 dal termine nàxī.

All'interno dell'area dialettale occidentale, dunque nella regione di Lijiang sono distinguibili 3 varianti dialettali principali (Pinson, 1998; Michaud, 2006, 2007):

Dialetto del villaggio di Longquan, città di Baisha, a nord di Dayan: questo sotto-dialetto ha caratteristiche peculiari ed uniche e viene identificato immediatamente dai nàxī delle altre aree col nome Salwe geezheeq, dialetto di Longquan. Dal punto di vista linguistico esso mostra una portata minore d'influenze derivate dal contatto con gli han, e dunque potrebbe essere considerato come quel dialetto che mostra e riflette il nàxī più antico
Dialetto della città di Dayan: questo sottodialetto è considerato il più compreso tra i dialetti nàxī, sebbene esso non sia quello più diffuso e parlato, e dal punto di vista linguistico esso mostra il maggior apporto dell'influenza han
Dialetto del villaggio di Badian, presso la città di Yilong, sita all'estremità nordoccidentale della regione di Lijiang. Gli abitanti di questa regione hanno avuto storicamente il minor numero di contatti con l'etnia han; questo aspetto storico si rivela anche nell'analisi lessicale del dialetto di Badian, infatti esso presenta il minor numero di prestiti dalla lingua cinese

Il buddhismo tibetano ha influenzato profondamente ogni aspetto della cultura del popolo naxi, le cui origini sembrano tibetane, così come per la tradizione religiosa nàxī, chiamata Dongba o Tompa, di evidente matrice Bön tibetana prebuddhista. L'influenza tibetana è anche evidente nella lingua parlata naxi e nelle sue forme scritte, costituite da tre modalità:

il sistema di scrittura pittografica, chiamata Dongbaomonima alla tradizione religiosa e con gli stessi sciamani praticanti i rituali, nonché della tradizione manoscritta religiosa dedicata alle cerimonie; (omonimia che ha creato e crea non poche confusioni e generalizzazioni anche tra gli studiosi), in via di scomparsa ma ancora oggi in uso.
il sistema di scrittura Geba, una forma di trascrizione fonetica composta da 686 caratteri, in via di scomparsa, ancora oggi in uso parziale e ridotto all'interazione dei caratteri Geba come determinativi fonetici nella composizione di alcuni manoscritti.
il pinyin naxi, sistema di trascrizione latinizzata, oggi in uso e di cui ivi a fissarne le specifiche ortografiche.

All'interno del corpus di pittogrammi compaiono evidenti le contaminazioni dal Tibetano, specialmente nell'ambito religioso, campo in cui spicca l'equivalenza di Dongba Shilo - capostipite della religione Dongba/Naxi con sTon pa gshen rab – capostipite della religione Bön tibetana prebuddhista; vi sono poi anche alcuni casi per termini riferiti a piante ed animali (Li Lincan, Zhang Kun et al, 1953: 135, Fang Guoyu, He Zhiwu 1995: 167, Michaud 2007).

Attualmente, per quanto concerne il nàxī parlato, le analisi dialettologiche di Alexis Michaud hanno messo in evidenza una fortissima cinesizzazione della lingua,[9] in particolare il lavoro dedicato principalmente al dialetto del villaggio di Ā Shèr (Naxi: 2Ä 1shĕr 2bä 1na 2wùa, toponimo cinese mandarino: 冷不罗, pinyin: Lengbuluo), la varietà dialettale più conservativa e maggiormente restia nei confronti di adozioni dalla lingua cinese[10] hanno messo in luce la presenza di circa 1.000 parole appartenenti al vocabolario cinese sia mandarino, sia dal dialetto regionale dello Yunnan.[11]
I toni

La lingua nàxī presenta 4 toni:

alto continuo
medio continuo
basso discendente
basso ascendente

L'ortografia per la rappresentazione dei toni, come per le lingue hmong, è stata adattata alla caratteristica delle sillabe aperte, adottando l'utilizzo di 3 consonanti: (Pinson, 1998)

l = /55/
q = /21/
f = /13/

Per il tono /33/, il più comune, non è stata adottata alcuna ortografia, (Pinson, 1988; Matisoff, 2003)

Nel corso di questi ultimi decenni sono state tuttavia utilizzate altre forme ortografiche per la trascrizione dei toni della lingua nàxī così riassumibili:[3]





segue

 
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Sistemi di scrittura

Il popolo Naxi ha sviluppato una tradizione manoscritta settoriale esclusivamente religiosa, essenzialmente espressasi in manoscritti di pagine di papiro locale rilegati sul fianco sinistro. Le pagine sono scritte con uno stilo imbevuto nell'inchiostro, sia in un sistema pittografico detto Dongba, nome direttamente derivato dalla tradizione religiosa omonima, sia in un sistema sillabico detto Geba.
Scrittura pittografica Dongba
Lo stesso argomento in dettaglio: Scrittura pittografica Dongba.

Il popolo Naxi è depositario dell'unica scrittura pittografica ancora oggi vivente, il cui nome, "Dongba", deriva dall'omonima tradizione religioso-sciamanica, alle cui cerimonie e rituali è dedicata la stragrande maggioranza dei testi manoscritti.
I pittogrammi semplici

Il sistema di scrittura pittografico presenta un congruo numero di pittogrammi "semplici", ossia significanti che rappresentano un'unica entità, come un oggetto, una pianta, un animale, una realtà della natura, un uomo, oppure una parte o un dettaglio dei precedenti. Spesso ad ogni singolo pittogramma semplice non corrisponde né una ed una sola lettura (polifonia) né un solo significato (polisemia).
I pittogrammi composti

Più pittogrammi semplici possono essere accostati per la composizione di un'unità pittografica complessa detta pittogramma composto.
I pittogrammi di fusione

L'accostamento di più pittogrammi spesso si esaspera con il contatto o l'inscrizione delle diverse unità grafiche intorno ad un nucleo significante principale, con la creazione dei cosiddetti pittogrammi di fusione.
Utilizzo fonetico dei pittogrammi

I pittogrammi possono essere utilizzati per il loro valore fonetico, e dunque usati per comporre le sillabe delle parole in lingua Naxi. Spesso, ad un pittogramma con valore semantico, viene associato uno o più segni per la determinazione fonetica, anche per la disambiguare tanto la lettura quanto l'interpretazione dello stesso pittogramma iniziale, dato che il sistema di scrittura Dongba è ricco di segni polisemantici e polifonici.
La scrittura sillabica Geba

I manoscritti appartenenti alla tradizione religiosa Dongba mostrano ed attestano due tipi di scrittura: una scrittura pittografica detta Dongba, ed una scrittura sillabica o sillabo-grafica, detta Geba. Il nome Geba deriva dal Naxi Go-baw = adepto, discepolo, ed è stato assunto ad indicare il sistema di scrittura sillabico attingendo direttamente alla tradizione Naxi inerente alle origini della scrittura. Nel corpus manoscritto Dongba vi è un sottogruppo di testi interamente scritti in Geba, i quali sono "leggibili" dai sacerdoti Dongba, ma incomprensibili e non interpretabili. Secondo il Rock (Rock J., 1972) questo è dovuto al fatto che i testi redatti in Geba siano la trascrizione in Naxi dei mantra tibetani di origine Bon, a loro volta derivati da testi Dharani. Essi costituiscono, secondo questo punto di vista, una sorta di formule magiche, in cui il valore sonoro rappresenta e riproduce una particolare vibrazione capace di far entrare il sacerdote che ne recita le sillabe in risonanza con determinate entità. L'incomprensibilità del testo sarebbe dunque motivata:

tanto dal fatto che il brano scritto non avesse "importanza semantica", ma fonetica (e questo spiegherebbe anche il perché si sia scelto di trascrivere il brano con una scrittura prettamente fonetica, e non semanticamente rappresentativa quale quella pittografica)
quanto dal fatto che i testi sopravvissuti in Geba, siano in realtà risultato di una doppia trascrizione: dal Sanscrito al Tibetano, e dal Tibetano al Geba.

Cultura

La cultura Naxi è un esempio evidente di multi-culturalismo, e riflette in ogni sua espressione gli apporti multiculturali e multietnici che i gruppi umano Naxi di Lijiang ricevettero durante i secoli di storia, in un alternarsi continuo di potenze politiche ed influenze culturali esterne, tra le quali giocarono ruolo primario il Tibet, la Cina, la Mongolia, il regno di Nanzhao ed il regno di Dali. Un esempio ancora vivente, risultato di tale processo di convivenza e fusione di elementi eterogenei è costituito dal ciclo di affreschi di Baisha, momento pittorico dell'arte sacra Naxi in cui è registrata la compartecipazione di artisti Han, Tibetani e Naxi; essi diedero così vita ad un ciclo pittorico in cui convivono elementi religiosi appartenenti alle diverse tradizioni.[12]
Arte

La patria dei Naxi è dominata fondamentalmente da 2 caratteristiche geografiche fondamentali: le montagne ed i fiumi.[13] Le vette del monte Haba e della Montagna del Drago di Giada sono entrambe ghiacciai perenni e raggiungono i 6000 metri di altezza, torreggiando e sovrastando tutto il paesaggio circostante. Tra le due montagne scorre possente ed energico il Golden Sand River, meglio conosciuto con il nome di Yangtze, ma la regione è anche attraversata dai fiumi Mekong, Salween e Yalong.[14] Grande montagna e grande acqua sono dunque i “temi” dominanti l'ambiente in cui i Naxi si stabilirono e svilupparono la loro millenaria cultura, dunque questi temi si trovano riflessi e dominano la vita dei Naxi, antica ed attuale, così come Grande montagna e grande acqua sono temi ricorrenti e fondamentali dell'arte tradizionale, della religione, della letteratura, dell'artigianato, del canto e della musica, dell'arte tessile, e di ogni espressione artistica e culturale del popolo Naxi.[15] La storia della regione di Lijiang è molto complessa ed articolata, così come la storia della cultura e dell'espressione artistica; quanto storicamente accaduto, con l'alternanza di leadership politiche, di influenze esterne, di stretti intrecci tra i gruppi Naxi, i clan ed i gruppi tribali locali circostanti, è quello che oggi viene riflesso dall'evidente grado di multi-culturalismo della società, della cultura dei Naxi. Secondo quanto emerso dai recenti studi di McKhann, per la preparazione e l'allestimento della mostra di arte Dongba "Icon and Tranformation: (Re)Imaginings in Dongba Art" l'arte Dongba moderna è strettamente legata ed ispirata alle iconologie ed iconografie della tradizione, tra cui spiccano

l'arte pittografica manoscritta
l'arte su rotoli di seta e di tessuto
l'arte delle tavolette lignee rituali dipinte

e gli artisti Dongba contemporanei, come He Kaiquiang (??? - 2001) - He Zhiwu (1930 - 1994) - Zhang Yunling e Yang Fuquan, tendono ad una ri-immaginazione e ri-contestualizzazione dei pittogrammi e delle tematiche della tradizione Dongba e della mitologia Naxi nel contesto storico contemporaneo, oltre ad un utilizzo "creativo" degli stessi pittogrammi per la rappresentazione luminosa, gioiosa e serena della vita quotidiana, operando dunque un processo di de-sacralizzazione del pittogramma adesso divenuto espressione artistica mondana.[16]
Musica

La musica Naxi è vecchia di oltre 500 anni e si è sviluppata dagli stili culturali delle dinastie Tang, Song e Yuan e da influenze culturali tibetane, creando un proprio stile del tutto unico.
Architettura

Con elementi architetturali propri della cultura Han e di quella tibetana, le case dei Naxi sono costruite in uno stile vernacolare, con pochi dettagli e molta sobrietà. Fanno eccezione i notevoli elementi decorativi sulle porte di entrata.
Religione

Con il nome Dongba (Naxi: ²dto¹mba, cinese: 东巴, pinyin: Dong Ba) si intende principalmente sia la tradizione religiosa e sciamanica dei Naxi di Lijiang, sia il sacerdote stesso di tale religione. Per quanto concerne la tradizione religiosa, essa risulta essere un insieme di tradizioni appartenenti alla cultura del popolo Naxi, mentre per quanto concerne il sacerdote sciamano, egli è la figura centrale di tutta la parte "pratica" della religione Dongba, ed adempie alle cerimonie proprie della suddetta tradizione, si dedica alla compilazione dei manoscritti che recita cantando e danzando nei rituali specifici. Il termine Dongba dunque è un nome polivalente, ma i suoi significati e le sue accezioni non si limitano alle due appena accennate, e ne contempla altre che possono essere riassunte e schematizzate come segue:

Dongba come sistema di scrittura pittografica utilizzata per la produzione di manoscritti religiosi,
Dongba come una tipologia di danza, musica e canto direttamente derivata dall'esecuzione delle cerimonie religiose della medesima tradizione[17]
Dongba come tipologia artistica sacra antica, espressa nella realizzazione di affreschi murali come l'importantissimo ciclo di affreschi del tempio di Baisha, nella produzione di Tanka, nella produzione di tavolette lignee votive dipinte, nella produzione di manoscritti illuminati.[18]
Dongba come tipologia artistica moderna e contemporanea che si esprime nella pittura, nella scultura e nella calligrafia conosciuta anche come Scuola d'arte Moderna Dongba[18],
Dongba come produzione artigianale ispirata o direttamente copiata dalle iconografie artistiche della tradizione religiosa sciamanica.

Quest'ultimo aspetto, tuttavia, è ampiamente dibattuto poiché non è chiaro se questo tipo di espressione artistica possa essere considerata come 'genuinamente Dongba',[19] poiché nella produzione dei manufatti è in molti casi evidente che sia stata attuata una mera copia dei motivi iconografici Dongba, senza tuttavia conoscenza dei motivi iconologici ed i significati profondi che sussumono e condizionano le altre espressioni artistiche Dongba.[20]

Malgrado oggi sia la tradizione Dongba (ed in questo caso ad intendere ogni significato del termine nella sua polivalenza) sia la minoranza etnica Naxi ed il popolo Moso siano al centro di un sempre crescente interesse da parte di studiosi, non vi è molta bibliografia specifica su entrambi gli "argomenti", e quella che è stata scritta, spesso non è facilmente reperibile, soprattutto contando che una buona parte della documentazione è in lingua cinese.
Festività
I Naxi celebrano la "Festività della Torcia", con cadenza annuale (24 giugno) e il Sanduo (8 febbraio).





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Naxi

 
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Nu (popolo)



I nu (in cinese: 怒族; in pinyin: nù zú) sono uno dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese.

La popolazione nu, composta da circa 27.000 persone, è divisa nei sottogruppi del nord, del centro e del sud. Abitano principalmente nella prefettura autonoma lisu di Nujiang, situata nella parte nord-ovest della provincia cinese dello Yunnan, ai confini con il Tibet. È una regione di alta montagna ricca di minerali, attraversata dai fiumi Lancang (nome cinese del Mekong) e Nù Jiāng (nome cinese del Saluen). Il nome nu proviene proprio dal fiume Nu (lett. Nù = arrabbiato, Jiāng = fiume). Il 90% dei nu è stanziato nelle regioni di Gongshan, Fugong, Lanping e Bijiang insieme ad altre minoranze etniche come i derung, i lisu, i tibetani, i bai e i naxi. C'è anche una piccola comunità di nu nella regione di Weixi, nella Prefettura Autonoma Tibetana Diqing, e nella regione di Zayu, nella Regione Autonoma del Tibet, vicino alle frontiere con lo Yunnan.

I nu non possiedono un proprio linguaggio scritto, il governo cinese ha recentemente fatto scrivere documenti nu utilizzando l'alfabeto latino.


Stile di vita

I nu costruiscono le loro case nei pressi delle montagne con aste di bambù o preferibilmente con listoni di legno, che garantiscono maggiore resistenza. Le case hanno due piani: il piano sotto funge da granaio e da stalla, mentre quello superiore, dove vivono le famiglie, è suddiviso in un'area interna ed una esterna: la prima è la camera da letto, mentre la seconda viene usata come cucina e stanza degli ospiti.

L'agricoltura è la principale occupazione dei nu. Vengono piantati alberi e bambù per rifornirsi di materiale da costruzione, vengono coltivati mais, grano, orzo, patate, ignami e fagioli. Il raccolto è relativamente scarso, in quanto non vengono adoperati fertilizzanti e si usano tecniche di coltura obsolete. Altre fonti di sussistenza dei nu sono rappresentate dalla caccia e dalla pesca.
Abiti

I vestiti di tela sono i più comuni sia per i maschi che per le femmine. I vestiti femminili sono generalmente fatti di cotone con le maniche abbottonate sul bordo esterno sinistro. Le ragazze giovani portano spesso i grembiuli sopra le loro tuniche. Alcune portano ornamenti intorno alla testa composti da coralli, agate, e decorazioni d'argento.
Religione e cultura

La religione principale è il Buddhismo tibetano tra i gruppi del nord, mentre tra i gruppi meridionali e centrali è più diffuso l'Animismo tribale. Di recente, una piccola minoranza dei gruppi del sud si è convertita al Cristianesimo.

Una delle principali celebrazioni nu è la festa tribale delle fate dei fiori, che si tiene soprattutto nei villaggi dell'area di Gongshan. Ha luogo secondo il calendario lunare cinese, dura tre giorni ed è basata su un'antica leggenda riguardante gli straripamenti del fiume Nu. Secondo tale leggenda, una ragazza chiamata A-Rong, ispirata dalla tela di un ragno, creò un ponte di corde, su cui si poteva attraversare il fiume comodamente. Attratto dalla bellezza di A-Rong, il capo della tribù Hou provò a obbligarla a sposarlo più volte, ma la ragazza rifiutò e scappò sulle montagne, dove si trasformò in una statua di pietra. Per onorarla, il popolo nu celebra la festa delle fate ogni anno il 15 marzo.

Quando sta per arrivare la festa, tutti raccolgono mazzolini di azalee da offrire alla fata della caverna. Dopo la cerimonia, la gente brinda nelle case, e tutti indossano il loro migliore costume tradizionale. Si riuniscono poi insieme all'aria aperta, cantando, ballando, e raccontando storie. Si fanno anche giochi con un pallone simili al calcio, e gare di tiro con l'arco.

Un'altra festa è quella di Jijilamu, la festa di primavera, che dura circa 15 giorni tra la luna piena di dicembre e quella di gennaio. È celebrata soprattutto dai nu che vivono nelle zone di Bijiang, Fugong, Gongshan, Lanping e Weixi.

Il Losar, capodanno tibetano, è celebrato soprattutto dai nu buddhisti tibetani. Alla vigilia della festa, le famiglie di ogni villaggio uccidono i maiali, preparano ravioli di riso, del vino e puliscono i cortili, similmente al Capodanno cinese. La sera di Capodanno, prima di mangiare, mettono mais e piatti di cibo su un barbecue a tre piedi. Sulla cima del tre piedi, vengono posizionate tre tazze e tre pezzi di carne, poi i membri della famiglia, sia giovani che anziani, pregano affinché ci siano buoni raccolti e un bestiame forte l'anno seguente.





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Oroqen


Gli Oroqen (鄂伦春族), o anche Oroqin, Orochen o Orochon (da non confondere con gli Oroch del territorio di Chabarovsk o con gli Orochi dell'oblast' di Sachalin), sono un gruppo etnico del nord della Cina classificato nei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese. Il loro nome letteralmente significa "popolo delle renne".

Vivono principalmente nella Mongolia Interna e lungo il fiume Heilongjiang (Amur), in una zona denominata Bandiera autonoma di Oroqen, una landa costituita perlopiù da foreste e con capoluogo la piccola cittadina di Alihe.

La popolazione si attesta sui 7.000 individui, che parlano la propria lingua nativa, l'orogen (ceppo tunguso, gruppo manchù-tunguso, famiglia di lingue altaiche), o il cinese. Non hanno nessun linguaggio scritto.

Sono per la maggior parte cacciatori e sono soliti indossare pellicce o abiti fatti con pelli di animali. Gli animali che vivono nelle steppe innevate sono anche la loro fonte primaria di cibo (cervi, alci, cinghiali, renne). Alcuni di loro hanno smesso di praticare la caccia e si sono adeguati alle leggi in vigore in Cina per quanto riguarda la protezione degli animali. Il governo centrale, infatti, ha promesso case ed approvvigionamenti a tutti gli Orogen che abbandonano il vecchio stile di vita.

Le loro abitazioni sono tradizionalmente costruite in legno, hanno una particolare forma di cono e sono denominate Xierenzhu (letteralmente: casa su pali di legno).

Gli Orogen sono rappresentati al Congresso nazionale del popolo da un proprio delegato e sono riconosciuti come minoranza etnica.





https://it.wikipedia.org/wiki/Oroqen

 
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view post Posted on 18/8/2023, 09:17     Top   Dislike
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Pumi



I Pumi (o anche Primi; in cinese: 普米族; in pinyin: Pǔmǐzú) sono un gruppo etnico facente parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica Popolare Cinese. La popolazione totale conta circa 50.000 unità.

Etnicamente correlati ai Qiang, la maggior parte dei Pumi è stanziata nelle province cinesi di Yunnan e Sichuan, soprattutto nelle contee di Lanping, Lijiang, Weixi e Yongsheng, e nella contea autonoma Yin di Ninglang. I pumi in Sichuan si possono trovare soprattutto nella contea autonoma tibetana del Muli e in Yanyuan.

Lingua

La lingua pumi appartiene alla famiglia delle lingue tibeto-birmane. Nel passato, molti Pumi usavano caratteri propri della lingua tibetana (soprattutto i Pumi del Muli e del Ninglang) a scopi prettamente religiosi, sebbene molti di questi caratteri sono andati persi nel tempo. I pumi odierni usano il cinese, come lingua parlata, e caratteri romani per lo scritto.
Storia

Le prime tracce dei Pumi si possono trovare nel IV secolo a.C., originariamente nelle migrazioni dei popoli nomadi che attraversarono in quel periodo le pianure del Tibet per arrivare alle valli fra le montagne di Hengduan.

In seguito, si mossero a nord di Sichuan, nel VII secolo, e a nord-ovest della provincia di Yunnan nel XIV secolo. Molti di loro si stanziarono qui definitivamente divenendo in larga parte agricoltori, sottomessi quasi sempre ai locali possidenti terrieri che dominavano l'economia locale nella contea di Lanping e nella città di Lijiang.

Con l'avvento della rivoluzione culturale, questi proprietari terrieri persero il loro potere e la loro secolare posizione e molte delle loro aree furono trasformate in ospedali e in fattorie comuni, a vantaggio dei Pumi come delle altre popolazioni locali.
Religione

Fin dai tempi antichi, quando interruppero i contatti con i popoli tibetani, congiuntamente ad alcune pratiche buddiste, i Pumi hanno praticato l'Animismo, ed il culto degli antenati, una pratica localmente conosciuta come Zanbala. Tuttavia, attraverso gli sforzi dei Buddisti Tibetani missionari, una parte significativa della loro popolazione, la maggior parte della quale si trova a Sichuan, ha adottato due lignaggi del Lamaismo, il Gelugpa ed il Kagyu.

La religione Zanbala, conosciuta dagli autoctoni anche con il nome di Dingba, significa letteralmente “terra bianca”. È accertato che i Pumi della zona di Ninglang costruiscono ancora altari Zanbala vicino alle loro case, come quelli che venivano costruiti dalle generazioni precedenti. La religione Zanbala consiste nella venerazione di dei e spiriti ancestrali, la preghiera dei quali è affidata esclusivamente agli anziani, così come i riti sacri sono da loro soli presieduti.

La maggior parte dei villaggi Pumi possiedono le loro divinità della montagna, che vengono onorate durante le festività di stagione. Durante questi giorni, le intere famiglie offriranno cibo e preghiere per la buona salute e la prosperità del nucleo familiare. Durante il quindicesimo giorno di ogni mese, viene fatto tributo alle divinità minori della montagna, ed il quindicesimo giorno del settimo mese lunare si tiene una grande festività in onore del Grande Dio della Montagna.

In molte abitazioni Pumi, il fuoco domestico gioca un ruolo primario nelle credenze religiose Pumi. Il fuoco si trova all'interno di un anello di pietra che non deve mai essere toccato dagli ospiti. Il Guazei, che è una torre di piccole pietre, è posto dietro l'anello di fuoco. Durante i pasti, l'uomo più anziano prende una cucchiaiata di cibo che verrà messa su ogni torre. Una cucchiaiata viene lanciata nel fuoco, un gesto simbolico che significa nutrire gli antenati.
Cultura

A causa delle loro origini, i Pumi sono culturalmente influenzati dai Tibetani. Il Nuovo Anno Lunare è celebrato nei primi quindici giorni del nuovo anno basandosi sul calendario lunare. Alcuni celebrano anche Losar.

Specialmente a Ninglang e Yongsheng, le donne Pumi indossano giacche con i bottoni da un lato, lunghe gonne, e cinture multicolori. A causa del freddo si drappeggiano una pelle di capra sulla schiena. Ad ogni modo, nelle aree del Lanping e del Weixi, il costume tradizionale femminile si compone di una lunga giacca colorata messa sotto la veste, pantalone lunghi che sono allacciati con cinture colorate. Come i Tibetani, le donne Pumi ornano i loro capelli con code di yak e nastri di seta. Dopo di che avvolgono le loro teste in larghe stole. Gioielli preziosi come orecchini d'argento e braccialetti sono indossati dai ricchi.

Anche gli uomini Pumi indossano pelli di capra o pantaloni di lino con giacche, accompagnate dal cappello tibetano. Soprattutto tra cacciatori e guerrieri sono diffuse le borse di daino e la lunga spada tibetana. Al raggiungimento dei tredici anni, i ragazzi Pumi passano attraverso il rito della virilità e solo dopo il bagno possono indossare i vestiti degli adulti e prendere parte alle attività della comunità.
Stile di vita

A causa del tempo freddo e della vicinanza al Tibet, lo stile di vita Pumi assomiglia molto a quello tibetano.

Generalmente, i Pumi sono una società patriarcale e monogama, nonostante la poligamia sia accettata. Nello Yongsing, i Pumi seguono un sistema matriarcale collegato al sistema matrimoniale Azhu che letteralmente significa amicizia.

Avendo uno stile di vita prevalentemente agricolo, cereali come grano e mais sono alla base della loro alimentazione. Una varietà di frutta e verdura come il cavolo cinese, carote e meloni fanno da supplemento. maiale salato avvolto in pelle di maiale a forma di pipa suggerisce il soprannome del Pipa meat (carne pipa). Tsampa e Chang sono anch'essi consumati





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Qiang


I Qiang (in cinese: 羌族; in pynin: qiāng zú) sono un gruppo etnico compreso fra i 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese. La popolazione, composta da circa 200.000 individui, è stanziata principalmente nelle zone a nord-est della provincia cinese di Sichuan. Oggi i Qiang rappresentano solo una piccola porzione della popolazione, ma si crede siano stati, in passato, un popolo forte e numeroso, le cui origini si possono trovare sotto la dinastia Shang.
Origini

Nella Cina antica, il termine Qiang era generalmente usato per indicare tutte le popolazioni non appartenenti all'etnia Han ndel nord-est del paese. Questi popoli si trovavano spesso in guerra con gli abitanti delle valli del fiume Giallo, gli antenati degli Han. Con l'espansione dello stato del Qin, il dominio dei Qiang in quelle regioni cominciò ad affievolirsi.

La struttura della grafia 羌 era composta da due elementi: 人 (uomo) e 羊 (pecore), che suggeriva le origini di allevatori ed agricoltori di questo popolo. Durante la dinastia Han (220 d.C.) e i periodi Wei-Jin (221-419), i Qiang erano stanziati lungo le catene montuose degli altopiani del Tibet, dalla catena del Kunlun (崑崙山), nella provincia di Xinjiang, fino al sud di Gansu, ad est di Sichuan, e a nord di Yunnan.

In seguito, i cinesi restrinsero il significato del termine Qiang: adoperarono i termini Qiang min (羌民) per riferirsi a tutte le popolazioni non Han che vivevano nella valle del fiume Min, in Sichuan, mentre i termini Fan Qiang (番羌, letteralmente Qiang barbari), si riferivano ai gruppi non Han che vivevano nelle regioni più interne.
Storia recente

Attualmente la popolazione Qiang gode di una propria identità culturale, e si riferiscono a sé stessi con il termine Qiang zu (羌族) ed erma o rma (尔玛). Esistono circa 198.000 Qiang nel Sichuan occidentale, soprattutto nelle cinque contee di Maoxian, Wenchuan, Lixian, Beichuan e Heishui, della Prefettura autonoma di Aba e Qiang.

I Qiang abitano ora sulle montagne in piccoli villaggi detti zhai 寨, composti da 30 fino a 100 famiglie.





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Rouran


Rouran (cinese: 柔然, pinyin: Rouran) era il nome di una confederazione di tribù nomadi ai confini settentrionali della Cina delle 18 province verso la fine del IV secolo fino alla fine del VI secolo. A volte è stato ipotizzato che i Rouran siano correlati con gli Avari, gruppo etnico vissuto in Europa nell'alto medioevo.

Leader di Rouran

Mukhur
Yujiulü Cheluhui
Yujiulü Tunugui
Yujiulü Bati
Yujiulü Disuyuan
Yujiulü Pihouba
Venheti [1]
Yujiulü Mangeti
Yujiulü Heduohan
Yujiulü Shelun
Yujiulü Hulü
Yujiulü Buluzhen
Yujiulü Datan
Yujiulü Wuti
Yujiulü Tuhezhen
Yujiulü Yucheng
Yujiulü Doulun
Yujiulü Nagai
Yujiulü Futu
Yujiulü Chounu
Yujiulü Anagui
Yujiulü Poluomen
Yujiulü Anagui
Yujiulü Tiefa
Yujiulü Dengzhu
Yujiulü Kangti
Yujiulü Anluochen
Yujiulü Dengshuzi





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Rouran

 
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