IL FARO DEI SOGNI

Categoria:Inventori italiani

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Marco Terragni


Marco Terragni (Paderno Dugnano, 26 aprile 1930 – Milano, 29 giugno 2006) è stato un imprenditore e inventore italiano, amministratore delegato di COVEMA Srl, e fondatore di ITALPRODUCTS Srl, AGRIPAK Srl, Corima Spa, Plastiform Srl, G.B.F. Costruzioni Meccaniche Spa, GBF Iberica S.A, Omam spa, Omam S.A, Tpa srl, Covepla S.A, Firs Spa, RIAP Srl ,Tecnical Die Spa, Floraplant srl, Covema SAE. È stato un pioniere e innovatore nella produzione di macchinari per la lavorazione della materia plastica.[1]

«Serva Fidem»

(Marco Terragni[2])

É conosciuto principalmente per l'invenzione del Cartonplast, il primo processo di estrusione per la produzione di lastre alveolari in PP e PET, avvenuta presso i laboratori della R.I.A.P. nei primi anni '70.

Biografia

Marco Terragni nacque a Paderno Dugnano da Ercole Terragni (nato a Paderno Dugnano nel 1889 e morto a Paderno Dugnano nel 1966) e da Enrichetta Strada (nata a Palazzolo Milanese nel 1896 e morta a Palazzolo Milanese nel 1970). Il padre, discente da una nobile famiglia decaduta, aveva una piccola attività agricola. La famiglia riversava in condizioni economiche instabili e non disponeva dei mezzi adeguati per garantire l'istruzione ai propri figli. Con l'aiuto delle suore, egli insieme ai propri fratelli riuscirono a ricevere un'adeguata istruzione. Dopo aver svolto il servizio militare, dove ottenne il grado di tenente, iniziò alcune attività imprenditoriali insieme ai suoi fratelli maggiori, senza riscontrare successo. Iniziò a lavorare presso i magazzini della farmaceutica Dompé, ove in seguito divenne capo-magazziniere. Nel 1953 suo fratello Dino partecipò alla fiera Plast di Milano. Qui incontrò Felice Zosi, con il quale fondò lo stesso anno la Covema (Commissionaria Vendite Macchine), con l'intento di vendere i macchinari appena sviluppati da Luigi Bandera, fondatore della Bandera Spa di Busto Arsizio. In seguito Dino chiamò Marco affinché iniziasse a fare da rappresentante di Covema per i mercati americani.[3][4][5]

Il primo anno registrarono un utile di esercizio di appena un centinaio di migliaia di euro.[2][6][7] Con lo sviluppo del mercato mondiale iniziarono a vendere numerosi macchinari negli USA, Sud America e Australia.[8] Nel 1956 Felice Zosi lasciò il suo incarico e iniziò presso la società Andrea Crespi Spa, ditta che produceva alcune componenti per i processi di estrusione della plastica.[9] A seguito delle scoperte condotte presso la Montecatini dal prof. Natta, la Covema instaurò una forte collaborazione con quest'ultima. Nel 1959 la Covema sviluppò la prima linea di estrusione al mondo per la produzione del Monofilo in PP.[10] Lo stesso anno presso la fiera K di Düsseldorf, lo stand della Covema registrò 13 000 visite, numero mai raggiunto prima da alcuna società partecipante.[11][12] Nel 1960 sviluppò insieme al fratello una linea di estrusione della rafia in plastica, la prima al mondo, che in seguito vendettero a una società sudafricana, tuttora esistente.[13] Questa invenzione fu fondamentale per sviluppo della società, che in un anno vendette circa settanta impianti. In seguito i fratelli Terragni iniziarono lo sviluppo delle sedi estere di Covema, principalmente in Spagna, dove fondarono la Covepla Sas Barcello, Covema SAE e la GBF SA. In seguito fondò la Plastiform Srl di Paderno Dugnano, G.B.F. Costruzioni Meccaniche di Bresso che collaborò con il gruppo Basell[14], Corima Spa di Cassano Magnago, Omam di Varese, FIRS di Zingonia, Tecnical Die e la RIAP di Brescia. A metà degli anni sessanta entrarono in società anche la sorella Luigia e il fratello Natale con il quale fondò la Floraplant. Presso la Floraplant il Terragni iniziò la produzione di piante in plastica (prodotte con i macchinari a iniezione della GBF spa) e i porta uova in PP con in macchinari della Plastiform.[2][15][13]

Nel 1965 decise con suo fratello di partecipare alla prima fiera del settore organizzata dall'URSS a Mosca. Qui ebbero l'opportunità di mostrare a Leonid Brezhnev, presidente dell'URSS e a Leonid Kostandov le nuove tecnologie sviluppate da Covema.[16]
Marco e Dino con Leonid Brezhnev

Nel 1969 su richiesta di un cliente brasiliano, iniziò a progettare un nuovo processo che potesse sostituire quello sviluppato dalla Toshiba pochi anni prima per la produzione di lastre alveolari in plastica. Nel 1970 a seguito di intensi esperimenti condotti presso la RIAP spa di Zingonia, brevettò il nuovo processo di estrusione della lastra sotto il nome di Cartonplast. A partire dallo stesso anno, come testimonia il Kenya Gazzette del 1974 è detentore del marchio Cartonplast.[17]

Questo nuovo processo si rivelò particolarmente innovativo, ed è tuttora quello utilizzato per la produzione di lastre alveolari.[18]

[2][19][20]
Cartonplast Patent 1974
Cartonplast Patent 1974

Nel 1976 fu premiato insieme al fratello Dino per le esportazioni fatte da Covema nel triennio 1972-73-74. Nel 1976 presso la Corima Spa sviluppò insieme a un gruppo di ingegneri la prima linea di estrusione al mondo per la produzione del WPC, ossia delle lastre composte con materiali termoplastici destinate a sostituire il legno.[2][21][22][23][24]

Nel 1979 morì improvvisamente il fratello Dino, che si trovava a Ginevra per concludere dei contratti con alcuni clienti svizzeri. Nell'agosto 1979 Marco divenne presidente dell gruppo Covema, carica precedentemente detenuta dal fratello. Lo stesso anno il gruppo raggiunse la massima espansione. Nel febbraio 1981 Marco venne premiato per la seconda volta dalla Camera di commercio di Milano per le esportazioni di Covema nel triennio 1978-1979-1980. A metà del 1981 Marco insieme agli amministratori delegati Ambrogio Fagnani e Felice Zicari, lasciarono Covema che passò in gestione agli eredi di Dino Terragni.[2]

Nel 1982 fondò insieme alla sorella Luigia il gruppo Italproducts che comprendeva la TPA srl, azienda fondata dai fratelli Dezuani, ex ingegneri della Plastiform srl. Nel 1985 comprò dal fallimento la società Omam Spa facente parte del Covema Group, che da anni era entrato in profonda crisi.[25]

Nel 1995 in collaborazione con la società chimica Reedy International sviluppò degli impianti per la produzione di Cartonplast con additivi chimici.[2][26][27] Nel 1992 iniziò un forte collaborazione con il miliardario taiwanese YC WANG con il quale discusse la fondazione della Inteplast, società facente parte del colosso Formosa Plastic Corporation, la più grande azienda al mondo per la produzione di Cartonplast, oggi venduto sotto il trade-name Intepro e Coroplast. In seguito fondò Agripak srl con l'intento di produrre imballaggi per l'ortofrutta e Cartonplast nel Sud Italia.[2][26]

Nel 2002 decise di fondere Italproducts in Agripak, con sede in via Giacomo Puccini 3 a Milano. Nel 2003 vendette la Floraplant SRL al gruppo svizzero Ovotherm. Ammalatosi gravemente nel 2005 lasciò la direzione della società ai figli Fabio, Massimo e Patrizia avuti da Isabella Moriggia (nata il 2 giugno a Busto Arsizio), nipote dell'industriale marchese Cav. Giuseppe Moriggia. Morì nel giugno 2006. Tuttora i figli conducono Agripak srl che a partire dal 2011 ha sede in via Monte Rosa a Milano.[26][28]

Nel 2000 uno delle riviste settoriali più in vista, ha affermato che la figura di Marco Terragni è stata una delle più importanti per lo sviluppo del settore della plastica nel XX secolo.[29] Egli durante la sua carriera ha infatti pubblicato vari brevetti per macchine di estrusione, termoformatura e iniezione della materia plastica.[30][31]
Principali brevetti

(EN) Marco Terragni, Extruder and sizer apparatus for hollow plastic sections, US4113411A, United States Patent and Trademark Office, Stati Uniti d'America [2 maggio 1975].
(FR) Marco Terragni, Filiere pour l'extrusion d'elements tubulaires creux en matiere plastique et recipients realises au moyen desdits elements tubulaires, FR2344397A1, Francia [16 marzo 1976].
(DE) Marco Terragni, Spritzwerkzeug zum extrudieren von hohlen rohrelementen aus kunststoff und mit den rohrelementen erzielter behaelter, DE2710565A1, Germania [1976].
(IT) Marco Terragni, Forno di preriscaldo particolarmente per ultimo da sottoporre aformatura, IT1301873B1, Italia [1999].
(IT) Marco Terragni, Procedura per la microperforazione di lastre alveolari estruse, IT1283428B1, Italia [1996].

Riconoscimenti

Premio al commercio estero 1978, emesso dalla Camera di commercio di Milano per premiare le esportazioni estere di Covema nel triennio 1976-77-78.[32]
Medaglia d'oro al premio degli esportatori.
Medaglia d'oro al commercio estero, 16 febbraio 1981.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Marco_Terragni

 
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Teseo Tesei


Teseo Tesei (Marina di Campo, 3 gennaio 1909 – La Valletta, 26 luglio 1941) è stato un militare e inventore italiano. Maggiore del Genio navale della Regia Marina, brevettato palombaro, prestò servizio come operatore della Xª Flottiglia MAS durante la seconda guerra mondiale, venendo decorato con la medaglia d'oro al valor militare alla memoria per il coraggio dimostrato durante l'ultima missione.

Biografia

Nacque a Marina di Campo, sull'isola d'Elba, il 3 gennaio 1909,[2] ultimo degli otto figli di Ulisse, armatore di una piccola flotta dedita al trasporto di vini oltreoceano, e di Rosa Carassale[3]. Dopo aver frequentato il ginnasio del Collegio degli Scolopi di Firenze, entrò nella Regia Accademia Navale di Livorno nel corso del 1925.[1]

Nel 1930 frequentò il Corso Normale del Corpo del genio navale presso l'Accademia di Livorno, uscendone l'anno successivo con il grado di Tenente G.N.[2] Nel 1933 conseguì a pieni voti la laurea alla Scuola di Ingegneria Navale di Napoli, ottenendo il brevetto da palombaro l'anno successivo presso la Regia scuola palombari di La Spezia.[3]

Assegnato alla 1ª Flottiglia sommergibili di La Spezia,[3] ebbe numerosi incarichi su unità subacquee e di superficie. Promosso Capitano G.N., partecipò alla guerra civile spagnola come volontario.[2]

Allo scoppio della seconda guerra mondiale, venne assegnato alla V Squadriglia della 1ª Flottiglia MAS, di stanza a La Spezia. Nell'agosto dello stesso anno, come riconoscimento dei suoi studi sui mezzi d'assalto, ricevette la Medaglia d'Oro di 1ª Classe per aver ideato invenzioni utili alla Marina.[2]

A fine agosto del 1940 partecipò alle operazioni di recupero dell'equipaggio del sommergibile Iride, affondato da aerosiluranti inglesi nel Golfo di Bomba mentre era in missione nel tentativo di portare mezzi d'assalto in prossimità della base inglese di Alessandria d'Egitto con l'intento di violarla.[4] Per l'ardimento dimostrato durante l'operazione di salvataggio, fu insignito della Medaglia d'argento al valor militare[2] e promosso al grado di Maggiore G.N. nel dicembre dello stesso anno.
L'attacco a Malta
Lo stesso argomento in dettaglio: Attacco a Malta.

Nella notte fra il 25 e il 26 luglio 1941 prese parte all'operazione Malta Due, nome assegnato dalla Regia Marina all'azione di forzamento della base navale britannica di La Valletta a Malta: in azione congiunta, due SLC dovevano far saltare le reti di protezione del porto, in modo tale da consentire a sei barchini esplosivi di dirigersi sulle navi indifese, poste in rada.[1][3]

Tuttavia, a causa di guasti tecnici non ben definiti accaduti sull'altro SLC[5], venne accumulato, nelle operazioni di collocazione delle cariche, un ritardo che rischiava di far saltare l'intera operazione; per non compromettere quindi la missione dei barchini esplosivi, il Tesei decise deliberatamente di «spolettare a zero», rinunciando cioè ad allontanarsi dall'arma prima che esplodesse sotto l'obiettivo, sacrificandosi in tal modo insieme con il 2º capo palombaro Alcide Pedretti[6]

Per tale atto eroico fu insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria.[7] Nel 1942 l'Università di Padova lo onorò conferendogli la laurea ad "honorem alla memoria".[2]

Il vicegovernatore di Malta, sir Edward Jackson, ricordando l'episodio il 4 ottobre 1941 scrisse: Nel luglio scorso gli italiani hanno condotto un attacco con grande decisione per penetrare nel porto, impiegando MAS e "siluri umani" armati da "squadre suicide" (…). Questa impresa ha richiesto le più alte doti di coraggio personale.[8]
Il siluro a lenta corsa
Lo stesso argomento in dettaglio: Siluro a lenta corsa.

Durante gli studi all'Accademia Navale di Livorno, il Tesei cominciò a pensare, insieme con l'amico Italo Piccagli, a come si potesse ammodernare e rinnovare il progetto della mignatta (torpedine semovente) realizzata da Raffaele Rossetti e Raffaele Paolucci durante la prima guerra mondiale. Nel 1935, con l'ausilio dell'ingegnere navale Elios Toschi, ideò un siluro a bassa velocità (siluro a corsa lenta), che consentisse a due operatori muniti di respiratori di pilotarlo navigando sott'acqua, in modo tale che potessero dirigersi indisturbati sotto il bersaglio per attaccarlo; a causa della sua forma tozza, il siluro a lenta corsa venne ribattezzato maiale.[1][9][10]

Tuttavia, per riuscire nell'intento di guidare con efficacia il siluro, era necessario progettare un respiratore che consentisse ai sommozzatori di restare sott'acqua per lunghi periodi. In quegli anni esisteva già un autorespiratore a ossigeno a ciclo chiuso, denominato maschera di Davis, che veniva utilizzato per uscite di emergenza dagli equipaggi di sommergibili in avaria; tale dispositivo si era comunque dimostrato nel tempo scarsamente affidabile e dotato di ridotta autonomia.[1][10]

All'epoca stava lavorando da tempo sul problema della maschera di Davis il comandante Angelo Belloni, abile tecnico e autore di studi sulla subacquea; unendo le forze, Tesei e Belloni riuscirono ad incrementare l'autonomia del respiratore da 20 minuti ad alcune ore, aumentandone nel contempo l'affidabilità. Il nuovo respiratore, denominato modello 49/bis, venne approvato nel luglio del 1936.[10][11]
Riconoscimenti

A Teseo Tesei sono stati intitolati l'aeroporto di Marina di Campo,[7] la scuola elementare di Marina di Campo, il circolo Teseo Tesei all'isola d'Elba, una scuola media di Livorno e il COMSUBIN (Comando subacquei e incursori "Teseo Tesei" appunto), il cui nome ufficiale è Raggruppamento subacquei e incursori Teseo Tesei.[7][12] Si tratta del raggruppamento della Marina Militare incaricato di svolgere le operazioni di guerra non convenzionale in ambiente acquatico. Assieme al reggimento Col Moschin[7] dell'Esercito, al GIS dei Carabinieri e agli Incursori del 17º Stormo dell'Aeronautica militare costituiscono una delle forze speciali italiane.[7]
Onorificenze
Medaglia d'oro al valor militare alla memoria - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'oro al valor militare alla memoria
«Ufficiale Superiore del Genio Navale, in lunghi anni di tenace, intelligente, appassionato lavoro riusciva, superando difficoltà di ogni genere, a realizzare, in cooperazione con altri pochi valorosi tecnici, e successivamente a perfezionare il mezzo d'assalto subacqueo della Regia Marina. Non pago del decisivo contributo portato dalla sua brillante intelligenza e dalla sua profonda cultura volle personalmente provare, collaudare e impiegare in guerra l'arma insidiosissima. Nonostante fosse minorato nel fisico per questa attività, inflessibilmente volle partecipare al forzamento di una delle più potenti e meglio attrezzate basi navali dell'avversario, conducendo lo strumento da lui ideato. Verificatosi nel corso dell'azione un ritardo, dovuto a imprevisti incidenti tecnici, che avrebbe potuto compromettere l'esito, allo scopo di guadagnare tempo perduto e di portare a termine a ogni costo il suo compito, decideva di rinunciare ad allontanarsi dall'arma prima che esplodesse contro l'obiettivo. Col sacrificio della vita assurgeva, unitamente al suo secondo uomo rimasto a lui fedele fino alla morte, alla gloria purissima del cosciente olocausto. Esempio di elette virtù militari e di sublime dedizione alla Patria, oltre il dovere. Acque di Malta, alba del 26 luglio 1941.»
— Regio Decreto 31 maggio 1946.
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'argento al valor militare
«Imbarcato di passaggio sopra una nave appoggio attaccata col siluro e con le mitragliatrici da aerei siluranti nemici a bassissima quota, che riuscivano ad affondare l'unità, dimostrava sprezzo del pericolo ed ardimento. Partecipava poi alle operazioni dirette al salvataggio dei superstiti rinchiusi all'interno di un sommergibile, silurato ed affondato nello stesso tempo, affrontando per più di 24 ore i più gravi pericoli e le più ardue difficoltà, noncurante della propria incolumità, raggiungendo il suo intento. Dava così prova delle più alte e nobili virtù militari di sangue freddo, coraggio, e generoso altruismo. Golfo di Bomba, 22-24 agosto 1940. Zona di Guerra 31 agosto 1940.»
— Regio Decreto del 27 dicembre 1941.[13]



https://it.wikipedia.org/wiki/Teseo_Tesei
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Luigi Torchi (inventore)


Luigi Torchi (1812 – seconda metà del XIX secolo?) è stato un inventore italiano, pioniere del calcolo automatico.

Biografia

Luigi Torchi era un semplice carpentiere che operava a Milano: di lui si hanno scarse notizie, ma sappiamo che fu premiato con una medaglia d’oro dell'Imperial-regio Istituto di scienze, lettere ed arti per la sua invenzione di una pionieristica macchina per il calcolo automatico[1], ovvero una vera e propria calcolatrice meccanica.

Una prima innovazione di tale macchina, desumibile dalla descrizione presente nel documento della premiazione del 1834, era nell'utilizzo della tastiera per l'input degli operandi, a differenza della maggior parte delle macchine da calcolo in uso fino ad allora (con l'eccezione, forse, del solo James White nel 1822[2]); una seconda innovazione fu nella capacità di eseguire delle moltiplicazioni dirette: le macchine contemporanee, infatti, eseguivano le moltiplicazioni solo tramite la ripetizione di una o più addizioni. Al momento, non sembrano conosciuti esempi precedenti di questa funzionalità in una macchina per il calcolo automatico[3].

Della macchina di Torchi rimangono un disegno dell'epoca e alcune sommarie descrizioni: la macchina vera e propria, invece, esposta a Brera negli anni trenta dell'Ottocento (dal 1834 al 1837) e poi descritta come danneggiata e mancante di diversi pezzi nella seconda metà dell'Ottocento da Giovanni Schiaparelli: in seguito, non è più stata rinvenuta. Una descrizione dettagliata del funzionamento pure non è nota[4].

Torchi fu autore di almeno altre due invenzioni: una ingegnosa "macchina per rimontar le correnti", per cui ottenne una medaglia d'argento nel 1837, e una innovativa livella a pendolo. La sua fama varcò i confini nazionali, ricevendo interessamenti a collaborazioni nei laboratori universitari anche da accademici francesi.

La scoperta e gli studi sulla storia della macchina si devono allo storico Silvio Hénin[2], curatore del Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.



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Gianello Torriani

Janello Torriani, noto anche come Juanelo Turriano o Gianello Torriani o Torresani (Cremona, 1500 circa – Toledo, 13 giugno 1585), è stato un orologiaio, matematico e inventore italiano naturalizzato spagnolo.

Biografia
Schema de el artificio de Juanelo
El Greco: Toledo con el artificio de Juanelo. L'Alcázar è l'edificio più in alto

Non è noto con precisione l'anno di nascita di Janello Torriani. Fabbro e maestro orologiaio, venne in contatto con l'imperatore Carlo V attorno al 1545. Carlo V, che alla morte dell'ultimo Sforza era entrato in possesso del Ducato di Milano, cercava infatti un provetto orologiaio che riparasse l'astrario di Giovanni Dondi dall'Orologio. Poiché l'astrario di Dondi era danneggiato, il Torriani, su richiesta dell'imperatore, costruì un nuovo orologio planetario costituito da circa 1800 ruote dentate, il quale richiese oltre venti anni per la progettazione e tre per la costruzione. Tale rapidità di esecuzione fu possibile grazie all'invenzione, da parte di Janello, della prima macchina utensile conosciuta per il taglio degli ingranaggi. Grazie a questa macchina, Janello riuscì a velocizzare, uniformare e miniaturizzare gli ingranaggi.

Il nuovo automa planetario, conosciuto con il nome di Microcosmo, Cielo di Cesare, o semplicemente Reloj Grande del Emperador, fu il primo orologio planetario trasportabile, dato che era attivato da molle e non da pesi, come accadeva in precedenza per meccanismi di tale complessità. Il Microcosmo, il cui diametro era di circa 60 cm, aveva una base ottagonale. Ogni faccia mostrava la posizione nello zodiaco di ognuna delle stelle mobili (Sole, Luna, Marte, Mercurio, Giove, Venere e Saturno), oltre al movimento delle stelle fisse, alla precessione degli equinozi, alle variazioni della lunghezza delle giornate nelle stagioni, e al calendario. Questo mirabile congegno d'ottone dorato, era coronato da una sfera celeste di cristallo di rocca, probabilmente intagliata da Jacopo da Trezzo, la quale conteneva una sfera terracquea in carta, opera di Gerhard Mercator. L'imperatore ordinò poi che sulla cassa vi fosse aggiunto un ritratto di Janello. Carlo V premiò Janello con un vitalizio di 100 scudi d'oro (poi raddoppiato e reso ereditario da Filippo II di Spagna) e lo volle presso di se a corte a Bruxelles. Janello fu poi convinto a spostarsi in Spagna al seguito di Carlo V dopo l'abdicazione di questi.

Per Carlo V, malato di gotta, Janello aveva anche progettato e costruito una lettiga a sospensione cardanica (si chiama oggi cardanica perché Girolamo Cardano, che aveva attribuito nelle prime due edizioni del De subtilitate l'invenzione di questa sospensione ad armille a Janello, nella terza ed ultima edizione ne eliminò il nome). Carlo V passò nel palazzetto presso il Monastero di Yuste, gli ultimi due anni di vita. Ogni mattina Carlo passava del tempo con Janello e con i suoi automi planetari che probabilmente gli servivano per calcolare le ore astrologiche più propizie alle proprie cure. Morto l'imperatore, il figlio Filippo II lo assunse presso la sua corte raddoppiandogli tutte le entrate.[1]

In Spagna Torriani svolse molte attività, oltre alla costruzione di un secondo orologio planetario, detto il Cristallino, che aveva la cassa in cristallo di rocca. Costruì fra l'altro automi meccanici per cui fu paragonato dai contemporanei ad Archimede[2]; fu consulente di papa Gregorio XIII per la riforma del calendario; soprattutto fu l'autore dell'Artificio di Toledo, detto anche "el Artificio de Juanelo" a Toledo, un complesso sistema meccanico che sollevava con regolarità l'acqua del fiume Tago fino alla fortezza dell'Alcázar, nella parte più alta della città. Si trattava di un sistema di torri oscillanti che copriva una distanza di 300 metri su un dislivello di quasi 100. [1]
Opere

Pompeo Leoni (attr.), Busto di Janello Torriani, Museo de Santa Cruz, Toledo
Pompeo Leoni (attr.), Busto di Janello Torriani posto, lui ancora in vita, nell'edificio dell'Ingegno dell'Acqua di Toledo. Oggi nel Museo de Santa Cruz, Toledo.
Juanelo Turriano, Breve discurso a su majestad el Rey Católico en torno a la reducción del año y reforma del calendario : con la explicación de los instrumentos inventados para enseñar su uso en la práctica, con una introducción de José A. García-Diego y un análisis del códice por José María González Aboín, así como el manuscrito inédito, en su idioma original y traducción al castellano, Madrid, Fundación Juanelo Turriano : Castalia, stampa 1990.
(EN) Juanelo Turriano, The twenty-one books of engineering and machines of Juanelo Turriano : a translation of the manuscript in the Biblioteca nacional, Madrid (Los veintiún libros de los ingenios y máquinas de Juanelo Turriano : transcripción del manuscrito), a cura di Alexander Keller, con prólogo de Pedro Laín Entralgo y reflexiones de José Antonio García Diego, Madrid, Fundación Juanelo Turriano : Doce calles, 1996-1998.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Gianello_Torriani

 
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Elios Toschi


Elios Toschi (Ancona, 25 aprile 1908 – Grottaferrata, 26 aprile 1989) è stato un inventore e militare italiano della Xª Flottiglia MAS della Regia Marina Italiana nella II guerra mondiale. Sviluppò insieme al collega capitano Teseo Tesei i siluri a lenta corsa (SLC).
Biografia

Elios Toschi era nato ad Ancona il 25 aprile 1908 da Pericle e Delia Togni. A 16 anni entrò all'Accademia navale di Livorno, dove seguì cinque anni di corsi scientifico-marinareschi fino alla nomina ad ufficiale. Tre anni più tardi si laureò in ingegneria navale all'Università di Genova.

Ripresa l'attività di ufficiale del Genio Navale, venne imbarcato su diversi sommergibili. Nel 1935, al tempo della guerra d'Etiopia, sviluppò insieme al capitano Teseo Tesei, in seguito a studi e ricerche sui mezzi d'assalto subacquei, il siluro a lenta corsa (conosciuto anche come maiale). Quest'ultimo era una rielaborazione del progetto Mignatta di Rossetti e Paolucci.

Nell'agosto 1940 venne imbarcato sulla torpediniera Calipso diretta ad Alessandria d'Egitto per la missione G.A.1, che finì con l'affondamento del sommergibile Iride e della nave d'appoggio Monte Gargano, e la perdita di diversi uomini degli equipaggi.

Il 21 settembre 1940 il sommergibile Gondar al comando del tenente di vascello Francesco Brunetti salpò da La Spezia verso Alessandria d'Egitto per la Missione G.A.2, con a bordo sei operatori di SLC, che si concluse, dopo svariate ore di lotta, con l'affondamento del Gondar da parte degli aerosiluranti britannici. Tutto l'equipaggio fu catturato.

Elios Toschi non ebbe mai modo di utilizzare i suoi ordigni in alcuna azione bellica.

Dopo esser stato catturato, Toschi fu tenuto in un campo di prigionia inglese nei pressi di Alessandria d'Egitto, poi venne trasferito in una prigione sul canale di Suez, dove rimase per alcuni mesi.

In seguito venne imbarcato sulla nave Rajula a Suez, diretta a Bombay. Sul treno che lo trasferiva dal porto di Bombay al campo di Yol, egli evase insieme al suo amico e collega Camillo Milesi. Insieme trovano un'auto disposta a trasferire loro fino alla colonia portoghese di Daman e Diu, ma alla frontiera vennero trovati da soldati inglesi e vennero rimandati al campo di Yol. Fuggì una seconda volta e riuscì a rifugiarsi a Goa, altro possedimento portoghese. Nel 1968 pubblicò il libro "In fuga oltre l'Himalaya", Edizioni "Il Borghese".



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Enrico Toti

Enrico Toti (Roma, 20 agosto 1882 – Monfalcone, 6 agosto 1916) fu un patriota italiano che combatté nelle file dei Bersaglieri, durante la prima guerra mondiale, da soldato irregolare, poiché non arruolabile in quanto privo di una gamba, persa durante la sua attività di meccanico ferroviere; nonostante la menomazione, partecipò a varie azioni militari, in una delle quali trovò la morte a 33 anni.

Durante la sesta battaglia dell'Isonzo (agosto 1916), che si risolse nella conquista di Gorizia, rimasto in una trincea sguarnita nei dintorni di Monfalcone, continuò a combattere benché colpito dai proiettili austriaci e morì incitando i suoi compagni all'assalto. Il suo gesto fu immortalato nella stampa dell'epoca (leggendaria divenne la copertina della Domenica del Corriere illustrata da Achille Beltrame, che mostrava Toti in piedi tra le sue truppe, nell'atto di scagliare la propria stampella contro le truppe austriache prima di morire[2]); egli assurse a simbolo dell'eroismo e del senso di abnegazione del militare italiano.
Busto di Enrico Toti nel Castello di Brescia

Il re Vittorio Emanuele III gli conferì la medaglia d'oro al valor militare; oltre a una varia toponomastica, gli furono intitolate scuole, monumenti, una legione ferroviaria durante il fascismo, nonché due mezzi sottomarini, uno della Regia Marina e l'altro della Marina Militare. A Roma, sua città natale, Toti è omaggiato in tre monumenti: uno, al Pincio, nel parco di Villa Borghese, espressamente a lui dedicato, un altro, a Porta Pia, dedicato ai Bersaglieri e nel cui basamento Toti è raffigurato, e infine un altro nel giardino della scuola elementare E. Toti a lui dedicata al Pigneto.
Biografia
Primi anni

Enrico Toti nacque e crebbe nel Rione Esquilino, un quartiere popolare di Roma, da Nicola Toti, ferroviere di Cassino, e da Semira Calabresi, di Palestrina.

Nel 1897 all'età di quindici anni si imbarcò come mozzo sulla nave scuola Ettore Fieramosca, passando poi sulla corazzata Emanuele Filiberto e infine sull'incrociatore Coatit. Nel 1904 fu coinvolto in scontri sul Mar Rosso contro i pirati che infestavano il mare antistante la colonia italiana dell'Eritrea. Congedatosi, nel 1905, Toti fu assunto nelle Ferrovie dello Stato come fuochista.

Il 27 marzo 1908, mentre lavorava alla lubrificazione di una locomotiva, che si era fermata nella stazione di Colleferro per effettuare l'aggancio a un'altra locomotiva e per fare rifornimento d'acqua, a causa dello spostamento delle due macchine Toti scivolò, rimanendo con la gamba sinistra incastrata e stritolata dagli ingranaggi. Subito portato in ospedale a Velletri, dal dottor Carlo Angeloni, l'arto gli fu amputato al livello del bacino.[3] Perso il lavoro, Toti si dedicò a innumerevoli attività tra cui la realizzazione di alcune piccole invenzioni oggi custodite a Roma, nel Museo storico dei bersaglieri.

Nel 1911, pedalando in bicicletta con una gamba sola, raggiunse dapprima Parigi, quindi attraversò il Belgio, i Paesi Bassi e la Danimarca, fino a raggiungere la Finlandia e la Lapponia. Da lì attraversò la Russia e la Polonia, rientrando in Italia nel giugno 1912. Nel gennaio 1913 partì nuovamente in bicicletta, stavolta diretto verso il sud: da Alessandria d'Egitto raggiunse il confine con il Sudan, dove le autorità inglesi, giudicando troppo pericoloso il percorso, gli imposero di concludere il viaggio e lo rimandarono a Il Cairo da dove fece ritorno in Italia.
La grande guerra
Statua a Villa Borghese, Roma

Allo scoppio della prima guerra mondiale, Enrico Toti presentò tre domande di arruolamento che furono respinte. Toti decise, nonostante tutto, di inforcare la bicicletta e di raggiungere il fronte presso Cervignano del Friuli. Qui fu accolto come civile volontario e adibito ai "servizi non attivi", privo, quindi, delle stellette militari. Una sera, però, fermato da una pattuglia di carabinieri a Monfalcone, fu obbligato a tornare alla vita civile.

Nel gennaio 1916, anche grazie all'interessamento del Duca d'Aosta, riuscì ad essere destinato al Comando Tappa di Cervignano del Friuli, sempre come volontario civile. Destinato inizialmente alla brigata Acqui, riuscì a farsi trasferire al battaglione bersaglieri ciclisti del terzo reggimento. In aprile i medesimi bersaglieri, presso i quali si era trovato a combattere, lo proclamarono uno di loro e lo stesso comandante, il maggiore Rizzini, gli consegnò l'elmetto piumato da bersagliere e le stellette.[4]

Nell'agosto 1916 cominciò la sesta battaglia dell'Isonzo, che si concluse con la presa di Gorizia. Il 6 agosto 1916, Enrico Toti, lanciatosi con il suo reparto all'attacco di Quota 85 a est di Monfalcone, fu ferito più volte dai colpi avversari e, con un gesto eroico, scagliò la gruccia verso il nemico, esclamando "Io nun moro!" (io non muoio!)[1], poco prima di essere colpito a morte e di baciare il piumetto dell'elmetto.

Nei pressi di Quota 85, nel luogo in cui cadde eroicamente, a Sablici, sopra Monfalcone, in un bosco da cui si scorge il mare, si trova un cippo eretto in suo onore tra gli evidenti segni di vecchie trincee della Grande Guerra.

«In pieno giorno superammo lo sbarramento nemico allo scoperto. Alle quindici circa del 6 agosto 1916 arrivammo a quota 85 (appena fuori Monfalcone, prima del fiume Lisert, in località Sablici). Venne subito l'ordine d'avanzare ed Enrico era tra i primi. Aveva percorso 50 metri quando una prima pallottola lo raggiunse. M'avvicinai mentre eravamo entrambi allo scoperto. Non ne volle sapere di ripararsi. Continuava a gettare bombe, e per far questo si doveva alzare da terra. Fu così che si prese una seconda pallottola al petto. Pensai che fosse morto. Mi feci sotto tirandolo per una gamba ma questi scalciò. Improvvisamente si risollevò sul busto e afferrata la gruccia la scagliò verso il nemico. Una pallottola, questa volta l'ultima, lo colpì in fronte»

(Ulderico Piferi)
Busto di Enrico Toti conservato al Vittoriano di Roma

Fu decorato con la medaglia d'oro al valor militare alla memoria, con motu proprio dal re Vittorio Emanuele III in persona, non essendo immatricolato come militare a causa della sua inabilità, «perché ne sia tramandato il ricordo glorioso ed eroico alle generazioni future».

Rimangono comunque dei dubbi sul reale avvenimento del fatto, che non fu mai chiarito completamente. Il regime fascista, negli anni seguenti, esaltò la figura di Toti a fini propagandistici.[5][6]
Targa commemorativa di Enrico Toti a Roma, nella via che porta il suo nome all'Esquilino
Le esequie

La salma fu trasportata inizialmente a Monfalcone, poi il 24 maggio 1922, settimo anniversario dell'entrata in guerra dell'Italia, venne trasportata a Roma, dove ricevette solenni funerali. Durante e dopo la cerimonia, nel difficile clima politico e sociale del primo dopoguerra italiano, pochi mesi prima che il fascismo prendesse il potere (il 28 ottobre dello stesso anno si svolse la "marcia su Roma" e pochi giorni dopo, il 31 ottobre, si insediò il governo Mussolini), nei pressi di Porta San Lorenzo vi furono sanguinosi scontri (alcuni colpi di arma da fuoco colpirono il feretro) tra comunisti e anarchici da un lato e la Guardia regia[7][8], seguiti da uno sciopero generale.

Gli avvenimenti che, secondo un primo bilancio apparso sui quotidiani, provocarono un morto e venticinque feriti[7], furono oggetto, il giorno successivo, di accese polemiche in una seduta della Camera dei deputati[9].
Onorificenze
Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'oro al valor militare
«Volontario, quantunque privo della gamba sinistra, dopo aver reso importanti servizi nei fatti d'arme dell'aprile a quota 70 (est di Selz), il 6 agosto, nel combattimento che condusse all'occupazione di quota 85 (est di Monfalcone). Lanciavasi arditamente sulla trincea nemica, continuando a combattere con ardore, quantunque già due volte ferito. Colpito a morte da un terzo proiettile, con esaltazione eroica lanciava al nemico la gruccia e spirava baciando il piumetto, con stoicismo degno di quell'anima altamente italiana.[10]»
— Monfalcone, 6 agosto 1916.
Riconoscimenti
In sua memoria fu eretto un monumento in bronzo nei giardini del Pincio a Roma e un altro a Gorizia. Un altro monumento in bronzo gli è stato dedicato a Cassino, città d'origine dei genitori, nella piazza a lui intitolata e a Colleferro, città dove rimase invalido[11]. A lui furono intitolati il sommergibile italiano Enrico Toti, varato nel 1928, e il successivo sottomarino Enrico Toti, varato nel 1968. Nel giugno 1923 gli fu intitolata la XI Legione Ferroviaria Enrico Toti di Bari della Milizia ferroviaria. Molte vie, in tutta Italia, portano il suo nome.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_Toti

 
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Elio Trenta


Elio Trenta (Città della Pieve, 13 marzo 1913 – Città della Pieve, 26 aprile 1934) è stato un inventore italiano.

Biografia

Elio Trenta nacque a Città della Pieve, in provincia di Perugia, il 13 marzo 1913[1]. Pur non avendo conseguito titoli di studio[2], fu tra i primi inventori a progettare il cambio automatico.
Elio Trenta - Brevetto del cambio automatico

Il suo brevetto di un cambio automatico progressivo di velocità venne presentato, registrato e rilasciato in Italia nel 1932 dal Ministero delle corporazioni - Ufficio delle proprietà intellettuali, con il numero 298415.
Elio Trenta - Attestato di Privativa industriale

Il primo apparecchio di questo tipo era stato inventato nel 1921 dal canadese Alfred Horner Munro che lo brevettò nel 1925[3], tuttavia Elio Trenta fu sicuramente il più giovane fra quanti ebbero questa precoce intuizione.

Trenta presentò la sua invenzione alla FIAT ma senza successo poiché all'epoca l'azienda era interessata ad una stabilità di costi degli autoveicoli. A questo si aggiungeva il fatto che il cambio automatico avrebbe potuto penalizzare la potenza del motore e questo non ne favoriva l'uso in un momento in cui la FIAT, negli anni '30 del Novecento [4], era impegnata nella corsa delle prestazioni che segnava le fortune del mercato dell'auto italiana.
Nei media
La vicenda umana di Elio Trenta è stata raccontata dal regista Marco Tullio Giordana sul quotidiano La Repubblica, anticipando il monologo E.T. L'incredibile storia di Elio Trenta, andato in scena in prima nazionale al Todi festival il 2 settembre 2021 e interpretato da Luigi Diberti con la sceneggiatura di Gianmario Pagano e regia di Francesco Frangipane.





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Pellegrino Turri

Pellegrino Turri (Castelnuovo di Garfagnana, 1765[1] – 1828) è stato un inventore italiano.
Biografia
Pellegrino Turri perfezionò la prima macchina da scrivere inventata a Fivizzano dal Conte Agostino Fantoni nell'anno 1802 e subito operativa per la sorella Anna Carolina Fantoni che era diventata cieca. Forse il Turri era legato alla Contessa Anna Carolina da una relazione sentimentale.[2] Inventò anche la carta carbone[2] al fine di fornire l'inchiostro alla macchina. Non si sa quasi nulla della macchina, ma alcune delle lettere scritte con essa sono arrivate fino a noi. Questa invenzione della prima macchina da scrivere italiana è stata tramandata, anche nel secolo passato, con alcuni travisamenti per cui sembrava che fosse il Pellegrino Turri l'inventore, ma recenti studi prima del professor Loris Jacopo Bononi e poi del ricercatore fivizzanese Rino Barbieri hanno colmato e tolto ogni dubbio a chi spetta il merito di questa invenzione che il libro "Macchine per scrivere" di Cristiano Riciputi e Domenico Scarsello ha chiarito definitivamente. (ISBN 9791220004565).



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Pietro Vassena


Pietro Luigi Vassena (Malgrate, 21 aprile 1897 – Lecco, 21 maggio 1967) è stato un inventore e imprenditore italiano, noto per la realizzazione del batiscafo C3 per l'esplorazione delle profondità marine.

Biografia

Nacque da genitori di umili origini: il padre Luigi gestiva insieme alla moglie, Ancilla Marta Francesca Benasedo, un'osteria in centro al paese di Malgrate. Il percorso scolastico di Vassena fu alquanto breve, iscritto alla scuola elementare fino al terzo anno, iniziò a lavorare come garzone nell'osteria dei genitori. In quei tempi l'area di Lecco era il fulcro dell'industria lariana, Pietro Vassena si fermava di sovente ad osservare l'avanguardia della tecnologia ed il funzionamento dei macchinari, dimostrando grande interesse per la meccanica.

All'età di 18 anni, Vassena fu arruolato nel corpo dei Bersaglieri e durante la prima guerra mondiale venne impiegato come portalettere ciclista. Tornato dal fronte, lavorò presso la ditta Faini dove cominciò ad applicare la sua inventiva a dei macchinari industriali. Sempre per la stessa stessa ditta progettò e realizzò una motocicletta 100cc.[1]

Nel 1926 sposò Ottorina Merli (detta Rina). Nel 1930 sperimentò e brevettò il sistema skivass, una invenzione tecnologico-sportiva a metà strada tra gli sci e la canoa e grazie al quale, diceva il lancio promozionale, "chiunque sarebbe stato in grado di camminare sull'acqua"

La sua bottega creativa si trovava a Malgrate, poi si spostò a Lecco, in via Cavour, dove trascorreva quasi tutte le sue giornate; autore di molte invenzioni e titolare di svariati brevetti, divenne celebre per aver concepito e realizzato il batiscafo C3 col quale il 12 marzo 1948 stabilì ad Argegno l'allora record mondiale di immersione, raggiungendo la profondità di -412 metri.

Dopo la parentesi bellica, nel 1948, l'imprenditore-artista Donnino Rumi affidò a Vassena la progettazione del propulsore per le sue motociclette. Tale motore era un'evoluzione del bicilindrico 2T concepito da Vassena, pochi anni prima, per equipaggiare la "Volpe", una miniauto progettata da Gioachino Colombo e disegnata da Flaminio Bertoni, che all'insaputa dei progettisti si rivelò lo specchietto per allodole di una delle più celebri truffe del secondo dopoguerra.

Nei primi anni cinquanta progettò l'avveniristico Automotoscooter e il Monofaro per la Carniti di Oggiono, cui Vassena aveva ceduto i propri brevetti per motori nautici. Tra questi, il microfuoribordo Elios del 1946, disponibile in una custodia di violino, che determinarono il successo della piccola azienda lecchese, su panorama.it.

Si spense lasciando incompiuto lo sviluppo e la realizzazione di un suo progetto per un motore alimentato a idrogeno.
Invenzioni e brevetti

Le realizzazioni di Vassena che ottennero i migliori risultati commerciali furono in campo motoristico, a partire dal Bicimotore Faini del 1923, pensato per gli ecclesiastici, poi sviluppato in alcuni modelli di motoleggera, sempre con telaio aperto superiormente, prodotti con marchio "Vassena". Durante tutta la sua carriera, Vassena realizzò comunque molti progetti, tra i quali i più importanti sono:

1919-1923 macchina per la costruzione di raggi di bicicletta in serie e bicimotore 100cc[1]
1923-1951 motori fuoribordo 2 e 4 cilindri
1925 motoleggera Vassena n.29
1932 Ski Vass sci galleggianti per camminare sull'acqua
1939 Autargas Vassena montato su Isotta Fraschini
1940 gasogeno Vassena per automazione[2]
1942 torpedo a snorkel "Delfino" presso la ditta Antonio Badoni di Lecco
1944-45 progettazione di una batisfera per ricerche oceaniche
1946 motore bicilindrico per motociclette (poi motore Rumi)
1947 microcar Volpe Alca
1946-1948 batiscafo C.3 Vassena
1949 eliche a cavitazione galvanica
1949 brevetto di candela monoelettrodo ceduto alla MV
1950 sveglia in plexiglas
1950 cambio per biciclette
1950 motore moto Rumi 125
1953 prototipo di moto Carniti "Bersagliera" 200cc e monofaro 150cc
1954 prototipo K2 175cc per R.S.T.
1955 cyclette per velodromo ad inseguimento
1955 marinizzazione del motore della Fiat 500 su commissione FIAT e realizzazione di piede poppiero (partecipò al raid Pavia Venezia)
1956 razzi e bengala multi stadio
1957 polverizzatore URANO
1958 "Grillo Volante"
1959 brevetto per bloccare le lame del trinciapollo
1960 SnowKart
1960 mini bike 150cc e mini snowbike 150cc
1963 motore rotativo ad idrogeno

Riconoscimenti
Nel 1940 fu insignito della laurea honoris causa in Ingegneria dal Politecnico di Milano.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Vassena

 
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Marco Vegezzi


Storia

Pubblicò a Bergamo, nel 1876 e in seconda edizione nel 1881, il saggio Stenografia italiana con lezioni di semigrafia, nel quale espose un metodo stenografico che, pur accettando i princìpi e i segni di base dell'allora imperante Gabelsberger-Noë, tentò di semplificarlo rappresentando alcuni suoni, ma specialmente le vocali, per mezzo di lineette con diverse pendenze. Nella seconda parte del suo saggio, intitolata Semigrafia, cercò di semplificarne la teoria abbreviativa, utilizzando segni speciali alternati a segni corsivi.

Il sistema Vegezzi trovò all'epoca una certa diffusione nel bergamasco. Dopo la morte dell'autore la sua opera fu continuata dal cremasco Daniele Marignoni, che pubblicò il libro Pro Vegezzi e la sua stenografia, nel 1902 e in seconda edizione nel 1910. Alla morte di Marignoni il sistema cadde nell'oblio. Ma Vegezzi fu il primo in Italia, e fra i primi nel mondo, a percorrere la strada dei sistemi stenografici misti geometrico-corsivi, precedendo addirittura l'irlandese John Robert Gregg; e che sarà la via che verrà intrapresa con successo dalla Scuola italiana, iniziata da Erminio Meschini e proseguita da Giovanni Vincenzo Cima e da Abramo Mòsciaro.



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Giuseppe Vitali (generale)

Biografia

Vitali partecipò alla campagna del 1866, in cui si guadagnò una medaglia d'Argento al Valor Militare. Fu nominato nello stesso anno sottotenente d'artiglieria.

Rientrato dalla guerra e superati i corsi della scuola complementare, prestò servizio nel 1º Reggimento artiglieria, promosso luogotenente nel 1870, passò al 3º Reggimento artiglieria da fortezza e l'anno dopo venne trasferito al 7º Reggimento artiglieria da campagna.

Promosso al grado di capitano nel 1878, prestò servizio alla Compagnia Operai, dal 1883 al 1890 alla Fabbrica d'Armi di Torino, anno in cui fu promosso maggiore.

Nel 1891 è assegnato al 27º Reggimento da fortezza, quattro anni dopo, nel 1895 alla 9ª Brigata da fortezza. Nel 1897 promosso al grado di tenente colonnello, fu destinato alla direzione d'artiglieria di Roma, ove rimase sino al 1901.

Dal 1901 al 1903 fu Direttore del Laboratorio di precisione di Roma. In questo periodo, diede grande impulso alle lavorazioni, rese più agevoli per il progressivo acquisto di macchinari più moderni.

Nel 1903 lasciò il servizio attivo e nel 1912 fu promosso maggior generale nella Riserva.

Durante la Grande Guerra venne richiamato in servizio dal 1915 al 1918 all'Ispettorato delle costruzioni d'artiglieria. Nel 1917 venne promosso tenente generale.

Fin dal 1883 aveva iniziato i suoi studi sulla ripetizione seguendo pertanto una strada nuova e più razionale da quella battuta dalla Germania e dalla Francia. L'americano Lee aveva in quegli anni ideato i serbatoi centrali mobili, l'allora capitano Giuseppe Vitali li perfezionò rendendoli fissi e realizzando il caricamento multiplo per mezzo di un caricatore contenente quattro cartucce che si caricavano tutte insieme in un tempo uguale a quello occorrente per caricarne una sola cartuccia. Per tali studi da lui effettuati, 1887 l'Italia trasformò ed adattò il fucile Vetterli Mod. 1870, realizzato appunto dallo svizzero Federico Vetterli, in fucile a ripetizione Modello 1870-87 sistema Vitali.

Nel suo periodo di permanenza alla Regia Fabbrica d'Armi di Torino, trasformò il ciclo produttivo per adattarlo e rendere possibile l'incremento della trasformazione dei Vetterli. Le parti meno importanti venivano acquistate dall'industria privata, e successivamente assemblate nelle officine dello stabilimento. Questo sistema si dimostrò molto conveniente, la produzione di armi modello 1870/87 si stabilizzò a circa venticinque fucili all'ora con solo sette operai, contro i cento al giorno della fabbrica di Terni che impiegava circa trecento operai.

Nel 1905 presentò una pistola semiautomatica del calibro 7,62 mm, che da lui prese il nome. Essa è del sistema a canna ed otturatore rinculanti in misure diverse. Il meccanismo di otturazione e scatto sono contenuti nel castello e nell'impugnatura. Il caricamento è multiplo con caricatore capace di otto cartucce tipo Mauser, che si dispone sull'apertura di caricamento.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Vitali_(generale)

 
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Alessandro Volta



Alessandro Giuseppe Antonio Anastasio Volta (Como, 18 febbraio 1745 – Como, 5 marzo 1827) è stato un chimico e fisico italiano, inventore del primo generatore elettrico mai realizzato, la pila, e scopritore del gas metano.

Vita e opere
Giovinezza

Alessandro Volta nacque a Como (presso l'antico palazzo situato nell'attuale via Volta), nel Ducato di Milano, figlio di don Filippo Volta e donna Maddalena dei conti Inzaghi; riceve il battesimo presso la non lontana chiesa di San Donnino[1].

Nel 1758 intraprende gli studi umanistici di retorica e di filosofia presso la locale scuola dei gesuiti.

Nel 1761 entra nel Regio seminario Benzi di Como, dove conclude gli studi e stringe amicizia con il canonico Giulio Cesare Gattoni, che incoraggia la vocazione scientifica del giovane, mettendogli a disposizione il proprio laboratorio di scienze naturali, ospitato in una delle torri della cinta muraria comasca (poi nota come "Torre Gattoni"). Così i progetti dei familiari di avviarlo al sacerdozio o agli studi giuridici vengono definitivamente abbandonati, sebbene resti sempre forte in lui la fede cristiana: infatti, andava a messa quotidianamente e fu anche a lungo catechista presso la parrocchia di San Donnino[1].[2]
Frontespizio della prima pubblicazione di Alessandro Volta: De vi attractiva ignis electrici, ac phænomenis inde pendentibus
Prime memorie

Il 18 aprile 1769 Volta pubblica la sua prima memoria scientifica, De vi attractiva ignis electrici, ac phænomenis inde pendentibus, nella quale prende posizione nei confronti dell'interpretazione "ufficiale" dei fenomeni elettrici, sostenuta dal professore dell'Università di Torino Giovanni Battista Beccaria.

Nel luglio 1771 pubblica la sua seconda memoria, Novus ac simplicissimus electricorum tentaminum apparatus, indirizzata all'abate Lazzaro Spallanzani, naturalista e professore dell'Università di Pavia.
Primi studi sull'elettricità

Nel 1774 viene nominato reggente delle Regie scuole di Como. Nel 1775 mette a punto l'elettroforo perpetuo e ne dà notizia al chimico e filosofo inglese Joseph Priestley e al ministro plenipotenziario conte Carlo Giuseppe di Firmian, governatore generale della Lombardia. L'invenzione suscita ammirazione ed entusiasmo nel mondo scientifico. Viene nominato dal conte di Firmian professore stabile di fisica sperimentale nelle scuole di Como.
Scoperta del metano

Nel 1776 scopre presso Angera sul Lago Maggiore l'aria infiammabile nativa delle paludi, che altro non è che metano[3]. La scoperta lo induce a studi ed esperimenti con le "arie infiammabili". Osserverà lo stesso fenomeno più tardi a Pietramala (oggi frazione di Firenzuola), nel 1780, e presso le rovine dell'antica Velleia, sulle colline di Piacenza, nel 1781.

Nel 1777 pubblica a Milano Lettere sull'aria infiammabile nativa delle paludi. Nell'ambito degli studi sulle "arie infiammabili" realizza: la "pistola elettroflogopneumatica", una lucerna ad aria infiammabile (poi denominata "lampada perpetua di Volta") ed una versione perfezionata dell'eudiometro (in precedenza inventato da Joseph Priestley). In una lettera al professor Carlo Barletti dell'Università di Pavia comunica la sua idea di segnalazione elettrica a distanza: utilizzando un circuito costituito in andata da fili di ferro sostenuti da pali e al ritorno da un corso d'acqua, una scarica elettrica prodotta a Como è in grado di provocare lo sparo di una pistola ad aria infiammabile collocata a Milano.


Tensione elettrica e cattedra a Pavia

Nel 1777 effettua il primo viaggio in Svizzera e in Savoia con l'amico Giambattista Giovio: a Lucerna ammira il grande modello in rilievo della Svizzera di Ludwig Pfyffer; a Ginevra incontra i naturalisti Horace-Bénédict de Saussure e Jean Sénébier.
La cattedra e la lavagna di Alessandro Volta nel Gabinetto di Fisica dell'Università di Pavia

Nel 1778, nella lettera a de Saussure Sulla capacità dei conduttori elettrici, Volta introduce - accanto al concetto di "capacità elettrica" - quello fondamentale di "tensione elettrica" (oggi sostituito dal termine "differenza di potenziale"). È chiamato alla cattedra di Fisica sperimentale all'Università di Pavia. L'ateneo, per volontà dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria, è in quegli anni interessato da un imponente piano di potenziamento e riforma, avviato nel 1771, che ne farà la "Scuola centrale dello Stato", ovvero del Sacro Romano Impero. Le lezioni di Volta sono tanto affollate da indurre il successivo imperatore Giuseppe II a ordinare la costruzione (su progetto di Leopoldo Pollack) di un nuovo "teatro fisico", oggi "Aula Volta". Inoltre l'imperatore concede a Volta consistenti finanziamenti per dotare il gabinetto di fisica di strumenti, acquistati dal Volta in Inghilterra e Francia. Presso l'istituto se ne conservano ben 150, effettivamente utilizzati dallo scienziato comasco[4].
Condensatore e viaggi in Europa
Università di Pavia, l'Aula Volta

Nel 1780 inventa il "condensatore di elettricità", apparecchio che serve a ricevere, accumulare, condensare in sé e rendere visibile anche le più deboli quantità di elettricità.

Nel 1781-1782 effettua un viaggio in Svizzera, Alsazia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Parigi e Londra. A Parigi incontra il grande naturalista Georges-Louis Leclerc de Buffon e gli scienziati Pierre Simon Laplace e Antoine-Laurent de Lavoisier. Alla Royal Society di Londra legge la dissertazione sul condensatore, che viene subito stampata in inglese con testo a fronte nelle Philosophical Transactions. La memoria, nella sua versione definitiva, contiene la relazione fondamentale tra carica elettrica, capacità e tensione (Q=C*V): "la quantità [di fluido] è in ragione composta dell'intensità [cioè della tensione della capacità]".

Nel 1784 viaggia oltre le Alpi con il collega Antonio Scarpa, professore di anatomia all'Università di Pavia. A Vienna è ricevuto dall'imperatore Giuseppe II.

Nel 1785 viene eletto dagli studenti rettore dell'Università di Pavia per l'anno accademico 1785-1786. Sempre in quegli anni, acquista un palazzo a Pavia, posto presso il collegio Ghislieri e il palazzo centrale dell'università (attuale via Volta)[5].

Nel 1787 effettua un nuovo viaggio in Svizzera, a Ginevra, in cui offre a de Saussure un suo poemetto in cui celebra l'ascensione dell'amico naturalista sulla cima del Monte Bianco.
Elettrometria

Nel 1787-1789, in una serie di Lettere sulla metrologia elettrica indirizzate al poeta e scienziato tedesco Georg Christoph Lichtenberg, Volta espone i suoi risultati nella definizione di misure elettriche di riferimento e nella realizzazione di strumenti accurati di misurazione. Costruisce infatti la bilancia elettrometrica e alcuni elettrometri particolarmente sensibili e precisi (fra cui quello a pagliuzze e l'elettrometro condensatore), grazie ai quali riesce a stabilire il "grado fondamentale", cioè l'unità di tensione (ovvero di potenziale). Nelle stesse lettere Volta descrive esperienze e apparecchiature per la misurazione del gradiente elettrico dell'atmosfera.
Disputa con Galvani
Alessandro Volta in un'incisione del 1895

Nel 1791 Luigi Galvani, professore di anatomia all'Istituto delle Scienze di Bologna, divulga con l'opuscolo De viribus electricitatis in motu musculari commentarius la teoria del fluido elettrico animale.

Volta è ammesso alla Royal Society di Londra.

Nel 1792 comincia la disputa con Galvani e i suoi discepoli. Nella Memoria seconda sull'elettricità animale contrasta la teoria del "fluido elettrico animale" e conclude che negli esperimenti sulla contrazione dei muscoli della rana osservati da Galvani (in cui sono utilizzati archi metallici) "è la diversità dei metalli, che fa", ossia che l'elettricità è originata nell'arco metallico con il quale il muscolo viene toccato e non nel muscolo stesso.

Nel 1793, nella Memoria Della uniforme dilatazione dell'aria per ogni grado di calore, pubblica le leggi sull'uniforme dilatazione dell'aria atmosferica, la cui prima formulazione risale al 1791.
Matrimonio

Il 22 novembre 1794 Volta sposa la nobildonna comasca Maria Teresa Peregrini (5 giugno 1764 - dicembre 1841), da cui avrà tre figli: Zanino (1795-1869), Flaminio (1796-1814) e Luigi Tobia (1798-1876). Il matrimonio segue la conclusione della tormentata relazione sentimentale con la cantante romana Marianna Paris, alle cui nozze i familiari del Volta e lo stesso ministro plenipotenziario austriaco si oppongono.

La Royal Society gli assegna la "medaglia Copley" per la sua Memoria intorno al condensatore e all'elettricità che si eccita col contatto di conduttori dissimili.

Volta mette a punto la fondamentale distinzione tra "conduttori metallici" (o di prima specie) e "conduttori umidi" (o di seconda specie). Galvani e i suoi discepoli Giovanni Aldini e Eusebio Valli contrappongono a Volta una serie di esperimenti che dimostrano il sussistere del "fluido elettrico" nelle rane anche usando archi monometallici oppure mettendo direttamente a contatto il nervo e il muscolo della rana
Studio su gas e vapori saturi

Nel 1795 pubblica importanti risultati nell'ambito dello studio del comportamento dei vapori saturi, argomento di grande attualità sollevato dalla costruzione delle macchine a vapore allora utilizzate nell'industria. Tali leggi sulla tensione dei vapori risalgono in realtà a due anni prima.

Nel maggio 1796 i francesi entrano in Como. Su invito della municipalità, Volta rende omaggio al generale Napoleone Bonaparte a Milano. È accusato di favorire il trasferimento dell'Università da Pavia a Milano, accusa da cui si difende. Chiede di essere collocato a riposo, ma la richiesta viene respinta.




segue Studi con l'elettrometro condensatore

 
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Studi con l'elettrometro condensatore

All'avvicinarsi dell'armata francese l'università di Pavia viene chiusa dagli austriaci.

Volta indirizza a Friedrich Gren di Halle tre lettere Sull'elettricità eccitata dal contatto dei conduttori dissimili, in cui descrive le proprie esperienze sull'elettricità di contatto utilizzando uno strumento di sua invenzione, l'elettrometro condensatore, capace di rilevare anche le più piccole quantità di elettricità.

Nell'aprile 1798 l'Università di Pavia viene riaperta con il sostegno di Parigi. Luigi Galvani pubblica le Memorie sull'elettricità animale, dedicate allo Spallanzani, in cui ribadisce le proprie tesi. Volta risponde con le sue Lettere del cittadino N.N. di Como, indirizzate all'Aldini. La controversia con i galvaniani è ormai insanabile.
Invenzione della pila
Disegni della pila a corona di tazze e varie configurazioni di pila a colonna, inclusi nella lettera inviata da Volta a sir Joseph Banks per annunciargli la sua invenzione

Rientrati in Lombardia gli austro-russi nell'aprile 1799, l'Università di Pavia viene soppressa e i suoi professori dimessi (molti addirittura incarcerati o proscritti). Volta fa ritorno a Como, dove "sulla fine dell'anno 1799" giunge al "gran passo", "passo che mi ha condotto ben tosto alla costruzione del nuovo apparato scotente": è l'invenzione della pila, che avviene nella sua casa a Lazzate, dove si recava per riposarsi e continuare i suoi esperimenti.
Prima pagina della comunicazione di Volta sulla pila pubblicata sulle Philosophical Transactions

In una comunicazione datata 20 marzo 1800 e indirizzata al presidente della Royal Society, sir Joseph Banks, Volta annuncia alla comunità scientifica l'invenzione della pila (o "apparato elettromotore" o "apparato a colonna"), da lui qui chiamata "organo elettrico artificiale" e paragonata all'organo elettrico del pesce Raja Torpedine. La comunicazione viene pubblicata sulle "Philosophical Transactions" con il titolo On the Electricity excited by the mere Contact of conducting Substances of different Kinds. Dopo la vittoria a Marengo sugli austriaci (14 giugno 1800), il primo console Napoleone Bonaparte riapre l'Università e reintegra i professori. A giugno Napoleone conferma Volta professore di fisica sperimentale nell'Università di Pavia e direttore del "Gabinetto di fisica".
Onori tributati da Napoleone
Alessandro Volta mostra la sua pila a Napoleone nel 1801. Tela di Giuseppe Bertini presso il complesso delle Ville Ponti (Varese).

Nel settembre 1801, con il collega Luigi Valentino Brugnatelli, Volta si reca a Parigi per portare al primo console gli omaggi dell'Università di Pavia e presentare la sua invenzione. Il 7 novembre, in una seduta plenaria dell'Institut de France, Volta dimostra a Napoleone Bonaparte la pila e legge la sua Memoria sull'identità del fluido elettrico col cosiddetto fluido galvaniano. Al colmo dell'entusiasmo e dell'ammirazione, Napoleone propone che l'Accademia lo onori della medaglia d'oro (poi conferita nella sessione del 2 dicembre), lo nomina membro straniero dell'Istituto e gli assegna una donazione e un vitalizio. Nel dicembre Volta e Brugnatelli vengono nominati membri del Congresso di Lione per la Repubblica Cisalpina.
Nomine a senatore e conte e caduta di Napoleone

Nel 1802 Volta è nominato da Napoleone membro dell'Istituto lombardo di scienze e lettere. La prima sessione dell'Istituto è presieduta dallo stesso Volta. Nel 1805 è nominato da Napoleone membro della Legion d'onore e nel 1809 è senatore del Regno d'Italia; nel 1810 è investito del titolo di conte, trasmissibile alla discendenza diretta per ordine di primogenitura. Dopo la nomina a senatore Volta dimora quasi costantemente a Milano dove nel 1814 abita nella casa d'angolo fra via Brera e via Monte di Pietà. In quello stesso anno subisce il grave lutto della perdita del secondogenito diciottenne Flaminio,[6] a cui era particolarmente legato e che aveva dimostrato particolare interesse per la matematica.[7]

Nell'aprile del 1814, in seguito alla battaglia di Lipsia, Napoleone abdica e viene esiliato sull'Isola d'Elba. Con la caduta dell'imperatore cade anche il Regno d'Italia e a Milano nei giorni successivi all'abdicazione si scatenano rivolte popolari che culminano con l'assassinio del ministro delle finanze di Napoleone Giuseppe Prina (20 aprile 1814). Tornati gli austriaci, Volta è costretto a fuggire per evitare l'ira del popolo che lo sapeva partigiano dei francesi e salendo in carrozza viene colpito da un'ombrellata in faccia. Rimane nascosto per qualche tempo a Mosino (attuale località di Villa Guardia) ospite nella villa dei conti Mugiasca,[6] ma viene presto chiamato dagli austriaci a presiedere la Facoltà di Fisica e Matematica di Pavia dove rimane fino al 1819, anno in cui si ritira definitivamente a Como.[7] Nel 1816 vengono pubblicate le Opere di Volta in cinque volumi, a cura di Vincenzo Antinori di Firenze.
Morte, sepoltura ed esumazione delle spoglie
Sulla formazione della grandine, 1824 (Fondazione Mansutti, Milano.

Ritiratosi nel 1819 a vita privata, Volta si divide tra Como (dove possedeva un'abitazione al civico 62 dell'attuale via Volta[8]) e la casa di campagna di Camnago (successivamente Camnago Volta, in suo onore), dove muore il 5 marzo del 1827[9] all'età di 82 anni. Il corpo viene sepolto nel sotterraneo della cappella di famiglia del locale cimitero, sulla quale nel 1831 viene eretto un tempietto rotondo su disegno dell'architetto Melchiorre Nosetti[10]. Sul frontone del monumento si legge: Ad Alessandro Volta / la Vedova e i Figli.

Nei giorni del 30 e 31 marzo 1875 le spoglie dello scienziato vengono esumate e riposte, dopo una lunga cerimonia, in un nuovo sarcofago scolpito da Giuseppe Mayer e posto di fronte all'ingresso del tempio. I resti di Volta furono, fra gli altri, esaminati e studiati dal celebre antropologo Cesare Lombroso che ne trasse misure e caratteristiche.[11]
Contributi scientifici
Filosofo naturale e scienziato

Alessandro Volta fu forse il primo filosofo naturale che può essere considerato uno scienziato nell'accezione moderna del termine. Con lui si inaugura la figura, ormai a noi così familiare, dello specialista, ossia dell'uomo di scienza che, affrancato da pregiudizi di natura metafisica, affronta lo studio dei fenomeni naturali inquadrandoli in una prospettiva in cui a contare e a essere decisivi sono una buona teoria esplicativa e una valida e inoppugnabile verifica sperimentale. Tanto nel successo quanto nell'insuccesso (si pensi alla mancata scoperta della sintesi e dell'elettrolisi dell'acqua) Volta incarna e inaugura questa importante e nuova figura di scienziato.

Insieme al fisico Gaetano Melandri Contessi, Volta prese parte alla polemica sui sistemi di prevenzione contro i fulmini e la grandine, che coinvolse anche Angelo Bellani, Paolo Beltrami, Giuseppe Demongeri, Alexandre Lapostolle, Le Normand, Giovanni Majocchi, Pietro Molossi, Giovanni Battista Nazari, Francesco Orioli, Charles Richardot, Antonio Scaramelli e Charles Tholard. Le compagnie assicurative usarono questi studi per valutare rischi e premi per i campi agricoli.
Studi sull'elettricità

Nel corso della vita Volta intrattiene rapporti diretti ed epistolari con molti scienziati in varie parti d'Europa e ne ripete e perfeziona gli esperimenti, apportandovi contributi di grande originalità. Fra gli strumenti tipicamente voltiani spiccano l'elettroforo perpetuo, che costituisce la prima macchina elettrostatica a induzione, l'elettrometro condensatore, la cui grande sensibilità permetterà a Volta di rivelare i deboli fenomeni di elettrizzazione per contatto di metalli diversi, e la bilancia elettrometrica (elettrometro assoluto), che lo porta ad accurate misure della forza elettrica, anticipazioni dei risultati di Charles Augustin de Coulomb (1736-1806).
Pila voltaica
Lo stesso argomento in dettaglio: Pila voltaica.
Pila voltaica, Pavia, Museo per la Storia dell'Università.

Nel 1792 Volta avvia estese indagini sull'elettricità animale, al cui riguardo la teoria più moderna era quella proposta da Luigi Galvani, da Volta stesso definita galvanismo. È proprio il disaccordo con Galvani a portare Volta a sviluppare nel 1800 la cosiddetta "pila voltaica", un predecessore della batteria elettrica, che produce una corrente elettrica costante. Inizialmente conduce esperimenti con celle individuali collegate in serie. Ogni cella è un calice da vino riempito di salamoia, nel quale sono immersi due elettrodi dissimili. Nella pila elettrica i calici vengono sostituiti da cartone imbevuto di salamoia. Volta determina che la coppia più efficace di metalli dissimili producenti elettricità è composta da zinco e rame.

Il fenomeno alla base del funzionamento della pila voltaica, per cui tra due conduttori metallici diversi posti a contatto si stabilisce una piccola differenza di potenziale, prende il nome di effetto Volta. Dai suoi lunghi esperimenti Volta ricava tre leggi per descrivere il fenomeno.

L'annuncio dell'invenzione della pila, avvenuto nel 1801 presso la Royal Society, accresce ulteriormente il consenso della comunità scientifica internazionale.
Elettroforo perpetuo
Lo stesso argomento in dettaglio: Elettroforo perpetuo.

L'"elettroforo perpetuo" è un generatore elettrostatico in grado di accumulare una modesta quantità di carica elettrica in modo discontinuo:. È citato da Volta nella Lettera a Priestley del 10 giugno 1775. È costituito da un disco metallico impugnabile attraverso un manico isolante e viene utilizzato in abbinamento a una superficie in materiale isolante, per esempio ebanite, e a un panno di lana.
Elettrometro condensatore
Lo stesso argomento in dettaglio: Elettrometro condensatore.

L'"elettrometro condensatore" viene ideato intorno al 1797 da Volta per aumentare la sensibilità degli elettrometri classici. Esso è costituito da un elettrometro a pagliuzze sul quale è avvitato un condensatore a piatti piani paralleli, separati da uno strato di ceralacca.
Condensatore
Lo stesso argomento in dettaglio: Condensatore (elettrotecnica).
Condensatore a due piatti

Intorno al 1780 Volta nota che lo scudo carico di un elettroforo perpetuo, appoggiato sulla superficie di alcuni materiali scarsamente conduttori, anziché dissipare la propria elettricità, la conserva meglio che isolato in aria. Si convince che l'afflusso di carica sulla superficie prossima a quella dello scudo richiama carica sulla superficie affacciata di quest'ultimo. Due dischi metallici delle stesse dimensioni (così che uno può essere sovrapposto all'altro in modo da combaciare perfettamente) compongono quello che Volta stesso chiama "condensatore di elettricità".
Bilancia elettrometrica
Lo stesso argomento in dettaglio: Bilancia elettrometrica.

La "bilancia elettrometrica" viene creata da Volta per superare le limitazioni degli elettroscopi. Lo strumento è costituito da una bilancia, in cui uno dei piatti è sostituito da un piattello di ottone elettrizzato. Tale piattello è affacciato a un secondo piattello non elettrizzato, fisso e isolato o a un piano conduttore collegato al suolo, detto da Volta "piano deferente".
Potenziale Volta
Lo stesso argomento in dettaglio: Potenziale Volta.

In elettrochimica il "potenziale Volta" si definisce come la differenza di potenziale elettrico tra due punti posizionati l'uno vicino alla superficie del primo metallo, l'altro vicino alla superficie del secondo metallo dove i due metalli elettricamente scarichi sono posti in contatto.
Effetto Volta



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Effetto Volta
Lo stesso argomento in dettaglio: Effetto Volta.

Lo studio della tensione di contatto tra due o più metalli tra loro collegati in circolo conduce Volta a scoprire quello che oggi si chiama "effetto Volta". È un fenomeno per cui tra due conduttori metallici diversi posti a contatto, in equilibrio termico (con uguale temperatura), caratterizzati da differenti valori del potenziale di estrazione, si stabilisce una piccola differenza di potenziale. Tale potenziale determina una corrente elettrica, ovvero un flusso di elettroni dal metallo a potenziale di estrazione minore verso quello con potenziale di estrazione maggiore (dove gli elettroni hanno energia di legame maggiore).
Tensione elettrica
Lo stesso argomento in dettaglio: Tensione elettrica e Forza elettromotrice.

Nella memoria Osservazioni sulla capacità e sulla commozione de' conduttori elettrici …, accanto ai concetti di "capacità" e di "quantità" Volta usa per la prima volta il concetto di "tensione elettrica" per rendere conto delle proprietà intensive dell'elettricità.
Volt
Lo stesso argomento in dettaglio: Volt e Differenza di potenziale.

L'unità di misura del potenziale elettrico e della differenza di potenziale elettrico (il "volt") prende il nome da Alessandro Volta.
Studi sui gas

La fama di Volta è giustamente legata all'invenzione della pila, ma non bisogna dimenticare i suoi studi sui gas, anche perché nel corso di questi egli giunge alla scoperta del metano, della legge di dilatazione isobara dell'aria, estesa successivamente da Joseph Louis Gay-Lussac (1778-1850) a tutti i gas, e a importanti risultati sulla tensione di vapore.

Durante i suoi esperimenti con l'eudiometro, Volta realizza anche la sintesi dell'acqua, ma non può accorgersene perché il suo strumento contiene acqua; la formazione di acqua in seguito alla combustione dell'idrogeno non sfuggirà invece a Lavoisier (1743-1794), che ripeterà gli esperimenti di Volta con un eudiometro contenente mercurio.
Metano
Lo stesso argomento in dettaglio: Metano.
Volta scoprì l'aria infiammabile in una palude.

Mentre era ospite ad Angera nella casa dell'amica Teresa Castiglioni, Volta scoprì il metano nella palude dell'isolino Partegora. Provando a smuovere il fondo con l'aiuto di un bastone vide che risalivano delle bolle di gas e le raccolse in bottiglie. Diede a questo gas il nome di "aria infiammabile di palude" e scoprì che poteva essere incendiato sia per mezzo di una candela accesa sia mediante una scarica elettrica: dedusse che il gas si formava nella decomposizione di sostanze animali e vegetali.
Pistola elettroflogopneumatica
Lo stesso argomento in dettaglio: Pistola elettroflogopneumatica.
La pistola elettrica di Alessandro Volta, prodotta dalla Nairne & Blunt e conservata al Museo Galileo di Firenze.

La "pistola elettroflogopneumatica" è un apparecchio creato da Alessandro Volta durante i suoi studi sulle "arie infiammabili": nel gennaio del 1777, costruì "una piccola bombarda", in cui inserire "aria infiammabile" mescolata in giusta dose con "aria deflogisticata" (ossigeno) che potesse spingere fuori una palla "con impeto e rimbombo" una volta accesa "con un acciarino, proprio come un archibugio comune."
Lucerna ad aria infiammabile
Lo stesso argomento in dettaglio: Lucerna ad aria infiammabile.

Dopo la costruzione della pistola elettroflogopneumatica Volta volle realizzare una "lucerna ad aria infiammabile", ovvero un apparecchio che fosse un'applicazione più utile dell'aria infiammabile: l'idea gli viene dall'amico Padre Campi a cui la mostrò in disegno mentre la perfezionava.
Eudiometro
Lo stesso argomento in dettaglio: Eudiometro.

Per studiare il fenomeno delle arie infiammabili Volta realizzò un "eudiometro", costituito da un tubo di vetro con un'imboccatura posta in una bacinella d'acqua e l'altra imboccatura chiusa da un turacciolo di sughero e sigillata con mastice.
Apparato sperimentale per lo studio della dilatazione dell'aria
Rappresentazione schematica dell'esperimento di Alessandro Volta. L'aria all'interno di un bulbo di vetro è scaldata assieme al liquido di un recipiente. Come osservò Volta, questo comporta l'espansione del gas che fa fuoriuscire parte del liquido contenuto nell'ampolla.

Volta costruì anche un apparato sperimentale per misurare in che modo cambia il volume di un gas all'aumentare della temperatura. Un bulbo di vetro graduato contenente aria fu posto capovolto e parzialmente riempito in un recipiente pieno d'acqua, olio o mercurio. La temperatura del liquido fu a questo punto aumentata gradualmente, il gas si scaldò e Volta scoprì che parte del liquido veniva respinto al di fuori del bulbo a causa dell'aumento del volume del gas.[12] L'uso dell'olio e del mercurio permise di ridurre gli errori sistematici di misurazione introdotti dall'uso dell'acqua, in quanto questa scaldandosi tende a evaporare e ad aggiungere gas all'ampolla falsando in parte i risultati. Questi esperimenti furono condotti da Volta negli anni che vanno dal 1792 al 1796 durante le sue ricerche sulla densità e tensione dei vapori saturi e sulla loro dipendenza dalla temperatura. Questo esperimento gli permise di determinare, dieci anni prima di Joseph Louis Gay-Lussac, la legge della dilatazione uniforme dell'aria e anche con buona precisione la costante di proporzionalità α {\displaystyle \alpha } fra temperatura e volume (stimata attorno a α = 1/216 °r, simile al valore oggi accettato). Questi risultati ebbero tuttavia scarsa diffusione internazionale.[13]
Legge di Volta Gay-Lussac
Lo stesso argomento in dettaglio: Legge di Volta Gay-Lussac.

Nei primi mesi del 1791 Volta si occupò delle proprietà fisiche degli aeriformi, arrivando a determinare, dieci anni prima di Joseph Louis Gay-Lussac, la legge della dilatazione uniforme dell'aria. La legge afferma che in condizioni di pressione costante il volume di un gas aumenta linearmente con la temperatura.
Tensione di vapore

L'apparecchio per lo studio della dilatazione dell'aria fu utile a Volta anche per ricerche sulla densità e tensione dei vapori saturi e sulla loro dipendenza dalla temperatura. Volta nella lettera al Vassalli del 27 ottobre 1795 riporta due leggi che sono attribuite a John Dalton, che le ottenne soltanto nel 1801.

La quantità del vapore è la stessa in uno spazio vuoto o pieno d'aria, rara o densa, e dipende unicamente dal grado di calore.
La pressione che [il vapore] equilibra, cresce in una progressione geometrica crescendo il calore in una progressione aritmetica.

Celebrazioni voltiane
Lo stesso argomento in dettaglio: Celebrazioni voltiane.
Statua di Alessandro Volta in toga a Como, opera di Francesco Durelli

Alla morte di Alessandro Volta, spentosi al culmine di una straordinaria fama di scienziato, prende subito avvio un'incessante attività di onoranze centrate soprattutto nei luoghi in cui egli è vissuto e la sua attività scientifica si è prevalentemente estrinsecata: Como, Pavia, Milano.
1899: 100 anni dalla pila

Nel 1899 il centenario dell'invenzione della pila è celebrato a Como con una grande esposizione, sullo stile di un'esposizione universale (la prima dell'Italia unita). Fra i vari studi e progetti presentati per la sua realizzazione viene scelto quello dell'ingegnere comasco Eugenio Linati.

Su una vasta area in riva al lago, viene allestito un vasto recinto fieristico (un'area espositiva di circa 15.000 m²) con un articolato padiglione centrale e alcuni ambienti secondari. La fronte principale, rivolta verso la città, è in stile Impero: agli estremi della loggia si innalzano due alte torri in forma di pila elettrica. L'esposizione si sviluppa dai cimeli voltiani ai nuovi ritrovati della tecnica fino ai più raffinati prodotti dell'industria serica. Unico elemento separato dal resto dell'esposizione è il padiglione artistico in cui, accanto agli artisti contemporanei, sono presentati numerosi capolavori della storia artistica italiana.

Le principali autorità politiche dell'epoca, tra cui il re Umberto I, giungono a Como per visitare l'esposizione. Un'attenzione particolare è rivolta alla musica: Giacomo Puccini, uno dei più grandi musicisti dell'epoca, compone una marcetta significativamente intitolata Scossa elettrica. L'8 luglio 1899 un furioso incendio, scatenatosi a causa di un corto circuito, distrugge completamente in meno di un'ora i padiglioni dell'esposizione. Molti cimeli vengono tuttavia recuperati. Si apre immediatamente un sottoscrizione per la ricostruzione dell'esposizione alla quale partecipa anche il re. Su un progetto dell'architetto Linati, la ricostruzione viene completata in un mese e l'esposizione può riaprire il 20 agosto 1899.
1927: 100 anni dalla morte

Per il centenario della morte di Alessandro Volta, la Como del 1927 vuole rinnovare e superare il fasto dell'esposizione del 1899. La sede prescelta è Villa Olmo in Borgo Vico. Per l'occasione viene istituito un Comitato per le onoranze a Volta, costituito dal Comitato d'onore sotto il patrocinio di re Vittorio Emanuele III e la presidenza di Benito Mussolini e dal Comitato esecutivo diretto da Guglielmo Marconi. La commemorazione voltiana si articola in tre esposizioni principali:

l'Esposizione delle industrie idroelettriche,
l'Esposizione internazionale di telefonia e telegrafia,
l'Esposizione nazionale serica.

All'architetto Napoleone Montorfano viene affidata la realizzazione di una serie di fabbricati annessi al parco e alla villa: complessivamente la superficie coperta dall'esposizione voltiana si aggira sui 12.000 m².
Faro Voltiano a San Maurizio di Brunate.

Come nel 1899, anche nel 1927 Como ospita un Congresso di Telegrafisti provenienti da tutto il mondo: i postelegrafonici, con il concorso di altri enti soprattutto comaschi, fanno erigere il cosiddetto Faro Voltiano in onore di Volta sul colle di San Maurizio di Brunate, sovrastante la città lariana, su progetto dell'ingegner Gabriele Giussani. Il faro è inaugurato l'8 settembre 1927 con l'intervento del ministro delle comunicazioni Costanzo Ciano.

Si tiene anche un Congresso internazionale dei Fisici, che è poi risultato uno dei più importanti appuntamenti scientifici che si siano tenuti in Italia nei primi decenni del Novecento, avendo richiamato a Como, Pavia e Roma i "padri" della fisica moderna. Le sessioni comasche del congresso si tengono nell'aula di scienze dell'Istituto Carducci, divenuta oggi Sala Casartelli che, nelle decorazioni alle pareti realizzate in seguito dal pittore Achille Zambelli, presenta una serie di medaglioni con i nomi dei congressisti, tra cui dieci premi Nobel per la fisica e due premi Nobel per la chimica, più altri tre presenti al congresso ma che ottennero il Nobel per la fisica dopo, a decorazione ormai avvenuta.

All'epoca Como mancava di uno stadio e si decide di costruirlo proprio in occasione delle onoranze a Volta. Iniziatisi i lavori nell'ottobre del 1926, sul terreno donato dal podestà Carlo Baragiola e su progetto dell'architetto Giovanni Greppi di Milano, lo stadio viene inaugurato il 30 luglio del 1927 dedicandolo a Giuseppe Sinigaglia (1884-1916), volontario di guerra decorato al valore, morto eroicamente sul monte San Michele.

Altra importante realizzazione di questa celebrazione è il Tempio Voltiano, costruito dall'imprenditore serico Francesco Somaini per conservare e valorizzare tutti i cimeli di Alessandro Volta, non solo i pochi frammenti fortunosamente strappati alle fiamme dell'Esposizione voltiana del 1899, ma anche tutte le "memorabilia" che in un modo o nell'altro possono essere collegate all'eminente fisico e alla sua vicenda comasca.
1945: 200 anni dalla nascita

Nonostante la drammatica situazione del Paese ancora scosso dalle vicende belliche, furono tenute commemorazioni di Alessandro Volta in occasione del bicentenario della sua nascita presso il Teatro Sociale, la Cattedrale e la Tomba di Volta. Nello stesso anno l'editore Marzorati di Como pubblicava il volume "Como ad Alessandro Volta", nel quale si celebrava l'opera scientifica dell'illustre scienziato, con saggi di Giovanni Polvani e Carlo Volpati sugli aspetti più strettamente scientifici del Volta e di Giuliano Aliati, Federico Frigerio, Ettore Rota, Luigi Rovelli e Pietro Vaccari sugli aspetti storico-iconografici.
1949: 150 anni dalla pila

Il 150º anniversario della pila veniva aperto ufficialmente dal capo del Governo Alcide De Gasperi con una cerimonia presso il Tempio Voltiano, che dava avvio a un ricco programma di mostre, convegni, concorsi, rassegne cinematografiche e spettacoli. Inoltre la Società italiana di fisica - risorta grazie al contributo di Giovanni Polvani, che aveva fondato nel dopoguerra la Scuola internazionale di Fisica dl Villa Monastero a Varenna - organizzò un Convegno Internazionale sui raggi cosmici, al quale parteciparono fisici di larga fama e premi Nobel; tra questi Enrico Fermi che, tornato in patria per la prima volta dopo il 1938, espose le proprie teorie sui raggi cosmici.
1977: 150 anni dalla morte
Ritratto di Alessandro Volta, incisione di Raffaello Morghen, su disegno di Luigi Sabatelli, 1816.

Le manifestazioni voltiane ebbero inizio il mattino del 5 marzo con una messa celebrata da Monsignor Castelli nel cimitero di Camnago (Como). Nel pomeriggio dello stesso giorno il sindaco dl Como avv. Antonio Spallino, presidente del Comitato per le Manifestazioni Voltiane, aprì ufficialmente l'anno voltiano. Furono indette numerose manifestazioni che richiamarono a Como personalità di rilievo del mondo scientifico, tra cui i premi Nobel per la fisica Nikolaj Gennadievič Basov (1964), Emilio Segrè (1959) e Samuel Chao Chung Ting (1976). Fu assegnato inoltre il premio Francesco Somaini al prof. Edoardo Amaldi, fisico dell'Università di Roma, che il giorno dell'inaugurazione tenne un discorso sulla “Attualità di Volta nella moderna Fisica”.
1999: 200 anni dalla pila

Nel 1995, anno del 250º anniversario della nascita di Alessandro Volta, fu delineato il primo programma di iniziative per il bicentenario dell'invenzione della pila, su impulso di un gruppo di lavoro composto dagli enti territoriali comaschi (Provincia, Comune e Camera di Commercio di Como) e dal Centro di Cultura Scientifica Alessandro Volta. Furono istituiti un Comitato della Regione Lombardia, un Comitato promotore di Como, un Comitato promotore di Pavia e un Comitato nazionale per le Celebrazioni Voltiane che si occuparono, nelle diverse sfere d'influenza, di realizzare i diversi progetti. Le iniziative riguardarono una serie di studi e ricerche sulle fonti dirette relative alla vita e all'opera di Alessandro Volta; interventi di ristrutturazione o risistemazione di collezioni e laboratori - tra cui spicca il "Laboratorio Gattoni", ricostruzione ideale del gabinetto di scienze di Volta e la ristrutturazione e nuovo allestimento espositivo del Tempio Voltiano; furono inoltre organizzati una serie di convegni, conferenze e pubblicazioni di carattere divulgativo. Alla cerimonia inaugurale partecipò, oltre a numerosi fisici e scienziati, anche il premio Nobel Carlo Rubbia.
Riconoscimenti
Banconota da 10.000 lire italiane raffigurante Alessandro Volta e il Tempio Voltiano.

Nel 1794 gli venne conferita la Medaglia Copley della Royal Society di Londra (equivalente a un moderno premio Nobel).[14]
Nel 1801 viene nominato "socio straniero" dell'Institut National des Sciences et Arts di Parigi, che nel 1802 gli conferisce gli onori della medaglia d'oro.[14]
Nel 1805 in onore del suo lavoro nel campo dell'elettricità, Napoleone lo nomina Cavaliere della Legion d'onore.[15]
Nel 1806 diventa Cavaliere dell'Ordine della Corona ferrea.[15]
Nel 1809 è nominato Senatore del Regno Italico.[15]
Il 7 febbraio 1810 viene insignito del titolo di Conte del Regno Italico.
Il 21 aprile 1863 la frazione di Camnago di Como, dove lo scienziato visse ed è sepolto, viene ribattezzata Camnago Volta.
Nel 1881 l'unità di misura SI del potenziale elettrico venne chiamata volt in suo onore.
A partire dal 1899, primo centenario dell'invenzione della pila, si sono tenute diverse Celebrazioni Voltiane per onorare la memoria di Alessandro Volta.
Nel 1927 la città di Angera gli ha dedicato una lapide sul municipio, in cui si ricorda che negli stagni di quella città Volta scoprì il metano.
Nel 1928 la città di Como ha dedicato a Volta il Tempio Voltiano.
Nel 1927 le Regie poste italiane gli dedicano una serie di quattro valori (20, 50 e centesimi, ed 1,25 lire "Onoranze a Volta")
Nel libro L'evoluzione della fisica, pubblicato nel 1938, Albert Einstein attribuisce alla scoperta di Volta un ruolo fondamentale nell'evoluzione della fisica indicandolo come il primo ad aver segnalato “la prima grave difficoltà" contro "l'interpretazione meccanicista della natura".[16]
Nel 1949 le Poste italiane gli dedicano una serie di due valori (20 lire "pila di Volta" e 50 lire "busto di Volta di G. Comoli"), che fu emessa anche dal Territorio Libero di Trieste con la soprastampa AMG-FTT.
Nel 1964 un cratere sulla Luna è stato nominato Volta in suo onore.
Nel 1977 le Poste del Territorio francese degli Afars e degli Issas gli dedicano un valore (75 franchi "Alessandro Volta 1745-1827"). Ottenuta poco dopo l'indipendenza come Repubblica di Gibuti, esemplari del francobollo vengono sovrastampati con la nuova dicitura.
Nel 1983 le Poste sammarinesi gli dedicano un valore (250 lire "Alessandro Volta 1745-1827") all'interno della serie "Pionieri della scienza".
Nel 1984 la Repubblica di San Marino conia una moneta commemorativa (10 lire "Alessandro Volta").
Dal 1984 al 1998 il ritratto di Volta appare sulle banconote italiane da 10.000 lire.
Nel 1989 la centrale termoelettrica Alessandro Volta di Montalto di Castro prende nome da lui.
Nel 1992 le Poste italiane gli dedicano un valore (750 lire "A. Volta") all'interno della serie "Cento anni di radio".
Gli è stato dedicato un asteroide scoperto nel 1995, 8208 Volta[17].
Nel 1999 le Poste italiane gli dedicano un francobollo (€ 1,55 "Alessandro Volta - Bicentenario dell'invenzione della pila")
Nel 2015 viene inaugurato il monumento The Life Electric sul lungomare di Como, dedicato a Volta.
Nel 2015 le Poste delle Isole Salomone gli dedicano un foglietto da quattro valori (ciascuno da 12 dollari) ed un foglietto da un valore singolo (da 40 dollari) per il "270º anniversario di Alessandro Volta".
Gli è stato intitolato il Dipartimento di Fisica dell'Università degli Studi di Pavia dove ha insegnato per diversi anni.
Ogni anno l'Università degli Studi di Pavia assegna all'inizio del ciclo dei dottorati di ricerca la Medaglia Voltiana a prestigiosi fisici del panorama internazionale.[18]
Diverse scuole (soprattutto in Italia) hanno il suo nome

Cavaliere della Legion d'Onore - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere della Legion d'Onore
— 1805
Cavaliere dell'Ordine della Corona Ferrea - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine della Corona Ferrea
— 1806
immagine del nastrino non ancora presente
Maestro Generale dei Pauperes Commilitones Christi Templique Salomonis
— 1804 - 1827
immagine del nastrino non ancora presente
Medaglia Copley
— 1794
Membro della Royal Society - nastrino per uniforme ordinaria
Membro della Royal Society
immagine del nastrino non ancora presente
Membro dell'Istituto di Francia





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_Volta#Effetto_Volta

 
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Guglielmo Walton


Guglielmo Walton (1786 – 1873) è stato un imprenditore e inventore britannico naturalizzato italiano. Imprenditore nel settore marmifero ideò e fece costruire una teleferica tecnologicamente avanzata per il trasporto del marmo.
Biografia

Console degli Stati Uniti a Carrara nella prima metà dell'Ottocento, costruì nel 1851 il primo molo caricatore[1] alla marina di Avenza (oggi Marina di Carrara) e a Groppoli di Carrara la più moderna e innovativa segheria multitelai, capace di azionare dodici telai contemporaneamente[2].

Stabilì la sua residenza, come quella dell'omonima società, a Carrara, nel Palazzo Walton, anche detto "dell'Angelo" attualmente in Corso Carlo Rosselli, 17 (già Corso Vittorio Emanuele, 19).

Recenti ricerche hanno condotto a supporre che Sir Walter Scott, famoso scrittore scozzese, durante una sua visita alle cave di Carrara, fosse stato ospitato da Walton.

Sotto il governo estense fu incaricato della realizzazione del primo progetto per una ferrovia marmifera per le cave di marmo, creò una rete privata di strade percorse da trattrici a vapore e dopo aver attivato le cave di marmo del Monte Sagro, la ditta da lui fondata nel 1907 costruì, per il trasporto dei marmi, un'ardita teleferica (del Balzone) costituita da un'unica grande campata con 7 t di portata, che fu poi incrementata 20 t nel 1930[3] diventando così in quel periodo la più lunga e imponente d'Europa.





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Leonardo Ximenes


Leonardo Ximenes (Trapani, 27 dicembre 1716 – Firenze, 4 maggio 1786) è stato un gesuita, astronomo, ingegnere, inventore, geografo e cartografo italiano di grande rilievo della Toscana dei Lorena.

Biografia
La casa Rossa a Castiglione della Pescaia (Grosseto)
Frontespizio della Terza memoria idrometrica, 1763

Nato a Trapani da un'antica famiglia di origini spagnole[1], studiò presso il locale collegio dei Gesuiti, posto ad appena un isolato dalla sua casa natale. Vestì poi l'abito della compagnia di Gesù che lo destinò alla provincia toscana nel 1731. Dopo il noviziato nel 1736 venne trasferito nella Provincia Romana e destinato all'insegnamento delle lettere presso il Collegio di S.Giovannino a Firenze. Venne successivamente incaricato di istruire i figli del marchese Vincenzo Riccardi. Dopo le sue prime pubblicazioni in ambito scientifico gli venne affidata la cattedra di Geografia e affidato l'incarico di redigere la cartografia della Toscana per comando di Francesco I[2].

Mente eclettica, fu ingegnere idraulico e civile. Come ingegnere idraulico avviò nel 1757 la bonifica del lago di Bientina, oggetto di controversie secolari tra Lucca e Firenze. Fece costruire un grande canale emissario dal lago all'Arno, un polo viario per facilitare commercio e comunicazioni tra l'interno e il mare. Due fabbriche imponenti di cateratte regolamentavano il flusso delle acque tra il fiume e il lago, veri e propri caselli autostradali dell'epoca. Sola testimonianza rimasta la Fabbrica delle Cateratte a via due ponti a San Giovanni alla Vena di Vicopisano, ma in degrado e abbandono: all'interno marchingegni di ingegneria idraulica del Settecento, in legno di quercia, unici in Italia.

Nel 1765 Ximenes si occupò della bonifica della Maremma Grossetana. Una Fabbrica di Cateratte, la Casa Rossa, simile a quella Pisana, ma isolata, è stata recuperata e valorizzata a osservatorio dell'ambiente palustre.

Come ingegnere civile, successivamente, realizzò la strada tra Pistoia e Modena sul versante toscano: la via regia modenese, divenuta strada regionale 66. Due piramidi ai lati del passo dell'Abetone ricordano l'imponente lavoro.

Come astronomo si occupò dello studio dell'obliquità dell'eclittica e restaurò lo gnomone di Santa Maria del Fiore. Inoltre scoprì l'influenza della luna sulle maree in un'epoca, 1755, ancora restia a riconoscere il valore delle osservazioni scientifiche, come era stato per Galileo.

Fu professore nell'università di Firenze, dove tenne corsi di ingegneria idraulica. Ximenes si occupò di strumenti per misurare la velocità delle acque, dimostrando fin da giovane grandi doti d'inventore. Gli strumenti più noti da lui inventati furono la ventola e la valvola idraulica, che gli consentirono di misurare la velocità puntuale della corrente.[3]

Fu anche scrittore e membro di numerose accademie internazionali (Verona, Siena, Parigi, Pietroburgo). Dal 1750 al 1759 collaborò con il gesuita veneziano Francesco Antonio Zaccaria nella pubblicazione della rivista enciclopedica Storia letteraria d'Italia. In particolare, Ximenes collaborò alla redazione delle pagine dedicate alla scienza.

Nel 1756 fondò a Firenze l'osservatorio astronomico di "San Giovannino" (o Osservatorio Ximeniano), cui dedicò gli ultimi anni della sua vita e che pertanto porta il suo nome. È uno dei più importanti a livello europeo e vi è conservata la biblioteca di Ximenes.

Il suo spessore scientifico e intellettuale era riconosciuto dai grandi del suo tempo, tant'è che il granduca di Toscana lo scelse come suo geografo e ingegnere. In particolare, nel biennio 1763-64 egli dedicò quattro perizie alla famosa questione del Reno, dove si confrontò e prevalse sui due matematici francesi dell'Ordine dei Minimi, padri Thomas Leseur e François Jacquier.[3]

Leonardo Ximenes morì il 3 maggio 1786 di un colpo apoplettico. Nel suo testamento destinò la biblioteca, gli strumenti e le rendite dei suoi beni immobili siciliani alla costituzione delle cattedre di astronomia e di idraulica, da affidare ai padri scolopi Stanislao Canovai e Gaetano del Ricco. Le due cattedre rimarranno attive fino alla metà dell'Ottocento. In segno di gratitudine i fiorentini gli eressero un busto marmoreo, collocato nell'osservatorio di S. Giovannino.[3]
Opere scelte
Nuove esperienze idrauliche (1780)

Notizia de' tempi de' principali fenomeni del cielo…[4], 1752
(LA) Dissertatio de maris aestu, ac praesertim de viribus lunae, solisque mare moventibus, Firenze, Pietro Gaetano Viviani, 1755
Del vecchio e nuovo gnomone fiorentino, Firenze, 1757
Seconda memoria idrometrica responsiva alle difficoltà mosse contro alla prima da' signori Marescotti, Bertaglia, e Bonati, 1763
Terza memoria idrometrica, Firenze, Moücke, 1763
Ingranaggio in legno di quercia all'interno delle Cateratte Ximeniane (1757, San Giovanni alla Vena, Pisa)
Quarta memoria idrometrica, Firenze, Moücke, 1764
Della fisica riduzione della Maremma senese. Ragionamenti due ai quali si aggiungono quattro perizie intorno alle operazioni della pianura grossetana ed all'arginatura del fiume Ombrone[5], Firenze, Moücke, 1769
Dissertazione intorno alle osservazioni solstiziali del 1775 allo gnomone della metropolitana fiorentina, Livorno, Giovanni Vincenzo Falorni, 1776.
Nuove sperienze idrauliche fatte ne' canali, e ne' fiumi per verificare le principali leggi e fenomeni delle acque correnti dell'abate Leonardo Ximenes ..., In Siena, nella stamperia di Luigi, e Benedetto Bindi, 1780.
Teoria e pratica delle resistenze de' solidi
In linea: Ia parte, Pisa, 1782 ; 2ª parte, Firenze, 1782
Lettera del Sig. Abate Leonardo Ximenes … intorno all'esperienza del globo volante fatta in Francia dal Signor Mongolfier [sic], Firenze, Pietro Allegrini, 1783

Riconoscimenti

Alla figura e all'opera di Ximenes sono stati dedicati numerosi libri, convegni e pubblicazioni. Porta il suo nome lo storico liceo classico di Trapani, che ha sede nell'ex collegio dei Gesuiti dove lui studiò. Una targa sul centralissimo corso Vittorio Emanuele di Trapani indica la sua casa natale, in memoria di uno dei più illustri figli della città.

Le due piramidi ai lati del passo dell'Abetone, ricordano l'imponente lavoro di costruzione della strada modenese fra Pistoia e Modena, diretto nella seconda metà del Settecento dallo Ximenes nel versante toscano e da Pietro Giardini in quello emiliano.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Leonardo_Ximenes

 
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Nicola Zabaglia

Nicola Zabaglia o Zaballi (Buda di Cascia, 1664 – Roma, 27 gennaio 1750) è stato un inventore, ingegnere e maestro muratore italiano.
Biografia

Era figlio di Alessandro, capomastro di San Pietro. A partire dal 1686, iniziò a lavorare alla Fabbrica di San Pietro, dove mostrò particolare genialità nell'ideare e costruire macchine e ponteggi per i complessi lavori di edilizia che lì si svolgevano.

Nel 1743 fu edito a cura dello stampatore romano Niccolò Pagliarini un libro contenente la descrizione dei suoi ponteggi. Una seconda edizione più completa fu pubblicata nel 1824 contenente numerose tavole e una dettagliata biografia a cura di Filippo Maria Renazzi

Nicola Zabaglia è sepolto nella chiesa di S. Maria in Traspontina a Via della Conciliazione a Roma.

A Nicola Zabaglia è dedicata una scuola di Arte e Mestieri del Comune di Roma e una via del Rione Testaccio a Roma.



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Giovanni Battista Zampironi


Giovanni Battista Zampironi (Venezia, 25 febbraio 1836[1] – Orgnano, 28 settembre 1906) è stato un farmacista, chimico e inventore italiano, e fu inoltre un pioniere dell'industria insettifuga e insetticida ed è ricordato per aver inventato lo zampirone.[2].

Biografia
Scatola di Fidibus (collezione M. Orlandini)

Figlio secondogenito di Giovanni Battista e di Anna Monterumici[1], di agiata famiglia borghese, nacque nel 1836 nella Venezia austriaca, vicino alla Chiesa di San Moisé.[1][2]Non molte sono le notizie certe intorno all'infanzia di Zampironi. Lo Stato di famiglia datato 1850 registra, come residenti all'anagrafico 1493 del Sestiere di San Marco, Giovanni Battista e la madre Anna. Il padre, Giovanni Battista senior, era morto nel 1848. Il suo testamento olografo, redatto in data 19 febbraio dello stesso 1848, nominava erede universale, al compimento della maggiore età, il piccolo Giovanni Battista, e stabiliva una consistente dote per la figlia Maria "quando passasse a marito". Zampironi ricevette la prima istruzione da Antonio Monterumici, lo zio materno,[2] ingegnere municipale, dimostrando precocemente il proprio interesse per le scienze.[2] Frequentò il liceo Santa Caterina (poi Foscarini) di Venezia, dove si distinse nell'attività di laboratorio, iscrivendosi poi all'Università di Padova.[2] Si laureò in chimica farmaceutica il 22 dicembre 1859 discutendo una tesi sull'olio di fegato di merluzzo (che dedicò allo zio).[2][3]

Possedeva due farmacie a Venezia ("All'Insegna della Fortuna" in Salizada San Moisè, San Marco 1494, la bottega di famiglia attigua alla sua abitazione,[2] e "Zampironi", di fronte all'ex Cinema San Marco) e una a Spinea (lungo l'attuale via Roma). A queste si aggiungeva il "Premiato laboratorio Zampironi" a Mestre in borgo San Rocco (l'attuale via Manin), dal 1862, dove mise a punto la sua specialità più famosa, il "piroconofobo", detto poi "Fidibus insettifugo", a base di piretro, meglio noto come zampirone.[2]

Proprio nel laboratorio sito in borgo San Rocco venivano prodotti e inscatolati gli zampironi da maestranze principalmente femminili; lo stabilimento sul finire del secolo, nel 1891, veniva acquisito dal nobiluomo e imprenditore Cesare Bötner, il quale trasferirà il Laboratorio in locali di sua proprietà a Carpenedo, tra via San Donà e via Vallon[4]. Oggi quel sito ospita il Monastero di clausura delle Serve di Maria, Eremitane Scalze.

La Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia (Anno 1889, p.2665) cita il Marchio di fabbrica del Laboratorio Zampironi: "Etichetta rettangolare limitata da due filetti uno nero e l'altro (interno) rosso, contenente a sinistra lo stemma reale con sotto l'iscrizione: Laboratorio in Mestre premiato con più medaglie, su due righe, e a destra la lettera Z sormontata da una stella a cinque punte e contornata, in basso dalle parole: Marca di fabbrica. In alto si legge: sonni tranquilli, e più sotto: Fidibus insettifughi, tra due fregi. Traversa diagonalmente l'etichetta il fac simile della firma."

Rimangono testimonianze della presenza della Ditta Zampironi in svariate Esposizioni e Mostre nazionali e internazionali dal 1880 al 1906:

1880: Mostra di Melbourne (Australia);
1880: Mostra dell'Accademia dell'Industria di Parigi;
1883: Esposizione del Ministero per l'Artigianato, Industria e Commercio di Francia;
1884: Esposizione Generale Italiana di Torino;
1888: Esposizione di Bruxelles;
1889: Esposizione Universale di Parigi (1-15 maggio);
1889: Esposizione Universale di Gand;
1891 e 1892: Esposizione Nazionale di Palermo;

Pubblicazione su G.B.Zampironi del 2012

1892: Esposizione Italo-Americana di Genova;
1893: Columbian Exposition di Chicago;
1905: Esposizione Nazionale di Palermo;
1906: Esposizione Internazionale di Milano.

Il Bollettino del Club Alpino Italiano (redattore Dr. Francesco Virgilio, Vol XV, n. 48, Torino, Candeletti, 1881), annovera fra i propri soci ordinari: Zampironi dott. Gio.Batta segnalando, fra gli altri premi ottenuti, un Diploma d'onore di prima classe all'Esposizione Geografica Internazionale di Venezia.
Villa Zampironi a Spinea (collezione M. Orlandini)

Morì nel 1906 nel suo palazzetto (attuale villa Franchi) a Orgnano di Spinea. Fu inumato nel cimitero di Spinea, in una semplice sepoltura comprendente una lapide sulla quale è incisa un'ape stilizzata. "Zampironi Dr. Cav. Gio.Batta fu Gio.Batta e fu Monterumici Anna, di anni 70 (settanta) e mesi sette, nato a Venezia, domiciliato a Spinea, di condizione possidente, è morto oggi alle h. 3 a.m. Non poté ricevere alcun sacramento perché mancato improvvisamente. Qui seppellito in questo cimitero del comune il giorno 30 (trenta) corrente. Don Sebastiano Baggio, parroco." (Libro dei defunti della Parrocchia dei Santi Vito e Modesto di Spinea, Anno 1906).
Intitolazioni

Nel 2012 il comune di Venezia gli ha intitolato la rotonda di via Circonvallazione a Mestre, non lontano dal luogo in cui sorgeva il suo laboratorio.[5]
Onorificenze
Medagliere delle onorificenze conferite a G.B.Zampironi (per cortesia di Alvise Zoppolato, detentore anche del brevetto Zampironi)
Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia
— 24 luglio 1906




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Giuseppe Zara

Giuseppe Zara (Fermo, 1856 – San Remo, febbraio 1915[Nota 1]) è stato un inventore italiano, progettista di locomotive, carri e carrozze dapprima della Società italiana per le strade ferrate meridionali e poi delle Ferrovie dello Stato.

Biografia

Conseguito il diploma nell'Istituto tecnico industriale di Fermo, nel 1875 fu assunto dalle Strade Ferrate Meridionali quale operaio aggiustatore e assegnato alle Officine Grande Riparazione di Rimini.

Nel 1879 fu trasferito, con la qualifica di disegnatore, all'Ufficio centrale del Servizio Materiale e Trazione delle Meridionali a Firenze.

Alternando gli studi teorici alla pratica del lavoro d'ufficio dimostrò una capacità progettuale tale da avere affidato lo studio di tutto il nuovo materiale rotabile e delle sue parti. Tra esse vanno ricordate il carrello RA 1904 (denominato anche carrello italiano e carrello Zara), il regolatore a valvola equilibrata[Nota 2], il bilanciere orizzontale con traslazione del perno centrale, modifica dell'analogo tipo Krauss-Helmotz, che fu adottato anche dalla PLM e dalla Paris-Orléans, le boccole a guida articolata e altri apparecchi.

Costituitesi le FS nel 1905 e dovendosi impostare rapidamente i progetti delle locomotive e dei veicoli con cui svecchiare il parco ricevuto dalle ex-reti il Direttore del Servizio Materiale e Trazione ingegner Guglielmo Cappa, vincendo perplessità interne ed esterne all'azienda, decise di confermare allo Zara l'incarico di responsabile dell'Ufficio Studi Locomotive[Nota 3].

In tal veste, coadiuvato dai collaboratori che egli stesso aveva scelto e formato, tra il 1905 e il 1907 poté eseguire i progetti completi di 12 nuovi gruppi di locomotive e di 20 nuovi tipi di veicoli[Nota 4].

Ultimo dei tecnologi intuitivi e sorretto da uno spirito d'osservazione che gli permetteva di sentire i problemi progettuali, pur non essendo laureato lo Zara ricevette in mortem aperti apprezzamenti dal Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani che ospitò il suo necrologio sul proprio organo ufficiale, definendolo anche "uno dei personaggi più simpatici delle ferrovie italiane"[1]



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Vittorio Zonca


Vittorio Zonca (Padova, 1568 – Padova, 15 novembre 1602) è stato un inventore italiano.

Biografia

Conosciuto soprattutto per la pubblicazione di un libro di macchine meccaniche ed idrauliche, nel 1597 venne nominato architetto della città di Padova, carica onoraria che però non gli consentiva, a quanto pare, di esercitare la professione.

Nel 1607 uscì postumo a Padova il suo libro Novo teatro di machine et edificii per varie et sicure operationi, con le loro figure tagliate in rame e la dichiaratione et dimostratione di ciascuna. Opera necessaria ad architetti et a quelli che di tale studio si dilettano, di Vittorio Zonca architetto della magnifica comunità di Padova, a cui seguirono altre due riedizioni nel 1621 e nel 1656.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_Zonca

 
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