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In nome del progresso, l’uomo sta trasformando il mondo in un luogo fetido e velenoso (e questa è “tutt’altro che” un’immagine simbolica). Sta inquinando l’aria, l’acqua, il suolo, gli animali… e se stesso, al punto che è legittimo domandarsi se, fra un centinaio d’anni, sarà ancora possibile vivere sulla Terra. (Erich Fromm)
Oggi, 22 aprile, si celebra la Giornata Mondiale della Terra, data individuata dalle Nazioni Unite (nel 1970) in cui si ricorda la salvaguardia del nostro Pianeta e la difesa dell’Ambiente. Questo momento fu fortemente voluto dal senatore statunitense Gaylord Nelson e promosso ancora prima dal Presidente John Fitzgerald Kennedy.
Oggi è di fondamentale importanza rivalutare e ripensare il nostro rapporto con il pianeta. Bisogna impegnarsi più fortemente alla ricerca di soluzioni che permettano di eliminare gli effetti negativi delle attività umane.
Impariamo a guardare e considerare la natura come essere vivente e rispettabile, nella quale noi siamo umili ospiti. Non dimentichiamoci che esiste anche una responsabilità personale.
Ognuno dovrebbe rispondere delle proprie azioni senza nascondersi dietro la società o altro. Riduciamo gli sprechi, eliminiamo l’inutile, rallentiamo i ritmi. Senza aspettare che lo faccia anche l’altro, senza criticare nessuno.
È solo dando l’esempio che ci si trasforma… Una goccia alla volta e l’oceano diventa inarrestabile.
Concludo cari lettori e lettrici invitandovi a riflettere ulteriormente con questo aforisma del filosofo Nietzsche: “La terra ha una pelle, e questa pelle ha delle malattie. Una di queste malattie si chiama uomo”.
Elisa Diprè
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