IL FARO DEI SOGNI

Buddha

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GLI INSEGNAMENTI DI BUDDHA ALLA BASE DEL BUDDHISMO

Le basi della filosofia buddista spingono i praticanti verso una vita più serena e distaccata dal materialismo.

Innanzitutto cosa sono gli insegnamenti di Buddha? Dove li possiamo trovare e in che cosa consistono?

• I TRE GIOIELLI DI BUDDHA

• I CINQUE PRECETTI

• LE QUATTRO NOBILI VERITÀ

• IL NOBILE OTTUPLICE SENTIERO

I TRE GIOIELLI DI BUDDHA

Nel buddhismo, contrariamente alle altre religioni, non si è soliti parlare di “conversione”. Quando si vuole intraprendere il sentiero di questa filosofia si parla di “rifugiarsi nei tre gioielli”, che sono:

• Buddha: rappresenta la spiritualità che è presente in tutte le persone, poiché secondo il Buddhismo chiunque può aspirare a diventare un Buddha; questa è la prima cosa di cui essere consapevoli quando s’intraprende questo sentiero.

• Dharma: racchiude tutti gli insegnamenti del Buddha, ovvero la persona illuminata, ed è ciò a cui bisogna attenersi per raggiungere l’illuminazione.

• Sangha: è la comunità di cui si entra a far parte e può essere rappresentata sia da tutti coloro che sono diventati Buddha nei secoli, sia da coloro che praticano il Buddhismo e cercano di raggiungere l’illuminazione.

Una volta preso atto del significato di questi Tre Gioielli, dobbiamo iniziare a seguire gli insegnamenti di Buddha. Esistono tuttavia anche i cosiddetti “buddhisti laici”, coloro che seguono soltanto i precetti di Gautama Buddha, il fondatore del Buddhismo.

I Cinque Precetti

Tra i tanti insegnamenti lasciatici da Gautama quelli che più vanno osservati da un Buddhista che si definisca tale troviamo i Cinque Precetti, ovvero quegli insegnamenti che tutte le persone dovrebbe seguire per avere un’esistenza più tranquilla e in armonia con le altre forme di vita, nonché iniziare la propria via verso l’illuminazione.

Tali precetti vengono seguiti non appena il praticante ha accettato i Tre Gioielli e sono:

• Non uccidere altri esseri viventi.

• Non prendere ciò che non ti è dato avere.

• Non attenerti ad una condotta sessuale impropria e inopportuna.

• Non mentire né divulgare false notizie.

• Non abusare di sostanze inebrianti che fuorviano il giudizio e la coscienza.

Questi sono i cinque precetti a cui ogni buddhista si attiene per vivere serenamente la propria esistenza; a ben guardare, se tutti seguissimo queste semplici condotte, anche senza l’intercessione di un monaco, il mondo sarebbe un posto migliore con poco sforzo.

Normalmente sia i Gioielli che i Precetti vengono chiesti ad un monaco buddhista. Dopo aver recitato una formula, a cui l’aspirante buddhista dovrà rispondere in modo appropriato, si potrà dire di essere diventati buddhisti.

Le Quattro Nobili Verità

Tra gli insegnamenti più importanti del Buddha, subito dopo aver preso atto dei Tre Gioielli, troviamo le quattro nobili verità. Esse racchiudono l’insegnamento sulla sofferenza dell’essere umano e il modo per porle fine tramite la via del Buddha.

"Solo questo insegno: la sofferenza e la sua cessazione."

- Gautama Buddha -

Il Buddha, meditando sulla vita, su come essa nasce, cresce e termina, era giunto alla conclusione che la sofferenza è parte della natura umana, anzi della vita stessa, e non si poteva nascere ed essere vivi senza soffrire. Di fatto la prima delle nobili verità è detta la Verità della Sofferenza o del Dolore.

La Verità della Sofferenza

Come detto, la sofferenza è una costante nella vita di ogni essere vivente; può essere una sofferenza causata da una perdita, da un desiderio inappagabile, dalla paura d’invecchiare, dall’essere vicino a ciò che non ci piace. Esistono molti tipi di sofferenza e principalmente vengono divisi in:

• Sofferenza causata da ciò che è (immutabile)

• Sofferenza causata da ciò che cambia (ad esempio la vecchiaia)

• Sofferenza causata dall’esistere (ad esempio frustrazioni, desideri non appagati, ecc.)

Il termine utilizzato per la sofferenza deriva dal sanscrito “Duhkha” e si può tradurre con “dolore inconsistente” poiché rappresenta il vuoto e l’insoddisfazione che le persone sentono quando sono in vita, per uno qualunque dei tre tipi di sofferenze.

Tuttavia, come vedremo più avanti, non bisogna pensare che il Buddhismo sia una via pessimistica e di solo dolore: questa dottrina vede una sofferenza oggettiva nelle persone e negli esseri viventi, una sofferenza che purtroppo accompagnerà una persona per tutta la vita ed è inevitabile.

Il Buddhismo vuole portare a tutti la via per riuscire a porre fine a questa sofferenza, per permettere a tutte le persone di vivere serenamente e in armonia. Non è corretto pensare al Buddhismo come a una religione di pessimismo e di sofferenza: essa vuole, senza chiedere nulla in cambio, portare le persone a smettere di soffrire e a vivere in pace con loro stesse.

La Verità dell’origine della Sofferenza

La seconda nobile verità è volta a capire il perché di questa sofferenza costante: essa è la Verità dell’origine della Sofferenza.

Spesso capita di attribuire a qualcosa o a qualcuno la colpa del nostro soffrire: è colpa di Dio, dell’Universo, di quel/la tizio/a, della società, è il destino, è la sfortuna. La nobile verità sta nell’accettare che siamo noi l’origine della nostra sofferenza: ciò non significa che cerchiamo la sofferenza a tutti i costi, bensì che (come insegna il Karma) sono i nostri desideri a portarci a soffrire, è l’insoddisfazione che ci porta al dolore.

Il Buddha individuava tre fonti principali da cui nasce la sofferenza:

• Il desiderio sessuale

• Il desiderio dell’esistenza (attaccamenti, invidie, ecc.)

• Il desiderio di porre fine all’esistenza (uccidere, consumare, finire, ecc.)

Se ci pensiamo bene sono tre macro categorie che si adattano molto bene ai desideri umani più comuni. Tuttavia il Buddha nei suoi insegnamenti non attribuisce mai la responsabilità alle persone direttamente: come dicevamo prima, la sofferenza è intrinseca nell’esistenza, quindi non è colpa dei desideri che proviamo se soffriamo, bensì del nostro "attaccamento" ad essi.

Soddisfare un desiderio ci porta a soffrire di meno, eppure soffriamo ulteriormente per ottenere questa soddisfazione. Tale sofferenza possiamo dire abbia origine nell’avidità, poiché ci spinge a volere sempre di più nell’illusione di condurre una vita “piena”.

La Verità della Cessazione della Sofferenza

La terza delle nobili verità è la prova che il Buddhismo non è solo pessimismo e dolore: è la Verità della Cessazione della Sofferenza.

Finora abbiamo raccontato di come Buddha arrivò a capire la sofferenza e le sue evoluzioni e di come esse siano legate indissolubilmente ad ogni forma di vita. Tuttavia si può porre fine a tutta questa sofferenza: se la sofferenza è generata dai desideri, tutto quello che bisogna fare è rinunciare ad essi.

Non è cosa facile: la società moderna è infatti basata sul desiderio e sulla sua soddisfazione. Se però guardiamo da un altro punto di vista, questa Verità ci dice di “lasciar scorrere”, rinunciare a qualcosa di cui possiamo fare a meno in favore di una serenità che altrimenti non avremmo mai provato.

È grazie a questa “liberazione dal desiderio” che si può porre fine alla sofferenza a cui gli esseri viventi sono eternamente legati e si può dire che è questo il fulcro della filosofia buddhista a cui ogni praticante dovrebbe aspirare: la rinuncia al desiderio e all’attaccamento alle cose e alle persone. Questa, secondo il buddhismo, è l’unica via per raggiungere il Nirvana e l’illuminazione, la via dell’ultima delle nobili verità.

La Verità della Via che Porta alla Cessazione della Sofferenza

Una volta che abbiamo preso coscienza della terza nobile verità, siamo pronti per la parte finale, l’ultima: la Verità della Via che Porta alla Cessazione della Sofferenza.

Essa è l’unico modo per raggiungere il Nirvana e l’Illuminazione, l’unico modo per liberarsi dalla sofferenza intrinseca degli esseri viventi, la “via della moderazione” o la “via del mezzo”, per eliminare dalla vita tutto ciò che è attaccamento, negatività e tossicità.

Essa si rispecchia nell’ultimo dei più importanti insegnamenti di Buddha: il Nobile Ottuplice Sentiero che verrà spiegato successivamente

Dedicato al beneficio di tutti gli esseri senzienti

 
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Un povero una volta incontrò il Buddha e gli chiese:

- Buddha, perché sono così povero?
- Perché non pratichi la generosità.
- Ma come posso praticare la generosità, perché non ho nulla da dare agli altri?
Hai cinque oggetti con cui potresti praticare la generosità, ma non lo fai.
- Per favore, dimmi cosa sono questi cinque oggetti?
- Con la tua faccia puoi dare sorrisi agli altri, ma non lo fai. Con i tuoi occhi, puoi guardare gli altri con uno sguardo di amore e cura, ma non lo fai. Con la tua bocca, puoi dire qualcosa di buono per gli altri, ma non lo fai. Con il tuo cuore puoi augurare felicità agli altri, ma non lo fai. E con il tuo corpo puoi fare qualcosa di buono per gli altri, ma non lo fai. Sei ricco quanto te lo permetti.

 
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Buddha insegnó che: " Se soffrite, soffrite perchè desiderate, e i vostri desideri sono irrealizzabili e voi sarete sempre delusi. Perció, eliminate il desiderio." Cosi i discepoli se ne andarono, calpestarono i desideri, vi saltarono sopra, li decapitarono, li buttarono via, finirono le loro ginocchia a forza di prostrazioni e le loro loro puya divennero tutte rivolte verso l'abbandono dei desideri.
Poi tornarono e Buddha fece notare che: "Stavano ancora desiderando di non desiderare" Allora i discepoli si chiesero quale fosse il metodo per sbarazzarsi del desiderio.
E la risposta fu: " Quando vi accorgerete che tutto ció è che state facendo per liberarvi da esso è insensato, allora sarete pervasi da una calma naturale e vi renderete conto che non siete in grado di controllare la mente e che non esiste un controllore.
Ció che vi ha fatto pensare di essere il pensatore dei pensieri, non è altro che un'altro pensiero."
Questo è quanto si vede comunemente accadere nei templi, nelle chiese, nei raduni, dove la pervicacia e l'ostinazione di voler raggiungere la liberazione dalle proprie sofferenze si palesa in preghiere, offerte, prostrazioni, invocazioni spesso effettuate con compulsivitá e ripetitivitá ossessiva, quasi che la foga e l'ardore profuso in queste attivitá garantissero una riuscita migliore o piú rapida.
Ma... dire sempre: Acqua, acqua, acqua... Aumentala sete e non la placa. E diviene allora necessario semplicemente 'Bere'.

Ecco perchè è indispensabile innanzitutto accorgersi che siamo caduti nel tranello della nostra stessa credulitá e convinzione.

Se ci si accorge di questo allora ci si emancipa, e accade quello che si chiama propriamente 'risveglio, illuminazione'.

Accorgersi che non c'è niente per cui pregare o da raggiungere attraverso la preghiera stessa. Perchè tutto è giá qui e sta accadendo proprio adesso. Cosa rimane da fare allora?

Pregare per cercare di cambiare la imponderabilitá degli eventi?
O iniziare a farne parte?

A voi la scelta se essere un devoto o un Buddha.

Stefano Paoletti
Per Mythoselogos.it

 
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