IL FARO DEI SOGNI

IL SACRO TERAPEUTICO-SCIAMANICO TRA NEW AGE E NEXT AGE

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(((claudio)))
view post Posted on 29/12/2022, 16:36 by: (((claudio)))     Top   Dislike
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4.3. Il sistema di “Conoscenza” di Don Juan.

L’origine della visione del mondo di Don Juan affonda le sue radici nel mistero, benché evidentemente possieda un substrato multietnico e abbia molti elementi in comune con il mondo religioso indigeno mesoamericano e in particolare con l’universo tolteco. Tali correlazioni si possono desumere dall’informazione storica disponibile sulla mesoamerica precolombiana, così come dalla conoscenza diretta dei discendenti odierni della cultura tolteca, di cui sono un esempio i Nahua, gli Huicholes o i Maya.[170]

Concetti come il Tonal e il Nagual, l’altro io, il corpo del sogno, la terra considerata come un essere cosciente, si possono trovare ancora negli usi e nelle pratiche degli indigeni del nostro tempo.[171] Ad ogni modo, sembra che nessuno abbia espresso – in chiave romanzata e nel contesto della nuova religiosità – tali concezioni della realtà con la chiarezza e il pragmatismo che troviamo negli scritti di Castaneda. È importante evidenziare il fatto che la sua proposta, che ruota attorno ai concetti di “relatività della percezione” e conseguente esistenza di realtà alternative, non è una mera speculazione filosofica, ma possiede anche – almeno stando nell’ambito del messaggio new age – implicazioni pratico-terapeutiche che sfociano direttamente in applicazioni concrete, a livello della percezione e dell’esperienza di vita (rimandiamo qui al valore fondante del New Age dell’ esperienza personale) del singolo individuo.

Come ho affermato superficialmente nella breve introduzione storica, l’asse portante intorno a cui si evolvono gli insegnamenti di Don Juan è la concezione dualistica della realtà espressa dai termini “tonal” e “nagual”. Tale concezione rappresenta anche uno dei molti esempi in cui si può osservare il substrato precolombiano della visione donjuanista. Non è difficile infatti stabilire una vicinanza tra questi concetti e le due facce di Ometeotl, il “signore della dualità”, il principio sostenitore del mondo secondo le antiche tradizioni nahuatl , la cui più alta espressione fu il mondo tolteco.[172]

Ne L’isola del Tonal,[173] Castaneda[174] presenta una descrizione dettagliata (e “riplasmata”) del tonal e del nagual. Il tonal viene mostrato come lo spazio in cui agisce e si orienta l’uomo comune durante la sua vita e come l’ordinatore che dà senso e significato a tutto ciò che si presenta alla nostra coscienza. Esso include tutto quello che l’uomo è, pensa o fa; la ragione, il pensiero e la descrizione ordinaria della realtà sono il forte del tonal, il quale comprende di fatto tutta la gamma del conosciuto. Secondo Castaneda, all’insegna di una visione critica caratteristica più che dello sciamanesimo passato di quello moderno, per l’uomo “banale” della società scientifica moderna non esiste nient’altro che il conosciuto, tutta la sua esperienza cosciente si restringe all’ambito del tonal, il quale inizia con la nascita e termina con la morte.

Il nagual, invece, è tutto ciò che resta fuori dal tonal. È qualcosa il cui contenuto non può essere pensato. Castaneda descrive il tonal come un’isola in cui l’uomo trascorre tutta la sua vita, senza sapere nulla di ciò che si trova oltre i suoi confini. Il nagual è tutto lo spazio di mistero insondabile che circonda l’isola. Benché esso non possa essere compreso o verbalizzato – dato che la comprensione e la parola corrispondono al tonal – se ne può tuttavia essere testimoni, sperimentarlo. E questo è precisamente uno degli obiettivi dello stregone, al quale non importa tentare di capire o razionalizzare l’esperienza del nagual. Gli interessano soltanto le possibilità pratiche che tale esperienza mette alla sua portata. In ultima analisi, tutto accade nel nagual, che abbraccia tutto, ma noi percepiamo soltanto il tonal, il cui compito è quello di conferire alla realtà del nagual (l’universo delle emanazioni dell’aquila)[175] un ordine e un senso che non le appartengono, in quanto realtà trascendentale.

Di fatto, il tonal e il nagual non sono soltanto aspetti del mondo esterno, ma si esprimono anche all’interno di ogni uomo. Ciascuno di noi possiede un lato tonal e uno nagual. Nell’opera di Castaneda questi lati sono chiamati anche consapevolezza del lato destro e consapevolezza del lato sinistro, consapevolezza ordinaria e consapevolezza dell’altro io, il sognatore e il sognato, eccetera. Di fatto il tonal, come ordinatore del caos apparente del nagual, protegge il nostro essere dall’impatto devastante che avrebbe il nagual, se affrontato impreparati.[176]

Come ben spesso capita negli altri insegnamenti trasmessi dal maestro Don Juan a Carlos, lo sciamano interpreta ben diversamente questi concetti da come imporrebbero i testi di etnografia. Il tonal rappresenta in essi lo spirito custode in forma animale; per don Juan esso invece può anche apparire come animale, ma in realtà, quando mostra al discepolo il suo tonal, gli fa vedere la sua persona, il suo corpo, affermando che tutto quello che facciamo e sappiamo è opera del tonal, che sta di guardia a tutto ciò che siamo stati e abbiamo fatto, giudica e descrive. [177]

Questa distinzione fra tonal e nagual pervade tutta la didattica di Don Juan, il quale divide le sue istruzioni in lezioni e tecniche (come vedremo dettagliatamente in seguito) per il lato destro e lezioni per il lato sinistro. L’obiettivo delle prime è quello di riordinare in un modo più sano e funzionale gli elementi del tonal, ossia di “ripulire l’isola del tonal”.[178] Le seconde invece si propongono di far sperimentare all’ “apprendista stregone” direttamente il nagual, in modo tale da salvaguardare la sua ragione.

D’altra parte, se il tonal di ogni individuo è ciò che dà ordine e senso al mondo e se la realtà così percepita non ha un’esistenza trascendentale, ci si potrebbe chiedere: come mai gli esseri umani condividono tra loro una visione del mondo abbastanza simile? Cos’è che porta il tonal di tutti noi a costruire una realtà che possiamo condividere?

Parte della risposta si trova in ciò che abbiamo già detto rispetto alla costruzione collettiva della percezione ordinaria, mediante l’agganciamento del primo anello di potere.[179] Bisogna tuttavia menzionare l’esistenza di quello che Castaneda definisce il “Tonal dei tempi”. Lo si potrebbe intendere come una descrizione generale del mondo condivisa dai membri di ciascuna società, nel suo tempo e luogo specifico. Tale descrizione è sostenuta in modo collettivo, per il fatto di essere interiorizzata simultaneamente da tutti i componenti della società. La gente le conferisce continuità trasmettendola ai nuovi nati, i quali dovranno assimilarla per diventare membri di tale società, cosa che si realizzerà a partire dal momento in cui saranno in grado di riprodurre e condividere la descrizione. “Il tonal del tempo”[180] impone a ciascun individuo una descrizione, che porterà il suo tonal personale a costruire una percezione in comune con gli altri membri della società. Anche se, naturalmente, esistono alcune differenze tra persona e persona, le quali hanno origine nella “storia personale” di ciascuno.

Altro elemento fondamentale nella visione donjuanista-castanediana della realtà è il concetto di “energia”, così caro, come abbiamo avuto modo di vedere trattando del “neosciamanesimo olistico”, al mondo del New Age contemporaneo.

Tanto per Don Juan che per Castaneda, l’universo non è costituito da “materia”, da oggetti, così come li vediamo, ma da “campi di energia”.[181] Questo concetto è basilare non solo per il fatto che appare con molta frequenza nell’opera di Castaneda, ma perché è il punto di partenza e di arrivo di tutto ciò che il “guerriero”[182] neosciamano fa.

Per don Juan, il mondo dei desideri e quello delle idee hanno poca reale influenza sulla vita dell’uomo, mentre è il “Potere Personale” – cioè l’energia della quale l’uomo dispone – a determinare tutto: il possibile e l’impossibile.[183]

Il tema principale de Il fuoco dal profondo è ciò che Castaneda chiama “la Consapevolezza dell’Essere”.[184] Uno degli elementi essenziali di questa consapevolezza è che noi siamo campi di energia, o “uova luminose”.[185] Questo non sembra a prima vista un gran segreto o una grande verità,[186], ma in realtà è uno dei punti chiave di tutto il sistema di Don Juan, che ha influenzato direttamente la concezione olistica dello sciamanesimo new age.

Secondo Castaneda la realtà così come noi riusciamo a vederla è costituita da campi di energia che il suo maestro definisce “le emanazioni dell’Aquila”,[187] unica e sola dimensione che si può dire trascendente (il “Dio-energia” storpiato dal New Age, per intendersi). Tali emanazioni sono raggruppate in grandi “fasce”,[188] le quali formano mondi indipendenti tra loro. Don Juan parla dell’esistenza di quarantotto grandi bande di emanazioni, due delle quali sono accessibili all’uomo durante la sua percezione ordinaria. Una è quella dove si trova raggruppata la vita organica e l’altra è una banda che contiene strutture senza coscienza, come minerali, liquidi, gas…

All’interno della banda di emanazioni degli esseri organici esiste una frangia particolare, la banda dell’uomo, che determina gli stretti limiti della percezione del conosciuto. Le emanazioni normalmente allineate in questo caso sono conosciute, già abbiamo visto, come la coscienza normale, il tonal, il lato destro. All’interno della banda dell’umanità ci sono un gran numero di emanazioni non utilizzate ma accessibili; rappresentano per Castaneda una possibilità latente, ma che generalmente resta ignorata per tutta la vita. Sono l’anticamera dell’ignoto, ossia il nagual, la “realtà separata”, il lato sinistro.[189] (Non tutte le emanazioni dell’aquila sono accessibili all’uomo. Di fatto, la grande maggioranza di esse si trova nel campo dell’ “inconoscibile”.[190] Ne “Il fuoco dal profondo”, don Juan afferma che la sfera di ciò che può essere conosciuto è costituita da sette grandi fasce di emanazioni,[191] che possono essere accessibili alla percezione e si dividono in conosciuto e ignoto. L’ambito del conosciuto, dice lo stregone, rappresenta una minuscola parte del totale di emanazioni a cui l’uomo può accedere, ma ciò nonostante l’uomo “comune” criticato da Castaneda resta ignorante al suo interno per tutta la vita. Esso contiene tutti gli elementi di quello che si percepisce come realtà nel mondo quotidiano e tutto ciò che ciascun individuo è o fa si troverebbe in questa parte).

Parte del lavoro di don Juan e del suo gruppo di amici stregoni[192] consiste nello sviluppare l’abilità di “allineare”[193] e percepire tali emanazioni.

Ciò che permette di selezionare e di “allineare” l’emanazione durante la percezione è detto da Don Juan “punto d’unione”.[194]

Il punto d’unione è di capitale importanza per comprendere la teoria ma, soprattutto, anche la pratica del sistema “neosciamanico” castanediano. Da una lettura attenta alle parti dei vari testi ove esso è citato, il punto d’unione si può dire che rappresenti quella capacità della coscienza consapevole di scegliere le emanazioni che creano simultaneamente la percezione degli elementi che formano la realtà oggetto del percepire. Il fatto che il punto di unione allinei alcune bande di emanazioni in particolare e alcune emanazioni specifiche all’interno della banda, è definito da Castaneda come “posizione del punto di unione”. Per quanto riguarda la percezione dell’uomo comune, la posizione del punto d’unione produce un allineamento particolare, che causa la percezione del suo mondo quotidiano. Un leggero movimento della posizione del punto d’unione produrrà l’allineamento di emanazioni della banda dell’uomo che normalmente sono scartate. Un forte cambio di posizione produrrà l’allineamento di altre grandi bande di emanazioni. La facoltà di “scremare”[195] le emanazioni allineate, raggruppando quelle utili e scartando le altre, in modo da infondere senso e ordine nella percezione di ciascun oggetto, è conosciuto come “attenzione”[196] e si ottiene dalla consapevolezza grezza, mediante l’affinamento della percezione. Secondo l’ambito in cui agisce, l’attenzione viene classificata da Don Juan in tre tipi, che corrispondono a tre livelli di realizzazione. La prima attenzione è l’ordinamento della percezione nel mondo del conosciuto; la seconda opera e mette ordine nella sfera dell’ “inconoscibile”[197] e la terza integra le due precedenti, permettendo di penetrare nell’ignoto.

Per l’individuo normale e per il “guerriero” nella fase iniziale delle tecniche nel suo apprendistato, la prima attenzione è la più importante, perché costituisce il campo di operazioni in cui si svolge la sua vita. Ed è l’uso specializzato e strategico delle sue azioni nella prima attenzione, che gli permetterà eventualmente l’accesso alla seconda, fondamentale per la vera comprensione di sé stesso e della sua natura “divina”.[198]

Secondo Castaneda, il modo particolare in cui la prima attenzione seleziona e organizza le emanazioni che percepiamo non è fortuita, ma deriva da un addestramento specifico, che mettiamo in pratica per tutta la vita e i cui tratti fondamentali vengono delineati nei primi anni della nostra esistenza.

A proposito Don Juan gli racconta come al momento della nascita, un bambino non percepisce il mondo nella medesima maniera dell’adulto. Ciò è dovuto al fatto che la sua attenzione non sta ancora operando come prima attenzione, di conseguenza non riesce a condividere il mondo percettivo di coloro che gli sono attorno. Anche se si trova ad essere circondato dalle stesse emanazioni, non ha imparato a selezionarle e ad organizzarle come fanno gli adulti. Ci riuscirà poco alla volta, dice lo sciamano yaqui, assimilando durante la crescita la descrizione del mondo che gli adulti gli propongono. In modo naturale, qualunque adulto che entri in contatto con un bimbo piccolo, si trasforma – di solito inconsapevolmente – in un maestro che descrive incessantemente il mondo al bambino. All’inizio il piccolo non comprende la descrizione, perché non percepisce il mondo in quei termini, ma poco alla volta la assimilerà e imparerà a percepire la realtà secondo la descrizione. Avviene che, successivamente, sarà la descrizione a determinare la forma precisa in cui la sua percezione selezionerà e organizzerà i campi di energia che lo circondano. Quindi Castaneda afferma che ciò che percepiamo quotidianamente è la descrizione stessa, la quale fluisce costantemente da noi verso l’esterno.

Questo “fluire” della descrizione di solito è ininterrotto e in tal modo sostiene la percezione del mondo che ci è familiare, momento per momento. Se tale flusso viene sospeso, la realtà che esso genera crolla e si verifica ciò che Castaneda chiama “fermare il mondo”. Il vedere si riferisce alla capacità di percepire il mondo nella maniera in cui esso si rivela una volta che il flusso della descrizione è stato interrotto.[199]

Un altro aspetto importante legato a questo, è che, secondo Don Juan, tutto ciò a cui ci riferiamo quando diciamo “io” (cioè l’ego), fa parte della descrizione che abbiamo assimilato. Questa parte della descrizione ci manterrebbe incatenati a un modo di essere e di comportarci che – malgrado sembri assoluto e definitivo – può essere interrotto o sospeso del tutto, aprendo possibilità illimitate rispetto a ciò che possiamo essere o fare. In tal senso il “non-fare”, che sospende il flusso della descrizione, sarebbe una porta verso una salvifica libertà e il cambiamento. La chiave di questa porta, come la definisce lo stesso Castaneda, è la capacità di fermare il “dialogo interno”[200] dentro noi stessi, ossia quella conversazione mentale che sosteniamo costantemente rappresentante l’espressione più immediata della descrizione assimilata da ciascuno di noi. In pratica Don Juan la presenta come una sorta di “guardiano”, il cui compito fondamentale è quello di proteggere la descrizione, alimentandola con il suo stesso contenuto (i pensieri) e generando inoltre il “fare” che la rinforza. Questo vuol dire che, a causa delle cose che ognuno racconta a sé stesso, l’uomo percepisce il mondo nella maniera in cui è solito farlo e si comporta di conseguenza. Ciò a sua volta tende a confermare il contenuto del dialogo interno e della descrizione stessa. Tutto questo ci fa arrivare normalmente all’estremo di sostituire la realtà intorno a noi con i nostri pensieri. Castaneda critica l’uomo ancora ignorante che guarda il mondo, le cose, le persone o noi stessi e allo stesso tempo formula pensieri su ciò che sta vedendo, finché, come anche lui faceva, termina scambiando i pensieri per il reale.

Quando invece, per mezzo dei non-fare dell’io personale – come la tecnica del cessare il dialogo interiore – interrompiamo il flusso della descrizione della nostra persona, ci liberiamo da tale errore illusorio e dall’incantesimo dell’ego, che consiste nel farci credere di essere lui a costituire la nostra unica realtà. Possiamo ri“conoscere” allora la nostra natura di campi di energia, liberi e fluidi. E a partire da quel momento possiamo dedicarci al compito di reinventare noi stessi in un modo volontario e intenzionale, che ci permetta di rispondere in modi nuovi alle nuove situazioni che ci si presentano in ogni momento.

Castaneda, sempre rimanendo in questo ambito, definisce come “primo anello del potere”[201] la facoltà di effettuare “scremature”, secondo i termini di una descrizione del mondo condivisa dagli altri esseri umani. Con tale anello è come se “agganciassimo” gli elementi della realtà ordinaria, proiettando su essi la nostra descrizione. Ciò che si ottiene è la percezione normalmente sperimentata. Allo stesso tempo, gli anelli di potere di tutta l’umanità sono costantemente agganciati tra loro, per cui la costruzione del mondo nei termini della descrizione è in certo modo un compito collettivo, a cui partecipa chiunque si trovi coinvolto in ciascuna specifica situazione. È così che la percezione di ogni oggetto diventa più o meno uguale per tutti coloro che partecipano.

Lo sciamano-stregone invece, per riuscire a percepire la realtà in termini differenti dalla descrizione ordinaria, utilizza il cosiddetto “secondo anello del potere” (o anche l’anello del non-fare)[202]. Benché tutti possiedano questo secondo anello, utilizzarlo diventa possibile solo bloccando la funzione del primo, il che nella vita della gente normale, come afferma Don Juan, capita molto di rado.


segue V. IL NEOSCIAMANESIMO CASTANEDIANO TRA SALUTE E SALVEZZA. LA PRATICA

 
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