IL FARO DEI SOGNI

IL SACRO TERAPEUTICO-SCIAMANICO TRA NEW AGE E NEXT AGE

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(((claudio)))
view post Posted on 29/10/2022, 09:43 by: (((claudio)))     Top   Dislike
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INTRODUZIONE

Il desiderio e la ricerca di una salvezza personale , insieme a quella del proprio benessere fisico e mentale, rappresentano caratteristiche primarie che contraddistinguono la dimensione sacro-terapeutica di molte forme di religiosità nate in questi ultimi decenni. Questa semplice constatazione, che prende spunto da numerosi dibattiti e lavori,[1] è alla base del mio studio che vuole esaminare una di tali nuove proposte cercando comunque al tempo stesso di collocarsi nel contesto di una consistente riflessione storico-religiosa. In tale ambito di indagini infatti i concetti di salute e di salvezza sono diventati ormai da tempo oggetto di molte discussioni e di accurate analisi, in maggior misura dovuti al confronto con la tradizione delle religioni storiche e di quelle del passato.

Attingendo da questa documentazione ma con l’intenzione di essere piuttosto sintetico, è facile notare come i due termini di salute e di salvezza di volta in volta siano stati recepiti ora come corrispondenti, ora invece come antagonisti.

Una prima chiave di interpretazione presenta la concezione di salute come uno stato alternativo e opposto a quello di malattia. Questo primo approccio sottolinea soprattutto il fatto che non vi sia religione al cui interno non esista anche una domanda di guarigione dalla malattia, sia essa intesa in senso fisico oppure in senso “spirituale”. Al contrario, in certi casi si riscontra una sorta di corrispondenza tra salute e salvezza: la religione viene ritenuta efficace nella misura in cui è in grado di elaborare un sistema rituale di cura e di guarigione della malattia. Esso diventa infatti in qualche modo garanzia delle effettive capacità di salvezza della religione medesima.

La sensibilità con cui tale problematica si trova affrontata e risolta nei differenti contesti religiosi è però diversa. Se infatti nel mondo occidentale la tradizione greca e successivamente quella giudaica hanno poco per volta indotto a una rigida separazione tra mondo religioso e scienza medica, nella tradizione orientale è possibile ravvisare, soggiacente alle cure di una certa patologia, una ben precisa antropologia filosofica e religiosa. Ancora diverso sarà poi il caso degli stregoni e degli sciamani delle popolazioni a livello etnologico, che più spesso associano l’origine della malattia alla presenza di spiriti o di altre entità negative che dovranno essere allontanate nell’ambito di un ben preciso rituale religioso.[2]

Una seconda lettura del binomio salute-salvezza vede in questi due termini non un loro reciproco completamento, ma piuttosto una loro opposizione, che deriva da una diversa prospettiva in ordine alla concezione del male, dell’escatologia e della stessa divinità.[3]

Da una parte, quindi, ci sarà il concetto di salute, che risulta essenzialmente isolato ed è proprio, ad esempio, delle religioni di stampo politeistico. Infatti in queste tradizioni gli dei risultano essere responsabili del buon andamento di ogni aspetto della vita e del mondo, e dunque nel loro governo non ci può essere nulla di negativo perché sono buoni e dunque anche innocenti di fronte al male. Ne deriva perciò che il solo male da cui l’uomo può chiedere salvezza e liberazione sia quello contingente: la guarigione da un dolore fisico, la riuscita degli affari, una buona navigazione… Non esiste per l’uomo una via di salvezza da quanto si avverte comunemente essere parte del “male di vivere”: il dolore, la morte e quanto c’è di sofferente nella natura umana fanno semplicemente “parte della vita”. Possono certo diventare oggetto di acute riflessioni, e il primo esempio che viene in mente in questo caso è ovviamente la tragedia greca, ma nulla tolgono al destino della vita futura nell’Ade cui l’uomo greco dell’epoca omerica si sente chiamato.[4] La “staticità” di questa concezione, infatti, riposa sul fatto che il nostro è il migliore dei mondi possibili e non si potrebbe dire diversamente senza chiamare in causa la giustizia ovvero l’onnipotenza, l’onniscienza o la bontà della divinità.

La nozione di salvezza, dal canto suo, mantiene una sua dimensione “dinamica”, sia che venga pensata come liberazione da un male assoluto di natura etica[5], sia che questo male si raffiguri quale principio ontologico.[6] In entrambi i casi, difatti, la salvezza sopraggiungerà quale liberazione che si realizzerà nell’escatologia, in cui verrà ripristinata la situazione iniziale di perfezione, ma a un livello più elevato. In tutti questi casi, la radice del male si situa altrove rispetto al Dio sommo, e Dio mantiene un ruolo trascendente rispetto a questa realtà colpita dal male medesimo. La dimensione etica piuttosto che ontologica del male sarà allora raffigurata dalla possibilità, negata nel primo caso ma presente nel secondo, di fare in modo che questo male possa fondare una dimensione sostanziale della natura umana.[7]

Acquista allora importanza in tale quadro la figura del Salvatore che, in un contesto in cui il male assume esclusivamente una dimensione etica (come nel cristianesimo), potrà assolvere il compito di farsi lui carico del male da cui l’uomo da solo non saprebbe risollevarsi. Invece, in una prospettiva gnostica in cui sia presente non solo un male cui sia attribuita in vario modo una dimensione ontologica, ma anche una “conoscenza di per sé salvifica” (la gnosi è la “conoscenza che salva”), il salvatore assumerà piuttosto il ruolo di una specie di illuminatore e sarà chiamato soltanto a far scoprire all’uomo la sua vera natura e il suo vero destino: quest’ultimo, riconosciuta la sua identità, potrà allora rialzarsi, liberarsi dal male e ritornare alla sua originaria dimora divina.

Individuate, pur in maniera così sintetica, queste due diverse chiavi di interpretazione del rapporto salute – salvezza, è mia intenzione in questo lavoro andare a vedere come tale schema si trovi presente o possa comunque tornare utile per analizzare le soluzioni proposte dalla nuova nebulosa mistico-esoterica del New age nelle varie forme della religiosità contemporanea.[8]

Su questo punto nasce però una difficoltà: il numero sempre crescente di tali nuove forme di religiosità. Pertanto, pur prendendo atto dell’arbitrarietà di questa posizione, ho scelto di limitare l’attenzione solamente al fenomeno del “Neosciamanesimo” new age che si può tuttavia considerare sufficientemente rappresentativo se non di molte possibili soluzioni adottate dalla moderna religiosità, quanto meno di un certo metodo di ricerca.

Il mio interesse personale riguardo a questo fenomeno è sorto all’incirca tre anni fa, quando una carissima persona mi regalò un’opera dell’antropologo peruviano Carlos Castaneda, “L’arte di sognare”, in cui vengono narrate le sue incredibili avventure oniriche in perfetta consapevolezza, accompagnate da una serie di tecniche a lui insegnate dal maestro stregone Don Juan per mantenere e dirigere coscientemente lo stato di veglia “lucida” nei sogni, tutte finalizzate al raggiungimento della vera “conoscenza” salvifica di cui il “sognare” rappresenterebbe la tappa fondamentale.

Incuriosito e assai attratto dalle potenzialità che, perlomeno nel libro, offrivano queste “tecniche di sogno”, incominciai – forse in modo poco prudente – a seguirle in modo rigoroso sull’esempio di Castaneda, riuscendo poco alla volta ad acquistare sempre più “lucidità” nelle mie esperienze notturne.

Successivamente mi immersi in una lettura più approfondita dell’intera opera castanediana, e giunsi appunto a scoprire che questa singola esperienza costituiva solamente una parte (seppur basilare) di un sistema di insegnamenti molto complessi, aventi un substrato ideologico derivante dalle antiche tradizioni “sciamaniche” rimodellate in chiave moderna, a misura dell’uomo “religioso” contemporaneo. Decisi a questo punto di affrontare seriamente nella tesi di laurea tali tematiche – e la possibilità per far ciò mi fu offerta dal prof. Giovanni Filoramo, che ringrazio particolarmente –, con la ferma intenzione di studiare in maniera accurata le varie modalità nelle quali si stava trasformando la religiosità nella realtà attuale, abbracciando con entusiasmo il caso del “Neosciamanesimo” nella cultura “sacro-terapeutica” new age.

Quando il prof. Filoramo acconsentì di seguirmi in questo lavoro, fu come se realmente il mio “sogno” personale riuscisse ad avverarsi, ed ora posso senza dubbio affermare che, dopo aver superato alcune difficoltà ed ostacoli iniziali, esso sia arrivato finalmente ad un suo compimento conclusivo, fine ma credo per me inizio di una ricerca ancor più profonda da sperimentare e vivere di persona.






segue I. INQUADRAMENTO STORICO

 
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