| Il salto dalla Torre Eiffel Reichelt prima della tragica morte
Fu nel febbraio 1912 che Reichelt comunicò ai giornali di avere l'intenzione di sperimentare il paracadute direttamente dalla prima piattaforma della torre Eiffel, così da dimostrare il valore della propria invenzione.
Reichelt fissò l'appuntamento al 4 febbraio, alle sette di mattina.[3] Quella domenica fu accompagnato alla Torre in automobile da due suoi amici, con già la tuta indosso: ormai era riuscito a ridurre il suo peso a 9 chili, ampliando la vela a ben 30 m2. All'evento, presenziato dalla polizia, prese parte solo una trentina di persone; il clima era infatti gelido, con temperature inferiori a 0 °C, con una fredda brezza che spirava sugli Champ de Mars.
Quando Reichelt salì sulla torre Eiffel, tuttavia, fu chiaro a tutti che egli non aveva affatto intenzione di usare dei manichini per il lancio, ma che intendeva collaudare la sua invenzione su sé stesso. La sorpresa di quei momenti è descritta in maniera molto vivida dal quotidiano Le Gaulois: «Ci si stupì un po' di non vedere il manichino annunciato [...]. D'altronde, in materia di aviazione, non si è forse abituati a tutte le prodezze, a tutte le sorprese?». Furono in molti a cercare di distogliere il sarto da questo infelice proposito, ma lui era sicuro dell'efficacia della sua tuta-paracadute:[4] (FR)
«Je veux tenter l’expérience moi-même et sans chiqué [sic], car je tiens à bien prouver la valeur de mon invention» (IT)
«Voglio tentare io stesso l’esperimento, senza trucchi, perché voglio dimostrare il valore della mia invenzione»
A tentare di dissuaderlo vi era anche un aeronauta esperto di sicurezza, che era assai scettico su una serie di questioni tecniche che avrebbero compromesso la riuscita dell'esperimento. Reichelt, a queste pressanti contestazioni, rispose:[7] (FR)
«Vous allez voir comment mes 62 kilos et mon parachute vont donner à vos arguments le plus décisif des démentis» (IT)
«Vedrete come i miei 62 chili e il mio paracadute daranno alle vostre critiche la più decisa delle smentite»
Non senza qualche difficoltà (l'accesso alla prima piattaforma della Torre venne inizialmente bloccato da una guardia, timorosa dell'imminente disastro), Reichelt alle otto di mattina salì le scale fino alla prima piattaforma, in compagnia di due amici e di un cineasta, impaziente di immortalare l'impresa. Nel frattempo, si diede ordine di delimitare sotto i quattro pilastri della struttura il sito deputato all'atterraggio. File:Reichelt.ogvRiproduci file multimediale Documentazione videografica della tragica impresa di Reichelt. Oltre al volo, sono documentati i soccorsi inutili e la misurazione del cratere creato dall'impatto
Alle 8:22 Reichelt, rivolgendosi verso la Senna, salì su uno sgabello collocato su un tavolo dell'adiacente ristorante, a circa 57 metri sopra il livello del suolo. Dopo essersi presentato al pubblico con un raggiante «A presto!» (À bientôt!) e aver misurato la direzione del vento lanciando in aria un pezzetto di carta,[8] esitò per circa quaranta secondi, per poi mettere un piede sul parapetto e finalmente lanciarsi; secondo Le Figaro, prima di gettarsi nel vuoto Reichelt era quieto, e stava addirittura sorridendo. Mentre precipitava, Reichelt fu avvolto quasi immediatamente dal paracadute che gli si attorcigliò attorno, per poi schiantarsi sul suolo ghiacciato ai piedi della torre Eiffel.
Le Figaro descrive molto intensamente il tragico evento:
«L’urto fu terribile; un colpo sordo, di una brutalità furiosa. All’impatto, il corpo rimbalzò e ricadde. Ci si precipitò a soccorrerlo. La fronte insanguinata, gli occhi aperti, dilatati dal terrore, le membra spezzate. François Reichelt non dava più segni di vita. Qualcuno si sporse, cercò di sentire il cuore. Era fermo. Il temerario inventore era morto. Allora la vittima, frantumata e disarticolata, venne sollevata; fu caricata su un autotaxi e il povero corpo fu trasportato a Laënnec.»
Secondo alcune fonti l'autopsia eseguita sul corpo avrebbe dimostrato che Reichelt era stato vittima di un arresto cardiaco durante la caduta e che sarebbe giunto al suolo già morto.[2]
Retaggio Prima pagina de Le Petit Parisien all'indomani della morte di Reichelt
All'indomani del salto di Reichelt, numerosissimi erano i giornali che parlavano della «tragica sperimentazione» (expérience tragique), con tanto di documentazione fotografica. Almeno quattro riviste, Le Petit Parisien, L'Humanité, Le Matin e La Croix, pubblicarono un articolo corredato con un'immagine della tragedia; sull'impresa venne addirittura realizzato un breve cortometraggio. Non vi furono sospetti di suicidio, e la stampa concordava unanimemente nell'attribuire le cause della tragedia all'incoscienza di Reichelt: ci fu addirittura chi lo definì un «genio pazzo».
Dopo la morte di Reichelt, inoltre, la parsimonia delle autorità parigine nella cessione di autorizzazione per eseguire esperimenti sulla Torre fu assoluta:[9] M. Damblanc, che pure voleva collaudare ivi il proprio «paracadute-elicottero», non riuscì a ottenere alcun beneplacito. L'adozione di queste misure, in effetti, fu vincente, tanto che per il successivo lancio finito in tragedia bisognerà attendere il 2005, anno della morte di un uomo norvegese che si scagliò dal secondo piano della Torre per pubblicizzare un noto brand di vestiti.[10]
fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Franz_Reichelt
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