| Manchineri
I Manchineri sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione massima stimata in 937 individui (2004).[1]
Lingua
Parlano la lingua Manchineri (codice ISO 639: MPD), lingua che appartiene alla famiglia linguistica Aruak. Insediamenti
Vivono nelle zone meridionali dello stato brasiliano di Acre. Alcuni anche in Perù e Bolivia. In Brasile sono presenti nel territorio indigeno Mamoadate e nel seringal (piantagione di alberi di caucciù) Guanabara. Altre comunità minori sono presenti sulle rive dei fiumi São Francisco e Macauã, e nella città di Assis.[1] Storia
L'esploratore del XIX secolo Antônio Loureiro identificò i Manchineri nei pressi dei fiumi Macauã e Caiaté nel 1880. Essi erano considerati affini o un sottogruppo del gruppo etnico peruviano dei Piro. Secondo i racconti orali Manchineri, questa etnia, prima del massiccio contatto con i bianchi, in particolar modo estrattori di lattice, era divisa in molti sottogruppi o clan: Manchineri, Hijiuitane, Uinegeri, Cuchixineri, Hahamlineri e Iamhageri. Con le pressioni e i massacri sempre più frequenti ad opera di spedizionieri, mercanti ed estrattori, le migrazioni si svolsero in due direzioni principalmente: dal Perù verso il Brasile e dal Rio delle Amazzoni verso la Bolivia. Furono poi utilizzati come guide nelle foreste dagli estrattori di caucciù e in seguito, con il forte calo dei prezzi della materia prima, furono utilizzati anche come forza lavoro, ossia come estrattori e trasportatori. I conflitti tra gli estrattori e i Manchineri, tuttavia, si fecero sempre più aspri con i primi intenti nella distruzione dei villaggi e delle malocas (capanne) dei Manchineri. Nel 1975 il FUNAI optò per il trasferimento dei componenti del gruppo nel territorio indigeno, ufficialmente riconosciuto, di Mamoadate dove i Manchineri convivono pacificamente con i Jaminawa.[1] Attività produttive
I Manchineri vivono di caccia e di pesca. Alcuni rituali legati all'attività della caccia prevedono lo spargimento sul corpo del tipi (una pianta da cui si estrae veleno utilizzato per avvelenare i pesci durante le battute di pesca) e del sanango (bevanda ricavata da piante) per dieci giorni. Con questa pratica il cacciatore si libera dalla maledizione del panema, ossia la maledizione del cacciatore che torna al villaggio a mani vuote, grazie al vomito che lo purifica espellendo dal corpo ciò che nuoce all'attività. Per l'attività di pesca utilizzano ami, veleno e arpioni (quando l'acqua del fiume è bassa) e praticano immersioni subacquee.
Sono inoltre coltivatori di riso, zucca, manioca, mais, papaia e patate.[1]
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Mandawaka
I Mandawaka (o anche Mandahuaca) sono un gruppo etnico del Brasile e del Venezuela che aveva una popolazione stimata in circa 3.000 individui nel 1975. Parlano la lingua Mandahuaca (codice ISO 639: MHT) e sono principalmente di fede animista.
Vivono ai confini tra Colombia e Venezuela e nello stato brasiliano dell'Amazonas, sui fiumi Baria e Casiquiare. Denominazioni alternative: Mandauaca, Mandawaka, Ihini, Arihini, Maldavaca, Cunipusana, Yavita, Mitua.
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Maragatos (gruppo etnico)
I maragatos (sing.: maragato) sono un gruppo etnico di origine sconosciuta[1][2][3][4][5][6] che ha il suo centro di diffusione nel nord-ovest della Spagna, in particolare nella zona attorno alla città di Astorga[5][6], nella Provincia di León (Castiglia e León). Popolo tradizionalmente nomade[3], discende forse dalle popolazioni berbere che invasero il Paese tra il VII e l'VIII secolo[1][2][3][4][5][6], ma è stata ipotizzata anche una possibile origine celtica[1][2][3][4].
I maragatos sono riusciti a mantenere intatte le loro tradizioni grazie all'isolamento dal resto della società ed evitando i matrimoni "misti".[1][2][3][4][5][6] Dal loro nome deriva quello della comarca La Maragatería, anticamente chiamata La Somoza.[2]
Discendenti dei maragatos si ritrovano - in seguito alle emigrazioni - anche in Sudamerica (Argentina, Brasile, Cuba, Messico, Uruguay e Venezuela).[7]
Etimologia
L'etimologia del termine maragato(s) è incerta, ma sono state formulate le seguenti ipotesi:
Una prima ipotesi, formulata da Fra' Sarmiento, un monaco benedettino vissuto nel XVIII secolo, lo fa derivare da maurellos o mourellos, termine con il quale si indicavano gli invasori Cartaginesi.[2] Secondo un'altra ipotesi, deriverebbe invece dal nome di una tribù berbera chiamata Baragawata.[2] Un'altra ipotesi ancora lo fa derivare da un loro capo di vestiario, detto baragas o maragas.[2] Un'altra ipotesi, formulata da Don Matías Rodríguez, lo fa invece derivare da una provincia del Nord-Africa che si sarebbe chiamata Maragat.[1] Un'altra ipotesi, che vorrebbe avvalorare l'origine celtica dei maragatos, ne ricollega il nome al vocabolo celtico Marc-Hekaat o Mar-kaat, ovvero "cavalcare"(cfr. bret. marc'h = "cavallo").[1]
L'ipotesi più probabile è tuttavia quella che derivi dal termine mer(i)cator, ovvero "mercante", in riferimento alla principale attività di questo popolo, termine che sarebbe entrato in uso non prima del XIV secolo.[1][2] Origini Maragatos in costume tradizionale durante una fiesta ad Astorga Possibile origine cartaginese
Secondo il monaco benedettino Sarmiento, i maragatos discenderebbero da popolazioni cartaginesi di origine semita, giunte in Spagna prima della dominazione romana.[1] In seguito, durante l'occupazione romana, queste popolazioni, dedite al commercio, sarebbero state fatte oggetto di persecuzioni e, per questo motivo, sarebbero state costrette a fuggire verso le montagne nei dintorni di Astorga.[1] Possibile origine berbera
Secondo lo studioso arabista Dozy, i maragatos sarebbero invece discendenti da una parte delle popolazioni berbere che, sotto il regno di Ferdinando I, si sarebbe insediate nei dintorni di Astorga accettando la religione cristiana, a differenza della maggior parte di quella popolazione, che aveva invece fatto ritorno in Africa.[1] Possibile origine celtica
Alcuni studiosi, tra cui Genaro Blanco Cela (in: Los aborigenes de la Maragatería) ed Eduardo Saavedra, ne hanno invece ravvisato delle similitudini con gli usi e costumi dei Bretoni.[1] Storia
I maragatos erano in origine dediti soprattutto al commercio di pesce e del carbone proveniente dal sud.[2] Per praticare i loro commerci, utilizzavano inizialmente le antiche vie romane, in particolare la via tra Astorga e Burgos o tra Astorga e Lugo, che percorrevano con dei muli.[2]
Le loro rotte cambiarono in seguito a seconda dell'attività, prediligendo comunque sempre il nord della Spagna (Galizia, Asturie e Cantabria)[2] ed includendo anche Madrid, quando quest'ultima diventò capitale della Spagna[2]. Emigrazione in Sudamerica Argentina
Parte dei maragatos emigrò in Argentina e fondò nel XVIII secolo località quali Carmen de Patagones, Mercedes de Patagones (l'attuale Viedma), San Julián e Puerto Deseado.[8] Cultura Tipiche abitazioni dei maragatos a Valdespino de Somoza Economia
La principale attività dei maragatos consiste ora nella vendita di prodotti artigianali[3]. Attività tradizionali erano invece l'agricoltura e l'allevamento.[9] Agricoltura e allevamento
I prodotti realizzati dall'agricoltura e dall'allevamento servivano principalmente per il sostentamento delle famiglie ed erano raramente destinati alla vendita.[9] Architettura
In origine i maragatos abitavano nelle cosiddette casas de sobrera, coperte da tetti di paglia.[2] Più recente è invece la casa arriera, una sorta di fattoria, entrata in uso a partire dal XVIII secolo e che presenta un grande patio centrale.[2][3] Questo tipo di abitazione aveva dimensioni differenti a seconda dell'importanza sociale del suo proprietario.[2] Musica
Il tipico strumento di questo gruppo etnico è il flauto maragato.[10] Gastronomia
Il piatto tipico dei maragatos è il cocido maragato, una zuppa contenente da sette sino a dieci tipi diversi di carne, ceci e cavoli.[3] Feste e tradizioni
Ricorrenze tipiche dei maragatos sono La Covada, La boda e La fiesta del arado.[2][3] La Covada
La covada è/era un'antica tradizione maragata che ha/aveva luogo dopo una nascita: in occasione della covada, ha/aveva luogo uno scambio di ruoli tra i neo-genitori, con il neo-papà che si prende(va) cura del figlio, ricevendo le congratulazioni dei parenti, e con la neo-mamma che si occupa(va) dei lavori di casa, dell'allevamento, ecc.[11] Il termine covada deriva forse dal latino cubare, che significa "fare da guardia al letto durante un parto".[11]
fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Maragatos_(gruppo_etnico)
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