IL FARO DEI SOGNI

Categoria:Gruppi etnici in Brasile

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view post Posted on 19/1/2023, 09:21     Top   Dislike
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Kaingang



I Kaingang sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in 33.064 individui (2009).[1]

Lingua

Parlano la lingua Kaingang (codice ISO 639: KGP), lingua che appartiene alla famiglia linguistica Jê.

La linguista Ursula Wiesemann, missionaria del Summer Institute of Linguistics, ha classificato cinque dialetti appartenenti alla lingua Kaingang:

dialetto di São Paulo, usato nelle zone tra i fiumi Tietê e Paranapanema
dialetto di Paraná, usato nelle zone tra i fiumi Paranapanema e Iguaçu
dialetto centrale, usato nelle zone tra i fiumi Iguaçu e Uruguay, nello stato di Santa Caterina
dialetto sud-occidentale, usato nella zona del fiume Uruguay e del fiume Passo Fundo, nello stato di Rio Grande do Sul
dialetto sud-orientale, usato a sud del fiume Uruguay e ad est del Passo Fundo[1]

Insediamenti

Vivono negli stati brasiliani di Paraná, Rio Grande do Sul, Santa Catarina, San Paolo. I Kaingang sono uno dei gruppi etnici nativi del Brasile con la diffusione geografica più larga (vivono in più di 30 terre indigene in 4 stati diversi), ma nonostante molte comunità siano distanti tra loro, il gruppo non ha perso un'unità storica e culturale.[1]

Storia
Indiani Caingangue (1910).

Secondo alcuni studi, gli antenati dei Kaingang erano i Guayaná, un gruppo che viveva sulla costa atlantica tra Angra dos Reis e Cananéia. A questo gruppo furono dati i nomi di Guayana, Goyaná, Goainaze e Wayanaze. Il nome "Guayaná" continuò ad essere utilizzato fino al 1843 insieme ad altre denominazioni quali Coroado, Coronado, Shokleng, Xokren; Guanana, Gualachos, Gualachí, Chiqui, Cabelludo; Tain, Taven, Tayen, Ingain, Ivoticaray; Nyacfateitei; Votoron, Kamé, Kayurukré, Dorin. Questa notevole quantità di denominazioni diverse ta loro, provocata dal numero relativamente alto di membri e di comunità dei Kaingang, ha portato a molta confusione nei tentativi seguenti di catalogare il gruppo. Inoltre, molte di queste classificazioni dell'epoca potrebbero ricondurre non ai Kaingang ma ad altre popolazioni del luogo tra cui i Xokleng o gli Xetá.

Il nome "Kaingang" è stato introdotto solo alla fine del XIX secolo. Inizialmente gli Xokleng e i Kaingang erano considerati come sottogruppi di un unico gruppo etnico che parlavano dialetti diversi di una stessa lingua con gli Xokleng denominati come "Aweikoma-Kaingang" (Handbook of South American Indians, 1946). Studi seguenti (1992) li hanno definitivamente classificati come due gruppi diversi che. dopo la separazione storica, hanno intrapreso processi culturali diversi che li hanno differenziati in maniera sostanziale.[1]




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Kalapalo


I Kalapalo sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in 385 individui (2011).[1]

Lingua

Parlano la lingua Kalapalo, lingua che appartiene alla famiglia linguistica Karib. Sono anche uno dei quattro popoli di lingua Karib nella zona.[1]
Insediamenti

Vivono nello stato brasiliano del Mato Grosso, nel Parco Indigeno dello Xingu in due villaggi, uno chiamato Aiha (che significa "finito", "pronto"), situato a sud-est del fiume Kuluene, l'altro Tanguro, sulle rive del fiume Kuluene e vicino al confine del Parco.[1]
Storia

I Kalapalo sono stati la prima tribù indigena dell'area dello Xingu ad essere stata contattata dai fratelli Villas-Bôas (attivisti brasiliani) nel 1945.

Il dialetto dei Kalapalos mostra che essi non hanno sempre vissuto nella zona dello Xingu. I Kalapalo parlano un dialetto di una lingua che appartiene al ramo meridionale della famiglia linguistica Carib e loro parenti più stretti a livello linguistico sono gli Ye'kuana, del sud del Venezuela, e gli Hixkaryana, della zona del fiume Nhamundá e della Guyana. I Kalapalos e queste tribù condividono anche alcune leggende orali che descrivono i loro incontri con l'uomo bianco e riti cristiani. Queste storie suggeriscono che le popolazioni Karib della regione dello Xingu hanno lasciato l'area caraibica dopo essere stati in contatto con gli spagnoli, forse per scappare da loro dopo aver sperimentato un contatto violento nel XVIII secolo.

Prima della creazione del Parco Nazionale dello Xingu, nel 1961, i Kalapalos hanno vissuto alla confluenza dei fiumi Tanguro e Kuluene, che sono affluenti del fiume Xingu. Da allora, il governo brasiliano li ha convinti a stabilirsi nei pressi della stazione di Leonardo, dove hanno potuto usufruire di trattamenti medici. Tuttavia, essi spesso tornano ai loro vecchi villaggi dove possano coltivare manioca e cotone, e dove possono raccogliere frutti di mare e gusci di lumaca per l'artigianato, attività da loro portata avanti a fini di lucro.
Organizzazione sociale
I Kalapalos hanno un rigoroso codice di deontologia che li distingue dagli altri popoli che abitano lo Xingu superiore. Tutti collettivamente condividono le loro informazioni, soprattutto per quanto riguarda l'attività della pesca. Eventuali dispute pubbliche e risse sono una grave violazione del loro codice di condotta e sono puniti.





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Kama (popolo)

I Kama (o anche Dâw) sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 106 individui. Parlano la lingua Kama (codice ISO 639: KWA) e sono principalmente di fede animista.

Vivono nello stato brasiliano dell'Amazonas, nella regione di São Gabriel de Cochoeira, nella zona di confluenza tra i fiumi Vaupés e Rio Negro. Condividono quest'area con altre popolazioni indigene che parlano lingue Nadahup come i Nadëb, i Nukak e gli Hup, ma anche con quelle parlanti lingue Arawakan come i Barasana e i Tucano.[1]

Chiamano loro stessi con l'appellativo "Dâw", che nella loro lingua significa popolo o gente. La dizione Kama, utilizzata a volte in letteratura e nella zona del Rio Negro, è da loro considerata peggiorativa.[2] Oltre alla lingua Dâw, oggi i pochi nativi rimasti parlano tutti anche la lingua nheengatu e il portoghese.[3][4][5]





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Kamaiurá


I Kamaiurá sono un gruppo etnico del Brasile con una popolazione stimata in 467 individui nel 2011 (Ipeax).[1]

Lingua

Parlano la lingua kamayurá (codice ISO 639-3 kay) che appartiene alle lingue tupi-guaraní. Molti Kamayura parlano anche il portoghese.
Insediamenti

Vivono nello stato brasiliano del Mato Grosso, all'interno del Parco Nazionale dello Xingu. Sono stanziati nella regione della confluenza dei fiumi Kuluene e Kuliseu e nei pressi del lago di Ipavu ("acqua grande" in lingua kamaiurá). Il villaggio si trova a circa 500 metri dalla riva sud del lago. Nel 1954, dopo una grave epidemia di morbillo, la popolazione si ridusse a 94 membri. Nel 1887 la popolazione era stata stimata in 264 membri.[2]
Storia
Sezione vuota

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Organizzazione sociale

Sono in gran parte pescatori e cacciatori. La società dei Kamayurá comprende diversi villaggi, un gruppo di fratelli sono i proprietari di ogni casa, e decidono quali compiti devono essere svolti ogni giorno dai membri. Dopo il matrimonio il marito va a vivere nella casa dei genitori della moglie. Con i matrimoni si formano importanti alleanze.

I due sessi vengono separati poco dopo la pubertà. Ai bambini viene insegnato come cacciare le prede con arco e freccia, svolgere lavori pesanti, e come creare un cesto. Devono praticare la lotta ogni giorno per rinforzare i muscoli. Gli viene insegnato come combattere a mani nude e ad avere un forte senso del comando per avere cura delle proprie famiglie in futuro. Questa divisione continua fino a cinque anni.

Le ragazze imparano a tessere dei tappetini e a svolgere mansioni casalinghe. Dopo alcuni anni sono pronte per sposarsi, assumendo un nuovo nome e facendosi bucare l'orecchio. Imparano a danzare e a prendersi cura della famiglia.
Commercio

Archi e frecce costruiti con materiali di qualità, cinture fatte con gusci di chiocciola e oggetti in ceramica vengono scambiati con le altre tribù. Reti per la pesca, canoe, flauti e amache vengono prodotti come beni specializzati.
Dieta

La dieta tradizionale dei Kamayura è formata dal pesce, beiju, porridge, pepe e banane. Il pesce è la fonte principale di proteine. Gli uccelli vengono cacciati nella foresta e le bacche vengono consumate come supplemento. La maggior parte degli animali con pelo sono considerati tabù.
Il villaggio
Il villaggio Kamayurá è circondato dalla foresta, compreso in un tetto rotondeggiante, decorato con erba (simile allo shabono), e all'interno si trova la "casa dei flauti", con strumenti a fiato chiamati jakui, che possono essere usati solo dagli uomini. Di fronte a quella casa si trova una zona adibita a ritrovi, dove gli uomini discutono vari argomenti come la preparazione per la pesca, le feste, etc. Le case di ogni famiglia possiedono un giardino privato.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Kamaiur%C3%A1

 
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Kamba (Brasile)


I kamba sono un gruppo etnico del Brasile, vicino all'estinzione, con una popolazione stimata in circa 2.400 individui.
Storia

Discendenti dall'omonima popolazione boliviana, i kamba parlano la lingua spagnola (codice ISO 639: SPN) e sono principalmente di fede animista. Vivono nei pressi di Corumbá, nello stato brasiliano del Mato Grosso do Sul.
Bibliografia

People groups of Brazil da Peoplegroups.org
Languages of Brazil da Ethnologue





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Kambeba


I Kambeba sono un gruppo etnico del Perù (dove sono noti anche come Omagua) e del Brasile con una popolazione stimata in circa 3.500 individui in Perù nel 1994 (stima non ufficiale[1]) e 347 individui in Brasile nel 2006 (Funasa).[1]


Lingua

I membri residenti in Perù parlano la lingua omagua (codice ISO 639-3 omg) che appartiene alle lingue tupi-guaraní mentre nei gruppi in Brasile solo gli anziani e i capi nel corso degli incontri ufficiali con i bianchi utilizzano la lingua madre.[2]
Insediamenti

Vivono in Perù e nello stato brasiliano dell'Amazonas. In Perù sono stanziati principalmente intorno alla capitale Lima, nelle sue zone periferiche. In Brasile, vivono in cinque villaggi, di cui quattro nella regione del fiume Solimões e uno sul corso inferiore del Rio Negro[non chiaro], alla foce del fiume Cuieiras. Altre famiglie di Kambeba vivono a Manaus e sul corso superiore del Solimões nel territorio dell'etnia Ticuna. Secondo alcune fonti Kambeba, altre duecento famiglie vivono sul Solimões, il che porterebbe la stima totale della popolazione in territorio brasiliano ad oltre 1.500 individui, stima non confermata da alcun censimento.[1]





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Kambiwa


I Kambiwa sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 1.578 individui. Parlano la lingua Kambiwa (codice ISO 639: QKH) e sono principalmente di fede animista.

Vivono nello Stato brasiliano di Pernambuco. Molti componenti di questo gruppo non parlano più la lingua Kambiwa ma adoperano la lingua portoghese. Sono prossimi all'estinzione.





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Kanamari


I Kanamari sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in 1.654 individui (2006).[1]


Lingua

Parlano la lingua Kanamari, lingua che appartiene alla famiglia linguistica Katukina. Si auto-identificano con il termine tukuna che significa "persone", termine che utilizzano anche per indicare gli altri popoli indigeni le cui lingue appartengono alla famiglia linguistica Katukina.[1]
Insediamenti

Vivono nello stato brasiliano di Amazonas. Originariamente vivevano nelle zone degli affluenti del fiume Juruá e nelle zone dei fiumi Itaquaí, Javari e Japurá. Oggi vivono in varie riserve indigene: nella riserva indigena Vale do Javari, sui fiumi Curuçá, Javari, Itaquaí e Jutaí, nella riserva indigena Mawetek, una zona comprendente gli affluenti sinistri del fiume Juruá, nell'area indigena Kanamari, nei pressi degli affluenti destri dello Juruá, vicino alla città di Eirunepé, e nelle aree di Maraã e Parana do Paricá, nei pressi del fiume Japurá. Altri 60 Kanamri vivono nella zona di Umariaçú, sul fiume Solimões, un'area in cui sono stanziati anche dei Ticuna. Sono strettamente correlati agli altri due gruppi Katukina, i Katukina do Rio Biá e i Tsohom-dyapa.[1]





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Kanoe


I Kanoe (o anche Canoé, Capixana, Capichana, Capishana, Canoe, Kanoê, Kanoé, Kapixaná) sono un gruppo etnico del Brasile (Rondônia) che ha una popolazione stimata in circa 150 individui. Parlano la lingua Kanoe (codice ISO 639: KXO) e sono principalmente di fede animista.

Vivono nello Stato brasiliano di Rondônia, nei pressi del fiume Guaporé. Sono vicini all'estinzione. Denominazioni alternative: Canoé, Guaratégaya, Guarategaja, Koaratira, Guaratira, Amniapé, Mekem, Mekéns, Mequem, Mequen, Mequens, Muki.






fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Kanoe

 
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Kantaruré


I Kantaruré sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 353 individui. Parlano la lingua portoghese (codice ISO 639: POR) e sono principalmente di fede animista.

Vivono a nord dello stato brasiliano di Bahia, nei pressi dei villaggi di Serra Grande e Batida, e nella riserva indigena di Kantaruré, omologata nel 2001[1].





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Kapinawa


I Kapinawa (o anche Capinawá, Kapon) sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 422 individui. Parlano la lingua portoghese (D:Brazilian Portuguese-POR05) e sono principalmente di fede animista.

Vivono nello Stato brasiliano di Pernambuco. Molti Kapinawa oggi parlano il portoghese come lingua madre. Sono prossimi all'estinzione.





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Karahawyana


I Karahawyana (o anche Karafawyana) sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 43 individui. Parlano la lingua Karahawyana (codice ISO 639: XKH) e sono principalmente di fede animista.

Vivono nello stato brasiliano di Amazonas, vicino ai Waiwai. Sono quasi estinti; gli ultimi Karahawyana rimasti si sono stabilmente inseriti nella comunità Waiwai assorbendone la lingua.





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Karajá


I Karajá sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 3.198 individui (2010).[1]


Lingua

Parlano la lingua Karaja (D: Javae-KPJ01). Il sottogruppo Javaé parla un dialetto molto simile alla lingua Karaja.
Posizione

Vivono negli stati brasiliani Goiás, Mato Grosso, Pará e Tocantins. Il loro territorio è delimitato dalla valle del fiume Araguaia, tra cui la più grande isola fluviale del mondo, l'Ilha do Bananal, che misura circa due milioni di ettari. I 29 villaggi si trovano quasi tutti vicino agli affluenti dei fiumi Araguaia e Javaés, così come verso l'interno sulla Ilha do Bananal. Caratteristica del gruppo è la loro mobilità: si spostano di frequente per ricercare le zone migliori per le loro attività di pesca e di caccia (soprattutto di tartarughe). Per questi motivi di frequente costruiscono villaggi temporanei di capanne sulle rive del fiume e su alture (per la stagione delle piogge quando i fiumi si ingrossano).
Gruppi

I gruppi di Karajá si possono suddividere in sottogruppi:[2]

Karajá (1.500 persone)
villaggio di Aruanã (Goiás)
villaggi di Isabel do Morro, Fontoura, Macacúba e São Raimundo nella parte occidentale della Ilha do Bananal
piccoli villaggi nella punta settentrionale della Ilha do Bananal
piccoli villaggi come São Domingos e altri sul fiume Tapirapé
Javaé (841 persone)
villaggi sulle rive del fiume Javaé e all'interno della Ilha do Bananal per un totale di sei comunità nei comuni di Formoso do Araguaia, Cristalândia e Araguaçu
Xambioá (202 persone)
due villaggi nei pressi della zona inferiore del fiume Araguaia

Storia

Stanziati da secoli sulle rive del fiume Araguaia negli Stati di Goiás, Tocantins e Mato Grosso, i Karaja hanno avuto una lunga storia fatta di contatti con esploratori, colonizzatori e missionari. Nonostante questo non hanno perso le loro tradizioni culturali, l'uso della lingua e usanze tipiche quali rituali, decorazioni del corpo, lavorazioni artigianali (bambole di ceramica e la lavorazione del legno). Non disdegnano periodi di permanenza in città anche per l'accesso alle cure sanitarie e all'insegnamento della lingua portoghese.

Alcuni studi hanno rilevato che i Karajá sono stati per lungo tempo in guerra con altri gruppi etnici della regione, tra cui i Kayapó, i Tapirapé, gli Xavante, gli Xerente, gli Avá-Canoeiro e, meno di frequente, con i Bororo e gli Apinayé per cause riconducibili alla protezione del territorio. Nonostante i conflitti, vi sono stati notevoli scambi culturali tra i gruppi. La seconda e più importante fase di scambio culturale è avvenuta con l'avvento in zona dei bandeirantes di São Paulo e con la spedizione di Antonio Pires de Campos nel XVIII secolo. Le numerose spedizioni nei secoli seguenti hanno messo questo gruppo etnico fortemente in contatto la popolazione di origine occidentale. Ciò ha portato alla costruzione di un hotel turistico di lusso e a innumerevoli visite da parte di ricercatori, scrittori e giornalisti interessati alla cultura Karajá e ai caratteristici oggetti tradizionali come le bambole di argilla fatte dalle donne.[3]
Struttura sociale

I componenti di questo gruppo etnico sono in gran parte cacciatori ed agricoltori. Gli uomini sono responsabili della difesa del territorio, della ricerca di cibo e della costruzione di abitazioni. Le donne sono responsabili dell'educazione dei bambini fino all'età di iniziazione e in modo permanente per le ragazze, della preparazione del cibo, della coltivazione di vari prodotti della terra, dell'organizzazione del matrimonio tra i bambini, della decorazione corporale durante i riti tribali, e della fabbricazione di bambole di ceramica che, originariamente create come giocattoli per i bambini, sono poi divenute un'importante fonte di reddito con la vendita a visitatori, turisti, esploratori e anche rivenditori (è molto comune trovare le bambole dei Karajá sugli scaffali dei negozi di artigianato e di souvenir locali).

Il villaggio è la struttura di base organizzativa, sociale e politica. Il processo decisionale è affidato ai membri maschi che discutono le loro posizioni nella Casa Aruanã. Uno degli uomini del villaggio viene eletto 'capo' ed è ritenuto responsabile per le questioni politiche con le parti esterne, come il FUNAI, le università, le ONG, il governo statale e così via.


Screenshot_2023-01-23_at_10-12-07_Karaja_-_Wikipedia





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Karaj%C3%A1

 
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Karapanã


I Karapanã sono un gruppo etnico della Colombia e del Brasile.[1]


Lingua

Parlano la lingua Carapana (codice ISO 639: CBC) che appartiene alla famiglia linguistica Tucano. Si fanno chiamare Muteamasa o Ukopinõpõna.[2]
Insediamenti

Vivono in Colombia, sul fiume Tí (affluente del Vaupés) e sulla parte alta del fiume Papuri (Dipartimento di Vaupés), e nello stato brasiliano dell'Amazonas in diversi villaggi sui fiumi Tiquié e Negro.[2]




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Karapotó


I Karapotó sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 796 individui. Parlano la lingua Portuguese (codice ISO 639: POR) e sono principalmente di fede animista.





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Karipuna de Rondônia


I Karipuna de Rondônia sono un gruppo etnico indigeno del Brasile prossimo all'estinzione con una popolazione stimata in 14 individui nel 2004 (Funasa).[1] Non sono correlati al gruppo dei Karipuna do Amapá (o anche Caripuna).[4]

Lingua

Parlano la lingua karipuna (codice ISO 639-3 kuq) che appartiene alle lingue tupi-guaraní.[2][3] Si auto-identificano con il termine ahé che significa "il vero popolo". L'origine del termine Karipuna è sconosciuta.[4]
Insediamenti

Nel 2004 erano solo 14 i Karipuna de Rondônia ufficialmente riconosciuti e vivevano nel territorio indigeno del villaggio Panorama, nello stato brasiliano della Rondônia. Per quanto riguarda il loro tradizionale territorio storico, i Karipuna de Rondônia hanno sempre occupato le aree del fiume Mutum-Paraná e i suoi affluenti sinistri, dei fiumi Contra e São Francisco, a nord, e dei fiumi Capivari, Formoso e Jacy-Paraná. Secondo Denise Maldi Meireles, l'occupazione dell'area fluviale intorno al Jacy-Paraná risale agli inizi del XIX secolo. In questo periodo sembra esserci stata una spaccatura nel gruppo, fino ad allora compatto, che portò a migrazioni diverse verso il fiume Capivari, a est, e verso il fiume Paraná Mutum, a nord. Il territorio indigeno Karipuna (152.930 ettari nei comuni di Porto Velho e Nova Mamoré) è stato ratificato nel 1998.[5]
Storia
Abbozzo

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Le cause che hanno portato al declino dei Karipuna della Rondônia sono da attribuirsi al boom della raccolta del caucciù, all'inizio del XX secolo (periodo in cui sono avvenuti i primi contatti), e alla costruzione della ferrovia Madeira-Mamoré, che costrinse numerosi gruppi indigeni della regione a migrare in altre zone a loro non congeniali. I Karipuna de Rondônia resistettero fino agli anni settanta quando si diffusero malattie epidemiche che decretarono in maniera quasi definitiva il destino ultimo di questo popolo.[1][6]





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Karipuna do Amapá


I Karipuna do Amapá (o anche Crioulo, Karipúna do Uaçá) sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 1.708 individui. Parlano la lingua karipuna (codice ISO 639: KMV) e sono principalmente di fede animista.

Vivono nello Stato brasiliano dell'Amapá, ai confini con la Guyana francese.





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Kariri-Xokó


I Kariri-Xokó (o semplicemente Kariri) sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 1.100 individui (1995). Parlano la lingua Portuguese (codice ISO 639: POR) e sono principalmente di fede animista.

Vivono negli stati brasiliani dell'Alagoas, Bahia e Ceará; sono prossimi all'estinzione. Denominazioni alternative: Karirí, Kariri Xucó, Kipeá, Xokó-Karirí, Xukuru Kariri, Xukurú, Xocó, Xokó.





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Karo (popolo del Brasile)


I Karo (o anche Arara di Rondonia) sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 200 individui. Parlano la lingua Karo (codice ISO 639: ARR) e sono principalmente di fede animista.

Vivono negli stati brasiliani di Rondônia e Mato Grosso. Differenti dagli Arará. Denominazioni alternative: Itogapúk, Itogapuc, Ntogapig, Ntogapid, Ramarama, Itanga, Arara-Karo, Uruku, Arára do Jiparaná, Arára.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Karo_(popolo_del_Brasile)

 
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Karutana


I Karutana (o anche Arara do Amazonas, Carútana) sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 300 individui (2000). Parlano la lingua Carutana (D:Urubu-CRU08) e sono principalmente di fede animista.

Vivono a nord-ovest dello stato brasiliano dell'Amazonas, vicino ai Curripaco. Denominazioni alternative: Adaru, Arara, Dzaui (Dzawi), Jauarete (Yawarete Tapuya), Jurupari (Yurupari Tapuya), Mapache, Uadzoli (Wadzoli), Urubu. Sono correlati ai Baniwa.





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Katukina do Rio Biá


I Katukina do Rio Biá sono un gruppo etnico del Brasile con una popolazione stimata in 462 individui nel 2010 (Funasa).[1]





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Katukina Pano


I Katukina Pano sono un gruppo etnico del Brasile con una popolazione stimata in 594 individui nel 2010 (Funasa).[1]

Lingua

Parlano la lingua Katukina che appartiene alla famiglia linguistica pano. Il portoghese è utilizzato esclusivamente per interagire con i bianchi ma meno della metà della popolazione lo parla correntemente.[2]
Insediamenti

Vivono nello stato brasiliano dell'Acre.[3]





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Kawahiva


I Kawahiva sono un piccolo gruppo di Indiani incontattati dell’Amazzonia brasiliana. Vivono nel territorio di Rio Pardo, all’interno della municipalità di Colniza (stato di Mato Grosso).

Sono cacciatori-raccoglitori nomadi. Di loro si sa poco perché non hanno contatti pacifici con l’esterno; le tribù confinanti li chiamano “il popolo dalla testa rossa” o “il popolo basso”. Nel 2011 il FUNAI (il Dipartimento brasiliano agli affari indigeni) ha diffuso alcune rare immagini della tribù riprese nel corso di un incontro fortuito tra gli Indiani e alcuni funzionari governativi[1].

I Kawahiva sono costretti a vivere in fuga perché la loro terra è invasa da taglialegna, minatori e allevatori. Secondo Survival International, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni, “sono in grave pericolo. Se la loro terra non sarà rapidamente riconosciuta e protetta dalle autorità brasiliane rischiano di essere sterminati.[2]”

Problemi

Si pensa che un tempo i Kawahiva conducessero uno stile di vita più stanziale perché nel loro territorio sono state trovate vecchie radure. Probabilmente sono diventati nomadi negli ultimi trent’anni, per sopravvivere alle invasioni di taglialegna, minatori e speculatori, e al disboscamento dilagante. Oggi si fermano per diversi giorni in accampamenti temporanei, ma poi si spostano nuovamente per sfuggire agli intrusi. Cacciano animali selvatici come pecari, scimmie e uccelli; pescano e raccolgono frutti, noci e bacche dalla foresta.

A minacciare la sopravvivenza del gruppo incontattato non sono solo le violenze e gli attacchi, ma anche comuni malattie introdotte dall’esterno – come influenza o morbillo – verso cui i membri della tribù non hanno difese immunitarie.

Nell’ottobre 2015 Survival International e l’attore premio Oscar Mark Rylance hanno lanciato una campagna per salvare gli ultimi Kawahiva[3]. Survival ha chiesto all’opinione pubblica di fare pressione sul Ministro della Giustizia del Brasile per convincerlo a proteggere il territorio della tribù. L’organizzazione denunciava che “il decreto che autorizza la demarcazione di Rio Pardo è sulla scrivania del Ministro della Giustizia dal 2013, ma è in stallo a causa dell’opposizione congiunta di chi vuole continuare a saccheggiare il loro territorio. Nel frattempo, però, le invasioni illegali stanno aumentando drammaticamente. Tra il 2000 e il 2011 sono stati distrutti 4.319 ettari di foresta.[4]”

Nell’aprile 2016, grazie alla campagna internazionale, il Ministro ha firmato il decreto per la demarcazione del territorio dei Kawahiva[5][6]. Tuttavia, l’area non è ancora stata fisicamente demarcata e resta pertanto estremamente vulnerabile.





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Kaxarari


I Kaxarari sono un gruppo etnico del Brasile con una popolazione stimata in 318 individui nel 2010 (Funasa).[1]

Lingua

Parlano la lingua Kaxarari che appartiene alla famiglia linguistica pano.[2]
Insediamenti

Vivono negli stati brasiliani di Amazonas e Rondônia, in quattro villaggi: Marmelinho, Barrinha, Paxiúba e Pedreira, situati all'interno del territorio indigeno Kaxarari, al confine tra i due stati. L'area, a cui è possibile accedere tramite l'autostrada BR-364 che va da Rio Branco a Porto Velho, è collocata all'interno dei comuni di Lábrea, Porto Velho e Extrema.[3]
Storia
Abbozzo

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Nel 1910 hanno occupato le sorgenti del fiume Curequeté, affluente del fiume Ituxy. In questo periodo la popolazione era stimata in circa 2.000 persone ma fino all'inizio degli anni ottanta i Kaxarari hanno dovuto soffrire le invasioni e gli attacchi degli estrattori di caucciù e dei seringueiros brasiliani. A questi conflitti, si aggiungono le malattie epidemiche diffusesi tra la popolazione a metà del XX secolo. Ciò ha portato la stima totale a circa 200 persone. Solo dagli anni ottanta in poi c'è stato un lieve aumento demografico.[1]





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Kaxarari

 
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Kaxinawá


I Kaxinawá sono un gruppo etnico del Brasile e del Perù.[1]

Lingua

Parlano la lingua Kaxinawá che appartiene alla famiglia linguistica Pano. Si auto-identificano con il termine Huni Kui ("uomini veri"); la parola Kashinawa, che dà il nome al gruppo, significa letteralmente "popolo del pipistrello" e non è accettata dagli stessi Kaxinawá.[2]
Insediamenti

Vivono al confine tra lo stato brasiliano dell'Acre e il Perù. In Brasile sono stanziati in alcuni villaggi lungo i fiumi Tarauacá, Jordão, Breu, Muru, Envira, Humaitá e Purus. In Perù si trovano sui fiumi Purus e Curanja.[3]





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Kaxuyana

I Kaxuyana sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in 350 individui (2009).[1]

Lingua

Parlano la lingua Kaxuyana, lingua che appartiene alla famiglia linguistica Karib. Si auto-identificano con il termine Purehno ma, a partire dagli anni sessanta del XX secolo, sono stati conosciuti come "Kaxuyana" o "Caxuiana", "Katxuyana". Il termine sta a indicare, letteralmente, gli abitanti del fiume Cachorro: Yana (persone) che abitano il fiume kaxuru (Cachorro), un affluente del Trombetas. Negli anni sessanta, dopo il crollo demografico provocato da malattie trasmesse dalla popolazione non indigena, il numero di coloro che parlavano Kaxuyana è sceso a meno di 100. Negli anni settanta i bambini e i membri più giovani cominciarono ad imparare esclusivamente la lingua Tiriyó. Alcuni parlano anche il portoghese.[1]
Insediamenti

Vivono negli stati brasiliani di Amapá, Amazonas e Pará. Sono stanziati in tre aree distinte: sulle rive del fiume Cachorro, affluente che sfocia nel fiume Trombetas a nord-ovest dello stato del Pará, nella zona dei fiumi Nhamundá e Mapuera, dove vivono accanto ai Waiwai e agli Hixkariyana, nella zona occidentale del Pará, e nel Parco Nazionale di Tumucumaque, dove vivono insieme ai Tiriyó, all'estremo nord del Pará.[1]





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Kayapó

I Kayapó sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in 8.638 individui (2012).[1] Alcuni Kayapó sono convertiti al cristianesimo. Vivono in ambienti da foresta tropicale e sono in gran parte coltivatori e cacciatori. Loro si autodefiniscono "Mebêngôkre": "il popolo che venne dall'acqua".[2]

Lingua

Parlano la lingua kayapó, lingua che appartiene alla famiglia linguistica Jê. Kaiapó letteralmente significa "quelli che sembrano scimmie", nome derivato probabilmente da un caratteristico rituale che i Kayapó eseguono periodicamente e che li vede indossare maschere di scimmie. Tuttavia loro non usano questo termine per auto-identificarsi ma utilizzano il termine Mebêngôkre che sta per "gli uomini del posto dell'acqua".[1]
Insediamenti

Vivono nello stato brasiliano del Mato Grosso e a sud del Pará, sui fiumi Iriri, e sui fiumi Fresco e Bacajá, tutti affluenti dello Xingu, un'area quasi interamente coperto di foresta pluviale equatoriale tranne la regione ad oriente dove vi sono per lo più zone di boscaglia.[1]
Storia
Giovani donne Kayapó nel corso di un rituale

I Kayapó sono stati menzionati per la prima volta nel XIX secolo. Secondo i resoconti dell'epoca, vivevano divisi in tre grandi sottogruppi nelle zone del corso inferiore del fiume Tocantins: gli Irã'ãmranh-re ("coloro che vagano nelle pianure"), i Kumrenhtx Goroti ("gli uomini del gruppo grande") e i Porekry ("gli uomini del piccolo bambù"). I primi contatti con i "bianchi" furono a dir poco disastrosi per i Kayapó: i colonizzatori e gli esploratori attaccavano i villaggi e sequestravano i più giovani per farli lavorare come schiavi. A seguito di questi attacchi i Kayapó fuggirono verso ovest. In questo periodo ci fu una scissione all'interno dei gruppi Kayapó: da una parte coloro che, stanchi dei conflitti con gli uomini bianchi, intendevano stabilire rapporti di pace, dall'altra coloro che si opposero fortemente all'idea adducendo che le malattie contagiose che avevano attaccato i membri della tribù dopo l'arrivo dei colonizzatori avrebbero finito per annientare l'intera popolazione. Queste divisioni portarono ad una frammentazione in sottogruppi ancora maggiore rispetto ai tre sottogruppo originari. Nel corso degli anni trenta e degli anni quaranta l'intero sottogruppo dei gruppo Irã'ãmranh-re si estinse mentre i Porekry furono decimati. I Goroti Kumrenhtx e i membri che restavano dei Porekry rifiutarono definitivamente ogni rapporto formale con i colonizzatori migrando verso la foresta pluviale, creando nuove comunità ed attaccando tutti gli stranieri che si avvicinavano ai villaggi.[1]

Grazie alla passione del Padre saveriano Renato Trevisan che tra questo piccolo popolo dell'Amazzonia ha vissuto - a oggi - circa 30 anni della sua vita, che il Museo d'arte cinese ed etnografico di Parma raccoglie gli spettacolari ornamenti di piume di uccello, armi, utensili domestici di legno e paglia, giacché i Kayapò mai hanno sviluppato l'arte del ferro e della terracotta.[2]
Storia recente
Il grande Diadema Krôkrôk-tire esposto a Parma presso il Museo d'arte cinese ed etnografico

Mediante l'uso dei mass media, richiamando l'attenzione internazionale, sono riusciti ad avere il potere politico sulle proprie terre. Nello stesso tempo le attività minerarie e la deforestazione rischiavano di distruggere la foresta pluviale, e con ciò il loro stesso modo di vivere. In risposta i Kayapo usarono tattiche energiche per relegare minatori e disboscatori in aree circoscritte, ed anche per affermarsi come potenza economica. In seguito essi furono di nuovo minacciati da un progetto governativo segreto mirante a costruire nelle loro terre una serie di dighe per centrali idroelettriche. Sotto la guida di Paulinho Paiakan fu organizzata dai Kayapo una grande dimostrazione, che attirò l'attenzione dei media in tutto il mondo. La dimostrazione ebbe luogo nel sito stabilito per la costruzione della prima diga, ad Altamira nel Parà, durò parecchi giorni ed esercitò una forte pressione, sia sulla Banca Mondiale, sia sul governo brasiliano. Anche la rockstar Sting partecipò alla dimostrazione. Di conseguenza la Banca Mondiale negò il prestito che doveva essere usato per la costruzione della diga e il governo brasiliano ritirò il progetto.

Sono l'unica tribù amazzonica che ha comprato un piccolo aeroplano e tramite un pilota brasiliano controllano periodicamente il loro territorio contro gli intrusi[3]
I gruppi
Akiaboro, leader di tutti i gruppi Kayapó parla alla stampa nel corso della 13ª Reunião Ordinária da Comissão Nacional de Política Indigenista

I gruppi e sottogruppi identificabili con l'etnia dei Kayapó sono vari e numerosi. Alcuni di questi sono migrati in maniera permanente all'interno della foresta pluviale e molti dei loro villaggi sono quasi del tutto inaccessibili mentre altri gruppi hanno accettato, loro malgrado, l'integrazione con i colonizzatori e con i funzionari governativi che hanno cercato, a fasi alterne, di pacificare questi gruppi per evitare le continue tensioni nell'area.[1]

Goroti Kumrenhtx
Gorotire
Gorotire
Kuben-Kran-Krên
Kôkraimôrô
Kararaô
Mekrãgnoti
Mekrãgnoti
Metyktire
Irã'ãmranh-re (estinti)
Kren-re (estinti)
Nhangagakrin (estinti)
Kuben Ken Kam (estinti)
Me Mranh Mejôt´yr(estinti)
Xikrin (Purukarw`yt)
Xikrin (Purukarw`yt)
Kôkôrekre
Djo-re (Diore)





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Kayap%C3%B3

 
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Kinikinau


I Kinikinau sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 250 individui (2005).[1]


Lingua

Parlano la lingua Kinikinau, lingua che appartiene alla famiglia linguistica Aruak.
Insediamenti

Vivono nello stato brasiliano di Mato Grosso do Sul. La comunità più numerosa si trova nel comune di Porto Murtinho, in particolare nel villaggio di São João, a sud-est della riserva indigena dei Kadiwéu. Altre piccole comunità sono segnalate in altri villaggi abitati principalmente da membri di etnia Terena, a cui i Kinikinau sono correlati: Bananal e Limão Verde (nel comune di Aquidauana), Brejão e Água Branca (nel comune di Nioaque) e Lalima e Cachoeirinha (nel comune di Miranda).[1]
Storia

I Kinikinau sono una di quelle etnie di famiglia Aruak che migrarono attraverso il bacino del fiume Paraguay dopo l'arrivo degli spagnoli, in particolar modo verso est. Questi gruppi venivano identificati con il nome di "Guana". Sono stati identificati quattro sottogruppi Guana che migrarono lungo il fiume Paraguay: gli Exoaladi (scomparsi durante la guerra paraguaiana), i Terena (il gruppo più numeroso, ancora esistente), i Layana (si suppone si siano fusi con i Terena) e i Kinikinau. L'ondata migratoria si fermò solo dopo la seconda metà del XVIII secolo quando i gruppi si stabilirono nei pressi del fiume Miranda. In una relazione del 1872 del Relatório da Diretoria Geral dos Índios furono individuati circa un migliaio di Kinikinau nei pressi di Albuquerque e Miranda, notati soprattutto per la loro indole collaborativa e per le loro abilità agricole. Ciò indica che la comunità Kinikinau disponeva di un numero di individui significativo anche dopo la guerra del Paraguay (1864-1870). Secondo i resoconti dell'epoca (Visconde de Taunay), tre dei sottogruppi Guana (Layana, Exoaladi e Kinikinau) parteciparono addirittura al conflitto. Secondo l'antropologo Cardoso de Oliveira, gli Exoaladi scomparirono proprio durante la guerra del Paraguay. I Terena sono quindi da considerarsi il gruppo più grande tra quelli sopravvissuti dei Guana con i Kinikinau che, decimati, per decenni si sono aggregati alle loro comunità. Documenti del Funai rivelano inoltre l'esistenza di gruppi Kinikinau nella riserva indigena dei Kadiwéu nel corso del XX secolo. I Kadiwéu si avvalevano dell'apporto dei Kinikinau, abili agricoltori, per il lavoro della terra e in cambio offrivano alloggio e protezione.

I Kinikinau furono convinti, per molti anni, dall'organizzazione indigenista ufficiale a dichiararsi indios Terena, con i quali stringono legami storici e culturali. Ciò portò, di fatto, alla rinuncia della loro identità culturale. In seguito, negli anni novanta e duemila, i Kinikinau hanno poi chiesto il recupero di parte del loro territorio storico oltre al riconoscimento ufficiale della loro specificità etnica.

In un primo censimento nel villaggio di São João del 1998 furono classificati 58 indios di etnia Kinikinau. In un secondo censimento del 2003 la cifra fu portata a 180. La differenza tra le due cifre si spiega con il timore degli Kinikinau a dichiararsi di una etnia separata da quella dei Terena. Una nuova stima del 2005 ha portato il numero complessivo di Kinikinau, comprensivo di tutte le comunità anche esterne al villaggio di São João, a 250 unità.[1]





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Kohoroxitari


Kohoroxitari (Kohorosciwetari) sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 1.032 individui. Parlano la lingua sanumá (codice ISO 639-3 xsu)[1][2] e sono principalmente di fede animista.

Vivono nello stato brasiliano dell'Amazonas, Prelazia Rio Negro. Sono correlati ai Baniwa.





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Kokama


I Kokama sono un gruppo etnico del Brasile, del Perù, della Colombia ed il Venezuela con una popolazione totale superiore ai 20.000 membri.[1]

Lingua

Parlano la lingua cocama-cocamilla o kokama (codice ISO 639-3 cod)che appartiene alle lingue tupi-guaraní, un linguaggio molto simile alla lingua parlata dai Kambeba. Si presume che la lingua kokama sia il risultato di decenni di interazione tra i vari gruppi Tupi della regione del fiume Marañón con la lingua tupinambá che le ha fornito il 60% del vocabolario. In Perù quasi tutta la comunità parla anche lo spagnolo. A differenza dei gruppi stanziati in Perù, quelli del Brasile non sono soliti parlare la lingua madre preferendo il portoghese.[2]
Insediamenti

Vivono quasi tutti in Perù. Altre comunità sono stanziate in Colombia e nello stato brasiliano dell'Amazonas (sul fiume Solimões, nei comuni di Tabatinga, São Paulo de Olivença, Benjamim Constant, Amaturá, Santo Antônio do Içá, Tonantins, Fonte Boa, Tefé e Jutaí).[1]



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Kokama

 
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Korubo


I Korubo sono un gruppo etnico del Brasile con una popolazione stimata in circa 200 individui nel 2010.[1] Vivono in completo isolamento; i primi contatti pacifici ed ufficiali sono avvenuti solo dal 1996 in poi, con spedizioni del Funai. Un ramo del gruppo è guidato da una donna di nome Maya. Questo gruppo scissionista conta circa 23 membri mentre si stima che il gruppo più grande conti più di 150 membri. I Korubo sono stati oggetto degli studi, alla fine degli anni novanta, dell'esploratore brasiliano Sydney Possuelo e del giornalista Paul Raffaele.


Lingua

Parlano la lingua Korubo (codice ISO 639: QKF) che appartiene alla famiglia linguistica pano; è una lingua molto simile alle lingue parlate dai Matis e dai Matsés[2]
Insediamenti

Vivono nello stato brasiliano dell'Amazonas, nella zona di confluenza dei fiumi Ituí e Itaquaí e nella valle dello Javari, nella parte più occidentale dello stato, una regione di confine tra Brasile e Perù. La maggior parte della popolazione vive ancora in isolamento. Nel 1996, dopo diversi tentativi, il Funai ha contattato un piccolo gruppo di Korubo.[3]





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Kotiria


I Kotiria (o Wanano, Uanano) sono un gruppo etnico della Colombia e del Brasile.[1]


Lingua

Parlano la lingua Guanano (codice ISO 639: GVC) che appartiene alla famiglia linguistica Tucano. Sono linguisticamente vicini ai Pira-tapuya anche se i matrimoni tra i due gruppi non sono consentiti e gli scambi culturali sono minimi.
Insediamenti

Vivono in Colombia e nello stato brasiliano dell'Amazonas. In Brasile si trovano principalmente sulla tratto centrale del fiume Uaupés, tra le cascate di Arara e Mitú. Nella zona tra Arara e Taracuá (parte superiore dello Uaupés) i Kotiria sono l'unica tribù stanziata nella zona; al di là di questa zona vivono insieme ai Kubeo.[2] In Colombia sono localizzati al confine con il Brasile negli insediamenti di Santa Cruz, Villa Fátima, Yapima, Carurú, Tayasú, Ibacab e Yapima.[3]





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Krahô


I Krahô sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in 2.463 individui (2010).[1]


Lingua

Parlano la lingua krahô, lingua che appartiene alla famiglia linguistica Jê.
Insediamenti

Vivono nello stato brasiliano di Tocantins, nella riserva indigena di Kraolândia omologata ufficialmente solo nel 1990. La riserva si trova nei comuni di Goiatins e Itacajá, tra il Alves Manoel Grande e Manoel Alves Pequeno, entrambi affluenti orientali del Tocantins, e il fiume fiume Vermelho a nord.[1]
Storia

I primi contatti con i Krahô avvennero quando erano stanziati ancora vicino al fiume Balsas, un affluente del Parnaiba, all'inizio del XIX secolo in concomitanza con una serie di scontri che li videro coinvolti insieme agli agricoltori locali che cominciavano ad espandersi migrando dallo stato di Piauí nel sud del Maranhão. Dopo aver attaccato un ranch, subirono la rappresaglia portoghese guidata da Manuel José de Assunção che fece più di 70 prigionieri e trasferì molti di loro a São Luís. Dopo questi eventi, i Krahô cominciarono a sviluppare contatti pacifici con i "bianchi", ma non con gli altri gruppi indigeni vicini. Spostandosi sempre più vicino al fiume Tocantins, i Krahô iniziarono ad aiutare gli allevatori a combattere e catturare gli indigeni vicini (forse tutti appartenenti al gruppo etnico Timbira) per conto delle autorità della città di São Pedro de Alcântara, nel Maranhão. Gli indigeni catturati venivano poi venduti come schiavi e inviati nelle regioni più a nord. Tuttavia, quando i proprietari terrieri si furono liberati degli altri gruppi etnici, cominciarono a innervosirsi per i furto di bestiame ad opera dei Krahô, che in precedenza avevano accusato agli altri gruppi. Nel 1848, gli allevatori convinsero un missioanrio cappuccino, frate Rafael de Taggia, a trasferire i Krahô nel comune di Pedro Afonso, situato in una zona in cui si incontravano i fiumi Sono e Tocantins. Il gruppo si insediò lì, vicino al popolo dei Xerente, fino alla fine del XIX secolo, quando si spostarono verso nordest, raggiungendo l'area dove abitano sino ad oggi.[1]

I conflitti ricominciarono solo dagli anni Quaranta quando un gruppo di allevatori locali si rese responsabile di un attacco omicida portato nei villaggi e della morte di 26 Krahô. La loro situazione cominciò a migliorare negli anni sessanta quando fu istituito il nuovo FUNAI sulle ceneri del vecchio Servizio di Protezione degli Indiani che istituì progetti di assistenza agricola. Negli anni ottanta cominciarono a fare forti richiesti per un riconoscimento della loro identità etnica. In questo contesto, nel 1986 si sono recati al Museu Paulista per chiedere la restituzione di un'ascia con una lama a forma di mezza luna, che avevano ceduto al museo molti anni prima considerata dai Krahô un oggetto fondamentale per le loro tradizioni e i loro riti religiosi e che, secondo i racconti, era stata usata per uccidere il capo di un mitico popolo nemico noto con il nome di Cokãmkiere. La scure tornò in mano Krahô sopo molte discussioni con i funzionari dell'amministrazione dell'Universidade de São Paulo, molti dibattiti sui giornali e sui media, e una risoluzione a livello giuridico.[1]

I Krahô hanno assorbito membri di vari altri gruppi etnici, soprattutto tra il XIX e il XX secolo e in special modo da altri gruppi Timbira, come i Põrekamekrá, che avevano combattuto nel 1814, coloro che restavano dei Kenkateyê, decimati dai proprietari terrieri all'inizio del XX secolo, alcuni Apinayé e alcuni Apanyekrá.





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Krenak


I Krenak sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 230 individui. Parlano la lingua Krenak (codice ISO 639: KQQ) e sono principalmente di fede animista.

Vivono sul margine sinistro del Rio Doce, ad est dello stato brasiliano di São Paulo. La maggior parte dei Krenak parla anche il portoghese.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Krenak

 
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Kreye



I Kreye (o anche Krem-Ye) sono un piccolo gruppo etnico, vicino all'estinzione, del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 30 individui nel 1995. Parlano la lingua Kreye (codice ISO 639: XRE) e sono principalmente di fede animista. Sono anche detti Krem-Ye, Crenge, Crange, Creye, Crenye, Taze e Tage.

Vivono nello stato brasiliano del Maranhão.





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Krikati


I Krikati sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in 682 individui (2005).[1]

Lingua

Parlano la lingua Krikati-timbira (codice ISO 639: XRI), lingua che appartiene alla famiglia linguistica Jê. Il termine auto-identificativo del gruppo è Krĩcatijê che significa letteralmente "quelli del grande villaggio".
Insediamenti

Vivono nello stato brasiliano di Maranhão nei comuni di Montes Altos e Sítio Novo, un territorio circondato da fiumi e ruscelli dei bacini dei fiumi Tocantins (Lajeado, Arraial, Tapuio) e Pindaré. Nel 2005, anno del censimento della Fundação Nacional de Saúde, i Krikati vivevano in due villaggi: San Jose, il più grande e più antico, e Raiz, un secondo villaggio fondato solo nel 1999 dopo l'omologazione del loro territorio indigeno.[1]





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Kubeo


I Kubeo sono un gruppo etnico della Colombia, del Brasile e del Venezuela.[2]


Lingua

Parlano la lingua Kubeo (o Cubeo) che appartiene alla famiglia linguistica Tucano. Sono spesso sottoclassificati come "tucanoani centrali" dato che la loro lingua si distingue in maniera netta dalle altre appartenenti alla famiglia delle lingue tucanoane. Si auto-identificano con i termini Kubéwa o Pamíwa.[1]
Insediamenti

Sono stanziati principalmente in Colombia, nella regione del corso superiore del fiume Uaupés, compresi i suoi affluenti Querari, Cuduiari e Pirabatón. In Brasile vivono nello stato brasiliano dell'Amazonas, in tre villaggi sul corso superiore del fiume Uaupés; altri piccoli gruppi si trovano sul fiume Aiari. Un altro piccolo gruppo è stanziato all'interno dei confini venezuelani.[1]





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Kuikuro


I Kuikuro sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in 522 individui (2011).[1]

Lingua

Parlano la lingua Kuikuro, lingua che appartiene alla famiglia linguistica Karib. Si auto-identificano con i termini Ipatse Otomo o Ahukugi Otomo o Lahatuá Otomo, ossia "i padroni di Ipatse", "di Ahukugi" o "di Lahatuá", i nomi dei tre villaggi Kuikuro che esistono oggi. Molti anziani tuttavia continuano a utilizzare un'espressione che deriva dal nome di un villaggio che furono costretti ad abbandonare nel 1954 a causa di una epidemia di morbillo che stava decimando la comunità.
Insediamenti
Donna Kuikuro durante i Jogos dos Povos Indígenas, 2007

Vivono nello stato brasiliano del Mato Grosso, nella parte superiore del fiume Xingu, una zona in cui sono stanziate altre popolazioni di lingua Karib, i Matipu, i Nahukwá e i Kalapalo. I kuikuro viovo nella parte orientale del bacino, nella zona dei fiumi Culuene, Buriti e Curisevo.

La comunità è divisa in tre villaggi:

Ipatse, il più grande, con oltre 300 abitanti, sulla riva sinistra del Culuene.
Ahukugi, fondato nel 1997 sulla riva destra del Culuene, con una popolazione di circa un centinaio di persone.
Lahatuá, piccola comunità fondata da un complesso familiare di una dozzina di persone

Altri 30 Kuikuro vivono in un villaggio Yawalapiti.

La struttura dei villaggi Kuikuro è simile a quella di tutti i villaggi delle etnie stanziate nello Xingu superiore: l'organizzazione, la pianta circolare con uno slargo centrale sono aspetti rivelano la continuità della cultura indios locale dai tempi più antichi.[1]
Storia

Alla fine del XIX secolo l'etnologo tedesco Karl von den Steinen registrò l'esistenza dei Guikuru o Puikuru o Cuicutl sulle rive del fiume Culuene. I kuikuro a quel tempo si trovavano in un villaggio chiamato Kuhikugu, sulle rive di un lago con abbondanza di pesci kuhi (Potamorraphis, famiglia Belonidae). Era una comunità relativamente nuova perché originata da una popolazione migrata dall'alto Xingu verso la metà del XIX secolo.

Questo gruppo era probabilmente migrato da una serie di villaggi situati sul corso superiore del fiume Buriti. I gruppi rimasti in quest'ultima area diedero invece origine al gruppo dei Matipu (Wagihütü Otomo). La lingua cambiò leggermente e nacquero due dialetti differenti (Matipu e Kuikuro).[1]





segue

 
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Kulina


I Kulina (o anche Culina) sono un gruppo etnico del Brasile e del Perù che ha una popolazione stimata in circa 4.000 individui (anni 2006 e 2007).[1] Parlano la lingua Culina (codice ISO 639: CUL) e sono principalmente di fede animista.


Lingua

La lingua Kulina appartiene alla famiglia delle lingue Arawan e, fino all'arrivo dei bianchi, sono stati uno dei gruppi più numerosi nello stato di Acre e nel sud del Rio delle Amazzoni. La loro auto-designazione è madija (pronunciata madirrá) che significa "coloro che sono persone", mentre i bianchi sono chiamati genericamente con il termine "Caria".
Insediamenti

Vivono negli stati brasiliani dell'Amazonas e dell'Acre (fiumi Juruá e Purus) e in Perù.
Storia

Ci sono poche informazioni sulla storia di questo gruppo, soprattutto nel periodo prima della fine del XIX secolo. Fino a quel momento gli unici a entrare nella zona abitata dai Culina erano prevalentemente esploratori, studiosi di piante e cacciatori occasionali che non avevano alcun interesse nello studio dell'etnia. Alcuni di questi esploratori intrapresero anche relazioni commerciali con i nativi scambiando tartarughe, spezie, oli vegetali, legno di qualità e semi di cacao, in cambio di utensili, vestiti, ami da pesca e altri prodotti industriali. Alla fine del XIX secolo furono poi frequenti le incursioni dei caucheiros peruviani (raccoglitori di caucciù); ciò spinse i Culina a migrare verso le parti superiori dei fiumi Purus e Juruá.

Solo nel 1984 fu stabilita la delimitazione della "Terra Indígena Alto Purus", cui ha fatto seguito l'interdizione dell'area da parte del FUNAI il 31 luglio 1987 e il definitivo insediamento protetto da parte dei Culina.[2]





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Kuruaya


I Kuruaya (o anche Caravare) sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 155 individui. Parlano la lingua Kuruaya (codice ISO 639: KYR) e sono principalmente di fede animista.

Vivono nello Stato brasiliano di Pará, lungo gli affluenti del fiume Xingú. Denominazioni alternative: Caravare, Curuaia, Kuruaia. Molti Kuruaya parlano anche il portoghese.





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Kwazá


I Kwazá sono un gruppo indigeno dello stato di Rondônia in Brasile. Si contano 40 individui (secondo van der Voort, 2008), e parlano una lingua del ceppo di lingue Koazá.


Storia

Sono stati allontanati dalla loro terra originaria dai fazendeiros quando venne costruita la strada BR-364 negli anni '60. La tribù Kwazá cominciò a perdere i legami culturali che integravano tutti i membri. Oggigiorni vi sono 40 persone nella tribù, che vivono nella regione sud dello stato di Rondônia.

Storicamente sono conosciuti con il nome Koaiá. I loro vicini indigeni tradizionali erano gli Aikanã, Kanoê, Tuparí, Mekens/Sakurabiat, Salamãi e altri. Questi popoli mantenevano relazioni attraverso feste e guerre, ma parlavano diverse lingue non mutuamente comprensibili. La maggior parte della gente Kwazá si è mescolata con la gente Aikanã e risiede nella Terra Indigena Tubarão-Latundê, assieme ai membri rimanenti delle tribù Aikanã e Latundê. Esiste anche una famiglia mista di Kwazá e Aikanã in una piccola zona vicino all'igarapé São Pedro.
Nome

Gli indigeni si riferiscono a loro stessi con il nome Kwazá (la 'z' è pronunciata come la 'th' inglese). Nei pochi documenti che menzionano i Kwazá vi sono nomenclature come Koaiá, Koaya, Coaiá e Quaia. È probabile che il nome 'Kwazá' e 'Koaiá' sia stato dato a loro dalle popolazioni vicine. Per esempio i Salamãi li chiamavano 'Koaiá', mentre gli Aikanã li chiamavano 'Kwazá' (con la pronuncia 'th' che non esiste nella lingua Kwazá), e i Kanoê li chiamavano 'Tainakãw'.

Il nome 'Arara' venne usato in passato da alcuni funzionari della FUNAI, e oggi viene ancora usato nella letteratura scientifica. Questa denominazione non è stata assunta e diffusa in maniera apprezzabile.
Lingua, localizzazione e popolazione

La lingua Kwazá può essere classificata come isolata. Ci sono alcune somiglianze tra questa lingua e quella dei Aikanã, Kanoê e le lingue tupi, Nambikwára, Txapakúra e Macro-Gê, molto probabilmente a causa dei contatti tra le varie tribù.

La maggioranza dei Kwazá risiedono nella Terra Indigena Tubarão-Latundê, nel municipio di Chupinguaia in Rondônia, assieme agli Aikanã. Una parte dei Kwazá si riconosce nella tribù Aikanã. Nel 1998 la popolazione della riserva contava 150 persone. Verso la fine degli anni '90 si contavano 25 persone che parlavano la lingua Kwazá, e alcuni parlavano oltre a quella lingua anche il portoghese e l'aikanã. Nelle famiglie Kwazá che risiedono vicino al fiume São Pedro vi sono poche persone che parlano la lingua.

Alcuni risiedono nelle città (Porto Velho, Pimenta Bueno, e altre), e non parlano la loro lingua nativa. La lingua dei Kwazá è considerata come in via di estinzione, gravemente minacciata, che rischia di scomparire in un tempo relativamente breve. Nella stessa situazione si trovano le lingue degli indigeni vicini, Kanoê e Latundê.





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Makuna


I Makuna sono un gruppo etnico della Colombia e del Brasile.[1]


Lingua

Parlano la lingua Makuna (codice ISO 639: MYY) che appartiene alla famiglia linguistica Tucano. Si fanno chiamare Yeba-masã.
Insediamenti

Vivono soprattutto nel territorio della Colombia confinante con il Brasile, in particolare sul fiume Komeya Caño, affluente del Pira-Paraná, e sul corso inferiore del fiume Apapóris. In Brasile, si trovano nello stato dell'Amazonas, sul corso superiore del fiume Tiquiée sui suoi affluenti, i torrenti Castanha e Onça.[2]
Storia

Poco si sa circa la storia antica del Macuna. Sono stati menzionati per la prima volta nei resoconti portoghesi del XVIII secolo e nel XIX secolo, quando ha avuto inizio lo sfruttamento commerciale di gomma naturale nella Colombia amazzonica. In particolare verso la fine del XIX secolo i contatti con gli estranei si sono verificati più frequentemente, e con un effetto per loro negativo. Gli uomini furono portati via con la forza a lavorare per i padroni terrieri, una situazione che durò fino al 1940. La prima missione cattolica è stata stabilita nella zona nel 1960, anche se il contatto con i missionari esisteva almeno dal XVIII secolo.

A cavallo tra gli anni settanta e ottanta, ci fu un nuovo boom nella regione, con la coltivazione di coca da parte dei trafficanti illegali, che portò notevoli quantità di beni commerciali e denaro agli indigeni che lavorano per i bianchi nella zona. A metà degli anni ottanta la produzione di foglie di coca terminò bruscamente così come ebbe inizio, ma poco dopo fu scoperto l'oro lungo il fiume Taraira, a pochi giorni di distanza dal territorio Macuna. Migliaia di cercatori d'oro bianchi si riversarono nel territorio, la maggior parte attraverso le terre Macuna. Molti giovani del gruppo si misero alla ricerca d'oro per settimane o mesi per conto proprio o sotto l'assunzione temporanea di un cercatore d'oro bianco.

Nel 1990 il governo colombiano ha creato due riserve indiane che comprendono la maggior parte del territorio Macuna; ciò ha fornito loro un maggiore controllo sulle loro terre.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Makuna

 
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Makurap


I Makurap sono un gruppo etnico del Brasile con una popolazione stimata in 478 individui nel 2010 (Funasa).[1]


Lingua

Parlano la lingua makurap (codice ISO 639: MAG) che appartiene alla famiglia linguistica Tupari. I membri più giovani parlano solo il portoghese e sono in pochi a parlare in maniera nativa il makurap. Tra questi vi sono anche i membri più anziani di altri gruppi etnici confinanti. Durante il rituale delle chichadas, in cui si beve in gruppo mais fermentato, si riuniscono dialogando esclusivamente in makurap.[2]
Insediamenti

Vivono nello stato brasiliano di Rondônia. Oggi i Makurap sono stanziati in tre territori indigeni: Rio Guaporé (115.788 ettari, istituito nel 1996 nel comune di Guajará Mirim), Rio Mequens (107.533 ettari, istituito nel 1996 nei comuni di Colorado do Oeste e Cerejeira) e Rio Branco (236.137 ettari, istituito nel 1986 nel comune di Costa Marques), e nelle aree urbane limitrofe.[3]
Storia

Per secoli i Makurap hanno vissuto sulla riva destra del Guaporé, un fiume che aveva, nel XVIII secolo, una posizione strategica nella regione di confine tra le colonie portoghesi e spagnole. Ciò portò a numerosi contatti tra le etnie della regione ed i coloni con conseguente spopolamento. Nel XX secolo fu il boom della raccolta del caucciù e le relative nuove invasioni dei coloni a costringere i Makurap e le etnie confinanti a spostarsi in altre aree per evitare la schiavitù. Le invasioni provocarono, inoltre, devastanti epidemie che decimarono la popolazione.

Verso la fine del XIX secolo, i coloni boliviani costruirono un seringal (un'area di estrazione del caucciù) sul fiume Colorado e successivamente fu costituito il seringal di São Luís. Queste due aree provocarono una nuova ondata di contatti tra i popoli della regione ed i coloni. Tra il 1910 ed il 1920, furono costruiti vari barracões (costruzioni atte a supportare logisticamente i seringal) e nuovi punti di raccolta del caucciù. In particolare in questo periodo si diffuse tra i gruppi indigeni una devastante epidemia di morbillo che provocò perdite umane di vaste dimensioni, lasciando addirittura alcuni gruppi sull'orlo dell'estinzione.

Negli anni seguenti i Makurap gradualmente assunsero una posizione dominante tra i gruppi della regione e la loro lingua divenne in breve un idioma intertribale utilizzato per la comunicazione tra le varie tribù. Fu però solo negli anni settanta che gli indios furono trasferiti dai seringal alle aree riservate, ancora non ufficialmente, alle tribù indigene. Negli anni ottanta i gruppi furono colpiti dalla malaria e dalla tubercolosi. Nel 1984 fu finalmente demarcato il territorio indigeno di Rio Branco, tuttavia 4 villaggi Makurap, situati a nord del territorio, restarono fuori dai confini. Fu solo nel 1996, tra l'ostracismo delle aziende di estrazione locali che intendevano sfruttare ancora i membri delle varie etnie, che fu demarcato il territorio indigeno di Rio Mequéns, comprendente un'area vasta 105.250 ettari.[4]





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Makuxi


I Makuxi sono un gruppo etnico del Brasile e della Guyana che ha una popolazione stimata in 29.931 individui (Funasa, 2010).[1]


Lingua

Parlano la lingua pemon, lingua che appartiene alla famiglia linguistica Karib e che è parlata dal macro-gruppo definito Pemon, che ingloba anche gruppi numerosi stanziati in Venezuela.[2]
Insediamenti

Vivono nello stato brasiliano di Roraima e nella Guyana. La popolazione Macuxi è stimata in circa 19.000 persone in Brasile e in circa 9.500 nella vicina Guiana, nelle zone di montagna a nord dello stato brasiliano di Roraima (circa 140 villaggi) e a nord del distretto guianese di Rupununi (circa 50 villaggi). La zona più popolosa è il territorio indigeno Raposa Serra do Sol, un territorio di 1.678.800 ettari per 85 villaggi.[2]


Organizzazione sociale
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I Makuxi vivono in villaggi formati da case unifamiliari localizzate lungo i fiumi. Tali villaggi vengono denominati malocas termine utilizzato nel passato per identificare grandi case plurifamiliari. Il numero dei villaggi makuxi Roraima è di 96 mentre nella Guyana ne sono stati identificati 26. Vi sono poi molte case sparse nella savana, vicino alle fattorie dei bianchi, i cui abitanti mantengono sporadici contatti con la comunità di origine.

I villaggi makuxi sono formati da un nucleo centrale di una decina di case e, intorno a questo, nel raggio di qualche chilometro, vi sono sparse altre case costruite generalmente vicino alle piantagioni e abbastanza isolate da permettere l'allevamento di maiali, galline e altri animali da cortile.

La popolazione makuxi è oggi divisa in villaggi e in ognuno di questi vi è un tuxaua che organizza la vita sociale e comunitaria e ne è rappresentante nelle relazioni esterne (missionari, governanti, ecc.). In passato non esisteva, tra i Makuxi, la figura del tuxaua. Chi organizzava la vita comunitaria era il capo della famiglia allargata e la sua autorità non andava oltre i propri parenti. Con l'arrivo dei bianchi si è sentita l'esigenza di avere un responsabile per ogni villaggio.

Il tuxaua è eletto dai padri di famiglia anche se, in alcuni casi, abbiamo visto anche la partecipazione delle donne adulte nelle votazioni. Se nel passato il tuxaua veniva scelto per lo status che occupava nell'organizzazione familiare, oggi si sceglie per le sue capacità di mediazione tra le famiglie della maloca e verso l'esterno. Il tuxaua deve essere un uomo di pace nel risolvere le contese interne alla comunità e allo stesso tempo deve essere forte e deciso nel difendere i diritti della maloca nei confronti dei bianchi. I tuxauas scelti in questi ultimi anni sono perciò giovani, sposati, nella maggior parte hanno studiato nelle scuole delle missioni, parlano sia il makuxi che il portoghese, sanno scrivere e leggere nella lingua dei bianchi e sono capaci di portare avanti gli scambi commerciali con le altre comunità e con i fazendeiros.

L'autorità del tuxaua è basata unicamente sul consenso e sulla capacità che ha di convinzione e di mediazione nei confronti della sua gente. Non ha nessuna possibilità di imporre o obbligare gli altri indios a fare il suo volere. Quando qualcuno commette una colpa grave viene giudicato da tutti gli adulti della comunità: in caso di possibile riparazione (furti, danni, ecc.) lo obbligano a pagare e in certi casi viene cacciato dalla comunità. In caso di omicidio si ricorre alle autorità governative (FUNAI e polizia) che arrestano il colpevole e lo portano a Boa Vista, nel penitenziario territoriale. Non è possibile analizzare la situazione economica delle comunità makuxi senza considerare come prioritario il problema delle terre. Ciò perché la terra è un elemento fondamentale nella produzione materiale e nella organizzazione sociale e culturale del territorio come anche perché è a partire dall'invasione delle terre, tradizionalmente occupate dai Makuxi, che sono avvenute, e avvengono, le maggiori trasformazioni di questo popolo.
Il territorio e il rapporto con i "bianchi"
Niente fonti!

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La richiesta di demarcazione delle terre indigene è da anni obiettivo prioritario delle comunità makuxi. Una campagna internazionale per la demarcazione dell'area "Raposa - Serra do Sol" ha portato al riconoscimento di tale diritto, nonostante l'opposizione di politici locali dello stato di Roraima. Il controllo delle terre è elemento fondamentale del processo produttivo ma ciò non significa che per i Makuxi la terra sia un semplice mezzo di produzione. La terra è popolata da spiriti ancestrali che la rendono un soggetto con cui rapportarsi con una certa reciprocità e non un semplice oggetto che può essere barattato o venduto. Ciò implica un relazionamento particolare con la terra: occorre rispettarla, richiederle le cose, ringraziarla attraverso appositi rituali. Questo atteggiamento, che comporta l'impossibilità del possedere la terra che non può essere comprata o venduta impunemente, ha favorito l'invasione dei bianchi.

Come negare ad altri uomini il diritto di avere i prodotti che la terra dà a tutti, soprattutto se i bianchi si presentano pacificamente, come fratelli, venuti con la volontà di aiutare e non di opprimere? Con il passare degli anni queste invasioni esterne provocano una crisi tra i Makuxi e sono obbligati a cambiare il loro atteggiamento anche nel considerare la terra come "soggetto libero" che non ha bisogno di essere difeso. Si tracciano confini, i bianchi iniziano a costruire recinti con filo spinato provocando uno squilibrio nell'organizzazione socio-economica e culturale dei Makuxi.

Storicamente, il sistema produttivo dei Makuxi si basa sulla raccolta di frutti silvestri, sulla coltivazione di piantagioni familiari (denominate roças), di caccia e di pesca. I Makuxi mantenevano un sistema di intercambio con altri gruppi indigeni della regione che assicurava un certo equilibrio interno: un popolo in guerra con un altro passava, con estrema facilità, dalle relazioni belliche a quelle commerciali e viceversa. L'arrivo dei bianchi ha rotto, parzialmente, questo equilibrio imponendo una ristrutturazione delle relazione in funzione della loro presenza. I bianchi diventano, gradualmente, i mediatori principali nelle relazioni tra i gruppi. L'acquisizione dei nuovi prodotti portati dai bianchi diventa per gli indios motivo di prestigio e inizia così un processo che porterà squilibri e dipendenza in quanto gli indigeni non potevano produrre le nuove merci.

Il rapporto dei Macuxi con i colonizzatori, sempre più stretto, determina le seguenti situazioni:

Occupazione delle terre indigene da parte degli allevatori.
Diminuzione della selvaggina e della pesca a causa del bestiame e dei recinti.
Nascono nuove necessità e aumenta sempre più la dipendenza dai bianchi.
Gli indigeni per avere i prodotti dei bianchi, iniziano a vendere la loro forza lavoro.
Il tradizionale intercambio diminuisce per lasciar posto alla commercializzazione basata sul denaro.

L'occupazione delle terre makuxi da parte dei bianchi è di due tipi: nelle praterie e nelle valli si instaurano gli allevatori di bestiame (fazendeiros), nelle montagne e lungo i fiumi i cercatori d'oro e di diamanti (garimpeiros).

Nonostante le leggi nazionali e le convenzioni internazionali promulgate dallo Stato brasiliano riconoscano "il diritto di proprietà collettivo o individuale ai membri delle popolazioni indigene interessate sulle terre che occupano tradizionalmente" nella realtà non sono per nulla rispettate. L'occupazione delle terre indigene da parte dei coloni e delle imprese agricole ed estrattive risponde a un piano governativo ben chiaro: concentrare le terre nelle mani di chi può utilizzarle e sfruttarle più adeguatamente per alzare l'indice di produzione dell'economia brasiliana.

La legge numero 6001 del 1973 nell'articolo 65 afferma che: " Il potere esecutivo farà, entro cinque anni, la demarcazione delle terre indigene, non ancora demarcate". Sono passati tanti anni e solo un quarto di queste sono state delimitate e, per la maggior parte, continuano ad essere invase dai coloni bianchi.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Makuxi

 
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Manchineri


I Manchineri sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione massima stimata in 937 individui (2004).[1]


Lingua

Parlano la lingua Manchineri (codice ISO 639: MPD), lingua che appartiene alla famiglia linguistica Aruak.
Insediamenti

Vivono nelle zone meridionali dello stato brasiliano di Acre. Alcuni anche in Perù e Bolivia. In Brasile sono presenti nel territorio indigeno Mamoadate e nel seringal (piantagione di alberi di caucciù) Guanabara. Altre comunità minori sono presenti sulle rive dei fiumi São Francisco e Macauã, e nella città di Assis.[1]
Storia

L'esploratore del XIX secolo Antônio Loureiro identificò i Manchineri nei pressi dei fiumi Macauã e Caiaté nel 1880. Essi erano considerati affini o un sottogruppo del gruppo etnico peruviano dei Piro. Secondo i racconti orali Manchineri, questa etnia, prima del massiccio contatto con i bianchi, in particolar modo estrattori di lattice, era divisa in molti sottogruppi o clan: Manchineri, Hijiuitane, Uinegeri, Cuchixineri, Hahamlineri e Iamhageri. Con le pressioni e i massacri sempre più frequenti ad opera di spedizionieri, mercanti ed estrattori, le migrazioni si svolsero in due direzioni principalmente: dal Perù verso il Brasile e dal Rio delle Amazzoni verso la Bolivia. Furono poi utilizzati come guide nelle foreste dagli estrattori di caucciù e in seguito, con il forte calo dei prezzi della materia prima, furono utilizzati anche come forza lavoro, ossia come estrattori e trasportatori. I conflitti tra gli estrattori e i Manchineri, tuttavia, si fecero sempre più aspri con i primi intenti nella distruzione dei villaggi e delle malocas (capanne) dei Manchineri. Nel 1975 il FUNAI optò per il trasferimento dei componenti del gruppo nel territorio indigeno, ufficialmente riconosciuto, di Mamoadate dove i Manchineri convivono pacificamente con i Jaminawa.[1]
Attività produttive

I Manchineri vivono di caccia e di pesca. Alcuni rituali legati all'attività della caccia prevedono lo spargimento sul corpo del tipi (una pianta da cui si estrae veleno utilizzato per avvelenare i pesci durante le battute di pesca) e del sanango (bevanda ricavata da piante) per dieci giorni. Con questa pratica il cacciatore si libera dalla maledizione del panema, ossia la maledizione del cacciatore che torna al villaggio a mani vuote, grazie al vomito che lo purifica espellendo dal corpo ciò che nuoce all'attività. Per l'attività di pesca utilizzano ami, veleno e arpioni (quando l'acqua del fiume è bassa) e praticano immersioni subacquee.

Sono inoltre coltivatori di riso, zucca, manioca, mais, papaia e patate.[1]





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Mandawaka


I Mandawaka (o anche Mandahuaca) sono un gruppo etnico del Brasile e del Venezuela che aveva una popolazione stimata in circa 3.000 individui nel 1975. Parlano la lingua Mandahuaca (codice ISO 639: MHT) e sono principalmente di fede animista.

Vivono ai confini tra Colombia e Venezuela e nello stato brasiliano dell'Amazonas, sui fiumi Baria e Casiquiare. Denominazioni alternative: Mandauaca, Mandawaka, Ihini, Arihini, Maldavaca, Cunipusana, Yavita, Mitua.





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Maragatos (gruppo etnico)


I maragatos (sing.: maragato) sono un gruppo etnico di origine sconosciuta[1][2][3][4][5][6] che ha il suo centro di diffusione nel nord-ovest della Spagna, in particolare nella zona attorno alla città di Astorga[5][6], nella Provincia di León (Castiglia e León).
Popolo tradizionalmente nomade[3], discende forse dalle popolazioni berbere che invasero il Paese tra il VII e l'VIII secolo[1][2][3][4][5][6], ma è stata ipotizzata anche una possibile origine celtica[1][2][3][4].

I maragatos sono riusciti a mantenere intatte le loro tradizioni grazie all'isolamento dal resto della società ed evitando i matrimoni "misti".[1][2][3][4][5][6]
Dal loro nome deriva quello della comarca La Maragatería, anticamente chiamata La Somoza.[2]

Discendenti dei maragatos si ritrovano - in seguito alle emigrazioni - anche in Sudamerica (Argentina, Brasile, Cuba, Messico, Uruguay e Venezuela).[7]


Etimologia

L'etimologia del termine maragato(s) è incerta, ma sono state formulate le seguenti ipotesi:

Una prima ipotesi, formulata da Fra' Sarmiento, un monaco benedettino vissuto nel XVIII secolo, lo fa derivare da maurellos o mourellos, termine con il quale si indicavano gli invasori Cartaginesi.[2]
Secondo un'altra ipotesi, deriverebbe invece dal nome di una tribù berbera chiamata Baragawata.[2]
Un'altra ipotesi ancora lo fa derivare da un loro capo di vestiario, detto baragas o maragas.[2]
Un'altra ipotesi, formulata da Don Matías Rodríguez, lo fa invece derivare da una provincia del Nord-Africa che si sarebbe chiamata Maragat.[1]
Un'altra ipotesi, che vorrebbe avvalorare l'origine celtica dei maragatos, ne ricollega il nome al vocabolo celtico Marc-Hekaat o Mar-kaat, ovvero "cavalcare"(cfr. bret. marc'h = "cavallo").[1]

L'ipotesi più probabile è tuttavia quella che derivi dal termine mer(i)cator, ovvero "mercante", in riferimento alla principale attività di questo popolo, termine che sarebbe entrato in uso non prima del XIV secolo.[1][2]
Origini
Maragatos in costume tradizionale durante una fiesta ad Astorga
Possibile origine cartaginese

Secondo il monaco benedettino Sarmiento, i maragatos discenderebbero da popolazioni cartaginesi di origine semita, giunte in Spagna prima della dominazione romana.[1]
In seguito, durante l'occupazione romana, queste popolazioni, dedite al commercio, sarebbero state fatte oggetto di persecuzioni e, per questo motivo, sarebbero state costrette a fuggire verso le montagne nei dintorni di Astorga.[1]
Possibile origine berbera

Secondo lo studioso arabista Dozy, i maragatos sarebbero invece discendenti da una parte delle popolazioni berbere che, sotto il regno di Ferdinando I, si sarebbe insediate nei dintorni di Astorga accettando la religione cristiana, a differenza della maggior parte di quella popolazione, che aveva invece fatto ritorno in Africa.[1]
Possibile origine celtica

Alcuni studiosi, tra cui Genaro Blanco Cela (in: Los aborigenes de la Maragatería) ed Eduardo Saavedra, ne hanno invece ravvisato delle similitudini con gli usi e costumi dei Bretoni.[1]
Storia

I maragatos erano in origine dediti soprattutto al commercio di pesce e del carbone proveniente dal sud.[2] Per praticare i loro commerci, utilizzavano inizialmente le antiche vie romane, in particolare la via tra Astorga e Burgos o tra Astorga e Lugo, che percorrevano con dei muli.[2]

Le loro rotte cambiarono in seguito a seconda dell'attività, prediligendo comunque sempre il nord della Spagna (Galizia, Asturie e Cantabria)[2] ed includendo anche Madrid, quando quest'ultima diventò capitale della Spagna[2].
Emigrazione in Sudamerica
Argentina

Parte dei maragatos emigrò in Argentina e fondò nel XVIII secolo località quali Carmen de Patagones, Mercedes de Patagones (l'attuale Viedma), San Julián e Puerto Deseado.[8]
Cultura
Tipiche abitazioni dei maragatos a Valdespino de Somoza
Economia

La principale attività dei maragatos consiste ora nella vendita di prodotti artigianali[3].
Attività tradizionali erano invece l'agricoltura e l'allevamento.[9]
Agricoltura e allevamento

I prodotti realizzati dall'agricoltura e dall'allevamento servivano principalmente per il sostentamento delle famiglie ed erano raramente destinati alla vendita.[9]
Architettura

In origine i maragatos abitavano nelle cosiddette casas de sobrera, coperte da tetti di paglia.[2] Più recente è invece la casa arriera, una sorta di fattoria, entrata in uso a partire dal XVIII secolo e che presenta un grande patio centrale.[2][3]
Questo tipo di abitazione aveva dimensioni differenti a seconda dell'importanza sociale del suo proprietario.[2]
Musica

Il tipico strumento di questo gruppo etnico è il flauto maragato.[10]
Gastronomia

Il piatto tipico dei maragatos è il cocido maragato, una zuppa contenente da sette sino a dieci tipi diversi di carne, ceci e cavoli.[3]
Feste e tradizioni

Ricorrenze tipiche dei maragatos sono La Covada, La boda e La fiesta del arado.[2][3]
La Covada

La covada è/era un'antica tradizione maragata che ha/aveva luogo dopo una nascita: in occasione della covada, ha/aveva luogo uno scambio di ruoli tra i neo-genitori, con il neo-papà che si prende(va) cura del figlio, ricevendo le congratulazioni dei parenti, e con la neo-mamma che si occupa(va) dei lavori di casa, dell'allevamento, ecc.[11]
Il termine covada deriva forse dal latino cubare, che significa "fare da guardia al letto durante un parto".[11]




fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Maragatos_(gruppo_etnico)

 
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Marubo


I Marubo sono un gruppo etnico del Brasile con una popolazione stimata in 1.705 individui nel 2010 (Funasa).[1]


Lingua

Parlano la lingua Marubo (codice ISO 639: MZR) che appartiene alla famiglia linguistica pano.[2]
Insediamenti

Vivono nello stato brasiliano dell'Amazonas, sul corso superiore dei fiumi Curuçá e Ituí, nel bacino dello Javari, un'area compresa nel territorio del comune di Atalaia do Norte. All'inizio del XX secolo alcuni Marubo erano stanziati sul fiume Batã, probabilmente perché impiegati nella raccolta del caucciù nell'area. La delimitazione di un territorio indigeno "Javari", che includerebbe i gruppi etnici Marubo, Korúbo, Matis, Matsés, e parte dei Kanamarí e dei Kulina, è ancora in fase di discussione dopo essere stata proposta dal FUNAI.[3]





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Mascho Piro


I Mascho Piro sono un gruppo indigeno di cacciatori-raccoglitori che si pensa abitino certe regioni remote della foresta amazzonica. Non si sa molto di questi indigeni in quanto sono molto riluttanti a incontrare estranei[1]. Alcuni stimano che il gruppo conti intorno ai 600 membri.

In settembre del 2007, un gruppo di ecologisti hanno filmato circa 20 membri della tribù Mascho Piro da un elicottero sopra il parco nazione dell'Alto Purús. Il gruppo possiede degli accampamenti vicino al fiume Las Piedras vicino al confine tra Perù e Brasile. Alcuni scienziati credono che la tribù preferisca costruire capanne con foglie di palma presso i fiumi durante la stagione secca, per pescare. Durante la stagione piovosa, si ritirano nella foresta. Delle capanne simili sono state avvistate anche negli anni '80.





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Matipu


I Matipu sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in 149 individui (2011).[1]


Lingua

Parlano la lingua Matipu, lingua che appartiene alla famiglia linguistica Karib.
Insediamenti
Vivono nello stato brasiliano del Mato Grosso, ne Parco Indigeno dello Xingu. Il villaggio principale è situato nei pressi di un lago sulla foce dei fiumi Kulisevo e Buriti. Nel 2002 è stato costruito il nuovo villaggio di Jagamü, non lontano dal villaggio principale, dopo una scissione interna alla comunità.[2] Sono in gran parte pescatori, cacciatori e coltivatori di manioca e mais.





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Matipuhy-Nahukua


I Matipuhy-Nahukua sono un gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 109 individui. Parlano la lingua Matipuhy (D:Nahukua-MZO02) e sono principalmente di fede animista.

Sono correlati ai Matipuhy, con i quali condividono la lingua anche se sono differenti a livello etnico. Nomi alternativi: Nahukwá, Nahucua, Nafuqua, Nafukuá, Nahuquá, Nahukuá, Nauquá, Anaukuá, Anauquá, Matipu Nahuqua, Nafukwá.
Storia

La gente Nahukuá venne contattata per la prima volta da esploratori tedeschi nel tardo XIV secolo, e vennero considerati inizialmente come parte di due altre tribù della regione, i Kalapalo e i Kuikuro. Altri esploratori, condotti da un uomo chiamato Max Schmidt, in seguito spiegaron che questi indigeni erano immigrati nella regione, in quanto la loro cultura era associata con la gente Caribe della regione sud-ovest della Guyana.

Gli esploratori notarono che i Nahukuá vivevano in diversi villaggi lungo i fiumi Kurisevo e Kuluene. Negli anni '40, comunque, la popolazione dei Nahukuá si ridusse a solo 28 individui. La popolazione crebbe ancora negli anni successivi ma venne di nuovo decimata negli anni '50 a causa di una epidemia di morbillo. Nel 1954 alcuni credettero che i Nahukuá si fossero estinti. Ad un certo punto nel 1948 i Nahukuá rimasti abbandonarono il proprio villaggio. Negli anni '60 gli indigeni fondarono un nuovo villaggio in un punto vicino alla zona dei Kalapalo. Anche questo villaggio venne in seguito abbandonato, a causa di superstizioni riguardanti un omicidio, che i Nahukuá attribuirono a qualcosa di magico. Nel 1977, un nuovo villaggio Nahukuá venne costruito presso i margini del fiume Kuluene. La popolazione Nahukuá iniziò ad aumentare grazie all'introduzione di cure mediche appropriate.





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Matis


I Matis sono un gruppo etnico del Brasile con una popolazione stimata in 390 individui nel 2010 (Funasa).[1]


Lingua

Parlano la lingua Matis (codice ISO 639: MPQ) che appartiene alla famiglia linguistica pano. Quasi tutti i maschi, però, parlano anche il portoghese, il che permette loro la compravendita di merci nei mercati delle aree urbane locali. I Matis comprendono anche le lingue dei Kulina, dei Matses e dei Korubo.[2]
Insediamenti

Vivono nello stato brasiliano dell'Amazonas, nei pressi del fiume Ituí, nei pressi della parte superiore del fiume Coari, un affluente destro dello Ituí, e nei pressi della parte centrale del fiume Branco, un affluente sinistro dello Itacoaí. Questa zona si trova nel territorio indigeno Vale do Javari, grande circa 8.544.480 ettari ed ufficialmente riconosciuto nel 1999.[3]





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Matis

 
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Matsés


I Matsés sono un popolo indigeno che vive nella foresta Amazzonica, lungo il confine tra il Brasile e il Perù. Si stima che la sua popolazione sia di circa 3.300 persone (censimenti del 2006 e del 2007).[1]


Nome

La parola Matsés significa "persone" nella lingua Matsés, e viene utilizzata soprattutto in Perù. Un altro nome con cui viene chiamato il popolo è Mayoruna, che in lingua Quechua significa "gente dell'acqua". Altre denominazioni sono: Maxuruna, Majuruna, Mayiruna, Maxirona, Magirona, Mayuzuna.
Lingua

I Matsés, che contano circa 3.300 individui, parlano la lingua Matsés, che appartiene alla famiglia linguistica Pano.[2]
Insediamenti

I Matsés vivono nello stato brasiliano dell'Amazonas e in Perù, nella regione di Yaquerana. Le comunità Matsés sono situate nel bacino del fiume Javari, all'estremo ovest dell'Amazzonia brasiliana. In Brasile, i Matsés vivono nel territorio indigeno di Vale do Javari, nel sud-ovest dello stato dell'Amazonas, una riserva di 8.519.800 ettari riconosciuta nel 2001. Vi è anche una comunità situata al di fuori del territorio indigeno, vicino Palmeiras do Javari. In Perù i Matsés vivono all'interno della riserva Comunidad Nativa Matsés, nei pressi dei fiumi Gálvez e Javari.[3]

Nonostante vivano sul proprio territorio ancestrale, le condizioni di vita sono peggiorate con il passare del tempo. Secondo un articolo di Dan James Pantone, la sopravvivenza di questo popolo sarebbe a rischio.[4]
Storia

I Matsés entrarono in contatto per la prima volta con il mondo esterno nel 1969, quando accettarono dei missionari all'interno della loro comunità. Prima di quella data erano in guerra con il governo peruviano, che aveva fatto bombardare i loro villaggi con del napalm e fatto invadere il loro territorio dall'esercito. Dan James Pantone e Bjorn Svensson scrissero un articolo riguardo alla gente Matsés (che aveva deciso di accettare dei contatti con il mondo esterno pacificamente) e lo pubblicarono sul Native Planet Journal, con il titolo "Il primo contatto dei Matsés: la fine di un isolamento".[5]

Il Movimento in Amazzonia per la Sussistenza Tribale e Sostenibilità Economica (MATSES) è una organizzazione della gente indigena che svolge il compito di mantenere e far sopravvivere il patrimonio culturale della gente Matsés. Il fondatore di MATSES è Dan James Pantone. Attualmente il governo peruviano non fornisce grandi aiuti ai Matsés, e molti membri muoiono per malattie come epatite e malaria, comunque MATSES è riuscita a negoziare un accordo con il governo per far avere un controllo medico della gente sotto il programma ASIS (Analisi della Situazione di Salute); ma secondo il dottor Pantone, è difficile per i medici raggiungere il territorio degli indigeni in quanto si trova in una zona remota e isolata presso il confine tra Perù e Brasile.
Stile di vita

I Matsés vivono nella foresta amazzonica e sono un popolo di cacciatori-raccoglitori. Pescano, cacciano e coltivano diversi raccolti, tra cui alimenti base come il platano. Hanno una complessa conoscenza della vita animale e vegetale, e le abbondanti risorse della foresta garantiscono ai Matsés un'alimentazione ricca ed equilibrata. La loro principale fonte di guadagno è la vendita della carne e della pelle del pècari.
Armi

Archi e frecce sono le armi principali della cultura Matsés, e sono usate per la caccia degli animali, non usano mazze da guerra come i Korubo. Hanno fatto uso anche di cerbottane, cadute poi in disuso a causa della maggiore diffusione di archi e frecce.
Religione

Nella visione animista dei Matsés non vi è distinzione tra il mondo fisico e quello spirituale, e gli spiriti sono presenti nel mondo che li circonda. I Matsés credono che gli spiriti degli animali determinino salute e successo nella caccia. La gente sta attenta a non dare fastidi agli animali e vi sono diversi tabù riguardo alla caccia di certe specie.

Le piante e specialmente gli alberi sono oggetto di interesse per i Matsés. Ogni pianta è associata con uno spirito animale. Quando il prodotto di una pianta viene usato come medicina lo sciamano parla allo spirito dell'animale associato con quella pianta.
Matrimonio

Le famiglie Matsés praticano spesso la poligamia. I matrimoni tra cugini sono i più comuni, con un uomo che sposa la figlia della sorella di suo padre (quindi la zia). Le relazioni famigliari tendono a dominare il loro sistema politico.
Organizzazione politica

I Matsés sono molto divisi e disorganizzati politicamente. Ogni villaggio ha un proprio capo e vi è poca autorità centrale per la tribù.
Problemi attuali

Nel 2012, il governo peruviano ha concesso alla canadese Pacific Rubiales il permesso di avviare prospezioni petrolifere nella terra abitata dai Matsés. Il progetto prevede trivellazioni e la tracciatura di linee sismiche in una zona di circa 700 km quadrati nella foresta [6]. Queste attività avranno gravi ripercussioni sulla vita non solo dei Matsés ma anche di altre tribù incontattate che abitano nella zona.

I Matsés continuano ad opporsi fermamente alle attività petrolifere nella loro foresta, ma finora le loro proteste sono rimaste inascoltate [7]. Nel marzo 2013 Survival International, l'organizzazione che difende i diritti dei popoli indigeni di tutto il mondo, ha lanciato una campagna per chiedere al governo peruviano e alla Pacific Rubiales di rispettare le volontà espresse dagli abitanti indigeni e fermare le prospezioni petrolifere nell'area [8][9].





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Mawayana


I Mawayana (o anche Mapidian) sono un gruppo etnico del Brasile vicino all'estinzione. La loro madrelingua è il Mawayana, ormai non più utilizzato per la comunicazione quotidiana, che è invece dominio delle lingue Waiwai e Trio. Sono principalmente di fede animista. Nel 1975 la popolazione era stimata in 50 unità[1].

Vivono nello stato brasiliano di Roraima e nel sud del Suriname, insieme ai Waiwai e ai Trio. Probabilmente sono originari della Guyana.





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Maxakali


I Maxakali sono un gruppo etnico del Brasile con una popolazione stimata in 1.500 individui nel 2010 (Funasa).[1]


Lingua

Parlano la lingua Maxakali che appartiene alla famiglia linguistica Maxakali. Molti Maxakali parlano anche il portoghese, soprattutto quelli dell'area di Agua Boa.[2]
Insediamenti

Vivono nello stato brasiliano di Minas Gerais, tra i fiumi Pardo e Doce, a nord-est dello stato. Vivono in due aree indigene, Agua Boa e Pradinho, unite per formare il territorio indigeno Maxakalí, nel comune di Bertópolis, sulle sorgenti del fiume Umburanas.[3]





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Mehinaku


I Mehinaku (o anche Mehinaco o Mehinako) sono un piccolo gruppo etnico del Brasile, vicino all'estinzione, che ha una popolazione stimata in circa 254 individui (2011).[1] Parlano la lingua Mehinaku (codice ISO 639: MMH) e sono principalmente di fede animista.

Vivono nello stato brasiliano di Mato Grosso, nella riserva di Xingú, in una zona vicina ai fiumi Tuatuari e Kurisevo. Denominazioni alternative: Mehinaco, Mahinaku, Minaco. Sono in gran parte cacciatori, pescatori e coltivatori di manioca e mais. La quasi totalità dei Mehinaku parla anche il portoghese.


Storia

Come molte altre tribù indigene, i Mehinako non hanno degli acconti storici molto antichi. Gli antropologi fanno quindi fatica a conoscere molti aspetti della loro storia. Il villaggio più antico conosciuto costruito dai Mehinako venne creato nel 1850 circa e venne chiamato Yulutakitsi. Siccome quella comunità non esiste più non si sa esattamente dove il villaggio fosse sorto.

Secondo i Mehinako storicamente i villaggi si trovavano presso il fiume Tuatuari, a nord del principale villaggio Aweti. I Mehinako affermano che un tempo i villaggi erano molto più grandi, a causa del fatto che gli esploratori europei non erano ancora giunti nelle loro terre e non avevano quindi portato le malattie contro cui gli indigeni non avevano difese immunitarie. Queste comunità vennero abbandonate per diversi motivi, tra cui l'eccessivo impoverimento del suolo, l'arrivo di colonie di formiche, e un tabù tribale associato al vivere in luoghi dove molta gente era morta.

Nel 1884, quando i primi esploratori tedeschi giunsero nel territorio del fiume Xingu e cominciarono a riportare fatti sulle tribù che vivevano nella zona, i Mehinako vivevano in due villaggi e un accampamento usato solo durante la stagione secca. Molti antropologi credono che la popolazione in quel periodo fosse di quattro volte maggiore rispetto a quella di oggi.

Negli anni '50 gli Ikpeng, un gruppo tribale separato, invasero il territorio dei Mehinako obbligandoli a fuggire. Durante l'invasione il capo dei Mehinako venne ucciso da una freccia. Un'altra tribù, i Yawalapiti, venne costretta allo stesso. Questa migrazione tribale portò un cambiamento politico nella regione alta dello Xingu.

I Yawalapiti diedero ai Mehinako una delle loro case in un luogo chiamato Jalapapuh, e gli Aweti divisero il territorio lungo un sentiero tra il loro villaggio e il nuovo centro Mehinako. Per circa 10 anni i Mehinako costruirono comunità attorno al loro nuovo centro culturale, fino a che una epidemia di influenza e morbillo uccise 15 persone negli anni '60. Dopo l'accaduto i Mehinako si spostarono in una zona vicina. Gli indigeni si spostarono ancora nel 1981, ma non andarono lontano dal loro territorio di origine.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Mehinaku

 
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view post Posted on 19/2/2023, 19:07     Top   Dislike
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Menky Manoki


I Menky Manoki (o anche Munku, Mynky) sono un piccolo gruppo etnico del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 78 individui. Parlano la lingua Irantxe (D:Munku-IRA01) e sono principalmente di fede animista.

Vivono nello Stato brasiliano del Mato Grosso. Denominazioni alternative: Münkü, Mynky, Menku, Kenkü, Myy.





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Miarrã


I Miarra sono un gruppo etnico del Brasile[1]. Parlano la lingua Miarra (codice ISO 639: XMI) e sono principalmente di fede animista.

Vivono nello stato brasiliano del Mato Grosso, nella riserva di Xingú.





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Migueleno



I Migueleno (o anche Miqueleno, Purubora, Kuyubi) sono un gruppo etnico, ormai prossimo all'estinzione, del Brasile che ha una popolazione stimata in circa 14 individui. Parlano la lingua Purubora[1] (codice ISO 639: PUR) e sono principalmente di fede animista.

Vivono nello stato brasiliano di Rondônia, nei pressi del Rio São Miguel, affluente del fiume Guaporé, nel territorio delle municipalità di Guajará-Mirim, São Francisco, Costa Marques, Porão Velho, Seringueiras. Denominazioni alternative: Puruba, Aurã, Pumbora, Puroborá, Burubora, Kuyubi, Cujubi, Migueleno, Miguelenho.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Migueleno

 
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