| Gli scritti tardi
Con l'Émile si esaurì la produzione strettamente filosofica di Jean-Jacques Rousseau; tuttavia i suoi scritti degli ultimi anni – soprattutto Giulia o la nuova Eloisa, Le confessioni, Le fantasticherie del passeggiatore solitario e Rousseau giudice di Jean-Jacques – rimangono notevoli testimonianze del suo pensiero.[14] Rousseau nel giardino dell'Ermitage in un'illustrazione delle Confessioni.
La Giulia, un romanzo epistolare, è caratteristico soprattutto del "sentimentalismo" che animava Rousseau e che era destinato a contribuire ad aprire la strada al Romanticismo tedesco e francese. I temi, tra cui il contrasto dell'individuo con la società, la bontà della natura umana, l'importanza del dominio delle passioni, sono tutti tipicamente rousseauiani.[14][205]
Le Confessioni sono un'opera autobiografica fortemente introspettiva, in cui Rousseau ricostruisce la sua vita in modo a tratti impietoso verso sé stesso e a tratti invece quasi apologetico,[14] ma sempre nel tentativo di dare un'immagine complessivamente coerente della sua personalità e delle sue vicende.[206] Adottando un'ottica quasi psicanalitica, alcuni commentatori hanno visto in tale ricostruzione una serie di episodi in cui si ripete il motivo della "perdita dell'innocenza", della transizione di Rousseau dalla condizione di naturalità a quella di corruzione in un percorso parallelo a quello dell'umanità nel suo complesso.[207]
Nelle Fantasticherie Rousseau ripercorre, ancora in una prospettiva autobiografica, quelle che gli sembrano essere le cose buone che ha fatto nella sua vita – con particolare riferimento a come i suoi lavori hanno contribuito a migliorare l'umanità e a come, per contro, sono stati male interpretati.[14] Il testo si incentra su reminiscenze che, comunque, non vanno considerate solo come rievocazioni (o rimpianti) del passato, ma anche come significative riflessioni sul presente.[208]
Rousseau giudice di Jean-Jacques è un'opera composta in forma dialogica, in cui Rousseau commenta i suoi testi da una prospettiva "esterna", come se non li avesse scritti lui: da questo commento traspare, in primo luogo, la frustrazione del Rousseau incompreso, male interpretato e di fatto sempre più vicino alla paranoia e alle manie di persecuzione; in secondo luogo, l'affermazione dell'unitarietà e della coerenza complessiva della sua opera. La questione della coerenza dei testi di Rousseau è ancora oggetto di vivaci dibattiti, dal momento che, per esempio, lo statalismo radicale del Contratto sociale è apparentemente in contraddizione con l'individualismo e con l'esaltazione dell'indipendenza naturale che informa la maggior parte delle altre opere.[14][209] Influenza e critica
Il pensiero di Jean-Jacques Rousseau esercitò influenze notevoli su gran parte della filosofia successiva[15] oltre che sugli eventi storici che seguirono la sua morte.[14]
L'influenza più immediata a livello filosofico, riconosciuta quasi universalmente, fu quella che Rousseau ebbe sull'etica di Immanuel Kant.[14][15] L'etica rousseauiana infatti, pur avendo le sue radici nella convinzione che tutte le passioni elementari dell'uomo sono, di per sé, buone, raggiunge la sua compiutezza nell'affermazione che la virtù si ottiene davvero solo affrancandosi dagli affetti e dominando razionalmente le proprie passioni; come scrisse il filosofo tedesco Ernst Cassirer, «l'etica di Russeau non è un'etica di sentimento, ma la forma più decisa della pura etica della legge che sia stata elaborata prima di Kant.»[194]. Peraltro anche nella stessa filosofia politica kantiana si trovano influenze di Rousseau: in particolare nel giusnaturalismo, nel contrattualismo kantiani e nell'utilizzo del concetto di volontà generale, che Kant però usa in maniera nuova ed originale adattandoli alla realtà politica della Prussia del suo tempo.
Inoltre, Rousseau ebbe un ruolo di grande importanza nel preparare la via allo sviluppo del movimento romantico europeo:[14] particolarmente significativa fu, in questo, la sua opera Giulia o la nuova Eloisa, la tensione lirica della quale – alimentata da una descrizione minuziosa ed estremamente viva delle passioni e dei sentimenti più profondi dell'uomo nella loro dimensione naturale e immediata – si contrapponeva nettamente alla poesia rarefatta e formale caratteristica dell'Illuminismo.[210]
Rousseau esercitò importanti influenze anche per il suo pensiero strettamente politico, alimentando la Rivoluzione francese[13][211] e influenzando (benché in modo meno diretto) la filosofia politica di Georg Wilhelm Friedrich Hegel,[15] William Godwin[212] e Karl Marx.[14] In particolare il"giovane Marx", sostenitore del suffragio universale e della democrazia diretta di Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, fu molto influenzato dal Contratto sociale del ginevino. Significativa fu anche l'incidenza su Tolstoj, che in tarda età ebbe a scrivere: «Rousseau e il Vangelo hanno avuto un grande e benefico influsso sulla mia vita. Rousseau non invecchia.»[213]. Simone Weil, nel suo Manifesto per la soppressione dei partiti politici, fece propria la critica rousseauiana alla rappresentanza e sostenne un ideale di democrazia diretta ispirato alle tesi del Contratto sociale.[214] In tempi più recenti, è stata individuata un'influenza di Rousseau anche nella Teoria della giustizia di John Rawls.[15] Tra i molti filosofi e scrittori che si sono dedicati allo studio, al commento e alla critica di Rousseau si ricordano Émile Durkheim (Sul contratto sociale, 1918), François Mauriac (in Mes grands hommes, 1929), Ernst Cassirer (Il problema Gian Giacomo Rousseau, 1932), Noëlle Roger (Jean-Jacques ou le promeneur solitaire, 1933), Jean Cocteau (L'enigme de Jean-Jacques Rousseau, 1938), Maurice Blanchot (in Il libro a venire, 1959), Jacques Derrida (in Della grammatologia, 1967), Jean Starobinski (La trasparenza e l'ostacolo, 1975), Cvetan Todorov (Una fragile felicità. Saggio su Rousseau, 2001).[215]
Con i suoi argomenti contro il costume di nutrirsi di carne, Rousseau ha rappresentato un punto di riferimento importante anche per lo sviluppo dei movimenti animalisti e vegetariani (sebbene non sia chiaro se lui stesso fosse davvero vegetariano o se piuttosto, come in altri ambiti, i suoi principi fossero più solidi della sua condotta).[98][216]
Infine, Rousseau con il suo Émile esercitò un'influenza di primo piano anche nel campo della pedagogia:[217] la sua rivoluzione, di portata estremamente significativa, fu quella di mettere il bambino al centro dell'educazione (nel senso di assecondare le sue inclinazioni e i suoi bisogni, pur senza prostrarsi di fronte a tutti i suoi desideri) e di superare così l'idea di dover trattare ogni bambino come un piccolo uomo.[218] Le sue teorie, influenzate da quelle di Montaigne, Locke, Fénelon, Comenius, Rabelais,[217] segnarono una pietra miliare della storia della pedagogia, assunta come fondamentale punto di riferimento da autori come Pestalozzi, Fröbel, Makarenko, Dewey, Freinet.[218]
L'opera di Rousseau ha prodotto naturalmente molte critiche nel merito delle tesi da lui sostenute; la multiformità e la contraddittorietà (reale o apparente) di molti dei suoi passaggi e di alcuni dei suoi motivi fondamentali hanno poi generato interpretazioni divergenti: alcuni vedono Rousseau come un ispiratore delle moderne teorie liberali, dei principi fondamentali del comunitarismo, delle istituzioni repubblicane e dell'idea della democrazia partecipata;[15] sottolineando i tratti autoritari di certe parti del Contratto sociale, però, i detrattori di Rousseau, tra cui Bertrand Russell, non hanno mancato di accusarlo di un sostanziale autoritarismo, tracciando connessioni tra i suoi scritti e il Terrore rivoluzionario, il fascismo o il comunismo totalitario.[15]
In effetti, la storia della critica rousseauiana è molto complessa e, come ha notato lo studioso Albert Schintz, «la bibliografia concernente il filosofo di Ginevra è almeno pari a quella riguardante Platone, Dante, Cervantes, Shakespeare, Goethe.»[219] Secondo l'analisi del filosofo Paolo Casini, poi, storicamente la produzione di un'analisi critica completa e obiettiva dell'opera di Rousseau è stata resa particolarmente difficoltosa dall'interferenza di continue questioni ideologiche che hanno reso difficile distinguere la "storia della fortuna" dalla "storia della critica".[219] Tra le opere che riuscirono a superare la semplice disputa ideologica in favore di una maggiore lucidità critica Casini ricorda, per il XIX secolo, quelle di Musset-Pathay, Streckeisen-Moltou, Saint-Marc Girardin, Brockherhoff, Beaudoin, Gehring, Morley e Höffding; sono considerati assai meno equilibrati, invece, i testi di Ducros e Faguet dei primi anni 1910.[220] Un'interpretazione storicamente molto importante fu quella proposta da Gustave Lanson nel testo L'unità del pensiero di Rousseau;[220] ad essa fecero seguito, avvalendosi di edizioni sempre più accurate delle fonti primarie rousseauiane, le analisi di Schintz (Jean-Jacques Rousseau – Essai d'interpretation nouvelle, 1929) e C.W. Hendel (Rousseau Moralist, 1932).[221] Anche il già citato Il problema Jean-Jacques Rousseau di Ernst Cassirer, pubblicato negli stessi anni, fu una pietra miliare della storia della critica rousseauiana.[221] Nel 1934 vennero pubblicati i saggi di Alfred Cobban, che leggeva Rousseau in senso liberale, e di P.L. Léon, il quale contribuì a riaprire il dibattito relativo alla filosofia politica di Rousseau, con particolare riferimento al Contratto sociale.[222] Nel secondo dopoguerra si avviò una corrente interpretativa improntata a un'analisi in chiave psicologica-psicanalitica o esistenzialista, che ebbe tra i suoi rappresentanti Bernard Groethuysen, Pierre Burgelin, Hermann Röhrs e il già nominato Jean Starobinski, con il suo famoso La trasparenza e l'ostacolo.[223] Sempre a questa corrente si possono ascrivere le analisi di Martin Rang e Ronald Grimsley.[223] Nel 1950, con l'importante saggio Jean-Jacques Rousseau et la science politique, Robert Derathé contribuì a chiarire l'inadeguatezza delle classificazioni di Rousseau in categorie come quelle di progressismo, conservatorismo, liberalismo o autoritarismo e mise invece l'accento sul contesto storico che influenzò il lavoro di Rousseau e sull'importanza delle caratteristiche della sua rielaborazione del giusnaturalismo.[223] Ciononostante, negli Stati Uniti, gli anni 1960 videro riaprirsi la questione relativa al presunto carattere totalitario della filosofia rousseauiana, implicitamente contrapposta al modello politico-economico statunitense, con il saggio Social Contract: An Interpretative Essay di L.G. Crocker.[224] Un'attenta ricostruzione del pensiero politico ed economico di Rousseau e un'analisi del suo ruolo nella Rivoluzione francese si trova nel saggio del 1960 La filosofia politica di Rousseau.[225] Una importante interpretazione marxista della filosofia politica di Rousseau fu offerta da Galvano Della Volpe che nel celebre "Rousseau e Marx"(1957) propose un Marx influenzato profondamente dalla filosofia politica roussoiana, incentrata sul concetto di volontà generale, che in "Per la critica della filosofia del diritto di Hegel" si oppose con una concezione democratica egualitaria, di estrazione roussoiana, alla visione conservatrice di Hegel. Un Marx anti-hegeliano è il risultato di questa importante opera che ha influenzato filosofi come Lucio Colletti e Umberto Cerroni. Significativa è invece la lettura da una prospettiva hegeliano-marxista che fu suggerita nel 1964 da Bronisław Baczko,[225]: è poi degna di nota anche l'analisi in chiave antropologica di Victor Goldschmidt, risalente al 1983.[226]
La ricerca e la critica su Rousseau, in tutti gli aspetti della sua filosofia e delle sue vicende biografiche, sono tuttora piuttosto vivaci.[226]
fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Jean-Jacques_Rousseau
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