IL FARO DEI SOGNI

Perù

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view post Posted on 31/7/2020, 09:30     Top   Dislike
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Cultura: musica

La tradizione musicale peruviana rappresenta un dato di eccezionale interesse nel panorama dell'America Meridionale. La musica degli Inca, che era basata inizialmente sulla scala pentatonica ma finì per accogliere la scala eptatonica, ebbe un'importanza notevole e spesso determinante nella vita della comunità, sia nella sua forma vocale, sia in quella strumentale. Proprio dall'esame degli strumenti, osservati nelle figurazioni o reperiti negli scavi archeologici, è possibile immaginare un certo parallelismo fra l'attuale musica della regione andina e la sua forma antica. Essa usava largamente tamburi di vario tipo e di varia grandezza, sonagli, qualche strumento a fiato (la conchiglia forata, il flauto diritto, il flauto di Pan, ecc.). Tutti questi strumenti, in forme simili alle antiche, si trovano ancora tra i Quechua e gli Aymará, che rappresentano l'estrema sopravvivenza etnica e culturale indigena, e costituiscono il fondamento della loro musica strumentale, pur se queste popolazioni usano oggi anche altri strumenti di importazione. Sembra che lo scopo principale dell'attività musicale incaica fosse connesso alla danza e quindi contasse più sul controllo del ritmo e del tempo che sulla libertà melodica. Le attuali danze della regione andina mostrano aperti punti di contatto con quelle incaiche, note attraverso i bassorilievi. La musica colta, portata in Perú dagli spagnoli e condizionata dall'azione missionaria dei gesuiti, si sviluppò per lungo tempo quasi esclusivamente nell'ambito delle chiese, a opera di musicisti europei (per lo più spagnoli e italiani). Tra i primi emersero Juan de Araujo, maestro di cappella delle cattedrali di Lima e di La Plata e autore di composizioni sacre di complessa scrittura, e Tomás de Torrejón y Velasco, maestro di cappella della cattedrale di Lima e autore di La púrpura de la rosa (1701), su testo di Calderón de la Barca, considerata la prima opera composta ed eseguita in America. Durante la prima metà del sec. XVIII fu attivo il primo musicista creolo di cui si abbia notizia, padre José de Orejón y Aparicio (1690-1765), cui si devono originali composizioni barocche. L'avvio alla costituzione di una scuola nazionale peruviana fu dato da Bernardo Alcedo (1798-1879), autore dell'inno nazionale, al quale fu dedicata a Lima, all'inizio del Novecento, l'Accademia di Musica, trasformata nel 1946 in Conservatorio Nazionale. Compositori nazionalisti furono Carlos Enrique Pesta, autore dell'opera Atahualpa (1900), José M. Valle Riestra (1857-1925), allievo di Gédalge a Parigi e autore dell'opera Ollantay, che fu la prima di argomento nazionale, Manuel Aguirre (1863-1951), Daniel Alomía Robles (1871-1942), Luis Dunker Lavalle (1874-1922), Vicente Estea (1884-1944), autore della Sinfonía autóctona. Alla generazione successiva, che attinse alla vera tradizione folclorica (ma si ispirò anche al romanticismo tedesco e francese), appartengono Roberto Carpio Valdés (1900-1986), Teodoro Valcárcel (1902-1942), Alfonso de Silva (1903-1937), Carlos Sánchez Málaga e, soprattutto, José Asunción Silva, creatore di forme vocali guaraní. La fondazione nel 1938 dell'Orchestra sinfonica nazionale, segnò un momento di svolta nello sviluppo della musica colta peruviana. Tra i musicisti del dopoguerra figurano Rosa Alarco, autrice di Retablo del encuentro, Enrique Iturriaga, ricordato per le Canciones quechuas, Celso Garrido Lecca (n. 1926), Jaime Díaz Orihuela (n. 1927), Armando Guevara (n. 1927), Enrique Pinilla (1927-1989), Francisco Pulgar Vidal (n. 1929), Edgar Valcárcel (n. 1932) e César Bolaños (n. 1932), che si è dedicato anche alla musica elettronica. Le cosiddette generazioni del Sessanta e del Settanta hanno proseguito nella ricerca musicale segnata dai predecessori e diretta alla sintesi tra indigenismo, avanguardie e tradizione: tra i compositori più interessanti ci sono senza dubbio Pedro Seiji Asato, Douglas Tarnawiecki, José Sosaya Weckselman. La fine del secolo ha poi messo in evidenza i nomi di Jorge Villavicencio Grossmann, Carlos Ordoñez, Miguel Oblitas. Di risalto internazionale anche molti degli esecutori (soprano, pianisti ecc.) e alcuni direttori d'orchestra peruviani.




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Cultura: teatro

Il Perú precolombiano conobbe certamente molte forme di spettacolo, in particolare religioso-coreografiche. Gli spettacoli popolari non cessarono con l'arrivo degli spagnoli, anzi, in vari casi vinti e vincitori collaborarono in invenzioni coreografiche, come per esempio nel 1546 per festeggiare l'ingresso di Pizarro a Lima. Anche gli autos sacramentales vennero presto introdotti in Perú e se nella maggioranza dei casi i testi erano spagnoli (specie di Calderón e della sua scuola), vi fu anche qualche autore locale, come Alonso Hurtado, vincitore nel 1563 di un concorso in occasione del Corpus Domini, con un Auto de la gula. La prima commedia profana spagnola venne rappresentata a Guayaquil nel 1568; la prima commedia di Lope de Vega fu data a Lima nel 1599. Collezioni di commedie, stampate appositamente per l'America, cominciarono a giungere in Perú nel 1565, quando cioè il teatro era nato da poco nella stessa Spagna. Le compagnie teatrali venivano dalla Spagna, con un repertorio già formato. Tuttavia si ebbero anche autori locali che usarono le lingue indigene per rappresentazioni destinate al popolo. Tra essi il poeta meticcio Juan de Espinosa Medrano, detto el Lunarejo, che compose in quechua l'auto Il figliuol prodigo e in spagnolo il dramma biblico Amar su propia muerte. Dal 1559 Lima ebbe un teatro stabile, il Coliseo (le rappresentazioni precedenti si erano svolte all'aperto, nelle chiese, nei conventi, in palazzi nobiliari, ecc.), per merito della compagnia spagnola di Francisco López e Isabel de los Ángeles. Ebbero così impulso le manifestazioni sceniche, che si susseguirono grazie anche all'estro di autori locali quali Diego Mejía de Fernangil, Lorenzo de las Llamosas (ca. 1665-dopo il 1705), Juan del Valle Caviedes, che espresse la propria vena comico-satirica in brevi lavori come l'Entremés del amor alcalde, il Baile del amor médico e il Baile del amor tahur, Pedro de Peralta Barnuevo, autore di intermezzi, balli, di una commedia musicale (Triunfos de amor y poder, 1711), una commedia calderoniana (Afectos vencen finezas) e della tragedia Rodoguna, derivata da Corneille. Nel 1680 era intanto sorto a Lima il Teatro Principal, per cui scrissero, tra gli altri, Antonio de Solis, Gregorio de Villalta y Núñez, Manuela Carrillo de Andrade y Sotomayor, Francisco del Castillo. Per tutto il sec. XVIII Lima continuò a essere una città teatrale; nella seconda metà del secolo dominò nella sua vita sociale una famosa attrice, Micaela Villegas, detta la Perricholi, protetta dal viceré Manuel de Amat, che recitò al Teatro Principal (distrutto dal terremoto del 1746 e ricostruito nel 1760) e al Coliseo (fatto riedificare nel 1788 dall'attrice e dall'impresario Fermín Vicente Echarri che affidarono l'incarico all'architetto italiano Pellegrino Turchi). Perfino viceré, come il marchese di Castell-dos-Rius, e frati, come Francisco del Castillo Andraca, composero farse, intermezzi e balli. Anche Félix de Alarcón, Jerónimo de Monforte, autore della divertente farsa El amor duende e Jerónimo Fernández de Castro contribuirono alla fioritura del teatro. Anche in alcuni centri minori si ebbe una vita teatrale: ad Arequipo sorse nel 1790 un Coliseo; a Callao, dove già nel 1595 aveva recitato una compagnia di attori nomadi, si diedero rappresentazioni sulla piazza o in teatri improvvisati; intorno al 1780, durante un'insurrezione antispagnola, fu rappresentato presso Cuzco il dramma indigeno Ollantay. Dopo la proclamazione dell'indipendenza fiorì la commedia vera e propria, libera dai vincoli d'omaggio a viceré e governatori, grazie soprattutto a Felipe Pardo y Aliaga e Manuel Ascensio Segura, ricca di forza comica e di icastica vivacità nella resa di costumi ed espressioni popolari di Lima. Nel corso del sec. XIX il teatro, per le convulse vicende del Paese, decadde e drammaturghi dotati preferirono andarsene dal Perú. Così non si ebbero quasi autori romantici e un certo risveglio teatrale si ebbe soltanto con il realismo, tra la fine del secolo e la prima guerra mondiale. Fra i drammaturghi del Novecento si ricordano Felipe Sassone (1884-1959), che operò soprattutto in Spagna; il poeta L. Yerovi (1881-1917), Percy Gibson Parra, Juan Ríos (n. 1914-1991), Bernardo Roca Rey (n. 1918), il notevole Sebastián Salazar Bondy, autore di No hay isla feliz (1954) e animatore anche del teatro di marionette; e fra i più giovani, Julio Ortega (n. 1942), poeta e saggista, il cui Teatro (1965) contiene alcuni testi di sicura forza drammatica. L'antica tradizione iberica e meticcia è tuttora viva. Gruppi studenteschi e sperimentali si dimostrano attenti alle esperienze più nuove e concorsi annuali indetti dalla Escuela Nacional de Arte Escénico fanno conoscere autori nuovi. Centro della vita teatrale è sempre Lima, con il Teatro Municipal, per la lirica e per la prosa, il Teatro Manuel A. Segura, destinato soprattutto alle rappresentazioni drammatiche, il Club de Teatro e il Teatro de la Cabana, sede della Scuola d'arte drammatica.




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Cultura: cinema

Quasi inesistente all'epoca del muto, la produzione si consolidò a Lima nel periodo 1937-40 con una dozzina di titoli della Amauta Films e pochi altri di società minori. Negli anni Cinquanta agirono in Perú i documentaristi italiani E. Gras e M. Craveri (L'impero del sole, 1956), ma più importante fu la nascita della ʽ'Escuela del Cuzco”, grazie al cineclub omonimo e a un gruppo di cineasti locali (M. Chambi, C. Villanueva, L. Figueroa) che, in un film semidocumentario come Kukuli, riscoprì lingua e tradizioni indigene. Alla metà degli anni Sessanta sorse la rivista mensile Hablemos de cine, forse la migliore dell'America Latina. Il regista di maggior successo fu A. Robles Godoy (Ganaras el pan, 1965; En la selva no hay estrella, 1966; La muralla verde, 1970; Espejismo, 1973), ma l'influsso culturale più serio si dovette a tre film girati da stranieri: Amor en los Andes (1965), del giapponese S. Hani, Aguirre furore di Dio (1972), del tedesco W. Herzog, El enemigo principal (1974), del boliviano J. Sanjinés. Negli anni Settanta il processo politico riformista favorì una serie di notevoli documentari e la riscossa del film narrativo, culminata nel 1977 con Los perros hambrientos di Figueroa, Muerte al amanecer di F. Lombardi (n. 1947) e Kuntur Wachana (ovvero Donde nacen los condores) di F. García, parlato in quechua e accolto con favore dal pubblico popolare. Sull'onda di questi risultati, sanzionati anche dai festival di Locarno, Berlino, Mosca e Biarritz, il cinema peruviano ha conosciuto nuovo slancio con il film a episodi (Cuentos inmortales, 1978; Aventuras prohibidas, 1980), il racconto di attualità sociale (Abisa a los compañeros di F. Degregori; Muerte de un magnate di Lombardi, entrambi del 1980), il cinema di problemi contadini (Laulico, 1980, e El caso Huayanay, 1981, entrambi di García; Yawar Fiesta, 1981, di Figueroa), il film storico (La famiglia Orozco, 1982, di J. Reyes). A causa delle tremende difficoltà economiche, la produzione dei decenni Ottanta e Novanta ha registrato poche novità, se si eccettua qualche lungometraggio di Lombardi (La boca del lobo, 1988). A cavallo del millennio si è avvertita una ripresa del movimento cinematografico nazionale, grazie anche alla nascita del Festival del cinema di Lima (1997). I registi maggiormente attivi in questi anni, oltre allo stesso Lombardi (Pantaleón y las visitadoras, 2000; Ojos que no ven, 2003; Mariposa negra, 2006), sono Augusto Tamayo (n. 1953), Aldo Salvini (n. 1964), Alberto Durant (n. 1951) e la giovane Claudia Llosa, nata nel 1976, regista di Madeinusa, 2006, premiato al Sundance Festival; nel 2009, con il film Il canto di Paloma, ha vinto l'Orso d'oro al Festival del cinema di Berlino.




fonte www.sapere.it/enciclopedia/Per%C3%BA.html

 
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