IL FARO DEI SOGNI

Nuova Zelanda

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Cultura: letteratura. Dalle origini alla fine del sec. XIX

La letteratura neozelandese si è sviluppata lungo il caratteristico percorso delle letterature coloniali: in un primo tempo si hanno più che altro rapporti scientifici, diari di viaggi e simili. In un secondo momento, a un interesse per le tradizioni autoctone, le cui leggende vennero trascritte e pubblicate da curatori anglosassoni (citiamo fra questi quelli del governatore Sir George Grey, 1812-1898, autore di Polynesian Mythology and Ancient Traditional History of the New Zealand Race), si affianca quella che è di fatto una letteratura inglese del periodo vittoriano scritta in Nuova Zelanda (sia rappresentativo per tutti James Edward Fitzgerald, 1818-1896), solo qua e là interrotta da sporadici tentativi di uso di espressioni dialettali, specialmente in poesia. Molto presto apparvero diari, romanzi e memorie, i cui argomenti andavano dalla cronaca di momenti dell'esperienza coloniale alla descrizione di quella che era la società neozelandese anglosassone che andava sviluppandosi (come nell'opera di lady Barker), infine memorie e racconti delle guerre contro i maori o della vita dei cercatori d'oro; di quest'ultimo filone, l'opera più rappresentativa è Philosopher Dick, di George Chamier, pubblicato nel 1891. Intorno a questa data si può quasi considerare conclusa la fase pionieristica: gli autori sono ormai inseriti in quelle che considerano un proprio mondo anche da un punto di vista politico (a volte partecipandovi attivamente), e a una più approfondita padronanza dei mezzi tecnici ed espressivi sviluppati dalla tradizione letteraria inglese, va integrandosi una maggior coscienza della realtà neozelandese. Ricordiamo di questo periodo William Pember Reeves (1857-1932), Edith Searle Grossmann (1863-1931), William Satchell e Blanch Edith Baugham (1870-1958). Nel 1907, quando la Nuova Zelanda passò allo stato di dominion, lo sviluppo di una cultura propria subì un momentaneo arresto. Gli scrittori partirono alla volta dell'Europa in cerca di un ambiente culturalmente più in fermento: tra questi, posto di rilievo occupa sicuramente la scrittrice Katherine Mansfield (1888-1923), una delle voci più rappresentative di tutta la letteratura neozelandese. Vissuta in Nuova Zelanda solo fino alla prima adolescenza, l'autrice trascorse, infatti, la maggior parte della sua vita in numerosi Paesi d'Europa, (tra cui l'Italia). Nella sua opera, forse proprio a causa della distanza e della nostalgia, la sua terra natale si è fatta spesso simbolo di purezza, di bellezza perduta.



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Cultura: letteratura. L’età contemporanea

Negli anni Venti del sec. XX il fermento letterario riprende; torna l'interesse per le tradizioni autoctone (H. Guthrie Smith, 1861-1940), si rielabora il lavoro degli scrittori di un ventennio prima, si assorbono la lezione della Mansfield e le nuove tendenze specialmente poetiche inglesi e americane (Jane Mander, Eileen Duggan, Alan Mulgan). Si pubblicano riviste letterarie (prima fra tutte Phoenix) che permetteranno a molti talenti sconosciuti di farsi un nome. In questo ambito, il romanzo neozelandese deve molto a Robin Hyde (1906-1939), che ripercorse i passi di John A. Lee nel trattare nella propria opera temi “scomodi” quali la miseria del proletariato cittadino e la vita dei sobborghi, producendo ottimi lavori quali Passport to Hell (1936) e Nor the Years Condemn (1938). Dello stesso periodo, ricordiamo i poeti M. Ursula Bethell (1874-1945) e J. R. Hervey (1889-1958). Con il secondo dopoguerra, il panorama artistico si amplia e sviluppa una personalità sempre più distinta da quella inglese. Ricordiamo il primo importante saggista e critico letterario, M. H. Holcroft; e poi ancora Frank Sargeson (1903-1982), la cui opera più nota è Conversation with My Uncle (1936), il quale porta avanti quella tradizione di storie brevi iniziata dalla Mansfield e nel campo del romanzo, James Courage (1903-1963) e Dan Davin (1913-1990). In particolare quest'ultimo va considerato tra i migliori narratori novecenteschi, con uno spiccato senso di osservazione nei confronti degli uomini e degli ambienti sociali; tra le opere ricordiamo il suo Roads from Home (1949). Il panorama della poesia è vario e vitale, inizialmente con dei gruppi di tendenze che fanno capo alle varie città, così da avere il gruppo di Wellington (con James K. Baxter), quello di Auckland (Mary Stanley, M. K. Joseph), ecc., che sviluppano principalmente temi e ambienti urbani, in contrapposizione con i poeti del Sud, principalmente di Christchurch (Basil Dowling, Paul Henderson, Ruth Dallas), che tendono a un tono diverso più pacato e metafisico, con una maggiore presenza dell'elemento naturale. Fra i poeti più recenti, assai attivi, originali e difficilmente classificabili in gruppi o tendenze, troviamo Sam Huntu (n. 1946), Ian Wedde (n. 1946), Arthur Baysting (n. 1947), Murray Edmond (n. 1949) e Don Long (n. 1950). Dalla fine degli anni Cinquanta il romanzo è divenuto l'espressione più importante dell'attività letteraria in Nuova Zelanda, con un processo che è stato inaugurato dall'esordio di Janet Frame (1924-2004), con la pubblicazione di Owls Do Cry (1957). Nei successivi Faces in the Water (1961), Scented Gardens for the Blind (1963) e Intensive Care (1971) la Frame ha dimostrato che il nuovo tipo di narrativa era di tutt'altra qualità rispetto al realismo sociale di intenti moralistici dei decenni precedenti, sviluppando anche nelle opere seguenti un sottile lavoro di analisi psicologica e uno sfruttamento inventivo e sperimentale delle infinite possibilità insite nel linguaggio, nonché una satira impietosa e quasi punitiva – in The Carpathians (1988) un'intera strada di un quartiere residenziale viene fatta materialmente scomparire – dell'ambiente piccolo-borghese e suburbano. Contemporaneamente alla Frame iniziava la carriera di scrittore anche M. K. Joseph (1914-1981), autore originale ed eclettico di romanzi quanto mai diversi tra loro non solo per le tematiche trattate ma anche per il genere di appartenenza: Joseph si è cimentato nel romanzo storico, nella fantascienza, nel romanzo di guerra, e in tutti i casi può essere citato tra i migliori esponenti del genere. Tra le sue opere, meritano di essere menzionati A Soldier’s Tale (1976) e il postumo Kaspar’s Journey (1988). In entrambi, la storia è narrata dal punto di vista di un personaggio che è al tempo stesso materialmente partecipe dei grandi eventi della storia europea descritti (la seconda guerra mondiale in A Soldier’s Tale, le crociate in Kaspar’s Journey), ma moralmente distaccato da essi, con l'atteggiamento del cosiddetto narratore periferico. Prospettiva, questa, che Joseph è maestro nel rendere, e che è stata spesso adottata nella narrativa neozelandese, poiché, come è stato rilevato (Robinson), esprime in modo fedele la relazione con la quale la Nuova Zelanda si pone con il mondo. Tale prospettiva permette la rappresentazione di processi di osservazione e analisi estremamente penetranti, secondo la teoria che il narratore periferico, proprio in quanto tale, è spesso in grado di vedere più e meglio degli altri. Narratori intrinsecamente “periferici” quali bambini o anziani sono così spesso al centro dei romanzi di autori neozelandesi, come è il caso dell'ottuagenario Sir Papps, protagonista di Prowlers (1987) di Maurice Gee (n. 1931), un autore che, dopo un periodo iniziale più convenzionale, ha dimostrato di possedere un talento autenticamente innovativo, prima con la “trilogia di Plumb” (Plumb, 1978; Meg, 1981; Sole Survivor, 1983) e poi con il citato Prowlers, al quale ha fatto seguito Go West (1994), The Scornful Moon (2003), Blindsight (2005). Elizabeth Knox è uno dei migliori esempi fra i narratori delle generazioni più giovani: The Vintner’s Luck (1998) è il suo romanzo più celebre, tradotto in molti Paesi. § Tra i maori prima della colonizzazione non si può parlare di vere e proprie manifestazioni letterarie. Ma si è soliti distinguere in questa cultura di tipo polinesiano, concretizzata in miti, canti e leggende orali, un periodo arcaico o Moa Hunter, iniziato nel sec. X, quando i primi gruppi sbarcarono sull'isola, e in un periodo classico o Fleet Maori, iniziato nella prima metà del sec. XIV, che rappresenta l'ultima epoca dei grandi navigatori polinesiani. Successivamente il contatto con gli europei ha causato un vero e proprio oblio per la letteratura indigena, fino alla lenta ma costante ripresa del XX secolo. La lingua e la produzione letteraria maori hanno ripreso vigore portando alla ribalta autori quali Hone Tuwhare (1923-2008) primo poeta maori a riscuotere attenzione all'estero (No Ordinary Sun, 1964); Witi Ihimaera, che nelle sue opere ha indagato proprio il rapporto tra nativi e coloni (Tangi, 1973; The Whale Rider, 1987); Patricia Grace, il cui stile eclettico insieme alla eterogeneità dei temi toccati l'hanno resa una delle principali interpreti della cultura maori e neozelandese (Potiki, 1986; Bulibasha, 1994); Alan Duff, autore di Once Were Warriors (1990), di cui è probabilmente più famosa la trasposizione cinematografica, e Out of the Mist and Steam (1999), che non ha risparmiato critiche proprio alla comunità maori per gli errori commessi in passato nel sostenere la propria causa.



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Cultura: arte

L'abbondanza del legno ha favorito storicamente lo sviluppo della scultura e dell'intaglio decorativo di elementi architettonici e di prue e poppe di imbarcazioni, con un simbolismo a carattere prevalentemente antropomorfo. Sulle figure umane compaiono inoltre i motivi del tatuaggio, pratica largamente diffusa in Nuova Zelanda. Particolarmente caratteristici i tukutuku, pannelli ingraticciati a ornamento delle case di culto. Formalmente pregevoli gli hei tiki, pendagli da collo in pietra dura rappresentanti l'antenato e ritenuti carichi di potere magico. Numerosi altresì le pitture rupestri e i graffiti su roccia, a soggetto antropomorfo e zoomorfo, presenti in entrambe le isole. In epoca moderna l'arte maori ha beneficiato di nuova vitalità e crescente sostegno e apprezzamento. Tra i nomi più importanti Ralph Hotere (n. 1931), Robyn Kahukiwa, Micheal Parekowhai (n. 1968). Importante il ruolo svolto dalle molte gallerie sorte nei principali centri cittadini (Auckland Art Gallery, City Gallery a Wellington, Dunedin Public Art Gallery), dalle rassegne e dai festival di promozione della cultura maori e dal Toi Maori Aotearoa, una rete di divulgazione e coordinamento, costituita dagli stessi artisti. Dopo l'arrivo degli europei le arti figurative, così come l'architettura, hanno tratto beneficio dall'incontro di scuole e tendenze così diverse. Dopo la via tracciata da Frances Hodgkins (1869-1947) nella prima metà del XX secolo, molte sono le personalità artistiche apprezzate internazionalmente: John Reynolds (1956, pittura), Neil Dawson (1948, scultura) e Anne Noble (1954, fotografia).



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Cultura: danza

In epoca moderna la nascita di una cultura ballettistica è stata largamente influenzata dai legami degli ex coloni con la madrepatria . Dal 1961 esiste a Wellington il New Zealand Ballet, che rappresenta alcuni titoli del repertorio internazionale (Lago dei cigni, Coppelia) e che, dal 1984, può fregiarsi del titolo di “Royal”. Dal 1967 alla compagnia è stato affiancato un istituto per la formazione professionale, la National Ballet School. A cavallo del 2000 sono sorte molte compagnie di danza contemporanea, e altre nate con l'intento di riscoprire, valorizzare e promuovere la tradizione maori, anche con l'apporto di eventi dedicati e promossi dalla Aotearoa Traditoinal Maori Performing Arts Society.




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Cultura: cinema

Dagli anni Quaranta del Novecento il New Zealand National Film Unit produce decine di documentari l'anno. Si possono citare: This is New Zealand, Your Most Humble and Obedient Servant, un mediometraggio di J. Sykes e L. Diggle che ripercorre l'itinerario del capitano Cook; Tilt to the Sun, breve film impressionistico di R. Bowie sulla natura e le stagioni; The Water Cycle, Dall’oceano al cielo di M. Dillon premiato al Festival della montagna e dell'esplorazione di Trento nel 1980. Sporadica, invece, la produzione di film di finzione, che ha avuto un precursore tra il 1920 e il 1930 in Rudall Hayward. Nel 1973 D. Taylor realizzò, per la distribuzione alternativa, Huia, vicenda d'amore cui fa da sfondo il contrasto tra città e campagna, tra la vecchia e la nuova generazione. Negli anni Ottanta del sec. XX sono emersi alcuni nuovi registi: Geoff Murphy (Utu, 1983); Vincent Ward (Vigil, 1983; presentato al Festival di Cannes); ma soprattutto Jane Campion, Palma d'oro al Festival di Cannes nel 1986 con il cortometraggio Peel, Premio Speciale della giuria di Venezia nel 1990 per Un angelo alla mia tavola e ancora vincitrice a Cannes nel 1993 con Lezioni di piano. Successivamente, la Campion realizza Ritratto di signora (1996), tratto dal romanzo di H. James, che però non ripete il successo della pellicola precedente. Sull'onda del successo della Campion, si mettono in luce altri due talenti neozelandesi: Lee Tamahori che, dopo aver firmato Once Were Warriors-Una volta erano guerrieri (1994), duro documento sulla difficile integrazione di una famiglia maori, approda a Hollywood, dirigendo un confuso noir (Scomodi omicidi, 1996), un episodio della serie di James Bond (007 - La morte può attendere, 2002) e un action movie nel 2007, Next; e l'eccentrico Peter Jackson che, dopo una serie di cult movies di genere horror, che coniugano gli eccessi sanguinari dello splatter con una violenta ironia anti-borghese (Fuori di testa, 1987; Splatter-Gli schizzacervelli, 1992), ha firmato l'inquietante Creature del cielo (1994), atroce e visionaria storia di due adolescenti assassine e la trasposizione cinematografica della più famosa opera letteraria di Tolkien, la triologia de Il Signore degli anelli (2001), divenuta un vero cult per gli appassionati del genere e il cui terzo atto (Il ritorno del re) ha vinto ben 11 Oscar nel 2004, e la trilogia de Lo Hobbit chiusasi con La battaglia dei cinque eserciti, ultimo atto uscito nel 2014.



FONTE www.sapere.it/enciclopedia/Nu%C3%B2va+Zelanda.html

 
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