| Cultura: letteratura. L’età contemporanea
Negli anni Venti del sec. XX il fermento letterario riprende; torna l'interesse per le tradizioni autoctone (H. Guthrie Smith, 1861-1940), si rielabora il lavoro degli scrittori di un ventennio prima, si assorbono la lezione della Mansfield e le nuove tendenze specialmente poetiche inglesi e americane (Jane Mander, Eileen Duggan, Alan Mulgan). Si pubblicano riviste letterarie (prima fra tutte Phoenix) che permetteranno a molti talenti sconosciuti di farsi un nome. In questo ambito, il romanzo neozelandese deve molto a Robin Hyde (1906-1939), che ripercorse i passi di John A. Lee nel trattare nella propria opera temi “scomodi” quali la miseria del proletariato cittadino e la vita dei sobborghi, producendo ottimi lavori quali Passport to Hell (1936) e Nor the Years Condemn (1938). Dello stesso periodo, ricordiamo i poeti M. Ursula Bethell (1874-1945) e J. R. Hervey (1889-1958). Con il secondo dopoguerra, il panorama artistico si amplia e sviluppa una personalità sempre più distinta da quella inglese. Ricordiamo il primo importante saggista e critico letterario, M. H. Holcroft; e poi ancora Frank Sargeson (1903-1982), la cui opera più nota è Conversation with My Uncle (1936), il quale porta avanti quella tradizione di storie brevi iniziata dalla Mansfield e nel campo del romanzo, James Courage (1903-1963) e Dan Davin (1913-1990). In particolare quest'ultimo va considerato tra i migliori narratori novecenteschi, con uno spiccato senso di osservazione nei confronti degli uomini e degli ambienti sociali; tra le opere ricordiamo il suo Roads from Home (1949). Il panorama della poesia è vario e vitale, inizialmente con dei gruppi di tendenze che fanno capo alle varie città, così da avere il gruppo di Wellington (con James K. Baxter), quello di Auckland (Mary Stanley, M. K. Joseph), ecc., che sviluppano principalmente temi e ambienti urbani, in contrapposizione con i poeti del Sud, principalmente di Christchurch (Basil Dowling, Paul Henderson, Ruth Dallas), che tendono a un tono diverso più pacato e metafisico, con una maggiore presenza dell'elemento naturale. Fra i poeti più recenti, assai attivi, originali e difficilmente classificabili in gruppi o tendenze, troviamo Sam Huntu (n. 1946), Ian Wedde (n. 1946), Arthur Baysting (n. 1947), Murray Edmond (n. 1949) e Don Long (n. 1950). Dalla fine degli anni Cinquanta il romanzo è divenuto l'espressione più importante dell'attività letteraria in Nuova Zelanda, con un processo che è stato inaugurato dall'esordio di Janet Frame (1924-2004), con la pubblicazione di Owls Do Cry (1957). Nei successivi Faces in the Water (1961), Scented Gardens for the Blind (1963) e Intensive Care (1971) la Frame ha dimostrato che il nuovo tipo di narrativa era di tutt'altra qualità rispetto al realismo sociale di intenti moralistici dei decenni precedenti, sviluppando anche nelle opere seguenti un sottile lavoro di analisi psicologica e uno sfruttamento inventivo e sperimentale delle infinite possibilità insite nel linguaggio, nonché una satira impietosa e quasi punitiva – in The Carpathians (1988) un'intera strada di un quartiere residenziale viene fatta materialmente scomparire – dell'ambiente piccolo-borghese e suburbano. Contemporaneamente alla Frame iniziava la carriera di scrittore anche M. K. Joseph (1914-1981), autore originale ed eclettico di romanzi quanto mai diversi tra loro non solo per le tematiche trattate ma anche per il genere di appartenenza: Joseph si è cimentato nel romanzo storico, nella fantascienza, nel romanzo di guerra, e in tutti i casi può essere citato tra i migliori esponenti del genere. Tra le sue opere, meritano di essere menzionati A Soldier’s Tale (1976) e il postumo Kaspar’s Journey (1988). In entrambi, la storia è narrata dal punto di vista di un personaggio che è al tempo stesso materialmente partecipe dei grandi eventi della storia europea descritti (la seconda guerra mondiale in A Soldier’s Tale, le crociate in Kaspar’s Journey), ma moralmente distaccato da essi, con l'atteggiamento del cosiddetto narratore periferico. Prospettiva, questa, che Joseph è maestro nel rendere, e che è stata spesso adottata nella narrativa neozelandese, poiché, come è stato rilevato (Robinson), esprime in modo fedele la relazione con la quale la Nuova Zelanda si pone con il mondo. Tale prospettiva permette la rappresentazione di processi di osservazione e analisi estremamente penetranti, secondo la teoria che il narratore periferico, proprio in quanto tale, è spesso in grado di vedere più e meglio degli altri. Narratori intrinsecamente “periferici” quali bambini o anziani sono così spesso al centro dei romanzi di autori neozelandesi, come è il caso dell'ottuagenario Sir Papps, protagonista di Prowlers (1987) di Maurice Gee (n. 1931), un autore che, dopo un periodo iniziale più convenzionale, ha dimostrato di possedere un talento autenticamente innovativo, prima con la “trilogia di Plumb” (Plumb, 1978; Meg, 1981; Sole Survivor, 1983) e poi con il citato Prowlers, al quale ha fatto seguito Go West (1994), The Scornful Moon (2003), Blindsight (2005). Elizabeth Knox è uno dei migliori esempi fra i narratori delle generazioni più giovani: The Vintner’s Luck (1998) è il suo romanzo più celebre, tradotto in molti Paesi. § Tra i maori prima della colonizzazione non si può parlare di vere e proprie manifestazioni letterarie. Ma si è soliti distinguere in questa cultura di tipo polinesiano, concretizzata in miti, canti e leggende orali, un periodo arcaico o Moa Hunter, iniziato nel sec. X, quando i primi gruppi sbarcarono sull'isola, e in un periodo classico o Fleet Maori, iniziato nella prima metà del sec. XIV, che rappresenta l'ultima epoca dei grandi navigatori polinesiani. Successivamente il contatto con gli europei ha causato un vero e proprio oblio per la letteratura indigena, fino alla lenta ma costante ripresa del XX secolo. La lingua e la produzione letteraria maori hanno ripreso vigore portando alla ribalta autori quali Hone Tuwhare (1923-2008) primo poeta maori a riscuotere attenzione all'estero (No Ordinary Sun, 1964); Witi Ihimaera, che nelle sue opere ha indagato proprio il rapporto tra nativi e coloni (Tangi, 1973; The Whale Rider, 1987); Patricia Grace, il cui stile eclettico insieme alla eterogeneità dei temi toccati l'hanno resa una delle principali interpreti della cultura maori e neozelandese (Potiki, 1986; Bulibasha, 1994); Alan Duff, autore di Once Were Warriors (1990), di cui è probabilmente più famosa la trasposizione cinematografica, e Out of the Mist and Steam (1999), che non ha risparmiato critiche proprio alla comunità maori per gli errori commessi in passato nel sostenere la propria causa.
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