IL FARO DEI SOGNI

BIOGRAFIA Ipazia

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Una particolare resistenza opposero gli elleni alla distruzione del Serapeo, il tempio più antico e prestigioso della città, «così adorno di atri con amplissimi colonnati, di statue che sembrano vive e d'opere d'arte di ogni genere, che nulla vi è sulla terra di più fastoso all'infuori del Campidoglio».

Oltre al culto di Giove Serapide, vi erano celebrati i culti di Iside e delle divinità egizie e vi erano custoditi i loro «misteri».

Teofilo «fece tutto quello che era in suo potere per recare offesa ai misteri degli elleni», esponendo pubblicamente per dileggio gli oggetti di culto dei templi distrutti.

Il gesto provocò l'ultima resistenza degli elleni: «sconvolti dall'insolito e insospettato evento, non poterono starsene tranquilli e tramarono tra loro una cospirazione ai danni dei cristiani; dopo aver ucciso e ferito molti di loro, occuparono il tempio di Serapide».

L'imperatore stesso, da Costantinopoli, appoggiò la comunità cristiana, sollecitando gli elleni a convertirsi: questi abbandonarono il tempio, che fu occupato dai cristiani.

Il giorno prima della sua distruzione Olimpio, l'ultimo sacerdote del Serapeo, fuggì in Italia.



150px-Theophil



Il vescovo Teofilo



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Edited by *Cristal* - 20/12/2019, 19:14
 
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Il conflitto di potere tra il prefetto Oreste e il vescovo Cirillo



Nessuna fonte attesta il comportamento tenuto da Ipazia durante queste drammatiche vicende, né gli eventuali rapporti intercorsi tra lei e il vescovo Teofilo.

Sappiamo che il risalto ottenuto nella città di Alessandria dalla personalità di Ipazia è immediatamente successivo a quei fatti e coincide altresì con l'affermazione, prodottasi nell'Impero orientale, del movimento politico e culturale degli elleni, sostenitori tutti della tradizionale cultura greca indipendentemente dalle singole adesioni a una particolare religione.

La loro ascesa subì un arresto con l'avvento al potere dell'Augusta Pulcheria, nel 414, per risalire, con alterna fortuna, nei decenni successivi, fino al declino avvenuto a partire dalla seconda metà del V secolo.

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Il prestigio conquistato da Ipazia ad Alessandria ha una natura eminentemente culturale, ma quella sua stessa eminente cultura è la condizione dell'acquisizione, da parte di Ipazia, di un potere che non è più soltanto culturale: è anche politico. Scrive infatti lo storico cristiano ortodosso Socrate Scolastico:



«Per la magnifica libertà di parola e di azione che le veniva dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini: infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale»

(Socrate Scolastico, cit., VII, 15)



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Quasi un secolo dopo, anche il filosofo Damascio riprende le sue considerazioni:



«era pronta e dialettica nei discorsi, accorta e politica nelle azioni, il resto della città a buon diritto la amava e la ossequiava grandemente, e i capi, ogni volta che si prendevano carico delle questioni pubbliche, erano soliti recarsi prima da lei, come continuava ad avvenire anche ad Atene.

Infatti, se lo stato reale della filosofia era in completa rovina, invece il suo nome sembrava ancora essere magnifico e degno di ammirazione per coloro che amministravano gli affari più importanti del governo»

(Damascio, cit., 102)



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Alla morte di Teofilo nel 412 salì sul trono episcopale di Alessandria Cirillo: questi «si accinse a rendere l'episcopato ancora più simile a un principato di quanto non fosse stato al tempo di Teofilo», nel senso che con Cirillo «la carica episcopale di Alessandria prese a dominare la cosa pubblica oltre il limite consentito all'ordine episcopale».


In tal modo, tra il prefetto di Alessandria Oreste, che difendeva le proprie prerogative, e il vescovo Cirillo, che intendeva assumersi poteri che non gli spettavano, nacque un conflitto politico, anche se «Cirillo e i suoi sostenitori tentarono di occultarne la vera natura e di porre la questione nei termini di una lotta religiosa riproponendo lo spettro del conflitto tra paganesimo e cristianesimo».

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Nel 414, durante un'assemblea popolare, alcuni ebrei denunciarono al prefetto Oreste quale seminatore di discordie il maestro Ierace, un sostenitore del vescovo Cirillo, «il più attivo nel suscitare gli applausi nelle adunanze in cui il vescovo insegnava».

Ierace fu arrestato e torturato, al che Cirillo reagì minacciando i capi della comunità ebraica, e gli ebrei reagirono a loro volta massacrando un certo numero di cristiani.

La reazione di Cirillo fu durissima: l'intera comunità ebraica fu cacciata dalla città, i loro averi furono confiscati e le sinagoghe distrutte.

«Oreste, prefetto di Alessandria, s'indignò molto per l'accaduto e provò un gran dolore perché una città tanto importante era stata completamente svuotata di esseri umani», ma non poté prendere provvedimenti contro Cirillo, poiché per la costituzione del 4 febbraio 384 il clero veniva a essere soggetto al solo foro ecclesiastico.

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Nel pieno del conflitto giurisdizionale tra il prefetto e il vescovo, dai monti della Nitria intervenne a sostegno di Cirillo un gran numero di monaci, i cosiddetti parabolani.

Formalmente degli infermieri, «di fatto costituivano un vero e proprio corpo di polizia che i vescovi di Alessandria usavano per mantenere nelle città il loro ordine».


Costoro, «usciti in numero di circa cinquecento dai monasteri e raggiunta la città, si appostarono per sorprendere il prefetto mentre passava sul carro. Accostatisi a lui, lo chiamavano sacrificatore ed elleno, e gli gridavano contro molti altri insulti.


Egli allora, sospettando un'insidia da parte di Cirillo, proclamò di essere cristiano e di essere stato battezzato dal vescovo Attico. Ma i monaci non badavano a ciò che veniva detto e uno di loro, di nome Ammonio, colpì Oreste sulla testa con una pietra».

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Accorsero cittadini di Alessandria, dispersero i parabolani e catturarono Ammonio conducendolo da Oreste: «questi, rispondendo alla sua provocazione pubblicamente con un processo secondo le leggi, spinse a tal punto la tortura da farlo morire.

Non molto tempo dopo rese noti questi fatti ai governanti.

Ma Cirillo fece pervenire all'imperatore la versione opposta».

Non si sa quale fosse la versione dei fatti approntata da Cirillo, ma la si può immaginare dal fatto che il vescovo fece collocare il cadavere di Ammonio in una chiesa e, cambiatogli il nome in Thaumasios — «ammirevole» — lo elevò al rango di martire, come se fosse morto per difendere la sua fede.

«Ma chi aveva senno, anche se cristiano, non approvò l'intrigo di Cirillo. Sapeva, infatti, che Ammonio era stato punito per la sua temerarietà e non era morto sotto le torture per costringerlo a negare Cristo».

Infatti, lo stesso Cirillo «si adoperò per far dimenticare al più presto l'accaduto con il silenzio».



130px-Cyril_of_Alexandria



Il vescovo di
Alessandria Cirillo.



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Uccisione di Ipazia



Il contesto in cui avviene l'omicidio di Ipazia è dunque quello di un conflitto fra Oreste e Cirillo.

Secondo alcuni storici cristiani, Ipazia sarebbe stata diffamata, e accusata con calunnia di essere una delle cause di questo conflitto.

Riferisce infatti lo storico della Chiesa Socrate Scolastico che [Ipazia] «s'incontrava alquanto di frequente con Oreste, l'invidia mise in giro una calunnia su di lei presso il popolo della chiesa, e cioè che fosse lei a non permettere che Oreste si riconciliasse con il vescovo».

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Tracce di queste voci che screditavano la reputazione di Ipazia sono visibili nella Cronaca di Giovanni di Nikiu, un vescovo cristiano copto attivo ad Alessandria nel VII secolo, secondo cui Ipazia era una strega:



«In quei giorni apparve in Alessandria un filosofo femmina, una pagana chiamata Ipazia, che si dedicò completamente alla magia, agli astrolabi e agli strumenti di musica e che ingannò molte persone con stratagemmi satanici.

Il governatore della città l'onorò esageratamente perché lei l'aveva sedotto con le sue arti magiche.

Il governatore cessò di frequentare la chiesa come era stato suo costume. Ad eccezione di una volta in circostanze pericolose.

E non solo fece questo, ma attrasse molti credenti a lei, ed egli stesso ricevette gli increduli in casa sua»



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In questo clima maturò l'omicidio di Ipazia.

Era il mese di marzo del 415, e correva la quaresima:



«un gruppo di cristiani dall'animo surriscaldato, guidati da un predicatore di nome Pietro, si misero d'accordo e si appostarono per sorprendere la donna mentre faceva ritorno a casa.

Tiratala giù dal carro, la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario; qui, strappatale la veste, la uccisero usando dei cocci.

Dopo che l'ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati i brandelli del suo corpo nel cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia bruciandoli.

Questo procurò non poco biasimo a Cirillo e alla chiesa di Alessandria. Infatti stragi, lotte e azioni simili a queste sono del tutto estranee a coloro che meditano le parole di Cristo.»

(Socrate Scolastico, cit., VII, 15)



170px-Hypatia__Charles_William_Mitchell_



C. W. Mitchell: La morte di Ipazia



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La versione dei fatti di Socrate Scolastico è considerata una versione "cristiana moderata", che si allineava al punto di vista dell'Impero bizantino.


La versione del vescovo copto Giovanni di Nikiu si allineava appunto alle posizioni copte, favorevoli a Cirillo.

Secondo questa versione, definita da alcuni "cristiana radicale"Ipazia era in realtà una strega e la sua eliminazione era un vero e proprio titolo di merito per il vescovo Cirillo di Alessandria.

Ecco come Giovanni di Nikiu racconta l'omicidio:



Poi una moltitudine di credenti in Dio si radunò sotto la guida di Pietro il magistrato, un credente in Gesù Cristo perfetto sotto tutti gli aspetti, e si misero alla ricerca della donna pagana che aveva ingannato le persone della città ed il prefetto con i suoi incantesimi.



Mort_de_la_philosophe_Hypatie



La matematica e filosofa pagana Ipazia
mentre subisce il linciaggio
per opera di fanatici
cristiani ad Alessandria d'Egitto nel 415



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Quando trovarono il luogo dove era, si diressero verso di lei e la trovarono seduta su un'alta sedia.

Avendola fatta scendere, la trascinarono e la portarono nella grande chiesa chiamata Caesarion. Questo accadde nei giorni del digiuno.

Poi le lacerarono i vestiti e la trascinarono attraverso le strade della città finché lei morì.

E la portarono in un luogo chiamato Cinaron, e bruciarono il suo corpo.

E tutte le persone circondarono il patriarca Cirillo e lo chiamarono 'il nuovo Teofilo' perché aveva distrutto gli ultimi resti dell'idolatria nella città.»

(Giovanni di Nikiu, Cronaca)



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Una versione pagana della vicenda è trasmessa invece dal filosofo pagano Damascio, che si era recato ad Alessandria intorno al 485, quando ancora «vivo e denso di affetto era il ricordo dell'antica maestra nella mente e nelle parole degli alessandrini».

Divenuto poi scolarca della scuola di Atene, scrisse, cento anni dopo la morte di Ipazia, la sua biografia.

In essa sostiene la diretta responsabilità di Cirillo nell'omicidio, più esplicitamente di quanto non faccia Socrate Scolastico: accadde che il vescovo, vedendo la gran quantità di persone che frequentava la casa di Ipazia, «si rose a tal punto nell'anima che tramò la sua uccisione, in modo che avvenisse il più presto possibile, un'uccisione che fu tra tutte la più empia».

Anche Damascio rievoca la brutalità dell'omicidio: «una massa enorme di uomini brutali, veramente
malvagi [...] uccise la filosofa [...] e mentre ancora respirava appena, le cavarono gli occhi».

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Il riferimento di Damascio alle frequentazioni private della casa di Ipazia è stato collegato da alcuni studiosi alla possibile attività di culti misterici neoplatonici che avrebbero fatto parte dell'insegnamento di Ipazia.


Questo perché la filosofia neoplatonica comportava un insegnamento pubblico (demosia), ma anche riunioni private (idia) dove era forte la dimensione esoterica.

Ipazia in queste riunioni avrebbe offerto uno spazio di ritrovo alle élite pagane della città di Alessandria, che si erano convertite al cristianesimo per necessità, una volta diventati la minoranza.

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37 replies since 3/11/2019, 20:24   283 views
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