| Cultura: cinema. I film di maggior successo e la contemporaneità
Nella seconda metà degli anni Ottanta si sono affermati cineasti dal linguaggio oltraggioso ma consapevolmente raffinato, spesso specializzati nel cinema fantastico o di genere. Ci riferiamo alle invenzioni di D. Lynch (Blue Velvet, 1986; Velluto Blu, Wild at Heart, 1989, Cuore selvaggio), di M. Scorsese (Taxi Driver, 1976; Raging Bull, 1980, Toro scatenato; The Last Temptation of Christ, 1988, L'ultima tentazione di Cristo). Se sempre di grandissimo mestiere è l'attività di Spielberg (la trilogia di Indiana Jones; Jurassic Park, 1993; Schindler’s List, 1994; Amistad, 1997) e di alcuni suoi protetti cresciuti alla scuola di R. Corman, come J. Dante, di assoluto interesse culturale sembrano piuttosto le esperienze appartate ma non clandestine dei cineasti di New York, con W. Allen (Crimes and Misdemeanors, 1989; Crimini e misfatti, Manhattan murder mistery, Misterioso omicidio a Manhattan, 1993; Bullets over Brodway, 1994; Pallottole su Broadway, Deconstructing Harry, 1997; Henry a pezzi, Celebrity, 1998) e l'afroamericano S. Lee (Do the right thing, 1987; Fa' la cosa giusta, Malcolm X, 1992; Clockers, 1995; Girl 6, 1996; Get on the bus, 1996; He got game, 1998; Summer of Sam, 1999; L'estate di Sam), punte di diamante di un cinema che non rinuncia a interrogarsi sulle proprie ossessioni culturali, sociali e personali. Nel 1980 inoltre Kubrick dirige Shining, un horror destinato a riscuotere un notevole successo di pubblico e a diventare film di culto così come i successivi Full Metal Jacket (1987) e Eyes Wide Shut (1999). Nei primi anni Novanta il cinema di Hollywood vive un nuovo successo uscendo così dalla crisi in cui era caduto nel decennio precedente. Da un lato l'industria prosegue lungo la strada del puro intrattenimento e nella diversificazione del prodotto cinematografico: film sempre più costosi e colossali (Waterworld, 1995, raggiunge i 170 milioni di dollari di budget, Titanic di J. Cameron, 1997, sfiora i 190 milioni), rinascita o rivitalizzazione di generi consolidati e spettacolari (la fantascienza con Independence Day, 1996, e Armageddon, 1997), sfruttamento sistematico di nuovi filoni (serial killer o psicho thriller, con personalità disturbate quasi ai confini dell'horror come The silence of the lambs di J. Demme, 1991; Il silenzio degli innocenti), compreso, fatto inconsueto nell'America puritana, un genere soft-erotico (Basic Instinct, 1992; Body of Evidence, 1992; Striptease, 1996), uso del sequel e del remake (A perfect murder, 1998, Delitto perfetto, di A. Dawis, con M. Douglas, e City of Angels, 1998, di B. Silberling). Dall'altro lascia spazio al cinema d'autore, capace di affrontare anche tematiche scomode come la tossicodipendenza (Drugstore Cowboy di G. van Sant, 1989) o l'AIDS. Oltre alla conferma di attori già noti (S. Stone, S. Sarandon), si assiste all'affermarsi di T. Hanks, vincitore di due premi Oscar come miglior attore protagonista in due anni successivi (1993 con Philadelphia e 1994 con Forrest Gump). Numerosi poi sono i film di questi anni che hanno suscitato un notevole consenso di pubblico e di critica come Mac (1992) e Illuminata (1998) di J. Turturro, Mrs Doubtfire (1993) di C. Columbus, Casualites of War (1989; Vittime di guerra), The Bonfire of the Vanities (1990; Il falò delle vanità), Carlito’s Way (1995) e Mission: Impossibile (1997) di B. De Palma, Aladdin (1993) di J. Musker e R. Clements, The Firm (1993; Il socio) di S. Pollack e Wolf (1994) di M. Nichols. A partire dagli anni Novanta anche il mondo dell'animazione statunitense si propone come alternativa al cinema tradizionale anche per un pubblico adulto, grazie al tono dissacrante delle sceneggiature e alle nuove tecniche digitali. Si assiste così al trionfo dei Pixar Studios con Toy Story (1995), A Bug’s Life (1998), Monster &Co (2001), Alla ricerca di Nemo (2003), Gli incredibili (2004), Cars - motori ruggenti (2006) e Ratatouille (2007). Nel 1992 rientra a Hollywood R. Altman con la pungente satira di The Player, una riflessione sugli spietati meccanismi delle produzioni cinematografiche, per poi tornare al successo con Short Cuts (1993; America oggi), uno sguardo pessimista sulla società americana contemporanea, con Gosford Park (2001), The Company (2003) e A Prairie Home Companion (2006; Radio America). Accolti dalla critica con grande attenzione, molto prolifici e originali si sono dimostrati i fratelli E. e J. Coen che, con uno sguardo innovativo, hanno cambiato le regole dei generi, dal gangster movie Miller’s Crossing (1990; Crocevia della morte) alla commedia The Ladykillers (2004), senza dimenticare Fargo (1996), The Man Who Wasn’t There (2001; L'uomo che non c'era), No Country for Old Men (2007; Non è un paese per vecchi) e Burn After Reading (2008). Tra i più influenti registi degli anni Novanta troviamo Q. Tarantino e la sua consacrazione con Pulp Fiction (2004), vincitore di un Oscar per la miglior sceneggiatura e della Palma d'oro al Festival di Cannes, e poi con Jackie Brown (1997), Kill Bill vol. 1 (2003), Kill Bill vol. 2 (2004) e Death Proof (2007). Tra gli autori che hanno ormai da anni raggiunto la notorietà, contribuendo ad arricchire la cinematografia degli anni Novanta e che continuano ancora oggi a produrre grandi classici, ricordiamo O. Stone (Natural Born Killer, 1994, Assassini nati; Any Given Sunday, 1999, Ogni maledetta domenica) che si distingue nel panorama hollywoodiano per l'impronta politica dei suoi film (JFK, 1991; Comandante, 2003; Word Trade Center, 2006). Interessante è anche il lavoro di F. Ford Coppola (Dracula di Bram Stoker, 1992; The rainmaker, 1997, L'uomo della pioggia), e di C. Eastwood (Unforgiven 1992, Gli spietati; A Perfect World, 1993, Un mondo perfetto; The Bridges of Madison County, 1995, I Ponti di Madison County) che negli anni Duemila arriva all'apice della sua eleganza e intelligenza emotiva con Mystic River (2003), Million Dollar Baby (2004) vincitore di due premi Oscar, Flags of Our Father (2006) e Letters from Iwo Jima (2006; Lettere da Iwo Jima), due film complementari, due punti di vista sulla stessa guerra, il primo americano e il secondo giapponese e Gran Torino (2009). W. Allen nel Duemila dirige gli ironici Anything Else (2003) e Scoop (2006) oltre a Match Point (2005) e Cassandra’s Dream (2007; Sogni e delitti), film dal registro noir. Dopo aver diretto l'inquietante Cape Fear (1992) e la riflessione sul mondo religioso d'Oriente con Kundun (1997), M. Scorsese torna negli anni Duemila a raccontare le contraddizioni e la violenza insita nella società americana (Gangs of New York, 2002; The Departed, 2006) mentre T. Burton prosegue il suo percorso nel fantasy e nel fiabesco con Edward Scissorhands (1990; Edward mani di forbice) e nelle atmosfere gotiche di Sleepy Hollow (1990; Il mistero di Sleepy Hollow), declinate anche nell'animazione (Corpse Bride, 2005; La sposa cadavere) e nel musical Sweeney Todd: the Demon Barber of Fleet Street (Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street, 2007). Oltre a quest'ultimo lavoro di Burton, altri tentativi di rielaborare il genere del musical, adattandolo ai gusti postmoderni, sono stati quelli di B. Luhrmann (Moulin Rouge, 2001) e di B. Marshall (Chicago, premio Oscar 2002). La crescente notorietà del Sundance Film Festival, Festival del cinema indipendente, ha portato alla scoperta di registi come J. Sayles (Lone star, 1997, Stella solitaria; Limbo, 1999), J. Jarmush (Dead man, 1996; Broken Flowers, 2005), A. Anders (Grace of My Heart, Grazia del mio cuore, 1997), T. Di Cillo (Living in Oblivion, 1997; Si gira a Manhattan), R. Linklater (Before Sunrise, 1996; Prima dell'alba), S. Mendes (American Beauty, 1999, vincitore di 5 premi Oscar nel 2000) e permette la nascita di cult movie anticonvenzionali, come Clerks (Commessi, 1996) o il dittico di W. Wang e P. Auster Smoke/Blue in the face (1995). Tra i nuovi talenti, provenienti dal cinema indipendente ma ormai riconosciuti dal pubblico e inseriti a pieno titolo tra gli autori contemporanei, ricordiamo S. Coppola (The Virgin Suicides, 1999, Il giardino delle vergini suicide; Lost in Translation, 2003; Marie Antoinette, 2006), M. July (Me and You and Everyone We Know, 2005), D. Gordon Green (George Washington, 2000; All the Real Girls, 2003). Anche il documentario, soprattutto quello a sfondo sociale, a partire dai primi anni del nuovo millennio, comincia a coinvolgere fasce di pubblico sempre più vaste, come dimostra il successo di Fahrenheit 9/11 di M. Moore, un'indagine politica sulla vendita di armi da fuoco nel corso della storia americana, fino al crollo delle Twin Towers nell'attentato terroristico del 2001. Scorre nuova linfa anche nel cinema di S. Soderbergh che dopo Sex, Lies and Videotape (1989; Sesso, bugie e videotape, Palma d'oro al Festival di Cannes) è passato a pellicole più commerciali come Ocean’s Thirteen (2007) passando per Traffic (2000), opera corale di denuncia sul narcotraffico tra gli USA e il Messico. Tra i più interessanti protagonisti della settima arte, G. Van Sant continua a raccontare, con uno stile rarefatto e destrutturato, la criticità delle giovani generazioni (Elephant, 2003, Palma d'oro per il miglior film e premio per la miglior regia al Festival di Cannes; Last Days, 2005; Paranoid Park, 2007). Film che indagano sulle conseguenze delle recenti campagne militari americane sono quelli di K. Bigelow, tra cui The Hurt Locker (Premio Oscar alla regia 2008, assegnato per la prima volta a una donna) e Zero Dark Thirty (2012).
fonte www.sapere.it/enciclopedia/Stati+Uniti+d%27America.html
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