IL FARO DEI SOGNI

Cile

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Cultura: letteratura

La lunga e feroce guerra di conquista contro gli indomiti indigeni Araucani e le impressioni della vita locale rappresentano i due temi dell'attività letteraria nei secoli coloniali cileni. Colonia remota dipendente dal viceré del Perú, il Cile riceve da Lima, più che da Madrid, le novità anche artistiche e le rielabora con un forte senso della realtà locale. “Il Cile è l'unico Paese moderno la cui fondazione sia stata immortalata da un poema epico” ha scritto A. Bello, alludendo all'Araucana di Ercilla (1533-1594), poema vissuto prima che scritto e cavalleresca esaltazione degli eroici Araucani vinti. E non fu un caso eccezionale: sull'esempio decisivo dell'Araucana nacquero vari altri poemi epici, dall'Arauco domado (Araucano domato) di Pedro de Oña (1570-1643), primo poema di un autore americano, al Purén indómito di H. Álvarez de Toledo(sec. XVI), a Las guerras de Chile, attribuito a un J. de Mendoza. In prosa, la stessa realtà cilena si riflette in numerose cronache: quelle, per esempio, di C. Molina (Conquista y población del Perú), di A. de Góngora Marmolejo (Historia del reino de Chile), di P. Mariño, D. Rosales (Historia general del reino de Chile) e, a livello più alto, l'Histórica relación del reino de Chile (1646) del padre A. de Ovalle(1601-1651) e quelle dei gesuiti settecenteschi Olivares e Molina (ambedue esiliati in Italia) e il singolare Cautiverio feliz di F. Núñez de Pineda y Bascuñán (1607-1680), narrazione autobiografica spesso notevole per vigore descrittivo. In contrasto con tanta abbondanza di poeti epici e di cronisti, quasi nulla è la produzione di poesia lirica – ma qualche interessante spunto di poesia popolare satirica comincia ad affiorare nel sec. XVIII – e nulla quella teatrale. Agli inizi del sec. XIX l'indipendenza politica porta con sé un totale rinnovamento letterario. Un frate poligrafo e progressista, C. Henríquez (1769-1845), dà inizio alla pubblicistica politico-morale; un umanista di origine venezolana, A. Bello (1781-1865), poeta di classica eleganza, grammatico e pensatore di valore, insegna a più generazioni il gusto del bello e del pensiero critico. Esempi stranieri danno il via a una ricca e varia produzione lirica, che continua ininterrotta fino ai nostri giorni. S. Sanfuentes (1817-1860), H. Irisarri (1819-1886), E. Lillo (1826-1910), G. Matta (1829-1899) e G. Blest Gana (1829-1904) sono i lirici più rappresentativi del romanticismo, mentre con E. de la Barra (1839-1900) si compie un passo cosciente verso il rinnovamento simbolista. Né meno importante è il rinnovamento della prosa. Preceduta dalla bozzettistica “di costumi” e dall'autobiografismo (J. Zapiola, J. J. Vallejo,J. V. Lastarría, V. Pérez Rosales, gran viaggiatore e descrittore, R. Vial, che porta il costumbrismo anche sul teatro,e altri), nasce infine la narrativa, grazie a D. Barros Grez (1834-1904), L. Orrego Luco (1866-1948), A. Díaz Meza (1879-1933), ecc.; e infine un grande, autentico narratore, A. Blest Gana (1830-1920), diplomatico e ammiratore di Balzac, dà al Cile i suoi migliori romanzi dell'Ottocento (Durante la reconquista, Martín Rivas, Los trasplantados, ecc.). Nascono anche il saggio e la critica storica e letteraria con F. Bilbao, M. L. Amunátegui, B. Vicuña Mackenna e J. T. Medina (1852-1920), bibliografo ed erudito di valore. Il modernismo rinnova la poesia lirica, che fiorisce mirabilmente: non a caso il Cile ha avuto due poeti premi Nobel: Gabriela Mistral (1889-1957) e P. Neruda (1904-1973), insigniti del prestigioso riconoscimento rispettivamente nel 1945 e nel 1971, e conta nel Novecento poeti di alto rilievo quali P. de Rokha, V. Huidobro (1893-1948), fondatore del “creazionismo”, C. Pezoa Véliz (1879-1908), M. Magallanes Moure, S. Lillo, C. Mondaca, M. Jara, H. Diaz Casanueva (1907-1992), J. Valle, J. Barrenechea, N. Parra (n. 1914), M. Arteche, E. Lihn (1929-1988), A. Uribe, Gonzalo Rojas (n. 1917), Jorge Teillier (1935-1996) e numerosi altri più giovani, tra cui si ricordano Diego Marqueira (n. 1951) e Raúl Zurita (n. 1950). Importanti anche gli sviluppi della prosa narrativa, grazie a P. Prado (1886-1952), B. Lillo (1867-1923), F. Gana, A. d'Halmar, M. Latorre (1886-1955), E. Barrios, J. Edwards Bello, J. Prieto, M. Rojas (1896-1973), da molti considerato il maggiore romanziere e innovatore del Novecento cileno grazie a opere quali Hijo de ladrón (1951) e Sombras contra el muro (1964), C. Giaconi, C. Huneeus, J. Edwards (n. 1931) e J. Donoso (1925-1996), forse il più originale fra tutti. Durante il lungo periodo della dittatura militare (1973-89) non pochi scrittori hanno dovuto lasciare il Paese per stabilirsi in Spagna, negli Stati Uniti o altrove. Fra essi José Donoso, che ha consolidato la sua fama con alcuni romanzi pubblicati in Spagna e anche in Italia, dove nel 2003 è uscito il suo L’osceno uccello della notte (El obsceno pájaro de la noche, 1970). Altri, come il poeta Nicanor Parra e il narratore Jorge Edwards, sono tornati in patria ancor prima della caduta della dittatura. Comunque, accanto alla poesia cilena, che si è sempre mantenuta all'altezza delle sue brillanti tradizioni, si sono fatte strada nuove generazioni di narratori che vanno da I. Allende (n. 1942), la quale con romanzi come La casa degli spiriti (1982), D’amore e ombra (1984), Il mio paese inventato (2003) e La somma dei giorni (2007), ha venduto oltre 50 milioni di libri in tutto il mondo, ad A. Skármeta (n. 1940), di cui si ricordano Ardiente Paciencia (1985), da cui è stato tratto il film Il postino di Neruda, Match Ball (1992) e El Baile de la victoria (2003), Diamela Eltit (n. 1949), Adolfo Couve (1940-1998), Poli Delano (n. 1936), Ariel Dorfman (n. 1942) e soprattutto L. Sepúlveda (n. 1949), scrittore dal forte impegno politico, autore di best-seller come Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare (1996) e Cronache dal cono sud (2007). Da menzionare anche Marcela Serrano (n. 1951), interprete di una letteratura femminile dai temi universali, e molto apprezzata grazie a opere quali Noi che ci vogliamo così bene, L’albergo delle donne tristi e I quaderni del pianto. Fuori dalle classiche categorie narrative va segnalata l'opera di A. Jodorowsky (n. 1929), tra i più eclettici e prolifici “artisti” cileni a tutto tondo del Novecento, in quanto disegnatore, regista, scrittore di romanzi, racconti, sceneggiature, saggi.





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Cultura: arte

Nelle valli del Cile settentrionale sono state scoperte una necropoli e una fortezza (inespugnabile su tre lati) che sono da ricollegarsi alla cultura “El Molle”, caratterizzata da un tipo di ceramica a forte spessore e vivacemente decorata in stile geometrico. Nelle oasi del Deserto di Atacama, gli atacameños costruirono centri urbani di due tipi caratteristici: la pucara (fortilizio in zona collinosa, circondato da mura chiamate pircas) e il pueblo viejo (abitato privo delle mura di difesa), che però non hanno alcun valore artistico; l'arte fittile risente a volte di influssi andini. La terza cultura cilena, quella dei Diaghiti, è nota soprattutto per le sue urne e per un originale tipo di vaso a scarpa, detto jarro zapato, ma interessanti sono anche i gioielli in rame e bronzo che poi, per influsso incaico, furono fusi in oro e argento. Nella storia recente del Cile le arti visive hanno assunto una funzione del tutto particolare: dal 1970 si è sviluppata un'“arte di intervento e di agitazione”, che ha accompagnato l'azione di rinnovamento del governo di Unidad Popular e si è trasformata in coraggiosa opposizione alla dittatura dopo la sua caduta. Vi hanno partecipato artisti, come il pittore e grafico José Balmes, giovani e studenti, organizzati in “brigate” attive in tutto il Paese; le forme predilette sono state la pittura murale (murales) e il manifesto. Tra gli iniziatori dei movimenti surrealista ed espressionista, di influenza europea, nell'arte cilena, emerge su tutti Roberto Matta Echaurren (1911-2002), a cui, nel corso del XX sec. hanno fatto seguito personalità riconosciute a livello internazionale: Pedro Reszka (1872-1960), Camilo Mori (1896-1973), gli scultori Samuel Román (1907-1990) e Marta Colvin (1917-1995), Mario Carreño (1913-1999). Tra i contemporanei più apprezzati ricordiamo Gonzalo Diaz (n. 1947), che spazia dalla fotografia alle installazioni, come Ciro Beltran (n. 1965), Rodrigo Cabezas e molti altri appartenenti alla cosiddetta “generazione del 90”.



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Cultura: musica

La vita musicale colta del Cile non presentò motivi di particolare interesse durante il periodo della dominazione spagnola. La prima figura rilevante tra i compositori fu M. Robles (1780-1837). Nel sec. XIX emersero il clarinettista, direttore di banda e compositore J. Zapiola (1804-1885), che fondò a Santiago un'orchestra sinfonica nel 1842, e F. Guzmán (1837-1885), legato al romanticismo europeo. La formazione di una scuola nazionale aperta all'uso di elementi desunti dal folclore fu merito dei compositori nati tra il 1880 e il 1890, dei quali vale la pena ricordare H. Allende, A. Allende e C. Isamitt. La musica popolare cilena è legata a componenti di origine spagnola, cui non si sono mescolati elementi indigeni. Dell'originaria tradizione indigena sopravvivono scarsi elementi riferiti ai gruppi etnici degli Araucani e di altre popolazioni indie: si tratta di danze propiziatorie e di musiche primitive legate a cerimonie religiose. Nei primi anni del Novecento si verificò un grande sviluppo della vita musicale in Cile. In particolare negli anni Venti dove si affermarono Enrique Soro (1884-1954) e Alfonso Leng (1894-1974), autore del poema sinfonico La muerte de Alsino con chiari richiami a Richard Strauss. Ma è con Domingo Santa Cruz (1899-1987) che la musica cilena subì una profonda trasformazione. Santa Cruz nelle sue composizioni utilizzò armonie politonali, spesso dissonanti, anche se all'interno di strutture barocche e classiche. Il suo esperimento stilistico influenzò la successiva generazione di musicisti, tra i quali Juan Orrego-Salas (n.1919), molto conosciuto a livello internazionale. Una grande attenzione a livello internazionale, però, è stata rivolta anche ai cantautori e ai gruppi musicali folcloristici degli anni Settanta che, costretti all'esilio dalla dittatura militare, diffusero largamente in Europa la canzone cilena popolare e di protesta politica. Tra i più noti: gli Inti-Illimani, i Quilapayùn, i Cantores de Quilla Huasi e i Canto General.



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Cultura: teatro

Si ebbero rappresentazioni teatrali fin dal 1646, ma per tutto il periodo coloniale esse avvennero soprattutto in occasione di feste religiose, nelle scuole di gesuiti o a corte. Il primo teatro permanente fu costruito a Santiago del Cile nel 1802; per un secolo e mezzo ca. si riflessero qui i vari modi e le diverse scuole del teatro europeo, con non trascurabili apporti di drammaturghi locali. Dominarono gli attori-direttori e i criteri di scelta furono soprattutto commerciali. La situazione cominciò a cambiare intorno al 1936, in seguito all'emigrazione in Cile della grande attrice spagnola M. Xirgu, che introdusse le opere di Lorca e una più moderna idea del teatro. Sulla sua scia, e grazie anche alla vittoria elettorale di Aguirre, sorsero negli anni Quaranta due importanti iniziative di rinnovamento scenico, scaturite entrambe dal mondo studentesco: il Teatro Experimental de la Universidad de Chile (1941), poi Instituto del Teatro de la Universidad de Chile, che presentò soprattutto classici e opere di buon livello del repertorio europeo e americano, e il Teatro de Ensayo de la Universidad Católica (1943), che puntò maggiormente sugli autori nazionali. Il teatro cileno fu caratterizzato, fino agli anni Sessanta, da rappresentazioni riguardanti la storia e il folclore del Paese, in particolare con le opere di F. Debesa (1921-2006), J. Rojas (n.1937), L.A. Heiremans (1928-1964). Successivamente prevalsero contenuti di denuncia sociale con i testi di I. Aguirre (n.1919), S. Vodanovic (1927-2001) , E. Wolff (n. 1926), per la maggior parte ispirati a Brecht. All'inizio degli anni Sessanta, con l'attività del gruppo Ictus, entrò in scena il teatro d'avanguardia. Tra i maggiori esponenti del gruppo, J. Diaz (n. 1930), influenzato dallo sperimentalismo del "teatro dell'assurdo" europeo. I movimenti studenteschi del 1968 portarono a una maggiore politicizzazione dei repertori in una breve stagione immediatamente soffocata dal governo militare (1973) di Pinochet. Molti artisti emigrarono e quelli che rimasero dovettero limitarsi a presentare spettacoli d'evasione. Le cose cominciarono a cambiare nel 1984, grazie a una politica di cauta liberalizzazione del regime, in seguito alla quale nacquero nuovi gruppi e si affermarono nuovi talenti, con repertori attenti ai problemi del Paese e dei suoi cittadini. Denuncia sociale e cronaca sono stati al centro del teatro cileno negli anni Settanta e Ottanta. Dall'inzio degli anni Novanta, l'attenzione si è spostata sulla forma e sul linguaggio fino agli esperimenti di inzio Duemila sul "teatro dell'immagine" e "teatro del silenzio".



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Cultura: spettacolo

Il balletto giunse in Cile, come l'opera, soltanto nell'Ottocento, con rappresentazioni di compagnie e complessi stranieri. Una produzione nazionale, seppure di scarsa importanza, e le scuole di danza sono sorte nel secolo attuale; dopo il 1940 si sono costituite le prime compagnie (Ballet de la Universidad de Chile e Ballet Clásico). Ricco è invece il patrimonio delle danze popolari, parte preminente del folclore cileno. Fra i balli popolari più noti e in auge fino al sec. XIX citiamo la danza della trebbiatura (huachambe), il ballo in coppie agua nieve, la zapatera. Sono poi da ricordare anche l'antica danza magica degli Araucani in onore di Canquem, l'uccello sacro della pioggia, ancor oggi eseguita in occasione di feste religiose cattoliche, e le numerose danze creole, con evidenti influssi occidentali (le argentine cielito, pericón, resbalosa, cuando; la peruviana zamacueca o cueca, considerata danza nazionale).



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Cultura: cinema

Con tecnica primitiva si produssero a Santiago, Valparaíso e altrove un'ottantina di film nel periodo muto (dal 1917 al 1929), un paio dei quali premiati tra i migliori del Sudamerica. L'avvento del sonoro provocò una crisi durata quasi un decennio. Negli anni Quaranta e Cinquanta gli studi furono ammodernati, si cercò l'apporto di capitali e cineasti stranieri, si mirò a una produzione cosmopolita; si segnalò invece, nel 1958, per gli aspetti neorealistici, La caleta olvidada (La baia dimenticata) di B. Gebel. Un nuovo cinema nacque negli anni Sessanta sulla scia del documentario A Valparaíso (1962) di J. Ivens e sull'esempio del cinéma-vérité (Morir un poco, 1966, di A. Covacevich), stimolato dagli ambienti universitari e dal festival latino-americano di Viña del Mar (1966) e favorito infine dall'ascesa al potere di S. Allende. Il cosiddetto “cinema di Allende”, che non fu tutto politicamente allendista, ma fu il primo e l'unico cinema nazionale nella storia del Paese, durò meno di un triennio, ossia quanto il governo di Unidad Popular. In quel periodo il fervore morale e civile fu assicurato, secondo le linee già presentate nel Manifesto dei cineasti cileni (1970) per una “cultura autenticamente nazionale e, di conseguenza, rivoluzionaria”, dalla convinzione che “il cinema rivoluzionario non nasce per decreto”. C'era stata una preparazione culturale e politica attraverso i cineclub e il lavoro documentaristico di controinformazione sul sottosviluppo e le rapine borghesi e straniere e c'era stato l'incontro decisivo del 1969 a Viña del Mar con gli altri cineasti latino-americani, incontro in cui si cominciò a parlare di “nuovo cinema cileno” sulla base dei primi risultati del biennio 1968-69: Valparaíso, mi amor di A. Francia, Tres tristes tigres di Raúl Ruíz, Caliche sangriento (Salnitro di sangue) di H. Soto, El chacal de Nahueltoro di M. Littín. Lo slancio creativo venne favorito anche dalla nascita di un Istituto Filmico e di una sezione di cinema sperimentale. Tra i documentari spiccano Casa o mierda (1970) e Qué hacer? (Che fare?, 1972) dovuti a collettivi; Compañero presidente (1971) di Littín, El primer año (1972) di P. Guzmán. Tra i film narrativi La tierra prometida (1972) di Littín, Non basta più pregare (1972) di Francia, El realismo socialista (1972) di Ruíz, Voto más fusil (Voto più fucile, 1971) e Metamorfosis del jefe de la policía politica (1973) di Soto, che fu l'ultimo. A partire dal 1973 tutti i cineasti (quelli non imprigionati o uccisi) abbandonarono il Paese; sotto il regime di Pinochet non è più esistito un cinema cileno, mentre si è registrata una rilevante produzione di registi in esilio. Dopo Diálogos de exiliados (1974), Ruíz gira in Francia La vocazione sospesa (1978), primo premio (ex aequo) alla Mostra del film d'autore di Sanremo; Littín realizza Actas de Marusia (1975), Il ricorso del metodo (1978), presentato al Festival di Cannes, e Alsino y el condor (1982); Guzmán, dopo il documentario La batalla de Chile: lucha de un pueblo sin armas (1973-75), esordisce a Cuba con il film narrativo La rosa de los vientos (1983). Ottima l'opera prima Ardiente paciencia (1983) di Antonio Skarmeta, esule in Germania. Negli anni Novanta è soprattutto Ruiz a rappresentare il cinema cileno nei circuiti internazionali con Tre vie e una sola morte (1996) e Il tempo ritrovato (1999). Il cineasta dirige ancora Klimt (2006) e La recta provincia (2007), ma negli anni a cavallo del millennio nuovi autori e nuove produzioni testimoniano la vitalità del cinema cileno. Marcelo Ferrari, Silvio Caiozzi e Carmen Castillo sono solo alcuni dei nomi ospitati nei maggiori festival internazionali. Il Cile è poi attivo partecipe della produzione de I diari della motocicletta (2004), film diretto dal brasiliano Walter Salles e incentrato sul viaggio che contribuì a trasformare E. Guevara nel “Che”. Un cenno lo merita anche Andrés Wood (n. 1965), fattosi conoscere a livello internazionale con il pluripremiato Machuca (2004), storia di un amicizia che attraversa le classi sociali nel Cile di Allende e, poi, Pinochet.



fonte www.sapere.it/enciclopedia/Cile.html

 
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