Cultura: cinema
Agli inizi del sec. XX risalgono non solo i primi produttori e i primi film brasiliani (dovuti all'immigrato portoghese Antonio Gomes Leal) ma anche i tentativi, primissimi nel mondo, di ovviare al “muto” con attori parlanti e cantanti dietro lo schermo.
Le iniziative furono spesso decentrate nell'entroterra, cosicché oltre che a Rio de Janeiro e a São Paulo si ebbe una produzione, artigianale e anarchica, in vari Stati e diverse città, che diede origine a ciclos regionais ma, frantumando le esperienze, si presentò poi indifesa di fronte a Hollywood, la cui industria per molti decenni monopolizzò fra l'80 e il 90% dei programmi.
Tra i pionieri vanno citati Luis de Barros (Vivo ou morto, 1915), l'attrice Carmen Santos (Sofrer para gozar, 1924), che terminò nel 1948, come regista, un film su una fallita rivolta di minatori, e soprattutto Humberto Mauro, che tra gli anni Venti e Trenta si affermò come il vero padre del cinema brasiliano.
Il periodo “muto”, con affermazioni artistiche e la nascita di cineclub e riviste, si chiuse nel 1930 con il film d'avanguardia Limite, del diciottenne Mario Peixoto.
Con il sonoro la produzione, priva di mezzi adeguati, quasi si arrestò; dalla media di una dozzina di film all'anno si scese a tre o quattro, anche a uno solo per quasi due decenni, con pellicole di tipo carnevalesco. Solo attorno al 1950 A.
Cavalcanti, rientrato in patria, lanciò la parola d'ordine di “un cinema brasiliano per i Brasiliani”; ma il suo esperimento alla Vera Cruz di São Paulo non riuscì; cineasti e tecnici erano stranieri.
L'unico film di successo internazionale, O cangaçeiro, fu sfruttato dalla distributrice Columbia Pictures. A metà degli anni Cinquanta cominciò a prender piede il cinema nóvo. Mauro ne era stato l'ispiratore, Nelson Pereira Dos Santos ne fu il primo maestro e il neorealismo italiano non fu estraneo alla sua crescita.
E anche se Anselmo Duarte vinse la Palma d'Oro a Cannes, nel 1962, con un film teatrale, O pagador de promessas, gli anni Sessanta videro il trionfo mondiale di questo cinema “della fame”, antropologico e rivoluzionario, della “nuova ondata” di Glauber Rocha e dei suoi giovani amici, la cui lezione fu tuttavia interrotta dal mutamento delle condizioni politiche nel Paese.
Il ritorno, nel 1980, di Rocha a Venezia con un film ambizioso ma confuso (L'età della Terra) ha testimoniato la crisi involutiva degli anni Settanta. Ma a partire dal 1980 una relativa apertura (consacrata dalla fine della dittatura nel 1985) consente il ritorno a una produzione di prestigio.
Esce Pixote, la legge del più debole (premiato a Biarritz, San Sebastiano e Locarno) di H. Babenco, sulla delinquenza minorile; Brasile avanti di R. Farias comincia a parlare degli scomparsi; in Cubatão la valle della morte R. Feith denuncia le tragiche conseguenze di un “incidente” industriale; in Memórias do cárcere Pereira dos Santos ricorda lo scrittore-patriota Graciliano Ramos; Ganga Zumba di C. Diegues, parlando delle comunità nere del Seicento, indica l'uso che si può fare della libertà riconquistata dopo la schiavitù; Central Do Brasil (1998; Golden Globe per il miglior film straniero e Orso d'oro al Festival di Berlino) di W. Salles, viaggio attraverso il Paese di un bambino, orfano di madre, alla ricerca del padre mai conosciuto, e della sua accompagnatrice, che riscopre attraverso di lui sentimenti e sensazioni rimasti a lungo sopiti.
Eredi in qualche modo della “retomada”, la rinascita del cinema brasiliano di fine secolo scorso, sono molti dei registi saliti sulla ribalta negli anni Duemila, come Daniel Filho (Se eu fosse você, 2006), Sérgio Machado (Cidade Baixa, 2005), Marcelo Gomes, Sandra Werneck (premiata per il documentario Meninas, 2006), Roberto Moreira, Fernando Meirelles (Cidade de Deus, 2002; The Constant Gardener, 2005), João Falcão (A máquina), Eliana Fonseca (Coisa de mulher, 2005), Cao Hamburger (L’anno in cui i miei genitori andarono in vacanza, 2006). Lo stesso Salles si è riconfermato con I diari della motocicletta (2004) e con Linha de Passe (2008).
Di notevole e crescente importanza è il Festival del cinema di Rio de Janeiro, rassegna annuale che, oltre a essere uno dei principali motori di sostegno e promozione del movimento brasiliano, insieme all'altro polo cinematografico del Paese rappresentato da São Paulo, è divenuto appuntamento di richiamo per molte pellicole provenienti dall'estero.
Un cenno va riservato anche all'opera dei registi afrobrasiliani, impegnati a tutto tondo nel recupero della componente nera della cultura brasiliana (come W. Onofre, 1934-2015).
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