IL FARO DEI SOGNI

Messico

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Cultura: letteratura. L'epoca prespagnola

Fra le culture indigene fiorite nella “Nuova Spagna” (ben più vasta del Messico attuale) nell'epoca preispanica, due emergono nettamente anche per gli apporti letterari: la nahuatl, al centro, e la maya, dallo Yucatán a El Salvador. I testi sopravvissuti alla dominazione spagnola non sono purtroppo molti; ma quelli via via riportati alla luce dagli studiosi contemporanei (Garibay, León Portilla, Mediz Bolío, Recinos, ecc.), oltre a quelli in parte conservati dai primi missionari spagnoli (Sahagún, Ximénez, ecc.), documentano l'esistenza di una ricca letteratura poetica (epico-mitologico-cosmogonica, lirica, drammatica) e prosastica (storica, celebrativa, narrativa) sia nahuatl sia maya, nonché di poeti più evoluti e caratterizzati come il re Netzahualcoyotl. Altezza e densità di pensiero mitico-religioso ed energica capacità di metaforizzazione e trasfigurazione stilistica caratterizzano questa poesia, capace di narrare miti grandiosi come quello di Quetzalcóatl, il famoso “serpente piumato” civilizzatore, di cantare le bellezze della natura (con particolare sensibilità per le piante, i fiori, gli splendidi uccelli tropicali), di esprimere il rimpianto per la brevità della vita e l'ineluttabilità della morte, e di celebrare le imprese degli eroi e degli dei. Strettamente legata ai riti, alla musica e alla danza, la poesia si articola in una sorprendente varietà di espressioni: dalla pura elegia breve al complesso poema cosmogonico e teogonico, come lo straordinario Popol Vuh dei Maya, alla “tenzone” drammatica (Rabinal-Achí). La prosa presenta soprattutto annali e storie (particolarmente patetiche quelle che narrano, dalla parte dei vinti, il dramma della conquista europea) e narrazioni didattico-morali o di mero divertimento, non prive a volte di variegature umoristiche. Nell'insieme, un patrimonio letterario vasto e originale, che anche il Messico d'oggi considera proprio e, nonostante le crudeli amputazioni subite, vivo e fecondo.


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Cultura: letteratura. Dalla conquista spagnola alla fine del Seicento

Dopo il violento e spesso brutale impatto della conquista militare, la Spagna portò nel Messico anche la propria cultura europea e rinascimentale: missionari, fondatori di collegi come quello di Tlatelolco per giovani indigeni, umanisti come Cervantes de Salazar (ca. 1514-1575) e teologi, storici, cronisti, insegnanti, vescovi illuminati come Zumárraga e Vasco de Quiroga, poeti come Cetina (ca. 1520-1557), Cueva (ca. 1543-1610) e Balbuena (1568-1627), primo cantore delle bellezze del nuovo mondo nel poema La grandeza mexicana, viceré come Antonio de Mendoza, consapevoli della necessità di un'integrazione culturale, e tipografi (primo il lombardo Juan Pablos o piuttosto Paoli), che nel solo sec. XVI stamparono oltre 170 opere di linguistica, filosofia, scienze e letteratura. Con la sua università, fondata nel 1551, i numerosi collegi, le molteplici iniziative (frequenti concorsi poetici, rappresentazioni teatrali, ecc.), il Messico divenne e rimase a lungo il più importante centro culturale d'America; e presto sorsero scrittori creoli e meticci, con sempre più chiara coscienza della propria americanità. Eminenti e originali, fra tutti, furono i commediografi Fernán Gonzáles da Eslava (n. 1535) e J. Ruiz de Alarcón (1581-1639), che rivaleggiò con Lope de Vega; il prosatore, scienziato e poeta C. de Sigüenza y Góngora (1645-1700), i poeti M. Bocanegra (1612-1668) e suor Juana Inés de la Cruz (1648-1695), il cui poemetto Primer Sueño (per non dire della splendida prosa saggistica Respuesta a la muy ilustre Sor Filotea de la Cruz e del teatro sacro e profano) resta uno dei testi capitali del barocco ispanico.


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Cultura: letteratura. Dal Settecento alla fine dell'Ottocento



Nel Settecento si svilupparono la prosa critica e scientifica, con i gesuiti Clavijero (1731-1787), Alegre (17291788) e Abad (1727-1779) e i poligrafi Alzate (1729-1790) ed Eguiara (1696-1763), la poesia neoclassica, con Manuel de Navarrete (1768-1809), e la pubblicistica (il primo quotidiano, Diario de México, 1805-17), nonché, proprio al termine del regime coloniale, il teatro tragico (Ochoa, 1783-1833), la prosa di costumi (Castro, 1730-1814; Sartorio, 1746-1829), la polemica autobiografica (Servando T. de Mier, 1763-1827) e infine la narrativa, per merito di J. Fernández de Lizardi (1776-1827).

Il romanticismo, che coincise con l'indipendenza politica del Paese, portò con sé una vasta fioritura della poesia lirica (Sánchez de Tagle, 1782-1849; Quintana Roo, 1787-1851; Ortega, 1793-1849; Rodríguez Galván, 1816-1842; J. Pesado, 1801-1861; Manuel Carpio, 1791-1860; J. M. Roa Bárcena, 1827-1908; M. Flores, 1840-1885; M. Acuña 1849-1873), durata fino alle soglie del sec. XX con José Peón y Contreras (1843-1907) e Juan de Dios Peza (1852-1910); del teatro (Fernando Calderón, 1809-1845; Rodríguez Galván, 1816-1842) e della prosa narrativa e critica (Ramírez, 1818-1879; Altamirano, 1834-1893, autore di Clemencia, El Zarco e altri notevoli romanzi); inoltre di un'abbondante produzione pubblicistica e di polemica politica, studi storici sulle agitate vicende del Paese, ecc. Fra il 1880 e il 1910, durante la dittatura di Porfirio Díaz, si svilupparono, per influenza del positivismo, gli studi di sociologia e la narrativa realistica e naturalistica, con importanti testi di E. Rabasa (1856-1930), J. López Portillo (1850-1923), R. Delgado (1853-1914), H. Frías (1870-1925), F. Gamboa (1864-1939), che fu anche drammaturgo e pubblicista, C. Gonzáles Peña (1885-1955) e del poligrafo ed educatore J. Sierra (1848-1912).

Il modernismo, che aprì nuove vie alla lirica, sulla scia del simbolismo europeo, ebbe, infine, anche nel Messico originali rappresentanti, quali M. Gutiérrez Nájera (1859-1895), S. Díaz Mirón (1853-1928), M. J. Othón (1858-1906) e, soprattutto, A. Nervo (1870-1919), L. G. Urbina (1864-1934), J. J. Tablada (1871-1945) ed E. González Martínez (1871-1952), riconosciuti maestri delle avanguardie del sec. XX.

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Cultura: letteratura. Il Novecento e i primi anni del Duemila



Il decennio rivoluzionario (1910-20) che sconvolse il Messico influì, più o meno direttamente, su tutta la letteratura del primo Novecento, in particolare sulla narrativa, con M. Azuela (1873-1952), M. L. Guzmán (1887-1977), amico e collaboratore di Pancho Villa, R. Muñoz (1899-1971), J. Vasconcelos (1881-1959), importante anche come saggista e uomo politico, J. R. Romero (1890-1952), G. López y Fuentes (1897-1969).

La fioritura della narrativa è continuata fino ai nostri giorni, con punte di universale rilievo. Al filo del agua (1947) di A. Yáñez (1904-1980), Pedro Páramo (1955) e El llano en llamas (1970) di J. Rulfo (1918-1986), La muerte de Artemio Cruz (1962), Terra nostra (1975) e Cristobal Nonato (1987) di C. Fuentes (n. 1928), Las muertas (1977) di J. Ibargüengoitia (1928-1983), Gazapo (1965) di G. Sainz (n. 1940) hanno segnato tappe decisive per lo sviluppo del romanzo ispano-americano contemporaneo.

Più globalmente l'attuale fortuna della prosa messicana si deve all'operato di una nutrita schiera di insigni romanzieri, tra cui J. J. Arreola (n. 1918), S. Elizondo (n. 1932), J. García Ponce (n. 1932), S. Pitol (n. 1933), V. Lenero (n. 1933), R. Castellanos (1925-1974), J. A. Ramírez (n. 1944), R. Avilés Fabila (n. 1940). Non meno significativa è stata la fioritura poetica avviata da R. López Velarde (1888-1921) e continuata nelle sue manifestazioni più estreme dal movimento cosiddetto “estridentista” (1921-27) e in quelle più moderate dal gruppo dei Contemporáneos formatosi intorno a C. Pellicer (1899-1977), J. Gorostiza (1901-1973) e X. Villaurrutia (1903-1950). Tale gruppo rappresentò il versante “puro” della poesia messicana del primo Novecento.

Ne sono testimonianza il selezionato repertorio di versi che compone l'opera di Pellicer (essenzialmente riconducibile a Material poético, 1956 e Teotihuacán y 13 de agosto, 1965), la tensione metafisica che sostiene il verso di Gorostiza in Muerte sin fin (1939), la limpidezza di quello di Villaurrutia in Nostalgia de la muerte (1939-46). Su tonalità più aspre e metalliche si accorda invece il verso di J. Torres Bodet (1902-1974), oscillante fra sperimentalismi d'avanguardia e forme classiche.

È però con il poeta e saggista di primissimo piano nella letteratura del Novecento, il premio Nobel O. Paz (1914-1998), che il Messico trova la sua voce più generosa, autorevole e straordinariamente versatile. Esperienza lirica e sforzo meditativo si confrontano in Paz con la dimensione del moderno – percepita in tutta la sua intrinseca contraddittorietà – e nello stesso tempo dialogano con le più svariate tradizioni letterarie, antiche e moderne, occidentali e orientali: da quella spagnola e ispano-americana alla nordamericana, all'europea, all'indiana.

Assieme a Paz sono via via emersi poeti e scrittori, tra cui M. A. Montes de Oca (n. 1932), J. E. Pacheco (n. 1939), narratore, poeta e critico letterario, autore di versi di notevole qualità formale e nello stesso tempo antiretorici e tutt'altro che preclusi a innovazioni e sperimentalismi; G. Zaid (n. 1934), interprete raffinato e sensibile dell'angoscia del vivere; H. Aridjis (n. 1940), cantore di temi eterni (amore, vita, morte) espressi con ampiezza di registro e assoluto dominio formale; Elena Poniatowska (n. 1932), giornalista e saggista i cui libri hanno contribuito in maniera determinante all''esportazione della cultura e delle vicende messicane.

Tra i narratori meritano una menzione speciale J. Aguilar Mora (n. 1946), con Si muero lejos de ti (1979) e D. Ojeda (n. 1950), con Las condiciones de la guerra (1978). Ottimi frutti si raccolgono anche nel racconto e nella narrativa fantastica. I primi anni Novanta hanno visto proseguire l'intensa attività letteraria del Paese, con una narrativa in effervescenza, vivacizzata, oltre che dalla pratica dei talleres literarios (laboratori letterari) incoraggiata dall'Istituto Nazionale di Belle Arti, dai numerosi meetings di scrittori che vengono annualmente tenuti in diverse città e dall'opera di critica e diffusione svolta dalle varie riviste e dai supplementi letterari dei quotidiani. Il tratto più caratteristico è stata la crescita di quegli autori che avevano cominciato a pubblicare negli anni Settanta, le cui opere dimostrano un sempre maggior dominio dei mezzi espressivi: possono essere citati, tra molti, i nomi di José Joaquín Blanco (Un chavo bien helado, 1990), Federico Patán (Puertas Antiguas, 1989), María Luisa Puga, Rafael Ramírez Heredia, Jesús Gardea, Ignacio Solares e Luís Arturo Ramos. Altre personalità di spicco del mondo letterario sono Laura Esquivel (n. 1950) autrice di Dolce come il cioccolato (1989); Alejandro Hernández (Nos imputaron la muerte del perro de enfrente, 1988); S. Pitol (n. 1933), premio Cervantes 2005, e J. Villoro (n. 1956), autore di El testigo (2004). Un nome che, per successo di critica e di pubblico, si distingue ulteriormente è senz'altro quello di P. I. Taibo II (n. 1949), nato in Spagna a Gijon e traferitosi in Messico pochi anni dopo con la famiglia per sfuggire alla dittatura. Accademico, giornalista, saggista ha raggiunto la notorietà grazie a opere quali Eroi convocati (1982), Senza perdere la tenerezza (1996), una biografia di Ernesto Che Guevara, e Morti scomodi (2004), scritto con il subcomandante Marcos.

Va tuttavia notato che gli autori che hanno continuato a dominare la scena letteraria messicana sono Fuentes e Paz, benché estremamente diversa sia stata la loro posizione nei confronti della cultura ufficiale del Paese, con la quale Paz è sempre stato in ottimi rapporti, mentre Fuentes ha conservato un atteggiamento indubbiamente più critico. La novità più recente nel panorama letterario è costituita dagli scrittori della cosiddetta generazione del “crack”, inteso come “rottura”, “cesura” con il passato del Messico e della letteratura messicana, o per lo meno con quella parte divenuta ormai caricatura di se stessa, letteratura da supermercato. Tra i principali esponenti ricordiamo Ignacio Padilla (n. 1968), Ricardo Chávez Castañeda (n. 1961), Jorge Volpi (n. 1968), Pedro Ángel Palou (n. 1966).

Nella lirica, oltre ai conosciuti poeti Gerardo Deniz, Jaime García Terrés e Eduardo Lizarde, si segnala l'opera promettente delle generazioni più giovani, nelle cui file si annoverano: Efraín Bartolomé, Alberto Blanco, Coral Bracho, Ricardo Castillo, Francisco Hernández, David Huerta e, in campo femminile, Myriam Moscona, Elsa Cross, Silvia T. Rivera e Verónica Volkow.

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Cultura: arte. Il periodo precolombiano



Nelle fasi cronologiche più avanzate dell'era precolombiana, individuate dagli studiosi come preclassica (ca. 1500 a. C.-inizi era volgare), classica (sec. I-X) e postclassica (sec. X-1522), le regioni meridionali del Messico furono sede di un complesso di culture che si inseriscono nella più vasta area culturale della Mesoamerica caratterizzandola per l'importanza delle manifestazioni artistiche che a esse si riferiscono.

È problematico seguire comparativamente il succedersi di queste fasi cronologiche e stilistiche nelle diverse aree del Messico, sia per la lacunosità dei dati in alcune di esse sia per il sovrapporsi delle zone di influenza delle diverse culture e il loro avvicendarsi su una stessa area; l'impossibilità di adottare una metodologia uniforme impone il ricorso a classificazioni ora geografiche, ora etniche, ora stilistiche, reciprocamente integrantisi, e induce forse a preferire queste ultime le cui ragioni, interne alla stessa opera d'arte, potranno essere confermate o corrette dal procedere dell'indagine scientifica. Le culture classiche trovano un comune supporto nel grande stile arcaico della Mesoamerica, presente negli stanziamenti dell'ultima fase del formativo (ca. 5000-1500 a. C.); nella valle di Messico, tra i più antichi (VIII millennio a. C.), quello di Chalco.

Nel preclassico inferiore (1500-1000 a. C.) i reperti da Zacatenco e Tlatilco, sedi di culture che raggiungeranno l'apice nel preclassico medio (1000-500 a. C.), e quelli da Ecatepec, Ticomán, Cerro de Tepolcate, Cuicuilco, siti delle pendici montane che circondano la valle di Messico, segnano importanti tappe nell'evoluzione delle strutture formali, oltre che ideologiche, che caratterizzeranno le culture classiche; in questa fase il tipo della piramide a gradoni compare a Cuicuilco, La Venta (civiltà olmeca) e Uaxactún (piramide E VII inferiore, in area maya) e si configurano alcune tipologie della plastica monumentale; abbondante la produzione fittile caratterizzata dalle figurine femminili dette pretty ladies.

I centri di La Venta, Cerro de Las Mesas, Tres Zapotes, San Lorenzo nel Veracruz e il territorio lungo il fiume Chiquito costituiscono il cuore della cultura olmeca, le cui funzioni stimolatrici sulle culture classiche dell'intera area messicana sono documentate da reperti isolati ma diffusi su gran parte del territorio: essa si sviluppa dal preclassico inferiore per raggiungere le sue realizzazioni più alte, soprattutto nella scultura monumentale in pietra, nel preclassico superiore (500 a. C.-inizio era volgare).

Le regioni occidentali del Messico sono dotate di una fisionomia archeologica particolare e relativamente costante nei suoi motivi dal preclassico alla conquista spagnola: gli odierni Stati di Colima, Nayarit, Jalisco, Guerrero e la parte meridionale del Guanajuato sono infatti caratterizzati da una produzione prevalentemente fittile nell'ambito della quale domina la ceramica figurata e dipinta, ora vivace fino al grottesco (da Ixtlán del Rio), ora più raffinata (da Chupicuaro), ma che rivela l'assenza dei riferimenti simbolici o religiosi che animano le altre culture messicane. Vigorosa la scultura di stile Mezcala (Guerrero). La cultura postclassica dei Taraschi ha lasciato forme architettoniche particolari nelle yacatas del Michoacán (Tzintzuntzan).

All'inizio dell'epoca classica il Messico offre un panorama di culture molteplici e coesistenti, prima fra tutte nella valle di Messico, dove le succederanno le culture postclassiche dei Toltechi e degli Aztechi, quella che prende il nome dal complesso monumentale di Teotihuacán caratterizzata da un'imponente architettura religiosa (piramidi del Sole e della Luna), dalla diffusione della pittura parietale (Tepantitlan) e della scultura monumentale in pietra (Quetzalcoatl, Tlaloc, dio della pioggia), da reperti di un'arte fittile raffinata con decorazione a fresco da maschere rituali o funerarie in pietra dura.

La cultura degli Zapotechi, nella regione dell'Oaxaca, ebbe radici nel preclassico ma raggiunse l'apice nei sec. V-IX nei centri monumentali di Monte Albán e di Mitla; caratteristiche le ornatissime urne fittili figurate; le sue fasi postclassiche furono largamente influenzate dalla cultura dei Mixtechi che faranno di Mitla la loro capitale (sec. XV); tra i reperti dell'arte mixteca dominano i gioielli, le pietre dure e semipreziose lavorate, un tipo di ceramica raffinata (da Cholula), i codici miniati (Borgia, Vaticano B). Nell'area settentrionale della costa del golfo (SE del Tamaulipas, E del San Luis Potosí, N del Veracruz), dove i più antichi stanziamenti risalgono all'VIII millennio, fiorì la cultura uasteca (vedi Huaxtecos); mentre le fasi iniziali di questa cultura, studiate nel sito di Pánuco, si sviluppano in epoca preclassica, la fase classica si affianca e rivela contatti con le culture di Teotihuacán e Monte Albán, pur nell'elaborazione di numerose e originali tipologie architettoniche. Importante la scultura monumentale (adolescente di Tamuín, Città del Messico, Museo Nazionale), con caratteri di ieratico geometrismo.

La città di Tajin, sede della cultura omonima (sec. IV-X) o totonaca nel Veracruz e lungo la costa del golfo (vedi Totonachi), non diversamente da Monte Albán, da Uxmale Copán in area maya (da Xochicalco o dalla stessa seconda capitale totonaca di Cempoala), e più genericamente da tutti i grandi centri cerimoniali messicani, sorge su un impianto urbanistico regolare e organizzato, all'interno del quale la piramide delle nicchie segna il fulcro compositivo; forme caratteristiche dell'arte totonaca sono le “asce”, i “gioghi”, le “palme” di pietra scolpita, le cui funzioni sono ancora incerte, le teste fittili “sorridenti” della regione di Mistequillas e la plastica fittile di Las Remojadas.

Resti della cultura totonaca ancora parzialmente inesplorati si trovano a Misantla e Paxilila. La cultura maya, forse la più complessa e la più ricca tra le culture messicane, si sviluppò dal preclassico negli Stati di Yucatán, Campeche, Quintana Roo, Tabasco, Chiapas, raggiungendo l'Honduras, El Salvador, il Guatemala; negli strati preclassici si individuano due stili ceramici: il Mamon, più antico, di rudimentale fattura, e lo Chicanel, raffinato e decorativo. L'apice della cultura maya, a Uxmal, a Cobá, a Kabah, Piedras Negras, Tikal, Yaxchilán, Bonampak, Palenque e negli altri complessi architettonici cerimoniali, si dispone tra il sec. IV e il X, data dell'invasione tolteca.

Tra le innovazioni strutturali dell'architettura maya, che si articola in una fioritura di stili architettonico-decorativi (puuc, chenes), sono l'ampio impiego del rilievo in stucco, argilla dipinta, pietra, e della pittura (Bonampak), e la falsa volta. La cultura dei Toltechi che in epoca postclassica si sovrappose a quella dei Maya, il cui territorio occuparono dal sec. X, dando origine allo stile maya-tolteco di Chichen-Itzá (Castillo, Tempio dei Giaguari, Caracol) e Mayapán, ebbe in Tollán (Tula) la sua prima capitale e occupò originariamente l'area degli Stati di Morelos, Hidalgo e Puebla. Frequente nell'architettura il pilastro figurato e nella scultura il tipo del Chacmool, figura semisdraiata portaofferte.

Ultima cultura nella valle di Messico fu quella degli Aztechi, fondatori dell'impero distrutto da Cortés, che si sviluppò in epoca postclassica (sec. XIII-X); i reperti da Tenayuca e Tenochtitlán (odierna Città del Messico), la capitale fondata sul lago da Malinalco, sono espressione di una cultura artistica che, legata per le tipologie architettoniche alla cultura tolteca (Colhuacan, Texcoco) e per la decorazione a quella mixteca, raggiunge nella scultura monumentale sintesi formali d'astratto rigore e simbolica suggestione (Coatlicue, Messico, Museo Nazionale).

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Cultura: arte. Il periodo coloniale


La prima fase dell'arte coloniale in Messico fu dominata per oltre mezzo secolo dai caratteri dell'architettura missionaria, realizzata secondo il gusto e le capacità di costruttori appartenenti agli ordini religiosi e legata all'impiego di materiali e manodopera locali. La fioritura dei complessi monastici (che precede nel tempo l'edificazione delle grandi cattedrali), costruiti dai francescani e dai domenicani prima e dagli agostiniani poi, rispecchia caratteri di espressione provinciale dell'arte spagnola gotica, mudéjar, rinascimentale e plateresca.

Rilevante si configurò subito l'azione svolta dalla tradizione locale destinata ad assumere maggiore incidenza nella definizione delle forme barocche, più rispondenti alla sensibilità del gusto locale.

Quantunque differenze sostanziali si notino nelle realizzazioni dei singoli ordini (soprattutto le forme degli agostiniani sono ben distinte da quelle più contenute dei due ordini mendicanti dei francescani e dei domenicani), i complessi monastici si rifacevano a un unico concetto informatore, basato realisticamente su finalità pratiche (la difesa) e sulle esigenze della missione catechizzante.

La chiesa e il convento erano concepiti quasi come un unico organismo racchiuso entro le mura che cingevano tutt'attorno lo spazio del patio, specie di “cappella aperta” adatta a riti religiosi e ad accogliere gli indigeni che non trovavano posto nella chiesa a una sola navata.

I maggiori monumenti di questa architettura missionaria diffusa in Messico nel sec. XVI sono i conventi di Tlaxcala (il più antico, databile intorno al 1528), Tepeaca (1530), Cholula (edificato dall'architetto Toribio de Alcaráz), Acólman (1539, con affreschi), Actópan (di Fra' Andrés de Mata, 1550; con affreschi), Tula (1550).

Ad altri sviluppi architettonici appartengono i conventi di S. Domingo, S. Augustín e S. Luis a Puebla, realizzati da F. Becerra, attivo nel Messico dopo il 1570 e al quale vengono attribuite le premesse dello stile più propriamente ispano-messicano, svincolato dai caratteri dell'architettura missionaria.

Le più alte manifestazioni dell'arte rinascimentale spagnola sono espresse, dalla seconda metà del sec. XVI, nell'edificazione delle grandi cattedrali di Mérida (J. Miguel de Agüero) e di Puebla (realizzata con intervento di F. Becerra) sensibili alle esperienze dell'arte di Juan de Herrera. Anche interpretazioni del gotico caratterizzano le cattedrali di quest'epoca (significativo esempio è la cattedrale di Cuernavaca, in stile gotico francescano).

Altre cattedrali sorte nel primo periodo coloniale furono rimaneggiate e trasformate in forme barocche come la cattedrale di Querétaro, la cui fondazione risale al 1535, e soprattutto la seconda cattedrale di Città del Messico, la cui costruzione, iniziata nel 1552, si concluse nel 1813.

Aspetti di architettura civile del sec. XVI sono documentati a Città del Messico (Real y Pontificia Universidad, Ospedale del Gesù), a Cuernavaca (palazzo di Hernán Cortés), a Tlaxcala, a Mérida (Casa de las monjas), ecc.

Scarse sono in quest'epoca le manifestazioni pittoriche (affreschi anonimi nei conventi di Acólman e di Actópan) e scultoree (la scultura palesa decisive interferenze del gusto indigeno).

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Cultura: arte. L'epoca barocca e neoclassica

Più netta appare la presenza del gusto decorativo locale nella splendida fioritura architettonica del periodo barocco, durante il quale si attuò la subordinazione dei problemi di organizzazione spaziale alla più ampia focalizzazione degli aspetti decorativi, espressi dall'esuberante gusto per il cromatismo mediante l'impiego di materiali di diverso colore, di cui la nota più esaltante è offerta dalla profusione delle mattonelle di ceramica policroma (azulejos).


Numerosi sono gli esempi di chiese e di edifici civili dell'architettura barocca dei sec. XVII e XVIII, specie a Città del Messico (chiese di S. Domingo, La Profesa, S. Lorenzo, della Veracruz; Tribunale dell'Inquisizione), a Puebla (chiesa di S. María de Tonantzintla, cappella del Rosario in S. Domingo), a Guadalajara (chiesa di S. Monica, Seminario Vescovile).

Pur nel caricato decorativismo dello stile churrigueresco, l'architettura religiosa tardobarocca ristabilì una più organica articolazione della pianta (chiesa della SS. Trinidad, Sagrario metropolitano a Città del Messico; Cappella del Pocito a Guadalupe). Nell'edilizia privata prevalse, affine al modello dei primi complessi monastici, lo schema di ambienti disposti attorno al patio (uso che si è perpetuato fino al sec. XX).

Le arti figurative, pur interessate all'intensa attività costruttiva e stimolate dalle influenze culturali europee, non diedero luogo ad affermazioni rilevanti, rifacendosi per lo più alle esperienze contemporanee spagnole.

Il ripudio per le forme barocche e l'accettazione del gusto neoclassico alla fine del Settecento maturarono senza profonde conseguenze, esaurendosi nel breve arco di nemmeno mezzo secolo. Protagonisti della tendenza accademica furono M. Tolsá e F. E. Tresguerras: il primo portò a termine la cattedrale di Città del Messico (1813) ed eseguì altre opere tra cui la Escuela de mineria (Città del Messico); il secondo realizzò la chiesa del Carmen a Celaya.

Nell'architettura popolare indigena, isolata dai grandi centri, sopravvissero, profondamente radicati, peculiari caratteri della tradizione azteca, che ancora si conservano in alcuni luoghi dell'altopiano.

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Cultura: arte. L'epoca moderna e contemporanea

Dopo la rivoluzione del 1910 e superato un periodo di assestamento politico e di aggiornamento culturale, il Messico assimilò con estrema sensibilità e responsabilità sociale i nuovi apporti dell'architettura funzionale, i cui esiti ebbero concreta realizzazione in una serie di opere, che culminano con la città universitaria di Città del Messico (1949-54), dove anche le rinnovate arti figurative (pitture murali, mosaici) trovano nuovi spazi d'espressione, coinvolte nelle problematiche più attuali della cultura e in perfetta rispondenza alle esigenze sociali (in questo senso dev'essere intesa l'opera di artisti come Orozco, Rivera,, Siqueiros, Tamayo). Nei decenni seguenti, in ambito architettonico, al diffondersi dell'International Style alcuni si oppongono riprendendo la tradizione formale messicana (Ricardo Legorreta, complesso Hotel Camino Real, Città del Messico, 1968-75; sede Assicurazioni America, Città del Messico, 1976). L'architettura degli anni Settanta e Ottanta si caratterizza per il monumentalismo come soluzione formale per l'edilizia pubblica e terziaria. Ricordiamo a questo proposito le opere di Augustín Hernández (unità ospedaliera per l'Imss e il Collegio Militare a Città del Messico, 1975), di P. Ramirez Vazquez (palazzo dell'Assemblea Legislativa, Città del Messico, 1979-81; Biblioteca Centrale e Museo di Antropologia, Toluca, 1984-86; sede Comitato Olimpico Internazionale di Losanna, 1986), di Teodoro Gonzales de Léon (Collegio del Messico, 1974-75, e Museo Rufino Tamayo, 1981, a Città del Messico; ambasciata messicana a Brasilia, 1973-75). Quest'ultimo rimase fedele a uno stile neoatzeco nel Palazzo di giustizia di Città del Messico (1992), progettato insieme a F. Serrano, mentre nei successivi lavori (Torre a 8 piani per il Fondo per la cultura economica, 1993, e Conservatorio di musica per il campus della Ciudad de las Artes, 1995) si avvia sulla strada di un mutamento stilistico. A partire dalla fine degli anni Ottanta e soprattutto negli anni Novanta, in Messico si è imposto un indirizzo architettonico più innovativo che, abbandonate le tradizionali tendenze, è ispirato alla sobrietà del mex-tech, versione locale dell'hi-tech. Tale indirizzo è rappresentato soprattutto dal gruppo TEN (Taller Enrique Norten) Arquitectos, il cui fondatore ed esponente più noto è E. Norten, autore, tra l'altro, delle abitazioni operaie di calle Brasil (1994), dell'edificio di servizio della rete Televisa (1995) e della Scuola nazionale di teatro della Ciudad de las Artes. A differenza della varietà di tendenze prodottesi nell'evolversi del linguaggio architettonico, da una parte proiettato verso la continua assimilazione delle esperienze europee, dall'altra impegnato a elaborare incontri tra la tradizione e gli apporti internazionali, la situazione dell'arte figurativa, più profondamente radicata ai caratteri della tradizione, palesa un processo evolutivo di più lenta maturazione, ma partecipe, con vitale autonomia di espressione, dei più aggiornati orientamenti della ricerca estetica. Le personalità distintesi nel corso dei primi decenni del Novecento, fortemente legate alle tematiche storico-politiche del Paese, sono i già citati Diego Rivera, di cui restano celebri le pitture murali del Ministero dell'educazione pubblica (1922-29) e il Palazzo Nazionale (1929-35) a Città del Messico, oltre che il Rockefeller Center di New York; José Clemente Orozco, artefice anche di numerosi affreschi e David Alfaro Siquieros, altro protagonista del “Rinascimento messicano”. Notevole inoltre l'arte di Juan Soriano (1920-2006) e N. B. Zenil (n. 1947). Un cenno particolare merita, anche in ragione della forte attenzione riservatale in questi ultimi anni dal mondo dell'arte internazionale, Frida Kahlo (1907-54), moglie di Rivera. Le sue opere, specchio delle travagliate vicissitudini personali, ripercorrono le angosce, i desideri, le aspirazioni e le ossessioni di una donna divenuta anche simbolo del movimento femminista.



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Cultura: musica



Sulle caratteristiche della musica degli Aztechi anteriore alla conquista spagnola si hanno notizie relativamente abbondanti, ma nel complesso frammentarie e poco sicure, che risalgono a relazioni di cronisti dei primi conquistatori, a scritti di autori indigeni, a testimonianze iconografiche e a reperti archeologici. Rigidamente subordinata alle necessità della liturgia, la musica era coltivata da una casta di professionisti che, in mancanza di una notazione, si tramandavano oralmente il repertorio.

Per quanto è possibile giudicare, l'impianto della musica azteca era omofonico, possedeva un ambito intervallare assai limitato e si basava su strutture scalari pentatoniche. Numerosi erano gli strumenti musicali.

Tra gli idiofoni, assai diffuso era il teponaztli, tamburo cilindrico di legno cavo, spesso finemente decorato, recante su una delle due basi un caratteristico intaglio a forma di H. Tra i membranofoni, lo huehuetl, tamburo sacro dal suono cupo e profondo; tra gli aerofoni, numerosi tipi di fischietti, flauti, zampogne (diffusissima tra queste la chirimía, che si suona ancora, generalmente in unione con il teponaztli e con un tamburello), corni e trombe.

L'arrivo degli Spagnoli segnò la fine della tradizione musicale autoctona e la sua sostituzione con un repertorio di ascendenza europea. Parallelamente, gli indigeni furono istruiti a prestare la loro opera di cantori e di strumentisti nelle istituzioni musicali fondate sul modello di quelle esistenti in Spagna.

Tra queste, particolare rilievo, anche sotto il profilo pedagogico, ebbero le cappelle annesse alle chiese e alle cattedrali. Celebri furono specialmente quelle della missione di Texcoco (fondata nel 1523) diretta dal musicista fiammingo Pedro de Gante (1480-1572), di Città del Messico (fondata nel 1539) e di Puebla, dove nei sec. XVI e XVII operarono Juan de Lienas (attivo intorno al 1590), Hernando Franco (dal 1575 al 1585), Francisco López, Juan Gutiérrez de Padilla (dal 1629 al 1664) e Antonio de Salazar (dal 1687 al 1715).

Accanto al repertorio sacro di importazione o di imitazione europea, ebbero diffusione in Messico nello stesso periodo (anche per l'influenza della cultura africana introdotta dalle considerevoli masse di schiavi) numerose danze, tra le quali la sarabanda e la ciaccona, destinate a godere enorme successo nella musica spagnola ed europea dei sec. XVII e XVIII.

Il melodramma, che ebbe i primi esempi autoctoni con Rodrigo (1708) e Parténope (1711) di Manuel de Zumaya (1690-1732), maestro di cappella nella cattedrale di Città del Messico, costituì il genere più importante della vita musicale messicana dell'Ottocento, che accentuò la sua dipendenza dalla cultura musicale europea, segnatamente italiana.

Tra i compositori messicani dell'Ottocento meritano menzione J. M. Elízaga (1786-1842), fondatore nel 1825 del primo conservatorio, J. A. Gómez, fondatore nel 1839 della prima accademia musicale, M. Morales (1838-1908), A. Ortega (1823-1875), R. Castro (1864-1907) e G. E. Campa (1863-1934).

Nel sec. XX si è andato sempre meglio delineando un filone che ha cercato di valorizzare il folclore musicale locale, inserendone gli elementi più tipici nell'ambito di esperienze linguistiche moderne e di avanguardia.

Tra le personalità di maggior rilievo si segnalano J. Carrillo (1875-1965), venuto alla ribalta internazionale per i suoi esperimenti con sistemi microtonali, M. M. Ponce (1886-1948), S. Revueltas (1899-1940), M. B. Jiménez (1910-1956) e, soprattutto, C. Chávez (1899-1978) che si conquistò anche solida rinomanza internazionale. La sua opera ha influito in particolare sul “Grupo de los Cuatro”, costituito da D. Ayala (1908-1975), B. Galindo (n. 1910), S. Contreras (n. 1912), J. P. Moncayo (1912-1958).

Accanto alla musica colta, assai importante, anche per i riflessi che ha avuto sulla musica di consumo di numerosi Paesi occidentali, è la musica popolare messicana (di cui il mariachi è fra i generi più praticati e famosi anche fuori dai confini nazionali).

Numerose sono le forme di danza, tra le quali si segnalano, oltre alle già citate sarabanda e ciaccona, la jarana, l'huapungo, il jarabe. Tra le forme vocali più diffuse, notevoli il corrido, la canción mexicana (di cui esistono numerose varietà), la sandunga chiapaneca (in ritmo di valzer, originaria dello Stato di Chiapas) e il son (una melodia di danza che si caratterizza secondo la regione di provenienza).

Notevole rilievo hanno inoltre la musica afro-cubana destinata al culto e le danze popolari neroafricane, che hanno avuto vasto influsso sulla musica colta di ispirazione nazionale.

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Cultura: spettacolo

Nelle tre epoche della sua storia (precolombiana, coloniale, indipendente) il Messico è sempre stato uno degli epicentri dell'attività spettacolare nell'America Latina. Non ci sono pervenuti testi drammatici dal Messico precolombiano, salvo il Rabinal Achí dei Maya-Quiché, dramma-balletto di inequivocabile originalità, ma è indubbio che varie forme di spettacolo religioso e profano (danze e coreografie rituali, evocative, leggendarie, propiziatorie, ecc., mimi e balletti, farse satirico-grottesche con attori travestiti da animali, ecc.) fossero praticate, specie in occasione di feste religiose e popolari.

Prova decisiva dell'importanza dello spettacolo precolombiano è il fatto che i missionari spagnoli, subito dopo la Conquista, se ne servirono come di un efficace strumento di evangelizzazione, sostituendo i temi cristiani a quelli indigeni, ma lasciando intatte le coreografie (a tal punto che un Concilio regionale vietò, nel 1585, la rappresentazione in chiesa di canzoni, danze e commedie profane).

Dalla Spagna furono importate le feste del Corpus Domini, che si svolsero sempre all'aria aperta, con duraturo successo e largo impiego, accanto al castigliano, delle lingue indigene.

Spettacoli popolari, con danze mascherate, si svolgono ancora in molte località del Messico per celebrare la Madonna di Guadalupe, santi patroni e festività cristiane (Natale, Settimana Santa) in modi tipicamente meticci.

Durante l'epoca coloniale, un teatro di tipo particolare fu quello praticato nei seminari e nei collegi religiosi (specie dei gesuiti), mentre l'alta società vicereale importava dalla Spagna il repertorio e le compagnie del siglo de oro.

Non mancarono tuttavia contributi locali di primaria importanza, a cominciare dal grande Ruiz de Alarcón (1581-1639), le cui commedie, rappresentate e pubblicate in Spagna, hanno un posto di singolare rilievo nel folto panorama teatrale del secolo.

L'indipendenza allentò i rapporti con la Spagna, ma non interruppe l'attività teatrale, alimentata da autori locali, prima romantici e quindi realistici. Oggi Città del Messico è una delle capitali indiscusse dello spettacolo nel mondo ispanico, con una ventina di teatri attivi, un Palacio de Bellas Artes, centro statale di fervida attività.

Vi opera fra l'altro il Ballet Folklórico de México, complesso artistico di altissimo livello internazionale, fondato nel 1952 da Amalia Hernández, con alcuni allievi della sezione di danza moderna dell'Instituto de Bellas Artes. A Città del Messico ha sede anche il Ballet Nacional de México fondato nel 1949 da Guillerma Bravo.

La Scuola di Arte Drammatica, istituita presso l'Universidad Nacional (e successivamente presso altre università), la fondazione di vari gruppi di teatro studentesco di saggio e d'avanguardia e l'ormai ricco repertorio nazionale (autori principali Usigli, Magaña, Luisa J. Hernández, Carballido, Solórzano, Leñero, Basurto) hanno contribuito a creare un'atmosfera ricca di risultati dignitosi e di sicure promesse. Per il teatro furono particolarmente vivaci gli anni Sessanta quando si fronteggiavano, con successo, linee d'ispirazione diverse e contrastanti.

C'erano Maruxa Vilalta con il teatro “assurdo”, Héctor Azar con quello poetico, Hugo Argüelles con un teatro satirico, piuttosto aggressivo, Vicente Lenero con quello testimoniale e di denuncia. Da questo movimentato scenario trassero nuova forza e vigore drammaturghi con una solida tradizione alle spalle, come Josefina Hernández (n. 1928) o Felipe Santander (n. 1929), Rafael Solana (n. 1915), Emilio Carbalillido (n. 1925), Luis G. Basurto (n. 1925).

Nel frattempo cominciò a formarsi un nuovo gruppo di autori, tra cui Juan Tovar (n. 1941), Oscar Liera (n. 1942), Hugo Hiriart (n. 1942), che in pochi anni si sarebbe imposto come la “nuova generazione” del teatro messicano contemporaneo.

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Cultura: cinema

Pioniere e padre del cinema messicano fu l'ingegnere Salvador Toscano Barragan (1872-1947), che filmò dal 1897 al 1917, con una cinepresa simile a quella degli operatori Lumière, 50.000 metri di storia e di rivoluzioni del Messico: ritrovate intatte, le pellicole sono state montate e presentate dalla figlia al Festival di Cannes del 1954 sotto il titolo di Memorias de un mexicano.

In tutto il periodo muto, dominato da melodrammi attinti al teatro spagnolo, spicca El automóvil gris (1919) di Enrique Rosas, giallo-poliziesco a puntate sulle criminali imprese di una banda in auto per le diverse contrade del Paese, rese con inconsueta freschezza; ebbe un tale successo che, più tardi sonorizzato, continuò a tenere il cartellone fino agli anni Cinquanta.

Mentre alcuni “divi” già erano stati assorbiti da Hollywood (Ramón Novarro, Lupe Vélez, Dolores Del Río), negli anni Trenta il Messico si trovò a ospitare cineasti stranieri quali S. M. Ejzenštejn, che coi frammenti di ¡Que viva México! girati nel 1931-32 lasciò un'impronta indelebile; l'attore russo Arcady Boytler, che con R. J. Sevilla diresse nel 1933 La mujer del puerto e nel 1938 lanciò il comico Antonio Moreno detto Cantinflas; gli statunitensi Fred Zinnemann, regista, e Paul Strand, fotografo, che col giovane Emilio Gómez Muriel realizzarono, in una baia di pescatori, l'importante film sociale Redes (ovvero I ribelli di Alvarado, 1934). Tra i registi messicani del periodo, Fernando de Fuentes, autore nel 1934 di Vámonos con Pancho Villa, preparò la strada al cinema nazionale degli anni Quaranta, quello conosciuto in tutto il mondo, di Emilio Fernández e Gabriel Figueroa, di Dolores Del Río, Pedro Armendariz e María Félix, esploso a livello internazionale con María Candelaria (1943). Di esso può considerarsi un'interessante appendice Raíces, film a episodi di Benito Alazraki prodotto da Manuel Barbachano Ponce (uno dei pochissimi produttori illuminati), che per il momento (1953) non ebbe un seguito.

A cominciare da Los olvidados di Buñuel (1950), il nuovo decennio segnò invece il dominio artistico degli immigrati spagnoli: non di Buñuel soltanto, incontrastato maestro delle nuove generazioni, ma anche di Carlos Velo (¡Torero!, 1956), J. M. García Ascot (En el balcón vacío, 1960) e Luis Alcoriza che, già sceneggiatore di Buñuel, dandosi alla regia passò a filmare i comportamenti sociali (Tiburoneros, 1963) delle popolazioni diseredate.

Verso la metà degli anni Sessanta si cominciò a parlare di un “nuovo cinema” anche in Messico e sul finire del decennio sorse un movimento indipendente a contrastare l'andamento generale della produzione: un cinema che, se non “rivoluzionario” come quello di Solanas in Argentina o quello di Sanjinés in Bolivia, contestava però le vecchie strutture. Tra i registi che si affermarono in quel frangente vanno citati A. Ripstein, F. Cazals, J. H. Hermosillo, A. Isaac.

Nel 1971 il cinema venne nazionalizzato; nel 1972 P. Leduc realizzò Reed: México insurgente; nel 1974 nacque la Cineteca Nacional de México; nel 1975 si produsse Actas de Marusia dell'esule cileno M. Littín e si creò il Frente Nacional de Cinematografistas, raggruppante una dozzina di registi (i già citati, più S. Olhovich, J. M. Torres, G. M. Ortega, J. Estrada e i simpatizzanti Leduc, G. Retes, F. Weingarsthofer) che con il manifesto del 19 novembre si pronunciarono per una svolta decisiva, attuatasi però più sul piano dei contenuti che su quello del linguaggio. Comunque in Canoa (1976) Cazals si affiancò a Littín nel dare la cronaca di un massacro reazionario (avvenuto a San Miguel de Canoa nel 1968) e Leduc poté girare il documentario Etnocidio sul popolo Otomi della regione di Mezquital.

I bassi costi e l'esotismo dei luoghi hanno consentito spesso alle produzioni internazionali di girarvi film considerevoli (ricordiamo Dune, 1984, di D. Lynch; Santa Sangre, 1989, di A. Jodorowski; Puerto Escondido, 1992, di G. Salvatores), mentre è apparso notevole, in un panorama qualitativamente modesto, l'exploit di Jaime Humberto Hermosillo con il sapido La tarea (1991). A partire dagli anni Novanta, un certo risveglio artistico non ha mancato di essere colto internazionalmente.

Innanzitutto si deve notare l'emergere di Carlos Carrera con La donna di Benjamin (1991); ma è soprattutto con Arturo Ripstein che la cinematografia nazionale ha potuto annoverare un autore da seguire con attenzione, grazie a titoli come Inizio e fine (1993), vincitore al Festival di San Sebastián, La regina della notte (1994) e soprattutto il thriller grottesco Profundo Carmesì (1996).

Se Robert Rodriguez con El Mariachi (1992) ha diretto uno scatenato western omaggio al cinema di Leone e Peckinpah, Daniel Gruener è rimasto legato alla tradizionale scuola nazionale di horror di genere, realizzando un divertente Sobrenatural (1996) che lo ha lanciato verso Hollywood. I nomi nuovi emersi nei primi anni 2000 sono quelli di Alejandro González Iñárritu (n. 1963), autore di Amores perros (2000), 21 grammi (2003) e Babel (2006), Alfonso Cuarón (n. 1961), regista di Y tu mamá también (2001) e Children of Men (2006), Guillermo del Toro (n. 1964) regista di El laberinto del fauno (2006). Fra gli attori si segnala Salma Hayek (n. 1966), ormai stabilmente nel gotha hollywoodiano. Negli ultimi anni ha assunto progressiva importanza per tutto il settore cinematografico latino-americano il Festival Internacional de Cine de Monterrey.

fonte www.sapere.it/enciclopedia/M%C3%A8ssico.html



Edited by (((claudio))) - 15/9/2019, 18:57
 
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