IL FARO DEI SOGNI

BOLIVIA

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view post Posted on 27/6/2019, 16:47     Top   Dislike
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Cultura: teatro

Sia durante il periodo coloniale, sia dopo l'indipendenza, il teatro boliviano fu per lungo tempo un fenomeno assolutamente marginale e fortemente influenzato da modelli spagnoli, con una produzione indigena di drammi religiosi e di drammi storici. Solo a partire dal 1920 si formarono gruppi sperimentali che favorirono la nascita di una nuova drammaturgia, impegnata nella ricerca di un'identità nazionale e nella protesta, più o meno latente, contro le atroci condizioni politico-sociali del Paese. L'autore più noto fu Adolfo Costa du Rels, il cui testo, Los estandartes del rey (1956), fu rappresentato anche in altri Paesi. Fino alla metà del Novecento non è esistita comunque un solida struttura organizzativa né nella capitale né altrove, e l'attività teatrale è stata sporadica. La seconda metà del Novecento ha invece riportato l'attenzione e la sensibilità verso la drammaturgia a livelli importanti, con il moltiplicarsi di autori (il già menzionato Raúl Botelho, e colui che è considerato l'iniziatore del teatro moderno boliviano, Sergio Suárez Figueroa), opere, compagnie (come il Teatro Experimental Universitario degli anni Sessanta, il TIBO, Teatro Independiente Boliviano, che dal 1999 riunisce diversi gruppi teatrali contemporanei, il Taller Nacional de Teatro, l'organizzazione più importante), scuole e rassegne (i festival internazionali di teatro di Santa Cruz de la Sierra e di La Paz).

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view post Posted on 29/6/2019, 14:45     Top   Dislike
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Cultura: arte

Nel bacino del Lago Titicaca, riparato dalle intemperie e più fertile delle altre aree boliviane, si trovano le manifestazioni artistiche più notevoli. I resti archeologici del Periodo Formativo (ceramica di Chiripa, ca. 500 a. C.) sono di scarso interesse e solo nel Periodo Classico nasce in Bolivia la seconda civiltà-orizzonte delle Ande centrali, Tiahuanaco, che irradiò la sua influenza in campo artistico fino alla costa. All'inizio del Periodo Postclassico, Tiahuanaco decade e sorgono stili locali di modesto rilievo; infine, la conquista di questi territori da parte degli Inca portò all'assunzione di caratteri stilistici incaici, come si può notare osservando per esempio le costruzioni, i tessuti e i monili in oro e argento rinvenuti nelle isole Titicaca e Coatí. Molti dei reperti dell'epoca precolombiana, insieme a opere d'arte, manufatti e monili di età coloniale, sono oggi conservati nei musei della capitale, come il Museo de Metales Preciosos Pre-Columbinos, il Museo Nazionale di Arte e il Museo Nazionale di Archeologia. In tempi recenti, come si è detto, una parte del Paese ha beneficiato di sostegni e promozione artistica e culturale, potendo attivare scambi e relazioni internazionali (va detto che anche la tutela del patrimonio degli indios è sempre più centrale nelle politiche culturali). Nelle arti figurative, a partire dalla seconda metà del Novecento, sono emerse personalità appartenenti a movimenti e correnti diversi: dall'astrattismo di María Luisa Pacheco, alla plasticità delle opere di Zulma Tejada, René Noriega, Carlos Rimaza, all'arte concettuale di Roberto Valcárcel. La scultura boliviana contemporanea ha avuto in Marina Núñez del Prado (1910-95) la propria miglior rappresentante.

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view post Posted on 3/7/2019, 15:01     Top   Dislike
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Cultura: cinema

Fino al 1967 non si conoscevano, almeno in campo internazionale, film boliviani. Il primo lungometraggio, Wara-Wara, su un principe degli Inca, fu girato muto nel 1929; si giunge poi al 1957-58, quando si affermò il documentarista Jorge Ruíz con Ritorna, Sebastiano, sulle tribù indie arretrate, e La Vertiente, nome di un grande fiume; la produzione era tutta importata dall'estero e distribuita su controllo straniero (non solo statunitense, ma argentino e peruviano). Nel 1953 fu fondato un Istituto nazionale del cinema a La Paz, che però si occupava esclusivamente di cortometraggi di propaganda e dei pochi cinemobili attrezzati per il formato ridotto. Una svolta nella cinematografia boliviana fu rappresentata da Jorge Sanjinés (n. 1936), che realizzò un lungometraggio a soggetto, Ukamau, sulla vita degli indios e parlato nella loro lingua e da Antonio Eguino (n. 1938), che si cimentava nella regia sfidando la dittatura militare con un film sulle drammatiche condizioni dei contadini, Pueblo chico (1973). Incarcerato nel 1975, Eguino riuscì a girare un secondo film nel 1977, Chuquiago, ambientato a La Paz. Successivamente ha diretto ancora Amargo Mar (1984) e Los Andes no creen en Dios (2005). Gli anni tra il 1980 e oggi hanno registrato un incremento delle produzioni, ma la Bolivia resta tuttavia uno dei Paesi sudamericani con il minor numero di pellicole prodotte annualmente. Tra le più rilevanti si segnalano Cuestión de fe (1995), di Marcos Loayza (n. 1959), Para recibir el canto de los pájaros (1996) e Los Hijos del último jardín (2004), del citato Jorge Sanjinés, El triángulo del lago (1998) di Mauricio Calderón, Dependencia Sexual (2003), di Rodrigo Bellot (n. 1978). Apprezzato autore è anche l'italo-boliviano Paolo Agazzi (El día que murió el silencio, 1998). Tra gli appuntamenti cinematografici più importanti va citato il Festival Iberoamericano de Cine, di Santa Cruz de la Sierra.

fonte www.sapere.it/enciclopedia/Bol%C3%ACvia.html

 
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