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| Cultura: cinema
Fino al 1967 non si conoscevano, almeno in campo internazionale, film boliviani. Il primo lungometraggio, Wara-Wara, su un principe degli Inca, fu girato muto nel 1929; si giunge poi al 1957-58, quando si affermò il documentarista Jorge Ruíz con Ritorna, Sebastiano, sulle tribù indie arretrate, e La Vertiente, nome di un grande fiume; la produzione era tutta importata dall'estero e distribuita su controllo straniero (non solo statunitense, ma argentino e peruviano). Nel 1953 fu fondato un Istituto nazionale del cinema a La Paz, che però si occupava esclusivamente di cortometraggi di propaganda e dei pochi cinemobili attrezzati per il formato ridotto. Una svolta nella cinematografia boliviana fu rappresentata da Jorge Sanjinés (n. 1936), che realizzò un lungometraggio a soggetto, Ukamau, sulla vita degli indios e parlato nella loro lingua e da Antonio Eguino (n. 1938), che si cimentava nella regia sfidando la dittatura militare con un film sulle drammatiche condizioni dei contadini, Pueblo chico (1973). Incarcerato nel 1975, Eguino riuscì a girare un secondo film nel 1977, Chuquiago, ambientato a La Paz. Successivamente ha diretto ancora Amargo Mar (1984) e Los Andes no creen en Dios (2005). Gli anni tra il 1980 e oggi hanno registrato un incremento delle produzioni, ma la Bolivia resta tuttavia uno dei Paesi sudamericani con il minor numero di pellicole prodotte annualmente. Tra le più rilevanti si segnalano Cuestión de fe (1995), di Marcos Loayza (n. 1959), Para recibir el canto de los pájaros (1996) e Los Hijos del último jardín (2004), del citato Jorge Sanjinés, El triángulo del lago (1998) di Mauricio Calderón, Dependencia Sexual (2003), di Rodrigo Bellot (n. 1978). Apprezzato autore è anche l'italo-boliviano Paolo Agazzi (El día que murió el silencio, 1998). Tra gli appuntamenti cinematografici più importanti va citato il Festival Iberoamericano de Cine, di Santa Cruz de la Sierra.
fonte www.sapere.it/enciclopedia/Bol%C3%ACvia.html
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