IL FARO DEI SOGNI

Trama dell'Odissea

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Libro XVI



Telemaco, giunto a casa di Eumeo al momento della cena, ben accolto da questi e dai suoi cani, si informa su quanto è avvenuto durante la sua assenza, mostrando rispetto nei confronti di quello che non sa essere suo padre e partecipando al sobrio banchetto, dopo il quale avrebbe domandato notizie a riguardo dell'identità di Odisseo all'ospite, sentendosi dire che è un militare cretese che gli si presenta quale supplice ma dovendo rispondere che dovrà aiutarlo probabilmente a distanza, poiché la reggia era infestata dai pretendenti. Dopo che Odisseo si è dispiaciuto con Telemaco per la sua condizione causando una triste reazione da parte dell'interlocutore, il principe invita il porcaio a recarsi dalla madre, per avvisarla del suo ritorno e informare il vecchio Laerte inviandogli la dispensiera. Comparsa Atena ad Odisseo senza che Telemaco possa vederla, lo invita a svelarsi al figlio per pianificare una trama contro i pretendenti, facendogli parimenti riacquisire il suo primario aspetto per mezzo di un artificio: dopo che Telemaco alla comparsa del padre aveva mostrato delle perplessità, insinuando fosse un dio lì venuto per addolorarlo maggiormente, i due, compreso Telemaco non si trattasse di un artificio divino, profondamente commossi, si abbracciano piangendo. Presentate a Telemaco le ultime sue peripezie, Odisseo espone al figlio la sua volontà di vendetta, sentendosi dire che per il gran numero di avversari sarebbe meglio assoldare dei collaboratori, ma rispondendo altresì che come aiutanti sarebbero bastati Zeus ed Atena; propone quindi a Telemaco di recarsi per primo in città, mentre lui l'avrebbe seguito guidato da Eumeo e mischiandosi coi pretendenti, sotto le mentite soglie d'un mendicante, per provare la fedeltà delle donne e dei servitori e fargli poi un segno col capo invitandolo a togliere dalla stanza tutte le armi che erano appese alla parete, lasciando solo quelle per loro necessarie.

Informando Penelope del ritorno del figlio sia l'araldo sbarcato dalla nave giunta in porto sia il porcaio Eumeo, i pretendenti vengono a conoscenza di questo fatto origliando e decidono di far tornare in patria quanti di loro se ne erano allontanati per tendere l'agguato a Telemaco, scoprendo poi che i loro compari stavano proprio in quel momento sbarcando nel porto, progettando di tendere un agguato a Telemaco su terra dopo aver consultato gli dei, secondo il consiglio del prudente e saggio Anfinomo. Informata dall'araldo, che ha sentito le trame dei proci, Penelope rimprovera Antinoo poiché vuole impadronirsi per forza e mediante omicidio dell'erede del trono attentando a un re al quale suo padre era debitore poiché Odisseo l'aveva ospitato a palazzo come supplice durante una rivolta del popolo contro di lui: Eurimaco rispondendo le dice che avrebbe garantito la salvezza del figlio suo, mentendo poiché anche lui l'avrebbe desiderato morto. Dopo che Atena, vedendo Eumeo ritornare a casa, ha ritrasformato il re in un mendicante, perché l'anfitrione non possa riconoscerlo, Telemaco si rivolge al messaggero domandandogli cosa di nuovo fosse accaduto in città, sentendosi dire che i pretendenti hanno fatto ritorno.

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Libro XVII



Partendo da casa del porcaio al sorgere del sole, Telamaco invita Eumeo a portare Odisseo in città dicendo che là potrà procacciarsi da vivere da sé. Ritornato a casa ed accolto festosamente, viene salutato dalla madre e, invitandola a far sacrifici a Zeus affinché lo aiuti nella sua vendetta, le dice che dovrà andar in cerca dell'indovino che l'aveva seguito durante il viaggio di ritorno.[F 162] Sceso in città dalla reggia, attraversata la folla dei pretendenti a lui ben disposti solo a parole e conversato cogli amici paterni, Mentore, Aliterse e Antifo, Telemaco vede avvicinarsi Pireo e, accolto l'ospite che seco conduceva, lo esorta a tenersi i doni portati dal viaggio, affinché i pretendenti non possano impossessarsene.
Dopo essersi lavato, Telemaco partecipa a un banchetto durante il quale espone i risultati del suo viaggio, provocando il dolore di Penelope, che è prontamente confortata da Teoclimeno.

Dilettatisi, i pretendenti cominciano a banchettare e contemporaneamente Odisseo, guidato da Eumeo, si avvia in direzione della città incontrando nei pressi di questa Melanzio, capraio, che lo accusa di essere uno straccione buono a nulla, irritandolo e colpendolo senza però provocare in lui una rezione violenta. Dopo aver promesso a Eumeo che prima o poi l'avrebbe venduto come schiavo e detto che s'augurava la morte di Telemaco, Malanzio si reca a palazzo e riceve dai serventi un pezzo di carne. Giunti davanti al palazzo regale, Odisseo invita Eumeo a precederlo nella sala dei pretendenti, ben sapendo che, in conformità con quanto detto da Melanzio, sarà maltrattato: presso il portone, sdraiato su un mucchio di letame, sedeva il cane Argo, descritto da Eumeo come un tempo bellissimo e agilissimo ma ormai stanco e vecchio: questo, appena visto il padrone tornato in patria, malmesso tanto da non poter correre verso di lui, sarebbe morto subito dopo.

Dopo che Eumeo è entrato nella stanza dei banchetti e si è messo a mangiare con Telemaco, vi accede pure Odisseo, prontamente invitato da Telemaco per mezzo di Eumeo a ricever da lui cibo e a chiederne altro ai commensali. Dopo che Melanzio ha riportato ai pretendenti l'incontro precedentemente intercorso tra lui, il porcaio e il mendicante, il secondo di questi è redarguito da Antinoo. Dopo che Antinoo ha accusato Eumeo di scorrettezza, poiché in sua analisi non avrebbe dovuto parlar contro i principi quando era il primo a invitare mendici che avrebbero dovuto sfamarsi a spese della famiglia regale, questo risponde che il mendicante si era recato a casa sua e non vi era stato invitato con dolo, a differenza dei molti artigiani alla corte dei pretendetnti. Dopo che Telemaco ha placato Eumeo e rivolgendosi a Antinoo l'ha accusato di ingordigia, Odisseo aggirandosi per la sala raccoglie molte vivande nella bisaccia: arrivato davanti ad Antinoo, supplicandolo nonostante prima avesse avuto una reazione violenta, lo supplica di dargli del cibo, affermando che quando era in patria anche lui era solito far altrettanto e narrando una storia leggermente diversa da quella che aveva riferito al porcaio. Mossa da Antinoo una critica agli altri pretendenti, Odisseo lo rimprovera per la sua ingordigia, provocando una rezione irata dell'interlocutore che gli lancia addosso il poggiapiedi: senza scomporsi, Odisseo, osservato con appartenente indifferenza da Telemaco, si augura la morte dell'avversario e la risposta violenta del pretendente causa il biasimo dei suoi compagni nei suoi confronti.

Dopo che Penelope, affiancata dalle ancelle, ha rimproverato Antinoo augurandosene la morte, si rivolge a Eumeo chiedendo informazioni a riguardo del misterioso visitatore e, sentitasi narrare la sua storia e riferire che ha notizie di Odisseo, auspica di potergli parlare: dopo un rifiuto di Odisseo dovuto al fatto che a Penelope vuole raccontare ciò che sa a riguardo del marito in separata sede poiché teme l'ira dei pretendenti, Eumeo riferisce questa sua volontà alla regina, che la approva, e, prima di partire, dialogando con Telemaco, gli raccomanda la massima prudenza.

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Libro XVIII



Dopo che Arneo, prepotente mendicante alla corte dei pretendenti noto scherzosamente come Iro perché talvolta faceva da araldo, ha provocato Odisseo invitandolo ad andarsene dall'atrio del palazzo e questo gli ha risposto di lasciarlo stare se non voleva venire alle mani, il primo propone al secondo una gara di pugilato ed Antinoo afferma che il vincitore avrebbe ricevuto della carne e sarebbe stato loro ospite fisso da allora innanzi.

Affiancato da Atena, Odisseo si avvicina ad Arneo in modo gagliardo, terrorizzando lui e i pretendenti, sconfiggendo quasi subito il suo avversario e, risparmiatagli la vita, conducendolo fuori dal palazzo dopo averlo gettato a terra.
Festeggiato dai pretendenti, Odisseo riceve cibo da Antinoo ed Anfinomo e, cercando invano di avvertire quest'ultimo, poiché gli era sembrata una persona retta, di ciò che aveva in mente di fare perché si metta in salvo, gli racconta come dei suoi inventati eccessi del passato gli avrebbero portato sventura e riferisce in modo velato che Odisseo tornerà presto in patria, non potendo però impedire che il destino abbia compimento, nonostante Anfinomo ben comprenda il rischio che avrebbe corso.

Dopo che spinta da Atena Penelope ha deciso che parlerà con Telemaco invitandolo a non frequentare i pretendenti, la dispensiera Eurinome la invita a sistemarsi prima di scendere nella sala dei banchetti, ottenendo un rifiuto dovuto al fatto che Penelope dopo la partenza del marito per lo strazio non ha più tanto badato alla sua estetica. Addormentata da Atena, Penelope è resa bellissima dall'intervento della dea e al risveglio si augura di morire presto e in modo indolore.

Comparsa dinanzi ai banchettanti, Penelope si rivolge al figlio sgridandolo per non aver reagito ai maltrattamenti inflitti ad Odisseo dai pretendenti, sentendosi rispondere che, pur odiando i commensali, non può reagire per inferiorità numerica. Non lusingata dai complimenti proferti nei suoi confronti da Eurimaco, Penelope afferma che continuamente si strugge l'animo pensando al marito lontano, dimostrandosi fedele nei confronti di Odisseo e affermando che, offesa per i costumi dei pretendenti, vuole prima del matrimonio da loro, in conformità con la tradizione, ricevere doni, poiché non è uso che siano invece i pretendenti a divorare le sostanze della casata della sposa, facendo di questa loro azione un ricatto per avvicinare la data delle nozze. Dopo che Antinoo ha ricordato a Penelope l'ineluttabilità delle nozze, lui e tutti i pretendenti, facendo una gara di generosità, offrono doni a Penelope che si ritira più tardi nei suoi appartamenti. Scesa la sera tra i canti e le danze, Odisseo, invitando le ancelle che curano il fuoco a raggiungere la regina per farle compagnia, è da queste deriso, poiché vuole incaricarsi lui di quella mansione, e in particolare da Melantò, amante di Eurimaco: ella afferma che un uomo di così bassa estrazione non dovrebbe, dandosi tante arie, vivere coi principi, provocando una reazione irata da parte di Odisseo che fa così fuggire le serve e comincia ad accudire il focolare.

Dopo che Eurimaco ha deriso Odisseo per la sua calvizia, gli propone di lavorare nella sua proprietà, offendendolo profondamente e dicendo che è uno scansafatiche: dopo che Odisseo ha ricordato la sua abilità di agricoltore, allevatore e combattente e si è augurato la morte dell'interlocutore per mano del re ormai destinato nelle sue parole a tornare, Eurimaco afferma che è di rango sociale troppo basso per esser loro commensale e, afferrato uno sgabello, glielo lancia addosso colpendo però il coppiere e provocando una reazione offesa da parte di Telemaco che invita i commensali ad allontanarsi. Dopo che Anfinomo ha invitato a sua volta i compari a ritirarsi, esortandoli a lasciar che fosse Telemaco a decidere che fare a riguardo dell'ospite, i banchettanti si ritirano dopo un'ultima bevuta, dirigendosi ciascuno alla propria dimora.

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Libro XIX



Rimasti soli Odisseo e Telemaco, il condottiero esorta il figlio ad asportare le armi presenti nella sala e a rispondere, se ciò avesse suscitato la perplessità dei pretendenti, che temeva fossero rovinate dal fumo o usate durante le liti che scoppiavano durante i banchetti a palazzo. Dopo che i due, accompagnati da Atena, hanno riposto le armi, Telemaco va a dormire mentre Odisseo va a colloquio con la moglie, venendo però nuovamente offeso da Melantò cui ricorda che il suo presente stato è dovuto al volere degli dei e che, quando sarebbe tornato, Odisseo avrebbe potuto punirla per il suo atteggiamento irrispettoso.

Dopo che Melantò è stata sgridata da Penelope, comincia l'interrogatorio della regina all'ospite: dopo che Odisseo si è rifiutato, pur tessendo una lode alla regina, di informarla circa la sua identità, Penelope si commisera per la sua condizione, riportando come avesse allontanato la data delle nozze coll'inganno della tela, poi scoperto. Convinto dalla moglie, Odisseo le racconta di essere un soldato cretese e riporta di aver incontrato il celebre condottiero itacese durante il ritorno di questi in patria, e di averlo ospitato per dodici giorni nella propria dimora.

Dopo che queste menzogne tanto simili a realtà l'hanno commossa, Penelope cerca di scoprire se l'ospite abbia veramente incontrato il suo sposo o stia mentendo, ponendogli delle dettagliate domande sull'abbigliamento di Odisseo, alle quali il mendicante risponde in modo opportuno.

Dopo aver accennato al fatto, poi ripreso con l'auspicare un prossimo ritorno dell'eroe, di aver sentito dai Tesproti che Odisseo era vivo, il mendicante riporta degli aneddoti sui viaggi di quello, che alludono però a fatti realmente accaduti, raccontando l'episodio delle vacche del Sole che aveva causato la perdita di tutti i compagni, e quello dello sbarco sull'isola dei Feaci.

Dopo essersi augurata un secondo lei ormai improbabile ritorno di Odisseo e aver comandato alle ancelle di lavare l'ospite, Penelope, dovendo far fronte a un rifiuto di Odisseo, invita Euriclea, sotto richiesta del condottiero itacese di esser accudito da una vecchia, a prendersi cura di lui. Euriclea per la prima volta lascia trasparire un nesso tra il misterioso ospite e il re partito vent'anni prima, affermando che sono simili per aspetto e che hanno subito la stessa misera sorte.

Prima che Odisseo possa evitare le cure della nutrice, si accorge del fatto che quella potrebbe scoprire la sua vera identità rinvenendo sul suo corpo una cicatrice procuratagli da un cinghiale in gioventù, cosa che poi accade. Segue la rimembranza di quell'evento.

Dopo aver pronunciato la fatidica frase "Oh sì, Odisseo tu sei, cara creatura!", Euriclea, non riuscendo a comunicare il ritorno del marito alla regina, è fatta tacere dal condottiero, che le raccomanda la prudenza e la cautela.

Dopo che Euriclea ha terminato di prendersi cura del suo padrone, questo si mette a sedere vicino al fuoco, coprendo la cicatrice e mostrandosi disposto ad ascoltare Penelope, che gli si rivolge per sfogarsi e fargli interpretare un sogno appena fatto, nel quale un'aquila, volando sopra molte oche, le aveva uccise: essendo già in esso contenuta la spiegazione, Odisseo afferma sia opportuno attenersi a quella, che afferma Odisseo sarebbe tornato a breve facendo strage dei nemici che gl'insidiavano la moglie.

Dopo aver esposto i suoi dubbi a riguardo dell'attendibilità della notturna visione, Penelope annuncia al misterioso visitatore che non sa essere il proprio legittimo sposo che è sì disposta a sposare uno dei Proci, ma che si unirà in matrimonio solo con colui che saprà dimostrare abilità pari a quella del marito nell'usare lo speciale arco di quest'ultimo, adoperandolo per far passare una freccia attraverso dodici asce bipenni allineate. Dopo aver affermato il visitatore che Odisseo sarebbe giunto prima della competizione, Penelope si ritira e piange il marito nelle sue stanze.

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Edited by *Cristal* - 15/7/2019, 07:51
 
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Libro XX



Dopo che si è steso nell'atrio, Odisseo senza nulla palesare si irrita per il comportamento delle ancelle, che, amoreggiando coi pretendenti, non gli si rivelano fedeli, meditando altresì su come effettuare la strage. Quando, dopo aver parlato ad Atena e averle esposto le sue perplessità, Odisseo si addormenta,Penelope si desta piangendo e pregando Artemide di farla morire presto, poiché quello sarebbe l'unico modo per rivedere il marito secondo lei morto e del quale la notte stessa aveva avuto una visione.

All'alba, sentendo la moglie piangere, Odisseo, svegliatosi, comincia a pregare Zeus chiedendogli di fornirgli un segno della sua vicinanza, che presto arriva sotto la duplice forma di un fragoroso tuono e delle parole di una serva, augurantesi a sua volta la morte dei pretendenti. Dopo che Odisseo è rientrato in casa, Telemaco, domandato a Euriclea come lo straniero avesse passata la notte, esce dal palazzo e la nutrice impartisce ordine alle altre serve affinché preparino il banchetto dei pretendenti.

Quando le ancelle mandate da Euriclea stanno tornando dalla fonte, giunge pure il porcaio Eumeo che, rivolgendosi al suo ospite, gli domanda se sia ancora vittima di maltrattamenti o se la sua condizione sia migliorata; dopo che non ha risposto alle provocazioni profertegli da Melanzio, Odisseo è interpellato da Filezio che, dopo aver domandato a Eumeo la sua identità, si rivolge allo straniero evidenziando come somigli al re partito, del quale tesse poi una lunga lode e che è in seguito detto prossimo al ritorno dal mendicante.

Dopo che sui pretendenti tramanti insidie contro Telemaco è volata un'aquila ghermiente una colomba, Anfinomo si rivolge ai compari invitandoli a banchettare, serviti dai tre succitati servi di Odisseo, che nel frattempo è fatto sedere presso la porta sotto la protezione di Telemaco, come detto da quest'ultimo ai commensali.

Dopo che Antinoo ha contemporaneamente raccomandato prudenza ai pretendenti e intimato a Telemaco di non esporsi troppo pena la morte, Ctesippo, quasi esortato da Atena perché l'odio di Odisseo per gli avversari aumenti, lo offende e gli lancia addosso una zampa di bue, prontamente evitata dal condottiero: dopo aver redarguito aspramente i commensali e Ctesippo in generale, Telemaco si vede rispondere da Aghelao, che, concordando con lui, raccomanda agli altri pretendenti la moderazione e il rispetto, ma parimenti, ipotizzando la morte del re, invita Telemaco a far risposare la madre.

Dopo una breve replica di Telemaco, Atena provoca l'inconsulto riso dei pretendenti, che sono biasimati da Teoclimeno: questi, prima di uscire adirato ed offeso da Eurimaco che lo dice pazzo, afferma che il loro riso nasconda in realtà il preludio della morte. Dopo aver descritto la scena in cui i pretendenti offendono Telemaco affermando che ha ospitato due pazzi, il mendico con loro seduto e il profeta appena uscito, il narratore tradisce come la fine di quegli alteri giovani sia ormai prossima, dicendo che quella sarebbe stata la loro ultima ed amarissima cena.

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Libro XXI



Dopo un nuovo accenno a quale sia la sorte dei pretendenti, il poeta entra nel vivo della narrazione descrivendo la scena in cui Penelope preleva dalla stanza del tesoro l'arco del marito e la storia di questa prodigiosa arma, che era stata regalata ad Odisseo da Ifito quando i due s'erano incontrati in Messenia, essendoci andati il primo per trattare cogli indigeni riguardo alla restituzione di alcuni greggi e il secondo cercando le sue cavalle.

Prelevato l'arco, Penelope si dirige alla sala dei banchetti, ove si trovano i pretendenti, cui espone la sua intenzione di indire la suddescritta gara il cui vincitore l'avrebbe avuta in sposa, pregando poi Eumeo di consegnare loro l'arco. Dopo aver biasimato Filezio ed Eumeo per la commozione mostrata di fronte all'arco dell'antico padrone, Antinoo, destinato a morire per primo tra i pretendenti e per mano del re, evidenzia come la gara non sia facile e, pur sperando di riuscire a pareggiarlo, come Odisseo, suo ideale avversario, sia stato un uomo valoroso.

Dopo aver chiesto di poter prendere parte pure lui alla competizione, ricevendo come premio in caso di vittoria la non separazione dalla madre, Telemaco allestisce la struttura atta all'agone e, messosi alla soglia per tentare la sorte, dopo non esser tre volte riuscito nemmeno a tendere l'arco, è nel quarto tentativo bloccato dal padre.

Offerto Telemaco agli altri banchettanti di tender loro l'arco, Antinoo dispone l'ordine in cui questi avrebbero dovuto affrontare la prova, indicando come primo l'onesto Leode, l'unico tra i pretendenti cui risultavano sgraditi i delitti commessi dai compari, che, non riuscendo, predice agli altri in quanto aruspice un destino di morte.

Biasimato Leode e date a Melanzio indicazioni per rendere più facile la prova ammorbidendo l'arco col calore, Antinoo assiste al fallimento di tutti i compari, eccetto suo e di Eurimaco che, primi tra i pretendenti per prestigio e forza, temporeggiano.[F 195] Uscito dalla sala e testata la fedeltà di Eumeo e Filezio, Odisseo si svela loro, promettendo ricompense straordinarie per la loro bontà e mostrando la cicatrice che avrebbe tolto loro ogni dubbio.

Dopo un momento di commozione, il condottiero dà ai suoi servi istruzioni per affiancarlo nella sua vendetta, fornendogli l'arco e chiudendo le porta della sala dopo averne fatte uscire le donne.

Dopo il fallimento di Eurimaco e di Antinoo e il sincero riconoscimento da parte del primo della superiorità del re nei loro confronti, il secondo propone di riprendere il banchetto e di rinviare la gara al giorno successivo, potendo così far sacrifici prima di essa ad Apollo.


Dopo aver Odisseo chiesto che gli consegnassero l'arco per prender parte alla prova, i pretendenti, temendo che riesca nell'impresa, si rifiutano di darglielo, mentre Antinoo arriva ad offendere l'ospite affermando che è il troppo bere a farlo parlare fuori luogo.

Dopo che Penelope ha difeso il mendicante sottolineando come nelle sue parole non fosse presente l'intenzione di prender parte ufficialmente alla gara e sottrarla loro, Eurimaco ribatte che non teme quello ma le malelingue della gente, sentendosi rispondere dalla regina che la loro reputazione s'era già guastata per l'esser vile del loro comportamento e che, in caso di vittoria, avrebbe fatto grandi doni allo straniero.

Dopo che Telemaco ha ricordato come l'arco gli spettasse per diritto ereditario e invitato Penelope a ritirarsi, Eumeo, pur essendo stato minacciato dai pretendenti, consegna l'arma ad legittimo proprietario, rinfrancato dal principe.

Dopo che Euriclea e Filezio hanno chiuso le porte della sala, Odisseo, ammirato dai banchettanti, esamina l'arco e, dopo averlo teso terrorizzando i pretendenti, scocca, appena dopo un tuono inviato da Zeus, un colpo tanto preciso da attraversare il foro di tutte le asce, invitando poi Telemaco a raggiungerlo e stando in mezzo alla sala con le armi sfoderate nonostante prima avesse falsamente invitato il figlio a far i preparativi per una lieta serata.

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Libro XXII



Odisseo carica di nuovo l'arco, ma questa volta con intenzioni omicide; la freccia trapassa il collo di Antinoo, che stava bevendo una coppa di vino. Il perfido aristocratico cade, con un fiotto di sangue che gli esce dal naso. Dopo la sua morte, i Proci, terrorizzati, cercano invano le armi, minacciando morte a quello che non sanno ancora essere Odisseo.

Questi finalmente si svela, biasimando i pretendenti per tutti i misfatti commessi; solo Eurimaco gli risponde, accusando Antinoo di esser stato il loro fomentatore e proponendo un accordo economico per ripagare i danni, prontamente rifiutato dal sovrano che non vuole vedere compromesso il proprio onore.

Eurimaco viene trafitto da Odisseo al petto mentre sta cercando di balzare sul padrone di casa con un pugnale. Antimaco si arma a sua volta, ma viene trafitto da Telemaco che, autorizzato dal padre, cerca altre armi per sé, per il re, per Eumeo e per Filezio.

I pretendenti si fanno portare da Melanzio molte armi di quante erano state asportate, terrorizzando Odisseo, che si sarebbe subito rivolto al figlio sentendosi dire che era stato lui ad aver solo accostato la porta del magazzino.

Odisseo ordina a Eumeo di visionare chi stia portando fuori da quella stanza le armi,; questi riesce a scoprire Melanzio, lo immobilizza e lo incatena ad una trave, aiutato da Filezio, il capraio. Comparsa Atena nella sala sotto le mentite spoglie di Mentore, Odisseo, schierato con soli tre compagni davanti a una moltitudine di uomini, la invoca fingendo di non conoscere la sua vera identità, sentendosi però biasimare da quella per il poco coraggio dimostrato nel non averla difesa dalle critiche avanzate dai nemici: la dea gli fornisce nuovamente ardore, ma non abbastanza per vincere istantaneamente, volendo provare la sua forza e quella del di lui figlio.

Colpito in un'azione combinata da molti nemici, Odisseo si salva per intervento di Atena, esortando poi i suoi ad attaccare: mietute molte vittime e sottratte le loro armi, erano riusciti compiendo ripetutamente questa operazione ad avanzare assai nella sala, privando dei capi e stringendo sul fondo i nemici, fatti fuggire in modo disordinato dalla dea e trucidati dai quattro avversari.

Odisseo decapita Leode, che aveva cercato invano di discolparsi, e si lascia invece impietosire da Femio, l'aedo, e da Medonte, l'araldo saggio e rispettoso nei confronti propri e di Penelope.

Avvenuto nella sala della strage un nuovo incontro tra Odisseo ed Euriclea, lì convocata da Telemaco, il re frena la sua serva dal gioire, chiedendole altresì di elencare quali serve gli fossero rimaste fedeli e quali no: queste ultime, poco dopo condotte in sua presenza nel numero di dodici, sarebbero state condannate a morte, portati fuori i cadaveri.

Torturato e ucciso pure Melanzio, Telemaco, Eumeo e Filezio rientrano nella sala e incontrano Odisseo, che, purificata la stanza, incontra le ancelle, programmando altresì con Euriclea di far lì condurre la propria legittima sposa.

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Libro XXIII



Salita Euriclea alle stanze di Penelope e svegliata la sua padrona, la regina, inizialmente incredula di fronte a quanto narratole dalla vecchia riguardo al ritorno del marito, dopo la conferma da parte di questa della veridicità del suo dire, la abbraccia, domandando come il marito avesse fatto a vincere i nemici, in gran sproporzione numerica, e, di fronte a una risposta molto evasiva, tornando a dubitare e a sospettare l'uccisore dei pretendenti sia stato un dio.

Decisasi comunque ad incontrare l'uomo che, secondo lei per volere degli dei, si era fatto mano del suo desiderio omicida, Penelope, raggiunto il marito, rimane in silenzio osservando l'uomo, indecisa sul da farsi poiché, così conciato, aveva un aspetto differente.


Biasimata da Telemaco per il suo atteggiamento sospettoso, la regina, rivoltasi al figlio esponendo le sue perplessità, è ignorata dal marito, che invece si rivolge al principe domandandogli di pensare come loro due possano evitare il desiderio di vendetta dei parenti degli assassinati.

Dopo che Telemaco ha rifiutato questa responsabilità, Odisseo espone quale sia il suo piano, basato sul celare ai compatrioti essersi svolto quell'eccidio organizzando una festa simile a quella nuziale e sul fuggire di nascosto.

Compiutisi i preparativi per la falsa festa, essa ha luogo e permette di ingannare gli itacesi a Odisseo e a Telemaco, il primo dei quali, lavato da Eurinome, è reso eccezionalmente bello da Atena.

Essersi nuovamente recato al cospetto di Penelope, Odisseo chiede ad Euriclea che gli sia fornito un letto, fornendo alla moglie il pretesto per metterlo alla prova dicendo che il letto sarebbe stato allestito nel portico: ben sapendo Odisseo che il letto da lui costruito usava al posto di uno dei montanti un ulivo vivo, le risponde che ciò era impossibile, persuadendola definitivamente e facendola correre verso di lui piangendo, affermando le loro sventure siano state colpa degli dei e chiedendo perdono per i continui argomenti addotti contro il riconoscimento.

Abbracciato Penelope lo sposo, i due erano rimasti assieme per tutta la notte, resa appositamente lunghissima da Atena, avendo quella impedito il sorgere dell'aurora.

Esortato dalla moglie, Odisseo riporta poi cosa Tiresia aveva detto avrebbe dovuto fare prima della morte, ossia viaggiare per mare sino a che avesse incontrato un popolo che non faceva uso di navi e un viandante che gli avesse detto di avere un ventilabro sulla spalla: solo allora, tornato in patria facendo libagioni agli dei dopo aver fatto nel luogo dell'incontro sacrifici a Poseidone, sarebbe potuto morire per mare ben gradito ai numi tutti. Preparato il loro letto, la coppia regale vi si stende, narrando il marito alla moglie e quella allo sposo le rispettive sventure, e le danze della falsa festa sono arrestate da Telemaco, Filezio ed Eumeo.

Terminata la notte, Odisseo promette alla sposa che a breve avrebbe portato a palazzo le ricchezze donategli dai Feaci, vendicandosi altresì sulle famiglie dei pretendenti per il risarcimento dei danni da quelli cagionati: allontanatosi dalla reggia seguito dai tre fedeli compagni, protetto da Atena, Odisseo si reca dal padre.

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Libro XXIV



Condotte Ermes le anime dei pretendenti nell'Ade, questi si avvicinano a un gruppetto di eroi morti durante e dopo la battaglia di Ilio, tra i quali Achille e Agamennone cominciano a conversare sulle rispettive morti, l'una avvenuta durante la battaglia per mano di Paride e l'altra dopo il ritorno in patria per mano d'Egisto.


Rivolgendosi l'Atride all'anima dell'appena morto pretendente Anfimedonte, gli chiede che avesse cagionato la morte di tanti giovani scelti, sentendosi rispondere che l'autore di quell'eccidio era stato Odisseo, volendo questi vendicarsi per i soprusi perpetuati da quelli durante la sua assenza ai danni del proprio patrimonio e della propria moglie. Dopo aver Anfimedonte sinteticamente narrato quanto fosse accaduto in Itaca dopo la partenza di Odisseo, l'Atride esprime il suo elogio a Penelope, affermando che la sua gloria durerà a lungo e che si trova in antitesi con sua moglie Clitennestra.


Arrivati Odisseo, Telemaco, Filezio ed Eumeo alla casa di Laerte, il re invita i restanti tre ad entrare e a preparare il pranzo mentre lui si sarebbe recato dal padre, per vedere se l'avrebbe riconosciuto o meno. Dopo essersi fatto commuovere dalla penosa anzianità del genitore, Odisseo gli si avvicina, fingendo di averlo scambiato per un servo e ingannandolo affermando d'esser lì venuto per incontrare il re dell'isola, che era stato secondo il suo racconto da lui ospitato durante i suoi viaggi.

Interrogato circa l'identità dell'isola, Laerte, prima di far domande al visitatore riguardo al suo incontro col figlio e la sua identità, risponde quella che è sì Itaca, ma che Odisseo non è più tornato dalla guerra, in sua analisi morendo lungo il viaggio di ritorno, e che ora su di essa spadroneggiano alcuni giovani nobili, sentendosi poi rispondere che si trova al cospetto di Eperito, originario di Alibanto e lì portato dalle correnti. Dopo aver riposto che non aveva notizie di quel suo antico ospite da cinque anni, Odisseo, vedendo la conseguente disperazione dell'anziano genitore, lo abbraccia, facendosi riconoscere per mezzo della succitata cicatrice e della capacità di elencare gli alberi presenti nell'esteso frutteto.

Dopo aver espresso la sua preoccupazione per la vendetta degli itacesi dovuta all'omicidio dei pretendenti, Laerte rientra in casa e, prima di mangiare il pasto preparato dai tre accompagnatori del figlio, è lavato dalla fedele ancella Sicula e reso più imponente da Atena. Dopo essersi Laerte dispiaciuto per non aver potuto prender parte alla strage, i cinque uomini intenti al banchettare sono raggiunti da Dolio, marito di Sicula, che subito avrebbe riconosciuto, commosso, il proprio re.


Mentre anche i nuovi arrivati vengono accolti all'agreste pranzo, nonostante nessuno avesse apparentemente trafugato la notizia, la gente, scoperto ciò che era avvenuto nel palazzo, è incitata da Eupite, padre di Antinoo, a vendicarsi su Odisseo per aver fatto morire tanti giovani e in guerra e dopo il suo ritorno.

Dopo che Medonte ha ricordato come la vendetta di Odisseo si fosse compiuta coll'approvazione e il supporto degli dei, un successivo intervento di Aliterse divide l'assemblea, della quale una parte si ritira terrorizzata e l'altra prende le armi, comandata da Eupite, destinato però a morire nella spedizione punitiva.

Dopo che Zeus, invitato da Atena, ha deciso di concedere alle parti in causa la pacificazione, Odisseo, informato del fatto che gli itacesi si stiano avvicinando alla capanna, fa vestire a tutti gli uomini a lui fedeli le armi e, rivolgendosi a Telemaco dopo aver visto che Atena li accompagna sotto le mentite spoglie di Mentore, esprime la sua esortazione all'esser prodi, prontamente recepita dal figlio.

Dopo che Laerte, incitato da Atena, ha ucciso Eupite lanciando un giavellotto, la dea ferma Telemaco e Odisseo dall'uccidere i nemici, poco dopo messi in fuga dalla sua terribile apparizione, denotata da un lampo di Zeus e rimarcata da un bellicoso grido di Odisseo che, ben felice, pur volendo passare al contrattacco, accetta la pacificazione col popolo propostagli dalla dea.

 
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Annotazioni al testo

^ L'opposizione di Poseidone è dovuta al fatto che Odisseo gli ha accecato il figlio Polifemo.
^ Atena in questo passo predice a Telemaco il futuro, affermando che suo padre non è morto ma che vaga per il mare, impedito da "gente selvaggia". Ciò non è vero, poiché al tempo suo padre si trovava sull'isola di Ogigia dalla ninfa Calipso.
^ I consigli dati da Atena al suo giovane anfitrione sono espressi in modo non chiaro e apparentemente contraddittorio. Atena afferma che nel caso Odisseo ritorni sarà questi a farsi vendetta. Nel caso, in contraddizione col vaticinio, non debba tornare, avverrà dell'altro: cacciati i pretendenti e rimandata sua madre a casa del padre di lei, non avute notizie del padre e potendone quindi certificare la morte, dovrà trovare un nuovo marito alla madre e uccidere i pretendenti.
^ Solo in questo frangente Telemaco "attonito in cuore" comprende di essere stato di fronte a una presenza divina.
^ Il concetto di pretendente assume in questo ambito un significato particolare. Ammesso che la dignità regale non passasse per via direttamente ereditaria, nonostante la presenza in patria di Odisseo avrebbe agevolato per suo figlio la salita al trono, in assenza del padre si apre una vera e propria lotta per la successione. Le vie per salire al trono potevano essere molteplici e la loro natura non è nota alla perfezione. Certamente, nonostante il verdetto potesse forse essere espresso dall'assemblea o vi potesse essere addirittura una lotta armata per la successione, l'essere marito della regina avrebbe agevolato la salita al trono. Lo stesso Odisseo, dopo vent'anni di assenza, non avrebbe più potuto rivendicare il trono (confermato in II, 246-251 da Leocrito).
^ I Proci in sede di banchetto si comportano in modo immorale e sono per ciò criticati da Atena.
^ Egizio è un anziano, ritenuto saggio: egli aveva quattro figli, dei quali uno morto con Odisseo poiché ucciso dal Ciclope, un altro che viveva come pretendente di Penelope tra i Proci e due che gli erano fedeli. Egizio ricorda come da quando se ne fosse andato Odisseo mai fosse stata raccolta l'assemblea, simbolo del crollo delle istituzioni.
^ Penelope aveva infatti promesso che avrebbe preso marito appena avesse completata la realizzazione di una tela che avrebbe fatto da sudario per Laetre, anziano padre dello sposo che sperava sarebbe presto ritornato vivo in patria. In virtù di questa speranza per allungare il tempo di realizzazione dell'opera nottetempo continuava a disfarla. Dopo che una donna a lei vicina aveva informato i pretendenti di questo fatto, era stata costretta a finirla contro la sua volontà. Questa questione è ripresa con le medesime parole pure in XIX, 130-161 da Penelope, e in XXIV, 128-150 dal fantasma di Anfimedonte.
^ Si tratta di due aquile che, venendo da un monte non precisato, si mettono a lottare proprio sopra l'assemblea.
^ Si verifica in questo frangente un profondo anacronismo. Ai tempi in cui era ambientato il poema, era uso fossero i pretendenti ad offrire doni, come più volte ricordato nei testi omerici. In questi passi, sembra sia già stata introdotta l'usanza secondo la quale è la famiglia d'origine ad offrire doni.
^ Aliterse è un anziano indovino, che prima della partenza di Odisseo gli aveva pronosticato il ritorno dopo vent'anni, previe molte avventure che avrebbero causato la perdita di tutti i compagni.
^ È particolare il concetto d'eredità nel caso dei sovrani ellenici, per i quali i beni personali erano nettamente separati da quelli della corona. Se questi ultimi passeranno direttamente al successore, quelli privati di Odisseo sarebbero invece lasciati senza un padrone nel caso della morte di Telemaco, ipotizzata da uno dei pretendenti durante il prossimo viaggio in mare. Euriclea prontamente afferma che però potrebbe essere anche una morte programmata per mezzo di un attentato, come poi infatti i pretendenti tenteranno di fare.
^ Le modalità colle quali Nestore interroga il suo ospite sono uguali a quelle usate dal Ciclope per Odisseo (IX, 252-255); nella presentazione non si dà una connotazione negativa all'attività della pirateria, al contrario di quanto in XIV, 85-88.
^ Questa necessità era dettata dal fatto che Aiace Oileo aveva usato violenza nei confronti della sacerdotessa di Atena Cassandra. Questa storia non è descritta se non in fonti posteriori, una veloce allusione è presente in IX, 502.
^ Il personaggio che doveva farle la guardia era un aedo; da ciò si può dedurre che in epoca micenea questa categoria godesse di una reputazione superiore a quella che ebbe in un secondo momento.
^ Considerati i diffusi contatti marittimi dei Micenei cogli altri popoli che abitavano le sponde del Mediterraneo, lo svolgersi dei viaggi di Menelao in Oriente potrebbe essere letto come un'allusione a quelli.
^ Antiloco era morto in guerra cercando di difendere il padre, ucciso da Memnone, re degli Etiopi, a sua volta fatto perire per mano d'Achille. Questi eventi erano narrati nell'Etiopide, poema epico del ciclo troiano andato poi disperso, attribuito dalle fonti a Arctino di Mileto.
^ Il racconto di Elena apre una questione mai pienamente risolta nell'ambito dell'epica antica, ossia quella della moralità presente o meno nelle scelte di questa. Se l'Iliade non contiene aperte accuse nei confronti della donna, sovente presentata come strumento passivo della volontà di Afrodite e ricordata nel tradizionale proemio come oggetto di un ratto, nell'Odissea Elena riconosce una propria colpa e parallelamente ammette di essersi ravveduta via via che gli anni di soggiorno ad Ilio passavano. Il successivo discorso di Menelao tende però a smentire quanto sostenuto da Elena.
^ La descrizione dell'ambiente nel quale sarebbe morto Menelao offre un richiamo a quello dei Campi Elisi o Isole dei Beati, citate pure da Esiodo in Le opere e i giorni, a 166-173. L'idea antica dell'immortalità degli eroi, esseri semi-divini, è estranea alle credenze omeriche.
^ Curioso è il ruolo della figura di Laerte nel poema, poiché rimane sempre un personaggio secondario a dispetto delle sue dignità sociale ed età; dato che non si parla del suo passato e del perché abbia abdicato, è probabile che sia una recente introduzione nella narrazione.
^ Si ritiene che l'inserimento nell'intreccio di questo episodio sia frutto dell'intervento di una seconda figura successiva all'autore originale, identificabile o con chi unì la Telemachia col resto del poema o con un rapsodo che inventò questi passi per poter narrare i canti V-XXIV separatamente dai precedenti, poiché 1) questo brano appare speculare a quello presentato in I, 22-95 2) molte parole sono riprese da altri passi dell'opera (II, 230-234; IV, 557-560, 700-702).
^ Riassumendo nel dialogo brevemente Ermes gli eventi relativi e successivi alla battaglia combattuta presso Ilio, allude a una ipotetica ira di Atena nei confronti di Odisseo. Questo fatto, in contrasto coi continui aiuti forniti dalla dea all'eroe, appare come un'arbitraria ed inesatta applicazione del motivo generale giustificante le disgrazie che colpirono gli eroi achei durante il loro ritorno a casa (III, 135 e segg.; IV, 502). È inoltre noto al lettore omerico fino dal proemio che colui che maggiormente osteggiò il ritorno di Odisseo in patria fu Poseidone, almeno a partire dall'episodio del Ciclope.
^ Per l'identificazione dell'isola di Calipso, se di alcuna utilità sono le indicazioni relative alla durata del viaggio, giacché tutti quelli di Odisseo durano o diciotto, come questo, o nove giorni, sono importanti i nomi delle costellazioni citate, che ci fanno supporre una collocazione nell'estremo occidente.
^ I Feaci, dopo che per un certo periodo di tempo erano rimasti ad abitare vicino ai Ciclopi venendo continuamente da questi depredati, si erano trasferiti sotto la guida del re Nausitoo nell'isola di Scheria: al tempo dell'arrivo di Odisseo il re era Alcinoo. L'isola dei Feaci era stata identificata dai Greci con Corfù, prossima ad Itaca: nonostante nel tempo siano state formulate anche altre teoria, nel poema questa terra è presentata come un luogo fiabesco e fuori dal mondo e non tanto come un posto realmente esistente. Non si dice mai che sia un'isola, ma lo si può dedurre da quanto in VI, 204.
^ Nella veloce descrizione che Nausicaa fa della città dei Feaci, sembra che questa ricalchi lo schema tipico delle colonie ioniche dell'VIII secolo a.C.: al contrario, il palazzo di Alcinoo sembra molto simile alle regge micenee, in palese anacronismo.
^ Questi consigli, ripetuti anche da Atena, lasciano trasparire un chiaro anacronismo consistente nel fatto che al tempo in cui era ambientata l'Odissea nessuna donna in Grecia godeva più di una tanto ampia autorità (provata da quanto fa in VII, 74; XI, 338.): nonostante Alcinoo non sia a lei subordinato, ciò lascia trasparire alcuni riferimenti al mondo miceneo, anacronistici se inseriti nel contesto cittadino vigente tra i Feaci.


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^ L'accesso in città da parte di Odisseo è caratterizzato da una straordinaria circospezione non dovuta tanto all'inospitalità dei Feaci, popolo ben disposto nei confronti degli stranieri come provato in VIII, 32-33, ma al fatto che il commercio e la pirateria mettessero come naturale in contatto uomini prima mai vedutisi. Alla circospezione di coloro che accolgono si affianca quella del viaggiatore, che può essere sì ben accolto ma anche maltrattato, come capiterà ad Odisseo rispettivamente in VII, 167 e IX, 273, e deve quindi appellarsi alla benevolenza di Zeus (come in VI, 207-208.).
^ Nonostante quando ci viene detto che Alcinoo aveva cinquanta schiave sia necessario prendere questo numero come indicativo, esso denota un'allusione al periodo miceneo, durante il quale il numero dei servi nelle case principesche era maggiore.
^ Nel suo discorso Alcinoo evidenzia come i Feaci, al pari dei Ciclopi vicino ai quali abitavano e dei Giganti, siano esseri "prossimi agli dei".
^ Tale episodio, pur non essendoci noto, potrebbe essere dovuto al fatto che il primo volesse conquistare la città per forza, mentre il secondo coll'astuzia.
^ In ossequio alla tradizione dei Feaci, tutti i nomi alludono al mare e alla navigazione.
^ Il fatto che Odisseo sia un grande arciere è testimoniato dalla prova con l'arco; questo strumento era però ritenuto poco nobile e quindi fu eliminato dalle leggende, fino al punto da non comparire più se non come elemento connotativo di un personaggio (si vedano i casi di Eracle e di Filottete) o di particolari situazioni (si veda la celebre vendetta sui pretendenti).
^ La consegna dei doni era tradizionalmente un evento prossimo alla partenza, che però sarebbe stata rimandata al giorno successivo. Essa è preceduta dal racconto delle peripezie di Odisseo, caratterizzata da alcuni collegamenti col presente e anche da aggiunte successive.
^ Il tema dell'avventura nel paese dei Ciclopi è un qualcosa di abbastanza comune nella letteratura europea. Le caratteristiche di questa civiltà costituiscono un richiamo a quella primitiva.
^ Mai nel testo viene detto che il Ciclope abbia un occhio solo; questo carattere, necessario per la buona riuscita dell'impresa, doveva quindi essere a tutti noto.
^ Parallelamente alle avventure vissute sull'isola di Eolo, coi Lestrigoni, con le Sirene e con le vacche del Sole, anche questa appare ispirata da quelle vissute dagli Argonauti. Nella tradizione, l'isola di Eolo e quella di Circe si trovano a grande distanza, dato che l'una è sita nel Mediterraneo occidentale, l'altra in quello orientale.
^ Altri non erano se non uomini lì giunti e trasformati da Circe in guardiani nolenti per la sua dimora.
^ Considerato che la predizione di Tiresia sarà piuttosto limitata (XI, 100 e segg.) e che sarà invece Circe stessa a fornire informazioni importanti per il viaggio (XII, 37-141), la necessità di interrogare l'indovino tebano appare come un pretesto per introdurre nell'intreccio un evento precedentemente indipendente dalla trama.
^ Nei poemi omericil l'accesso dell'anima nel regno dei morti avviene in tempi e con modalità differenti a seconda dei passi. Se l'anima di Elpenore sembra aver ricevuto un trattamento parallelo a quella di Patroclo, in altri casi gli spiriti dei defunti scendono direttamente nell'Ade, e in altri ancora sono accompagnati da Ermes.
^ Questo passaggio narrativo appare ricco di profonde contraddizioni, dato che la risposta che Odisseo chiede a Anticlea gli era già stata fornita dall'indovino. Anticlea a sua volta devia il discorso, evitando ogni allusione alla reale situazione presente ad Itaca. Dato che Telemaco nei vv. 158-187 è descritto come un giovane fiorente, ciò appare in aperta contraddizione col fatto che l'incontro con Anticlea si sia svolto più di sette anni prima rispetto al ritorno in patria, quando Telemaco sarebbe stato poco più che un ragazzino.
^ Il fatto che la madre di Odisseo dica a questo di raccontare il suo viaggio nell'oltretomba a Penelope può suggerire questo passo inserito tardivamente fosse inizialmente posto dopo il ritorno in patria dell'eroe; altresì le leggende raccontate in seguito non fanno parte del mondo omerico, ma potrebbero essere state tratte dall'opera di Esiodo.
^ Questo addentramento di Odisseo nell'Ade appare contraddittorio rispetto al resto del canto perché in primo luogo era stato detto in introduzione che non sarebbe andato oltre le porte degli Inferi e perché in secondo in questi versi le anime sono presentate come aventi consistenza materiale e capacità intellettuali, quando nei primi passi erano state presentate come svolazzanti fantasmi.
^ Questo passaggio appare come non collegato logicamente coll'episodio della discesa agli Inferi, dove tutto era stato svelato ad Odisseo da Tiresia: in questo passo, Odisseo afferma che se la dea non l'avesse avvertito, avrebbe fatto la fine di Agamennone.
^ La trasformazione del protagonista non è mantenuta con coerenza nel resto del poema: se Telemaco non era stato in grado di riconoscerlo in XVI, 172 e segg. e Eurimaco l'aveva schernito per la sua calvizia in XVIII, 355, Euriclea lo riconosce per mezzo della cicatrice in XIX, 380 e Filezio per il suo apparire di stirpe regale, parallelamente a Penelope (XX, 194 e XXI, 334-335): ciò significa che Odisseo non era apparso a questi ultimi come un'altra persona, ma come se stesso invecchiato, evidenziando come in Omero gli elementi magici lascino presto il passo a una narrazione realistica.
^ Il fatto che Telemaco inviti il suo ospite a recarsi dal suo peggior nemico, nonostante poi lo affiderà a Pireo, rende i confini di questo personaggio ancora meno definiti: introdotto da una lunga presentazione e presentato a Penelope come un uomo di tutto rispetto, ricompare in XX, 35 e segg. per oracolare, senza mai ottenere un ruolo ben definito nella trama: considerato il fatto che la presentazione dei personaggi nei poemi omerici è di lunghezza proporzionale alla loro importanza, Teoclimeno potrebbe aver fatto qualcosa di molto importante in un racconto parallelo non noto ai moderni.
^ Per la prima volta il poeta allude all'uso del ferro nella fabbricazione d'armi, tipico del suo tempo ma non della tecnologia propria dell'epoca in cui è ambientato il poema.
^ Per la prima volta in questo passo si fa riferimento alla giustizia divina, ignorata nell'Iliade e ripresa da Larte in XXIV, 351-352.
^ L'offerta lavorativa di Eurimaco risulta offensiva poiché era quella che solitamente si faceva ai teti, diseredati privi di un proprio lavoro condannati altrimenti all'accattonaggio.
^ Il passo è in contrasto con quanto detto in XVI, 281-298 poiché le parole sono sì le medesime, ma qui l'azione si svolge con modalità diverse e in un diverso contesto: i due non lasciano da parte armi per potersene servire, l'idea è presentata come uno stratagemma nato in quel momento e i due non sono in presenza dei pretendenti, ma soli.
^ Nonostante in seguito (vv. 370-375) si ipotizzi perché Odisseo avesse scelto di farsi lavare da un'ancella anziana, questa strategia sembra controproducente al fine di non farsi riconoscere perché un'anziana già al servizio del palazzo prima della partenza l'avrebbe scoperto con maggior facilità. È probabile che la posticipazione del riconoscimento da parte di Penelope sia opera successiva, in quanto in una prima versione la coppia si sarebbe potuta riunire in quest'occasione.
^ Un simile intervento potrebbe far intendere che nell'intreccio primevo questo passo fosse successivo al riconoscimento di Odisseo da parte di Penelope.
^ Sono copiose le contraddizioni presenti negli ultimi due libri dell'opera, dovute al fatto che sopra un primo intreccio ne venne redatto un secondo, profondamente differente. Secondo quello oggi leggibile, Odisseo interrompe la scena del riconoscimento per dedicarsi allo scampare la vendetta dei parenti dei pretendenti: la scena del riconoscimento è posticipata. Il passo in cui si narra che un'ancella si sia presa cura del suo re per organizzare una fantomatica festa appare in contraddizione col fatto che il mutamento nell'aspetto di Odisseo non provoca cambiamenti nel comportamento di Penelope, che in vv. 174-180 riprende quanto detto in seguito. Questa scena appare quindi solo come un pretesto per introdurre una conclusione alternativa, pretesto per di più mal integrato nel contesto narrativo. Secondo una prima versione, il riconoscimento sarebbe stato successivo alla strage, evitando un richiamo alle successive lotte per la riconquista del potere, e il poema si sarebbe concluso coll'incontro tra Odisseo e Penelope, la seconda finalmente conscia dell'identità di quello che fino a poco tempo prima aveva sempre creduto un mendico.
^ Secondo molti critici antichi e moderni l'Odissea nella prima redazione si sarebbe conclusa con questa scena.
^ La pacificazione con cui si chiude il canto assume un carattere quasi miracoloso per il fatto che i parenti dei pretendenti, non essendo presente un'istituzione giudiziaria, stessero compiendo una legale vendetta contro chi aveva assassinato i loro congiunti.


fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Trama_dell%27Odissea

 
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