| Territorio: geografia umana. Immigrazione e sviluppo demografico
La grande immigrazione ebbe inizio alla metà del sec. XIX con un ritmo annuale di ca. 100.000 individui, quasi tutti provenienti dalla Gran Bretagna. Lo sfruttamento minerario, iniziatosi con la scoperta di giacimenti auriferi, accrebbe l'ondata immigratoria. Nel 1880 la popolazione, quasi interamente bianca, era salita a 2,2 milioni; gli aborigeni nel frattempo erano fortemente diminuiti, in seguito sia all'eliminazione da parte dei bianchi sia alle malattie contratte dai nuovi venuti. Nel 1900 la popolazione era già di 3,7 milioni, per la maggior parte stanziata nel Nuovo Galles del Sud e nel Victoria: questa dislocazione intorno ad alcuni grandi centri portuali fu successivamente all'origine della divisione in diversi Stati. L'immigrazione di italiani cominciò piuttosto tardi, con la richiesta di manodopera che non fosse nera; oggi essi formano la comunità più numerosa, ma rilevanti sono pure quelle di greci, olandesi, tedeschi e siriani. Gli italiani si sono tradizionalmente insediati in aree agricole: nelle piantagioni di canna da zucchero della costa settentrionale del Queensland, nei territori rurali dell'Australia sudoccidentale, soprattutto presso Perth, e nei territori a economia mista, rurale e urbana, nei pressi di Sydney e di Melbourne. A partire dagli anni Cinquanta del Novecento questo schema cambiò e la manodopera italiana venne attratta dall'industrializzazione, dando occupazione nelle industrie pesanti delle maggiori aree metropolitane: in particolare in quella di Melbourne, dove oggi vive più di un terzo di tutti gli italiani immigrati in Australia. Agli apporti dall'esterno si aggiunsero nel frattempo quelli dovuti all'incremento naturale; l'aumento demografico ha inoltre ricevuto un notevole impulso dall'ondata immigratoria seguita alla seconda guerra mondiale, che ha suscitato nuovi sviluppi economici dell'Australia. La popolazione è così composta essenzialmente da bianchi (90,2%) mentre gli asiatici (7,3%) e gli aborigeni (2,5%) rappresentano le minoranze più importanti. La crescita demografica risulta avere valori più alti rispetto ai parametri dei Paesi occidentali e gli incentivi statali alle famiglie introdotti nei primi anni del sec. XXI hanno fatto registrare un aumento della natalità. La piramide dell'età evidenzia tuttavia un aumento delle fasce intermedie e di quelle più alte: circa il 20,4% degli australiani ha più di 60 anni; ciò fa dell'Australia il Paese con la popolazione più vecchia del continente. L'incremento annuo è del 7% (2013), in parte dovuto all'incremento naturale e in parte all'immigrazione; quest'ultima, motore della nascita del Paese, è ora oggetto di severe misure restrittive. Attraverso la cosiddetta “soluzione pacifica” nel 2001 l'Australia ha stabilito inoltre un accordo con altri Paesi del Pacifico (Nauru e Papua Nuova Guinea) per regolare il flusso dei rifugiati. Tale accordo prevede che l'accoglienza venga assicurata da questi Paesi all'interno di campi profughi. Questa politica si è chiusa definitivamente nel 2008 con la risistemazione dei richiedenti asilo presenti nei campi di Nauru e Papua Nuova Guinea in altri Paesi (Europa, Nuova Zelanda e Australia stessa, secondo Paese al mondo nel 2006 scelto come meta finale dei richiedenti asilo) e il contestuale rientro in patria di gruppi dei rifugiati nei luoghi d'origine. Si calcola che, tra il 1996 e il 2005, l'Australia abbia accolto una media di 70.000 rifugiati l'anno, provenienti per la maggior parte da Serbia e Montenegro, poi da Sudan, Iraq, Afghanistan, conferendo nello stesso periodo asilo ad alcune migliaia di asiatici, cinesi, cingalesi e indonesiani. La popolazione ha una densità di 3,02 ab./km², la più bassa del continente; la distribuzione è però molto ineguale, con bassissime concentrazioni nel Territorio del Nord, dove si registra una densità media di 0,2 ab./km², e molto alte intorno ai grandi centri urbani: Brisbane, Sydney, Adelaide, Melbourne, ossia nella grande fascia esterna (la cosiddetta A. “utile”) dal clima meno arido. L'area in assoluto più densamente abitata è il territorio della capitale federale, Canberra, con 162 ab./km². Sensibili mutamenti si sono verificati anche in città periferiche rispetto al tradizionale baricentro del Sud-Est. Nel territorio sudorientale dell'Australia si stanno coagulando due piccole megalopoli. La prima lungo le coste del Nuovo Galles del Sud; l'area centrale è costituita da Sydney, mentre due ali sono rappresentate da Newcastle, a Nord, e da Wollongong, a Sud; in mezzo a queste due ali si sta ampliando lungo la costa un fitto tessuto di centri intermedi. La seconda megalopoli si sta formando tra Melbourne e Adelaide, lungo le strade e la ferrovia che collegano le due città e con diramazioni lungo le direttrici costiere, tra la baia di Port Phillip (Port Philip Bay) e il golfo di San Vincenzo. L'interno non manca comunque di risorse: la sua penetrazione procede ovviamente a rilento, anche perché l'organizzazione territoriale avviene in spontanea funzione dell'economia capitalistica, non dirigistica. Nell'interno vi sono aree minerarie e zone pioniere dedite soprattutto all'allevamento (grandi e organizzati ranches). Benché nelle zone esterne agricole non manchino né villaggi né farms isolate, l'89,4% della popolazione ormai vive nelle città; tra essele principali sono quelli di Sydney e Melbourne: Sydney, metropoli di stampo americano fitta di grattacieli, è il massimo porto, centro finanziario e industriale su cui gravita tutta una serie di altre città industriali. Melbourne, valorizzata soprattutto in passato, ha un volto più conservatore, però è attivissimo centro commerciale. Centri portuali sono anche Brisbane, Adelaide, Perth, le altre maggiori città, e sempre sulla costa, sono Wollongong, Newcastle, Townsville, Rockhampton, ecc., sbocchi di zone minerarie o agricole. Hobart è importante in quanto capitale della Tasmania; Canberra è infine l'accogliente capitale federale.
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