IL FARO DEI SOGNI

L'ESSENZA DELLA MASSONERIA IALIANA: IL NATURALISMO - PARTE I

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Onde evitare simili professioni di... fede, il Consiglio dell'Ordine, nell'aprile del 1878, agitava la questione se fosse permesso domandare ai profani che cercano la luce che cosa dovessero a Dio. Il Consiglio ispirato sempre al concetto della più ampia libertà e tolleranza... decise che quella domanda non potesse essere rivolta agli iniziandi. «Questa decisione - scrive la Rivista della Massoneria Italiana - ci sembra inspirata alla più stretta logica e alla più scrupolosa osservanza delle leggi votate nelle nostre Costituenti. Infatti, la Massoneria italiana che ha conservato sempre e conserva, in testa ai propri atti, l'antichissima e universale formula A\G.\D\G\A\D\U\, ha in ogni occasione solennemente dichiarato che quella formula non rappresentava la sintesi di nessun sistema filosofico o religioso, ma che anzi si adattava fortunatamente a qualunque opinione.


E il fatto ha dato ragione a coloro che così la pensavano, poiché a nessun iniziando, fosse deista, fosse materialista, fosse ateo, quella formula impedì di entrare nelle nostre officine. Ciascun sistema filosofico può facilmente considerarla come la sintesi del proprio principio regolatore della vita armonica dell'Universo. Quando però nelle Logge, in seguito a domande inopportune e mal formulate, si promuovono discussioni sopra questo tanto spinoso e tanto controverso argomento, allora l'attrito delle opinioni diventa ardentissimo, e una questione molto astratta genera molto concreti e molto dolorosi perturbamenti [...].




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La domanda “cosa dovete a Dio”? costituisce una violazione della libertà di coscienza, perché ammette implicitamente che Dio esista, ciò che, se per molti è una verità, per molti altri è un errore, e perciò se l'iniziando risponde che nulla gli deve perché non crede che esista, lo oppugnano subito i deisti, i materialisti e gli atei lo difendono, e così avvengono sempre dispiacevolissime contestazioni. È dunque eminentemente saggia - oltre all'essere legale - la decisione del Consiglio dell'Ordine, e noi, pregando le Logge ad uniformarvisi scrupolosamente, non crediamo che di compiere uno dei nostri più sacri doveri. Le domande che uniche si devono dirigere agli iniziandi chiusi nel gabinetto di riflessione e alle quali devono rispondere in iscritto, sono le seguenti: “Che cosa dovete all'umanità? Che cosa dovete alla patria? Che cosa dovete a voi stesso”? In questo campo si restringe l'azione della Massoneria, e noi non abbiam diritto di chieder più oltre» 92. Quest'uso si segue ancora oggi ed è abbondantemente documentabile.




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Per finire, leggevamo recentemente nella Rivista Massonica: «È anche vero che il Grand'Oriente d'Italia si rifiutò di seguire il Grand'Oriente di Francia nella sua avventura ideologica che lo recise dal corpo della Massoneria universale quando volle abolire la invocazione del Grande Architetto dell'Universo» 93. Per essere più esatti, forse, bisognava dire non che «si rifiutò di seguire», ma che «lo precedette» almeno processione massonicanell'intenzione. Infatti, la Rivista della Massoneria notava: «Qui cade in acconcio osservare che anche in Italia fu più volte proposta l'abolizione della formula tradizionale cosmopolita A\G.\D\G\A\D\U\. Ma le nostre assemblee sempre - ad enorme maggioranza - la vollero mantenuta. La prima proposta di abolizione fu presentata nella Costituente del 1869.


Il F\ Bartolomeo Ortolani, dottissimo ed eloquentissimo Venerabile della Loggia “Goffredo Mameli” all'Oriente di Sassari, propose che fosse sostituita con l'altra: “Alla Gloria del Progresso Infinito”; ma dopo una meravigliosa orazione del F\ Floriano Del Zio, la vecchia formula fu conservata, dichiarandosi e riconoscendosi che essa, nel linguaggio simbolico, rappresentando la espressione grafica di ciò che è, poteva essere accettata da qualunque credenza. Così la Massoneria italiana, con una decisione di cui non è possibile disconoscere la profonda, sensata e pratica abilità - non sarà utilità? - poté conservare le sue relazioni cordialissime con tutte le potenze massoniche della Terra e permettere a tutti gli uomini - qualunque fossero le loro opinioni filosofiche o religiose - di entrare e di rimanere nell’Ordine senza nessun vincolo alla libertà del loro pensiero e della loro coscienza» 94.




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Lo stesso accadde nell'Assemblea Costituente tenuta al Teatro Argentina di Roma il 28 aprile 1872, con discussioni «assai scomposte e qualche volta tumultuose» 95 perché si doveva ratificare il Concordato, firmato fin dal 5 ottobre 1871, fra i vari Orienti italiani in lotta tra loro.
Tra gli altri argomenti c'era un «articolo riservato alla discussione del Congresso Massonico Internazionale: “Abolizione dell'attuale intestazione degli atti A\G.\D\G\A\D\U\“» 96. Ma non se ne fece nulla, tranne la lettura di una lettera di Giuseppe Garibaldi (1807-1882) al Gran Maestro Giuseppe Mazzoni (1808-1880), da Caprera, in data 24 aprile 1872: «E chi prima (se non la Massoneria) lanciossi nel glorioso sentiero del razionalismo, combattendo le grette idee delle mille sètte in cui divisero gli uomini i furbi e i birbanti speculatori sulla credulità degli ignari? E chi chiamolli ad affratellarsi sotto le insegne del martello e del compasso e sotto quelle morali del Grande Architetto dell'Universo? Il vostro Architetto dell'Universo, massoni, non è forse il Dio di Mazzini e l'Infinito di Filopanti? E voi tutti non siete decisi non d'imporli, ma di lasciare alla ragione, alla scienza la cura di investigare nelle regioni ancora vergini dell'Infinito morale, ove almeno l'intelletto umano ardisca di avventurarsi, ciocché forse giammai troveranno»? 97.



«Nell'era atomica - scrive Tommaso Ventura - non c'è posto per un Dio persona, creatore e giudice, qual'è configurato dalle religioni, dalla rivelazione delle religioni positive» 98.




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L'ateismo massonico




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Dopo aver descritto, a grandi linee, i caposaldi della «dottrina» massonica s'impone qualche conclusione in merito alla domanda che ci ponevamo all'inizio: è possibile parlare di «religiosità massonica»? Abbiamo veduto come il pensiero massonico intorno al G\A\D\U\ sia vago, nebuloso, incerto e contraddittorio: ciò dipende dalla nessuna incidenza pratica del G\A\D\U\ nella vita dei massoni. Le dispute che talvolta abbiamo viste accendersi tra le varie correnti massoniche (con conseguente rottura di relazioni tra un Grand'Oriente e l'altro) non hanno alcun carattere speculativo, ma nascondono quasi sempre scopi assai più concreti. Che il G\A\D\U\ non abbia nessuna ingerenza nella vita morale può desumersi anche da quel concetto di «morale autonoma» di cui i massoni sono sostenitori da sempre. Che la Massoneria si rifaccia al Grande Architetto per orientare l'azione dei «credenti», da nessuno è stato mai sostenuto; egli non è concepito quale ultimo termine della moralità, come il portatore e l'ispiratore di ogni legge morale.




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Infatti, «perché l'uomo informi - secondo i principî massonici - bene la sua condotta, non deve cercare il comando fuori o sopra della ragione [...]; non deve prospettare la legge morale come un comando dall'alto, da una esistenza extramondana, soprannaturale, a cui debba inchinarsi. Il comando, a cui l'uomo deve obbedire, in quanto muove dalla ragione, fà sì che l'uomo da nulla possa essere turbato, dala massoneria esiste ancora? nulla possa essere deviato, perché, se può rovinare una morale fondata su di un'autorità esterna, non cade quella che sia tratta dalla coscienza umana. In siffatta obbedienza, l'uomo sente la pienezza e la serena dignità della sua natura ragionevole; non si sente mai servo, ma signorilmente suddito, cioè libero, perché svolge coscientemente la sua natura e si fà consapevole artefice del suo destino. Eliminato il soprannaturale, la morale massonica è prettamente naturalistica: i diritti e i doveri umani, i fini e le lotte umani sono legati alla Terra; il destino dell'uomo è un semplice frammento del destino universale, la storia delle nazioni è un capitolo completivo della storia naturale» 99. E Giovanni Bovio (1837-1903) ne suggerisce anche il motivo: «La sola ragione può comandare a sé stessa, essendo essa autogenetica» 100.


Uno dei pilastri della Massoneria sarebbe appunto quella «forza morale, che, per la sola autorità della ragione, porta i suoi adepti ad eseguire le sue prescrizioni» 101. L'uomo diviene, così, il giudice di sé stesso: «Questo regno dello Spirito, voi (cattolici) lo ponete in una sfera soprannaturale dove le anime saranno pesate sulla bilancia del vostro Dio; noi lo collochiamo nella ragione dell'Uomo, che non deve sperare altro giudice che gli imperativi della propria coscienza» 102. È evidente, infine, che detta concezione morale è completamente svincolata dall'idea di premio o di castigo. Il cielo e l'inferno sono risibili «postume preoccupazioni» 103: «Noi non andremo nel cielo, noi vi siamo poiché la terra è nel cielo. Vi si è parlato dell'inferno, ma l'inferno non esiste in nessuna parte se non è nella coscienza dei cattivi» 104. Oltre quella di essere lasciata alla determinazione personale, un'altra caratteristica dichiarata della morale massonica è quella di essere una morale laica: «L'etica universale e laica (di Mazzini) che noi, a buon diritto, identifichiamo nell'etica massonica [...] pone alla base di ogni progresso l'Uomo, in tutta la sua dignità, la sua pienezza e la sua libertà» 105.




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È dunque evidente il distacco dai precetti di qualunque religione positiva: «La morale massonica non è né cristiana, né ebraica né maomettana. La Massoneria proclama determinati principî sui quali i moralisti di tutti i Paesi e di tutte le religioni sono d'accordo e si sforza di armonizzare le opinioni che a volte sono contrastanti solo in apparenza» 106. Dove la Massoneria riesca a reperire quei, sia pur pochi, rito di iniziazione di un nuovo fratelloprincipî sui quali tutti gli uomini sarebbero d'accordo, è un mistero! E come, poi, una morale che, nella sua formulazione come nella sua attuazione, prescinde completamente da mezzi soprannaturali (come il ricorso a Dio, la preghiera, i sacramenti), riesca a giungere alla «comunione della natura con Dio» 107, è un mistero non meno insondabile.

Con questi presupposti non fà meraviglia che si parli di andare «verso una nuova religione» 108; una «religione superiore che fà intendere l'Universo quale fonte eterna e infinita di bellezza e di amore, di giustizia e di libertà» 109 per l'umanità che «dopo un'esperienza più volte millenaria d'innumerevoli religioni, non ne ha trovata ancora una che abbia placata e soddisfatta la sua ansietà religiosa» 110. Ed ecco la Massoneria, in armonia con gli scopi ambiziosi che si propone, gettare le sue linee maestre di questa «nuova religione»: «Le religioni sopravvissute, pur conservando la loro forma storica, si considereranno reciprocamente come dei semplici riti di una medesima chiesa, la comunione universale di tutte le persone dabbene, quali che siano i simboli con i quali ciascuna di esse si rappresenterà l'Assoluto, l'Infinito e l'Universo» 111.




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Sono evidentemente prospettive vaghe, come è nello stile massonico, ma indicative: «Domani verrà trovato un nuovo termine conciliativo fra cielo e terra», e così «nascerà una nuova religione per le masse» 112. Per le masse, si badi! Perché per i massoni, uomini (dicono loro) di pensiero, questa è la formula: «I progressi della tecnica (come sempre è stato per il progresso scientifico) sono altrettanti colpi bassi per le soprastrutture confessionali che gli uomini hanno costruito nel tempo attorno ai concetti filosofici fondamentali, per cui è legittimo attendersi che le limitazioni dogmatiche, che hanno diviso e ancora dividono l'umanità in compartimenti stagni di pensiero e costume, tanto diversi fra loro, proprio dalla tecnica saranno demolite, facilitando, nel tempo, il ricongiungimento di tutta l’umanità nel minimo denominatore comune - che si identificherà allora nella “verità” - formato da ciò che in ogni religione insegna all’uomo di essere buono, giusto e savio, amando il prossimo come sé stesso e facendo agli altri ciò che vorrebbe fosse fatto a sé» 113.



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Siamo, dunque, dichiaratamente e senza veli, alla società scientifico-materialista e atea. Ci pare, infatti, dimostrato che non solo la religione massonica è inconsistente e di religiosità massonica, quindi, non può parlarsi, ma che anzi la Massoneria pratica un sostanziale ateismo. È vero che la Massoneria ha sempre rifiutato l'accusa di ateismo e, dal canto suo, non ha mai fatto aperta professione di esso. Già nella prima stesura delle Costituzioni di Anderson, nel 1717, si esigeva che il massone non fosse mai «uno stupido ateo, né un libertino senza religione» 114; anzi, uno dei gruppi che si ostina a considerarsi vicino alla Chiesa di Roma, protesta che «a rigore, la sola religione, incompatibile con la Massoneria, è l'ateismo» 115. Perfino il Lupi, della Massoneria di Palazzo Giustiniani, in polemica con la Civiltà Cattolica, afferma: «L'ateismo pratico non può essere se non l'ateismo di chi viva e operi ignorando dio e la sua legge: siamo dunque esattamente all'antitesi degli intendimenti che animano il Libero Muratore quando varca la soglia del Tempio e ricerca appassionatamente, nella sua misterica e nella sua simbolica, una luce e una guida» 116. Abbiamo già visto quale peso abbia Dio nella vita e nelle opere del libero muratore. Ma, al di là di queste affermazioni puramente formali, cosa rimane della «religione massonica»? Non si ha il diritto di chiamare atea una sètta il cui Dio è un'astrazione così nebulosa, così incerta?




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È un Dio «inconoscibile», «indefinibile«, «ineffabile», totalmente avulso dal mondo e dalla sua pratica quotidiana; un G\A\D\U\ che non si manifesta mai, non si fà conoscere, non «rivela» nulla agli uomini, non detta e non presiede alla legge morale; una misteriosa Entità di cui tutto si può affermare e tutto negare, tutto predicare e tutto escludere; un Dio che non si sa dove sia, al quale gli uomini non debbono nulla einiziazione massonica dai quali Egli nulla pretende! Non debbono chiamarsi atei coloro il cui Dio è ridotto a mera comparsa? Atei, non a parole, ma nella sostanza e nei fatti! E non siamo noi a dirlo: è quanto, sia pure a denti stretti e parzialmente, ammette lo stesso Umberto Gorel Porciatti: «Nel 1912, [...] le autorità massoniche internazionali giudicarono [...] irregolare (la Massoneria di Palazzo Giustiniani), ritenuta non senza qualche ragione, prevalentemente ateistica» 117. Parlando poi dei vari gruppi massonici sorti dopo la Seconda Guerra Mondiale, parla così, Giustinianeo, di Palazzo Giustiniani: «Da un lato, la Massoneria Giustinianea, erede della Massoneria irregolare, anticlericale e con qualche sfumatura ateistica...» 118. Salvatore Spadaro, Scozzese, pur lodando, dopo il 1946, Palazzo Giustiniani perché guidato «da capi di effettivo valore» e organizzato «con severi criteri di selezione», pure dice: «Coerente alla tradizione del periodo aureo della Massoneria italiana, è nettamente anticlericale, professa un panteismo razionalista di vecchia maniera» 119.




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Dall'argomento trattato ci sembrava di poter escludere, Gruppo della Serenissima Gran Loggia d'Italia, istituita a Milano dal Dr. Goffredo Sollazzo il 12 luglio 1951, «sovrana e indipendente da qualsiasi altro Corpo Massonico o Rito, ancorché regolare» 120, approvata dalla Gran Loggia d'Inghilterra che lo stesso Mellor mette, da sola, in un Gruppo a parte «con le Massonerie che le sono infeudate» 121. Il Sollazzo, Gran Maestro di questo Gruppo che Palazzo Giustiniani, falsamente, diceva essere passato tutto alla sua Obbedienza 122, in una lettera del 21 marzo 1970, puntualizzava così le loro fondamentali discordanze rispetto al Grand'Oriente giustinianeo: «Noi chiediamo ad ogni neofita la fede nell'esistenza di Dio: diciamo Dio, poiché se esso è, come è, unico, non possiamo dargli nome: ogni religione lo chiama come vuole: per questo abbiamo preferito la dizione di Grande Architetto dell'Universo». E gli domandiamo di credere nell'immortalità dell'anima, vale a dire nella «vita eterna».



Con ciò si viene a riconoscere anche l'esistenza di una «giusta» o «non giusta» vita terrena, quindi un criterio di «giudizio», la «giustizia di Dio» 123. E continua: «Sono convinto che a tutti Dio parla continuamente: il fatto è che quasi sempre noi siamo sordi: ma Dio e la Vergine ci sono sempre vicini [...]. E molto vi sarebbe da dire sulla formula A\G.\D\G\A\D\U\ [...]. La Gran Loggia Inglese, noi e molte altre Gran Logge regolari non usano tale formula: ma “In Deo Mea Spes” e “Spes Mea in Deo Est”, che viene apposta sui timbri e sigilli» 124. Questa quasi professione di... fede è stata, sembra, vanificata dal fatto che, il 13 settembre 1972, la Gran Loggia d'Inghilterra ha dichiarato «regolare» per tutto il territorio italiano il solo Grand'Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani 125.




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I presupposti del naturalismo massonico




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Abbiamo già accennato come la presunta religiosità massonica sia permeata di naturalismo, un naturalismo di cui sono facilmente individuabili le matrici. L'esaltazione della natura e una visione del mondo che tutto subordina all'uomo e alla fede nelle sue capacità «naturali» non è nuova ed è, comunque, più antica della Massoneria. Ciò che però caratterizza l'istituzione è il costante servirsi di principî filosofici, che, sconfinando nell'arbitrio più indifferenziato, le permettono di muoversi con una certa disinvoltura per il raggiungimento concreto dei suoi scopi. Una prima matrice del naturalismo massonico è nell'Umanesimo del Rinascimento.


Il fondamentale paganesimo rinascimentale, tutto teso a sostituire l'uomo a Dio, a proclamare l'innata bontà della natura, a proporre il cammino terrestre verso la felicità, a limitare su questa terra tutti gli ideali della vita, finiva per deificare l'uomo. È evidente come la Massoneria attinga a piene mani dall'Umanesimo la sua avversione alla fede, in nome dell'autonomia della ragione, e faccia suoi tutti i moti di insofferenza e di ribellione all'autorità della Chiesa in nome del libero pensiero, dell'anticlericalismo e della libera ricerca del vero. Quanto la Massoneria affondi le sue radici nell'Umanesimo, è essa stessa a dichiararlo, come si può riscontrare nel volume di Ludovico Keller intitolato Le basi spirituali della Massoneria e la vita pubblica 126. Altra evidente derivazione del credo massonico è quel legame che lo unisce all'Illuminismo razionalistico del XVIII secolo.




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Ci sia permesso citare, in una nostra traduzione, un'opera del gesuita Giuseppe Berteloot che fu, invano, un vero prudente iniziatore di un tentativo di «dialogo» con la Massoneria. Il deismo naturale si rifà al concetto di «religione» di Voltaire (1694-1778): «La religione di Voltaire si risolve in un vago deismo, senza rivelazione, senza credenze dogmatiche. Con il Dio che lui immagina, si pensa e si fà tutto quel che si vuole» 127. Sulla scia degli Enciclopedisti, Diderot (1713-1784), Jean d'Alembert (1717-1783), ecc..., «le Logge sognano di sostituire, alla civiltà cristiana, basata sulla fede, una civiltà puramente umana, basata sulla ragione. Nel loro pensiero, il cristianesimo che ha prevalso fino allora non è più ammissibile. I suoi tre dogmi fondamentali - il peccato originale, la redenzione, la vita eterna nell'al di là - sono insieme irrazionali e demoralizzanti, perché costituiscono un ostacolo al progresso» 128.



Il massone Lorenzo Fusi, in un suo discorso sul tema «Supremazia della dottrina massonica» 129, pronunciato nella Loggia Roma di Roma, in seduta d'istruzione massonica, nel 1950, conferma quanto abbiamo citato dal Berteloot: parlando del peccato originale lo chiama, insieme agli altri dogmi della Chiesa «leggende mitologiche», «imposture», «piedistallo, sia pure d'argilla, sul quale poggia tutta la fede giudaicocristiana. Si tolga questo mito alla credenza cattolica e si vedrà crollare di colpo tutta l'impalcatura dogmatica del cattolicesimo [...] (perché) il dogma del peccato originale postula logicamente il dogma della redenzione; la redenzione postula la venuta di un messia redentore, proclamata e preannunciata da una serie di grandi profeti giudaici le cui profezie gli evangelisti trassero ad avvalorare il messianismo cristiano [...]. Ma queste verità assolute e immutabili di santa madre chiesa, non sono la Verità verso la quale ci incamminiamo noi. Ben altre verità ci rivelò e ci viene rivelando il progresso del pensiero svincolatosi dai ceppi della tradizione: basti mentovare, per limitarci al solo Evo Moderno, alcuni dei più famosi nomi quali Giordano Bruno, Campanella, Galilei, Keplero, Spinoza, Leibniz, Locke, Vico, Voltaire, per vedere in quali nuovi profeti si proiettò quell'altra non meno divina ispirazione e illuminazione, che fece crollare tutte le pretese verità bibliche» (pagg. 13-14).



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La verità cattolica è ben diversa: noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo la dea ragionestato in cui si trovava all'inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l'uomo non conosceva né il male né la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, «non per imitazione, ma per propagazione», e che esso pertanto è «proprio a ciascuno» 130.


Noi crediamo che Nostro Signor Gesù Cristo, mediante il Sacrificio della Croce, ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che - secondo la parola dell'Apostolo - «là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia». A questi principî «dogmatici», continua il già citato Padre Berteloot, «essi (i massoni) sostituiscono dei principî detti “filosofici”, diametralmente opposti: quello della felicità nel progresso indefinito, quello della bontà naturale dell'uomo e quello della sua finalità sulla terra. Questi tre principî fanno corpo, sono solidali gli uni con gli altri. Se l'uomo non ha che un destino terrestre, è solo quaggiù che deve raggiungere la sua piena felicità; se è nato buono, gli basta lasciarsi guidare dal suo libero pensiero e di lasciarsi andare alla sua libera via, per realizzare automaticamente questa felicità e quella degli altri; finalmente, se il progresso è indefinito, l'uomo è assicurato di raggiungere l'età dell’oro nell'avvenire che egli stesso costruisce. Ed eccoci quindi in piena emancipazione di spirito e presto in pieno “libertinaggio” (nel senso che questa parola aveva nel XVII secolo)» 131.




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Le conseguenze di queste premesse filosofiche si fanno sentire in campo morale. «Quale la filosofia, tale la morale: ordinariamente vanno insieme», continua Padre Berteloot. «Il deismo professato da filosofi e massoni non è altro che una divinizzazione della natura e più specialmente una divinizzazione dell'uomo, il re della natura. Ora, una volta divinizzato, decretato “naturalmente buono”, l’uomo non sa più che farsi dei grandi dogmi cristiani: caduta originale, malizia fondamentale, fine ultimo al di là di questo mondo... Per realizzare la sua felicità e quella dei propri simili, gli basta lasciare libero corso ai suoi desideri, alle sue ambizioni, alle sue passioni, specialmente a quelle che gli daranno i godimenti più forti» 132.



Il Berteloot cita poi Gaston Martin 133: «Mentre nel XVII secolo un libertino non è altro che un libero pensatore, diventa, all'inizio del XVIII secolo, anche un libertino nel senso moderno della parola; e, a misura che si indebolisce l'idea di una sanzione divina ed esterna, s'indebolisce proporzionatamente la morale». E conclude: «Nessuna meraviglia. Divinizzando la natura, si è logicamente portati a divinizzare tutte le inclinazioni della natura. Chi pretende vivere secondo la virtù, non vivendo che secondo la natura, fà molto presto a chiamare virtù quello che, in fondo, non è che vizio» 134.



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