| Cultura: letteratura
La letteratura in lingua malgascia è stata, prima della penetrazione europea, eminentemente orale, originando una vera cultura nazionale. Il prestigio conferito alla parola-immagine, ritmata, ha fatto della poesia una specie d'incantesimo, dal quale non è mai disgiunto un fine utilitaristico: captare la realtà per agire su di essa. Quando non è ispirata da circostanze precise, la poesia si perde in fantasticherie che rivelano le sue origini asiatiche. Tale produzione letteraria si configura nei seguenti generi: Hain-Teny, o parole dotte, poesia a canti alterni che sussiste ancora, senza l'accompagnamento musicale che la sosteneva sotto forma di duelli oratori; Kabary, o proclamazioni reali, che tramandano nella forma più alta e rigorosa dell'eloquenza nazionale il testamento delle generazioni passate; Ohabolana, o libri sapienziali; Angano, racconti favolosi e miti cosmologici; Velatri, o preghiere; Tangehitri, o favole e indovinelli; Tsireko, canzoni mortuarie; Atsa, canzoni con accompagnamento di tamburo. Esisteva, inoltre, un genere intermedio fra il romanzo e il teatro, i cui dialoghi romanzeschi venivano recitati, cantati e danzati da attori-cantori ambulanti, detti mpilalao. Dopo la penetrazione europea appare, nel 1866, il primo giornale in lingua vernacolare, Teni Soa (La buona parola). Nasce il giornalismo e una letteratura scritta in lingua malgascia, fra cui spiccano gli Hain-Teny di Ingahiba Rainitovo, e i romanzi sentimentali ed edificanti di Rabary (1864-1947). Ma soprattutto il teatro ha beneficiato delle forme e delle tecniche occidentali. È sorto così il Kaonseritra, genere ibrido fra il music-hall e l'oratorio. All'inizio del secolo appaiono le prime opere teatrali scritte. Tre nomi illustrano la prima generazione di drammaturghi malgasci: Alexis Rakotobe, Justin Rainizabololona (1861-1938) e Tselatra Rajaonah (1863-1931), seguiti da Dondavitra (1880-1936; alias C. A. Razafimahefa), W. Ravelomodia (1886-1951), R. Andrianjafy (1888-1917), Jasmina Ratsimiseta (1890-1946), N. Rabemanantsoa (1892-1944), Charlotte Razafiniaina (1894-?), prima romanziera malgascia, e soprattutto Arthur Razakarivony (1897-1965), che, sotto lo pseudonimo di Rodlish, ha conferito al teatro una nuova dimensione volgendolo all'analisi psicologica e sociale. La colonizzazione francese ha inferto un rude colpo alla letteratura vernacolare scritta. Il grande poeta J. J. Rabéarivelo (1903-1937), pur rimanendo bilingue e fedele al genio nazionale, esprime già la fusione di due culture, più evidente nella poesia e nei drammi epico-lirici di J. Rabémananjara, più sfumata in Flavien Ranaivo. Il poeta più popolare è, forse, Havana-Ramonontoanina; quello che ha più subito le influenze straniere, e in particolare del movimento della négritude, è Thomas Rahandra. Il romanzo esalta le virtù degli avi e il senso del dovere (A. Rina), o il valore morale individuale contro i pregiudizi di casta. Fra i romanzieri più noti si ricordano C. Rajœlisolo e M. F. Robinary. La fondazione dell'Accademia Malgascia (1902) ha contribuito a creare un centro intellettuale e a salvaguardare il patrimonio culturale, formando un legame fra passato e presente, dando luogo a un'importante serie di studi storico-etnografici. Già prima della penetrazione francese, Rabézandrina aveva raccolto in una vasta opera i costumi ancestrali. Sulla sua via si sono posti Razafimino (1887-1930), con una storia delle religioni locali, Razafintsalama (1885-1963), con opere di linguistica, e Ratreina per la filosofia comparata. Gli organi della nuova generazione di intellettuali sono la rivista Antso, creata da F. Randriamanana e P. Ramonasé, e Jarivo, a cui collaborano J. Rakotoniaïny, Fredy-Rajaoféra, Rajaonah e P. Rajaobélina. Essi esprimono la necessità di creare una cultura moderna ma fedele alle tradizioni malgasce. Dopo un periodo di crisi, la letteratura conosce una nuova fioritura negli anni Ottanta del sec. XX e rivela due tendenze. La prima esalta il nuovo regime e tratta con ottimismo temi generali e universali, in poesie, romanzi e opere teatrali che non si discostano da strutture formali collaudate. Citiamo: Randriamarozaka, R. Rajemisa-Raolison, C. Rafenomanjato, R. D. Andriamiharisoa, R. Wilson, S. A. Ravoaja, J. Rakotondradany. La seconda sconvolge le strutture stilistiche, i nessi cronologici, dà libero corso a una fantasia sfrenata e visionaria, disarticola il linguaggio, evidenzia un profondo tormento interiore e una crisi sociale, smitizza tabù e tradizioni, denuncia con violenza e sarcasmo i mali della società e presenta una visione pessimistica del reale. Fra i molti poeti, romanzieri e autori teatrali si segnalano: N. Randriamirado, D. Jaomanoro, M. Rakotoson, N. Rabeorizafi, Bao Ralambo, B. Andrianabolo, A. Ravoson, C. Ramanantsoa, Plibiche. La commemorazione del 50° anniversario della morte del grande poeta Rabéarivelo, nel 1987, ha offerto l'occasione di una riscoperta della ricchezza della sua opera e ha dato nuovo impulso alla letteratura nazionale. La sua lezione è stata ripresa da Flavien Ranaivo e Lucien-Xavier Andrianarahinjaka. La popolarità di Rabéarivelo aveva già comunque conosciuto un rilancio grazie al movimento Les Fruits du Terroir che voleva far riemergere le basi della cultura malgascia; alcuni testi poetici del grande autore erano poi stati tradotti in musica. Il francese letterario del Madagascar presenta poche divergenze rispetto al francese standard. Se gli autori citati scrivono nella lingua nazionale oltre che in francese, restano numerosi quelli che si limitano al solo uso di questo e che fanno parte delle classi sociali più alte. C'è anche una ragione di pubblico che può motivare la scelta: la diffusione in ambito internazionale è facilitata da una comunicazione in francese. I temi prediletti dagli autori malgasci sono comunque legati alla gente del Paese ritratta in tutte le sue sfaccettature. Più del romanzo è fiorita la poesia, che ha trovato nuove forme espressive con D. Jaomanora, M. Ravoniandra e M. Rakotoson. Quest'ultima, anche romanziera, si è imposta con Dadabé (1984), in cui ripercorre la sua infanzia e Le bain des reliques (1988). Toni improntati all'ottimismo in Le pétale écarlate (1990) di C. Rafenomanjato. Impossibile, nel complesso, inserire il romanzo malgascio nel quadro della generale produzione africana. Si caratterizza per un insieme di individualità ciascuna con caratteristiche proprie. Grande successo riscuote la novellistica. Vanno ricordati i racconti di J. L. Raharimanana (L’enfant riche, 1990), di N. Raharimanana (Grande-mère, 1991), di S. Rodin (Chien de soleil, 1990) e di J. C. Fota (L’Escale, 1990). Vivace è anche la produzione teatrale. Da ricordare ancora D. Rabezanahary (Tout part en fumée... sauf l’amitié, 1991), (Le prophète et le Président, 1990), H. Randrianierenana (La conférence de presse, 1991). J. L. Raharimamana si dedica a una letteratura di denuncia contro le violenze in Africa con le opere Rêves sous le linceul (1998), sulla guerra civile in Ruanda, e Nour, 1947 (2003); in quest'ultimo romanzo narra della rivolta del 1947, duramente repressa dai francesi.
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