IL FARO DEI SOGNI

Libano

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view post Posted on 23/12/2017, 18:09     Top   Dislike
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Il Libano (in arabo: لبنان‎, Lubnān; francese: Liban, nella forma estesa in arabo: اَلْجُمْهُورِيَّة اَللُّبْنَانِيَّة‎, al-Jumhūriyya al-Lubnāniyya, République libanaise ossia "Repubblica libanese") è uno Stato del Vicino Oriente che si affaccia sul settore orientale del mar Mediterraneo. Il Libano confina a nord e ad est con la Siria e a sud con l'Israele. Ad ovest si affaccia sul mar Mediterraneo.

La superficie del Libano è di 10.452 km². La capitale è Beirut. Le attività economiche principali sono i servizi bancari e finanziari, tradizionalmente sostenuti da un regime economico libero-scambista e competitivo, e il turismo.

Secondo una ricostruzione etimologica tanto diffusa quanto non scientifica, il termine Lubnān sarebbe stato utilizzato a partire dall'VIII secolo d.C. e deriverebbe dalla radice trilittera l-b-n, la stessa della parola laban (ossia "latte"), per via della somiglianza tra il Monte Libano, massiccio montuoso coperto di neve d'inverno e il colore del latte.



Libano, Un Paese che vi sorprenderà...



Video



Geografia

Il Libano si trova in Asia e più precisamente nell'Asia occidentale (Vicino Oriente), di cui è il paese più piccolo per superficie. Lungo 250 km e largo da 25 a 60 km, confina con il Mar Mediterraneo a Ovest per una costa lunga 225 km, con la Siria a Nord e ad Est (per 375 km), con Israele a Sud (per 79 km). Il confine Nord con la Siria è segnato in buona parte dal fiume Nahr al-Kabir, mentre a Sud il punto più estremo sulla costa è segnato dal promontorio di Rosh Hanikra. Una catena montuosa denominata Monte Libano si estende attraverso l'intero paese per circa 160 km, parallelamente alla costa mediterranea, con la più alta vetta, il Qurnat al-Sawda', che raggiunge i 3.088 m.

Il confine con le Alture del Golan (de jure in Siria ma vinte da Israele nella guerra di difesa del 1967) è contestato dal Libano in una piccola area chiamata Fattorie di Sheb'a, nonostante il confine sia stato demarcato dalle Nazioni Unite.[4]

Superficie: 10.452 km²
Paesi confinanti: Siria a Est e a Nord, Israele a Sud.



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Clima

Clima: Mediterraneo - temperato
Temperatura marina: 32° (media estiva)

Il Libano ha un clima mediterraneo moderato. Sulla costa gli inverni sono freschi e piovosi e le estati calde e umide. A maggiori altitudini, le temperature invernali scendono sotto lo zero con frequenti nevicate, anche abbondanti, mentre le estati sono dure e secche.[5] Benché in generale il Libano goda di precipitazioni annue abbastanza elevate in confronto agli aridi paesi circostanti, alcune aree nord-orientali sono più aride perché le cime della catena occidentale bloccano molte nuvole nate sul Mediterraneo.[6]

Nell'antichità, il Libano ospitava grandi foreste di cedro del Libano, oggi simbolo nazionale.[7] Tuttavia, millenni di sfruttamento commerciale (per edilizia e cantieri navali), senza alcuna politica di riforestazione, hanno fortemente ridotto la loro diffusione.[7]



BeirutParliament



Popolazione
Demografia

I residenti in Libano sono stati stimati in 3.577.000 nel 2005 (densità: 344 ab/km²) e in 3.925.502 nel luglio 2007[8].

La popolazione stimata nel luglio 2015 è di 6.184.701 abitanti [9].



ChurchMosque



Etnie e religioni

La popolazione libanese comprende diversi gruppi religiosi.Lo Stato riconosce ufficialmente 18 confessioni, sotto elencate. La religione si fonde con il riferimento etnico.

Le confessioni riconosciute sono:

fra gli arabi cristiani, quelle maronita (cattolici), greco-ortodossa, greco-cattolica (melchita), armeno apostolica, armeno-cattolica, siriaco-ortodossa, siriaco-cattolica, protestante, copta, assira, caldea, e la cattolica di rito latino.
fra i musulmani, le comunità sunnita, sciita, ismailita e, in aggiunta, le comunità alauita e drusa.
la comunità ebraica.

Chiesa accanto ad una moschea a Beirut

Dal 1932 non sono più stati eseguiti censimenti ufficiali a causa della grande "sensibilità" dei libanesi nei confronti dei rapporti numerici fra le varie confessioni religiose. Sulla base di nuovi dati, infatti, i rapporti di forza cambierebbero e di conseguenza andrebbe cambiata anche la costituzione e quanto in essa previsto per la vita politica libanese. Tra l'altro, il censimento del 1932, svolto sotto il mandato francese, contò solo i cittadini libanesi residenti in Libano nel 1932, escludendo i libanesi emigrati e i residenti non libanesi. Risultarono 785.543 cittadini libanesi residenti, così ripartiti[10]:

56% cristiani di cui: 32% maroniti (cattolici), 6% greco-cattolici, 4% armeno-cattolici, 2% cattolici latini; 10% greco-ortodossi; protestanti e altri(2%).
44% musulmani (15% sunniti, 22% sciiti, 7% drusi).



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Mentre un tempo i cristiani costituivano la maggioranza, attualmente, secondo le stime del governo statunitense, i musulmani, dopo la migrazione dei palestinesi, dal 1948 in poi, sono all'incirca il 60% della popolazione libanese[11]. Alcuni drusi focalizzano la loro identità in senso lato, dissociandosi dall'essere accomunati classicamente con i musulmani[12]. Alcuni cristiani maroniti, in particolare quelli provenienti dal Monte Libano non si identificano come arabi, ma come semiti etnicamente discendenti dai fenici[13] e dalla mescolanza di popoli che vivevano in Siria e in Libano prima dell'arrivo degli stessi arabi (principalmente popolazioni di lingua siriaca e bizantini). Successivamente i maroniti si sarebbero mescolati anche con i crociati. Numerosi storici hanno tuttavia contestato o criticato queste tesi[14]. È da sottolineare che, secondo alcune opinioni attuali, è considerata araba qualsiasi persona avente la lingua araba come lingua madre, a prescindere dai riferimenti genealogici. L'1% dei libanesi è di origine curda.[15]
Sinagoga a Deir al-Qamar risalente al 600 d.C.

Esiste anche una comunità ebraica libanese, composta attualmente da circa 100 individui; la maggior parte degli ebrei libanesi ha infatti scelto di lasciare il paese a causa della guerra civile. Dal gennaio 2009 è stato istituito il sito ufficiale della comunità ebraica libanese, che va ad affiancare il blog di discussione nato nel 2006[16][17][18].

Il Libano è un paese membro della Lega araba, pur con le sue particolari caratteristiche multiconfessionali e di paese mediterraneo



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Sul territorio, gli sciiti sono concentrati soprattutto nel Sud del paese, nella periferia meridionale di Beirut e nella Valle della Beqa', mentre i sunniti soprattutto attorno a Tripoli, Sidone e nella parte Ovest di Beirut. I cristiani sono concentrati perlopiù nella zona centrale del Monte Libano e nella parte Est di Beirut, mentre i drusi si trovano nel massiccio dello Shuf (a Sud-Est di Beirut).

Diversi milioni di libanesi hanno lasciato nei secoli la madrepatria per trasferirsi negli Stati Uniti d'America, in America Meridionale (soprattutto in Argentina e Brasile), in alcuni paesi africani, come il Senegal e la Costa d'Avorio (da cui poi sono stati cacciati), in Australia e in Europa, specialmente in Francia. Si calcolano 18 milioni di persone di ascendenza libanese, di cui 8 milioni in Brasile.[senza fonte]I libanesi della diaspora sono soprattutto di religione cristiana; si spiega così, insieme al tasso di crescita più elevato presso la popolazione musulmana, il cambiamento nei rapporti numerici, nonché la richiesta dei politici libanesi cristiani di concedere il diritto di voto agli espatriati.[senza fonte]

L'importanza degli equilibri religiosi ha fatto sì che ai rifugiati armeni di religione cristiana sia stata concessa la cittadinanza libanese, che è invece negata ai profughi palestinesi, richiesta quest'ultima sostenuta dai musulmani sunniti.



Lebanesefighta



Lingue

La lingua ufficiale è l'arabo standard moderno. L'arabo parlato correntemente dalla popolazione differisce dall'arabo standard utilizzato nella forma scritta e per alcuni costituisce addirittura una lingua "neo-araba"[19], "vernacolo arabo libanese"[20][21] o persino una lingua semitica a sé stante.[22][23]

Il francese costituisce una seconda lingua diffusa.

L'articolo 11 della Costituzione Libanese dichiara la presenza diretta ed indiretta rispettivamente all'arabo ed al francese. Esso recita come segue: “L'arabo è la lingua nazionale ufficiale. La legge determina i casi in cui la lingua francese può essere utilizzata”.[24] In Libano si pubblicano quattro quotidiani e un settimanale di cinema in francese ed è presente Radio Liban con le sue trasmissioni francofone. Si stima che la metà dei libanesi sia francofona.[25] Il Libano è membro dell'Organizzazione Internazionale della Francofonia e la capitale Beirut, già città ospitante del congresso biennale del 2002, è stata scelta come organizzatrice dei Giochi della Francofonia del 2009.

Fino all'epoca della guerra civile, gran parte della comunità cristiana si opponeva a utilizzare l'arabo come propria lingua, facilitata in questo dalla diffusione delle scuole in lingua francese.

Circa il 45% dei libanesi utilizza il francese quale seconda lingua.

Negli ultimi anni, sta avanzando l'uso dell'inglese, che oggi è conosciuto da circa 1/3 della popolazione, soprattutto giovani.

La comunità armena conserva il proprio idioma (affiancato alla lingua araba).



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Città principali

Capitale: Beirut (1.792.000 ab., stima 2003; 2.115.000 aggl. urbano, stima 2001)
Altre città: Tripoli 200.000 ab., Biblo, Sidone, Tiro, Nabatiye, Zahle, Baabda, Baalbek, Hermel.



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Invasione israeliana del 1982

Nel 1982 il Paese subì un'invasione da parte di Israele: l'operazione militare fu denominata da Israele "Pace in Galilea" e dagli storici Prima guerra israelo-libanese. Essa fu intrapresa per sradicare dal Libano la presenza armata palestinese e si spinse oltre il sud-Libano, in cui le unità della resistenza palestinese s'erano insediate, arrivando fino a Beirut, dove aveva sede l'OLP, ed ebbe il sostegno dei cristiano-maroniti. Il neo eletto presidente della Repubblica Bashir Gemayel il 14 settembre 1982, nove giorni prima dell'investitura ufficiale, cadde vittima di un attentato (attribuito alle milizie palestinesi, ma organizzato - come si sarebbe scoperto in seguito - dai servizi segreti siriani) perdendo la vita, insieme ad altri 25 dirigenti, nell'esplosione del quartiere generale falangista ad Ashrafiyyeh, nella parte orientale di Beirut.



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Cultura

Il Libano è stato per millenni un punto di incontro tra civiltà differenti, a partire da quella fenicia ed è abitato da diciotto confessioni religiose, ciascuna dotata di identità distinta, ed offre, di conseguenza, un panorama culturale straordinariamente ricco e stratificato.

L'UNESCO ha riconosciuto cinque siti libanesi come patrimonio mondiale dell'umanità: Anjar, Baalbek, Biblo, Tiro e la valle di Qadisha.

Tra gli scrittori libanesi si ricordano Khalil Gibran, Ali Ahmed Said, Hoda Barakat, Elias Khoury, Rashid Daif, Georges Schehadé, Amin Maalouf e Samir Kassir.
Valle di Qadisha

Numerosi festival sono organizzati durante il periodo estivo, spesso all'interno di monumenti e siti archeologici. Il programma di questi festival comprende generalmente un mix di spettacoli teatrali, opera lirica, musical, concerti di musica classica e musica pop. I festival più importanti si svolgono a Baalbek, Beiteddine e Biblo.

Provengono dal Libano numerosi interpreti della musica araba contemporanea. Oltre ad artisti come Fairouz, celebre per la sua estensione vocale, lo spirito patriottico e le sue canzoni d'amore, e Marcel Khalife, noto per il suo impegno politico e come interprete di oud, uno strumento tradizionale simile al liuto, la nuova generazione dei cantanti di musica pop comprende nomi famosi in tutto il mondo arabo, come Najwa Karam, Nancy Ajram, Cyrine Abdelnour, Haifa Wehbe, Nawal Al Zoghby, Elissa, Ragheb Alama e il cantante anglo-libanese Mika, uno dei più importanti cantanti pop attuali.



Qadisha



Tutela dell'ambiente

Durante gli anni della guerra civile, l'ecosistema libanese ha subito danni molto ingenti. Alcune foreste furono abbattute, altre furono bruciate dai frequenti incendi provocati dalle bombe e la distruzione di quasi tutti i servizi ha comportato la dispersione di rifiuti solidi e liquidi.

Finita la guerra, i fondi vennero utilizzati per la ricostruzione di strade, città e attività, perciò il problema della tutela ambientale passò in secondo piano. Questo ha portato in alcune zone ad un'edilizia incontrollata e ad altri gravi reati, come il pompaggio nel sottosuolo di liquidi pericolosi.

La situazione è comunque in via di miglioramento e il turismo, in aumento, ha comportato un inasprimento delle pene per reati contro l'ambiente e ha portato alla creazione di nuove aree protette. Nel governo libanese vi è anche la carica di ministro dell'ambiente, il che dimostra che esiste una certa sensibilità per le tematiche ambientali. Esistono anche diverse ONG che tutelano l'ambiente o stanno sensibilizzando gli abitanti.

La Foresta dei cedri di Dio dal 1998 è Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.



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Generalità

Situato tra l'estremo margine orientale del Mar Mediterraneo e i Paesi arabi un tempo occupati dagli imperi mesopotamici, percorso da due catene parallele di monti da cui prende il nome e tra le cui pieghe è nascosto il cuore fertile del Paese, occupato dalla fossa alluvionale di Béqaa, il Libano è stato per secoli una fiorente sede di traffici e commerci, nodo centrale di scambi tra le culture limitrofe e viatico di commistioni letterarie, religiose, economiche. Da qui partirono le navi fenicie, costruite con il legno dei cedri che ricoprivano il territorio e che ora resistono in poche centinaia di esemplari nella foresta dei “cedri di Dio”, Horsh Arz el-Rab; da qui si diffusero l'alfabeto lineare, poi esportato nell'antica Grecia, e si svilupparono la lavorazione del vetro e le tinture di porpora, espressione dell'eccellenza raggiunta dalle storiche città di Tiro, di Biblo (Jbeil), di Ba'labakk; su queste terre passarono gli eserciti persiani, l'armata di Alessandro Magno e le spedizioni romane, ancor prima che il Paese divenisse possedimento arabo e ottomano o fosse soggetto alle dominazioni francesi e inglesi del XX secolo; qui, infine, trovarono rifugio i seguaci delle più diverse confessioni religiose, dai maroniti agli ortodossi, dai drusi agli sciiti o ai sunniti, la cui rappresentanza in seno ai poteri pubblici è sancita dalla stessa Carta costituzionale. L'estrema eterogeneità, le stratificazioni culturali, l'importanza conferita all'istruzione e alla comunicazione nonché l'antica capacità commerciale accresciuta soprattutto in concomitanza con la presenza francese sul territorio fecero guadagnare al Libano l'appellativo di Svizzera del Medio Oriente, a testimonianza della centralità e dell'apertura rivestita tra gli Stati dell'area mediorientale. Tuttavia, il precario equilibrio risultante dai difficili rapporti con i Paesi arabi da un lato e Israele dall'altro, ha trasformato il Libano in un delicato teatro di tensioni geopolitiche i cui influssi destabilizzanti si ripercuotono su scala globale. Travolto dalle guerre civili che dalla seconda metà del Novecento imperversano sul territorio, il Paese è dunque alla ricerca di stabilità e pace, condizioni imprescindibili per la ripresa politica, sociale ed economica.

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Territorio: geografia umana

Abitato da popolazioni autoctone sin dal Paleolitico, il Libano vide già nel III millennio a. C. l'invasione e lo stanziamento di popoli semitici tra cui i Fenici, con i quali il Paese è entrato nella storia come grande nazione marinara. Le favorevoli condizioni ambientali influirono sul popolamento, che ebbe e ha tuttora densità assai superiori a quelle degli Stati vicini (398 ab./km²); il Paese fu inoltre demograficamente influenzato dall'aver costituito, nei periodi di più acceso proselitismo islamico, un sicuro asilo ai fedeli delle più svariate Chiese, cattoliche e ortodosse, nonché alle stesse minoranze arabe eterodosse, quali i drusi. Il forte incremento della popolazione si ebbe solo al termine della dominazione ottomana, prendendo soprattutto avvio negli anni che precedettero l'acquisizione dell'indipendenza. Così i 785.000 ab. del 1932 erano già quasi raddoppiati nel 1956, salendo in seguito sino a superare i 3 milioni, con un incremento annuo del 2,5%, peraltro eccessivo per l'economia del Paese (gravato per di più dal peso di ca. 500.000 profughi palestinesi). Lo stato pressoché permanente di guerra civile ha portato a un decremento della popolazione; con il progressivo normalizzarsi della situazione politica la popolazione è di nuovo aumentata fino a raggiungere gli oltre 3 milioni di ab. del 2000, con un tasso di crescita annua del 2%, che è dimezzato. a partire dal nuovo millennio. Data la confusa situazione si sono accresciuti i movimenti migratori interni, che vanno soprattutto a ingrossare la bidonville di Beirut, e quelli esterni. Nel periodo della guerra civile la diaspora libanese nel mondo fu continua verso Stati Uniti, Europa, America Latina, Australia e Paesi del Golfo. A questi vanno aggiunti i 150.000 cristiani fuggiti dal Libano a partire dal gennaio 1990, dopo che l'equilibrio politico tra cristiani e musulmani si era rotto a favore di questi ultimi. La maggior parte della popolazione è insediata nella stretta fascia costiera, dove si trovano le principali città; nelle zone rurali più favorite sotto il profilo climatico e pedologico la popolazione si concentra in grossi villaggi agricoli, mentre le zone aride della Béqaa e quelle montane sono quasi del tutto disabitate. Nel decennio successivo alla fine della guerra, interna ed esterna, che per una quindicina d'anni ha percorso il Libano producendo un netto calo della popolazione residente, sia per le morti, sia soprattutto per gli espatri, la situazione del Paese ha mostrato una tendenza piuttosto caotica alla ripresa, ma vi si possono ravvisare quasi intatte le condizioni strutturali che hanno reso possibile la catastrofica crisi libanese degli ultimi decenni del sec. XX. Innanzi tutto, la particolarissima composizione etnica e religiosa della popolazione: poiché mancano riscontri statistici affidabili (a riprova anche della relativa destrutturazione dell'apparato statale), si può solo fare ricorso a valutazioni secondo le quali, una metà apparterrebbe a confessioni cristiane, distribuite in un gran numero di gruppi, mentre l'altra metà è suddivisa principalmente fra musulmani sunniti, sciiti e drusi. Queste stime, tuttavia, non possono tenere conto in maniera adeguata dell'esodo di cristiani a partire dal 1990, da quando, cioè, il prevalere politico della Siria ha determinato un pesante riassetto degli equilibri istituzionali a tutto vantaggio delle componenti islamiche; né tengono conto della presenza di profughi palestinesi, variamente valutati fra 250.000 e 500.000 unità, a loro volta islamici (ai quali però, nel 1994, è stata rifiutata la residenza stabile nel Paese), e dei rifugiati iracheni stabilitisi soprattutto nei centri urbani a partire dal 2003. È possibile, insomma, che la proporzione per grandi gruppi religiosi veda oggi una buona maggioranza islamica. A questo si può aggiungere che il forte incremento naturale della popolazione (occorso soprattutto negli anni Novanta del XX sec.) sarebbe da imputare soprattutto alla popolazione islamica, che perciò tende ad aumentare in assoluto e in proporzione. Se si considera che una parte tradizionalmente maggioritaria delle attività economiche del Libano è gestita dai cristiani, e che cristiane sono le principali comunità all'estero (estremamente importanti per il Paese), sarà chiaro come il netto sbilanciamento politico a vantaggio delle componenti islamiche difficilmente potrà risultare soddisfacente a lungo; del resto, questa soluzione è stata dettata dal modificarsi di equilibri regionali, esterni al Libano, e dipende dal ruolo della Siria, poi ridimensionatosi nei primi anni del Duemila. È apparso evidente, tuttavia, ancora negli anni Novanta come già in precedenza, che la divisione religiosa ha mostrato un peso relativo, e sostanzialmente strumentale, all'interno della classe dirigente, composta da un ristrettissimo numero di famiglie dalle enormi risorse economiche, alle quali fanno capo quote più o meno ampie di popolazione: secondo le convenienze economiche, oltre che politiche, dei capi di quelle famiglie, alleanze interconfessionali si fanno e si disfano con una certa rapidità. In ogni caso, il problema di fondo del Libano dipende dalla sua posizione geografica in un'area di fortissime tensioni. Da un lato, il Libano costituisce da sempre lo sbocco al mare privilegiato della Siria o, per meglio dire, di quella parte del territorio siriano che fa capo a Damasco; è interesse basilare della Siria garantirsi la disponibilità di questo sbocco. D'altro lato, da quando il Libano è divenuto terra di rifugio per centinaia di migliaia di espatriati palestinesi e, più tardi, base di operazioni per una serie di gruppi armati anti-israeliani, il Paese è entrato a far parte di quella fascia di sicurezza che Israele ha costituito intorno al suo territorio originario. Le vicende degli anni Duemila (ritiro delle truppe israeliane, prima, e nuova occupazione israeliana del Sud del Libano, nel 2006, a seguito della cattura di soldati da parte dei miliziani di hezbollah) si sono sommate alla consistente presenza militare siriana, soprattutto nella valle della Béqaa, protrattasi fino al 2005. In sostanza, il governo libanese, nonostante i tentativi, non ha praticamente mai avuto il pieno controllo del proprio territorio, ma è tuttavia chiamato ad affrontare i danni – materiali oltre che politici – provocati dall'azione di forze esterne, che hanno continuato a minare gravemente l'incisività della sua azione e le possibilità di ripresa del Paese. § La maggior parte dei libanesi (più dei quattro quinti della popolazione) è insediata nelle città. Unica metropoli è Beirut (che con l'agglomerato urbano accoglie più della metà della popolazione), centro commerciale e finanziario, sede altresì delle principali industrie del Paese; segue per importanza Tripoli, anch'essa vivace centro portuale, cui fa capo l'oleodotto proveniente dall'Iraq, mentre ruoli molto minori svolgono Saida (Sidone) e Tiro, le due prestigiose città fenicie. Nell'interno sono Zahlé, con una fiorente attività vitivinicola, e Ba'labakk, antico centro commerciale della Béqaa, che vanta uno dei più imponenti complessi archeologici del Medio Oriente.

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Cultura: generalità

Noto come la “porta dell'Oriente”, il Libano conserva nelle sue tradizioni i costumi dei popoli che l'hanno percorso e vi si sono stanziati: Fenici, Greci, Romani, Arabi, Turchi. I siti che l'UNESCO ha inserito nel patrimonio dell'umanità ne sono la migliore testimonianza: ‘Anjar (1984); Ba'labakk (1984); Biblo (1984); Tiro (1984) oltre alla Valle sacra e foresta di cedri (1998). Non a caso il dinamismo che oggi contraddistingue il Libano a livello letterario, artistico e architettonico ha origini antiche, e affonda le radici proprio nell'apertura che il Paese, attraverso il mare, ha sempre usato verso il Mediterraneo e le sue civiltà. La fine del XX sec. ha segnato la rinascita della letteratura di lingua araba, risultata per un certo periodo in secondo piano per la dipartita di molti intellettuali verso l'estero. Nella musica, i generi occidentali hanno affiancato e spesso reinterpretato la tradizione, soprattutto a partire dagli ultimi anni del Novecento, e costituiscono oggi una realtà in continua evoluzione, con produzioni che vanno dal jazz al rock all'hip-hop. Tra i protagonisti della scena vi sono la cantante Fairouz (n. 1935), che ha vissuto il proprio apice tra gli anni Sessanta e Settanta, ma resta una fra le più acclamate star contemporanee dell'intero mondo arabo, interprete proprio di quella particolare musica frutto della combinazione tra elementi arabi e occidentali, e Marcel Khalifé (n. 1950), musicista (celebre è il suo oud, il liuto arabo), docente e sostenitore di una sempre maggior commistione di stili e culture, che ha suonato in tutto il mondo e collaborato con le maggiori orchestre internazionali. In ambito artistico fra le maggiori personalità del Novecento libanese vanno annoverati Moustafa Farroukh (1901-1957), pioniere dell'arte moderna in Libano, e Alfred Basbous (1924-2006) scultore di fama internazionale. L'arte contemporanea vive anch'essa un rifiorire di scuole e artisti, dopo il buio della guerra. Tra i nomi più significativi Marya Kazoun (n. 1976), Salwa Raodash Shkheir, scultrice, Walid Sadek (n. 1966), artista e scrittore, Akram Zaatari (n. 1966), video artista. Per ciò che concerne l'architettura, l'influenza occidentale, a partire dalla fine del XX secolo, si è fatta assai sensibile soprattutto a Beirut, dove si sono venuti costruendo grandi edifici in vetro e cemento armato, come le sedi della FAO e dell'UNESCO, sorte nel secondo dopoguerra. L'architetto contemporaneo più influente e innovativo è senza dubbio Bernard Khoury (n. 1968), artefice di alcune delle opere che hanno contribuito a dare corpo a una nuova, ennesima, stagione della capitale.

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Cultura: tradizioni

Paese di commerci e passaggi, il Libano si identifica in Beirut, dove costumi occidentali e arabi si mescolano indifferentemente. Qui si alternano suq e discoteche, bagni turchi e grattacieli, moschee e auto sportive, hijab e minigonne. La tradizione sopravvive nell'artigianato dei tappeti e degli abiti, delle armi bianche, degli ornamenti d'argento, dei cuoi lavorati, del rame e del legno scolpito. Se nei difficili anni della guerra civile e dell'invasione israeliana, erano quasi spariti, il teatro e le danze popolari, la fine del secolo, benché sia stata una fase tutt'altro che pacificata, ha visto una ripresa di queste forme, anche grazie al crescente interesse per i numerosi festival internazionali, soprattutto estivi, in cui tutto il mondo artistico libanese è coinvolto a fianco delle migliori compagnie e degli artisti stranieri più famosi: gli appuntamenti principali sono i Festival di Ba'labakk, Biblo e Beiteddine. La musica libanese si inserisce appieno nella più classica e antica tradizione araba in tema di origini e contaminazioni letterarie, di tipologie di strumenti, di armonie. In ambito gastronomico si può affermare che la cucina libanese sia particolarmente saporita. Il piatto nazionale è il Kubbe (carne tritata con grano pestato, cipolle e spezie, cotta al forno). Ogni pranzo ha per dessert lo yogurt. Tra le bevande, diffuso l'araq, liquore d'anice e uva. Nei caffè, dove si gioca molto a tric-trac, si beve anche il vino (Ksara e Musar). Tra i dolci, famosa è la torta nota come “corna di gazzella”, a forma di mezzaluna, che nel mondo arabo viene offerta agli ospiti in segno di deferenza. Tendenza recente è quella per cui, specie nei ceti borghesi, vanno diffondendosi sport e attività occidentali.

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Cultura: letteratura

Di una letteratura libanese si può parlare dalla seconda metà del sec. XIX, poiché la produzione anteriore viene considerata, convenzionalmente, parte della letteratura araba generale. Fra i precursori della letteratura libanese moderna possono annoverarsi due scrittori cristiani, vissuti entrambi nel sec. XIX, Buṭrus Ibrāhīm Karāma (1774-1861) e Nikūlā Yūsuf at-Turk (1763-1829). Contemporanei dei due sono i musulmani Shaykh Amīn al-Giundī, noto per la sua poesia di carattere popolaresco, e Aḥmad al-Barbīr (1747-1811), giurista e autore di poesie a carattere religioso. Cristiani, anche se uno, Shidyāq, si convertì all'Islam, sono, nella seconda metà dell'Ottocento,le quattro personalità dominanti: Nāṣī al-Yazīgī (1800-1871), primo esponente della nahda (rinascenza), Aḥmad Fāris ash-Shidyāq (1805-1871), autore di molti articoli e opere lessicografiche, Marūn Naqqāsh (1817-1855), pioniere del dramma arabo, e Buṭrus al-Bustānī (1819-1883), l'uomo che ebbe un'importanza fondamentale come organizzatore di cultura. Il primo e l'ultimo di questi quattro scrittori appartengono a due famiglie, gli Yazīgī e i Bustānī, che hanno dominato culturalmente il loro Paese per parecchie generazioni. Degli Yazīgī sono da ricordare Khalīl (m. 1889), Wardah (m. 1924), entrambi poeti, e Ibrāhīm (m. 1906), filologo; dei Bustānī, Sulaymān (m. 1925), traduttore dell'Iliade, che non ebbe un grande successo nei Paesi arabi, Fu'ād Afram e Sālīm Buṭrus, figlio di Buṭrus, il capostipite della novella breve araba e primo a essere regolare collaboratore alla rivista al-Ginān fondata nel 1870 dal padre. Anche in Libano, come in tutti i Paesi arabi, il romanzo iniziò con il filone storico e poi sociale: inaugurato da Giurgi Zaidān (1861-1914), noto anche come storico della letteratura araba, vissuto a lungo in Egitto, e da Faraḥ Anṭūn (1874-1922), ebbe presto un'amplissima diffusione con Giamīl Giabr, autore di studi biografici su autori antichi e moderni, Karam Mulḥim Karam, autore di una dozzina di romanzi, molti dei quali di argomento storico, Anis Freya, che ha dato una descrizione sia sociale sia folcloristica del suo Paese, e infine con i due fratelli ʽAwwād Tawfīq Yūsuf ed Émile Yūsuf, noti anche per le loro opere teatrali. L'autoritarismo del sultano e disordini e persecuzioni anticristiane provocarono l'espatrio di molti intellettuali verso altri Paesi arabi, soprattutto in Egitto, dove l'opera di rinnovamento del khedivè Ismāʽīl (1863-1879) era in pieno sviluppo. E proprio in questo Paese l'influenza dei libanesi fu fondamentale nell'incremento della stampa e in particolare nella diffusione di giornali e riviste. Un fenomeno di grande importanza è rappresentato dagli scrittori emigrati negli Stati Uniti e in America Latina, che furono un importante veicolo di mediazione culturale. Tra questi si segnalano Īlīyā Abū Māḍī (1889-1957), nella cui poesia, però, di arabo è rimasta soltanto la lingua, Mikhā'il Nu ʽayma (1889-1988), poi operante in patria, una delle figure più prestigiose della moderna poesia araba, Naṣīb ʽArīḍa (1887-1946), Ilyās Abū Shabaka (1903-1947). Il più noto è però Gubrān Khalīl Gubrān (1883-1931), filosofo, artista oltre che poeta, che acquisì fama internazionale con Il Profeta (1923). Ma se la migliore poesia libanese del periodo fra le due guerre mondiali sorse in America, in un contesto e con esigenze assolutamente diverse, non vanno tralasciate le voci rimaste nel loro Paese: Wadīʽal-Bustānī (1886-1954), ʽAbdallāh al-Khūrī che scrisse sotto lo pseudonimo di Lesser Akhtal. Notevole l'influenza dell'espressione francofona nell'ambito di un bilinguismo francoarabo, in cui viene valutato positivamente il valore “ecumenico” della cultura francese, trascritta in immagini e lessico tipicamente libanesi. Drammaticamente segnati dalla guerra scoppiata nel 1975, gli scrittori libanesi francofoni esprimono l'amarezza di un conflitto rivelatore di un odio a lungo represso tra le componenti politiche e religiose, o la rabbia davanti alle distruzioni, pur non disperando nella riconciliazione finale come Elie Maakaron (n. 1946) con La terre qui brûle (1978), e malgrado le crudeli esperienze vissute da Marcelle Haddad Achkar (n. 1947) e testimoniate in Papiers de guerre lasse (1981). Per la critica della poesia un ruolo importante è stato svolto da due riviste letterarie: ash-Shiʽr, fondata nel 1957 da Yūsuf alKhāl e Adonis, e Mawāqif, fondata nel 1968, sempre da Adonis. Si deve anche ricordare il grande compito svolto da al-Adab (La letteratura), fondata nel 1954 dallo scrittore Suhayl Idrīs (n. 1923), che continua a far sentire la sua autorevole voce in tutto il mondo arabo. Nelle opere di molti scrittori e poeti, ricorrenti sono i temi che trattano della situazione politica della regione mediorientale a partire dal conflitto arabo-israeliano del 1967, dalla guerra civile libanese e dall'occupazione israeliana del Libano meridionale. Ha fatto epoca il romanzo di Ḥalīm Barakāt (n. 1933) dal profetico titolo Sittat Ayam (1961; Sei giorni), chiara allusione alla guerra del 1967, seguito nel 1969 da un altro romanzo, ʽAwdat at-tā’irilà al-baḥr (Il ritorno dell'uccello al mare), molto apprezzato dalla critica araba. Dopo la scrittrice Laylà Baʽlbakkī (n. 1938), che giovanissima ha scritto uno dei primi romanzi di stampo femminista, Anā Aḥyā (1961; Io sono viva), altre scrittrici si sono imposte nel panorama della narrativa libanese: Emīlī Naṣrallāh (n. 1931), autrice di numerosi romanzi e racconti per l'infanzia, e Ḥanān Sheikh (n. 1945), che ha ambientato il suo più famoso romanzo, Ḥikāyat Zahra (1980), tra la comunità sciita del Libano meridionale. In seguito alla guerra civile molti intellettuali hanno lasciato il Paese, trasferendosi per la maggior parte in Francia o in Gran Bretagna. A cavallo del millennio nuove figure sono emerse nel panorama letterario libanese, quali testimoni di un post-conflitto ancora tutto da decifrare. Tra i più eminenti Elias Khoury (n. 1948), intellettuale attivo su numerosi fronti in qualità di critico, giornalista, docente e scrittore di saggi, testi teatrali e romanzi (La porta del sole, 1998); Ghāda as-Sammā‘n (n. 1942), nata in Siria e trasferitasi in Libano nel 1964, che ha pubblicato, tra gli altri, Un taxi per Beirut (1974) e Incubi di Beirut (1975), entrambi sulla guerra civile in Libano, prima di fondare una propria casa editrice nel 1977; Hoda Barakat (n. 1952) vissuta in Libano sino al 1989, per poi trasferirsi a Parigi senza rinunciare a pubblicare le proprie opere in arabo, e autrice di Malati d’amore (1993) e L’uomo che arava le acque (1999); Rašhid Da'if (n. 1945), che ha pubblicato E chi se ne frega di Meryl Streep!, dissacrante ritratto dell'uomo come figura centrale di una società tradizionale ma proiettata verso la globalizzazione culturale.

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Cultura: letteratura in lingua francese

La letteratura libanese di lingua francese, la prima delle letterature francofone del mondo arabo, è riuscita, malgrado le crisi che si sono succedute, a mantenere le sue caratteristiche. Questo grazie al fatto che non si è mai lasciata rinchiudere nel pittoresco o nell'esotico, ma ha cercato sempre temi universali. La guerra ha comunque provocato un periodo di silenzio; lo scrittore si sentiva impotente a trovare un qualsiasi modo per esprimere le atrocità vissute. Negli anni Ottanta escono i libri di Amin Maalouf (n. 1949) che dal 1976 vive in Francia. Cosciente dell'importanza del suo Paese come intermediario tra Oriente e Occidente, Maalouf si sforza di dare una rilettura dei più grandi avvenimenti in modo da avvicinare le due culture. Così, pubblica Les Croisades vues par les Arabes (1983; Le Crociate viste dagli arabi), e quindi Léon l’Africain (1986), Les jardins de lumière (1991; I giardini di luce) e Le Rocher de Tanios (1993; La roccia di Tanios) con il quale ha vinto il premio Goncourt, Les Identités meurtrières (1998; L'identità), Le Périple de Baldassare (2000, Il periplo di Baldassarre). La fioritura letteraria è ripresa recentemente con autori che si dedicano prevalentemente alla poesia, come Jad Hatem (L’offrande vespérale, 1989). Notevole la presenza di donne. Dopo la scomparsa prematura di Nadia Tuéni (1935-1983), è emersa Claire Gebeyli (n. 1935) che con la raccolta La Corde raide (1986; La corda tesa) ha riunito una serie di testi che erano in precedenza stati coronati da prestigiosi premi letterari e Andrée Chedid (n. 1920), che ha saputo esprimere il dolore dell'esilio nella sua ricchissima opera che comprende poesie, romanzi, testi teatrali. Di rilievo è anche la produzione di Etel Adnan (n. 1925), di cui si ricordano Au coeur du coeur d’un pays, (1994; trad. it. Ai confini della luna) e, in inglese, There: in the Light and the Darkness of the Self and of the Other (1997).

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Cultura: archeologia e arte

Per la sua particolare posizione geografica il Libano fu aperto all'influenza delle grandi civiltà del mondo antico (dell'Egitto, della Mesopotamia, della Grecia e di Roma). La prima vastamente documentata è quella egiziana, testimoniata dagli scavi di Biblo, città che riassume in sé anche tutta la storia fenicia precedente la conquista di Alessandro Magno (333). All'arrivo di Alessandro il prestigio dell'arte greca era già largamente affermato, come mostrano le statuette del tipo Tanagra e i sarcofagi di marmo greco trovati a Sidone (Saîda) ed eseguiti senza dubbio da scultori greci. Tuttavia più che dell'arte ellenistica è di quella romana che restano significative tracce . Nel grande complesso archeologico di Ba'labakk (sec. I-III d. C.) si rivela compiutamente il grado di assorbimento della cultura classica. Il periodo bizantino e quello musulmano più antico non hanno lasciato grandi memorie sul territorio libanese, mentre assai ricchi sono i monumenti crociati nell'ambito del regno cristiano di Gerusalemme (1099-1291). Numerosi sulla costa sono i resti delle architetture militari: mura, torri e porte di città, castelli e fortezze sorti nei punti strategici della regione, tra i quali il castello di San Luigi a Sidone, bell'esempio di stile francese del sec. XIII, quello di Saint-Gilles a Tripoli (Tarābulus), quello di Beaufort nei pressi di Sidone, ecc. Parallelamente all'edilizia militare, il periodo crociato favorì quella religiosa. Un gran numero di chiese fu edificato nelle principali città libanesi, ma tutte furono in seguito trasformate in moschee: così quelle di Beirut, di Sidone, di Tripoli hanno origine cristiana, mentre l'apporto stilistico musulmano non si discosta molto dagli esempi mamelucchi e ottomani della Siria. A iniziare dal sec. XVII il Paese andò approfondendo il contatto politico e culturale con l'Occidente, sviluppando così un'architettura in cui il gusto europeo si mescola a quello musulmano. All'inizio del sec. XIX sorse il più imponente e meglio conservato dei monumenti musulmani, il castello di Bayt ad-Din, animata imitazione dello stile antico con la sua selva di cupole, torri, arcate e gallerie. Molte opere d'arte della storia libanese, dalle statue marmoree fenicie ai gioielli bizantini, sono conservate presso il Museo Nazionale di Beirut.

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Cultura: cinema

Con una frequentazione delle sale cinematografiche tra le più elevate del Vicino Oriente, il Libano si limitò negli anni Cinquanta e Sessanta a imitare il musical o il melodramma egiziano. Di una tendenza diversa si fecero sostenitori inascoltati nel 1957 il Cineclub di Beirut e il film Verso l’ignoto di G. Nasser, seguito nel 1960 da Il piccolo straniero. Fu la causa palestinese, già presente in film e documentari libanesi prima e dopo il 1970, e più in generale la causa della liberazione araba, a stimolare la nascita di un cinema di valore sia nazionale sia internazionale. Nel genere narrativo Kafr Kassem (1974) evocò con lucidità il massacro in un villaggio palestinese da parte di un commando sionista. Il regista Borhan Alauié, che realizzò il film in coproduzione con la Siria, è fra i talenti sicuri di un autentico cinema libanese, accanto a Marun Baghdadi (1950-1993), regista di Beirut, oh Beirut, 1975 (sul problema cristiano-musulmano) e alle documentariste Heiny Srour (L’ora della liberazione è suonata, 1973, sulla guerriglia nel Dhufar e il contributo delle donne partigiane) e Jocelyne Saab (Il Libano nella tormenta, 1975), entrambe sul punto di passare al film di finzione dopo l'esempio offerto dal regista tedesco V. Schlöndorff che nel 1981 ha girato L’inganno in una Beirut martoriata dalla guerra fratricida. L'invasione israeliana del giugno 1982 ha certamente bloccato molti progetti in corso, in grado di esprimere una “visuale araba” sulla drammatica situazione, tanto che per tutto il decennio non si registrano titoli di rilievo. Una lieve ripresa nella produzione si è avuta per quanto riguarda i film di argomento bellico, tra i quali il francese La vita sospesa (1990) di Marun Baghdadi e l'israeliano Finale di coppa (1991) di Eran Riklis. E, dove non è in primo piano, la guerra resta comunque l'elemento di confronto, il passato, o il presente, con cui fare i conti privatamente e collettivamente. Gli scenari, di una “estenuata” Beirut o di un villaggio di provincia, diventano, nel cinema libanese del terzo millennio, luoghi dell'anima, oltre che geografici, in cui nascono, si consumano e finiscono rapporti personali che, per il solo fatto di essere sbocciati in questa terra, danno l'impressione di dover lottare con una tenacia maggiore per la propria sopravvivenza. Come in Le Cerf Volant di Randa Chahal Sabag (1953), vincitore di tre diversi premi al Festival di Venezia; grande successo internazionale ha riscosso anche Maarek hob (2004) di Danielle Arbid (n. 1970). La Lebanese Cinema Foundation, nata nel 2002, è l'organismo che ha inaugurato un nuovo approccio verso le produzioni nazionali: sostegno economico e promozionale, presenza ai festival, scambi con nazioni e organismi stranieri sono alcune delle strategie messe in atto. Nel 2007, per esempio, il Festival di Cannes ha riservato una delle proprie rassegne al cinema libanese, con pellicole, fra gli altri, della stessa Arbid, di Ghassan Salhab (n. 1958) e di Michel Kammoun (n. 1969), regista dell'apprezzato Felafel (2006).

fonte www.sapere.it/enciclopedia/L%C3%ACbano+%28Stato%29.html

 
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il libano in penuria di fonti energetiche eppure di sole pel fotovoltaico ce ne è in abbondanza...
 
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