| Cultura: teatro. I generi
Il teatro è sorto da antichissime cerimonie religiose. Canti e danze facevano parte di manifestazioni rituali che avevano luogo soprattutto durante le feste stagionali. In seguito si ebbero un vero e proprio teatro di corte (a partire dagli Han) e forme popolari di rappresentazione, con lo sviluppo di temi burleschi, eroici, ecc. Da figurine in ceramica di acrobati e musicisti risalenti al periodo degli Han Anteriori (206 a. C.-8 d. C.), scoperte a Tsinan (Shandong) nel 1969, si può avere certezza che una forma di spettacolo popolare, con musiche e acrobazie, era già esistente nei sec. III-II a. C. Nel sec. VIII d. C. viene fondato il teatro come istituzione statale. L'imperatore Xuan Zong (685-762), della dinastia T'ang, volle che gli attori e i musicisti non fossero più mestieranti improvvisati, ma veri professionisti. A tal fine creò un'accademia musicale che ebbe sede nei giardini imperiali. Per dare allo spettacolo una trama non improvvisata furono anche scritti testi, purtroppo perduti, di alcuni dei quali, tuttavia, ci sono pervenuti i titoli: La maschera, Su Chung-lang (nome del personaggio principale), ecc. Ma la caduta della dinastia T'ang mise in crisi le deboli istituzioni teatrali che gli stessi T'ang avevano fondato; e anche se la dinastia dei Sung mostrò qualche interesse verso lo spettacolo teatrale (ma nemmeno di quel periodo ci sono pervenuti testi), il gusto dell'epoca sembrò prediligere il “teatro d'ombre” e il teatro delle marionette. Verso la fine del sec. XIII si ebbe il trionfo del dramma. Questi testi si chiamarono tsa ch’ü, ossia spettacolo (ch’ü) vario o, meglio ancora, misto (tsa): erano drammi composti di canzoni e di parti dialogate o declamate, divisi in atti. Si formarono due scuole: una al Nord (pei ch’ü), l'altra al Sud (nan ch’ü). La prima si basava su una maggiore libertà delle parti e su un linguaggio popolare; i principali strumenti di accompagnamento erano a corda e i canti vigorosi e vivaci esprimevano lo spirito guerriero della Cina settentrionale. Lo stile nan ch’ü era invece letterario, raffinato, ossequente a norme prosodiche. Dal nan ch’ü, arricchito dei ruoli “comico” e “tragico”, tipici del pei ch’ü, nacque un nuovo tipo di spettacolo, il ch’uan ch’i (ch’uan significa “trasmettere” o “annunciare” e ch’i “raro”, “meraviglioso”), che conquistò i favori di tutto il pubblico cinese. Questa forma di spettacolo era costituita da 30 o più atti, composti di parti cantate e di parti dialogate, ciascuno con titolo proprio, in cui si sviluppava, attraverso vari aneddoti, un'unica trama; potevano essere soppressi alcuni o tanti atti, a richiesta del pubblico. Il primo atto era un prologo nel quale in sintesi si narrava l'intreccio del dramma; la trama aveva inizio nel secondo atto e si sviluppava complicandosi in numerosi episodi, che si scioglievano nel finale. Un nuovo elemento, tuttavia, fu inserito in questo spettacolo, verso la metà del sec. XVI, dal drammaturgo Liang Chenyu e dal musicista Wei Liang-fu, che, traendo ispirazione dalle ballate popolari del K'un-shan, conferì al dramma una cadenza strettamente collegata alle tradizioni regionali. Questo dramma prese il nome di K’un ch’ü e dominò il teatro cinese per tre secoli, fino alla metà del sec. XIX. La fisionomia del K’un ch’ü fu dunque quella di un teatro popolare, diverso da regione a regione. Partendo dal meridione, dov'era nato, conquistò tutta la Cina; ma in questo processo di espansione subì anche l'influenza dei letterati, i quali, mutando le rime e le cadenze popolari, trasformarono il K’un ch’ü, da popolare e regionale qual era, in uno spettacolo cortigiano e nazionale, più adatto alle corti dei signori feudali. Ma il filone originario continuò a sussistere e a dare i suoi frutti. Da esso nacquero varie scuole, come lo yi yang, che era la variante del K’un ch’ü a Pechino, e lo hu tiao, trionfante nell'Hebei. Lo hu tiao ebbe immenso successo a Pechino quando nella capitale affluirono truppe da ogni parte dell'impero per le fastose celebrazioni dell'ottantesimo compleanno dell'imperatore Qian-Loug (1791). Allora anche gli attori dello yi yang di Pechino lo adottarono. Con questa operazione nasceva il Ching Hsi (spettacolo della capitale), noto anche come l'Opera di Pechino, che sostituiva sul piano nazionale il K’un ch’ü letterario e cortigiano, assorbendone tuttavia il carattere aristocratico. Un iniziale tentativo di rinnovamento si ebbe nel 1958, quando comparvero le prime opere ispirate a episodi della lotta contro i signori feudali e contro il Kuomintang (il partito della borghesia). Nel 1964, in conseguenza di una profonda revisione culturale, il Ching Hsi si trasformò in “teatro rivoluzionario moderno” subendo precise modifiche fra cui la sostituzione dei vecchi testi con altri, ispirati a episodi della rivoluzione popolare o della guerra di liberazione nazionale contro il Giappone, combattuta dai partigiani cinesi, e la conseguente abolizione dei personaggi che erano ancorati all'antica tematica; e con essi scomparvero i loro costumi: l'attore recitava vestito da soldato o da operaio o da contadino. Successivamente sono però ritornate in auge anche le antiche rappresentazioni. Inoltre, nell'orchestra è stato introdotto uno strumento tipicamente straniero: il pianoforte. Accanto al Ching Hsi ha ripreso vita, rinnovato anch'esso da temi rivoluzionari e popolari, l'antico teatro regionale, il K’un ch’ü, per iniziativa della compagnia teatrale di Shanghai. Gli ultimi decenni del XX secolo hanno visto, da un lato, la nascita di un teatro sperimentale, il cui sviluppo ha però subito negli anni Novanta una “pausa” a causa della ripresa del clima censorio seguito agli episodi di piazza Tiananmen, e, dall'altro, la prosecuzione, anche in ambito drammaturgico, del dibattito che ha caratterizzato tutta la vita culturale cinese nel secondo Novecento e che ha ruotato intorno alla ricerca di una identità moderna che sappia (o debba) accogliere e conciliare tradizione e modernità, Oriente e Occidente, attraverso dinamiche e processi di sintesi, ibridazione, trasformazione, rilettura.
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