IL FARO DEI SOGNI

Israele

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 16/12/2019, 17:51     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Cultura: generalità

Israele è uno di quei luoghi, in senso non solo geografico, in cui il concetto di “cultura” assume in sé un numero di significati e valenze di straordinaria ampiezza. Un destino comune sembra essere toccato a questa terra, la Palestina, e al popolo (gli ebrei) che la abita: un destino in cui hanno prevalso il perpetuo movimento, il viaggio, il ritorno. In questo “centro del mondo” sono nate civiltà, religioni, lingue che, in una sorta di disegno provvidenziale, qui sono tornate nel Novecento. Ma la peculiarità che rende unico il melting pot israeliano è l'eredità culturale che gli stessi hanno assorbito nelle nazioni in cui hanno vissuto e che hanno portato con sé in Israele. Il risultato è uno scenario in cui si intersecano costumi, stili di vita, modelli e tradizioni artistiche, letterarie, musicali e da cui scaturisce una vita culturale multiforme e ricca. Se i punti di contatto restano la religione e la lingua (quest'ultima al centro di una forte riscoperta e valorizzazione, nella società israeliana), oggi è possibile ritrovare elementi di cui è arduo individuare con esattezza le radici: come testimoniano i libri degli autori letti in tutto il mondo, i film dei registi pluripremiati o le opere di pittori, scultori, architetti e musicisti ai vertici delle proprie discipline. Anche i temi trattati sono ormai realmente globali e affiancano i topoi con cui ogni artista, o meglio ogni ebreo, si confronta: dall'investitura biblica del popolo eletto alla diaspora, dall'Olocausto al sionismo ai rapporti con i palestinesi. Le maggiori istituzioni culturali del Paese sono altresì espressione massima della ricchezza culturale d'Israele: l'Accademia della lingua ebraica, autorità suprema per la lingua sorta nel 1953; il Teatro Habima, nato in Russia e considerato oggi la compagnia teatrale nazionale; il Museo d'Israele, in cui sono conservati, per esempio, i Rotoli del Mar Morto e quelli ritrovati nelle grotte di Qumrān; la Jerusalem Artists’ House, il cui ruolo nella promozione dei giovani artisti israeliani è centrale; il Museo di arte islamica, considerato tra i migliori al mondo. Una nota particolare va riservata, da un lato, allo Yad Vashem, noto come Museo dell'Olocausto, memoriale a ricordo dei milioni di vittime della Shoah, e dall'altro, ai luoghi sacri della tradizione religiosa cristiana, ebraica e musulmana: la basilica del Santo Sepolcro, la moschea della Cupola della Roccia e il Muro del Pianto. Di notevole importanza e qualità anche gli eventi culturali che si svolgono in tutto il Paese: tra i molti, il Festival di Israele, dedicato a musica, danza e teatro, il Festival internazionale di jazz di Eilat, il Karmiel Dance Festival. Sono infine 9 i siti israeliani inseriti dall'UNESCO tra i patrimoni dell'umanità: Masada (2001); la città vecchia di Acri (2001); la città bianca di Tel Aviv - il Movimento Moderno (2003); i tell biblici - Megiddo, Haẕor, Beer Sheba (2005); la via dell'incenso - le città del deserto nel Negev (2005); i luoghi sacri Baha'i ad Haifa e in Galilea occidentale (2008); il sito dell'evoluzione umana presso il Monte Carmelo: le grotte di Nahal Me'arot/Wadi el-Mughara (2012); le grotte di Maresha e Bet-Guvrin nel bassopiano della Giudea, come microcosmo della Terra delle grotte (2014); la necropoli di Bet She'arim: punto di riferimento del rinnovamento ebraico (2015).



segue

 
Web  Top
view post Posted on 18/12/2019, 17:37     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Cultura: tradizioni

Il ritorno nella patria auspicata e profetizzata da Theodor Herzl, nell'incontro di ebrei polacchi, italiani, ungheresi, tedeschi, americani, yemeniti, significò, sotto un certo aspetto, il ritorno comune agli antichi valori ebraici intesi a ricostruire una nazione sulla vita e la fede dei padri. La fusione di tanta gente dalle origini diverse è stata difficile. Sulle vecchie generazioni ha fatto da catalizzatore la coscienza religiosa. Tradizioni uniche avevano diverse manifestazioni. Diverso il culto, la celebrazione delle feste, diverso il regime alimentare pur nel rispetto delle prescrizioni bibliche. La vita dell'ebreo è regolata dal Shulchan Arukh (tavola apparecchiata) di Yosef Karo. La Bibbia dice di “non passarsi il coltello sul viso e di non tagliarsi i capelli alle tempie” e l'ebreo ortodosso ha i capelli e la barba lunghi. Le nuove generazioni in parte hanno abbandonato questa rigidezza di interpretazione. Del tutto rispettata anche dalle nuove generazioni è invece la prescrizione della circoncisione, praticata su tutti i maschi all'ottavo giorno di vita. Con essa l'ebreo entra nell'alleanza di Abramo, cioè nella comunità israelita. Nel Paese la pratica è seguita anche dai musulmani. Abiti tradizionali ebraici non esistono. Ogni comunità si adegua alle tradizioni di origine. I giovani vestono alla foggia occidentale adattandosi alle esigenze del clima. La celebrazione delle feste segue il calendario ebraico. La festa della Pasqua è nello stesso tempo la festa della primavera e del pellegrinaggio al tempio. Nei kibbuzim con la Pasqua si celebra contemporaneamente la ricorrenza della rivolta del ghetto di Varsavia e la guerra di indipendenza di Israele, mentre con l'offerta delle prime spighe si sostituisce il pellegrinaggio al tempio e l'offerta dei primi nati delle greggi. La diversa celebrazione delle feste, con significati aderenti al tempo, segue tutto il corso dell'anno, scandendo la vita dell'ebreo ortodosso diversamente da quella dei laici dei kibbuzim. Dopo la riunificazione di Gerusalemme, il pellegrinaggio al muro del tempio è diventata la marcia su Gerusalemme. Per quattro giorni israeliani e israeliti provenienti da tutto il mondo camminano nei dintorni della città per ritrovarsi tutti nelle vie del centro nel tripudio della marcia finale. La solennità più importante del calendario ebraico è il “giorno del grande perdono” (Yōm Kippūr), giorno di digiuno totale e di meditazione. Il suono dello šōfār (corno di montone) ne segna la fine. La festa di Hānukkā, o festa delle luci, celebra la vittoria di Giuda Maccabeo e degli Asmorrei su greci e siriani. La lampada di Hānukkā, diversamente dalla menōrā (la lampada del tempio a sette bracci elevata a emblema dello Stato), ha otto o nove braccia in memoria di un'antica leggenda su un'ampollina del tempio che arse per otto giorni, tanti quanti ne bastarono ai sacerdoti per rifornirla di olio. Un mese prima di Pasqua si celebra la festa di Purīm in ricordo della regina Ester che convinse Assuero a risparmiare gli ebrei dallo sterminio. Essa è anche la festa dei giochi e della fine dell'inverno. Le antiche tradizioni sono massimamente rispettate anche nel sabbāt che non è solo giorno festivo settimanale, ma giorno di pace, di meditazione e di studio. Sulle tradizioni antiche si sono innestate le nuove celebrazioni, la maggiore delle quali è la commemorazione dell'indipendenza (5 di yar nel calendario ebraico, corrispondente agli ultimi giorni di aprile o ai primi di maggio), con balli popolari, canti e la tradizionale veglia sulla tomba di Theodor Herzl. La festa celebra la nascita dello stato d'Israele del 1948. Questa è la ricorrenza laica più sentita nel Paese, insieme alla già citata festa per la riunificazione di Gerusalemme, in cui si ricorda la vittoria nella Guerra dei sei giorni (giugno 1967) con il ritorno di Gerusalemme sotto la sovranità israeliana. Giornate celebrative sono dedicate anche ai martiri del nazismo e agli stessi combattenti per l'indipendenza. Molte tradizioni tuttavia sono conservate non più per spirito religioso ma per sentimento unitario di popolo. Altro elemento comune nelle celebrazioni è la cucina. Nelle feste sono d'obbligo piatti tradizionali, diversi per le varie comunità, ma sempre rispettosi delle regole bibliche, come la prescrizione di consumare pane azzimo nella settimana precedente la Pasqua, il divieto di mangiare carne di animali impuri (cavallo, gatto, maiale, cammello) e quello di mischiare le carni con i latticini (“non farai cuocere l'agnello nel latte della madre”); né va mangiato ciò che provenga da animale impuro.



segue

 
Web  Top
view post Posted on 20/12/2019, 17:53     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Cultura: letteratura

Proprio alla prima ondata dell'immigrazione ebraica in Palestina vanno fatti risalire gli inizi della letteratura israeliana. Essa è caratterizzata (e in ciò differisce da quella neoebraica) dalla presenza di Israele come realtà storica, dove la secolarizzazione della vita ha cessato di costituire un pericoloso incentivo all'assimilazione, e la lingua ebraica, non più esclusivamente lingua dell'uso liturgico, è diventata vivo mezzo di espressione della vita quotidiana. Agli inizi del secolo, lo stanziamento ebraico in Palestina mise in evidenza la necessità di tutelare i valori essenziali del passato ebraico e la prima letteratura israeliana rispecchiò tale esigenza. Tra i romanzieri, il nobel per la letteratura Sh. Y. Agnon (1888-1970), specialmente in Ieri e prima (1912), celebrò la forza unificatrice dell'oggi con la tradizione, senza la quale anche il ritorno non è altro che esilio spirituale. La medesima tesi è sostenuta, sul piano storico, dall'opera narrativa di H. Hazaz (1897-1973). Eguale istanza per la composizione armonica dell'uomo con lo spirito della sua terra, antica e nuova, propone la poesia, che sulle orme di un Bialik, riscoperto meno vate e più poeta, cantò la rinascita dell'anima ebraica (Y. Fichman, 1881-1958: Rami, 1911); Y. Cohen (1881-1960: Poesie) continuò, invece, la maniera di Černichowski con minor slancio panico e in dimensione più familiare. Diverso e più essenziale fu il valore che Israele assunse nella letteratura pionieristica. Gli uomini che vennero con la seconda (1900-14) e specialmente con la terza ondata dell'immigrazione e “costruirono” il Paese erano determinati e sorretti nell'arduo compito da un'invincibile fede ideologica. Per essi, Israele fu la tesi e la misura del proprio sforzo, della propria volontà: l'antagonista da piegare e da vincere, per il trionfo dell'Idea, “malgrado tutto”, come scrisse Y. H. Brenner (1881-1921) facendone l'imperativo etico di tutte le sue opere (Tra due acque; Insuccesso e lutto; Esordio). Fu in tale spirito che Y. Lamdan (1899-1954) celebrò nel poema Massadah (1927) l'epoca del pioniere della terza ondata, dell'uomo che tutto può se vuole, che ritrova in se stesso la forza suprema della redenzione proprio quando ha attinto al più profondo della disperazione; e creò così il mito, misura della realtà. La poesia degli anni Trenta, assai varia nell'impostazione ideologica, fu tutta impegnata nel denunciare le carenze della realtà confrontata col mito; e presentò inoltre un'ormai decisa apertura alle contemporanee esperienze europee. U. Z. Greenberg (1894-1981), riallacciandosi all'eredità spirituale del passato, rinnovò l'afflato del profetismo antico sul modulo espressionista di Werfel (Il libro della diatriba e della fede, 1937). A. Shlonsky (1900-1973), pur movendo dal passato, lo secolarizzò in un fervido impegno laico e socialista di vita civile, riecheggiando forme di Blok e Majakovskij (Canti della rovina e della consolazione, 1938). D. Shimoni (1886-1956), invece, cercò l'armonizzazione del mito con la realtà di ogni giorno (Idilli, 1925-32). Nella prosa, scrittori di provenienza kibbuzistica impostarono il primo bilancio della loro esperienza di integrazione dell'individuo nella società (S. Reichenstein, 1902-1942: Genesi, 1943), e quindi di composizione del sempre più avvertito dissidio tra coscienza individuale e imperativi della vita collettivistica (N. Shaham). Individualistica, come già quella di Rachel (1890-1931), fu la lirica di Leah Goldberg (1911-1970: Anelli di fumo), sostanziata di elementi culturali europei, italiani inclusi. Più popolare e più accessibile la poesia politica di N. Alterman (1910-1970), personale reazione contro la sopraffazione dell'uomo da parte della storia. Si è ormai agli anni della seconda guerra mondiale, della lotta contro la potenza mandataria. Affiora già la generazione dei sabra, cioè dei nati in Israele. A differenza degli scrittori fin qui menzionati, i sabra non vissero l'esperienza dell'esilio o del pionierismo, bensì quella della realizzazione dello Stato e della guerra d'indipendenza. È significativo pertanto che proprio di fronte alla guerra il loro atteggiamento, lungi dall'essere apologetico, sia decisamente critico, impostato sul rapporto coscienza-dovere nel soldato, in cui l'uomo è insopprimibile (S. Yizhar, 1916-2006: I giorni di Ziklag); e che, nel rilassamento di tensione del dopoguerra, vedano lo svuotamento di ogni ideale. Il romanziere M. Shamir (1921-2004), che già si era preoccupato di saggiare la reale consistenza dell'educazione kibbuzistica, ritornò al passato per cercare in esso di che difettasse la generazione presente: la prospettiva di un futuro in cui credere, come l'ebbero i padri (Un re di questo mondo). Il sabra, infatti, sembra vivere nel provvisorio: ogni istante è prezioso perché può essere l'ultimo (come dice Y. Amihay, 1924-2004: Ora, e in altri giorni). Conclusione negativa che però era già in via di superamento alla vigilia della crisi del 1967 e della “guerra dei seigiorni”. Ha ripreso vita anche il teatro: accanto ad autori come A. Ashman, noto per i drammi Michel, figlia di re Saul (1941) e Questa terra (1943), N. Alterman, celebrato per Kinereth, Kinereth (1961) e Il processo di Pitagora (1966), ha rivelato autori di talento quali: Yigʽal Mossenson (n. 1917) con Nei deserti del Negev (1949), A. Meged (n. 1920) con Ghana Senesh (1958) e Genesi (1962), E. Kishon (1924-2005) con Il suo amico a corte (1951) e Tira via il tappo, l’acqua bolle (1965), N. Aloni (1926-1998) con Il più crudele di tutti è il re (1953) e La sposa e il cacciatore di farfalle (1967), impegnati in un teatro ispirato sia ai temi biblici sia ai problemi legati alla vita di Israele e ai temi sociali di una generazione alla ricerca di un'unità non più soltanto religiosa; e Y. Sobol (n. 1939), che sviluppa temi inerenti le radici spirituali di ebraismo e sionismo moderno, con retaggi pirandelliani (L’ultimo degli operai, 1981; La Palestinese, 1985). Nasce così la cosiddetta “doppia radice”, corrente che domina, più che uno scontro di culture, lo sviluppo di linee parallele. Accanto agli scrittori della generazione del Palmach, si sono affermati tra gli altri: Aharon Appelfeld (n. 1932), autore di racconti, romanzi, poesie, opere teatrali e saggi teatrali, che nonostante nelle sue opere abbia trattato i temi dell'Olocausto non si lascia inserire nella categoria dei sopravvissuti allo sterminio nazista se non con difficoltà; A. B. Yehoshua (n. 1936), forse il maggiore scrittore israeliano contemporaneo, autore di numerosi romanzi di successo, tradotti in tutto il mondo, come L’amante (1977), Il signor Mani (1990), Viaggio alla fine del millennio (1997), Il responsabile delle risorse umane (2004), oltre a diversi testi teatrali, racconti e saggi, tra cui spicca Antisemitismo e sionismo (2004); Amos Oz (n. 1939), la cui narrativa evidenzia diversi aspetti inconsci della natura umana, spesso letta attraverso la vicenda del popolo ebreo, autore di racconti sia per adulti sia per bambini: tra i più famosi, Conoscere una donna (1989), Lo stesso mare (1999), Una storia di amore e di tenebra (2002) e il saggio Contro il fanatismo (2003); anche D. Grossman (n. 1954) ha saputo dare alla propria letteratura un sofisticato taglio introspettivo salendo sulla ribalta internazionale nel 1988 con Vedi alla voce: amore (pubblicato nel 1986) seguito da altri romanzi di successo come Il libro della grammatica interiore (1991), Che tu sia per me il coltello (1998) e Qualcuno con cui correre (2000); Grossman ha testimoniato anche una forte sensibilità verso la questione israelo-palestinese, su cui ha scritto, tra gli altri, Il vento giallo (1987), Un popolo invisibile (1992) e La guerra che non si può vincere (2003); e Meir Shalev (n. 1949), che a differenza dei primi si presenta meno impegnato e provocatorio, che ama la poesia, le leggende e soprattutto che ha un forte senso dell'humour. Altre figure di rilievo della letteratura contemporanea israeliana sono Nava Semel (n. 1954) e Uri Orlev (n. 1931). Per la poesia si ricordano, invece, oltre al già citato Yehuda Amihay, uno dei maggiori poeti israeliani della seconda metà del Novecento, ben radicato nella realtà del suo Paese, anche se la sua poesia si apre ad accenti universali che travalicano i confini di una cultura settoriale o nazionale, Nātan Zach (n. 1930), autore, oltre che di raccolte poetiche, anche di saggi, Meir Wieseltier e Israel Bar Kohav Berkovski.



segue

 
Web  Top
view post Posted on 22/12/2019, 18:43     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Cultura: arte

Il territorio dell'attuale Stato di Israele, parzialmente coincidente con l'antica Palestina, possiede una fisionomia archeologica e artistico-monumentale complessa, legata alla sua situazione geografica e alle sue vicende storiche di regione aperta alle pressioni e alle influenze culturali delle antiche grandi civiltà mediorientali prima e dei popoli dominatori che vi si sono avvicendati poi (romani, arabi, ottomani). Le località di interesse archeologico di Israele, alla cui esplorazione è stato dato nuovo impulso dal 1948, hanno fornito reperti ricchissimi, in gran parte conservati al Museo Biblico e Archeologico di Gerusalemme. Al Neolitico risalgono gli strati più antichi della città fortificata di Gerico, uno dei più remoti stanziamenti umani organizzati (VIII millennio a. C.). Durante l'Età del Bronzo vi fiorirono le città munite dei Cananei (vedi Canaan), alle quali si sovrappose (Epoca dei Giudici, 1200-930 a. C.) lo stanziamento degli ebrei. Gli scavi di Gerusalemme, Hazor, Megiddo, Gezer, Lakis, testimoniano della vitalità artistica e del fervore edilizio del successivo periodo di pace (Epoca dei Re, 930-586 a. C.), durante il quale furono sensibili influenze egiziane, puniche, assire e babilonesi. Alla dominazione persiana (536-332) seguirono quelle dei tolomei e dei seleucidi che segnarono l'ingresso di Israele nell'orbita artistica ellenistica, i cui caratteri occidentali si accentuarono nel periodo della dominazione romana (63 a. C.- 324 d. C.). L'influsso stilistico romano, documentato dalle imponenti costruzioni erodiane (a Gerico, Masada, Herodion), lasciò una traccia duratura, cui si sovrapposero elementi d'origine siriana e nabatea, nell'architettura delle sinagoghe ebraiche tra il sec. II e il VI (a Cafarnao, Bet Alpha, Bir Ham, Bet She' arim) e nella necropoli di Bet Shearim (sec. II-IV). Vi si affiancò, dopo la restaurazione della sovranità dell'Impero d'Oriente, l'edilizia sacra in stile bizantino (Heptapegon, Tiberiade, chiesa della moltiplicazione dei pani e dei pesci; Betlemme, basilica della Natività; chiesa di Hebron; sec. V-VI). La conquista e la dominazione araba sul territorio di Israele (640-1099) coincisero con l'importazione della cultura e dell'arte islamica (a Gerusalemme, la Cupola della Roccia detta erroneamente moschea di Omar, sec. VII, la moschea al-Aqsa del sec. XI, e più tardi numerose scuole teologiche dei sec. XIII-XV; a Gerico, Khirbat al-Mafjar, palazzo califfale, sec. VIII), mentre alla conquista dei crociati (1099-1291) seguì un'imponente fioritura di monumenti romanici: fortezze (Montfort, Atlit, Safed, Cesarea) e cattedrali nei Luoghi Santi (Gerusalemme, Santo Sepolcro; Nazareth, santuario dell'Annunciazione; Acri, cripta di S. Giovanni). Del successivo dominio ottomano (1517-1831) restano architetture a Gerusalemme (Porta di Damasco), Tiberiade (Fortezza, sec. XVIII), San Giovanni d'Acri e Giaffa (fortificazioni, sec. XVIII). § La colonizzazione ebraica che venne intensificandosi durante i primi cinquant'anni del sec. XX e soprattutto la fondazione dello Stato di Israele sono gli avvenimenti che hanno determinato la nuova fisionomia del territorio: l'urbanizzazione procede, dalla fondazione delle colonie agricole (Kaufmann, colonia agricola circolare di Nahahal, 1921), all'organizzazione di imponenti complessi urbanistici cittadini, particolarmente dal 1950 in poi, secondo moduli di tipo internazionale, sebbene non siano mancati tentativi di recupero di tradizioni locali ed ebraiche; tra le realizzazioni più importanti l'Università ebraica (1954-60; architetti Sharon, Brutzkus, Yashi, Powsner, Zalkind, Rau, Reznik, Varmi), il Palazzo dei Congressi, il Santuario del Libro (1962-65; architetti Kiesler e Bartos) a Gerusalemme; il Centro culturale Lessin, l'Ospedale Beilinson (architetto Sharon) e l'auditorium Mann a Tel Aviv; l'Istituto idroterapico del Technion e il Centro di rieducazione per ciechi, le unità d'abitazione al monte Carmelo, l'Istituto di fisica Einstein, l'auditorium Churchill ad Haifa; il Centro civico a Beer Sheba. Nell'ambito di una cultura artistica internazionale si inseriscono anche le correnti nazionali di pittura e scultura contemporanee, nelle quali confluiscono le esperienze delle avanguardie europee attraverso l'opera dei molti artisti immigrati: tra le personalità più significative, Y. Streichmann (1906-1993), pittore astratto, prima, poi informale; Y. Zaritski (1891-1985), giunto in Palestina nel 1923, pioniere della pittura non figurativa; A. Stematsky (1908-1989), espressionista lirico; M. Castel (1906-1991), M. Janco (1895-1984), padre del dadaismo a Zurigo con T. Tzara e J. Arp e fondatore del villaggio di artisti Hein Hod, insieme a M. Mokady (1902-1975); il suggestivo pittore realista Mordechai Levanon (1901-1968). Tra gli artisti della generazione successiva, si segnalano i pittori Y. Agam (1928), Gal Weinstein (1970) e Micha Ullmann (1939), gli scultori D. Karavan (1930) e Yehiel Shemi (1922-2003), tutti di riconosciuta fama mondiale. Vanno infine ricordati M. Kadishman (1932-2015), il video-artista Sigalit Landau (1969), i pittori naïfs Angela Seliktar (1919) e Shalom di Safed (1895-1980).




segue

 
Web  Top
view post Posted on 24/12/2019, 19:10     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Cultura: musica

La profonda diversità dei luoghi di provenienza che caratterizza la popolazione del Paese non ha consentito lo sviluppo di autonome forme di espressione musicale israeliane, se si eccettua un generico recupero di formule musicali di base, rimaste inalterate all'interno delle comunità ebraiche nel corso della diaspora. Più che nelle grandi città, di tipo occidentale e cosmopolita, si è venuto tuttavia creando nei piccoli centri agricoli un nuovo repertorio di canti e manifestazioni originali, propriamente israeliani. I compositori contemporanei seguono comunque le varie correnti occidentali del nostro tempo; si ricordano P. Ben-Haim, R. Haubenstock-Ramati, M. Avidom, J. Tal, H. Brün ecc. Tra i direttori d'orchestra, diversi sono i nomi di ormai assoluto livello che hanno diretto o dirigono le più importanti orchestre mondiali: su tutti Daniel Barenboim (n. 1942), che ha lavorato con i Berliner Philarmoniker, i Wiener Philarmoniker e l'Israel Philarmonic Orchestra; dal 2006, inoltre, è “Maestro Scaligero” del Teatro alla Scala di Milano, oltre a essere attivo come scrittore e divulgatore di un nuovo approccio didattico verso i giovani che contempli l'educazione musicale quale strumento imprescindibile di formazione personale e culturale, in particolare in vista della crescente diffusione del multiculturalismo e della multietnicità; da ricordare anche Elihau Inbal (n. 1936) e Daniel Oren (n. 1955). La struttura musicale israeliana è assai efficiente, ricca di orchestre (fra cui l'Orchestra Filarmonica d'Israele che ha sede a Tel Aviv ed è reputata uno dei maggiori complessi artistici del mondo), teatri, cori, conservatori e istituti musicologici (fra cui emerge il Conservatorio e Accademia di Musica d'Israele, che ha due sedi, l'una a Tel Aviv e l'altra a Gerusalemme). Non solo la musica colta annovera artisti apprezzati. La violinista hip-hop Miri Ben-Ari (n. 1978), che ha vinto il Grammy Award nel 2005, suona uno strumento classico al servizio dei generi più moderni (collabora, infatti, regolarmente con artisti della scena pop e jazz), alla ricerca di una sintesi musicale che può definirsi universale. Altra artista che ama le commistioni e la musica senza categorizzazioni è Orit Orbach, che, con il suo ensemble formato da cinque musiciste, nelle proprie performance in tutti i continenti riesce a integrare musica klezmer, latina e rock.



segue

 
Web  Top
view post Posted on 26/12/2019, 18:50     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Cultura: danza

Per quanto le prime testimonianze di un'attività di danza teatrale nel territorio dello Stato d'Israele risalgano agli anni Venti e Trenta del Novecento, solo nel 1949, con la fondazione della compagnia Inbal (divenuta poi Compagnia Nazionale) da parte di Sara Levy Tanai, si assiste alla nascita di un ensemble professionale dotato di un proprio distinto stile, nato dalla fusione di caratteri orientali e occidentali; nel neonato Stato di Israele il modernismo – in particolare, grazie ai fitti scambi con gli Stati Uniti, quello di ispirazione grahamiana – trovò fertile terreno di coltura: nacquero diversi gruppi e artisti di prestigio visitarono il Paese, suscitando nuove energie. Nel 1964 Betsabee de Rothschild, studiosa e mecenate della danza, fondò a Tel Aviv la Batsheva Dance Company, primo esempio di compagnia di danza moderna del Paese. Nel 1967, sempre su iniziativa della de Rothschild, iniziò la propria attività anche la Bat-Dor Dance Company (il termine in ebraico significa “contemporaneo”), formazione meno rigidamente legata all'eredità teorica di Martha Graham e più aperta alle commistioni fra classico e moderno. Nel Paese operano anche il Balletto d'Israele, fondato nel 1968, con sede anch'esso a Tel Aviv e con un repertorio che spazia dai classici della tradizione agli autori del balletto contemporaneo e la Kibbutz Dance Company, le cui performance di danza moderna riscuotono consensi anche fuori dai confini nazionali.



segue

 
Web  Top
view post Posted on 28/12/2019, 15:16     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Cultura: cinema

Non bisogna confondere le storie del cinema ebraico e del cinema yiddish, molto complesse e ospitate in molti Paesi, con quella del cinema israeliano che invece è ben localizzata e recente. In ogni caso è posteriore al 1948 e anzi, se si fa eccezione per Collina 24 non risponde (1955) del britannico Th. Dickinson, distribuito anche in Italia, si è sviluppata solo negli anni Sessanta, sulla base di una serie di commedie folcloristiche di carattere locale, dovute in gran parte al prolifico produttore-sceneggiatore-regista Menahem Golan (1929-2014), oppure di melodrammi sentimentali diretti da Moshe Mizrahi (1931) che, dopo essere apparso per due volte al Festival di Cannes (nel 1972 con Ti amo, Rosa e nel 1974 con Padre di figlie), finì per vincere un Oscar nel 1978 col film francese La vita davanti a sé. Di autenticamente israeliano c'è stato ben poco, se si eccettua qualche sensibile documentario (per esempio di Yoel Lotan sui kibbuzim) o qualche exploit d'avanguardia come il dramma surreale Floch (1972) di Dan Wolman. Proprio quest'ultimo è tuttavia alla testa di una nouvelle vague a cavallo degli anni Settanta e Ottanta: un cinema giovane, di qualità, che della società israeliana dà finalmente un ritratto critico, rivolto sia al passato (le promesse dei “padri fondatori”), sia al presente (quelle promesse tradite o stravolte). Oltre al film di Wolman appartengono alla tendenza innovatrice Fucile di legno di Ilan Moshenson, che egualmente evoca il clima dei primi anni di indipendenza, Cavallo di legno di Yaky Yosha e Transito di Daniel Wachsman, centrati anch'essi sulla differenza tra il sogno d'Israele e la cruda realtà. La difficile convivenza tra palestinesi e israeliani ha determinato e condizionato inevitabilmente il miglior cinema israeliano degli anni Ottanta. Accanto a opere come Oltre le sbarre (1984) di U. Barbash, Il sorriso dell’agnello (1985) di S. Dotan, Finale di coppa (1991) di E. Riklis, va ricordata l'opera di Amos Gitai, il più personale tra i cineasti nazionali, costretto a vivere per molti anni in Francia per le sue posizioni fortemente critiche nei confronti del governo, di cui si ricordano: Bait (1980), Esther (1986), Kedma (2002), Promised Land (2004), Disimpegno (2007). La crescita della qualità e dell'interesse per le produzioni israeliane è dimostrato dai riconoscimenti che negli anni Duemila le rassegne internazionali hanno tributato loro. Inoltre, rilievo internazionale acquista anno dopo anno l'International Haifa Film Festival, che ha sempre miscelato sapientemente le opere prime dei giovani israeliani con l'omaggio ai capolavori della cinematografia mondiale.


segue

 
Web  Top
view post Posted on 30/12/2019, 23:48     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Cultura: spettacolo

Le prime rappresentazioni teatrali negli insediamenti ebraici della Palestina risalgono al 1880, dapprima date in privato e poi anche in pubblico da gruppi di dilettanti. Nel 1923 si costituì il Teatro ebraico, nel 1925 il Teatro della terra d'Israele; nel 1925 iniziò l'attività del teatro Ohel (La tenda), creato da Moshe Halevi sotto gli auspici della Federazione del Lavoro (Histadruth) per rappresentare testi a carattere popolare e sociale. Nel 1928 arrivò per la prima volta in tournée la compagnia dell'Habimà (La scena), già attiva a Mosca dal 1918, che si stabilì definitivamente in Palestina nel 1928, aprì un proprio teatro a Tel Aviv nel 1931 e divenne Teatro Nazionale nel 1958. Dal 1928 al 1954 operò anche il teatro satirico Maṭʼaṭe' (La scopa). Infine, nel 1944 Yoseph Millo aprì il Teatro Kameri (Teatro da camera), il più legato alle esperienze del teatro occidentale. Habimà, Ohel e Kameri sono rimaste le maggiori istituzioni teatrali di Tel Aviv anche dopo la costituzione dello Stato d'Israele; a essi si sono aggiunti, dal 1961 il Teatro Municipale di Haifa, dal 1964 il Teatro della Comunità di Kiriyat Hayim, il Teatro Gesher, rivolto soprattutto al pubblico di origine russa e dell'Europa dell'Est, il Teatro di Be'er Sheva', con sede nella città nel sud del Paese e ricco di produzioni originali, il Teatro Khan, una compagnia che effettua i propri spettacoli a Gerusalemme, all'interno di un ex bagno turco. Molti di questi, inoltre, effettuano anche numerose tournées nelle città minori e nei kibbuzim.



segue

 
Web  Top
view post Posted on 1/1/2020, 09:45     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Cultura: religione

La religione ebraica è fondata sulla “rivelazione”, registrata in un corpo di “sacre scritture” (sostanzialmente l'Antico Testamento, trasmesso al cristianesimo): qui, in una funzione culturale unitaria, confluiscono ciò che, secondo le nostre categorie, definiamo storia, letteratura, diritto, ecc. oltre che la teoria e la pratica propriamente religiose. Non ha senso per la cultura ebraica una distinzione categoriale del “religioso”, in quanto la sua storia è una “storia sacra”, così come “sacri” sono il diritto, la letteratura e ogni altro prodotto. La “sacralità” promana dal fatto che gli ebrei si sono affermati, come unità culturale distinta nell'ambiente semitico, quale popolo “eletto” da Dio, in una cosmologia che fa di essi un settore del mondo e non semplicemente una comunità nazionale. A questa formulazione cosmologica arrivarono per gradi. Con l'insediamento in Palestina l'antico Essere Supremo (Elohim: attributo generico di una potenza superumana, nelle lingue semitiche) si “personalizza” secondo i modelli religiosi locali (politeistici), assume il nome personale di Yahwèh e diventa il “dio poliade” di Gerusalemme e del regno. Tuttavia non sarà mai un “dio poliade” come gli altri: Yahwèh non si realizza soltanto con il culto ufficiale (sacerdozio templare) e con la “ragione di Stato” (regalità sacra), ma si realizza soprattutto per l'azione dei profeti (profetismo) che vogliono vedere nella “storia” ebraica una sua manifestazione diretta. Come gli dei politeistici sono immanenti ai rispettivi settori della “natura”, così il dio Yahwèh diventa immanente al popolo ebraico. È un primo passo verso la trascendenza. Questa si realizzerà con la disintegrazione dell'unità politica ebraica, ossia della forma in cui prima Yahwèh era contenuto. È appunto all'epoca dell'esilio babilonese che si trova la prima formulazione di Yahwèh nel senso pienamente monoteistico di un dio unico, universale e trascendente (Deuter.-Isaia). § La pratica cultuale è legata all'evoluzione “teologica”. Dal culto dell'Arca, risalente alla condizione nomadica, si giunge al culto del Tempio, che però è e resterà “unico” come “unico” è Yahwèh. La formazione di un complesso sacerdozio non prevede una funzione sacerdotale astratta dalla “storia” d'Israele, che è una manifestazione divina: oltre ai compiti, è precisata infatti la legittimità genealogica degli officianti (appartenenza alla tribù di Levi; discendenza da Aaron prescritta per il sommo sacerdote, ecc.). Il calendario festivo (di tipo agrario), adottato probabilmente dai cananei, diventa una commemorazione delle “vicende” del popolo ebraico, ossia delle “vicende” di Dio; l'inattività rituale del sabato corrisponde a un'“inattività” di Dio, come se ogni settimo giorno Dio si riposasse al modo con cui si era riposato dopo i sei giorni della creazione. Il nabi, ossia l'indovino presente nella pratica religiosa di tutto il Vicino Oriente, si trasforma nel “profeta”, colui per la cui bocca parla Dio. Ogni “operatore” importante è un inviato (o “unto”) di Dio. Donde l'idea del Messia (māšîaḥ, unto), in senso escatologico, quale manifestazione finale di Dio, di fronte alla quale non ha avuto alcun peso presso gli ebrei la formulazione di un'escatologia individuale.



fonte www.sapere.it/enciclopedia/Isra%C3%A8le+%28Stato%29.html

 
Web  Top
view post Posted on 27/2/2020, 14:11     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


 
Web  Top
view post Posted on 3/5/2020, 09:25     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


 
Web  Top
25 replies since 3/12/2017, 19:42   1324 views
  Share